Secondo
quanto dichiarato dal suo comandante e da Elias Birdel, coordinatore
dell'organizzazione tedesca Cap Anamur, il 20 giugno scorso la nave Cap Anamur
ha soccorso 37 profughi sudanesi al largo delle coste libiche, in acque
internazionali, mentre si trovavano su un gommone in evidente pericolo di
affondamento per lo sgonfiamento dei tubolari. Sempre secondo la stessa fonte,
la nave mentre era in avvicinamento verso le coste siciliane prestava
assistenza ad una seconda imbarcazione carica di 11 profughi somali. Questa
seconda imbarcazione, seppure in difficoltĂ, comunicava la propria intenzione
di proseguire verso Malta. A causa delle pessime condizioni dell'imbarcazione
carica di somali, la Cap Anamur la scortava lentamente sino al limite delle
acque territoriali maltesi, riprendendo quindi la rotta verso la Sicilia.
Giunti
in prossimitĂ del porto siciliano di Porto Empedocle, perchÚ a causa delle
dimensioni della nave non era stato possibile entrare in altri porti pi˙ vicini
come Lampedusa, il comandante -ancora in acque internazionali- chiedeva
autorizzazione per fare ingresso nel porto suddetto ed ormeggiarsi. Tale
richiesta era associata alla richiesta che fosse fornita, dalle competenti
autoritĂ italiane, garanzia che i 37 sudanesi imbarcati sulla nave, in
prevalenza provenienti dalla martoriata regione del Darfur, fossero ammessi ,
una volta giunti in Italia, alla procedura di asilo. Per molti giorni la Cap
Anamur ha atteso una risposta positiva da parte delle autoritĂ italiane, senza
che la notizia dei fatti raggiungesse le fonti di informazione.
Le
autoritĂ italiane rispondevano invece che la nave avrebbe dovuto fare rotta
verso Malta, in quanto durante il tentativo di assistenza della seconda
imbarcazione, e comunque dopo avere preso a bordo i profughi sudanesi, sarebbe
rientrata nelle acque territoriali maltesi, adducendo quindi che, secondo la
Convenzione di Dublino, recentemente modificata con regolamento n.343 del 2003,
Malta, entrata dal 1 maggio di questo anno nell'Unione Europea, avrebbe dovuto
essere il paese competente per l'esame delle domande di asilo. Veniva affermato
inoltre che, in caso di un eventuale arrivo dei profughi in Italia, questi
sarebbero stati immediatamente riaccompagnati a Malta.
Sulla
base di questa posizione le autoritĂ italiane negavano alla nave Cap Anamur, il
diritto di ingresso nel porto di Porto Empedocle ( provincia di Agrigento), e
tale divieto veniva ribadito nella giornata di giovedă 1 luglio alla
rappresentante delle Associazioni EMERGENCY recatasi a Porto Empedocle, per chiedere l'autorizzazione dell'ingresso della nave in
porto e l'ammissione dei profughi sudanesi alla procedura di asilo.
La
nave Cap Anamur a partire dal suo avvicinamento al limite delle acque territoriali
italiane, ad oltre 12 miglia dalla costa, ancora nella cd. "zona
contigua", zona contrassegnata in Italia ( che non la ancora istituita) da
uno status giuridico del tutto incerto, veniva quindi fatta oggetto di
ispezioni e visite da parte di operatori di polizia armati, alcuni- per quanto
risulta- dotati di cappucci e di
armi. E questo anche se la nave si
trovava ancora in acque internazionali,
come dichiarato dal giornalista tedesco Martin Hilbert nell'articolo
comparso sul giornale L'UnitĂ del 4 luglio 2004. La nave rimaneva comunque
costantemente monitorata da mezzi navali della Marina militare e di altre forze
di polizia.
Solo
nel giorno di venerdă 2 luglio una imbarcazione privata noleggiata dalle
organizzazioni umanitarie EMERGENCY ed ICS raggiungeva la Cap Anamur portando generi di prima
necessitĂ e accompagnando dalla nave a terra cinque giornalisti tedeschi che
venivano quindi sbarcati a Porto Empedocle.
Sempre
nella serata del 2 luglio due rappresentanti di MSF venivano autorizzati a salire
sulla nave ferma ai limiti delle acque internazionali, e riscontravano la
volontĂ di profughi di chiedere asilo in Italia.