Gli stranieri, rassegna di studi, giurisprudenza e legislazione
Fascicolo 3/2004, maggio-giugno
in www.immigrazione.it

Editoriale

Sembra oramai chiaro che il Governo, dopo aver preso atto del parziale insuccesso della riforma Bossi/Fini, sia orientato ad adottare i necessari correttivi, non solo per tamponare le imminenti declaratorie di illegittimit costituzionale da parte del Giudice delle leggi che riguarderanno alcuni aspetti del contrasto dellimmigrazione illegale, ma soprattutto per non penalizzare ulteriormente la qualit della vita del cittadino straniero e le stesse dinamiche del mercato del lavoro, fortemente compromesse dagli impossibili ritardi accumulati dalle questure nella gestione dei permessi di soggiorno.
Che le difficolt dellattivit amministrativa siano diretta conseguenza delle scelte legislative del 2002 fuor di dubbio e, se fosse rimasta ancora qualche incertezza, non guasterebbe rileggere alcune considerazioni espresse dalla Corte dei Conti nella sua recente relazione sul Programma di controllo 2003 - Gestione delle risorse previste in connessione al fenomeno dellimmigrazione - Regolamentazione e sostegno allimmigrazione. Controllo dellimmigrazione clandestina. (il testo della relazione scaricabile da http://www.corteconti.it/wfprog/WebWork.exe
).
La Corte mette bene in luce come negli anni 2002-2003 lattivit amministrativa connessa con limmigrazione si sia svolta con un approccio condizionato dallurgenza e dallemergenza, allinterno di un quadro normativo e organizzativo non ancora stabilizzato soprattutto a causa della mancata adozione dei regolamenti di attuazione della legge 189 e da una sottovalutazione, al momento dellemanazione della legge, dellimpegno richiesto allamministrazione in termini di risorse finanziarie, strumentali ed umane per lapplicazione dei nuovi istituti e delle nuove procedure.
Sul come
tamponare lattuale situazione di emergenza e sul come ricostruire un sistema amministrativo dignitoso le proposte abbondano; si tratta ora di scegliere.
Sullemergenza, al di la della recente disposizione del Viminale che autorizza il temporaneo espatrio e reingresso con il solo cedolino di ricevuta della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, o delle iniziative di singole questure per accelerare le operazioni (prenotazioni on line
o telefoniche, coinvolgimento di associazioni e comuni, proroghe dei permessi in scadenza, ecc) probabile un provvedimento tampone ampiamente condiviso allinterno della stessa maggioranza di governo per rinforzare gli organici degli uffici immigrazione delle questure con un numero consistente di lavoratori interinali, magari individuati tra quegli stessi gi impiegati nelle prefetture in occasione della regolarizzazione; senza escludere anche un intervento legislativo per prorogare la durata degli attuali permessi.
Ma il vero nodo da sciogliere quello delle possibili alternative alla storica competenza delle questure. E qui sembra delinearsi una profonda divergenza tra i fautori di una pi o meno totale devoluzione di competenze ai comuni (in tal senso sono orientati sia il Ministro Pisanu sia il sindaco di Ancona Sturani, Presidente della Commissione immigrazione dellANCI) e chi invece meglio vedrebbe il coinvolgimento delle Poste quale braccio operativo di prefetture e questure alle quali si vorrebbe mantenere le rispettive competenze come definite dalla legge 189 (per tutti il Sottosegretario allinterno Mantovano).
Impossibile allo stato attuale prevedere gli sviluppi che, inutile dirlo, molto dipenderanno dallesito della rinegoziazione dei posti di comando in atto allinterno della coalizione di governo.
Tra le numerose questioni di diritto pubblicate in questo fascicolo ci sembra di particolare rilevanza la sentenza della Corte di Giustizia di Lussemburgo del 29 aprile 2004, nei procedimenti riuniti C-482/01 e C-493/01, relativi a questioni pregiudiziali poste dai giudici tedeschi sulla compatibilit con il diritto comunitario di alcune disposizioni della legislazione tedesca in materia di allontanamento di cittadini dellUnione.
La sentenza importante perch stabilisce o comunque riafferma una serie di principi che risulteranno di sicura utilit per valutare i limiti posti dal diritto comunitario al potere di espulsione di un cittadino che si avvalso del diritto alla libera circolazione; e, per quanto riguarda il diritto italiano, non tanto rispetto alle eventuali misure amministrative che sono disciplinate in modo chiaro dal DPR n. 54 del 2002, quanto rispetto ai provvedimenti abitualmente adottati dallautorit giudiziaria, come misura di sicurezza, ai sensi del codice penale o del testo unico in materia di stupefacenti (e non certo ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998 che, come noto, non si applica ai cittadini dellUnione).
In primo luogo la Corte ricorda che allo stato attuale del diritto comunitario, il diritto dei cittadini di uno Stato membro di circolare e di soggiornare nel territorio di un altro Stato membro non incondizionato. Ci significa che la particolare tutela riconosciuta dallUnione europea ai propri cittadini limitata alle sole persone che si avvalgono della libera circolazione per prestare una attivit di lavoro, autonoma o subordinata, o per ricevere servizi, o semplicemente per dimorare, a condizione in questultimo caso di possedere risorse economiche sufficienti per evitare di costituire un peso per i Paesi dove intendono soggiornare.
In secondo luogo la Corte ribadisce che in via di principio il diritto comunitario non osta a che le autorit di un Paese membro possano adottare provvedimenti di allontanamento, in via amministrativa o giudiziaria, di un cittadino appartenente allUE. Per, alla luce dei trattati e del diritto derivato, i giudici nazionali devono rispettare alcuni limiti. Il primo limite consiste nella valutazione della pericolosit: la sola esistenza di condanne penali non pu automaticamente giustificare ladozione di un provvedimento di espulsione nei confronti del cittadino dellUnione europea che vanti il diritto al soggiorno ai sensi della normativa comunitaria in quanto si deve tener conto del comportamento personale dellautore del reato e del pericolo che esso costituisce per lordine pubblico, concetto questo che presuppone, in ogni caso, oltre alla perturbazione dellordine sociale insita in qualsiasi infrazione della legge, lesistenza di una minaccia effettiva ed abbastanza grave per uno degli interessi fondamentali della collettivit. Il secondo limite e qui la Corte si uniforma ancora una volta con scrupoloso rispetto allarticolo 8 della CEDU dato dalla necessit di effettuare, da parte del giudice, un bilanciamento tra questa esigenza di tutela dellordine pubblico e lesigenza di rispetto della vita familiare: il giudice deve valutare il grado di integrazione, la presenza o meno di un nucleo familiare, leventualit che la famiglia sia effettivamente in grado di seguire il congiunto se espulso.
Proprio questo secondo limite ci sembra rappresentare il messaggio pi significativo che la Corte di giustizia invia ai giudici ed al legislatore tedeschi, ma che costituir un preciso punto di riferimento anche per i giudici italiani.

Raffaele Miele