N. 100220/2004 R. V.
Il Giudice monocratico,
sentiti il legale di parte ricorrente ed il
rappresentante dell' Amministrazione;
a scioglimento della riserva di cui al verbale che
precede;
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Con ricorso in data 10.1.2004, il cittadino
ecuadoriano, signor Hugo Cesar Laniz
Rodriguez, ha chiesto a questo Tribunale l'accertamento
dell'illegittimit del decreto di espulsione emesso nei suoi confronti, in data
17.11.2003, dal Prefetto di Genova, nonch di ogni atto ad esso collegato, e
conseguentemente la declaratoria di nullit del suddetto decreto. Dopo avere
premesso che gli era stato contestata l'omessa richiesta del permesso di
soggiorno entro gli otto giorni lavorativi dall'ingresso in Italia, si doleva
innanzi tutto il ricorrente dell'erroneit dei presupposti in fatto posti a
base del decreto impugnato (non essendo egli privo di residenza in Italia), e
della circostanza che nessuna prova era stata fornita dall'autorit
amministrativa (in ordine al momento del suo ingresso in Italia) se non il
richiamo a quanto da lui asseritamente dichiarato, "senza l'ausilio di un
interprete".
Sul punto
il difensore evidenziava il fatto che il proprio rappresentato non era in grado
di parlare e di scrivere la lingua italiana, da cui la recisa contestazione
delle dichiarazioni scritte che a lui venivano attribuite, definite "
prive di supporto ed inveritiere". Secondo quanto sostenuto in ricorso
l'unico dato certo emerso dalla visione del suo passaporto era l'ingresso negli
Stati Uniti in data 20.5.2003, mentre nessuna attestazione vi era in ordine al
suo ingresso in Area Schengen. In realt, a dire dello straniero, solo da pochi
giorni egli si trovava in visita presso la propria madre, regolarmente
residente in Italia, avendo nella propria disponibilit un'abitazione in cui
essa convive con i propri figli (fratelli del ricorrente). In secondo luogo la
difesa del ricorrente lamentava l'omessa comunicazione dell'avvio del
procedimento amministrativo di espulsione, in violazione del principio di
carattere generale di cui all'art. 7 della legge n. 241/1990, non ricorrendo le
esigenze di celerit affermate dall'amministrazione e non avendo, per le
ragioni indicate, lo straniero alcuna ragione di rendersi irreperibile. Infine
il ricorrente affermava che il decreto opposto avrebbe violato le norme in
materia di unit famigliare (artt. 29 e 30 della Costituzione, l'art. 8 della
legge 4 agosto 1955, n.848 e l'art. 13 della Convenzione OIL del 24 giugno
1975, n. 143, ratificata in Italia con legge 10 aprile 1981, n.158). Secondo le
argomentazioni esposte i diritti della famiglia come societ naturale fondata
sul matrimonio, ed in particolare quelli di mantenere, istruire, educare i
figli, non potevano considerarsi cessati con la maggiore et, con la precisazione
che nella specie sarebbe stato violato il diritto alla vita familiare del
ricorrente e, segnatamente, al mantenimento della relazione con la madre ed i
fratelli, in una situazione in cui la misura dell'espulsione non trovava
giustificazione nei superiori interessi pubblici (ad es. la sicurezza
nazionale, il benessere economico del paese, la difesa dell'ordine pubblico, la
prevenzione dei reati, la tutela della salute o della morale,...).
Nel corso della presente procedura l'Amministrazione
versava in atti il contestato modulo plurilingue, apparentemente sottoscritto
dal ricorrente in data 16.11.2003, ove la data dell'ingresso in Italia veniva
individuata nel 21.5.2003.
All'esito della prima udienza questo giudice disponeva
la sospensione, in via cautelare, dell'efficacia esecutiva del decreto di
espulsione impugnato, ed invitava il difensore del ricorrente a documentare
l'inserimento del ricorrente presso la famiglia d'origine, la regolarit della
presenza in Italia dei suoi congiunti, e lo svolgimento di attivit lavorativa,
o la frequentazione della scuola, da parte dei parenti presenti in Italia.
Successivamente lo stesso difensore veniva autorizzato a depositare una memoria
al fine di meglio approfondire la questione di costituzionalit prospettata con
il ricorso introduttivo.
All'udienza del 26.4.2004 il difensore del ricorrente
insisteva, in principalit, per l'accoglimento del ricorso, in subordine
affinch fosse sollevata la questione di costituzionalit dell'art. 29, comma
1, del D. Leg.vo 286/1998, nonch dell'art. 19, comma 2, dello stesso testo
normativo atteso il contrasto con gli artt. 2,3.10,29,30 Cost., quanto alla
prima norma in quanto essa non prevede siano ricongiungibili i figli
maggiorenni a carico, se non nel caso in cui essi non siano in grado di
provvedere al proprio mantenimento per ragioni di salute, e in ordine alla
seconda norma, in quanto essa non prevede il divieto di espulsione anche degli
stranieri titolari di un diritto all'unit familiare, conviventi con parenti
regolarmente soggiornati con i quali potrebbero essere ricongiunti. Il
rappresentante dell'
Amministrazione concludeva, invece, per la reiezione del ricorso stante
l'irregolarit della posizione dello straniero sul territorio nazionale.
Venendo al merito della decisione rileva questo
giudicante che il primo motivo del ricorso, inerente alla mancanza di prova
circa il momento dell'ingresso in Italia dello straniero, non appare fondato.
Ed infatti, premesso che il ricorrente non ha disconosciuto la firma da lui apposta
sul modulo plurilingue della Questura di Genova (c.d. dichiarazione d'identit
personale) versato in atti dell'amministrazione, in relazione alla compilazione
dello stesso non si pone un problema di comprensione o meno della lingua
italiana, in quanto il modulo in questione contiene anche la traduzione in
lingua spagnola dell'informazione che viene richiesta a chi chiamato a
compilarlo. Non vi pertanto motivo di dubitare della veridicit di quanto
affermato dal signor Laniz Rodriguez nel punto in cui egli ha dichiarato di
essere entrato nel nostro paese il 21.5.2003. Ci comporta l'essere pienamente
integrata la fattispecie di cui all'art.13,2 comma, lett. b) del D. Leg.vo n. 286/1998, relativa al
fatto di essersi lo straniero trattenuto nel territorio dello Stato senza avere
richiesto il permesso di soggiorno nel termine previsto (otto giorni lavorativi
dall'ingresso, ai sensi dell'art. 5, comma 2, del citato testo normativo). In
ordine all'ipotesi di un ritardo dovuto alla forza maggiore il ricorrente non
solo non ha offerto alcuna prova in tal senso, ma neppure ha fatto cenno a tale
problematica.
Quanto al secondo motivo del ricorso, vale a dire il
mancato avviso dell'avvio della procedura di cui il ricorrente si duole, la
giurisprudenza di questo Ufficio consolidata nel senso che, a fronte del
nuovo quadro normativo determinato dall'entrata in vigore della legge
n.189/2002, l'avvenuta tipizzazione delle ipotesi di espulsione amministrativa
dello straniero esclude l'esercizio di poter discrezionale da parte dell'Autorit competente, la
quale infatti, accertata la ricorrenza di una delle ipotesi previste dalla
legge, tenuta alla automatica emissione del decreto di espulsione, senza
necessit di ulteriori indagini volte a verificare caso per caso la sussistenza
di ulteriori circostanze. In sostanza, proprio in ragione del carattere
obbligatorio e vincolato sopra delineato del provvedimento di espulsione,
previsto ai sensi dell'art. 13,2 e 3 comma, della c.d. legge Bossi - fini,
l'amministrazione pu dirsi esonerata dall'obbligo di cui all'art. 7 della
legge 241/1990, fermo restando la possibilit di differire il pieno
contraddittorio tra l'organo che emette il provvedimento e chi ne
destinatario nel giudizio avanti al giudice ordinario.
Devono a questo punto essere affrontati i profili di
incostituzionalit della normativa in materia di stranieri evidenziati dal
difensore del ricorrente che, sia pure in via subordinata, ha posto al
giudicante, come si anticipato, una serie di questioni inerenti al presunto
contrasto del provvedimento impugnato con il diritto all'unit della famiglia.
Al fine di una migliore comprensione di tali aspetti appare preliminare dare
atto delle risultanze di fatto emerse nel corso della presente procedura per
quanto concerne il nucleo parentale di riferimento del Laniz Rodriguez.
Risultano essere presenti sul territorio nazionale la madre del ricorrente,
signora Delia Mariana Rodriguez Perez, collaboratrice domestica, munita di
regolare permesso di soggiorno, titolare di contratto di locazione ad uso
abitativo in Genova, il fratello Christian Alberto, diciottenne, pure munito di
permesso di soggiorno, e titolare di una ditta individuale di ponteggi, la
sorella Fanny, che frequenta la scuola elementare Ghersi di Pontedecimo,ed
indicata come "persona a carico convivente sul permesso di soggiorno
della madre. In definitiva il ricorrente un giovane ecuadoregno, che all'et
di soli 21 anni ha raggiunto in Italia i suoi familiari, evidentemente nella
speranza di potere ricostituire nel nostro paese l'unita del nucleo
parentale esistente nella nazione
di origine. Per completezza il caso di aggiungere che appare fuori
discussione lo stato di dipendenza, anche economica, del ricorrente dal suo
nucleo familiare, atteso che non risulta svolge reattivit lavorativa e, in
quanto irregolare in Italia, egli non pu aspirare a lavori regolari.
Tutto ci precisato in linea di fatto, va ricordato in
punto di diritto il contenuto dell'art.2 del D.Leg.vo n.286/1998 il quale
prevede che allo straniero "comunque presente sul territorio dello
Stato" sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana
previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in
vigore, e dai principi di diritto internazionale generalmente
riconosciuti". Non pu essere poi contestato il fatto che tra i diritti
fondamentali della persona,riconosciuti dall'art. 2 della Carta costituzionale,
rientri a pieno titolo "il diritto all'unit familiare". Lo stesso
Giudice delle Leggi ha avuto modo di affermare la piena equiparazione degli
stranieri ai cittadini italiani per quanto concerne il godimento dei diritti in
materia di famiglia (si v.ad es. le sentenze n. 28/1995, n. 203/1997). In
particolare la Corte, pi recentemente (cfr.sent. n. 376/2000), ha ribadito che
la pi ampia protezione riconosciuta alla famiglia "non pu non
prescindere dalla condizione, di cittadini o di stranieri (dei
genitori),trattandosi di diritti umani fondamentali, cui pu derogarsi solo in
presenza di specifiche e motivate esigenze volte alla tutela delle stesse
regole della convivenza democratica." Proprio nella pronuncia da ultima
citata evidenziato come i principi di protezione dell'unit familiare trovino
riconoscimento, non solo nella nostra Costituzione, ma anche in svariate
disposizioni dei trattati internazionali ratificati dall'Italia ( gli art.8 e
12 della legge 4 agosto 1955, n. 848 che ha reso esecutiva la Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert fondamentali;
l'art. 10 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e
culturali; l'art. 23 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e
politici, resi esecutivi dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881). In particolare
va sottolineato che il diritto all'unit della famiglia secondo la prospettiva
delineata dall'art.8 della CEDU, risponde all'esigenza che la vita famigliare
di un soggetto, anche non cittadino, possa soffrire ingerenza da parte della
pubblica autorit solo quando ci si riveli necessario "per la sicurezza
nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione
dei reati, la protezione della salute o della morale, la protezione dei diritti
e delle libert altrui". In argomento non pare irrilevante ricordare che
le norme della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle libert fondamentali, fatte salve quelle il cui contenuto di genericit
tale da non delineare fattispecie sufficiente puntualizzate, hanno valore
precettivo, secondo l'interpretazione che ne a dato la Suprema Corte (cfr.
Cass. Sez. Un. 8 maggio 1989, n. 15), nel senso che esse sono di
"immediata applicazione nel nostro paese e vanno concretamente valutate
nella loro incidenza sul pi ampio complesso normativo che si venuto a
determinare in conseguenza del loro inserimento nell'ordinamento
italiano".
Tornando alla fattispecie in esame, va evidenziato il
fatto che il nucleo familiare del giovane ricorrente sta provvedendo al suo
mantenimento e alla sua assistenza nel pieno rispetto della previsione
dell'art. 30 della Costituzione (e dell'art. 147 del nostro codice civile) che
afferma, tra l'altro, il diritto e
il dovere dei genitori "di mantenere i figli". Tale diritto - dovere,
che ha a che vedere con la maggiore et ma si protrae sino a che il figlio non
sia in grado di rendersi autonomo, a meno che egli non sia responsabile per il
mancato raggiungimento dell'indipendenza economica. Sotto questo profilo, in
considerazione della giovane et del Laniz Rodriguez, tenuto conto della
normativa costituzionale e internazionale in materia, non pare possibile, in
linea di principio, negare il diritto del predetto a convivere con la propria
famiglia legittima in Italia, atteso che solo allinterno del suo nucleo
parentale originario pu soddisfare non solo i suoi bisogni materiali, ma prima
ancora quelli di natura affettiva e, quindi, morale. In altre parole, ci che
qui si vuole sottolineare che il globale inserimento, lavorativo e
scolastico, dei congiunti del Lanitz Rodriuguez in Italia, rende del tutto
astratta e, come tale, non proponibile l'ipotesi che l'unit familiare possa
essere realizzata dal ricorrente e dai suoi familiari in un altro paese diverso
dal nostro (in questa prospettiva cfr. Trib. Genova, decreto 22 marzo 2004, est.
Martinelli, ric. Pico Diaz Mercy Elena). Inoltre, avuto riguardo al fatto che
quella vissuta dall'opponente proprio la condizione in cui, di norma, versa
una gran parte dei giovani adulti italiani ancora conviventi con la propria
famiglia d'origine, non appare contestabile che sottoporre un ragazzo straniero
ad un diverso trattamento comporterebbe una discriminazione non giustificabile
sulla base dei principi di diritto in precedenza esposti.
Con riguardo alla vigente normativa in tema di
stranieri viene in rilievo l'art.19 del D. Leg.vo n.286/1998, il quale nel
disciplinare i divieti di espulsione, si limita a prendere a fare riferimento
ai figli minori di stranieri espulsi, senza prendere minimamente in
considerazione la posizione dei giovani adulti, titolari del diritto all'unit
familiare, nella misura in cui si tratta di soggetti ancora a carico di parenti
coabitanti, questi ultimi in regola con il permesso di soggiorno, con i quali
potrebbero essere ricongiunti. Ma, sempre con riferimento allo stesso testo
normativo, pure rilevante il contenuto dell'art.29, comma 1 lett. b-bis),in
forza del quale, proprio con riguardo all'ipotesi di figli maggiorenni "a
carico", lo straniero pu richiedere il ricongiungimento con i predetti
soltanto "qualora non possano per ragioni oggettive provvedere al proprio
sostentamento a causa del loro stato di salute che comporti invalidit
totale". Tale previsione fortemente restrittiva appare irragionevole e
gravemente lesiva di quel diritto all'unit familiare di cui, sussistendo
determinati presupposti, dovrebbe poter godere anche lo straniero, presente sul
territorio di uno Stato estero, ove si tratti di un giovane adulto ancora a
carico dei suoi familiari, per ragioni di carattere oggettivo indipendenti,
quindi, dalla volont del soggetto.
La rilevanza dei riferimenti normativi che precedono,
ai fini della risoluzione della presente decisione, appare indiscutibile in
quanto, come si accennato, il Prefetto di Genova ha potuto pronunciare
l'espulsione in esame proprio per la portata estremamente riduttiva delle
disposizioni esaminate, le quali non appaiono conformi al quadro costituzionale
e alle convenzioni internazionali in materia. In definitiva per tutte le
ragioni indicate nella motivazione che precede le due norme da ultimo citate
sembrano porsi in contrasto con gli articoli 2, 3, 10, 29 e 30 della nostra
Costituzione. Conseguentemente, in quanto ritenute non manifestamente
infondate, si ritiene di dover sollevare la questione di costituzionalit
dell'art.19, comma 2, del D.Leg.vo n. 286/1998, nella parte in cui non prevede
il divieto di espulsione per giovani adulti stranieri, titolari del diritto
all'unit familiare, conviventi con parenti regolarmente soggiornati e a loro
carico, nonch dell'art.29,1 comma, lett. b-bis) del decreto legislativo
citato (cosi come modificato dalla legge 30.7.2002, n.189), nella parte in cui,
come si visto, limita la possibilit di ricongiungimento familiare ai soli
figli maggiorenni "a carico" in ragione di uno stato di salute che
comporti "invalidit totale, senza estendere tale previsione anche ai
giovani adulti, ancora a carica dei familiari per ragioni oggettive.
P.Q.M
Visti gli artt. 1 della legge costituzionale 9
febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n.7;
dichiara la rilevanza e la non manifesta infondatezza
della questione di costituzionalit dell'art. 19 del D. Leg.vo n. 286/1998, in
relazione agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della costituzione, nella parte in cui,
nel disciplinare i divieti di espulsione, non prende minimamente in
considerazione la posizione dei giovani adulti, titolari del diritto all'unit
familiare, nella misura in cui si tratta di soggetti ancora a carico di parenti
coabitanti, questi ultimi in regola con il permesso di soggiorno, con i quali
potrebbero essere ricongiunti, nonch dell'art. 29, 1 comma, lett. b-bis) del
decreto legislativo citato (cos come modificato dalla legge 30.7.2002, n.189),
sempre in relazione agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione, nella
parte in cui limita la possibilit di ricongiungimento familiare ai soli figli
maggiorenni a carico, qualora non possano provvedere al proprio sostentamento a
causa del loro salute che comporti
invalidit totale, senza estendere tale previsione anche ai giovani adulti,
ancora a carico dei familiari, per ragioni oggettive.
Dispone la trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso.
Ordina che a cura della Cancelleria la presente
ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei
Ministri, nonch comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Si comunichi alle parti nelle forme di legge.
Genova, 15 maggio 2004.
Il
giudice
Dr.
F. Mazza Galanti