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04.07.2004
L’Odissea (e i misteri) della Cap Anamur
di Roberto Monteforte

 Un ricorso in via cautelare alla Corte Europea dei diritti Umani di Strasburgo contro il governo italiano perché «non consente il diritto di attracco alla “Cap Anamur”», la nave dell’associazione umanitaria tedesca con a bordo 36 profughi sudanesi e uno della Sierra Leone, «bloccata» in acque internazionali a 17 miglia da Porto Empedocle. Questa è la decisione del «Comitato Cap Anamur» formato da diverse associazioni umanitarie costituitosi per assicurare il diritto d’asilo ai profughi sudanesi. Lo annuncia l’avvocato Fulvio Vassallo del comitato appena costituito. Un passo per sbloccare una situazione che è drammaticamente in stallo. Il diritto d’asilo, che pure la legge Bossi- Fini prevede, in realtà è solo un «diritto di carta», che è ben difficile esercitare. Lo si vede anche in questo caso.

Tutto è fermo a Porto Empedocle. Solo un forte maestrale spinge la «Cap Anamur» alla deriva. Mezzi della Capitaneria di Porto e della Guardia di Finanza sorvegliano la situazione, attenti che non entri in acque territoriali italiane. Il divieto di attracco nel porto siciliano, «deciso da Roma», è ferreo. Si vuole impedire lo sbarco dei «clandestini» e poco importa che molti siano provenienti dal Dafur, la regione del Sudan dove per le stesse Nazioni Unite si sta consumando una immane tragedia umanitaria. Poco importa che i 37 africani abbiano intenzione di chiedere asilo politico al nostro paese. Questo malgrado il comandante della nave tedesca, in navigazione per «testare» il motore dopo alcune riparazioni avvenute proprio a Malta, assicuri di aver prestato soccorso ai «profughi» su di un gommone in difficoltà provenente dalle coste libiche a 100 miglia da Lampedusa e a 180 miglia da Malta. È avvenuto tra le ore 19 e le 20 del 20 giugno. Una circostanza che assicura di poter dimostrare con facilità. Basta consultare il libro di bordo e il computer che registra le diverse fasi della navigazione. Un’operazione che l’equipaggio tedesco assicura essere stata registrata anche dalle autorità italiane. È un fatto però che il comandante ha atteso sino al 25 giugno comunicare all’armatore la situazione, per richiedere alle autorità italiane il permesso di attraversare le acque italiane informandole del suo «carico umanitario».

«Una cosa anomala» rileva il comandante della Capitaneria di Porto Empedocle, Giuseppe Rando «Non serve alcun permesso per attraversare le acque territoriali». E da qui le ricostruzioni divergono. Le autorità portuali non ci vedono chiaro. In un primo tempo autorizzano la nave tedesca a fare rotta verso Lampedusa, ma il comandante del natante fa notare che la «Cap Anamur», per la sua stazza, non può attraccare. La capitaneria propone di evitare l’attracco: i profughi (considerati «clandestini») sarebbero stati trasbordati su mezzi della Capitaneria e portati ai centri di accoglienza dell’isola. Dalla «Cap Anamur» viene rinnovata la richiesta di fare rotta verso Porto Empedocle. Siamo al 1° luglio. Secondo l’equipaggio tedesco alle ore 8 sarebbe arrivato il disco verde da parte della Capitaneria di Porto di Palermo. Era pronta anche una «pilotina» per facilitare le operazioni di attracco. Ma alle ore 11,20 una motovedetta della Guardia Costiera blocca la nave e notifica l’assoluto divieto d’accesso nelle acque territoriali italiane. Un divieto confermato alle 11,45 dal subagente dell’armatore a Porto Empedocle: «Sono ordini che vengono direttamente da Roma».

Intanto le autorità italiane negano che sia stata formalizzata alcuna richiesta di attracco a Porto Empedocle. Poi, nella ricostruzione dei fatti, si dicono sicuri che l’«operazione salvataggio» sia avvenuta in acque maltesi e quindi a Malta intendono dirottare il «carico umanitario». Come se le persone fossero cose.

«L’operazione umanitaria prevede che si faccia immediatamente rotta verso il porto più vicino e che lì si facciano sbarcare le persone assistite» ricorda il responsabile della Capitaneria di Porto Empedocle, deciso a far rispettare tassativamente gli ordini di Roma. Assicura che le condizioni dei 37 africani «ospiti» della nave «umanitaria» sono buone. «La nave è attrezzata ad ospitarli». E poi commenta «si tratta di clandestini». «Che differenza c’è tra questi 37 e tutti gli altri che in questi anni sono sbarcati sulle nostro coste? Tutti provenivano da zone difficili...». C’è sospetto verso l’operazione della «nave umanitaria». «Perché si è atteso sino al 25 giugno per dare notizia dell’intervento?». Si attendono gli sviluppi della situazione. Il comandante della nave tedesca è deciso a non muoversi. Se non a Porto Empedocle o in un porto italiano dove potrebbe sbarcare il suo carico di profughi? Teme di trovare ovunque porti chiusi. Anche a Malta.

La palla è a Roma. E sembra contare poco che il diritto d’asilo previsto anche se in modo del tutto insufficiente dalla legge Bossi- Fini, non possa essere esercitato. Lo denunciano Medici senza Frontiere, l’Arci, Lega Ambiente, Emergency ed altre associazioni umanitarie.
Medici senza Frontiere ricorda il caso di una decina di sudanesi sbarcati a Lampedusa che immediatamente trasportati al centro di accoglienza di Crotone, senza alcuna informazione si sono visti sottoporre un foglio da firmare. Pensavano fosse la richiesta di asilo politico, era invece il foglio di espulsione.

«L’asilo è un diritto di carta» commenta padre Francesco De Luccia, il direttore del Centro Astalli, servizio dei Gesuiti per i rifugiati in Italia. «Non è assicurata informazione. Manca una legge che regoli procedure e assistenza per chi chiede asilo. Le attese per avere risposte sono impossibili, arrivano a quindici mesi di attesa nei quali il rifugiato non può neanche lavorare». E conclude «Quelle 37 persone vanno accolte».
È sicuro che tra loro ve ne sono alcuni che scappano dal massacro del Darfur. Sono sotto shoc per le violenze che hanno subito. Ora al Ministero degli Interni viene chiesto di concedere alla Cap Anamur il permesso di attraccare a Porto Empedocle. Un invito al «pragmatismo umanitario» per consentire di percorre quelle 17 miglia che vogliono dire la fine di una tragedia per 37 persone.




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