Ministero degli Affari Esteri

Comitato Interministeriale dei

Diritti Umani

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IV Rapporto del Governo Italiano

sul

Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giugno 2002

 

 

 

Sommario

 

 

 

INTRODUZIONE

 

1.      La preparazione del presente Rapporto                                                  

2.      Il quadro politico                

 

3.     Gli elementi pi significativi dellindirizzo politico generale                    

4.             Evoluzione demografica della popolazione 

        

5.            Loccupazione

 

 

 

OSSERVAZIONI DEL COMITATO SUL TERZO RAPPORTO PREPARATO DALLITALIA

 

 

1.                      Il Patto nella giurisprudenza italiana                                                  

2.                      Situazione dei Rom

 

3.                      Incidenti sul luogo di lavoro

 

4.                      Previdenza Sociale

 

5.                      Disuguaglianze tra Settentrione e Meridione

 

6.                      Abbandono scolastico analfabetismo

 

7.            Decentralizzazione e sistema di ispezione sul lavoro                  

8.            Persone disabili

 

9.             Povert                                            

 

 

 

 

 

II.           MESSA IN ATTO DI SPECIFICI ARTICOLI DEL PATTO

 

                                                                                           

1.    Artt. 2 e 3: Discriminazione

 

2.    Art. 6: Diritto al lavoro

 

3.    Art.7: Diritto a giuste ed eque condizioni di lavoro

 

4.    Art.8: Sindacati

 

5.    Art.9: Previdenza sociale

 

6.    Art.10: Protezione e tutela della famiglia

 

7.    Art.11: Adeguarti standard abitativi

 

8.    Art.12: Salute fisica e mentale

 

9.    Art.13: Istruzione

 

10.         Art.15: attivit culturali

 

           

 

 

 


 

 

 

 

Introduzione

 

 

1. La preparazione del presente Rapporto

 

01. Il presente rapporto, come i precedenti, stato preparato nellambito delle attivit istituzionali del Comitato Interministeriale dei Diritti Umani, istituito fin dal 1978 dal Ministro degli Affari Esteri. Nel Comitato sono rappresentate le Amministrazioni dello Stato preposte ai diversi settori di attivit, nonch enti ed associazioni e docenti universitari particolarmente esperti nel campo dei diritti umani. Il Comitato ha istituito un apposito Gruppo di Lavoro; quindi la segreteria del Comitato ha predisposto una bozza di Rapporto che stata approvata in seduta plenaria dallo stesso Comitato. Il Rapporto stato distribuito a diverse ONG, per commenti ed osservazioni.

 

02. Nel redigere il Rapporto si tenuto conto, in primo luogo, delle osservazioni e raccomandazioni formulate dal Comitato dei Diritti Economici, Sociali e Culturali delle NU, in occasione della discussione del precedente rapporto.

 

03. Si ravvisata lopportunit di dividere il Rapporto in due parti, una prima dedicata espressamente al seguito di alcune delle precedenti raccomandazioni. Talvolta, si ritenuto utile rinviare allesposizione dei singoli problemi nella seconda parte del Rapporto, che fornisce un quadro dellattuazione delle norme del Patto, in Italia, nel periodo 1998-2001. Per questa seconda parte particolare attenzione stata dedicata allesposizione dellindirizzo politico del Governo nei singoli settori, oggetto della disciplina del Patto, anche in relazione al contenuto di diversi piani nazionali, adottati nel 2001. Si altres tenuto conto della nuova legislazione in materia e delle prassi e procedure amministrative.

 

 

 

2. Il quadro politico

 

 

04. Le elezioni del 13 maggio 2001 hanno visto il capovolgersi dei precedenti rapporti di forza tra la formazione di centro-sinistra (c.d. Ulivo) e la coalizione di centro-destra, la quale, uscita vittoriosa dalle urne, ha dato subito vita al secondo Governo Berlusconi.

La compagine governativa, allindomani della sua nomina, ha cos presentato quale programma di azioni un pacchetto, detto dei Cento giorni, riguardante un complesso ed articolato insieme di misure.

 

05. Nel settore delleconomia, la legge 18 ottobre 2001, n. 383, "Primi interventi per il rilancio dell'economia"" (c.d. Legge Tremonti bis) tende a rilanciare l'economia anche attraverso un regime fiscale agevolativo degli investimenti. Nel disporre incentivi fiscali per gli investimenti e lo sviluppo, viene inoltre prevista la concessione di un credito d'imposta, pari alle imposte corrisposte dalla societ sugli utili distribuiti ai soci, al fine di favorire la capitalizzazione delle imprese.

 

06. Nel campo della pubblica amministrazione, settore questultimo ritenuto strategico per aumentare il grado di competitivit economica, a livello internazionale, il Governo intende procedere attraverso lintroduzione di alcuni principi cardine quali lefficienza, lefficacia, la semplificazione, laccessibilit, la trasparenza e la qualit dei servizi.

Punto nevralgico dellintero processo di riforma sar linnovazione tecnologica, la reingegnerizzazione dei processi amministrativi e delle relative strutture, la formazione del personale.

 

07. In materia di lavoro, con il ddl recante Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro si persegue, attraverso il confronto con le parti sociali, una crescita del tasso di occupazione verso i livelli concordati in sede europea, modernizzando i servizi pubblici per limpiego e nellobiettivo di convergere con lEuropa in tema di garanzie, flessibilit e partecipazione.

Una delle priorit del Piano di Governo, per agevolare l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, era il recepimento della direttiva 1999/70/CE (in vigore dal 24/10/2001) relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. Ci avvenuto con il decreto legislativo 6 settembre 2001 n. 368, con il quale si anche preso atto dell'accordo sottoscritto tra le parti sociali il 4 maggio 2001.

La delega del Parlamento al Governo in materia di mercato del lavoro consente di completare l'adeguamento dell'Italia ai suoi partners europei, con il recepimento della Direttiva 93/104/CEE in materia di orario di lavoro, della Direttiva 1994/45/CE sulla istituzione del comitato aziendale europeo e della Direttiva 1998/24/CE in materia di protezione contro i rischi derivanti da agenti chimici.

In tale contesto assumono notevole importanza tutte le iniziative dirette a risolvere la delicata questione del lavoro sommerso.

Per dare una risposta concreta al problema moralmente inaccettabile e penalizzante, soprattutto per il Mezzogiorno, dell'imprenditoria sommersa, la legge 18 ottobre 2001, n. 383 (capo I), ha previsto incentivi fiscali e contributivi che crescono in maniera proporzionale al volume di lavoro che viene fatto emergere. Gli incentivi volti a regolarizzare le attivit sommerse potranno assicurare diversi vantaggi quali: scoraggiare forme di concorrenza sleale ai danni delle imprese regolari; allargare strutturalmente le basi imponibili; assicurare il pieno godimento delle garanzie previdenziali a tanti lavoratori che attualmente ne sono esclusi.

 

08. Anche il settore dellambiente e delle risorse naturali stato oggetto di interesse da parte del Governo, in particolare attraverso la presentazione del disegno di legge delega al Governo per il riordino delle legislazione in materia ambientale, nel quale sono individuati i settori su cui operare.

Nellambito della ricerca lobiettivo strategico del Governo quello di allineare lItalia agli standard dei principali paesi europei.

Infine, nel settore della Sanit il Governo si adoperato per far fronte alle carenze assistenziali delle zone territoriali pi disagiate.

 

 

 

 

 

3.         Gli elementi pi significativi dellindirizzo politico generale

 

 

3.1 La lotta alla povert e allesclusione sociale

 

09. In Italia la lotta contro lesclusione sociale e la povert sono considerate come uno degli elementi trainanti per il progresso economico e per lo sviluppo delloccupazione. Le politiche per linclusione partono dal presupposto che la condizione di esclusione sociale concerne forme di deprivazione materiale e di fragilit sociale che non riguardano esclusivamente fenomeni di povert economica materiale o di disagio estremo, ma anche carenze rispetto ai legami familiari e sociali, ai sistemi abitativi, alle reti di servizi di sostegno ed integrazione sociale, alla formazione e a forme momentanee di emarginazione lavorativa e sociale.

Da ci deriva la consapevolezza che per contrastare efficacemente i fenomeni legati a povert ed esclusione sociale necessario mettere in campo azioni legate ad una vasta gamma di politiche: da quelle classicamente assistenziali a quelle di riduzione della povert; dalle politiche di moderna protezione sociale e di integrazione sociale e culturale ad interventi per lorientamento, la formazione e loccupazione per le fasce pi vulnerabili della popolazione; dalle politiche di sviluppo delleconomia sociale, di armonizzazione dei tempi e delle esigenze di vita familiare a quelle per gli alloggi, per la salute, per lo sport e il tempo libero, fino ad arrivare a quelle relative allo sviluppo del sapere e delle nuove tecnologie dellinformazione e della comunicazione.

 

3.2 I Piani Nazionali

 

10. In considerazione di quanto esposto, a livello di programmazione lItalia ha varato, nel corso degli ultimi anni, una serie di Piani settoriali, finalizzati ad alcune categorie specifiche di esclusione sociale (Programma di Azione per le politiche di superamento dellhandicap; Piano di interventi a favore dellinfanzia e delladolescenza; Fondo nazionale per la droga; Programma di interventi per gli anziani; Fondo per gli asili nido). A tali piani verticali si sono aggiunti, integrandoli, alcuni Piani a valenza nazionale: il Piano nazionale sanitario, il Piano nazionale occupazione, il Piano nazionale per leducazione e, soprattutto, il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali.

Questultimo Piano, approvato nel mese di aprile 2001 in applicazione delle legge quadro sullassistenza (L.328/00), si caratterizza per una struttura a rete, a carattere di forte decentramento, che attraverso i Piani regionali e i Piani di zona consente al sistema di svilupparsi sul territorio, coinvolgendo direttamente il livello locale nella programmazione, progettazione e attuazione delle politiche e degli interventi. Tale architettura consente di evidenziare le differenze territoriali relativamente alla caratterizzazione del disagio e, conseguentemente, di modulare in funzione dei bisogni specifici le priorit di intervento, operando nella prospettiva di un benchmarking interregionale.

 

3.3 In particolare: il Piano nazionale degli interventi e servizi sociali

 

11. Il piano sociale approvato nel mese di aprile 2001 in applicazione della legge sullassistenza 328/2000 si articola attorno ai seguenti cinque obiettivi fondamentali:

 

-       assicurare alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali;

-       garantire la qualit della vita;

-       prevenire, ridurre, eliminare le condizioni di disabilit;

-       promuovere la partecipazione dei cittadini, il contributo delle organizzazioni sindacali, delle associazioni sociali e di tutela degli utenti;

-       valorizzare e sostenere le responsabilit familiari;

-       potenziare gli interventi a contrasto della povert;

-       sviluppare misure atte a favorire linclusione della popolazione immigrata, la prevenzione delle dipendenze e limpegno nei confronti delladolescenza.

 

12. Le finalit e le misure previste riguardano in particolare:

 

-       le politiche e le prestazioni nei diversi settori del sociale;

-       i servizi alla persona ed alla famiglia, con integrazione di misure economiche;

-       i percorsi attivi per ottimizzare le risorse.

 

13. Quanto agli interventi, in via prioritaria, si prevedono :

 

-       misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a domicilio di persone totalmente dipendenti;

-       interventi a sostegno dei minori;

-       misure di sostegno alle donne in difficolt;

-       interventi per la piena integrazione dei disabili;

-       interventi per le persone anziane ed i disabili per la loro permanenza a domicilio, linserimento in famiglie, laccoglienza in strutture residenziali e semiresidenziali;

-       prestazioni integrate socio-educative per contrastare la dipendenza delle droghe, alcool e farmaci, con interventi preventivi di recupero e di reinserimento;

-       informazioni e consulenze a persone e a famiglie per la fruizione di servizi ed iniziative di auto-aiuto.

-       assicurare alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali;

-       potenziare gli interventi a contrasto della povert;

-       garantire la qualit della vita;

-       prevenire, eliminare, ridurre le condizioni di disabilit, di bisogno e di disagio;

-       promuovere la partecipazione attiva dei cittadini, il contributo delle organizzazioni sindacali, delle associazioni sociali e di tutela degli utenti;

-       valorizzare e sostenere le responsabilit familiari;

-       rafforzare i diritti dei minori;

-       potenziare gli interventi a contrasto della povert;

-       sostenere con servizi domiciliari le persone non autosufficienti (in particolare le disabilit gravi);

-       sviluppare misure atte a favorire linclusione della popolazione immigrata, la prevenzione delle dipendenze e limpegno nei confronti delladolescenza.

 

3. 4. In particolare: il Piano dAzione Nazionale per la lotta allesclusione

 

 

14. Conformemente allinvito formulato dai Capi di Stato e di Governo in occasione del vertice di Nizza della UE del dicembre 2000, lo Stato italiano ha presentato, nel mese di giugno 2001, il primo Piano dazione nazionale per la lotta allesclusione, avente valenza biennale. Le priorit, le linee di intervento, le misure, le azioni dei diversi piani nazionali, settoriali e regionali, operanti per il periodo 2000-2003 sono state richiamate e sintetizzate allinterno di tale Piano dazione il quale, tenendo conto dei 4 principali obiettivi del Consiglio europeo di Nizza, evidenzia le priorit individuate, gli interventi programmati e le misure predisposte per le seguenti aree di azione:

 

      promozione di politiche dirette e di politiche trasversali per loccupazione, attraverso il riconoscimento dellinnovazione e delladeguamento dei sistemi di istruzione e formazione non solo come fattori di sviluppo, crescita economica e di occupazione, ma anche come elementi centrali per contrastare le nuove forme di esclusione sociale. Tra le principali priorit vengono segnalate la necessit di rafforzare i meccanismi del sistema di inserimento professionale e della formazione continua, la predisposizione di interventi di sostegno al reddito con finalit di reinserimento sociale e occupazionale, la valorizzazione e il sostegno alle responsabilit familiari attraverso una migliore armonizzazione delle esigenze della vita professionale e della vita familiare;

      promozione alla partecipazione di tutti gli individui alle risorse ai diritti, ai beni, ai servizi; come priorit di intervento il Piano prevede: lattuazione della nuova legge quadro 328 del 2000 che potenzia e diversifica le misure e gli strumenti per laccesso ai servizi sociali con la finalit di attuare politiche di welfare capaci di offrire sostegno e protezione alle persone lungo tutto larco della vita, il rafforzamento dellautonomia decisionale degli utenti nellambito sanitario e assistenziale e la riduzione delle asimmetrie informative (percorrendo la strada dellintegrazione socio- sanitaria), la garanzia dellaccesso (in particolare per le persone e le categorie pi esposte a rischio di esclusione) ai pi importanti servizi pubblici e privati;

      predisposizione di politiche di prevenzione dei rischi di esclusione sociale per mezzo di misure e di azioni di lotta allesclusione sociale, di sviluppo delle opportunit offerte dalle nuove tecnologie, di salvaguardia della solidariet familiare;

      interventi a favore delle persone pi vulnerabili, a contrasto della povert, a favore dellinfanzia e delladolescenza, della popolazione anziana (in particolare degli anziani non autosufficienti), dei disabili, per lintegrazione e linserimento degli immigrati;

      attuazione di una politica complessiva di sussidiariet e di federalismo solidale, di realizzazione di un welfare delle responsabilit fondata su un forte coinvolgimento dei cittadini sia come utenti sia come protagonisti e consumatori consapevoli, sulla trasformazione in soggetti attivi delle politiche sociali di comunit locali, famiglie, cittadini, la collaborazione dei diversi attori (famiglie, reti di volontariato, parti sociali, enti locali) nella fase di progettazione e realizzazione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali, il coinvolgimento diretto nella gestione dei servizi da parte delle organizzazioni no profit.

 

15. Al fine di garantire la coerenza dinsieme degli interventi, lefficacia delle misure nonch la flessibilit della programmazione, il Governo italiano si pone lobiettivo di sviluppare un sistema complessivo di monitoraggio e di valutazione delle politiche sociali: tale sistema verr costruito intorno ad un nucleo di partenza costituito dallOsservatorio sulle politiche sociali di cui alla legge quadro 328/00 e dalle strutture di monitoraggio degli interventi sociali finanziati con i fondi strutturali. Per quanto riguarda gli strumenti di misurazione, lItalia, pur accogliendo i sette indicatori di Stoccolma, comuni a tutti gli Stati membri, si limita a considerarli come base di partenza, ancorch essenziale, per identificare forme, processi e contesti delle situazioni di inclusione/esclusione sociale. Pertanto, in attesa di definire un quadro concettuale di riferimento da sottoporre anche allattenzione della Commissione e degli altri Stati membri, gi allinterno del Piano viene fornito un quadro pi ricco e articolato, in cui vengono tenuti in considerazione aspetti ulteriori quali, ad esempio, larea geografica di residenza, la condizione abitativa, la durata della povert. Vengono, inoltre, presentati alcuni indicatori di tipo soggettivo (ad esempio, quelli relativi alla percezione della povert).

 

16. ll Piano Sociale rappresenta larchitrave sulla quale si fonder, nel futuro, lassistenza in Italia; inoltre esso corrisponde, sia nelle finalit che nel campo di interventi, agli obiettivi di lotta allesclusione sociale approvati al Vertice Europeo di Nizza. Alcune volte questa risposta diretta (obiettivi Nizza da 2 a 4) altre volte ed in particolare per il primo obiettivo di Nizza ( promuovere la partecipazione alloccupazione) la risposta allo stesso tempo diretta (promozione delloccupazione tramite nuovi servizi alle persone), che indiretta (creazione di migliori condizioni per la conciliazione della vita familiare e professionale)

 

17. Nel 40% delle famiglie italiane vivono quasi 10 milioni di pensionati; sono circa 800 mila le persone di 65 anni e pi che percepiscono una pensione sociale. Nel 1999 il 4,8% delle famiglie italiane si trovava in condizione di povert assoluta, pari a circa 1.038.000 individui; nelle regioni meridionali la diffusione era pari al 11 %.

 

18. Il ruolo del sistema di protezione sociale altro dalle pensioni nella distribuzione del reddito delle persone meno abbienti sostanzialmente limitato. Infatti, sulla base di dati del 1996 a seguito dellintervento del sistema di protezione sociale altro che le pensioni il numero di persone povere era ridotto dal 22% al 19%.. Le pensioni di vecchiaia ed anzianit ricoprono quindi un ruolo molto importante per la ridistribuzione dei redditi

 

19. Quanto alla povert assoluta, riferita cio a coloro che non riescono a consumare un paniere individuato come essenziale, riguarda una quota di popolazione pi ridotta, stante la soglia pi bassa individuata da questa misura.

 

 

4. Evoluzione demografica della popolazione

 

20. LItalia uno dei paesi con uno dei pi elevati livelli di invecchiamento della popolazione. Fra il 1980 e il 1999 la speranza di vita cresciuta di circa cinque anni per entrambi i sessi, raggiungendo un valore di 75,9 anni per gli uomini e 82,3 per le donne. In questo stesso periodo, il numero medio di figli per donna passato da 1,68 a 1,20. I miglioramenti della sopravvivenza e i livelli di fecondit ben al di sotto del tasso di sostituzione delle generazioni hanno condotto le quote di popolazione anziana e ultraottantenne a valori che, nel 2000, si attestano, rispettivamente, al 18% e al 3,9%.

 

5. Loccupazione

 

21. L'occupazione aumentata: a gennaio 2001 il numero degli occupati risultato pari a 21.273.000 unit, con un incremento di 656.000 unit (+3,2 %) rispetto allo stesso mese del 2000. Il tasso di occupazione della popolazione in et compresa tra 15 e 64 anni risultato pari al 54%, 1,7 punti percentuali in pi rispetto a gennaio 2000. Il risultato la sintesi dell'accrescimento sia della componente maschile (dal 66,4% al 67,7%), sia soprattutto di quella femminile (dal 38,3% al 40,3 %).

Nel gennaio 2001, il tasso di occupazione pari al 54% con un aumento di 1,7 punti percentuali rispetto allo stesso mese dell'anno precedente; il tasso di disoccupazione, in lieve flessione sia per gli uomini che per le donne, pari al 10,1%; i giovani in cerca di un'occupazione passano, in un anno, dal 32,3% al 29,2% del 2001.

 

 

6. Listruzione

 

24. Il livello di istruzione condiziona fortemente laccesso e la qualit della conoscenza, rappresentando un fattore potente di inclusione sociale.

I tassi di scolarit nelle scuole superiori sono andati aumentando nel corso di questi anni passando dal 68,3% del 1990-91 all82,3 % nellanno 1998-99, e tale aumento ha riguardato in modo particolare le giovani donne.

Il quadro del sistema formativo italiano si presenta oggi pi articolato secondo unottica integrata.

Circa il 5% dei ragazzi di ogni leva non completano il percorso di scuola media; il 3,3% dei 18-24enni e il 5,1% dei 25-34enni ha solo la licenza elementare; l11,8% dei ragazzi iscritti alle scuole superiori esce dal sistema scolastico dopo il primo anno di corso;solo il 38% degli iscritti alluniversit riesce a conseguire la laurea.

 


PARTE PRIMA:

OSSERVAZIONI DEL COMITATO SUL

III RAPPORTO PRESENTATO DALLITALIA

 

 

 

A. Court Rulings and the Covenant

 

1.The Committee notes with concern the statement made by the State party in its written replies to the list of issues, confirmed by the delegation during its dialogue with the Committee, that only very few court rulings refer explicitly to the Covenant.

 

25. Bench il Patto sia ben noto in tutti i settori interessati allamministrazione della giustizia, le sentenze pronunciate da Tribunali italiani che fanno espresso riferimento alle sue norme estremamente ridotto. Le ragioni di tale fenomeno sono essenzialmente due. In primo luogo la Legge che ha dato esecuzione al Patto sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, rendendone cos possibile lapplicazione da parte della magistratura la stessa che ha dato esecuzione al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici. E pertanto difficile estrarre, dalla giurisprudenza pubblicata, quelle sentenze che richiamino espressamente le norme del primo. In secondo luogo la giurisprudenza richiama ampiamente quelle norme di diritto interno, emanate dal legislatore italiano, che costituiscono una applicazione ovvero unestensione dei principi e delle norme contenute nel Patto. Dato il lungo tempo trascorso dalla ratifica, da parte dellItalia, di questo strumento internazionale, si pu stimare che oggi sono ormai centinaia le leggi che si sono ispirate al Patto. Si pu quindi ritenere, sulla base anche di ampi studi e ricerche effettuate in Italia, che gli obblighi previsti dal Patto si sono trasformati in un corpus legislativo esteso ed approfondito. La rilevanza del Patto, dinanzi i Tribunali italiani, assume un valore indicativo in astratto solo in quei casi in cui viene invocata una norma del Patto per eccepire la non liceit di una norma interna contraria alle stipulazioni in esso contenute.

 

 

B. Problemi che riguardano la popolazione Rom

 

The Committee notes with concern that a large number of the Roma population live in camps lacking basic sanitary facilities on the outskirts of major Italian cities. The Roma on the whole live below the poverty line and are discriminated against, especially in the workplace, if and when they find work, and in the housing sector. Life in the camps has had a major negative impact on the Roma children, many of whom abandon primary and secondary schooling in order to look after their younger siblings or to go out begging in the streets in order to help increase their family income.

 

The Committee recommends that the State party step up its efforts to improve the situation of Roma population, inter alia by replacing camps with low-cost houses; by legalizing the status of Roma immigrants; by setting up employment and educational programmes for parents; by giving support to Roma families with children at school; by providing better education for Roma children; and by strengthening and implementing anti-discrimination legislation, especially in the employment and housing sectors.

 

 

Dati concernenti alcune tra le principali citt

 

Roma

 

37. Un primo sommario censimento delle popolazioni rom e sinte, stabilmente residenti a Roma, risale al 1993: la presenza stimata fu di circa 6000 persone. Nel novembre del 1995 stato svolto il primo censimento generale: furono rilevate 5467 presenze (oltre il 50% di minorenni); i campi erano 50 spontanei ed uno attrezzato (aperto nel 1994). Grazie ad interventi di riorganizzazione delle aree, gli insediamenti totali sono oggi 26, cinque dei quali sono villaggi di nuova generazione, attrezzati con moduli abitativi e dotati di urbanizzazioni primarie e strutture di servizio comune. Altri 6 insediamenti sono invece attrezzati con roulotte, acqua e wc chimici. Si dunque proceduto, dal '93 ad oggi, allo smantellamento di 25 insediamenti abusivi. Molta attenzione stata posta all'attivit di inserimento e protezione sociale: l'avvio di una politica di scolarizzazione dei minori, che ha portato ad un aumento costante, negli ultimi anni, dei minori frequentanti; attivit di prevenzione sanitaria (camper sanitario,campagne vaccinali, accesso ai servizi sanitari), avvio di servizi all'integrazione (corsi di italiano per gli adulti, attivit di formazione lavoro.

 

Milano

 

38. Nella citt di Milano i Rom sono l'un per mille del totale dei residenti, lo 0,5 nell'area della Provincia, per un totale di non pi di 1600 persone, e sono realmente un popolo diviso in un mosaico di comunit diverse per provenienza, stili di vita, religione, ma coese tra loro da una forte identit culturale e linguistica (Khanjarja, Khorakhan, Ariija, Rudara, Rumuni). La composizione anagrafica e sociale di queste comunit risulta rappresentata, per oltre il 50%, da minori al di sotto dei 14 anni d'et mentre solo il 2/3% supera i 60 anni.

 

39. I Rom italiani risiedono in citt fin dall'inizio degli anni '60 in aree o "villaggi" parzialmente attrezzati dall'Amministrazione Comunale, su terreni in affitto o di propriet, in roulottes, case mobili, prefabbricati, alla difficile ricerca di un rapporto pi stabile e sicuro con il territorio urbano, il suo contesto sociale e culturale.

 

 

Torino e Piemonte

 

40. In Piemonte, ed in particolare a Torino, la presenza Rom pu essere ricompresa all'interno di quattro realt: Sinti Piemontesi, Rom "Vlax", Rom Balcanici", Rom "profughi" e "rumeni".

 

41. Proprio quando si riteneva che il flusso migratorio verso l'Italia fosse ormai esaurito i cambiamenti politici e le vicende di cui sono stati protagonisti i Paesi dell'Europa Centro Orientale hanno contribuito a rimetterlo in moto.

La guerra nella ex-Jugoslavia ha causato una nuova massiccia ondata migratoria di Rom dai Balcani.

 

42. Il pi consistente arrivo di Zingari in Italia dopo quello dei "profughi" dalla ex-Jugoslavia rappresentato da Rom rumeni (anno 1998).

Il fenomeno della fuga dall'Est si sta estendendo con l'arrivo costante in Italia di cittadini albanesi e kosovari tra i quali risulta una non trascurabile componente di etnia Rom.

 

Problemi concernenti leducazione dei minori Rom

 

43. Nellambito delliniziativa del Ministero della Pubblica Istruzione stato redatto un documento dal titolo Le trasformazioni della scuola nella societ multiculturale. Tale iniziativa ha evidenziato il problema relativo alla difficile integrazione degli alunni nomadi, il quale, rappresentando un fenomeno specifico, non assimilabile a quello degli stranieri, necessita di un maggior approfondimento conoscitivo.

44. In tale quadro, con le rilevazioni integrative, a partire dallanno scolastico 1999/2000 si provvede ad acquisire anche i dati sulla consistenza degli alunni nomadi che frequentano le scuole di ogni ordine e grado, statali e non statali.

 

45. Le informazioni che ne derivano sono state elaborate autonomamente dal Servizio di supporto alle decisioni del Ministero della pubblica istruzione e, a livello di estrema sintesi, vengono prospettate e interpretate nel presente lavoro. Esse tentano di fornire un primo spunto per un successivo approfondimento che si potrebbe effettuare puntualmente presso le singole scuole frequentate da questi ragazzi.

 

Analisi della presenza di alunni nomadi secondo lordine e il grado distruzione

 

46. La constatazione che i ragazzi nomadi presenti nelle scuole elementari, medie e superiori non statali sono appena 78, e che solo la materna non statale registra un numero di nomadi pi consistente (523 bambini), ha indotto a trattare i dati relativi alla sola scuola statale, nella quale sono iscritti circa 9.000 alunni appartenenti a comunit nomadi.

 

47. Il sistema scolastico statale frequentato nella.s. 1999/2000 da 8.982 nomadi. Rispetto alla popolazione scolastica complessiva iscritto mediamente un ragazzo nomade ogni 805 alunni.

 

48. La presenza pi consistente si riscontra nella scuola elementare con 5.100 alunni, corrispondente ad un valore medio di un nomade ogni 483 alunni, valore che raggiunge nella scuola media, anche se scuola dellobbligo, 943 studenti ogni nomade arrivando, addirittura, nella scuola superiore ad un alunno nomade ogni 5.567 studenti.

 

49. Nella scuola materna, dove noto che in generale si sono raggiunti ormai livelli di quasi completa scolarizzazione, presente un nomade ogni 506 bambini.

 

 

 

 

 

C. Accidents in the Workplace

 

The Committee is alarmed by the high rate of accidents in the workplace and draws the attention of the State party to the concern expressed by the ILO Committee of Experts which has repeatedly drawn the Government's attention to the need to adopt legal regulations and policies on the prevention of accidents in the workplace, and in particular in the ports.

The Committee calls upon the State party to take effective measures to ensure that workers enjoy safe working conditions. In particular, the Committee recommends that the State party adopt measures, including legislation, on the prevention of accidents, particularly in the ports, and ratify the ILO Occupational Safety and Health (Dock Work) Convention, 1979 (No. 152). The Committee also recommends that the State party ratify the Prevention of Major Industrial Accidents Convention, 1993 (No. 174) and the Part-time Work Convention, 1994 (No. 175).

 

50. In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro vigente nellordinamento giuridico italiano il D.Lgs del 19 settembre 1994 n. 626, modificato e integrato dal D.Lgs 19 marzo 1996 n. 242, di attuazione delle direttive comunitarie 89/391/CEE, 90/654/CEE, 89/656/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE, e 97/42/CE, riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.

 

51. Sostanzialmente in linea con landamento registrato negli anni precedenti, il bilancio infortunistico 2001 si chiude con un leggero incremento, rispetto allanno precedente, sia dei casi denunciati nel complesso (poco meno di 6.000 infortuni per una variazione pari a +0,6%) che di quelli mortali (30 casi in pi corrispondenti a +2,1%).

 

52. Il risultato la sintesi di una situazione molto pi articolata in cui alla crescita nei settori dellIndustria e Servizi (+1,2% in complesso e +3,1% per gli infortuni mortali) fa riscontro una marcata riduzione in Agricoltura (-6,5% in complesso e -4,7% per i casi mortali). Nellambito dellIndustria e Servizi, lincremento delle denunce di infortunio stato nettamente superiore per le donne (+5,4%) rispetto agli uomini (+0,1%), mentre in Agricoltura la flessione ha riguardato in misura pressoch analoga i due sessi. Sul piano territoriale, lIndustria e Servizi fa registrare un incremento generalizzato con punte pi elevate al Sud (+2,7%) e nelle Isole (+3,3%); per contro, la contrazione infortunistica dellAgricoltura appare diffusa su tutto il territorio nazionale.

 

53. Per quanto riguarda, in particolare, gli infortuni mortali si registra, nellIndustria e Servizi, una situazione molto differenziata che vede una riduzione al Nord-Est e nelle Isole, una assoluta stabilit al Sud, un aumento al Centro ed una crescita pi consistente nella ripartizione del Nord-Ovest. In questa area va segnalato il sensibile incremento della Lombardia riconducibile in parte al disastro dellaeroporto di Linate dell8 ottobre 2001, che cost la vita a 118 persone e a seguito del quale vennero denunciati 36 casi di infortunio mortale di competenza delle sedi di quella regione. Consistente anche la crescita di casi mortali denunciati in Puglia a riprova di come dallanalisi dei dati emergano talune situazioni di particolare attenzione che devono essere ulteriormente indagate e approfondite sia a livello centrale che periferico.

 

54. Va anche detto che i dati disponibili per i primi mesi dellanno 2002, ancora provvisori ed ufficiosi, sembrano indicare una certa inversione di tendenza generale, che necessita tuttavia del conforto di un periodo di osservazione pi consistente e, soprattutto, di una base informativa pi stabile e consolidata.

 

55. In questo senso, opportuno sottolineare come una analisi statistica significativa ed attendibile delle tendenze in atto del fenomeno infortunistico, vada operata su un arco temporale che non si limiti strettamente al confronto degli ultimi due anni. Una serie storica di medio o lungo periodo, peraltro, consente di valutare levoluzione del fenomeno infortunistico nel contesto di tutta una serie di fattori di natura sociale, economica, culturale e normativa, che al fenomeno stesso sono strettamente correlati. In questo senso, le tendenze espresse dallanalisi della serie storica cinquantennale riportata in questo Rapporto (par. 2.1.3 Mezzo secolo di infortuni al microscopio) mettono in evidenza una continua e costante diminuzione del fenomeno infortunistico espresso in termini di indici di frequenza degli infortuni definiti.

 

56. Pur tuttavia, lanalisi di tipo congiunturale che pone a confronto i casi denunciati in un anno rispetto a quello precedente, presenta pur sempre una sua valenza interpretativa che risulta comunque pi corretta se effettuata rapportando i valori assoluti ad una base di riferimento che esprima la consistenza della forza lavoro da cui il fenomeno stesso viene prodotto. A tale proposito, se si osserva levoluzione in atto nel mondo del lavoro, non difficile rilevare come landamento infortunistico del 2001 rispecchi abbastanza fedelmente la dinamica occupazionale registrata nello stesso periodo.

 

57. Sulla base dei pi recenti dati ISTAT, il numero degli occupati ha conosciuto nellanno 2001 una crescita del 2,1% con un incremento complessivo di circa 434.000 posti di lavoro rispetto allanno precedente. Laumento delloccupazione ha continuato ad interessare in misura pi intensa la componente femminile (296.000 unit in pi, pari a +3,8%) rispetto a quella maschile, cresciuta dell1,0% (138.000 unit).

 

58. I settori di attivit che hanno fatto registrare le migliori performances sono le Costruzioni (+5,5%), il Terziario che con un +2,7% consolida la tendenza espansiva in atto dal 1995, e lAgricoltura che, dopo una emorragia di posti di lavoro che durava da pi di 50 anni, segna un modesto ma significativo +0,6%.

 

59. Come gi fatto in precedenti occasioni, i dati ISTAT sulloccupazione, opportunamente razionalizzati per ovvie ragioni di omogeneit, possono essere utilizzati come base di riferimento per una prima indicazione in termini relativi sulla variazione generale registrata nel fenomeno infortunistico nel 2001 rispetto allanno precedente.

 

60. Gli indici di incidenza cos elaborati, mettono in evidenza una leggera diminuzione, circa un punto percentuale, della frequenza infortunistica nei settori dellIndustria e Servizi ed una pi consistente nellAgricoltura, intorno al circa 9%. La flessione riguarda sia i maschi che le femmine.

 

61. Per quanto riguarda i casi mortali lincidenza infortunistica risulta in netta diminuzione nellAgricoltura (-7,69%) e in lieve aumento nellIndustria e Servizi (+1,64%).

 

62. In particolare, per gli infortuni mortali, sono stati elaborati, oltre a quelli usuali, altri indicatori di frequenza che rapportano al numero degli occupati quello degli infortuni al netto dei cosiddetti in itinere che, in genere, non sono strettamente correlati allo specifico rischio dellattivit lavorativa esercitata.

 

63. Va ricordato, al riguardo, come nellanno 2001 vi sia stato un consistente incremento di infortuni mortali in itinere: nellIndustria e Servizi sono aumentati di 43 casi passando dai 127 casi denunciati nel 2000 ai 170 del 2001; nellAgricoltura sono passati rispettivamente da 2 a 5. Da tali nuovi indicatori emerge chiaramente una tendenza al ribasso dellincidenza degli infortuni mortali depurati da quelli occorsi in itinere.

 

64. E opportuno sottolineare, infine, come in questo contesto valutativo occorra tenere conto oltre che dei fattori generali riferiti alla crescita occupazionale, anche di fattori endogeni che riguardano lampliamento intervenuto nella platea degli assicurati allINAIL; fattori questi che non potranno non riflettersi sulla consistenza degli addetti 2001 , che rappresentano il parametro abitualmente utilizzato quale denominatore del rapporto che esprime la frequenza di infortunio. Nellanno 2001, infatti, vi stata una consistente espansione delle nuove categorie soggette allassicurazione obbligatoria in forza delle disposizioni stabilite dal D.Lgs. n. 38/2000, vale a dire, i lavoratori dellarea dirigenziale, gli sportivi professionisti e, soprattutto, i lavoratori parasubordinati (per questi ultimi si contano 485.463 assicurati nel 2001 per un totale di circa 130 milioni di giornate lavorate nellanno).

 

65. Come noto, gli addetti 2001, calcolati secondo la metodologia INAIL sulla base delle masse retributive dichiarate dai datori di lavoro, non sono allo stato attuale ancora disponibili, ma appare verosimile che potranno determinare un ulteriore miglioramento rispetto agli indici di frequenza infortunistica che sono stati calcolati con gli occupati ISTAT.

 

66. Non si vuol certo affermare, con questo, che la situazione sia da considerarsi soddisfacente, in quanto il calo, se sar registrato, non sar comunque di grossa entit e tale da autorizzare ad abbassare il livello di attenzione.

 

67. Un livello di attenzione che deve trovare concretezza nella programmazione e nella realizzazione di interventi sempre pi mirati ed efficaci sul piano della sicurezza del lavoro; in questo senso le nuove iniziative avviate dallIstituto nel campo degli incentivi alla prevenzione potrebbero rappresentare quel salto di qualit necessario per un abbattimento significativo dei livelli di rischio.

 

 

68. In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in particolare nei porti, vanno segnalati:

- il D.Lgs 27 luglio 1999 n. 271, contenente adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali, a norma della legge 31 dicembre 1998 n. 485, concernente la delega al governo in materia di sicurezza del lavoro nel settore portuale marittimo, nonch della legge 19 novembre1984, n. 862, inerente la ratifica e lesecuzione della Convenzione OIL n. 152, la cui ratifica stata depositata il 7/06/2000.

- Il D.Lgs 27 luglio 1999 n. 272, contenente adeguamento sulla sicurezza e salute dei lavoratori nellespletamento di operazioni e servizi portuali, nonch di operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale, a norma della legge 31 dicembre 1998 n. 485, nonch della legge n. 862/84 su citata.

 

69. Infine, in ordine alla Convenzione n. 174/93, sulla prevenzione degli incidenti industriali maggiori, il Governo italiano ha gi da tempo avviato la procedura di ratifica.

 

D. Previdenza Sociale

 

3. The Committee regrets the insufficiency of the information provided by the State party concerning the social security system, especially considering that the Committee's previous concluding observations on Italy had signaled a lack of information on article 9 in the State party's second periodic report (E/1993/22, para. 188).

4. While commending the State party for its efforts to combat violence against women, the Committee remains concerned that the Government has not yet devised a comprehensive, coordinated and concerted strategy to address this serious problem.

 

70. Per unampia illustrazione del sistema italiano di sicurezza sociale si rinvia al commento relativo allart. 9 del Patto.

 

 

E. Disuguaglianze fra Settentrione e Meridione

 

5. The Committee notes with concern that there are still substantial economic and social inequalities between the northern and southern parts of the country, which impact negatively on the situations of women, young people, children and disadvantaged and marginalized groups.

 

29. The Committee recommends that the State party seriously address the persistent problem of economic and social disparities existing between the northern and southern parts of Italy, which have a negative effect on the situations of women, young persons, children and disadvantaged and marginalized groups.

 

The Government is now working on a plan focusing on the needs of the unemployed youth in southern Italy. The plan is envisaged to last for three years and will concentrate on spreading information technology and the English language among the unemployed, the aim being that of increasing their career opportunities.

 

Le differenze territoriali

 

72. Il processo di sviluppo della economia italiana ha avuto andamenti differenziati sulla base del territorio; una differenziazione soprattutto nello sviluppo occupazionale, ma anche nello sviluppo dei servizi alle persone ed alla comunit. In particolare gli elementi di differenziazione concernono:

-       una concentrazione delle opportunit lavorative in particolari aree del territorio nazionale;

-       un diversit che si riflette anche sui fenomeni di disuguaglianza tra la popolazione, a partire dalla notevole disparit di opportunit di accedere e permanere nel mercato, allo sviluppo ed allaccesso dei servizi alle persone;

-        una disparit che determina una diversa concentrazione dei fenomeni di povert (nel mezzogiorno risiede infatti circa il 65% delle famiglie povere).

 

 

F. Abbandono della scuola superiore Analfabetismo

 

7. With respect to education, the Committee notes with concern the high rate of young people dropping out of secondary education. IN addition, the Committee is concerned about the phenomenon of functional illiteracy. The Committee regrets not having had a clear answer to its question on this issue during the dialogue.

 

8. The Committee recommends that the State party draw up a national strategy and plan of action to address the significant problems relating to school drop-outs and youth unemployment.

 

73. In relazione alle preoccupazioni espresse dal Comitato si rinvia al commento allart. 6 e 13 del Patto, contenuti nel presente Rapporto.

 

 

G. Decentralizzazione e sistema di ispezione sul lavoro

 

9. The Committee calls upon the State party to implement the recommendations made by the ILO Committee of Experts concerning the decentralization of labour inspection. The Committee would appreciate detailed information about the system of labour inspections in the next periodic report.

 

Premesse

 

74. Nellordinamento italiano lattivit ispettiva in materia di lavoro costituisce uno degli strumenti a disposizione del legislatore per realizzare i principi costituzionali della tutela del lavoro, della sicurezza sociale e per assicurare che liniziativa economica si svolga nel rispetto della libert, della sicurezza e della dignit umana.

La rilevanza che il nostro ordinamento conferisce alla finalit dellattivit ispettiva, ovvero lattuazione della legislazione del lavoro, della previdenza sociale nonch delligiene e sicurezza del lavoro, si desume anche dal fatto che la stessa stata riconosciuta quale elemento legittimante la compressione del diritto dell inviolabilit di domicilio, basata sul principio di cui allart. 14 e 41, comma 3.

 

75. Al riguardo la Corte costituzionale ha riconosciuto la legittimit costituzionale di tutte quelle leggi ordinarie che consentono il potere daccesso presso laltrui domicilio ai pubblici ufficiali con compiti di vigilanza amministrativa in materia di lavoro e previdenza sociale senza il rispetto delle garanzie imposte dalla tutela della libert personale e dal diritto di difesa.

 

 

Attribuzioni del Ministero del lavoro sulla funzione ispettiva

 

76. Con legge n. 628 del 1961 il coordinamento della funzione ispettiva in materia di lavoro stato attribuito al Ministero del lavoro che, attraverso lesercizio dei poteri affidati agli ispettori degli Ispettorati del lavoro (ora Direzioni provinciali del lavoro), svolge in primo luogo il compito di vigilanza amministrativa sullesecuzione di tutte le leggi in materia di lavoro e quindi, originariamente, anche sullesecuzione delle leggi in materia di igiene e sicurezza del lavoro e di previdenza sociale e sullesecuzione dei contratti collettivi di lavoro nonch il compito di svolgere attivit di consulenza sullapplicazione delle leggi sulla cui esecuzione vigila.

 

77. Con la stessa legge, inoltre, stata riconosciuta agli Ispettorati del lavoro la funzione di tutela e vigilanza degli enti previdenziali

 

78. Il compito di vigilare sullesecuzione di tutte le leggi in materia di lavoro e di previdenza sociale (art. 4 della legge 628/61), si sostanzia in generale nel controllo del rispetto delle leggi in materia di costituzione del rapporto di lavoro (art. 9 bis Legge 608/96), orario di lavoro (RDL 692/23, modificato da art. 13 Legge 196/97), riposo settimanale (Legge 370/34), ferie annuali (Conv. OIL 132/70, ratificata con legge 157/81), esecuzione dei contratti collettivi di lavoro (Legge 741/59), tutela del lavoro dei minori (Legge 977/67, modificata da DLGS 262/2000) e delle lavoratrici madri (DLGS 151/2001), parit uomo donna (Legge 903/77; Legge 125/91; Dlgs 196/2000) nonch sulla corretta applicazione della legislazione in materia di rapporti di lavoro speciali quali i contratti a tempo determinato (DLGS 368/2001), a tempo parziale (art. 1 Dlgs 61/2000; Dlgs 100/2001), di apprendistato (Legge 25/55; art.21 Legge 56/87; art.16 Legge 196/97), di formazione e lavoro (Legge 863/84; art. 16 Legge 451/94; Legge 196/97), di lavoro a domicilio (Legge 877/73), di lavoro interinale (Legge 196/97).

 

79. Inoltre, gli ispettori del lavoro vigilano sulla corretta applicazione delle leggi che disciplinano le assicurazioni sociali obbligatorie nonch sulle leggi in materia di igiene e prevenzione degli infortuni sul lavoro per le quali ha ancora residue competenze di vigilanza (attivit nel settore delle costruzioni edili, lavori di costruzione, manutenzione riparazione demolizione opere stradali, ferroviarie, idrauliche. Lavori in sotterraneo e gallerie, anche comportanti limpiego di esplosivi nonch lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei,cos come individuate dal DPCM n. 412 del 1997).

 

80. Lart. 8 del DPR 520/55 attribuisce agli ispettori del lavoro la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono destinati e secondo le attribuzioni ad essi conferite dalle singole leggi e dai regolamenti.

 

81. Ci implica che, qualora nel corso dellordinaria attivit di vigilanza amministrativa sorgano indizi di reato connessi alle attribuzioni amministrative dellispettorato del lavoro, gli ispettori possono svolgere accertamenti per verificarne la fondatezza senza dover sospendere laccertamento.

 

82. In tal caso sussiste comunque lobbligo per lispettore di comunicare la notizia di reato allautorit giudiziaria.

 

83. Inoltre, le funzioni di polizia giudiziaria vengono esercitate dagli ispettori del lavoro in caso di riscontrata violazione delle norme sull igiene e sicurezza del lavoro, nellambito delle competenze residuali di cui allart. 23 del Dlgs 626/94.

 

84. Per quanto riguarda, invece, i poteri degli ispettori del lavoro, questi consistono:

-       nel potere di visitare i locali dellazienda (potere di accesso art. 8 del DPR 520/55),

-       nel potere di chiedere e ottenere informazioni e notizie e di fare rilevazioni (art. 4 della legge 628/61)

-       nel potere di diffida (art. 9 del DPR520/55)

-       nel potere di impartire disposizioni (art. 10 del DPR 520/55)

 

85. Il potere di accesso si sostanzia nella facolt di visitare in ogni parte a qualunque ora del giorno ed anche della notte, i laboratori gli opifici i cantieri ed i lavori, in quanto siano sottoposti alla loro vigilanza, nonch i dormitori e i refettori annessi agli stabilimenti.

 

86. Il potere di diffida consente allispettore del lavoro, in caso di constatata inosservanza delle norme di legge, di valutare lopportunit di assegnare un termine al trasgressore per regolarizzare lillecito amministrativo o penale riscontrato.

 

87. Le disposizioni, invece, sono atti amministrativi discrezionali sia quanto allopportunit della loro adozione che quanto al loro contenuto ed hanno leffetto di introdurre nuovi obblighi rispetto a quelli gi stabiliti dallordinamento giuridico.

Lart. 10 del DPR 520/55 limita ladozione di tali atti alla materia delligiene e della sicurezza.

 

88. La rilevanza del potere di diffida e del potere di impartire disposizioni stata attenuata in seguito allattribuzione quasi esclusiva della vigilanza amministrativa in materia di igiene e di sicurezza del lavoro alle AAUUSSLL e alla introduzione dellistituto della prescrizione obbligatoria di cui allart. 20 del Decreto legislativo n. 758 del 1994.

 

89. Per gli ispettori del lavoro lutilizzo di tale istituto limitato allambito della vigilanza sulle attivit lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, individuate nel DPCM n. 412 del 1997 (costruzioni, lavori in cassoni ad aria compressa e subacquei ecc.), emanato in attuazione dellart. 23 del Dlgs 626/94 che stabilisce la competenza residuale degli ispettori del lavoro in materia di sicurezza sul lavoro.

 

Attribuzione dei compiti di prevenzione, igiene e controllo in materia di sicurezza e salute sul lavoro alle Aziende/unit sanitarie locali

 

90. Il trasferimento delle funzioni in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera (art. 117 della Costituzione) alle Regioni, attuata dal Governo con DPR 616 del 1977, ha comportato anche il decentramento delle competenze in materia di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro.

 

91. Con listituzione del Servizio sanitario nazionale, attuata con legge n. 833 del 1978, stato demandato alle Regioni lo svolgimento delle funzioni amministrative relative alla prevenzione delle malattie professionali ed alla salvaguardia della salubrit, delligiene e sicurezza in ambienti di vita e di lavoro, sottraendolo allo Stato, e quindi al Ministero del lavoro.

 

92. Pertanto, sono stati individuati nuovi organi, le aziende/unit sanitarie locali, a cui sono stati affidati i compiti gi attribuiti allIspettorato del lavoro in materia di controllo sullo stato di salute dei lavoratori ed estesi i poteri di accesso e di diffida gi conferiti agli ispettori del lavoro.

 

93. Lesercizio di tali poteri corrisponde allattivit, espressamente prevista dalla legge in capo ai funzionari delle Aziende unit sanitarie locali, di indicare le misure idonee alleliminazione dei fattori di rischio e al risanamento degli ambienti di vita e di lavoro in applicazione delle norme di legge vigenti (art. 20 della legge n. 833 del 1978) .

 

94. Come gi precisato, lattivit di prevenzione e controllo in tale materia ora viene svolta prevalentemente attraverso listituto della prescrizione obbligatoria, introdotto dal citato Decreto legislativo n. 758 del 1994, che comporta il potere dovere per lorgano di vigilanza (ispettori delle AAUUSSLL e Ispettori del lavoro) di impartire al trasgressore misure specifiche per la regolarizzazione di accertate contravvenzioni alle norme in materia di sicurezza e igiene del lavoro,elencate nellallegato I dello stesso Decreto legislativo.

 

95. Tale procedimento speciale si sostituisce allesercizio dl potere di diffida e di disposizione in presenza di reati accertati, prevede il potere dovere di impartire, nellesercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, unapposita prescrizione con la quale si stabilisce un termine per la regolarizzazione. In caso di ottemperanza alla prescrizione il contravventore ammesso a pagare in sede amministrativa una somma pari a un quarto del massimo ammontare della pena prevista.

 

96. La prescrizione, inoltre, pu essere impartita dallorgano di vigilanza solo in presenza di contravvenzioni in materia di igiene e sicurezza del lavoro punite con larresto in alternativa allammenda.

 

97. Lattribuzione ai funzionari della AAUUSSLL dei poteri gi riconosciuti agli ispettori del lavoro in materia di sicurezza pone un problema di coordinamento fra le funzioni esercitate dallo Stato e quelle esercitate dalle Regioni e dai Comuni. Il DPCM n. 412 del 1997 assicura il coordinamento tra ispettori del lavoro e delle aziende ausl in materia, prevedendo la previa informazione al dipartimento di prevenzione dellazienda sanitaria competente per territorio e secondo programmi concordati periodicamente, dellattivit svolta dagli organi ministeriali al fine di evitare sovrapposizioni di intervento

 

98. Daltra parte, lart. 27 del Decreto legislativo n. 626/94 prevede listituzione dei Comitati regionali di coordinamento aventi il compito di raccordare anche gli organi di vigilanza del Ministero della Sanit e del lavoro per individuare criteri finalizzati alla uniformit degli interventi nellattivit di vigilanza in materia di sicurezza ed igiene del lavoro.

Attribuzione della funzione ispettiva agli Enti previdenziali

 

99. Il ridimensionamento della centralit della posizione di esclusivit dellIspettorato del lavoro in materia di vigilanza sulle condizioni di lavoro, si verificato non solo in materia di sicurezza e igiene del lavoro ma anche in materia previdenziale laddove al personale ispettivo degli enti previdenziali per i quali sussiste la contribuzione obbligatoria, sono stati attribuiti poteri di accertamento pi incisivi, per effetto della legge n. 638 del novembre 1983.

 

100. Lart. 3 della legge 638/83 conferisce ai funzionari addetti alla vigilanza contributiva degli enti previdenziali (INPS, INAIL, ENPALS ecc.) i seguenti poteri: l accesso a tutti i locali delle aziende per esaminare i libri di matricola e paga ... ed ogni altra documentazione che abbia diretta e indiretta pertinenza con lassolvimento degli obblighi contributivi e lerogazione delle prestazioni; lassunzione da parte dei datori di lavoro, dei lavoratori e delle rispettive rappresentanze sindacali aziendali di dichiarazioni attinenti alla sussistenza dei rapporti di lavoro, alle retribuzioni, agli adempimenti contributivi e assicurativi e alla erogazione delle prestazioni.

 

101. Inoltre, lo stesso art. 3 attribuisce a tali funzionari, gli stessi poteri degli ispettori del lavoro ad eccezione di quello di contestare contravvenzioni.

 

102. La stessa disposizione prevede che la Direzione provinciale del lavoro, sentendo gli istituti previdenziali interessati, eserciti il potere di coordinamento anche mediante la realizzazione di programmi annuali finalizzati alla repressione delle evasioni contributive in materia di previdenza e assistenza sociale e obbligatoria.

 

103. A tal fine, infatti, vengono programmate annualmente azioni di vigilanza congiunta, realizzate da gruppi ispettivi formati da ispettori dellIspettorato del lavoro e degli Istituti previdenziali finalizzate alla repressione delle evasioni contributive in materia di previdenza e assistenza sociale obbligatoria.

 

104. Tale disposizione si inserisce nella stessa ottica dellart. 5 della legge 628/61, secondo la quale alla Direzione provinciale del lavoro affidato il compito di regolare e disciplinare lattivit di assistenza e di vigilanza esercitata dallINAIL, al fine di evitare pluralit di accertamenti e difformit di trattamento.

 

105. Lo strumento del coordinamento delle attivit di accertamento dei diversi organismi ispettivi, ha trovato ampio spazio anche in recenti interventi legislativi, come ad esempio nellart. 79 della legge 448 del 1998, con il quale sono state adottate misure finalizzate alla repressione del lavoro non regolare e sommerso.

 

106. Tale disposizione prevede l attribuzione al Ministero del lavoro, Ministero delle finanze, agli Istituti previdenziali e alle aziende unit sanitarie locali del compito di coordinare le loro attivit in materia ispettiva e di controllo degli adempimento fiscali e contributivi, sempre attraverso la predisposizione di specifici progetti di controllo integrato.

 

107. La stessa disposizione affida al Ministero del lavoro il compito di assumere liniziativa di tali attivit. A tal fine questo Ministero ha promosso linsediamento di una commissione, a livello centrale, nellambito della quale vengono individuati i criteri per pianificare la realizzazione dei suddetti controlli integrati, anche attraverso lo scambio di dati e informazioni relativi alle rispettive attivit di accertamento.

 

 

H. Persone disabili

 

10. The Committee encourages the State party to ratify, as planned, the Vocational Rehabilitation and Employment (Disabled Persons) Convention, 1983 (No. 159). The Committee would appreciate information from the Ministry of Labour in the next periodic report on the number of cases dealt with by the courts under the legislation on disability.

 

108. Unampia illustrazione dei problemi relativi ai disabili in Italia contenuta nel commento allart. 11 del Patto.

 

 

I. Povert

 

11. The Committee recommends that the State party step up its efforts to assist those living under the poverty line, the majority of whom are women.

 

109. Nel nuovo Piano Nazionale per lInclusione Sociale stato data particolare importanza al problema della povert. Si rinvia, per un approfondito esame, alle informazioni date pi avanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PARTE SECONDA:
MESSA IN ATTO DI SPECIFICI
ARTICOLI DEL PATTO

 

A. Articoli 2 e 3

Discriminazione

 

Women - the shadow economy

 

The principle of equal treatment for men and women in the area of work is contained in the Italian Constitution (arts. 3, 35 and 37) and has been given full implementation in Italian legislation (Law 903/77 and subsequent measures). In reality, however, the two genders still occupy different positions on the labour market. The inverse proportion between the training and employment of women as compared to men demonstrates that the labour market is the site of a true parity between women and men (on average, women are better trained, but their rate of employment is lower than that of their fellow men workers).

An evaluation of the impact on women of all the economic and work-related measures taken, for the purpose of implementing the mainstreaming policy which was identified as a top priority by the World Conference held in Beijing in 1995 and introduced in Italy under the Prodi/Finocchiaro Directive of 1997, is a key step in efforts to improve the social and economic lives of both women and men. Though there are still imbalances between mens and womens employment conditions, an increase in the level of work activities among women has been recorded. Within an overall consolidation of the labour market, women represent the most dynamic segment, though one that is still fragile.

Based on data provided by ISTAT, the Italian Statistical Institute, the total number of workers increased by 1,168,000 between 1997 and 2000, and more than 700,000 of these new workers (or 61 per cent) were women. A partial analysis of these figures may lead to the conclusion that female employment has reached acceptable levels, in line with the rest of the EU countries. But though a gradual process of realignment between the rates of male and female work activity has begun, the rates of activity in Italy, as shown by the Report on Women for the Year 2000 of the Italian Prime Ministers Office, issued five years after the Beijing Conference, have still not reached the European averages, primarily on account of the lower rate of female work activity. Corresponding to the rise in the rate of female employment is an increase in unemployment among women, pointing to the fact that the supply of women offering their services on the labour market has risen as well.

It should also be noted that the growth in female employment has been accompanied by an increase in the number of so-called atypical jobs, meaning part-time and fixed-period employment, as well as working relationships consisting of external contributions on a coordinated and continuous basis. The greater flexibility of these forms of work has provided women with a genuine opportunity to enter the world of work, despite attendant conditions of precariousness and a decrease in rights, safeguards and career prospects.

Finally, it should be stated that no evaluation of equal opportunity between men and women in terms of job opportunities, professional development and entrepreneurial initiative would be complete without an examination of the more significant effects on the supply of female labour of the agreements of 1993 and 1996.

 

Gender equality in education

 

The Ministry of Education (Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca - MIUR) carried out a number of initiatives to support and promote gender equality in the period between 1997-2000.

The main features of these initiatives may be observed along the following axes/dimensions:

 

Organizational structure:

 

-      the closing down of the Technical Institutes for Women (Istituti Tecnici Femminili), which have been replaced by Technical Institutes for Social Activities (Istituti Tecnici per le Attivit Sociali), open to male and female students (Ministerial Act/Decreto Ministeriale No. 383 of 7 October 1998);

-      the setting up of two Commissions within the MIUR addressing the issue of gender equality as regards the condition of clerical staff and teachers.

 

Educational guidelines:

 

-      the Secondary-School Male and Female Students Statute, which sets out the values regulating the school community and specifically stresses the importance of gender equality rights (No. 249 of 24 June 1998);

-      the financing of the research and intervention programme POLITE (Gender Equality in Schools), which aims at suggesting guidelines whereby textbooks are made to conform to the principles of gender equality.

 

Operational or practical dimension:

 

-      the implementation of projects supporting gender equality in the field of education within the National Programme 2000-2006 School for development, which is partly financed by FSE - with a total financial commitment exceeding 50 million - specifically aiming to sustain women who wish to study while retaining their employment, by setting up childcare facilities or providing financial incentives, among other things.

 

 

 

B. Article 6

Right to work

 

 

Lo status di disoccupato

 

122. Il D. Lgs. 21 aprile 2000, n. 181 (emanato in attuazione della delega contenuta nella L. n. 144/99, cd. Collegato Lavoro alla legge finanziaria per il 2000), ha rivisitato i criteri per laccertamento dei requisiti di eleggibilit per laccesso alle introdotte misure di prevenzione; sono state fissate le condizioni per lintegrazione dello status di disoccupato ed stato stabilito che lo stato di disoccupazione debba essere subordinato allimmediata disponibilit allo svolgimento dellattivit lavorativa, con la perdita dellanzianit dello stato di disoccupazione in caso di rifiuto di unofferta di lavoro congrua.

 

123. Un ruolo assolutamente rilevante, in questo senso, assumono i Servizi Pubblici per lImpiego (SPI), che vengono chiamati, non solo ad esercitare le attivit tradizionali di accertamento e verifica della condizione di disoccupazione, ma anche ad erogare servizi innovativi come i colloqui di orientamento ai giovani ed agli adolescenti entro sei mesi dallinizio dello stato di disoccupazione e proposte di adesione ad iniziative di inserimento lavorativo o di formazione e/o riqualificazione professionale, a favore di a) donne in cerca di reinserimento lavorativo, non oltre sei mesi dallinizio della disoccupazione, b) disoccupati e degli inoccupati di lunga durata, non oltre dodici mesi, c) disoccupati beneficiari di trattamenti previdenziali, non oltre i sei mesi.

 

124. Va segnalato come sia stato previsto che, qualora i soggetti interessati non si presentino al colloquio di orientamento, per gli stessi verr meno la condizione di disoccupato.

 

Job-experiences - Giovani

 

125. Sulla scorta di consolidate esperienze straniere, sono state attivate una serie di misure tese a realizzare esperienze tecnico-pratiche in azienda, svincolate da un contratto di lavoro (job-experiences): vanno a tal proposito menzionati, oltre alle Borse Lavoro introdotte dalla L. 196/97 (c.d. Pacchetto Treu) e gi innanzi citate, i Piani di Inserimento Professionale (PIP) previsti fin dal 1994, seppur concretamente attivati solo nel 1998. I PIP sono stati disciplinati al fine di favorire lo svolgimento di periodi di formazione e di esperienze lavorative per figure professionalmente qualificate; a seguito della stipula di apposite convenzioni con associazioni di datori di lavoro ed ordini e/o collegi professionali, i giovani in possesso di un attestato di qualifica professionale, diploma, laurea di et compresa tra i 19 ed i 32 anni (elevabili fino a 35 per i disoccupati iscritti da almeno due anni alla 1^ classe delle liste di collocamento) hanno cos potuto concretamente svolgere presso aziende o studi professionali aderenti alle categorie convenzionate unesperienza professionale per un periodo massimo di 6 mesi o di 960 ore annuali, ricevendo dallINPS unindennit di 600.000 lire mensili. Peraltro, sono stati previsti particolari agevolazioni contributive a favore dei datori di lavoro che, al termine del PIP, avessero assunto il soggetto utilizzato nella stessa area professionale con un contratto di formazione e lavoro.

126. Nel medesimo ambito rivestono una funzione importante i tirocini di orientamento e formazione, recentemente riformati sulla base del gi richiamato Pacchetto Treu (art. 18 L. n. 196/1997). Con tale misura, i Servizi Pubblici per limpiego (strutture regionali e provinciali), le Universit, i soggetti a prevalente partecipazione pubblica, i soggetti privati non aventi scopo di lucro e le strutture di inserimento di soggetti svantaggiati sono stati legittimati a promuovere iniziative finalizzate a permettere che soggetti, aventi unistruzione compresa tra la licenza media inferiore e la preparazione post-universitaria, potessero, attraverso unesperienza presso datori di lavoro pubblici e privati, acquisire una migliore e diretta conoscenza del mondo del lavoro. I tirocini possono avere una durata compresa tra 4 e 24 mesi a seconda del livello di istruzione e della posizione pi o meno svantaggiata del tirocinante sul mercato del lavoro; non stata prevista per a favore dei tirocinanti alcuna indennit, salva autonoma ed unilaterale determinazione del datore, n, a favore di questultimo, aiuti in caso di assunzione o /e finanziamenti pubblici.

127. Tra gli strumenti normativi idonei a creare condizioni positive per uneffettiva prevenzione della disoccupazione giovanile vanno anche segnalati i pi tradizionali contratti a causa mista, tra laltro recentemente oggetto di adeguamento e modifica:

a) i contratti di formazione e lavoro (CFL), previsti dallart. 16 del D.L. 16.5.1994 n. 299, sono stati modificati con lart. 15 della L. n. 196/1997. La Commissione della UE nel maggio 99 ha definito la procedura di infrazione, avviata nel luglio 98, nei confronti dellItalia, in ordine alla legittimit delle relative agevolazioni contributive, prevedendo che tali aiuti potessero considerarsi legittimi solo in presenza di particolari condizioni, come la creazione di nuovi posti di lavoro e lassunzione di lavoratori in difficolt, vale a dire i giovani sotto i 25 anni, ovvero fino a 29 se laureati, nonch i disoccupati oltre i 12 mesi. In termini di disciplina normativa, lart. 15, c. 2, citato prevede che il CFL possa essere alternativamente mirato: 1) allacquisizione di professionalit intermedia; 2) professionalit elevata; 3) ad agevolare linserimento professionale mediante unesperienza lavorativa che consenta un adeguamento delle capacit professionali al contesto produttivo ed organizzativo. Il comma 4 della medesima norma, inoltre, stabilisce che la durata massima del contratto di formazione e lavoro non pu superare i 24 mesi con riferimento alle fattispecie negoziali di cui agli appena riportati punti 1 e 2 ed i 12 mesi per quelli, invece, compresi al punto n. 3. Il comma 5, infine, stabilisce che i CFL di cui ai punti 1 e 2 dovranno, inoltre, prevedere rispettivamente almeno 80 e 130 ore di formazione da effettuarsi in luogo della prestazione lavorativa; mentre nellipotesi di cui al punto 3 la durata delle attivit di formazione non potr essere inferiore a 20 ore di base relativa alla disciplina del rapporto di lavoro, allorganizzazione del lavoro, nonch alla prevenzione ambientale ed antinfortunistica.

b) lapprendistato, ai sensi dellart. 2 della L. n. 25/1955, lart. 2, uno speciale rapporto di lavoro in forza del quale l'imprenditore obbligato ad impartire o a far impartire, nella sua impresa, all'apprendista assunto alle sue dipendenze, l'insegnamento necessario perch possa conseguire la capacit tecnica per diventare lavoratore qualificato, utilizzandone l'opera nell'impresa medesima. Dopo molti anni, anche questo rapporto stato rivisitato in maniera sostanziale con la pi volte citata L. n. 196/97; stato stabilito un innalzamento e allargamento dei limiti di et della popolazione interessata, 16-24enni (limite massimo elevabile, rispettivamente, a 26 nelle aree di cui agli obiettivi n. 1 e 2 del regolamento Cee n. 208/93; a 28, sempre nelle stesse aree, per i portatori di handicap; a 29 nell'artigianato), rispetto ai precedenti 15-20enni. E stato, inoltre, previsto un limite minimo di durata pari a 18 mesi e, per garantire la necessaria articolazione della regolamentazione in funzione delle esigenze specifiche dei singoli settori produttivi e dei contesti locali, lobbligatoriet, a fronte del riconoscimento di agevolazioni contributive, della formazione esterna all'azienda per un minimo annuo di 120 ore. Con i decreti del Ministero del Lavoro dell8.04.1998 e del 20.05.1999, sono stati individuati i contenuti delle attivit di formazione degli apprendisti. Sono previste due tipologie di contenuti:

i) una generale e trasversale, di durata non inferiore al 35% delle 120 ore annua, riguardante materie linguistiche, gestionali, economiche nonch la disciplina del rapporto di lavoro e le misure collettive di prevenzione;

ii) una tecnico-scientifica-operativa, di durata non inferiore al 65% delle 120 ore annue, riguardante le competenze professionali legate alla specifica attivit svolta dallapprendista sul posto di lavoro.

128. Di sicuro rilievo appare, infine, quanto previsto dallarticolo 68 della legge 144/1999 gi citata, in merito al riordino dei cicli scolastici e alla previsione dell'obbligo formativo fino a 18 anni: viene, infatti, disposta linclusione dellapprendistato, insieme al sistema scolastico e a quello della formazione professionale, tra le modalit con cui pu essere assolto lobbligo formativo.

 

 

Work - Training

 

Exercising the right to work (stipulated in article 4 of the Constitution) while promoting conditions that make this right a concrete reality entails, first and foremost, implementing activities designed to prevent unemployment. In practical terms, such activities take the form of active labour policies. On the assumption that training is one of the tools of an active policy, thanks in large part to the reform of the school and university education system, it has been decided to pursue the objective of a greater integration between school-vocational training and work and to outline a new system of ongoing training in the collective interest (Law No. 196/97, the so-called Treu Package, allocates new resources to training). Seen in this light, there would appear to be two priorities common to all training policies: guaranteeing knowledge of foreign languages; and setting the groundwork for computer literacy.

Numerous programmes and initiatives have been undertaken to spread knowledge of informatics and languages while expanding the technological resources of the structures. In schools, mention can be made of Languages 2002 (to reinforce language instruction at all school levels); the e-Europe programme of the EU (whose objectives include Internet access for schools); the Plan for the Development of Teaching Technologies (geared towards reinforcing the resources and know-how of schools in the new technologies); and A PC for Students (loans on advantageous terms for the purchase of personal computers).

In the area of vocational training, we find the Plan for Computer Literacy, offered by the government agency Italia-Lavoro, which is aimed at 60,000 unemployed young people in southern Italy; the activities of the Permanent Territorial Centres; the regional activities co‑financed by ESF; and the creation of an education credit card (subsidized loans for the purchase of personal computers and users courses).

As for the university system, a growing demand for informatics and linguistics laboratories can be observed, calling for adequate financial coverage and the availability of suitable structures.

A special effort has been made to establish facilitated procedures for categories of individuals whose access to information is scarce. This problem has been addressed in part by Law 53/2000, which stipulates that those employed (or in search of employment, or not yet a part of the workforce) are entitled to obtain access to courses of ongoing training in order to obtain new know-how and reinforce their professional capabilities (i.e. a training leave of 11 months). What is more, Law 338 of 23 December 2000 established inter-professional funds for the ongoing training of workers, under the management of the social partners. The greater capacity for utilization of structural funds, and in particular ESF, has served to reinforce public sector intervention in the activation of employment services.

Finally, it should be remembered that the liberalization of the telephone services market, by favouring a decrease in costs, has led to an increase in the utilization and spread of Internet among families.

 

 

Informal labour

 

Naturally, any reflection on the defence of workers rights must include an examination of informal labour, which, in Italy, has reached levels that are among the highest for all the industrialized countries (accounting for an estimated 15.4 per cent of GDP), with noteworthy repercussions on safety at the worksite and on the defence of the weaker segments of the labour market (women, minors, immigrants, seasonal labourers, workers in southern Italy). Numerous discussions held in recent years have emphasized the difficulty of estimating informal labour based exclusively on quantitative data, with it being both necessary and advisable to include analyses in the field. The results of such an integrated approach produce an overview of informal labour which proves even more worrisome.

Together with Greece, Italy is the country in the European Union that shows the highest rate of informal labour. According to the ISTAT data for 1999, informal labour accounts for 15.1 per cent of total labour (equal to 3 million and 486,000 labour units), representing an increase of 1.7 per cent over 1992. The magnitude of informal labour is further demonstrated by the results of the inspection activities carried out over the past two years, which provide a measure of the number of irregularities detected compared to the quantity of inspections carried out, with the figure varying depending on the geographical zone, the production sector and the dimensions of the companies being examined. The Ministry of Labour reported that 51,965 companies presented irregularities out of a total of 118,638 enterprises inspected. According to the INPS social security institute, out of approximately 1.495 trillion lire in social security payment evasion, 1.102 trillion lire can be traced to informal labour in the strict sense (73.72 per cent), while the INAIL workmens compensation institute detected instances of informal labour in 62.65 per cent of the inspections it carried out.

A further meaningful result comes from the comparison established by the INAIL institute between the date on which accidents are reported and that on which the insured party is hired: the high percentage of accidents occurring during the first five days of employment (6,399 cases out of 92,474, representing approximately 7 per cent of the total), points to noteworthy levels of informal labour during the first two days of activity, while making it appear probable that many hirings are only reported in the event of an accident. What is more, the fact that 42 out of 135 mortal accidents (more than 30 per cent) occur during the first five days of work backs the supposition that hirings are reported only in cases where this becomes inevitable (such as the occurrence of mortal accidents).

With regard to the variety of forms taken by the practice, it was found that informal labour in the strict sense prevails in southern Italy, while the most common variety in central‑northern Italy is camouflaged salaried employment, accomplished through the improper use of contracts deriving from the category of freelance work, together with moonlighting and overtime that does not appear on the pay cheque. This is the framework within which work by minors must be placed: quantifying its dimensions is a complex operation that calls for a cross‑analysis of different sets of data. Consideration must first be given to a pair of factors that are on the rise, namely the level of school dropouts and failures, and reports of accidents at the workplace.

In order to identify the conditions that favour the spread of shadow economic activity while fighting the alarming spread of the practice, a series of focused initiatives have been implemented since 1989, designed both to provide incentives for companies to emerge into the legitimate economy and to reinforce activities of inspection and control while easing the effect of the system of sanctions. This is the direction taken by:

 

-      Legislative Decree 338/1989, articles 1, 6 and 7 (converted, with modifications, by article 1, Law 389/1989);

-      Legislative Decree 129/1990, article 2-bis (implemented, with modifications, by article 1, Law 210/1990);

-      Law 608/1996, article 5;

-      Law 196/1997, article 23;

-      Law 448/1998, articles 75, 78 and 79 (the Budget Law for 1999);

-      Law 488/1999, article 63 (the Budget Law for 2000);

-      Law 388/2000, articles 5, 116 and 119 (the Budget Law for 2001);

-      The Labour Accord of 24 September 1996, chapter entitled Bringing Informal Labour out in the Open;

-      The 1999 Social Pact for Development and Employment, chapter 3 (Policies of Development and Employment), Point 7.

-       

To date, the key instruments in such policies have been realignment contracts, which, though their use is limited compared to the vast dimensions of informal labour, have nevertheless proven their worth as an initial, systematic approach to the problem (for the first time, a promotional, incentive-based prospective has been added to what was strictly a repressive-penalizing approach), in addition to having a positive influence on working conditions and salaries while affirming the rights of both workers and businesses.

The initiatives taken in recent years, though designed to address the economic cycle, have nevertheless contributed to underlining the importance of the local dimension while stimulating the technical and organizational reformulation of inspection activities, with examples being: the establishment of the Committee for Legitimizing Activities of the Shadow Economy and the Local Commissions, as well as the steps taken to coordinate activities among the different bodies of inspection and control (as per articles 78 and 79 of the 2000 Budget Law), or to establish the figure of a tutor for legitimizing informal labour and attenuating penalties (articles 5, 116 and 119 of the 2001 Budget Law).

There followed an intensive activity on the part of the State Administration, of which the most significant steps are the following:

-      The establishment at the Ministry of Labour (under a Ministerial Decree of 19 March 1999) of a Task Force entrusted with the task of reinforcing the inspection function and supplementing the activities of the Provincial Departments of Labour, especially in cases of marked gravity or urgency;

-      The creation (INPS Resolution No. 246 of 21 July 1999) of a Department for the Supervision of Revenues and the Shadow Economy, whose objective is to analyse and draw up policies for the legitimization of shadow economic activities;

-      Authorization from the INPS social security institute (April 2000) for the signing of agreement protocols with local institutions and organizations that pursue related interests for the establishment of Regional Observatories of Informal Labour, regarding the shadow economy and the evasion and avoidance of social security payments;

-      Adoption by the INAIL (March 2000) of a single return and deposit form (to report the names of the insured parties) which may be used for both taxes and social security payments, with the subsequent creation of a databank for workers and businesses, together with the establishment of combined windows designed to operate as centres for services and for the performance of tax and social security procedures.

 

The experience with realignment contracts came to a close with approval of Law No. 383 of 18 October 2001, which introduced new favourable conditions for employers, together with the possibility of benefiting from an amnesty for the regularization of social security and tax violations, as well as, in the case of small-sized enterprises, environmental infractions. At the moment, four months after the introduction of the measure, INPS reports that no businesses have presented requests to use it.

 

 

Flexibility

 

The new developments in terms of working time and flexible schedules are designed to favour growth in employment while making businesses more competitive. They are in line with the measures being taken in the rest of Europe (from the White Book of Mr. Delors to Directive 93/104/EC: the 40-hour workweek) and are meant to optimize the contractual advances made, so as to achieve a balanced distribution of advantages between the contractual parties, both individually and collectively.

But the entire question may be tied, broadly speaking, to changes in both the collective and individual scheduling of life in the city, developments which have led legislators to provide a tool for the diversification and customization of working schedules, especially in cities, with consideration given to the needs of the workers, and to those of women in particular (Law 142/90).

As contemplated under the Constitution (art. 36, reiterated in art. 2107 of the Civil Code), the maximum working hours are set by law, while businesses and workers are free to negotiate the structuring of the working hours into days and weeks to meet their needs. Up until the last decade, the goal of legislators in this area was to limit the number of working hours in order to defend the health of workers.

Starting from the end of the 1980s, in light of the needs of the production system and the employment crisis, the tendency to reduce the number of working hours became a tool of social policy and solidarity in order to avoid collective lay-offs, produce higher levels of employment and avoid the utilization of overtime work (the 1996 Budget Law). Though financial resources were not available for its full implementation, we find the same objectives outlined above in the measures taken under article 13 of the Treu Package (Law 196/97), which provides incentives for the reduction and reformulation of working schedules and part-time work, setting the normal work schedule at 40 hours a week, while stipulating that national collective bargaining contracts may set a shorter workweek. In the case of civil servants, the workweek has been set, under a different measure, at 36 hours (Law 93/83).

A different weekly workload is stipulated for individuals between the ages of 14 and 18 years: 35 hours a week for youngsters and 40 hours a week for adolescents (Law 977/67). The main source of measures regarding work schedules remains the bargaining process, on account of the complexity and diversity of the needs that must be satisfied by the flexible models. An analysis of the weekly working hours contemplated under national collective bargaining contracts shows that 62 per cent of the workers have a weekly schedule of more than 39 hours, while 18 per cent work for 37-39 hours and 20 per cent for up to 36 hours.

 

 

Le borse di lavoro

 

161. Seppur ormai venuto ad esaurimento, deve essere considerato listituto delle borse lavoro, in quanto rivolto ai giovani del Mezzogiorno.

 

162. In attuazione della delega conferita al Governo dallart. 26 della Legge 24 Giugno 1997, n. 196, in materia di interventi a favore di giovani inoccupati nel Mezzogiorno, stato approvato il D.lgs. 7 agosto 1997 n. 280. Questo provvedimento ha originato i lavori di pubblica utilit ed, appunto, le borse di lavoro.

 

163. Lintento perseguito dal legislatore era quello di realizzare, nelle otto Regioni meridionali, nonch nelle province (Viterbo, Latina, Roma, Frosinone, Massa Carrara) con un tasso medio annuo di disoccupazione secondo la definizione allargata ISTAT superiore, nel 1996, a quello medio nazionale, lavviamento al lavoro di almeno 100.000 giovani inoccupati.

 

164. Con riguardo al profilo soggettivo, il decreto individuava nei giovani di et compresa tra i 21 ed i 32 anni ed iscritti da oltre trenta mesi alla prima classe del collocamento, i soggetti destinatari del piano straordinario di interventi. In particolare in materia di borse, era previsto che i giovani venissero scelti nominativamente dalle imprese, entro 30 giorni dalla comunicazione di ammissione alla graduatoria di autorizzazione.

 

165. La durata dellimpiego non costituente rapporto di lavoro subordinato non poteva eccedere i dodici mesi ed era stabilito di corrispondere ai borsisti un sussidio mensile di Lit. 800.000.

 

166. Con riguardo alle imprese ospitanti, erano escluse dallattivazione delle borse quelle con meno di due, ovvero con pi di 100 dipendenti ed inoltre ammesse soltanto quelle appartenenti ad alcuni settori di attivit, individuati sulla base della classificazione delle attivit economiche ISTAT 91.

 

167. Al fine di agevolare una stabilizzazione dei rapporti, era disposto in favore delle imprese che, durante o al termine della borsa di lavoro, assumessero i giovani a tempo indeterminato, il riconoscimento dei benefici contributivi previsti per i disoccupati di lunga durata (art. 8, comma 9, della Legge 407/90).

 

 

Mobilit assistita Sud Centro/Nord

 

168. I tirocini formativi e di orientamento, diretti ai giovani titolari almeno di licenza media inferiore, costituiscono misure finalizzate ad agevolare le scelte professionali di questi ultimi mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro per realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro.

169. In materia, il D.M. 22.1.2001 ha inteso sostenere economicamente in particolare i giovani del Mezzogiorno che intendano recarsi a svolgere nel Centro-Nord un tirocinio.

 

170. Il Decreto citato, difatti, ha disciplinato la materia del rimborso delle spese sostenute dai datori di lavoro pubblici e privati, sia per progetti di tirocinio a favore dei giovani del Mezzogiorno presso imprese del Centro-Nord, sia per gli oneri assunti a titolo di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

 

171. Gi il D.M. n. 142/98, di attuazione del Pacchetto Treu (L. 196/97), in materia di tirocini regolando tali procedure di rimborso, riconosceva priorit al finanziamento dei tirocini definiti allinterno di progetti quadro predisposti dalle Regioni.

 

172. Il provvedimento del 2001, dunque, affida espressamente ai detti progetti la fissazione delle modalit di rimborso, incentivando in particolare la mobilit Sud/Centro-Nord, cui riservata l85% delle risorse relative agli 1998 e 2000. In particolare, una volta ripartite le risorse finanziarie tra gli enti locali di provenienza dei giovani, sulla base del tasso di disoccupazione regionale e della popolazione residente, si stimolano le aree destinate ad ospitarli alla sottoscrizione dei progetti, onde garantirsi la maggior quantit possibile di finanziamenti. Infatti, il trasferimento delle risorse statali a favore delle Regioni del Centro-Nord, condizionato alla stipula di almeno due accordi con una del Mezzogiorno.

 

173. Sono, altres, predisposti ulteriori strumenti di incentivo allutilizzazione delle somme: gli enti locali del Sud sono infatti chiamati ad impegnare le stesse nel pi breve termine possibile , pena la loro ridistribuzione a favore delle altre Regioni della medesima area territoriale; mentre in caso di mancato impiego delle somme, ad opera delle amministrazioni del Centro-Nord, ne previsto il ritorno nella disponibilit originariamente fissata.

 

 

La programmazione negoziata

 

174. Nellambito delle iniziative dirette a favorire lo sviluppo sociale ed economico delle aree depresse, la programmazione negoziata riveste un ruolo particolare, non solo per lentit delle risorse movimentate, ma, soprattutto, per il maggior peso, o la prevalenza, dellobiettivo di riduzione degli svantaggi localizzativi rispetto a quello di compensazione e per lattivazione a livello locale di un confronto progettuale tra soggetti pubblici e privati, enti locali, forze economiche e sociali.

175. Il processo di attuazione degli interventi si articola in quattro fasi: la fase di destinazione dei fondi ai singoli strumenti, attuata dal CIPE; la fase di selezione degli interventi attraverso un processo valutativo, attuata dalle amministrazioni pubbliche competenti; la fase dellerogazione dei fondi; la fase di spesa da parte dei soggetti locali, privati o misti.

176. Peraltro, nuovi scenari istituzionali sono, comunque, destinati ad aprirsi a breve. Difatti, anche in tale materia stato promosso un decentramento amministrativo, attraverso il riconoscimento del ruolo della programmazione regionale. In particolare, il D.Lgs. 112/98, ha conferito alle regioni le determinazioni delle modalit di attuazione degli strumenti della programmazione negoziata.

177. Particolarmente interessante ai nostri fini sono i Contratti darea

 

178. In alcuni degli accordi raggiunti dalle parti sociali, spunti rilevanti erano contenuti in tema di flessibilit contrattuale, in particolare rivolta ai giovani, stante la loro capacit derogatoria rispetto alla disciplina legislativa di alcuni istituti.

 

179. Sommariamente, va segnalato in proposito che nei primi accordi raggiunti:

-                i CFL erano estesi a 36 mesi, con inquadramento sino a due livelli inferiore rispetto allinquadramento previsto per i lavoratori adibiti alle stesse mansioni, per tutta la loro durata e per i 12 mesi successivi alla loro trasformazione in contratti a tempo indeterminato;

-                lApprendistato era stato esteso a quattro anni (valore massimo previsto dalla l. 196/97), con salario di partenza inferiore sino al 60% alla normale retribuzione; erano, altres, previsti tirocini formativi, Piani di Inserimento Professionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

C. Article 7

Right to just and favourable conditions of work

 

 

Safety at the workplace

 

Legislative Decree 626/94 (which implemented the EEC directives regarding the improvement of workers safety and health at the workplace), in addition to subsequent measures and integrations, forced businesses to deal with the defence of workers health and safety in an all‑encompassing and dynamic manner, with the creation of a specific corporate function (RSPP) to support the employer in managing and planning prevention activities within the enterprise. Legislative Decree 626 contains norms under which the social partners are assigned the task of drawing up the concrete procedures for the enactment of rights stipulated under the decree regarding the participation of the workers safety representative (RLS) in: risk analysis and evaluation, the formulation of the information/training programme and the identification of preventive measures. Despite the innovative regulatory and organizational framework, work‑related accidents still entail enormous costs in terms of loss of life and permanent disability.

During 2000 there were more than 1 million accidents at the workplace (Census Report for 2001), representing an increase of 0.6 per cent over the previous year. In a break with the recent past, there has also been a rise in job-related illnesses (an increase of 4.3 per cent). This increase may be attributed in large part to the extension of obligatory insurance to additional categories of workers, particularly to those most at risk (para-salaried workers, non‑EU labour, housewives and students). In the light of the above, the available data (INAIL, INPS and ISTAT) shows a long-term trend that clearly points to a decrease (growth in absolute terms but a drop‑off in relative terms), especially in agriculture. In other words, a more thorough evaluation of the situation must necessarily take into account other elements that characterize the countrys production system. In fact, a more attentive analysis points to a significant process involving a gradual transfer of accident risk towards less serious events, as the result of earlier efforts to modernize and upgrade worksites to higher quantitative levels, to improve working conditions, to provide training and heighten awareness about topics relating to the health and safety of workers at the workplace.

Ninety-seven per cent of the accidents for which the INAIL workmens compensation institute provided indemnity in 2000 involved temporary disability, while the more serious events (up to and including those causing death) accounted for 2.5 per cent when taken altogether. What is more, between 1999 and 2000, damaging events causing permanent disability decreased by almost 60 per cent, while mortal accidents fell by more than 28 per cent. The difficulty of examining the situation for the purpose of implementing corrective policies is still tied, in part, to the precarious efforts made to organize a monitoring function (the data for the first interregional project of monitoring and control included in the Special Programme of the Ministry of Health are from 2001) capable of taking into account the deep-rooted transformations in the different sectors of the Italian production system.

We are referring, first and foremost, to the size of companies in the industrial sector, where the number of small and extremely small companies has grown, especially in the high‑technology sector, with a series of consequences for the organizational model, which shows a marked tendency to assign a portion of the production function to third parties (the network system, industrial branches). The emphasis has shifted from large public sector enterprises and private corporations, as a well developed network of small and medium-sized sources of production now operates throughout the country, characterized by flexibility and creativity and competitive even on an international level, and also because of a drop in levels of training and safety (the profit approach is given priority over the value of work and life).

The fight against on-the-job accidents has been, and remains, one of the priorities of successive Governments, which have put in place instruments of prevention (the project Charter 2000: a plan of action against on-the-job injuries) and taken action against illegal and illicit forms of behaviour (a task force of labour inspectors and the Carabinieri police). At the same time, a similar effort must necessarily involve measures designed to favour the regularization of informal labour and realignment contracts.

 

 

Diritto di sciopero

 

189. La Commissione di garanzia dellattuazione della Legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, nel presentare la relazione annuale per lanno 2000 sulla propria attivit ha ricordato che il diritto di sciopero, per quanto sia annoverato dalla Costituzione tra i diritti fondamentali (art. 40), stato solo in parte disciplinato dal legislatore, in particolare attraverso la legge 12 giugno 1990, n. 146, recante Norme sullesercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, successivamente modificata dalla legge 11 aprile 2000, n. 83.

 

190. I servizi pubblici essenziali sono quei servizi volti a garantire il godimento di diritti della persona costituzionalmente tutelati, come il diritto alla vita, alla salute ed alla sicurezza, la libert di circolazione, il diritto allassistenza e alla previdenza sociale, il diritto allistruzione e la libert di comunicazione.

 

191. Nellambito di tali servizi la legge, per quanto non vieti lo sciopero, impone comunque di contemperare tale prerogativa con gli altri diritti della persona costituzionalmente tutelati.

 

192. Tale contemperamento assicurato mediante la previsione e il rispetto di alcune specifiche garanzie, quali:

a)     la regola del preavviso minimo;

b)    la regola della predeterminazione della durata dello sciopero;

c)     lobbligo di garantire le prestazioni indispensabili (o minime) di servizio;

d)    lobbligo di indicazione delle motivazioni delle modalit attuative;

e)     lobbligo di esperimento preventivo delle procedure di raffreddamento e di conciliazione;

f)     la regola dellintervallo minimo che deve intercorrere tra leffettuazione di uno sciopero e la proclamazione di quello successivo.

 

193. La Commissione di garanzia favorisce la stipulazione degli accordi tra amministrazioni (o imprese pubbliche di erogazione) e rappresentanze dei lavoratori, in quanto tale forma di contrattazione assicura il giusto contemperamento fra il diritto di sciopero e gli altri diritti costituzionalmente tutelati.

 

194. La Commissione di garanzia particolarmente attiva nel settore delle comunicazioni, nel settore elettrico, nel campo della giustizia, nel settore dei Ministeri, della sanit, dei trasporti.

 

195. Sotto il profilo strettamente statistico, la Commissione rileva che, per quanto riguarda lanno 2000:

a) sono stati siglati 5 accordi nazionali di autoregolamentazione del diritto di sciopero e 231 accordi locali;

b) si sino registrati 287 scioperi, di cui 179 nel solo settore dei trasporti, 22 nel settore delle comunicazioni, 18 in quello della giustizia, 10 nella sanit e 5 nella scuola;

c) per quanto attiene alla valutazione circa il rispetto della disciplina indice questultimo del grado di contemperamento del diritto di sciopero con gli altri diritti costituzionalmente rilevanti sono state registrate un numero di infrazioni pari al 37,6% del totale di scioperi effettuati.

 

 

D. Article 8

Trade unions

 

The norms of labour law are the result of legislation, collective bargaining and jurisprudence. Legislative initiatives, respecting the independence and right to self‑regulation of the unions, have generally served as guarantees (setting obligatory minimum levels for economic and regulatory treatment, as in the case of Law 83/00, which supplements the regulations governing the right to strike in the essential public services - Law 146/90 - introducing norms to increase the defence of citizen users), supports and stimulus for the bargaining process. The collective bargaining contract, which represents the maximum expression of the union independence, functions as the specific source for labour law. Though, as is known, implementation of the relevant article of the Constitution (art. 39) is still incomplete, the unions - all the while acting as independent, de facto associations (arts. 39, para. 1, and 18 of the Constitution), signing agreements negotiated by the parties under common law or collective bargaining contracts - have taken on a significant role for the body public as a whole, with legislators gradually granting to collective bargaining contracts (more or less directly, and in part on the basis of court rulings) a general validity (not limited to union members, but erga omnes). The legislators references to collective bargaining amount to a permanent mandate to a source of norms whose elasticity is better equipped to regulate working relations. The system of bargaining (or of bargaining structured on a number of different levels), in proceeding on the basis of established practices, is not confined to the collective bargaining contract (pay and pertinent rules and regulations), but also encompasses a far more extensive portion of relations on the central and the company levels for the different production sectors and types/categories of workers.

The gradual participation and assumption of responsibility by the social partners in the overall national situation, combined with other, more general factors (the innovation of production models; the crisis of political parties; the obsolescence of corporative logics; European Community commitments; the renewed international political outlook) have contributed to bringing about a shared agreement on collective goals meant to support the countrys socio-economic development (and resulting in the signing of bilateral and trilateral agreements). The extension of participation in the decision-making process to include new forces and groups through procedures of social dialogue, partnership and concerted action has become a milestone in a new era of social and civil democracy.

The Social Pact for Development and Employment, signed on 22 December 1998, is an inter‑confederation agreement (involving the Government, business associations and the unions) that represents the most significant step taken in this direction in the past five years. It reconfirms the system of industrial relations, the rules of collective bargaining and the sum total of policies for the development of employment already stipulated in the agreement of July 1993. Acknowledgment of the results and the validity of the method of concerted action, contained in the first part of the agreement, is followed by the guidelines for the reform meant to achieve the objectives set for the development of employment. Concerted actions have proven to be a privileged method of decision-making, permitting the achievement of the following fundamental objectives: first and foremost, a reduction in inflation, thanks to which family incomes have been defended; the recovery of public finance, which has made it possible to respect the Maastricht objectives; and the prevalence of cooperation in industrial relations, which has led to a revival in the competitive strength of Italian companies.

Within this context, there has also been growth in decentralized collective bargaining at both the company and the territorial level. Starting in 2000, the Government was obliged to give priority to the need for modernization in order to make the Italian system more competitive, calling for reforms leading to a greater deregulation of the labour market, a lower tax load and a modernization of the welfare system. At the same time, and in close connection with a series of profound changes in the economic and social fields, the past year has witnessed a reconsideration of the concerted actions approach that characterized the 1990s, resulting in a de facto suspension of the 1998 Pact and the creation of a vacuum that makes concerted actions difficult. For that matter, there is no denying that the concerted action process in Italy has been influenced by European Community models of social dialogue and partnership. The most recent changes that have taken place indicate that the Social Partners are working towards different objectives than those that characterized the 1990s. To a certain extent, attempts to control macroeconomic variables have given way to new challenges, such as the development of employment and business growth, together with a simultaneous, and possibly new, safeguarding of workers rights.

 

 

E.    Article 9

Social security

 

Obligatory and supplementary social security

 

In Italy, the forecasts drawn up by the ISTAT statistical institute on the demographic evolution of the population demonstrate that the trend common to the rest of Europe remains strong. Specifically, the index of dependency of the elderly rises from 24.6 per cent in 1996 to a forecast 57.6 per cent for 2050, representing an increase of approximately 134 per cent. The overall population, on the other hand, will decrease by approximately 20 per cent (falling from 57,333,000 in 1996 to 45,997,000 in 2050).

Under the stimulus of these forces, Italy has made a noteworthy effort in recent years, especially with Law No. 335/1995, to bring the course of social security spending back to a balanced level, though without losing sight of the objective of providing adequate pension services to its retired citizens, as is stipulated in Article 38 of the Constitution.

The overall situation is still fragmented, both in terms of its normative structure, which is characterized by legislation that has not yet been fully coordinated, plus a number of mandates that have not been carried out, and as regards information flows on social security developments, making them difficult to monitor.

With regard to the defence of the rights of the weaker segments of the population, it must be observed that privileged pension regimens persist for specific sectors/categories. In the case of immigrant workers the reliability of the available data is a problem. In fact, there is a significant percentage discrepancy between the workers entered in the archives of the Ministry of the Interior and those on file with the INPS social security institute. However, despite the fact that the system still presents a number of distortions, it should be emphasized, as was demonstrated by the work of a ministerial commission, that the reform of the Italian social security system in recent years has met (and even improved upon) expectations in the highly significant area of financial balances. The supplementary pension system is meant to add to public pension benefits through negotiated pension funds, which are accompanied by open funds that serve as further instruments for the attainment of higher levels of pension coverage.

The prerogatives of the negotiated source must be clarified in terms of the central‑State and regional norms; compared to the latter, the goal is not only to avoid discrepancies in pension treatment and alterations in the rules of the market, but also to avoid imbalances between the different regions in terms of the resources available for supplementary social security. The challenge is to avoid a situation in which the supplementary social security system is both atomized and overlapped, all the while keeping present considerations of economic efficiency and the prospects of the pension funds.

 

Negotiated pension funds

 

The participants in the negotiated funds (including those registered with the funds already in existence before Legislative Decree No. 124/1993) number approximately 1.7 million (Mefop data as at 30 September 2001), while the pool of potential participants consists of approximately 13 million workers. Almost all the negotiated funds permit participation by apprentice workers, as well as those with training contracts, set-period contracts and seasonal contracts. In this respect, and contrary to the first phase, the national collective bargaining has resulted in an extension of the right. It has been observed that difficulties in participation are encountered by the salaried employees of small companies and crafts enterprises, where problems are encountered in reaching the interested parties, starting with information on the right. As such, the distribution of pension-fund participants by age continues to show a limited presence of young people. The average yield of the funds during the year 2000 was 3.6 per cent; also to be taken into consideration is the annual yield of severance pay funds, which registered a figure of 3.5 per cent in 2000. A topic that deserves to be addressed separately is that of temporary workers, who are not able to register for the negotiated funds of the companies that use their services. The institutional entities with authority over this area (the Government, Parliament and the social partners) must reflect on the inadequate levels of participation in order to come up with adequate solutions.

Open pension funds

 

Identification has been made of a number of normative points whose solution is held to be of critical importance to ensuring adequate development of this sector of supplementary social security. At issue is the so-called portability of social security payments (including those made by the employer). The question involved the option of a worker registered with a given negotiated fund to transfer, following the minimum required period of participation in that fund, his or her overall reserve situation to another open fund. Without a doubt, the possibility falls exclusively under the decision-making power of the worker, without being subject to any approval or to any bilateral or union agreement. As things currently stand, however, the problem is whether or not the transfer modifies the companys obligation to pay into the new fund the portion of the social security payments for which it is responsible, as well as the severance pay contribution. This is an extremely relevant issue, and one that must be clarified through a concerted interpretation of the central-State and inter-union norms.

 

The pension system

 

The nineties witnessed a series of important social security measures. In particular, an initial reform dating back to 1992 began a process of gradual harmonization extending to different categories the regulations that applied to workers in dependent employment, making it possible to attain some initial results in curbing social security spending thanks to the introduction of a series of innovations, including:

 

-      the increase in the pensionable age and in the minimum contribution‑based seniority entitling to old-age pension benefits;

-      indexation of benefits merely to price rises.

 

The process that was to streamline the pension spending proceeded in the period 1993‑1994 with:

 

-      a reduction of the seniority pension benefits of public employees proportional to the difference between the years of work and the minimum 35-year limit;[i]

-      the merger and reorganization of a few social security bodies;

-      the privatization of professional funds.

 

In 1995, making the most of an extensive participation of the social partners, in line with the income policy concertation procedures, the measures addressing the social security system led to the enactment of a law (No. 335/95) that provided for a totally new set-up of the Italian pension system and the passage from the wage-linked calculation method to a contribution‑based method. The new contribution system represented a fundamental step towards a stabilization of the pension spending-GDP ratio; it was also a sound example of harmonization of the rules that could be turned to advantage by other welfare functions. The same law has also intervened on the access requirements for seniority retirement introducing the age requirement (gradually elevated to 57 years), joined to the seniority contributory one fixed to 35 years. Finally, in 1997 the State Budgetary Law (No. 449/97) introduced a number of significant measures designed to ensure a greater homogeneity of regulations, including in particular: the assimilation of public and private employees in respect of seniority pension requirements; the progressive raising of the rate of contribution for self-employed workers; the increase of the self‑employed workers age requirement for the seniority retirement (from 57 to 58 years); and the reduction of the implementation period for the new age requirements for seniority pension.

 

The new calculation method

 

The new contribution system continues to be based on the apportionment principle, meaning that current pensions are paid through the contributions of active workers, but the pension calculation simulates a capitalization-based calculation; therefore insured workers are credited with a contribution amounting to:

 

-      33 per cent of the taxable earnings for workers in dependent employment (the actual contribution rate is at present 32.7 per cent);

-      20 per cent of the taxable income, for self-employed workers including atypical workers that have no other coverage (current rates are lower, but they are gradually getting to 19 per cent).

 

The distinction between the contribution that was actually paid and the contribution being credited may be considered a means to control the trend of financial balances, since the former meets the system financing requirements while the latter is designed to keep the mean replacement rates at a level deemed to be socially adequate. The contributions being credited are accumulated over the years and revalued on the basis of the five-year average of the nominal GDP variation rates.

Workers may retire from 57 to 65 years of age, provided that they have actively contributed to the compulsory system for at least five years and that the pension they are entitled to exceeds by at least 20 per cent the amount of the social allowance (at present, nearly 333 per month). When a worker retires, the contribution amount multiplied by the specific transformation actuarial coefficient gives the yearly pension. Such coefficients keep into account the life expectancy at retirement age by adopting a mean value for women and men and taking into consideration the likelihood of survivors. Their value is obtained applying a 1.5 per cent discount rate that represents a proxy of the real GDP expected growth rate.

For those workers who, at the end of 1995, had completed 18 years of contributions the old system of pension calculation rules were maintained, while for those who had completed less than 18 years the new calculation system was applied with the pro rata principle, that is starting from the contributions paid from January 1996. The new law has also done away with the seniority pension for all new entrants. This retirement possibility was preserved however for all those workers who had started working prior to the end of 1995, subjecting such a possibility to the increase in the minimum age-limit (currently 55 years, to be gradually raised until the age of 57 is reached between 2002 and 2006). As mentioned above, the rule was aimed at grading the effects of the reform on active workers close to the retirement age.

 

Exceptions

 

With reference to the general regulations, the reform law provided for a few exceptions, dictated for the most part by solidarity-type reasons. These include:

 

-      workers with 40 years of contributions or more may retire even before they are 57 years old with a pension calculated on the basis of the same transformation coefficient applicable to those who are 57 years old. Besides, the value of the contributions paid before reaching the age of 18 years is subject to a 50 per cent increase;

-      workers engaged in extremely awkward and risky activities (the so‑called wearisome jobs) are entitled to a favourable treatment, with a one-year increase in the transformation coefficient every six years of engagement in such activity;

-      female workers with children are entitled to an increase in the transformation coefficient amounting to a year for one or two children and two years for three children or more;

-      working parents are credited with the leaves of absence connected with the education and care of their children (up to 6 years of age) for a maximum period of 170 days per child;

-      family members are acknowledged leaves taken in order to care for relatives living in the same house for a period of up to 25 days per year for a maximum of 24 months.

 

The development of complementary and individual social security

 

The recent reform provisions opened up new prospects for the development of forms of complementary and individual social security. In fact, the nineties witnessed a growing recourse to self-protection. The amount of premiums in the direct life insurance portfolio moved from 5,473 million in 1991 to 35,595.2 million in 1999, with a 550.3 per cent increase in nominal terms. Within the context of the complementary social security and in addition to the forms of collective social security (pension funds), the new regulations provided for the setting up of individual pension schemes that entail the participation in an open-end pension fund or the underwriting of life insurance contracts providing for the disbursement of a life annuity, with limited capital settlement possibilities. These contracts do not allow money advances other than, starting from 2000, for expenses borne in vocational training periods. Besides, they provide for even a partial surrender in the event of extraordinary health-care expenses and the purchase and refurbishing of ones home. As for taxation, the new regulations provide for an income deduction of both the amounts paid for the collective complementary social security (pension funds) and those paid for the individual complementary social security up to an amount equal to 12 per cent of the overall income, provided that it does not exceed 5,164.57.

A few provisions introduced in 1999 extended the compulsory social security to persons working in State-controlled agencies, privatized compulsory social security and insurance management companies, as well as to dependent workers of the agricultural sectors with fixed‑term contracts. As a tentative measure, during the 1999-2002 four-year period, the Government provided for the possibility that, with the prior consent of both enterprises and workers, the severance pay shares may be allocated to pension funds in the form of financial debt instruments issued by enterprises. Finally, 1999 witnessed also the setting in motion, in agreement with the trade unions, of procedures for the development of a complementary social security even for the public employment sector.

The efforts made in order to develop a supplementary social security in our country are beginning to yield some initial results. The total number of those registered with the nearly 705 pension funds in operation since 30 September 2000 is 1,695,682 persons, pointing to a 17.3 per cent increase with respect to the end of 1999. The registration rate, given by the ratio of the underwriters to the total number of potential underwriters, is 30.5 per cent, and is 4 points higher than in December 1999. The number of persons registered with open-end funds is on the increase, but continues to be considerably lower than the figure for those subscribing to contract‑type funds. The available data still points to the fact that, by the end of 1999, 78.8 per cent of those registered were workers who, at the time of the 1995 reform, had a contribution‑related seniority of less than 18 years and, therefore, workers that are going to be affected by the reduction in the public pension coverage. On the other hand, a scarce presence of younger workers and women is reported.

 

 

 

Welfare measures

 

This section lists only the principal national welfare measures which benefit the poor and distinguishes social insurance-type measures from social assistance-type ones principally on the basis that the former are mainly financed by contributions, whereas the latter are financed out of general taxation. An individuals entitlement to measures of the former type depends primarily on his/her employment history.

 

Social insurance-type measures

 

These measures, provided by the National Institute for Social Insurance (INPS), include the following:

            (a)        Family allowance (assegno per il nucleo familiare): a means-tested monthly transfer reserved to households of dependent or ex-dependent workers with family burdens. The amount of the transfer is directly proportional to the size of the household and negatively correlated with its income. Since 1999, this allowance may be claimed by independent workers although criteria of eligibility for this category are stricter than those for dependent workers.

            (b)       Pensions supplements (trattamento minimo delle pensioni): a benefit granted to those beneficiaries of a contributory pension who receive a benefit lower than a statutory minimum, about 5,100 in 2002.[ii] The receipt of the supplement is conditional on a test on the taxable income of the potential beneficiary (plus, for those who claimed this benefit after 1994, that of the partner, when the beneficiary is married) and to contribution requisites (15 years of contributions). Those who have entered the labour market after 1 January 1996 are not entitled to this benefit, since with the shift to a contribution-related pay-as-you-go system their pension benefit will be a fraction of accrued contributions, with no supplements. Amongst the measures examined here, pensions supplements have the highest number of beneficiaries: more than 4.4 million in 2000.

(c)            Invalidity pensions (pensione di inabilit and assegno ordinario di invalidit): these benefits are paid to workers with at least five years of contribution (of which three in the last five years). Eligibility is conditional on both a medical test and an income test and the benefit amount is supplemented to the minimum if necessary.

 

Social assistance-type measures

 

These measures include the following:

 

            (a)        Civil invalidity pensions (pensione di inabilit civile and assegno di assistenza): these non-contributory schemes are reserved for the disabled and are compatible with exercising work activity. The income test is strictly individual, regardless of the size of the family of the beneficiary. After 1984, these programmes have replaced INPS invalidity pensions. In 1999, about 1,260,000 individuals benefited from these schemes.

            (b)       Social pension (pensione sociale): this is a pension granted to persons who are 65 years of age and who either have no income or receive annuities, benefits or income the amount of which does not exceed the amount of the social pension. Starting from 1996, this pension was replaced by the social allowance, but it continued to be paid to all those who had become entitled to it prior to that date. To be granted a social pension the beneficiary needs to be residing in Italy. In 2000, the social pension amounted to 274.2 per month. However, in case of extremely low or no income, it is supplemented by an additional provision, which is called maggiorazione of the social pension. It is granted to persons who are over 65 years of age and who either have no income or receive annuities, benefits or income the amount of which does not exceed the amount of the social pension, including the additional provision. It is paid to residents for 13 months per year, is not subject to automatic equalization and may not exceed 64.56 per month,[iii] even though the actual amount varies in relation to individual income. The social pension is also granted to the disabled and the civil invalids (whether totally or partially affected), as well as to the deaf-mutes who reached 65 years of age on or before 1995, and it replaces the specific provisions they were entitled to up to that age.

            (c)        Social allowance (assegno sociale): it is a benefit introduced by the 1995 reform law for persons who are over 65 years of age and whose income is lower than the amount of the allowance. Since 1996, it has replaced the social pension (and the relative additional provision). To be granted the social allowance, the beneficiary needs to be residing in Italy. The social allowance is also due to the disabled and the civilian invalids (whether totally or partially affected), as well as to the deaf-mutes who have reached 65 years of age, as it replaces the specific provisions they were entitled to up to that age. Should there be other sources of income, the social allowance may be paid in part, to the extent of the limit. The monthly amount of the allowance was initially set at 248 and is adjusted to the cost of living. In 2000, following subsequent normative interventions, the monthly amount was approximately 333.[iv]

(d)           Care allowance (indennit di accompagnamento): this allowance is paid to those in need of continuous assistance, who are unable to care for themselves. It is conditional on medical tests on the physical condition of claimants, but is not means-tested. Over the years, it has become more and more important as a source of welfare for the frail elderly.

 

Table 1

 

Pensioners welfare benefits

 

 

Social pension

Social pension with additional provision

Social allowance

Pension supplement

Monthly amount

Monthly amount

Monthly amount

Year

Lire

Lire

Lire

Lire

1995

357 000

184.4

482 000

248.9

-

-

626 450

323.5

1996

376 300

194.3

501 300

258.9

480 000

247.9

660 300

341.0

1997

390 600

201.7

515 600

266.3

498 700

257.6

686 050

354.3

1998

397 650

205.4

522 650

269.9

507 200

261.9

697 700

360.3

1999

504 800

260.7

629 800

325.3

616 350

318.3

710 250

366.8

2000

530 900

274.2

655 350

338.5

644 200

332.7

721 600

372.7

In June 1998 a legislative decree launched the experimentation of Reddito Minimo di Inserimento (Minimum Integration Income), the name of which is clearly reminiscent of the French Revenue minimum dinsertion, in force since 1998. In the words of the institutive decree (D.Lg. 237/98), Reddito Minimo di Inserimento (Rmi) is a scheme designed to act as a non‑categorical guaranteed safety net to counter poverty and social exclusion, through the support of economic and social conditions of persons exposed to the risk of social marginalization and unable to support themselves and their children for psychical, physical or social reasons. The scheme consists of two elements: a cash transfer and an integration programme. Rmi pursues the social integration and economic independence of recipient individuals and households through personalized programmes and monetary transfers that integrate income.

Rmi is a measure directly aimed at alleviating poverty and social exclusion and consists of a monetary component and an activation component: a potential beneficiarys entitlement to the monetary component is conditional on participation in programmes of integration built on his/her specific situation of need or exclusion. For a single-member household, Rmi amounts to the difference between an established threshold (268 in 2000) and the monthly disposable income of the beneficiary, while for different household sizes the amount of the benefit is calculated with reference to ISE equivalence scale. The reintegration programmes are personalized, aim to restore and promote personal abilities and to rebuild social networks, and must involve all the members of the household. Rmi started to be experimented in 39 municipalities, selected on the basis of socio-economic indicators, for a period of two years, beginning at the end of 1998 and ending on 31 December 2000.[v] Between 1998 and 2000, the Rmi experiment involved over 34,000 families and the expenditure on benefits amounted to 220 million approximately. Five of the 39 municipalities were chosen in the north of the country, 10 in the centre and 24 in the south.

The legislative decree provided that the experimentation be evaluated; thus for the first time ever in Italy, policy evaluation was carried out on a welfare measure. An evaluation report on the experience of the first two years of the Rmi experimentation was compiled in June 2001 by an association of independent research centres.[vi] Subsequently, Law 328/2000 provided that by mid-2001 the Government should report to Parliament on the experimentation and its evaluation, with a view to establishing the Rmi as a fully-fledged measure, bound to absorb other measures such as the social pensions. However, even before the mid-2001 deadline had expired, and when the experimentation was still being carried on, the Budget Law for 2001 (passed in December 2000) determined the prorogation of the experimentation of the Rmi by two years, until 31 December 2002, with a total appropriation of 402,840,000 over the two years (220 million for the year 2002 alone). The law has increased the number of municipalities involved, extending the experimentation to all the municipalities that were by 30 June 2000 part of those territorial acts that included one of the 39 municipalities of the first phase of experimentation as a member.[vii] The rationale behind involving all the municipalities linked through a territorial pact to an Rmi municipality has been one connected with the hypothesis that the integration programmes are more effective where there are developed networks of territorial relationships among the offices in charge of administering the programme, other local public institutions, the social partners and non-profit organizations. The expansion of the experimentation will thus concern over 260 municipalities, primarily of the south, for a total number of 306 municipalities involved. Also this extension of the experimentation will be evaluated at the end of the two-year period, and an interesting output of such evaluation could be the provision of evidence connected to the aforementioned hypothesis.

 

Italys strategy against poverty and social exclusion

 

The reform of Italys social assistance sector has been accompanied by an attempt to develop a comprehensive, general strategy against poverty and social exclusion, set out in the framework law 328/2000. Following the adoption of this law, a comprehensive master plan (piano sociale), covering the period from 2001 to 2003, was approved in April 2001.[viii] The strategy delineated in the framework law and the piano sociale has then merged with the Italian side of the social inclusion process, the new EU strategy against poverty and social exclusion, the first output of which was the National Plan on Social Inclusion (Nap/incl) Italy presented in July 2001.[ix]

Italys inclusion strategy rests on the establishment of an integrated system of social interventions and services, along the lines provided by the general principles underlying the framework law: universal access, policy integration, partnership, network creation, monitoring and evaluation. Ground-breaking in the Italian context of policies against poverty is the principle of universal access, with priority for individuals and families in conditions of economic need and physical and psychical disability. Traditionally, such policies have been categorical and highly unfair, with those most in need easily slipping through the safety net.

Following the adoption of the framework law, the Italian system of policy planning can be described as multi-level, multi-actor and multi-sector planning. The multi-level character of the planning process consists in a rather detailed division of labour between the responsibilities of the central government, the regions and the municipalities (or sets of municipalities grouped in zones). Its multi-actor character rests on the involvement of social partners and NGOs in the identification of priorities as well as in the actual implementation of measures. Finally, the multi-sector character of Italys social planning lies in the parallel presence of several action plans at various levels - the main plans being the Social Plan (every three years), the National Action Plan on Employment, the Education Plan (2000-2006), the Health Care Plan (every three years), in addition to a series of other, more circumscribed plans (on disability, children and teenagers, drug addiction, the elderly). All these plans contain measures that address social exclusion.[x] Particularly relevant is the Social Plan for 2001-2003, approved in April 2001.[xi] It identifies five policy priorities: supporting family responsibilities; enhancing childrens rights; combating poverty; supporting dependent persons (especially the severely disabled) through home-help services; and promoting the inclusion of specific problem groups (immigrants, drug addicts, teenagers). All these features of the new system of policy planning are highlighted in the Italian Naps/incl. In the words of the Commission, Italys Nap/incl contains elements of a national strategy that is being improved in order to reflect new realities or made more coherent.[xii]

 

F. Article 10

Protection and assistance to the family

 

In recent years three new measures have been introduced, which include services to households in the form of parental support and parental leave, a national fund supporting families leasing housing, a benefit for families with at least three children, a maternity cheque and a minimum integration income scheme (Reddito Minimo di Inserimento (Rmi)).

The benefit for families with at least three children is aimed at alleviating poverty among large households, precisely those that experience a high poverty risk as the data examined earlier show. This measure was introduced in 1999 for Italian families with three or more children (under the age of 18).[xiii] The monthly cash transfer amounts to 110 for a family of five components in 2002 and is paid for 13 months with the possibility of being renewed. The method used for determining the financial situation of a potential beneficiary household is the Indicatore della Situazione Economica (Ise) (Indicator of Economic Situation), introduced in 1998. The Ise threshold for this measure is set for 2002 at 19,904. In 2000, a total of 377,000 families (1.7 per cent of Italian families) benefited from this measure. The beneficiaries are mainly concentrated in the southern regions (approximately 80 per cent of beneficiaries are in six regions: Campania, Sicilia, Puglia, Calabria, Basilicata and Sardegna). As seen in the section on poverty trends, this measure might be praised for the reduction of 3 percentage points in the poverty rate among southern large households between 1999 and 2000.

The maternity cheque was introduced by the same law as the benefit for large families and can be claimed by mothers that are not entitled to the insurance-based maternity allowance. Italian citizens, EU citizens and third-country nationals in possession of a residence permit can claim this benefit. The event giving rise to the entitlement is not only the birth of a child, but also pre‑adoption custody and adoption of children. For 2002, the monthly benefit amounted to 265 and is paid for five months. The measure is means-tested: the Ise threshold for a family of two parents and one child is set at 27,645. In 2000, a total of 177,000 mothers claimed this benefit.

The following section describes the main points of the most important legislative provisions.

 

Le responsabilit familiari

 

D.L.gs 151/2001 - T.U.disposizioni in materia di maternit e paternit

 

Per favorire la partecipazione di entrambi i genitori alle responsabilit familiari, in particolare alla cura dei figli, sono stati introdotti, o pi attentamente regolamentati se gi in vigore, i seguenti strumenti di sostegno:

congedi di maternit e paternit, congedi parentali per entrambi i genitori fino allottavo anno di vita del bambino, congedi per le malattie dei figli, riposi e permessi orari

il divieto di prestare lavoro notturno durante la gravidanza, fino al compimento di un anno di et del bambino e la possibilit di essere esentati dai turni notturni in particolari situazioni familiari, quali presenza di bambini sotto i tre anni o disabili a carico.

 

Particolare attenzione stata posta per il sostegno delle famiglie con disabili gravi a carico, sotto forma di agevolazioni sul lavoro, quali periodi di astensione dal lavoro per la cura di bambini fino a tre anni di et, permessi giornalieri e orari e avvicinamento del posto di lavoro per tutto larco della vita lavorativa dei genitori o del parente che presta lassistenza.

 

Forme di sostegno economico

 

assegno per il nucleo familiare numeroso -Legge 448/1998- art. 65 e successive modifiche: spetta ai nuclei familiari, italiani e comunitari, con almeno tre figli minori, con un reddito familiare al di sotto di L. 38.540.204,352- Euro 19.904,35. Lassegno mensile, erogato per tredici mensilit, di L. 214.112,041 Euro 110,58.

assegno di maternit Legge 448/1998 art. 66: spettante nella misura di Euro 265,20 - L. 513.500 per cinque mesi per un totale di L. 2.567.500 Euro 1.326,00 a favore delle cittadine italiane, comunitarie ed extracomunitarie con carta di soggiorno, prive di lavoro e con un reddito familiare non superiore a L. 53.528.061,6 Euro 27.644,94. Lassegno si raddoppia in caso di gemelli

Assegno di maternit concesso ed erogato dallINPS Legge 448/1999 art. 49 - comma 8: prevede un assegno di L. 3.000.000 Euro 1549,70 per le nascite, gli affidamenti preadottivi e le adozioni avvenute dal 2 luglio 2000 per le cittadine italiane, comunitarie ed extra comunitarie con carta di soggiorno, che hanno svolto pregresse attivit lavorative. Lassegno si raddoppia in caso di gemelli.

Reddito minimo di inserimento D.L.gs 237/1998: i soggetti destinatari devono essere privi di reddito o con reddito pro-capite non superiore a 500.000 Euro 258,230; il beneficio consiste nella differenza tra la soglia originaria, di lire 500.000, rivalutata annualmente, ed il reddito mensile percepito. Fra i programmi di integrazione sociale, previsto lassolvimento dellobbligo scolastico e successivamente la formazione professionale dei minori.

Promozione diritti ed opportunit per linfanzia

Legge 285/1997 Sono finanziati progetti, fra laltro, per il sostegno a famiglie in difficolt, per contrastare la povert e la violenza in famiglia e per favorire linserimento sociale e scolastico dei minori.

Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali anni 2001 2003

D.P.R. 3 maggio 2001 attuativo della legge 328/2000 Legge quadro assistenza- Il sistema integrato di interventi e servizi sociali prevede una serie di misure a favore delle persone e delle famiglie, con prestazioni flessibili e diversificate e sulla base di progetti personalizzati; fra gli obiettivi prioritari: la valorizzazione ed il sostegno alle responsabilit familiari e ai minori.

 

Gli aspetti innovativi

 

a) rafforzamento del principio di sussidiariet verticale ed orizzontale attraverso il coinvolgimento diretto di governo, regioni ed enti locali, ma anche di organismi non lucrativi di utilit sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti delle confessioni religiose impegnate nel settore

b) superamento del centralismo, attraverso la valorizzazione delle responsabilit locali e delle capacit delle persone e delle associazioni familiari.

c) realizzazione di interventi che superano gli aiuti precedentemente previsti per categoria, ma prevedono interventi differenziati, con al centro la persona, le famiglie con le esigenze che mutano a seconda dei cicli di vita.

d) superamento dei trasferimenti monetari e previsione di misure integrate, con assegni economici e servizi in rete, (formativi, sanitari, sociali; avviamento al lavoro, problemi abitativi).

 

e) predisposizione flessibili e personalizzate, per le quali deve essere previsto uno standard qualitativo essenziale per gli Enti locali, allo scopo di realizzare pari opportunit per i cittadini in ogni zona dItalia.

 

Sostegni finanziari Riduzione delle tasse

Modifica alla disciplina IRPEF per le famiglie. Legge 448/2001 Art. 2:

con questa disposizione stata elevato la misura della detrazione a fini fiscali per i figli a carico, anche adottivi o in affidamento per i nuclei familiari con un reddito inferiore a 100 milioni.

Servizi per la prima infanzia

Rete asili nido comunali Legge 1044/1971 e successive modifiche ed integrazioni.

E stata istituita una rete di asili nido comunali, per bambini fino a tre anni.

Il numero degli asili nido ancora insufficiente a coprire le esigenze di tutte le famiglie che fanno domanda per il servizio e si registra ancora una marcata differenza fra il numero degli asili operanti nel Centro Nord e nel Sud..

Fondi per gli asili nido

Legge 448/2001( legge finanziaria) art.70

Allo scopo di rendere fruibile questo servizio per linfanzia su tutto il territorio nazionale e per un numero sempre pi ampio di famiglie , stato istituito, presso questo Ministero un Fondo per gli asili nido, da ripartire annualmente fra le Regioni.

Le Amministrazioni e gli Enti pubblici nazionali, allo scopo di favorire la conciliazione tra esigenze professionali e familiari dei genitori lavoratori, possono, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio, istituire nellambito dei propri uffici micro-nidi per linfanzia, e le spese di partecipazione alla gestione dei micro-nidi e nidi nei luoghi di lavoro possono essere dedotte dallimposta sul reddito dei genitori e dei datori di lavoro, in misura da determinare con decreto del Ministro delleconomia e delle finanze.

 

Iniziative Regionali

 

238. Le singole Regioni hanno approvato numerose leggi relative alla tutela della famiglia, con la partecipazione finanziaria anche del Governo.

 

 

Article 11

Adequate Standard of Living

 

 

Il Piano Italiano per lInclusione Sociale

 

239. Nel giugno 2001 stato varato il Piano italiano per l'Inclusione sociale. Esso stato definito, in modo particolare, sulla base delle priorit, delle linee di intervento, delle misure, delle azioni dei diversi piani nazionali, settoriali e regionali , operanti per il periodo 2000-2003 .

 

240. Gli elementi trasversali, unificanti il Piano sono riconducibili, in particolare, all'approccio multidimensionale, alle differenze territoriali, alla prospettiva di uno sviluppo integrato del sistema sociale, al superamento dell'ottica assistenziale delle politiche di inclusione.

 

 

La multidimensionalit delle politiche di inclusione

 

241. A livello delle cause i fattori che concorrono alla determinazione degli specifici fenomeni di disuguaglianza possono presentare caratteri: oggettivi e soggettivi, come et, sesso, livello di istruzione, reddito, consumi, atteggiamento nella ricerca di un impiego, presenza di uno stato di disagio sociale, ecc.; territoriali, cio legati allo stato del territorio (in primo luogo il Mezzogiorno, alcune aree urbane del Centro Nord), capaci di agevolare o ostacolare linclusione sociale.

In questa ottica ed ai fini della predisposizione del piano, la povert e lesclusione sociale vengono considerate nei loro aspetti di forme complesse e pluridimensionali , dove agiscono terreni di azione legati ad una vasta gamma di politiche: da quelle "classicamente assistenziali " a quelle di riduzione della povert, dalle politiche di moderna protezione sociale, di integrazione sociale e culturale, ad interventi per l'o orientamento, la formazione e l'occupazione per le fasce pi vulnerabili della popolazione, dalle politiche di sviluppo della economia sociale, di armonizzazione dei tempi e delle esigenze di vita familiare, di sviluppo di reti, a quelle per gli alloggi e per lo sviluppo dei servizi sociali, per la salute, la giustizia, la cultura, lo sport, il tempo libero, fino ad arrivare a quelle relative allo sviluppo del sapere e delle nuove tecnologie della informazione e della comunicazione.

 

242. Pertanto, in coerenza con lanalisi precedente, le politiche di piano del governo italiano non si indirizzano unicamente alla questione "vulnerabilit dei bassi redditi" ma si allargano al fenomeno multidimensionale che comprende non solo l'accesso al lavoro, ma anche i dispositivi per combattere diversi tipi di "deprivation", compresi ostacoli che da soli o insieme impediscono la piena partecipazione in aree quali:

-       sostegno al reddito;

-       educazione, formazione;

-       ambiente;

-       alloggio;

-       cultura;

-       accesso ai servizi sociali;

-       accesso alle opportunit formative e di lavoro;

-       accesso alle nuove tecnologie.

 

Le differenze territoriali

 

243. Il processo di sviluppo della economia italiana ha avuto andamenti differenziati sulla base del territorio; una differenziazione soprattutto nello sviluppo occupazionale, ma anche nello sviluppo dei servizi alle persone ed alla comunit.

 

244. In particolare gli elementi di differenziazione concernono:

-       una concentrazione delle opportunit lavorative in particolari aree del territorio nazionale;

-       una diversit che si riflette anche sui fenomeni di diseguaglianza fra la popolazione, a partire dalla notevole disparit di opportunit di accedere e permanere nel mercato fino ad arrivare allo sviluppo e allaccesso dei servizi alle persone;

-       una disparit che determina una diversa concentrazione dei fenomeni di povert (nel Mezzogiorno risiede infatti circa il 65% delle famiglie povere).

 

245. Quanto al disagio sociale, in senso pi lato, si deve infine sottolineare come ciascun contesto territoriale sia caratterizzato dal prevalere di specifiche tipologie di svantaggio. Inoltre la stessa tipologia di esclusione sociale ha caratteristiche ed include gruppi sociali diversi, dal punto di vista della appartenenza di genere, di livello di istruzione, di et, di reti familiari di acceso ai servizi, sia servizi sociali che culturali.

 

246. Le analisi statistiche del piano tengono conto delle differenze di genere, di istruzione di accesso ai servizi nonch dei dislivelli di esclusione di tipo qualitativo, ma mettono anche e soprattutto in luce le differenziazioni inter ed intra-regionali, evidenziate nelle tabelle allegate al testo, differenze considerate elementi essenziali ai fini della analisi e della messa in prospettiva di misure concrete.

 

247. In questa ottica appare importante per l' Italia prospettare una politica di sviluppo del sociale, e delle linee dei PON (Programmi Operativi Nazionali), operando non solo nella prospettiva di un banchmarking tra paesi europei, ma anche in funzione di un benchmarking interregionale.

 

 

 

La povert relativa, assoluta e soggettiva. Elementi legati alle posizioni soggettive ed alle condizioni oggettive

 

La povert

 

248. In Italia esiste dal 1984 una Commissione di Indagine sulla povert, ora Commissione di Indagine sulla Esclusione Sociale (CIES), di nomina del Presidente del Consiglio, che ha il compito di effettuare studi sulla povert e lesclusione sociale e di formulare valutazioni e proposte sulle politiche. Questa Commissione, in collaborazione con lISTAT, effettua ogni anno una stima della diffusione e intensit della povert in Italia, utilizzando una misura della povert relativa, cui dal 19973 ha affiancato anche una misura di povert assoluta, cio basata sulla identificazione di un paniere di beni e servizi definiti come essenziali. In entrambi i casi viene utilizzata lIndagine sui consumi delle famiglie effettuata annualmente dallISTAT e viene preso in considerazione il consumo, non il reddito.

 

La povert relativa

 

249. Le famiglie italiane che nel 1999 si trovavano in una condizione di povert relativa erano 2 milioni e 600mila, pari a 7 milioni e 508mila individui. La diffusione della povert era pari a 11,9 nel caso delle famiglie e a 13,1 nel caso degli individui, un valore superiore dovuto al fatto che le famiglie povere sono mediamente pi numerose. Lintensit della povert, invece, era nel 1999 pari a 22,9%.

 

250. Laspetto qualificante della povert in Italia il forte squilibrio territoriale tra regioni centro-settentrionali e regioni meridionali: nelle prime risiede il 67,1% delle famiglie italiane e il 34,1% di quelle povere, mentre nel Mezzogiorno risiede il 32,9% delle famiglie e ben il 65,98% di quelle povere..

 

251. Losservazione delle caratteristiche delle famiglie povere mette in evidenza come quelle maggiormente a rischio siano le famiglie numerose (5 o pi componenti), per le quali lincidenza della povert del 22,9 % a livello nazionale.

 

252. La presenza di figli minori nel nucleo familiare collegata allaumento dellincidenza di povert: nelle famiglie con un solo figlio minore lincidenza pari al 10,8%; quando i figli sono , con due si arriva al 16,4%, e con 3 figli o pi al 27,0%. Ci spiega anche perch lincidenza della povert relativa dei minori (16,2%) elevata quanto quella degli anziani, laltro segmento di popolazione a maggior rischio di povert (16,1%).

 

253. Per quanto riguarda le tipologie familiari si evidenziano alcuni aspetti significativi. Tra le famiglie unipersonali lincidenza della povert, che nel complesso del 10,1%, solo del 3,2% se la persona ha meno di 65 anni, mentre sale al 15,4% se maggiore. Allo stesso modo, anche nel caso della coppia, se la persona di riferimento ha meno di 65 anni la povert mostra un valore pi basso (5,1%) che non se supera quella et (16,1%).

 

254. Per quanto riguarda let della persona di riferimento, il rischio di povert sostanzialmente simile per tutte le classi fino a 64 anni, ed compreso tra 8,5% e 10,9%, mentre aumenta sensibilmente quando la persona di riferimento. anziana (16,4%). Leggermente superiore lincidenza della povert nelle famiglie con persona di riferimento femmina (12,6% contro 11,7%). Inoltre, si osserva una chiara correlazione tra titolo di studio e diffusione della povert: al crescere del titolo di studio diminuisce lincidenza della povert.

 

255. Per quanto riguarda let, il rischio di povert sostanzialmente simile per tutte le classi fino a 64 anni, ed compreso tra 8,5% e 10,9%, mentre aumenta sensibilmente per le persone anziane (16,4%). Leggermente superiore lincidenza della povert nelle famiglie con persona di riferimento femmina (12,6% contro 11,7%), mentre esiste una chiara correlazione tra titolo di studio e diffusione della povert: al crescere del titolo di studio diminuisce lincidenza della povert.

 

256. Riguardo alla condizione professionale, lincidenza maggiore della povert si verifica nel caso delle famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione (28,7%), in modo particolarmente significativo nelle regioni meridionali). Anche le famiglie con persona di riferimento pensionata evidenziano valori elevati a livello nazionale (13,5%) e ancora pi significativi nel Sud. Tali valori sono invece inferiori per le famiglie con persona di riferimento occupata, sia con un lavoro dipendente sia con un lavoro autonomo.

 

 

La povert assoluta

257. La povert assoluta - definita rispetto ad una spesa per consumi inferiore al valore monetario di un paniere essenziale di beni e servizi - riguarda una quota di popolazione pi ridotta, stante la soglia pi bassa individuata da questa misura.

 

258. Nel 1999 il 4,8% delle famiglie italiane si trovava in una condizione di povert assoluta, pari a circa 1 milione e 38mila, con un aumento oltre 70mila unit rispetto al 1998. Ovviamente, anche nel caso della povert assoluta si osserva una maggiore concentrazione nelle regioni meridionali, dove la diffusione dell11,0% contro l1,4% nel Nord e il 2,6% nel Centro.

 

 

La protezione sociale

260. Il ruolo del sistema di protezione sociale altro dalle pensioni nella distribuzione del reddito delle persone meno abbienti sostanzialmente limitato. Infatti, sulla base di dati del 1996 il numero di persone povere era ridotto dal 22 al 19% a seguito dellintervento del sistema di protezione sociale altro che le pensioni.

 

261. Queste ultime ricoprono quindi un ruolo molto importante nellequalizzazione dei redditi: vi troviamo le pensioni di vecchiaia ed anzianit. Quasi 10 milioni di pensionati vivono nel 40% delle famiglie italiane, e spesso, per queste famiglie, per le quali spesso la pensione rappresenta la fonte principale di reddito.

 

262. Alle pensioni di anzianit e vecchiaia vanno aggiunte: le pensioni sociali, che interessano circa 800 mila persone con pi di 65 anni e che si configurano come una sorta di reddito minimo garantito per una fascia di popolazione anziana, le integrazioni al minimo per i lavoratori, le pensioni di invalidit e le pensioni di guerra.

263. Gli interventi riguardano, in particolare, alcune specifiche categorie: anziani, indigenti, donne con figli invalidi, nuclei familiari con figli a carico, cittadini con reddito inferiore alla soglia di povert.

 

264. Strumenti di protezione sociale contro la povert:

 

-       Assegno sociale

Anziani a basso reddito e senza sufficienti diritti previdenziali

 

-       Trattamento minimo delle pensioni

Pensionati con contributi versati inferiori al minimo

 

-       Pensioni di inabilit

Soggetti con requisiti contributivi e con infermit grave e permanente che impedisce lattivit lavorativa

 

-       Assegno ordinario di invalidit

Soggetti con requisiti contributivi e con infermit tale da provocare una riduzione permanente lavorativa a meno di un terzo

 

-       Assegno per il nucleo familiare

Lavoratori dipendenti e pensionati lavoratori dipendenti, con carico familiare, e specifici livelli di reddito

 

-       Assegno per il nucleo familiare per lavoratori autonomi

Lavoratori iscritti alla gestione dei lavoratori autonomi, con carichi familiari e specifici livelli di reddito

 

-       Assegni familiari

Coltivatori diretti, mezzadri, coloni e pensionati delle gestioni speciali, con carichi familiari e specifici livelli di reddito

 

-       Fondo nazionale di sostegno per laccesso alle abitazioni in locazione

Titolari di contratti di locazione con reddito non superiore a determinate soglie

 

-       Detrazione Irpef per titolari di contratti di locazione

Titolari di contratti di locazione con reddito non superiore a determinate soglie

 

-       Prestazioni di invalidit civile

Invalidi totali o invalidi al 74 % con reddito non superiore a determinate soglie

 

-       Assegno di maternit

Madri che non beneficiano dellindennit di maternit, con reddito non superiore a determinate soglie

 

-       Assegno a nuclei con almeno tre figli

Nuclei familiari con almeno tre figli minori e reddito non superiore a determinate soglie

 

-       Reddito minimo di inserimento (sperimentale in alcune aree territoriali)

Tutti i cittadini con reddito inferiore a determinate soglie

 

265. A queste tutele nazionali si aggiungono forme di copertura a livello locale per popolazioni in stato di bisogno che vanno a coprire anche categorie e profili sociali non previsti per lintero territorio a livello nazionale.

 

 

Reddito minimo di inserimento

 

266. Listituto del Reddito Minimo di Inserimento (RMI) stato introdotto, in via sperimentale, dal decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237 ed una misura di contrasto della povert e dell'esclusione sociale da porsi in essere attraverso programmi personalizzati e trasferimenti monetari integrativi del reddito.

267. Visto laccennato carattere sperimentale del RMI, ne stato limitato il campo di applicazione temporale e territoriale, in particolare al Mezzogiorno, sebbene entrambi, come si dir, sono stati successivamente ampliati.

 

268. La titolarit dell'attuazione della sperimentazione stessa stata attribuita ai Comuni, individuati in base a diversi criteri: si , tra laltro, tenuto conto dei livelli di povert registrati nelle diverse realt locali, della dislocazione territoriale, della disponibilit dei comuni stessi a prendervi parte.

 

269. Quanto al finanziamento delle spese di sostegno delle misura, ed al loro riparto, stabilito che, mentre tutte quelle di gestione risultano a carico dei Comuni stessi, quelle concernenti le integrazioni del reddito dei soggetti beneficiari sono a carico dello Stato per una quota non inferiore al 90% del totale.

270. Sono poi fissati i criteri di eleggibilit per laccesso al RMI, con riferimento alla residenza, al reddito, al patrimonio posseduto, sebbene in via generale il Decreto esplicito nel riconoscere, quale criterio prioritario, la destinazione del RMI a favore delle famiglie con figli minori o con handicap grave accertato. Per quanto riguarda i requisiti patrimoniali, il beneficiario deve possedere un reddito inferiore alle 520.000 lire mensili (per il 2000) e non deve possedere beni mobili e immobili, fatta eccezione per labitazione, la quale non deve comunque avere un valore che superi la soglia indicata dal comune. Ai fini del calcolo della soglia di reddito, comunque prevista una scala di equivalenza a favore dei nuclei familiari composti da pi persone, viene applicata.

271. Come accennato, accanto allintegrazione al reddito, prevista lutilizzazione di programmi di integrazione personalizzati, che lente locale deve predisporre con ogni beneficiario, allo scopo di favorire il superamento dell'emarginazione dei singoli e delle famiglie attraverso la promozione delle capacit individuali e dell'autonomia economica delle persone. I soggetti beneficiari sono espressamente chiamati al rispetto degli impegni derivanti da detti programmi.

272. La legge 8 novembre 2000, n. 328 (legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), ha previsto la generalizzazione dellistituto a conclusione della sperimentazione, seppur condizionandola alla valutazione dei risultati della medesima.

273. Su tale scorta, la legge finanziaria per lanno 2001 (legge 23 dicembre 2000, n. 388) ha disciplinato il lestensione temporale e territoriale della sperimentazione. Difatti, da una parte, sono stati stanziati 350 miliardi per lanno 2001 e 430 miliardi per lanno 2002, autorizzando i 39 comuni gi titolari a proseguire lattuazione del RMI. Dallaltra, sono coinvolti nella sperimentazione anche i comuni inseriti in Patti territoriali, approvati entro il 30 giugno 2000, i quali comprendano comuni gi individuati o da individuare ai sensi del decreto legislativo n. 237.

 

The right to adequate food

 

The subject of the safety of food regards a number of different sectors, affecting the interests of more than one category. There is the inalienable right of all citizens, as consumers, to receive products that fully comply with the rules of hygiene and sanitary security for the defence of health, as stipulated and guaranteed under article 32 of the Italian Constitution. Along these lines, it should be remembered that recent crises (in particular the detection of BSE, which involved the entire European Union) has undermined the publics trust in the ability of the food industry and the public authorities to guarantee the safety of food. As a direct consequence of this situation, safety has become the most important ingredient of food in the eyes of consumers. But food safety is not a major concern for consumers alone. In fact, the manufacturers and the various operators in the food sector also feel the need for effective food‑product safety, given the fundamental role of this factor in a modern production system.

The emergence of the issue of food safety should be viewed as a major opportunity for raising the overall maturity of the production system. Of critical importance to such an effort is the interaction between the public entities and the private operators in the sector.

Determination by the public entities of the set of rules designed for the supervision of safety, being obligatory for all operators in the system, should be accompanied by the preparation of a series of additional and distinct instruments and voluntary norms that identify production procedures geared towards reaching the further objective of quality product offerings. Quality must be considered the end result of a number of different elements involving ethics, social concerns, culture, the environment and economics: a series of considerations which serves to give concrete form to the right expressed in article 11 of the International Covenant on Economic, Social and Cultural Rights.

In the case of Italy, this approach has resulted in the selection of the National Council of Economics and Labour as the institutional venue for the promotion, signing and monitoring of voluntary agreements reached between the various professional associations of the food industry for the purpose of guaranteeing the quality and transparency of production processes in a number of merchandise branches. The results of these initiatives shall be communicated by means of appropriate information tools.

To this end, the organizations representing business and independent labour within CNEL signed during 2001, with CNEL itself, a declaration of intent in which they undertake to sign voluntary industrial branch agreements. Following this initiative within CNEL, four round tables were organized for a number of industrial branches (at the moment fish, milk and milk derivatives, fresh fruit and vegetables and meat, but it was agreed that additional branches may be the subject of later agreements) in order to draw up voluntary agreements referred to earlier on. A further result of this initiative was the negotiation of a voluntary agreement entitled The National Pact for Food Safety and Quality, which should provide overall guidelines for the framework agreements drawn up in the individual branches in order to guarantee that products may be traced/retraced from the fields and the sea to the dinner table.

 

 

The right to adequate housing

 

Abitazioni in cui si vive

 

280. Nel 1999 pi di due terzi delle famiglie italiane abitano in una casa di propriet. Il possesso dellabitazione relativamente pi diffuso nei piccoli centri (oltre il 70% di proprietari nei Comuni con meno di 10 mila abitanti). Nei comuni centro delle aree metropolitane, invece, il 57,3% delle famiglie proprietario dellabitazione principale.

 

281. La percentuale di famiglie che considerano troppo alte le spese per la casa cresciuta dal 52,4% del 1995 al 58,8% del 1999. Fra gli altri problemi abitativi, il pi rilevante quello della qualit e della regolarit della fornitura di acqua potabile: il 46,2% delle famiglie non si fida a bere lacqua del rubinetto ed il 14,9% segnala discontinuit nellerogazione.

 

I senza fissa dimora

 

282. Gli aspetti qualificanti di tale condizione sono lassenza di una dimora stabile e abituale e il carattere multidimensionale delle forme di marginalit di tali persone. Ci significa che le persone senza dimora soffrono, in primo luogo, della mancanza di una dimora, ma che la loro condizione si caratterizza per una somma di fattori di fragilit sociale (dipendenza da sostanze, assenza di reti di relazioni, sofferenza psichica) che sono la conseguenza di eventi biografici penalizzanti (violenze, carcerazioni, abusi, abbandoni).

 

283. Accertare il numero di persone che si trovano nella condizione di senza dimora estremamente difficile. La Commissione di Indagine sulla Esclusione Sociale ha tuttavia tentato per la prima volta di stimare il fenomeno, con uno studio ad hoc, che stato effettuato nel 2000: si cos giunti ad una stima di circa 17.000 persone senza dimora in tutto il territorio nazionale

 

284. Si tratta di soggetti prevalentemente maschi (80%) e di et intermedia (il 54% ha tra i 28 e i 47 anni); solo la met di nazionalit italiana.

 

285. La maggior parte delle persone senza dimora si trova in tale condizione da un periodo di tempo non superiore a tre anni, ma ben il 12,1% si trova sulla strada da oltre 10 anni.

 

Misure per favorire laccesso allalloggio

 

286. In Italia il 70 % della popolazione vive in una abitazione di propriet. Tuttavia, il possesso o laffitto della abitazione rappresenta ancora un problema per alcune fasce della popolazione a basso livello di reddito, nonch per i giovani che intendono rendersi autonomi dalla famiglia di origine.

 

287. In questi anni sono state varate 37 misure di sostegno e di sgravi allaffitto, allacquisto, alla ristrutturazione delle abitazioni.

 

288. Parallelamente sono state ridotte alcune aliquote fiscali che gravavano sulla propriet immobiliare della prima casa.

In parlamento stato presentato un disegno di legge volto a concedere incentivi diretti alle giovani coppie o alle famiglie con un solo genitore che vogliono affittare o comprare una casa .

 

289. In Italia la lotta contro l'esclusione sociale e la povert viene considerata come uno degli elementi trainanti per il progresso economico e per lo sviluppo della occupazione.

 

Limpatto demografico

 

Le differenze di genere

290. Laumento del tasso di attivit e del tasso di occupazione femminile sono due fenomeni indice di una crescente pressione sul mercato del lavoro da parte di quelle categorie, che fino ad un decennio fa erano sottorappresentate, come le donne sposate, le donne al rientro del mercato del lavoro per maternit o assenze coatte, le donne immigrate.

 

291. Nonostante la maggiore presenza femminile, la struttura di partecipazione al sistema produttivo continua, tuttavia, ad essere caratterizzata da fenomeni di segregazione professionale su base sessuale sia verticale, sia che orizzontale .

 

292. La variabile territoriale influenza significativamente laccesso al mercato del lavoro della componente femminile, accentuandone le difficolt rispetto alla componente maschile.

 

293. Il mercato del lavoro delle regioni meridionali, infatti, caratterizzato da: un elevato livello di disoccupazione, un tasso di attivit prossimo alla met di quello maschile, una scarsa trasparenza dei meccanismi allocativi, dovuta anche allassenza di servizi per le persone in cerca di occupazione, diffusi fenomeni di marginalit e sottoutilizzazione di risorse umane, un ancora significativo dislivello salariale, una bassa presenza delle donne nei livelli di carriera pi elevati, una preponderanza femminile nel lavoro sommerso.

 

294. La caratteristica storica di "temporaneit" dell'occupazione femminile va scomparendo: nell'ultimo decennio, i tassi di attivit delle donne con figli indicano un incremento costante. Tuttavia, tale incremento non si affianca ad una distribuzione pi equa delle responsabilit familiari: le attivit poste in essere in tale ambito, non retribuite, gravano quasi totalmente sulle donne, le cui ore di lavoro complessive, retribuite e non retribuite, sono in media il 28% in pi delle ore lavorate dai maschi. Ben il 35,2% degli uomini occupati dedica zero ore alle attivit di lavoro familiare. Da ci si evince che le donne con un doppio ruolo lavorativo e familiare, ricercano nelle loro scelte occupazionali quelle situazioni in grado di fornire una maggiore flessibilit organizzativa e di gestione dellorario lavorativo. Anche nel Mezzogiorno, le donne sono pi frequentemente occupate a tempo parziale: la quota sulloccupazione complessiva risulta pari all11,3% contro il 14,8% del Centro-Nord. Lo sviluppo di diverse forme contrattuali, come il part-time, ha favorito lincremento delloccupazione femminile nel settore pubblico e nei servizi alla persona.

 

295. Centrale resta il problema della compatibilit tra carichi familiari e tipo di lavoro. Le responsabilit familiari sono, infatti, la principale causa di abbandono della attivit lavorativa delle donne. Anche solo considerando le generazioni pi giovani (da 25 a 34 anni), si pu stimare che tra le donne con due figli pi di un quarto abbia interrotto o abbandonato lattivit lavorativa proprio a causa della nascita del primo o del secondo figlio. Del resto, basta pensare che ben il 57,7% delle donne occupate con figli da 3 a 13 anni lavora in casa e al di fuori delle mura domestiche per 60 ore o pi a settimana, contro il 21,9% degli uomini nella stessa condizione. Inoltre, sono soprattutto le donne a farsi carico del lavoro di cura anche allesterno della famiglia. Nel 1998, un quarto delle donne, contro un quinto degli uomini ha fornito almeno un aiuto gratuito (assistenza di anziani o di bambini, aiuti sanitari, compagnia, ecc.) a persone non coabitanti, per un complesso di ben 2 miliardi e 840 milioni nellanno. All'impegno femminile competono ben i due terzi del totale delle ore di aiuto.

 

 

Distanza dal mercato del lavoro

 

296. Al fenomeno della marginalit dal mercato vengano ad associarsi situazioni materiali di svantaggio economico. Questo, in termini di disuguaglianza, si traduce in evidenti disparit di reddito tra coloro che accedono e permangono nel mercato del lavoro e coloro che incontrano difficolt o che rimangono ai margini.

 

297. Inoltre, alla disuguaglianza delle opportunit occupazionali sul rinvenibili a partire dal territorio di appartenenza, si sommano una serie di fattori di disparit, responsabili in diversa misura del verificarsi dell'allontanamento dal mercato del lavoro di particolari categorie sociali. Si tratta di fattori di tipo oggettivo - quali il sesso e l'et - a cui si affiancano un ampia gamma di componenti di natura soggettiva e sociale, il livello d'istruzione, la presenza di un disagio sociale, ecc. - che, diversamente composti, determinano il grado di resistenza, da parte del mercato all'ingresso di particolari gruppi di individui. La distanza dal mercato quindi determinata dall'accumularsi e dal sedimentarsi di pi fattori di disuguaglianza che raggiungono un picco negativo, cio la distanza maggiore, nel caso sia presente anche un disagio di tipo sociale - come nel caso di soggetti svantaggiati quali disabili, tossicodipendenti, detenuti, immigrati ecc. - a cui il mondo del lavoro oppone il grado pi alto di resistenza .

 

 

Accesso alla rete dei servizi

 

Servizi socio- assistenziali

298. Nel corso di questi ultimi anni stato avviato in Italia un profondo processo di riprogettazione del welfare che passa attraverso la riforma del sistema pensionistico, la riforma del servizio sanitario, lo sviluppo del federalismo amministrativo, il riassetto tramite sperimentazioni di misure innovative di politica sociale.

 

299. Negli ultimi anni l'offerta di servizi aumentata per tutte le categorie di utenza: cresciuta pi per gli etilisti ed i tossicodipendenti (circa il doppio dal 1991 al 1997), per carcerati, ex carcerati, immigrati e malati di mente, nonch per i portatori di handicap (il 69% dei comuni eroga servizi di sostegno ed assistenza scolastica, il 63,4% assicura servizi di trasporto scolastici, il 60,4% assicura servizi di assistenza domiciliare).

 

300. I servizi pi diffusi sono quelli della assistenza agli anziani, di assistenza domiciliare per gli anziani, presenti rispettivamente nell'84% e nel 73,2% dei comuni, le case di riposo (60,4% - 36,3%), i centri sociali (58,7% - 28,5%), ma anche la refezione nelle scuole materne e superiori (presente nell'88,1% - 72,5% dei comuni) cui seguono il trasporto (83,2%) e gli asili nido (22,8%). In Italia, la frequenza dellasilo nido riguarda solo circa 140 mila bambini (per un terzo iscritti in strutture private), pari a circa il 6% dei bambini da 0 a 2 anni e laffidamento in et prescolare per lo pi risolto allinterno della rete parentale o tramite servizi a pagamento, un settore che richiede ancora interventi, se si considera che solo il 6% della popolazione tra 0 e 2 anni frequenta asili nido.

 

301. Per quel che concerne la presenza di asili nido e servizi per minori in et prescolare e scolare, essa appare particolarmente ancora insufficiente e carente nei piccoli comuni (in quelli con meno di 5000 abitanti l'asilo nido raramente presente) e forti; si registra inoltre un forte divario territoriale fra comuni del Centro-Nord e del Mezzogiorno, che si attenua solo nei grandi comuni.

 

302. In tale contesto fondamentale il ricorso alla rete di aiuti informali, oltre che ai servizi a pagamento.

 

Servizi di comunicazione

303. La legislazione italiana, nel recepire a livello di regolamento di attuazione il contenuto delle direttive comunitarie nel settore delle telecomunicazioni, ha definito la nozione di servizio universale il quale, sulla base della copertura data nellart. 3, concerne linsieme dei collegamenti base di accesso dellutenza normale. Sono previste agevolazioni in termini di costo di esercizio e di collegamento, e laccesso gratuito ai servizi di emergenza. Viene garantito che i servizi coperti sotto laccezione di universale siano disponibili per tutti gli utenti nel proprio territorio, a prescindere dalla loro ubicazione geografica, e tenuto conto delle specifiche condizioni nazionali, a prezzi accessibili. Vengono in particolare favoriti gli utenti delle zone rurali (a livello dei costi) nonch le categorie di utenti vulnerabili quali gli anziani, le persone disabili o coloro che hanno esigenze sociali speciali. Pur in un contesto che vede accedere ai collegamenti di base la grande maggioranza della popolazione, permangono alcune sacche di esclusione. Le famiglie non raggiungibili telefonicamente (apparecchi fissi e telefoni cellulari) sono solo il 5,7%, ma superano il10% in Campania, Calabria e Sicilia.

 

Beni e servizi per il benessere e la qualit della vita

 

Beni di consumo

 

304. Laccesso ai principali servizi e beni di consumo riguarda ormai una quota elevata di famiglie. Nel 1999, il 96,1% delle famiglie italiane possiede la lavatrice, il 96,4% il televisore a colori, il 78% almeno unautomobile (il 32,3% ne ha due o pi). Sono diffusi anche il videoregistratore (63,7%) e limpianto hi-fi (50,1%), mentre le videocamere sono ormai presenti in una famiglia italiana su cinque. Dal 1997 al 1999, aumentata la diffusione di telefoni cellulari (dal 27,3% al 55,9%), segreterie telefoniche (dal 12,4% al 14,5%) e fax (dal 3,8% al 6%). Nel 1999, il 20,9% delle famiglie aveva un personal computer in casa, mentre nel 1997 la percentuale era del 16,7%. Importante anche la crescita degli abbonamenti ad Internet (dal 3,5% del 1997 al 7,6% del 1999). Tuttavia, non del tutto trascurabile il 6% delle famiglie italiane che non dispone di almeno uno dei beni e servizi essenziali per le attivit della vita quotidiana (acqua potabile, acqua calda, gabinetto, energia elettrica, frigorifero e lavatrice), con valori che superano l11% in Calabria, Sicilia e Sardegna.

 

Bisogni sociali per specifiche categorie

 

305. Alcuni soggetti sviluppano bisogni sociali che se non soddisfatti creano situazioni di esclusione sociale.

Si tratta di categorie di cittadini che versano in situazioni di svantaggio e che rappresentano le fasce maggiormente discriminate dal mercato quali: disabili, immigrati, tossicodipendenti, detenuti, malati mentali ecc .

Ciascun contesto territoriale caratterizzato dal prevalere di specifiche tipologie di svantaggio. E' il caso ad esempio degli immigrati la cui distribuzione territoriale significativamente pi numerosa nelle regioni del Nord e del Centro piuttosto che nel Mezzogiorno. Un andamento simile riscontrabile anche per i tossicodipendenti, la cui concentrazione territoriale nettamente prevalente nell'area del Centro-Nord.

 

 

Anziani non autosufficienti

 

306. Lo sviluppo della vita media, laumento della numerosit della popolazione anziana, la trasformazione delle strutture familiari a comporta tra laltro la necessit di un sistema welfare amico della popolazione anziana, capace di utilizzare "la risorsa anziani " ma al tempo stesso di soddisfarne bisogni e necessit attraverso lo sviluppo di servizi sociali e socio-sanitari, con una particolare attenzione alla popolazione anziana non autosufficiente.

 

307. Circa 7 milioni e 400 famiglie vivono con una persona anziana in famiglia, mentre le persone con pi di 65 anni che vivono soli sono oltre 2 milioni e seicentomila, una parte di questa popolazione richiede aiuti e servizi domiciliari, uniti a sostegni al nucleo familiare mediante assistenza domiciliare, oltre ad interventi di prevenzione, cura e riabilitazione.

 

 

Disabili

 

308. In Italia vivono 2.686.000 persone con disabilit (5% della popolazione di 6 anni e pi); 754 mila disabili vivono soli. Il 26,7% dei disabili ha meno di 65 anni, il 20% ha tra i 65 e i 74 anni e ben il 53,3% ha 75 anni o pi. Sono circa 30 mila le persone con disabilit molto gravi.

 

309. Si tratta di una quota rilevante di popolazione che esprime attese e bisogni specifici che, se non soddisfatti, inducono situazioni di marginalit e di esclusione sociale; si tratta di bisogni e servizi nel campo della istruzione e formazione, dellinserimento professionale, della fruizione di strutture abitative, sportive, turistiche e ricreative fino allaccesso alla informazione alla comunicazione ai servizi di aiuto alla persona e allo sviluppo di servizi di sostegno alle famiglie.

 

310. Nel corso degli ultimi decenni, in Italia, come accaduto in altri paesi, lattenzione delle istituzioni pubbliche e della societ civile nei confronti delle persone disabili progressivamente cresciuta ed ha determinato un notevole miglioramento delle condizioni di salute, di vita autonoma e di inclusione sociale.

 

311. Le risposte alla disabilit hanno registrato una crescita quantitativa e qualitativa in ogni contesto della vita sociale.

 

312. Superate le politiche di istituzionalizzazione e di mero assistenzialismo, sono state promosse e avviate politiche delle opportunit e buone prassi sulla base di una progressiva responsabilizzazione delle istituzioni, dellassociazionismo e del privato sociale.

 

313. Nel rispetto dei principi sanciti dagli organismi internazionali, le scelte di politica sociale compiute nel nostro paese hanno contribuito ad un generale innalzamento della qualit della vita dei disabili e alla loro effettiva integrazione nella scuola, nel lavoro e nella vita di relazione.

 

314. Dieci anni fa il Parlamento ha approvato la legge che resta il cardine della legislazione italiana in materia: la legge-quadro 5 febbraio 1992 n. 104 Legge-quadro per lassistenza, lintegrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, con la quale sono stati enunciati principi, riconosciuti diritti di cittadinanza, individuati interventi e previsti servizi per lautonomia e la partecipazione di tutte le persone disabili. In particolare si sono stati previsti strumenti e modalit operative a sostegno della famiglia e della vita indipendente, con particolare riguardo a quanti si trovano in situazione di gravit: il coordinamento e la collaborazione interistituzionale, con riguardo alle crescenti responsabilit degli enti territoriali, insieme al riconoscimento di un ruolo attivo delle famiglie e al coinvolgimento dellassociazionismo sono state individuate quali strategie prioritarie per il raggiungimento delle finalit previste. Con lapplicazione di questa normativa, il percorso per laffermazione dei diritti civili delle persone disabili ha avuto unaccelerazione. Questo percorso, per, ha comportato anche una notevole complessit e unampia articolazione del rapporto tra bisogni degli individui e risposte della rete dei servizi, che adesso attendono scelte adeguate ai processi di cambiamento che stiamo vivendo.

 

315. Il cammino svolto ha permesso di raggiungere considerevoli traguardi in molti ambiti, ma occorre ancora uno sforzo a livello culturale normativo, amministrativo ed operativo.

 

316. La ricerca e lattuazione di politiche pi attente al rapporto tra salute e disabilit, non possono prescindere da concetti e parametri culturali condivisi e che siano convalidati scientificamente. Per affrontare le politiche socio-sanitarie con riferimento alla disabilit, pertanto, occorre superare le ambiguit culturali presenti, approcci basati su logiche occasionali, settoriali e ripartire dalla persona, dai suoi bisogni e dai suoi diritti. Si tratta di volgere lattenzione dalla patologia, con le sue specificit, alla persona con le sue difficolt, risorse e potenzialit.

 

317. Da anni, uno dei nodi delle politiche sociali al riguardo legato alla revisione dei criteri dellinvalidit.

 

318. La legge 8 novembre 2000 n. 328 Legge-quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali prevede nellart. 24 la delega al Governo per il riordino degli emolumenti derivanti da invalidit civile, cecit e sordomutismo.

 

319. Un altro dei dati critici che contraddistingue lo stato delle politiche sulla disabilit nel nostro paese riguarda leterogeneit nella programmazione e gestione degli interventi sociali e dei servizi socio-sanitari. A leggi che pur presentano finalit innovative e contenuti avanzati non corrispondono sempre applicazioni complete e puntuali e tanto meno garanzie di esigibilit da parte di tutti i destinatari degli interventi previsti.

 

320. Gli Enti territoriali svolgono un ruolo determinante nella programmazione e gestione delle politiche per le disabilit. Ad essi va riconosciuto e affidato anche unazione pi incisiva nella promozione di un fecondo dialogo e di una fattiva collaborazione con le organizzazioni del volontariato, del privato sociale e della societ civile. Partendo da questa considerazione stato varato il D.M. 13 dicembre 2001, n. 470 recante il regolamento concernente criteri e modalit per la concessione e l'erogazione di finanziamenti in materia di interventi in favore dei soggetti con handicap grave privi dell'assistenza dei familiari. In base al citato regolamento stato disposto il trasferimento delle relative risorse alle regioni, che dovranno emanare appositi provvedimenti per la concessione dei contributi agli organismi senza fini di lucro che intendano realizzare strutture territoriali di accoglienza per persone in situazione di handicap grave che non hanno pi famiglie di riferimento.

 

321. Nei confronti delle politiche socio-sanitarie lo Stato continuer a svolgere unazione di promozione e di coordinamento e non far mancare limpegno anche di carattere economico per garantire che gli interventi innovativi avviate possano ampiamente svilupparsi.

 

L. 284/97 e L.162/98: interventi per ciechi pluriminorati e per lhandicap grave

 

322. Nel corso dellanno 2001 sono stati portati a termine, per quanto di competenza e limitatamente agli esercizi finanziari 1999 e 2000, gli adempimenti previsti per la piena attuazione dei programmi pluriennali e dei progetti sperimentali previsti da due norme di legge (leggi 28 agosto 1997, n. 284 e 21 maggio 1998, n. 162). Tra I progetti finanziati anche quelli sperimentali in favore dei ciechi pluriminorati nonch lerogazione del contributo per la Federazione Nazionale delle istituzioni pro-ciechi, nonch per il finanziamento di progetti sperimentali in favore di persone in situazione di handicap grave. Dallanno 2001 tutte le risorse destinate a tali finalit confluiscono nel Fondo nazionale per le politiche sociali e con apposito decreto ministeriale vengono ripartite annualmente tra le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.

 

Sito handicapincifre

 

323. In riferimento a quanto previsto dalla L. 162/98 per la promozione di indagini statistiche sullhandicap stata completato il progetto dintesa con lIstituto di statistica (ISTAT) concernente la predisposizione di un sistema informativo sullhandicap. La finalit del progetto quella di pervenire al pi presto alla messa a regime di un sistema integrato di fonti informative sullhandicap basato su un insieme di strumenti, di metodi e di procedure finalizzate ad acquisire, a vari livelli territoriali e amministrativi, i dati necessari allanalisi dei bisogni, delle condizioni sociali e di salute della popolazione con handicap, alla programmazione, gestione e valutazione dei servizi forniti, nonch al monitoraggio della quantit e dellefficacia delle iniziative attuate dai vari soggetti istituzionali. Nel corso dellanno 2001, in particolare, stato realizzato e attivato il sito handicapincifre accessibile anche attraverso il sito istituzionale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali www. minwelfare.it.

 

324. Il sito presenta dati sulle persone disabili in Italia e su aspetti della disabilit tratti e/o elaborati sulla base delle attuali fonti informative disponibili a livello nazionale (rilevazioni e indagini Istat, archivi o sistemi informativi di Ministeri e enti pubblici). E utilizzabile anche da persone disabili che possono accedere a tabelle appositamente predisposte.

 

325. Il sito viene costantemente aggiornato nei dati e sar ampliato con contenuti relativi ad altre tematiche quali: il terzo settore, i presidi socio-assistenziali, le disabilit permanenti a seguito di eventi lesivi sul lavoro e di incidenti sportivi, lintegrazione scolastica e nelle universit. Il sito handicapincifre non costituisce soltanto uno dei prodotti del progetto del Sistema Informativo sullhandicap, cos come si riteneva a inizio progetto, ma rappresenta uno strumento fondamentale per la diffusione di corrette informazioni sulle problematiche dell handicap.

 

Legge 328/2000: interventi in materia socio-sanitaria e provvedimenti attuativi

 

326. Sono stati inoltre emanate disposizioni sulle prestazioni socio-sanitarie e diversi provvedimenti attuativi della legge 8 novembre 2000, n. 328 Legge-quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali che specificatamente riguardano le problematiche della disabilit.

 

327. E stato emanato lAtto di indirizzo e di coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie, che definisce le varie tipologie delle prestazioni, distingue tra prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria e individua quelle da ricondurre alle competenze ed ai relativi oneri delle aziende sanitarie locali e dei comuni. Al decreto allegato una scheda con le diverse prestazioni ed i criteri di finanziamento riferiti alle aree di intervento, tra le quali quella relativa ai disabili.

 

328. E stato emanato il Piano nazionale degli interventi e servizi sociali 2001-2003. Il provvedimento indica criteri di programmazione delle politiche sociali; individua gli obiettivi prioritari e offre indicazioni per lo sviluppo del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Delinea inoltre le modalit e gli strumenti per il suo monitoraggio, per la verifica dei processi in atto e dei risultati conseguiti. Tra gli obiettivi prioritari del Piano sociale nazionale sono individuati il sostegno alle responsabilit familiari e il sostegno alle persone anziane non autosufficienti o con disabilit gravi.

 

329. E stato emanato il Regolamento concernente "Requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, a norma dell'articolo 11 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Decreto 21 maggio 2001, n. 308) attraverso il quale si fissano i requisiti minimi strutturali e organizzativi ai fini dell'autorizzazione al funzionamento dei servizi diurni e residenziali gi operanti e quelli di nuova istituzione. I servizi sono quelli rivolti ai disabili per interventi socio-assistenziali o socio-sanitari finalizzati al mantenimento e al recupero dei livelli di autonomia della persona e al sostegno della famiglia, nonch quelli rivolti ai minori, anziani, persone affette da AIDS e con problematiche psico sociali per altre tipologie di interventi

 

330. Con riferimento alle varie problematiche, nel corso del 2001 si provveduto a dare data attuazione alle disposizioni di cui allart. 81 della legge 23 dicembre 2000 n. 388, con le quali erano state previste risorse finanziarie, pari a 100 miliardi di lire, finalizzate a realizzare un programma di interventi promossi da associazioni di volontariato e da altri organismi senza scopo di lucro per la cura e lassistenza di persone con handicap grave che restino prive della presenza dei familiari.

 

331. Il finanziamento complessivo sar ripartito tra tutte le regioni e le province autonome per il 20% in parti uguali e per l80% in parti proporzionali alla popolazione residente. In base al regolamento di attuazione possono presentare domanda alle regioni per ricevere i contributi: ONLUS, cooperative, organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato ed altri soggetti privati.

 

332. Le regioni stabiliscono i criteri per l'individuazione dei progetti da ammettere a finanziamenti, che possono essere concessi per l'acquisto, la ristrutturazione o locazione di immobili, l'acquisto degli impianti, l'avvio e la prosecuzione per un anno delle attivit assistenziali.

 

333. Le strutture che si intendono realizzare devono essere di "dimensioni ridotte tali da assicurare l'inserimento e l'accoglienza dei disabili in un contesto di tipo familiare" e rispondere ai requisiti igienici delle case di civile abitazione.

 

334. Le attivit ammesse al finanziamento devono essere ultimate entro due anni dall'erogazione del contributo. Per ogni progetto il contributo massimo pari a 1 milione 32 mila euro (2 miliardi di lire).

 

Ulteriori disposizioni concernenti le agevolazioni e i congedi per genitori lavoratori che assistono persone handicappate in situazione di gravit

 

335. Con il D.Lgs 26 marzo 2001, n. 151 Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternit e della paternit si provveduto a disciplinare ulteriormente linsieme delle normative sui permessi lavorativi in favore di persone che assistono familiari disabili e sui congedi retribuiti. Nel comma 6 dellart. 42 del citato D.Lgs concernente i riposi e i permessi per i figli con handicap grave si precisa che tali agevolazioni spettano anche nel caso in cui laltro genitore non ne abbia diritto.

 

Pensioni sociali e altri provvedimenti previsti da L.488/2001(Finanziaria 2002)

 

336. Con la legge 28 dicembre 2001, n. 488 Disposizione per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello stato si stabilito che, a decorrere dal primo gennaio 2002, i beneficiari di pensioni inferiori a 516 euro, con oltre 70 anni di et e che non dispongano di un reddito personale, escluso l'eventuale reddito derivante dall'abitazione, superiore a 6.713,98 euro, usufruiscano di un aumento fino al suddetto importo. Nel caso che il beneficiario sia coniugato il reddito dei due coniugi non deve superare i 6.713,98 euro incrementati dell'importo annuo dell'assegno sociale. La legge 488/2001 dispone che lo stesso aumento a 516,89 euro spetti anche agli invalidi civili totali, ai sordomuti e ai ciechi civili assoluti. Il limite di reddito personale il medesimo (6.713,98 euro), mentre il limite di et fissato a 60 anni.

 

337. Per quanto riguarda le detrazioni per figli a carico, tra le altre innovazioni, si dispone che per ogni figlio disabile possibile portare in detrazione 774,69 euro.

 

338. La legge finanziaria 2002 prevede, inoltre, che le spese sostenute per i servizi di interpretariato dai soggetti riconosciuti sordomuti siano detraibili in ragione del 19%.

 

339. Ai lavoratori sordomuti, nonch ai lavoratori con invalidit civile superiore al 74%, a partire dal 1 gennaio 2002, in applicazione dellart. 80, comma 3 della legge 388/2000 (finanziaria 2001), su loro richiesta riconosciuto il beneficio di un periodo di contribuzione figurativa pari a due mesi per ogni anno di effettiva attivit lavorativa prestata, fino ad un massimo di cinque anni.

 

Attivit e iniziative in corso

 

340. Si ricorda inoltre tra le varie attivit svolte dalla Amministrazione centrale lesistenza di un numero verde presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (numero verde 840002244), che svolge attivit di consulenza e corrispondenza in favore di enti pubblici e territoriali, associazioni, organismi del privato-sociale, famiglie e singoli cittadini.

 

341. Per quanto attiene agli aspetti pi strettamente lavoristici ed alla tutela delle pari opportunit per le persone disabili si segnala la seguente attivit di regolamentazione

 

 

Provvedimenti, adempimenti

 

In attuazione della legge 12.03.99, n.68 recante Norme per il diritto al lavoro dei disabili sono stati emanati i seguenti provvedimenti:

- Accordo tra il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, i Comuni e le Comunit montane, per la definizione di linee programmatiche per la stipula delle convenzioni.

- D.D. 12 Luglio 2001 recante Ripartizione tra le regioni delle risorse finanziarie del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, istituito dallart.13, comma 4, della legge 12 marzo 1999, n.68 - Anno 2001.

CIRCOLARI

 

- Nota dell11.10.2001 avente ad oggetto Assunzioni obbligatorie. Legge 12 marzo 1999, n.68. Richiesta di compensazione territoriale e di esonero parziale.

- Nota del 10.10.2001 avente ad oggetto Risposta a quesito su convenzioni Legge 12.3.99, n.68, art.11, comma 2.

- Circolare n.77 del 6.8.2001 avente ad oggetto Assunzioni obbligatorie. Imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati.

- Nota del 20.07.2001 avente ad oggetto Legge 12.3.99, n.68, art.3, co. 4 Istituti di vigilanza privati.

- Circolare n.66 del 10.07.2001 avente ad oggetto Assunzioni obbligatorie.Indicazioni operative in materia di accertamenti sanitari e di assegno di incollocabilit.

- Lettera circolare 28.5.2001 avente ad oggetto Legge 113/85 Collocamento obbligatorio dei centralinisti non vedenti.

- Nota dell8.5.2001: avente ad oggetto D.L.vo 468/97, art.6, co.2-L.68/99, art.6. Composizione organi collegiali collocamento disabili.

- Nota del 23.4.2001 avente ad oggetto D.L.vo 468/97, art.6, co.2-L.68/99, art.6. Composizione organi collegiali collocamento disabili.

- Nota del 23.4.2001: avente ad oggetto Regolamento n.357/2000. Esoneri parziali. Risposte a quesiti interpretativi.

- Nota del 3.4.2001 avente ad oggetto Legge 12.3.99, n.68 Art.5, co.3 - Esoneri parziali Datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti.

Circolare n.23 del 16.2.2001 avente ad oggetto Norme per il diritto al lavoro dei disabili (Legge 12.3.99, n.68) e relativo Regolamento di esecuzione (D.P.R. 10.10.2000, n.333): aspetti sanzionatori. Chiarimenti operativi

-Lettera circolare 22.2.2001 avente ad oggetto Legge 12.3.99, n.68. Polizia Municipale. Computo della quota di riserva.

 

Fondo per il diritto al lavoro dei disabili

 

342. La legge 12 marzo 1999, n. 68, istituisce, allart. 13, c. 4, il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili pari a lire 60 miliardi di lire, da ripartire tra le Regioni entro il 1 marzo di ciascun anno.

343. Il numero complessivo dei lavoratori disabili assunti con programmi di inserimento mirato e in relazione ai quali i datori di lavoro hanno avuto titolo ad ottenere la fiscalizzazione totale o parziale degli oneri pari a 1.697 unit.

 

Integrazione lavorativa

 

344. In attuazione dellart. 19 della legge 104/92, si rileva che, al 31.12.2001, il numero dei dipendenti disabili avviati ai sensi della nuova normativa sul collocamento mirato (legge 68/99) ammonta a 40.908 unit. Per completezza di informazione si precisa che la scrivente effettua annualmente la rilevazione, a livello regionale, dei dati inerenti la condizione occupazionale dei lavoratori appartenenti alle categorie protette.

 

Azioni comunitarie

 

345. Il Governo Italiano ha partecipato al progetto di ricerca Politiche di sostegno e di integrazione ai disabili in et di lavoro promosso dallOrganizzazione per la cooperazione economica e sociale, il cui obiettivo stato quello di promuovere uno studio comparativo delle politiche attive, promosse dai paesi partecipanti al progetto, a favore delle persone disabili. Lo studio si concluso con la stesura di un documento finale che sar presentato nellanno 2003, in occasione dellAnno Internazione dei Disabili.

 

 

 

 

Dati statistici

 

346. Con particolare attenzione alla evoluzione che il fenomeno della disabilit sta subendo in conseguenza dellentrata in vigore della nuova normativa sul collocamento mirato e tenuto conto della necessit di delineare qualitativamente e quantitativamente le coordinate di riferimento inerenti la situazione occupazionale dei lavoratori disabili, in fase di studio la realizzazione di una sezione, allinterno del sito istituzionale www.minwelfare.it, che consenta laccesso informatico a un complesso di dati statistici afferenti le aree di maggiore interesse concernenti la normativa predetta.

 

Osservazioni, proposte

 

347. Alla luce del nuovo quadro normativo in materia di collocamento mirato, tenuto conto di quanto disposto in merito al decentramento amministrativo dei servizi per limpiego e considerato, altres, il notevole progresso tecnologico nel settore della comunicazione, saranno apportate le necessarie modifiche alla legge 29.03.85, n. 113, che disciplina il collocamento dei centralinisti telefonici non vedenti, ai fini di una pi attuale ed efficace applicazione della succitata normativa rispetto alle nuove esigenze del mercato del lavoro. A tale proposito questa Amministrazione ha ritenuto opportuno promuovere lo studio e lanalisi dei fattori pi significativi emergenti allinterno del contesto sopra illustrato, in cui deve applicarsi la tuttora vigente L. 113/85, la cui definizione avverr progressivamente di concerto con le associazioni maggiormente rappresentative della categoria e con gli organi istituzionali locali. In particolare in relazione alla:

- ridefinizione delle competenze in materia di iscrizioni allAlbo professionale nazionale, articolato a livello regionale, dei centralinisti ciechi;

- revisione della composizione delle commissioni regionali per lesame di abilitazione dei centralinisti, visto anche il riconoscimento di nuove qualifiche equipollenti, individuate dal D.M. del 10.01.2000, pubblicato sulla G.U. n. 37 del 15.02.00;

- revisione dei criteri di individuazione degli obblighi di assunzione in conseguenza del venir meno della posizione di monopolio della societ Telecom che, a seguito del processo di liberalizzazione del mercato nel settore della telefonia, non pi lunico gestore dei servizi telefonici;

 

348. Al fine di dare uniformit e sistematicit alla normativa inerente il collocamento obbligatorio dei non vedenti, si rappresenta, inoltre, lopportunit di interventi analoghi anche sulla legge 21.07.61, n. 686, che disciplina il collocamento dei massaggiatori e massofisioterapisti ciechi.

 

Stato di avanzamento delle leggi regionali per lapplicazione della legge 12.3.99, n.68 recante Norme sul diritto al lavoro dei disabili

 

349. La nuova riforma sul diritto al lavoro dei disabili, oltre a delineare un quadro di riferimento legislativo innovativo e diversificato rispetto al precedente, ha previsto, considerato anche quanto disposto dal D.L.vo 469/97 in materia di decentramento amministrativo, lintervento delle amministrazioni regionali per lapprontamento delle nuove strutture istituzionali locali deputate alla gestione del collocamento mirato.

 

350. A tale riguardo, questa Amministrazione svolge una costante attivit di monitoraggio (di cui alla tabella riassuntiva di seguito riportata), sullo stato di avanzamento delle disposizioni legislative di competenza regionale che gli organi istituzionali regionali e provinciali sono chiamati ad emanare in applicazione della legge 68/99.

 

 

Le risorse nazionali e locali

 

351. Se nel corso del periodo 1995-1999 la spesa sociale cresciuta di circa un punto percentuale rispetto al PIL, con un leggero aumento percentuale medio per quanto attiene alle pensioni ed un aumento leggermente maggiore per la sanit, la spesa per lassistenza, dopo un periodo di relativa stasi nel corso dello scorso decennio, ha fatto segnare un incremento evidente nel corso del biennio 2000-2002. Al suo interno, la spesa per lassistenza ha fatto segnare alcuni importanti cambiamenti; infatti, di fronte ad una diminuzione dei trasferimenti monetari, si assiste ad una riqualificazione delle voci di spesa pi strettamente assistenziali. Questi ultimi sono destinati ulteriormente a salire in seguito allentrata in vigore della legge quadro per lassistenza.

 

352. A partire dal 1996, la spesa complessiva mostra rispetto a PIL un trend sostanzialmente stabile per ciascuno dei tre settori considerati (sanit, previdenza, assistenza) e si situa a livello di alcuni punti inferiore alla media UE.

 

353. La quota prevalente assorbita dalla previdenza che rappresenta il 70 % dellintero complesso per effetto dei trattamenti pensionistici che determinano la quasi totalit dellonere previdenziale.

 

354. Tale composizione rappresenta la pi evidente anomalia del sistema italiano di protezione sociale che risulta nettamente sbilanciato verso la spesa pensionistica a scapito di quella assistenziale (aiuto alle famiglie e agli anziani, sostegno al reddito, politiche abitative, politiche d inclusione sociale).

 

355. In relazione alla spesa per lassistenza, pur rimanendo pressoch invariata la sua incidenza nel corso del quinquennio essa presenta alcune modifiche nella sua composizione.

 

356. Ci dovuto in primo luogo allaumento dellimporto dellassegno e della pensione sociale destinati ai cittadini italiani residenti, ultrasessantacinquenni, sprovvisti di reddito e, in seconda istanza, alla progressiva entrata a regime - a partire dal 1999 - di una serie di forme di intervento che riguardano il Fondo per linfanzia e ladolescenza, il reddito minimo di inserimento, lassegno di maternit , lassegno alle famiglie con tre minori a carico, mentre si assiste alla diminuzione del peso dei trasferimenti monetari costituiti dalla pensioni di guerra e di quelle erogate a favore degli invalidi civili (nel 1996 pari al 66% della spesa assistenziale) e si registra una contemporanea dotazione di voci finanziarie di spesa che qualificano meglio la destinazione a fini assistenziali. In prospettiva questo aumento dovrebbe ampliarsi ulteriormente a seguito della entrata a regime dei congedi parentali e degli effetti della entrata a regime della legge sulla assistenza (legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.).

 

357. Rimane pressoch stabile la spesa per lassistenza a carico degli enti locali erogata non sotto forma di trasferimenti monetari ma in termini di fornitura di servizi, destinati in gran parte alla infanzia e alla vecchiaia. A livello dei valori assoluti, la spesa totale per lassistenza si situava nel 2000 a circa 34000 miliardi di lire. Nel suo interno la somma gestita da trasferimenti a livello locale era di circa un quinto del totale, dovendo questa cifra essere interpretata per difetto in quanto ad essa si aggiungono dei contributi ad hoc da parte dei Comuni e delle Municipalit spesso iscritti sotto altre voci di spesa e di difficile quantificazione in maniera esatta.

 

358. La situazione a livello di interventi pro capite fa segnare un profondo disequilibrio tra le Regioni; ricerche puntuali hanno mostrato come a livello regionale e locale esista una sostanziale differenza nellintervento pro-capite che pu arrivare fino a valori dellordine di quattro volte tra alcune province del nord e particolari situazioni in alcune zone dellItalia meridionale. Questo dovuto in parte consistente ai margini di manovra a disposizione in alcune regioni del nord nellutilizzo delle risorse trasferite dallo Stato che vengono utilizzate sotto forma di prestazioni aggiuntive a particolari categorie di disagio (anziani dipendenti).

 

359. N, da un punto di vista della dinamica della spesa, gli squilibri di cui sopra hanno cessato di attenuarsi; infatti la dinamica della spesa sociale si sovente sviluppata in maniera pi sfavorevole alle Regioni e Province pi arretrate.

 

 

Le risorse del no profit

 

360. Ai trasferimenti ascritti ai bilanci pubblici occorre aggiungere altre consistenti famiglie di trasferimenti sotto forma monetaria e di trasferimenti in prestazioni equivalenti. Si tratta in particolare dei contributi delle fondazioni bancarie, delle donazioni e delle prestazioni offerte dal terzo settore.

 

361. Alcuni dati da questo punto di vista sono estremamente indicativi:

- il totale delle entrate delle organizzazioni di volontariato passato da 1.306 miliardi di lire nel 1997 a 1.840 miliardi nel 1999 (con una variazione positiva pari al 40,9%); si accentua il ricorso al finanziamento, sia esclusivo che prevalente, di fonte privata rispetto a quello pubblico (quasi il 60% di tali organizzazioni utilizzano questo tipo di entrate, mentre solo l8% si serve esclusivamente di trasferimenti di natura pubblica;

- una stima effettuata sulle donazioni a sostegno di iniziative socialmente utili e a favore delle organizzazioni di volontariato quantifica in circa 2.000 miliardi limporto complessivo di tale forma di trasferimento;

- in crescita anche il complesso dei trasferimenti che le fondazioni bancarie destinano a finanziare attivit socialmente utili e, in particolare, i centri di servizio per il volontariato.

 

362. Nel complesso non va sottovalutato lapporto complessivo del terzo settore: in base ad una recente ricerca le stime indicano un valore complessivo del terzo settore di occupati pari a circa 750.000 (3,5% del totale degli occupati, 5,1% sul totale degli occupati nei servizi per lanno 1998) ed un fatturato che si aggira intorno ai 75.000 miliardi, pari al 2,7% del PIL per lanno 1998.

 

363. Il complesso delle cifre precedenti introduce un nuovo modo di programmare le risorse finanziarie; diventa a questo punto fondamentale sperimentare meccanismi di Community Foundation che prevedono la destinazione di risorse di origine privata da negoziare in ambito locale di concerto tra i diversi attori pubblici e privati. La dimensione locale dovr risultare insieme loggetto ed il bacino degli interventi.

 

364. Occorre a questo punto importante citare il ruolo avuto in Italia dalle imprese sociali le quali sono state una leva attraverso la quale si ridisegnato il sistema di welfare in una logica di mobilitazione dei soggetti, nella valorizzazione delle loro competenze professionali e nella creazione di nuova attivit.

 

365. I gruppi del terzo settore possono efficacemente unirsi alle imprese per promuovere programmi sociali, definendo insieme un nuovo paradigma che preveda lo sviluppo di idee, tecnologie ed investimenti di lungo periodo.

 

366. Levoluzione recente della programmazione locale e regionale offre un terreno nuovo e promettente allo sviluppo delle autonomie funzionali anche nel settore sociale. In questi ultimi anni, emersa una richiesta di maggior autonomia decisionale fondato su un processo di modernizzazione complessiva del sistema; le autonomie funzionali consistono in organismi che sono preposti allo sviluppo di funzioni per le quali previsto in autonomia lesercizio di diverse competenze e lassunzione di nuovi compiti di valenza pubblica (es. fondazioni bancarie, nuove A.S.L, nuova autonomia scolastica).

 

 

Article 12

Salute fisica e mentale

 

367. Nel 1998, la spesa sanitaria pubblica procapite vede al primo posto il Trentino Alto Adige con 2 milioni e 350 mila lire e allultimo posto la Puglia con 1 milione e 712 mila lire.

 

368. I posti letto disponibili negli ospedali pubblici e nelle case di cura accreditate - pari, in totale, nel 1998, a 33453 - sono 5,4 per mille abitanti nelle regioni del Nord, 5,7 nel Centro e 4,9 nel Mezzogiorno.

 

 

Article 13

Education

 

Right to education

 

At the end of the 1990s basic education had become a reality for almost the totality of the Italian population. As a matter of fact, about 95 per cent of young children at pre‑primary school age today receive some type of education and care, and about 100 per cent of the 6- to 14‑year‑olds receive formal education in primary and lower secondary schools. This generalization of basic education is the main result of the education policy pursued during the past decades. During the late 1990s the policy on basic education had been focused on three main objectives, the most important of which was combating school failure, in particular the phenomenon of dropping out of schools.

As for young children aged 0 to 3 years, Law No. 285 of 28 August 1997 added to Asili Nido (nursery schools) new types of social‑educational services which can be organized and provided by the families themselves as well as by associations and private groups. Such initiatives benefit from a public financial support in the framework of a special National Fund for Childhood. By 2000 almost all 3-5‑year‑old children received a pre-primary school education or were in care setting (the proportion was 95.1 per cent in 1998), and the dropout rate at primary and lower secondary school level should be almost completely brought under control. In 1999, the compulsory school age was extended to 15 years, i.e. for a nine‑year period (Law No. 9 of 20 January 1999). At the same time a compulsory vocational training and apprenticeship attendance until the age of 18 was introduced for those who will not continue formal schooling after completing their compulsory education (Law No. 144 of 17 May 1999).

 

Improving the quality of education at all levels

 

This priority is pursued through a number of initiatives outlined below.

 

The reform of the school structure and curricula

 

The principle of the school autonomy has been stated by Law No. 59 of 5 March 1997, which gives legal status to every educational institution with didactic and organizational autonomy. This law has been put into effect with the regulations issued in March 1999. The main objective of the school autonomy is to allow for a greater flexibility and the adjustment of the school curricula to the actual needs of the community. In this framework the educational institutions interact with each other and with the local authorities and promote a closer link between the individual needs and potentials on the one hand and the national objectives of the educational system on the other.

A reform of the educational cycles approved in February 2000 by the former Parliament (a seven‑year basic education cycle followed by a five-year secondary school cycle) should be drastically changed by the new Government formed after the June 2001 elections. The new reform project will retain the old structure of five years of primary school and three years of lower secondary school, reducing from five to four the upper secondary school, and introducing at the age 14 years a compulsory choice between normal and vocational education.

 

A new scheme of teacher training

 

A new system of pre-primary and primary school teacher training has been established and implemented from the school year 1998/99 in pursuance of the President of the Republics Decree No. 471 of 31 July 1996 and the inter‑ministerial decree of 10 March 1997. Pre‑school and primary school teachers have to follow a specific four-year university course. The same legislation introduces a new principle also for secondary school teacher training, namely that future teachers must attend after obtaining their university degree in the discipline they wish to teach, a two‑year specialization, postgraduate course at the end of which they are awarded a diploma that will make them eligible to participate in open competitions for a post of fully fledged teacher in public schools.

A national programme called Centri Territoriali Permanenti (Standing Territorial Centres), which was launched in 1998, is aimed at giving adult illiterates the opportunity to acquire basic education as well as to improve their basic knowledge, skills and competencies.

 

Investment in education

 

During the 1990s, the Italian education system had been deeply affected by a number of factors, among which the demographic and economic development had a considerable influence on the education policy.

The impact on the school system of the decrease in the birth rate became clear during the 1990s during the 90s with a conspicuous decrease in the young population, in particular at pre-primary, primary and lower secondary school age. This trend is not yet over since the fertility rate continued to decrease during the decade, reaching 1.19 in 1999. The decrease in the school population is significant at all levels of education, particularly in compulsory primary education (-8.3 per cent from the school year 1990/91 to 1997/98) and lower secondary school (-20.1 per cent for the same period). Parallel to the decrease in the school population the number of the schools, classes and teachers has been reduced remarkably. The number of schools decreased by 14.7 per cent from 1990 to 1998, while the number of classes decreased by 16 per cent and the number of teachers by 6.6 per cent. As for schools, classes and teachers the gradua1 decrease in their numbers is also connected with the current policy defined by the Ministerial Decree of 24 July 1998, which aims at rationalizing the school network by grouping small schools, allowing for a higher classroom/pupils ratio, and reducing the number of teachers accordingly.

The public expenditure on education has been changing its structure during the current decade following the above‑mentioned changes observed in the school population. School construction, for instance, is one of the entries which virtually disappeared from the budget, replaced by restructuring and adjusting the existent buildings, renewing furniture and school equipment, providing ICT, enriching school libraries, etc. Finally a significant change is
taking place in the proportion of the expenditure on teaching and non-teaching staff and that for other current expenditure at primary and secondary school level (94.6 per cent for staff in 1992 against 5.4 per cent for other current expenditure while in 1998 it was 89 per cent and 11 per cent, respectively). This means that more resources have been allocated for non‑curricular activities like in-service training of teachers, experimentation, educational materials and equipment, etc.

As for textbooks, a Decree of the President of the Council of Ministers (27 August 1999) allocated 200 billion lire (about 100 million) for the school year 1999/2000 as a subsidy to poor families with an annual income of less than 30 million lire (about 15,000). This subsidy is aimed at helping poor families to buy textbooks for their children attending compulsory lower secondary school and the first year of upper secondary school (textbooks are normally provided free of charge for all children attending primary school).

 

Table 2

 

Bilancio dello stato Spesa pubblica per listruzione

(Bilanci consolidati 1990-1997)

 

Year

Public expenditure on education

National budget
(billions of lire)

Expenditure
as a percentage of GNP

1990

64 358 860

1 300 438 000

4.95

1994

78 650 613

1 621 445 000

4.85

1995

82 710 706

1 756 933 000

4.71

1996

90 148 554

1 896 022 000

4.75

1997

90 721 823

2 034 380 000

4.46

2000

63 015 741

-

-

            Source: MPI - Ufficio SISTAN.

 

The consolidated financial statements for 1998 and 1999 are not yet available, since the timescale required for the definitive recording of expenditure has not yet expired. The accounts for 2000 are not directly comparable with the data for the consolidated financial statements. One reason for this is a change in the way that the various items are calculated. However, the data show that spending on education is in absolute terms the highest item in the State budget, amounting to 8.72 per cent of the total and 46.7 per cent of the total central government budget (ministries), compared with 3.4 per cent and 18.22 per cent, respectively, for the Ministry of Defence, which comes next in quantitative terms.

Public spending on education also includes the resources allocated by the local authorities for education and training, as indicated in the following table.

 

Table 3

 

Public spending on education, 1993-1997
(in billions of lire)

 

Local administrations

1993

1994

1995

1996

1997

Regions and autonomous provinces

4 353.1

4 483.8

3 880.7

4 814.7

5 225.2

Provinces

3 162.1

3 298.1

3 223.9

3 251.3

3 789.7

Communes

12 618.0

13 024.4

13 045.2

13 268.0

15 071.8

            Total

20 133.2

20 806.3

20 149.8

21 334.0

24 086.7

            Source: Elaborazione MPI su Censis-Rapporto 1999.

 

 

Table 4

 

School population, by school level and sex

 

Schools

 

1990/91

1995/96

1997/98

1999/2000 (*)

Pre-primary schools

M/F

1 575 234

1 582 020

1 588 020

915 011

 

F

788 832

757 931

765 426

441 035

 

% F/M

48.8

47.9

48.2

48.2

Primary schools

M/F

3 069 767

2 816 128

2 820 919

2 570 064

 

F

1 493 325

1 360 754

1 362 504

1 241 341

 

% F/M

48.6

48.3

48.3

48.3

Secondary schools

M/F

2 261 569

1 901 208

1 809 059

1 686 408

 

F

1 072 024

901 207

855 685

797 671

 

% F/M

47.4

47.4

47.3

47.3

Higher secondary schools

M/F

2 856 328

2 693 328

2 597 449

2 419 409

 

F

1 426 347

1 343 578

1 290 932

1 202 446

 

% F/M

48.9

49.9

49.7

49.7

            Totals

M/F

9 762 898

8 993 220

8 815 447

7 590 892

 

F

4 760 528

4 363 470

4 274 547

3 682 493

 

% F/M

48.8

48.5

48.5

48.5

 

 

 

 

 

Insegnamento dei diritti umani nel sistema scolastico italiano

 

Informazione e pubblicizzazione

 

392. Le azioni intraprese dal Ministero della Pubblica Istruzione per informare e sensibilizzare il proprio universo di riferimento ( studenti e docenti) rispetto ai diritti contemplati dal Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, possono essere distinte, per comodit di analisi, in tre livelli. Nel periodo 1997-2000 lMPI ha infatti operato essenzialmente interventi di tipo:

 

    normativo

 

393. Vanno ricordati a questo proposito:

 

- Il DPR 24 giugno 1998, n. 249 - "Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria" - che, richiamando insieme i principi della Costituzione italiana e quelli della Convenzione internazionale sui diritti dellinfanzia, delinea il quadro dei diritti sociali e culturali dei giovani in formazione insistendo con particolare impegno sul rispetto e valorizzazione dellidentit di genere, sulla libert di espressione, di pensiero, di coscienza e di religione, sul rispetto reciproco di tutte le persone che la compongono, quale che sia la loro et e condizione, nel ripudio di ogni barriera ideologica, sociale e culturale. Lo studente ha diritto alla partecipazione attiva e responsabile alla vita della scuola e allinformazione sulle decisioni e sulle norme che ne regolano lattuazione.

Entro lo Statuto viene ribadito il rispetto delle diversit culturali e religiose degli studenti e delle comunit alle quali appartengono. La scuola promuove e favorisce iniziative volte all'accoglienza e alla tutela della lingua e cultura di origine e alla realizzazione della dimensione interculturale delleducazione.

           

- Parimenti, nellart. 44 del Regolamento (DPR 31.8.1999 n. 384) di attuazione della Legge 40/1998 sulla disciplina dellimmigrazione e sulla condizione degli stranieri in Italia, sono state esplicitate le norme applicative che regolano il diritto alleducazione per tutti, indigeni e stranieri, senza limitazioni di tipo amministrativo (non obbligatoriet del permesso di soggiorno n di certificazione ufficiale degli studi precedentemente compiuti, ecc.) e di tipo culturale e sociale, esplicitando altres lobbligo del rispetto dellidentit linguistica e religiosa e, nello stesso tempo, della facilitazione dei percorsi di integrazione.

 

    operativo - organizzativo

 

394. LMPI ha impostato un ampio intervento di diffusione fra i docenti delle tematiche dei diritti e della dimensione interculturale delleducazione, attraverso varie modalit operative.

 

395. Le principali di esse investono:

- linformazione generale sui temi del diritto alla cittadinanza, allidentit linguistica e religiosa, del pluralismo culturale, rivolta a tutto il personale docente della scuola italiana tramite un programma nazionale di formazione a distanza gestito in collaborazione con la RAI- Radiotelevisione italiana, che attualmente in fase di conclusione (cfr. C.M. n. 17 del 14.1.2000);

- lintroduzione di un programma nazionale specifico per laggiornamento degli insegnanti di materie letterarie e di lingua straniera ai temi alla mediazione culturale e linguistica e dellinsegnamento dellitaliano come lingua straniera (cfr. Contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale della scuola, art.19; Direttiva Ministeriale n. 210/99) a tutti i docenti;

- la pubblicazione - in concomitanza col cinquantesimo anniversario della Dichiarazione dei diritti umani - di un numero speciale della rivista ufficiale del MPI (Annali della Pubblica Istruzione, nn. 5-6 / 1999) dedicato al tema dei diritti, e distribuito in tutte le scuole italiane.

 

    didattico-culturale

 

396. Va ricordato che il MPI svolge istituzionalmente unattivit curricolare di informazione e formazione riguardante il tema dei diritti umani nei confronti di tutti gli alunni, in tutte le scuole di ordine e grado, attraverso il programma di Educazione Civica, che fa parte integrante dellinsegnamento dellarea disciplinare della Storia. In tale programma sono esplicitamente richiamati anche i diritti economici, sociali e culturali, attraverso la presentazione e linformazione sui principali accordi e convenzioni internazionali su questo argomento.

 

397. Il MPI, inoltre, sostiene unintensa attivit istituzionale:

- attraverso la costituzione di una Commissione ministeriale per leducazione interculturale che ha svolto attivit di ricerca, informazione e consulenza su tutte le azioni normative riguardanti i diritti; e parallelamente ha impostato una ampia attivit di diffusione, allinterno e allesterno del sistema scolastico, di tematiche centrali dei diritti umani (diritto di cittadinanza, diritto allo studio per tutti, studio e promozione di intese sui diritti religiosi, linguistici, ecc.);

- attraverso la promozione e il sostegno anche finanziario ai programmi transnazionali di cooperazione educativa ( programma Mediterraneo, programmi europei Socrates, Leonardo, Giovent per lEuropa, ecc.) orientati allinformazione e alla diffusione dei diritti culturali sia dei giovani che di tutti gli individui in condizioni di minorit, emarginazione, povert. ecc

 

398. Un ruolo strategico viene riconosciuto allinnovazione e alladeguamento dei sistemi di istruzione e di formazione non solo come fattori di sviluppo, crescita economica e di occupazione, ma anche come elementi centrali per contrastare le nuove forme di esclusione sociale.

 

399. Il Governo, considerando il miglioramento della qualit, larticolazione e lintegrazione dellofferta formativa tra i punti pi qualificanti della propria azione politica ed amministrativa, ha attuato, in questo campo una serie di iniziative ,che hanno consentito tra l'altro, di assolvere alla maggior parte degli impegni assunti con le Parti Sociali nel Patto del 22 dicembre del 1998.

 

Le riforme in corso

 

Formazione tecnico-professionale

 

400. In Italia il sistema di formazione dei quadri tecnici tradizionalmente si basato su due pilastri: la scuola superiore a indirizzo tecnico, e la formazione professionale gestita dalle Regioni. Nel 1999 stata introdotta unimportante riforma per ampliare e articolare il secondo pilastro: la formazione per quadri e tecnici a media e alta professionalit, attraverso lintegrazione tra istruzione, formazione e lavoro. Sono state cos poste le basi del Sistema dellistruzione e formazione tecnica superiore che punta a dare allItalia una rete per la formazione professionale paragonabile a quella degli altri paesi europei.

 

Formazione universitaria

 

401. Si definito un sistema di istruzione universitaria "europeo" diversificato che consente di migliorare l'efficienza del sistema, di ridurre notevolmente gli abbandoni, di sviluppare professionalit intermedie, spendibili sul mercato del lavoro, riducendo situazioni di disoccupazione giovanile.

 

402. Il decreto ministeriale 509/99 del Ministero dellUniversit e della Ricerca Scientifica e Tecnologica ha consentito di definire la nuova articolazione dei corsi universitari.

 

403. Il nuovo ordinamento andr a regime dallanno accademico 2001-2002, ma quasi tutte le universit hanno scelto di cominciare a sperimentarlo, soprattutto nelle Facolt pi professionalizzanti come Ingegneria ed Economia, a partire dallanno accademico 2000-2001.

Le priorita' del sistema educativo e formativo in funzione della

lotta all'esclusione.

 

404. Le politiche volte a realizzare percorsi guidati verso loccupazione e a orientare verso tale fine lo strumento della formazione si inseriscono in un contesto complessivo di profonde riforme che oggi intersecano il sistema dellistruzione, della formazione e del mercato del lavoro.

 

405. Il Governo ha stabilito tra le proprie priorit:

 

-       linnalzamento del livello e della qualit del titolo di studio, data la stretta connessione esistente fra questo elemento e la possibilit di trovare unoccupazione;

-       la riduzione dei divari esistenti tra i mercati del Centro-Nord e del mezzogiorno, considerato che una delle principali barriere alloccupazione deriva proprio dallarretramento e dal ritardo che interessa molte aree del Sud dellItalia;

-       linserimento professionale dei giovani e di coloro che hanno un alto rischio di esclusione dal mercato del lavoro come, ad esempio, i portatori di handicap, gli immigrati, le persone di una certa et privi della necessaria competenza professionale;

-       lampliamento delle possibilit offerte ai cittadini di tutte le et di accedere allistruzione e alla formazione;

-       la prevenzione e il recupero della dispersione scolastica;

-       la riduzione dellarea della marginalit sociale.

 

 

Formazione per minori ed adulti stranieri

 

406. La legge n. 40 del 6 marzo 1998 prevede la promozione di corsi di formazione, di corsi di lingua italiana per minori e adulti stranieri, corsi di alfabetizzazione per gli adulti stranieri, del conseguimento del titolo di studio della scuola dellobbligo.

 

407. Per gli immigrati si pu considerare gi un primo importante livello di formazione anche il mero apprendimento della lingua italiana e leducazione multiculturale.

 

Le azioni

 

408. Le nuove misure in tema di formazione si inseriscono in un quadro complessivo di politiche (volte a creare unofferta pi ampia di istruzione e formazione professionale, adeguata alle esigenze delle diverse fasi della vita e accessibile a tutti), realizzate mediante il coinvolgimento dei diversi livelli istituzionali e delle Parti Sociali, valorizzano:

-       nuovi percorsi integrati di formazione post obbligo e post diploma (IFTS) per formare figure professionali e tecniche in settori produttivi di beni e servizi ad elevata complessit tecnologia ed organizzativa;

-       lo sviluppo dell'apprendistato, considerato importante canale di qualificazione sul lavoro, estendendone anche il campo di applicazione, la durata e let (nel 2000si registra lavvio della formazione per 73.000 apprendisti per complessive 5000 iniziative formative);

 

409. Il Programma Operativo Nazionale predisposto dal Ministero delle Pubblica Istruzione per il periodo 2000-2006 individua fra le altre le seguenti misure :

- diagnosi individualizzata degli alunni in ingresso e ridefinizione delle mappe cognitive in connessione alle esperienze specifiche dei soggetti in relazione ai contesti familiari ed ambientali;

- percorsi aggiuntivi attraverso modalit e tempi non istituzionali (esperienze integrate scuola/ formazione);

- percorsi aggiuntivi attraverso modalit e tempi non istituzionali (esperienze extrascolastiche, attivit laboratoriali, incentivi per mense, trasporti);

- attivit di counselling personalizzato, per orientare i percorsi scolastici e formativi e facilitare lingresso nella vita attiva, percorsi integrati scuola/formazione;

- il ricorso su vasta scala a stages e tirocini;

- attivit di sensibilizzazione e coinvolgimento del contesto scolastico e delle famiglie,

- introduzione di crediti formativi;

- sviluppo di infrastrutture di supporto.

 

Infrastrutture di supporto

 

410. Realizzare e potenziare le infrastrutture di supporto la premessa per favorire una maggiore integrazione sociale e supportare qualsiasi iniziativa volta a prevenire e ridurre la dispersione scolastica. Diventa cos essenziale rafforzare gli interventi finalizzati a costituire infrastrutture per sostenere lorientamento formativo dei giovani come i Centri risorse contro la dispersione scolastica (ad esempio: laboratori di orientamento scientifico-tecnologico, di analisi dellambiente, di simulazione dei processi produttivi, strutture di approfondimento linguistico, espressivo) e i Centri risorse per linclusione e lintegrazione sociale in aree periferiche (in particolare: botteghe scuola per lartigianato, sistemi di collegamento informatico e telematico, strutture leggere per il gioco e la socializzazione).

 

 

Article 15

Cultural life

 

411. Le attivit culturali in senso stretto sono gestite in Italia dal Ministero dei beni culturali e ambientali e, in parte, dalle strutture pubbliche territoriali (Assessorati alla Cultura di Regioni e Enti Locali). Esse tuttavia riguardano soltanto una parte limitata della vastissima gamma di iniziative, interventi e finanziamenti gestiti o coordinate da altre istanze delle Amministrazioni centrali o territoriali e che non risultano in quanto attribuite ad altri comparti di spesa (Diritto allo studio, interventi edilizi e urbanistici, finanziamenti per attivit teatrali, musicali ecc. legate a specifici avvenimenti, finanziamenti per studi e ricerche e per la pubblicazione di libri e periodici, ecc. ecc.) .

 

412. Il Ministero dei beni culturali ha quasi raddoppiato nel corso degli ultimi due anni le risorse complessive disponibili , passando dai 2.600 miliardi del 1998 e 1999 ai 4.800 miliardi del 2000. A queste cifre vanno aggiunte le risorse mese a disposizione dellAsse Risorse Culturali dal Piano di Sviluppo del Mezzogiorno, cofinanziato per il 50% dal FSE e per il 50% dal Fondo di rotazione nazionale, per complessivi 5.200 miliardi in sette anni.

 

413. I dati a disposizione circa la spesa per attivit culturali delle Regioni indicano un andamento lievemente decrescente sino al 1995 ed una successiva ripresa negli ultimi anni.

 

414. Tra le iniziative pi significative assunte dalla amministrazione pubblica nel corso del periodo 1996-2000, va segnalata la riorganizzazione radicale della gestione del patrimonio museale, con il prolungamento degli orari di apertura anche alle ore notturne e nei giorni festivi; con la riorganizzazione e lammodernamento delle strutture di custodia, supporto, ristoro, informazione, prenotazione, ecc.; con ladeguamento del costo dei biglietti di ingresso; con la promozione della fruizione dei giovani e degli anziani.

 

415. I dati della fruizione dei musei pubblici sono i seguenti :

 

416. Un dato significativo appare, in linea generale, quello dellandamento della spesa delle famiglie per attivit ricreative e culturali negli ultimi anni :

Table 5

Spending on cultural activities by the regions, 1993-1997
(in billions of lire)

1993

1994

1995

1996

1997

1 564

1 474.2

1 145.6

1 425.4

1 570.2

The most significant government initiatives in 1996-2000 include the radical overhaul of the museum management system, with an extension of opening hours (including night-time and holiday opening); the reorganization and modernization of storage, catering, information, support and booking facilities; and changes in the cost of entrance tickets with discounts for young and elderly people.

The following table contains data on museum attendance:

Table 6

Museum attendance


Year

Total number of visitors

% with reference to previous year

Paying visitors

% with reference to previous year

1990

25 737 239

-

8 881 242

-

1994

23 790 876

-

9 785 688

-

1995

24 717 807

3.90

10 587 348

8.19

1996

25 167 106

2.10

11 366 184

7.36

1997

25 709 397

5.99

12 003 158

5.60

1998

27 729 369

7.28

13 871 465

15.57

            Source: Min-Beni Culturali e Ambientali, March 2000.

 

One significant indicator is the trend in household spending on recreational and cultural activities in recent years, reflected in the following table:

 

Table 7

 

Spending on recreational and cultural activities

 

Class of expenditure

1992

1995

1996

1997

1998

1999

% increase 1999/1992

Food

156 975

190 580

186 966

185 009

185 699

187 156

16.13

Dresses and shoes

83 786

101 301

102 206

102 306

104 636

106 269

21.16

Home energy/power

121 715

201 163

206 887

210 572

209 874

211 222

42.38

Furniture, etc.

79 394

97 769

101 828

102 436

104 790

105 910

25.04

Transports and
communications

100 120

147 675

152 330

154 384

171 853

178 569

43.93

Health

56 328

30 076

33 496

33 681

34 897

34 965

-61.10

Leisure and culture

74 694

86 645

88 561

90 772

93 559

94 466

20.93

Hotels and public
services

80 573

90 779

93 136

94 389

95 314

97 019

16.95

Other goods and services

64 343

77 842

81 126

78 628

78 976

82 845

22.33

 

 

 

 

Accesso alle attivit culturali dei giovani, degli anziani e dei disabili

Il dato ufficiale disponibile quello dellaccesso ai Musei pubblici. Da esso risulta un costante incremento della fruizione da parte di studenti minori e di anziani con et superiore a 60 anni, che sono i beneficiari principali dellingresso gratuito.

 

Table 8

 

Number of non-paying visitors

(young people, the elderly and the disabled)
to public museums and galleries, 1994-1998

 

Year

%
Previous year

Non-paying visitors

 

1994

-

15 761 654

1995

13.77

17 386 164

1996

9.56

18 440 408

1997

12.64

20 101 154

1998

0.64

22 022 650

            Source: Min. Beni Culturali e Ambientali.

Notes

 

 



[i] In the Italian obligatory system, prior to the reforms, workers in the private sectors could be entitled to seniority pensions after 35 years of contribution, at any age. For categories of public sector, the number of years of contribution required was much lower.

[ii] Budget law for 2002 has increased to 6,710 the yearly benefit of beneficiaries over 70 years of age.

[iii] With the State Budgetary Law 2000 (No. 388/2000) the additional provision has been increased by 12.91 per month for people under 75 years of age and by 20.66 for those aged 75 years and over.

[iv] An additional provision for the social allowance equivalent to that of social pension has been introduced by the State Budgetary Law 2000.

[v] D.L. 237/98 specified that in selecting the municipalities the following factors must be taken into account: (a) poverty levels; (b) variance of economic, demographic and social conditions; (c) variety of existing social assistance measures in each municipality; (d) adequate territorial distribution of the municipalities taking part in the experiment; and (e) willingness of the municipality to participate.

[vi] The research centres are: Istituto per la Ricerca sociale (IRS) of Milan, Centro Studi e Formazione sociale Fondazione Emanuela Zancan of Padua and Centro di ricerche e studi sui problemi del Lavoro, dellEconomia e dello Sviluppo (CLES) of Rome.

[vii] During the nineties new policies for local development were created in Italy: the so‑called territorial pacts. Such policy measures are aimed at the creation of a specific local policy network, built by social partners, local institutions and associations. The policy network is in charge of identifying a set of development goals (in particular, the creation of new jobs through the funding of innovative business initiatives) which are implemented within the frame of a Patto territoriale by one or more of the local public institutions (usually municipalities or provinces). The bottom-up approach underlying these policies is particularly innovative with respect to the former Italian local development policies.

[viii] Piano Nazionale degli Interventi e dei Servizi Sociali 2001-2003.

[ix] The Social Inclusion process, an application of the open method of coordination to the fight against poverty and social exclusion, consists of two parts. One is a multi-year action programme designed to encourage cooperation between member States to combat social exclusion. The other is a process involving the submission, every two years, of National Action Plans on the part of member States and their assessment by the Commission and the Social Protection Committee, which produces a joint report of the Council and the Commission. The five-year action programme started on 1 January 2002 and will last until 31 December 2006, with a budget of 75 million for the whole period. The first round of the process started in June 2001, when the first Naps/incl, setting out national strategies for the period 2001-2003, were presented. The first joint inclusion report was issued in December 2001. The whole process is guided by the objectives in the fight against poverty and social exclusion approved by the European Council in Nice, in December 2000. These objectives are:

            (a)        To facilitate participation in employment and access by all to the resources, rights, goods and services;

            (b)       To prevent the risk of exclusion;

            (c)         To help the most vulnerable;

            (d)       To mobilize all the relevant bodies.

[x] The Health Care Plan, for example, makes specific reference, in one of its objectives, to strengthen the protection of weak individuals and does so by introducing measures directed at categories of individuals typically at risk of being socially excluded: immigrants, drug addicts, individuals affected by mental illness, the elderly and individuals in the terminal phase of their life.

[xi] Law 328/2000 establishes that the Government must prepare a National Plan of Social Interventions and Services every three years. The Plan determines, amongst other things, the priorities, project objectives and indicators that measure levels of social integration.

[xii] Draft Joint Report on Social Inclusion (CEC 2001), p. 22.

[xiii] The measure was actually introduced at the end of December 1998 (Law No. 448 of 23 December 1998), and started to be applied in 1999.

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