Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 544 dell'11/11/2004
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Seguito della discussione del disegno di legge: S. 3107 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione (Approvato dal Senato) (5369) (ore 17,32).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione.
Ricordo che nella seduta di ieri è stato votato, da ultimo, l'emendamento Bressa 1.24.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 5369)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 5369 sezione 1), nel testo della Commissione, identico a quello recante le modificazioni apportate dal Senato (vedi l'allegato A - 5369 sezione 2).
Ricordo che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo della Commissione, identico a quello recante le modificazioni apportate dal Senato (vedi l'allegato A - 5369 sezione 3).
Ricordo altresì che non sono stati presentati emendamenti riferiti all'articolo unico del disegno di legge di conversione.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Sinisi 1.19.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, forse sarebbe opportuno attendere che l'emiciclo sia sgombro...

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia. Onorevole Crosetto, per cortesia.

MARCO BOATO. Onorevole Crosetto, se magari vi spostate col vostro «seminario»!

PRESIDENTE. Onorevole Crosetto! Onorevole Crosetto, per cortesia...!

MARCO BOATO. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, per prima cosa vorrei aggiungere la mia firma all'emendamento Sinisi 1.19, che incide sul capoverso 5-bis del comma 1 dell'articolo che stiamo esaminando, e che sostanzialmente affronta, risolvendola positivamente a mio parere, la questione controversa, già più volte affrontata nei giorni precedenti, della introduzione della competenza del giudice di pace laddove a nostro parere, e noi riteniamo anche sotto un profilo costituzionale,


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debba essere prevista invece la competenza della magistratura ordinaria.
A questo riguardo, signor Presidente, mi limito nel poco tempo che ho a disposizione a leggere il parere approvato dalla Commissione giustizia di questa Camera in merito a tale specifica questione, che è una delle più rilevanti relative al decreto-legge in esame.
Recita il parere approvato dalla Commissione giustizia che «(...) il provvedimento, più che ottemperare alle esigenze richiamate dalla Corte costituzionale» (ricordo le sentenze n. 222 e n. 223 di quest'anno) «sembra volerne eludere le pronunce, ridisegnando parte della materia e modificando la ripartizione di competenze degli organi giurisdizionali, con scelte di politica legislativa fortemente discutibili e, comunque, sicuramente né necessarie né urgenti, in considerazione del loro carattere strutturale e non emergenziale (...). La scelta di affidare ai giudici di pace la convalida dei provvedimenti di espulsione sembra inoltre contraddire» - prosegue il parere contrario espresso dalla Commissione giustizia - «un'opzione finora affermatasi in ordine ai limiti delle loro funzioni, come si evince dallo stesso decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, che reca disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, laddove all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c), esplicitamente esclude dal procedimento davanti a tale giudice le disposizioni del codice di rito relative all'arresto in flagranza ed al fermo di indiziato di delitto, nonché alle misure cautelari personali (...)».
Continua ancora il parere della Commissione giustizia, che - lo ricordo - è contrario a questo provvedimento: «Tale deroga all'equilibrio generale delle competenze giurisdizionali è resa ancor più palese dalla modificazione introdotta al Senato che trasforma reati contravvenzionali di inosservanza di un provvedimento dell'autorità - fattispecie per la quale l'articolo 650 del codice penale prevede una pena fino a tre mesi di arresto - in delitti di particolare gravità puniti con pene edittali superiori, per fare solo un esempio, a quella prevista dall'articolo 624 del codice penale per il furto. In tal modo il giudice di pace è chiamato a convalidare un provvedimento già di per sé limitativo della libertà personale, che costituisce presupposto necessario...

PRESIDENTE. Onorevole Boato, la prego di concludere!

MARCO BOATO. ... alla consumazione di delitto considerato di particolare gravità».
Concludo, Presidente, ricordando che nei primi minuti del mio intervento non sono riuscito a parlare perché c'era un può di confusione nell'aula, del tutto legittima nel momento in cui l'Assemblea passa alla trattazione di un nuovo argomento.
Recita sempre il parere della Commissione giustizia: «(...) In tal modo una sola categoria di persone, gli stranieri extracomunitari, vede ricadere sotto la giurisdizione del giudice di pace pronunce che incidono sul loro status libertatis, in evidente contraddizione con il princìpio di uguaglianza sancito dall'articolo 3, primo comma, della Costituzione senza che, per i tempi e per i modi previsti, sia effettivamente garantito quel nucleo incomprimibile del diritto di difesa sancito dall'articolo 24 della Costituzione e richiamato dalla citata sentenza n. 222 della Corte costituzionale (...)».
Questo è il motivo per cui ho dichiarato di voler aggiungere la mia firma all'emendamento Sinisi 1.19. Invito l'Assemblea ad approvarlo per sanare l'evidente incostituzionalità rilevata anche dalla Commissione giustizia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, l'emendamento Sinisi 1.19 (come, del resto, il successivo emendamento Sinisi 1.18) mira ad introdurre qualche elemento di razionalità nella procedura di accompagnamento alla frontiera, riproponendo il ruolo del pubblico ministero e del giudice


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per le indagini preliminari, analogamente a quanto avviene in altre ipotesi di accompagnamento previste dal nostro codice di procedura penale. A completamento dei predetti elementi di razionalità, viene proposta la soppressione del capoverso 5-ter, al quale sono riferiti altri emendamenti che saranno oggetto di successivi interventi.
Siamo davanti ad uno dei passaggi più gravi dal punto di vista della dignità della legislazione e della serietà della risposta da dare alla Corte costituzionale. Cos'ha affermato la Corte costituzionale con riferimento all'arresto? Rivolgendosi sostanzialmente al legislatore, la Corte ha rilevato che per il reato contravvenzionale di inosservanza di un provvedimento dell'autorità non si può prevedere l'arresto. Perciò, la norma da voi posta è stata dichiarata incostituzionale. Cosa fanno, allora, il Governo e la maggioranza? Non rimuovono la misura dell'arresto, ma trasformano la contravvenzione in delitto e, conseguentemente, aumentano la pena!
È evidente che non si tratta di una risposta doverosa alla Corte costituzionale, ma di un raggiro: le motivazioni della sentenza e l'invito che la Corte costituzionale ha rivolto al legislatore vengono chiaramente elusi! Siamo di fronte ad un atteggiamento cinico nei confronti di esseri umani che sono titolari degli stessi diritti che competono a tutti coloro che vivono sul suolo italiano. Per ragioni propagandistiche o per tenere unita la maggioranza sulle posizioni più estremistiche, viene usato di nuovo, nei confronti di soggetti che pure sono portatori di diritti garantiti dalla Costituzione italiana, lo strumento dell'aumento delle pene, come se questa cieca visione che assegna al diritto penale una dimensione ipertrofica fosse idonea a risolvere problemi sociali così complessi. Tutti sappiamo che non è così. Tutti sappiamo che si continuano ad usare due pesi e due misure.
Spesso, in quest'aula, ci capita di ascoltare - per fortuna da entrambi gli schieramenti - grandi ed impegnativi discorsi sull'esigenza di un diritto penale mite e minimo. Poi, invece, vediamo il diritto penale diventare severo e massimo - conformato alla logica dell'aumento delle pene - quando deve essere applicato nei confronti di stranieri.
È chiaro che le norme in esame integrano una nuova violazione della Costituzione italiana, nel caso specifico dell'articolo 3 e del principio di uguaglianza da esso sancito. Non ve ne preoccupate, così come non ve ne preoccupaste quando vi dicemmo che le misure contenute nella cosiddetta legge Bossi-Fini erano incostituzionali. Ebbene, oggi siete costretti anche voi a piegarvi alla dichiarazione di incostituzionalità, anche se ricorrete ad una cinica operazione di raggiro delle motivazioni della sentenza della Corte. Vuol dire che sarete costretti ad occuparvi di nuovo della legge Bossi-Fini, che non solo è fallita sul piano della capacità di realizzare gli obiettivi che si prefiggeva, ma è anche divenuta - come noi vi avevamo anticipato - clamorosamente incostituzionale.
Torniamo a dirvi che i rimedi che escogitate continuano a mantenere questa legge nella condizione di incostituzionalità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.

GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, attraverso l'emendamento in oggetto, vorrei sollecitarvi ad un'altra riflessione che mi auguro sia, non soltanto nuova, ma anche di interesse.
Nel nostro ordinamento, l'istituto dell'accompagnamento coattivo non è un'invenzione né nella legge Turco-Napolitano né delle leggi successive. L'accompagnamento coattivo è un istituto notissimo nel nostro ordinamento, per il quale si sono sprecati fiumi di inchiostro nella nostra dottrina costituzionalista e nella nostra giurisprudenza costituzionale. Mi limito a ricordare il commento all'articolo 13 della Costituzione, scritto dal presidente Giuliano Amato e pubblicato nel commentario Scialoja-Branca; si parla dell'accompagnamento coattivo anche con riferimento ai


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profili di violazione della libertà individuale.
Con riferimento all'istituto dell'accompagnamento coattivo, avete introdotto una singolare procedura nel 2002 che qui, oggi, confermate, per di più scegliendo un giudice ad hoc per la convalida. L'ordinamento prevede da sempre tale istituto nel codice di procedura penale. Si applica ai testimoni renitenti e agli imputati che si rifiutano di sottoporsi a quegli atti di investigazione che richiedono necessariamente la loro presenza. L'ordinamento italiano prevede che per l'accompagnamento coattivo di questi soggetti - testimoni, imputati - la procedura da applicare sia quella della richiesta del pubblico ministero e dell'autorizzazione del giudice per le indagini preliminari. Voi stabilite che solo ed esclusivamente per gli stranieri l'accompagnamento coattivo sia disciplinato da una convalida che, peraltro, passerà attraverso l'approvazione di un giudice diverso.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, ieri abbiamo ricordato come quella delle libertà individuali nella nostra Costituzione sia una materia che si applica a tutti, in quanto esseri umani. Lo stabilisce chiaramente la sentenza n. 105 del 2001 della Corte costituzionale e, altrettanto chiaramente, l'articolo 13 della Costituzione. Prevedere una procedura di accompagnamento dinanzi ad un giudice diverso per i soli stranieri ed una procedura di accompagnamento dinanzi al giudice ordinario per tutte le altre categorie è una disparità di trattamento irragionevole, che viola chiaramente l'articolo 3 della Costituzione.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, vogliamo aprire un dibattito sul tema dei principi ed evitare che un argomento così delicato sia soggetto, così come sarà probabile, a nuove censure di costituzionalità. Collaboriamo nella ragionevolezza alla costruzione di un sistema che funzioni, ma che, per nessuna ragione, violi quei diritti umani che insieme abbiamo il dovere di difendere.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sinisi 1.19, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 368
Votanti 366
Astenuti 2
Maggioranza 184
Hanno votato
145
Hanno votato
no 221).

Prendo atto che l'onorevole Capuano non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Sinisi 1.18.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, l'emendamento Sinisi 1.18, che è firmato da tutti colleghi del centrosinistra e dell'opposizione - Sinisi, Leoni, Boato, Amici, Bressa, Montecchi, Coluccini, Bellillo, Sgobio, Maura Cossutta, Pistone, Buemi, Bonito, Finocchiaro, Turco e Zanella: li ho voluti richiamare tutti per far capire che su questa formulazione più sintetica vi è stata una totale convergenza da parte nostra - , propone di intervenire ancora una volta sul capoverso 5-bis del comma 1, al primo periodo, sostituendo, con una formulazione parzialmente diversa dalla precedente, la previsione che il provvedimento di accompagnamento sia adottato dal giudice di pace, previsione rispetto alla quale, come abbiamo visto, la stessa Commissione giustizia ha espresso un parere totalmente contrario, con le motivazioni che poco fa ho letto quasi integralmente (quindi, per rispetto ai colleghi, non le ripeto).
Noi proponiamo di sostituire il riferimento al giudice di pace con il riferimento al pubblico ministero presso il tribunale ordinario territorialmente competente, il quale, entro quarantotto ore, richiede al


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giudice per le indagini preliminari la convalida del provvedimento con il quale è disposto l'accompagnamento alla frontiera. Quindi, l'obiezione che qualche collega del centrodestra ha fatto in Commissione, sostenendo che il ricorso al giudice di pace sarebbe finalizzato, per esempio, ad accelerare i tempi - a parte che esso farà sì che i giudici di pace verranno oberati da un lavoro che non è istituzionalmente loro proprio e, quindi, non si dedicheranno più in modo prioritario a quelle che sono invece le finalità che l'ordinamento loro attribuisce - è destituita di fondamento, proprio perché noi prevediamo anche un termine temporale rigidissimo di quarantotto ore, entro il quale viene richiesto al giudice per le indagini preliminari la convalida o meno del provvedimento di accompagnamento alla frontiera. Questo è il motivo per cui invitiamo l'Assemblea a votare l'emendamento Sinisi 1.18.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sinisi 1.18, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 401
Votanti 399
Astenuti 2
Maggioranza 200
Hanno votato
172
Hanno votato
no 227).

Prendo atto che l'onorevole Capuano non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Coluccini 1.21 e Mascia 1.6. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Finocchiaro. Ne ha facoltà.

ANNA FINOCCHIARO. Signor Presidente, questi emendamenti di identica formulazione affrontano la questione che riguarda la competenza del giudice di pace. Poiché è un tema che è ricorso più volte nel corso del dibattito (anche ieri), io vorrei porre ai colleghi della maggioranza e al Governo una domanda esplicita, con una brevissima premessa. Siamo d'accordo in quest'aula che la libertà personale di quelli che l'onorevole Landi di Chiavenna definisce clandestini e che noi chiamiamo in un altro modo (ma non è questo il punto) sia uguale e, dunque, non valga meno della libertà dei cittadini italiani? Il punto è questo! Se noi partiamo da questo assunto, colleghi, che cioè c'è uno status libertatis, un diritto di libertà, un favor libertatis nel nostro ordinamento, che è identico, chiunque sia il soggetto che in quel momento ne è titolare, dobbiamo concludere che questa disciplina è discriminatoria.
Colleghi, sulla base di una serie di argomentazioni che hanno occupato questo Parlamento, anche in un confronto molto proficuo tra maggioranza e opposizione, nelle precedenti legislature, quando ci accingemmo a conferire una competenza penale al giudice di pace, fu convincimento comune della maggioranza e dell'opposizione di allora - e credo che residui come convincimento comune della maggioranza e dell'opposizione di oggi - che, per quanto riguarda i provvedimenti restrittivi della libertà personale, il giudice di pace non è competente e non debba esserlo. È una valutazione sulla quale mi sembra che l'accordo fra di noi fu (e mi sembra che tale rimanga) unanime. Mi chiedo se per voi resista soltanto con riguardo ai cittadini italiani, perché questo è il punto.
Allora, io vi chiedo: qual è la ragione per la quale riservare la decisione sullo stato di libertà oggi e con riguardo a questo specifico tipo di soggetti, cioè coloro che sono entrati clandestinamente nel nostro paese (per adoperare un'espressione dell'onorevole Landi di Chiavenna), alla competenza del giudice di pace piuttosto che a quella del giudice ordinario?
La differenza non può risiedere nella commissione, o presunzione di commissione,


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di reati da parte di tali soggetti; altrimenti, dovremmo ritenere di potere radicare, nel nostro paese, per quanti vengano colti nella flagranza del compimento di un reato particolarmente grave - una rapina o, addirittura, un omicidio - la competenza, appunto, di un giudice non togato. Ma sappiamo bene come esista una giurisprudenza costituzionale consolidata che intreccia molto fortemente le decisioni sullo stato di libertà - e, dunque, sul diritto di libertà - con le prerogative di autonomia e di indipendenza della magistratura togata.
Delle due, l'una, quindi: o ritenete che queste due libertà non si equivalgano o ritenete che la discriminazione debba essere operata in ragione del fatto che tali soggetti non siano cittadini italiani. E ciò, francamente, sposterebbe il nostro paese dall'area di quella cultura democratica e politico-democratica che, oggi, invece, contraddistingue e legittima il permanere del nostro Governo in moltissime delle sessioni degli organismi internazionali.
Se così è, ritengo non valga a ripararvi dalle critiche neanche l'osservazione fatta in ordine alla funzionalità del sistema che intendete instaurare. Innanzitutto, come evidenziato dal CSM - ma voglio ribadire il punto -, si dovrebbero destinare 1 milione 700 mila euro ai giudici di pace in ragione di tale nuova attribuzione anziché investirli per supportare l'attività dei magistrati ordinari i quali, finora, si sono occupati, pur senza tali risorse, con grande capacità di organizzazione, peraltro attestata anche dalla relazione del Consiglio, esattamente dell'adozione dei provvedimenti di cui discutiamo.
Sicché, le censure di costituzionalità avanzate dai colleghi - e peraltro rappresentate anche nel parere espresso dalla II Commissione giustizia - non vengono «agitate» soltanto come spauracchio, per così dire, di rito...

PRESIDENTE. Onorevole Finocchiaro...

ANNA FINOCCHIARO. Concludo, signor Presidente.
Ebbene, non sono solamente l'arma spuntata che, respinta la pregiudiziale di costituzionalità, l'opposizione ancora sventola; al contrario, ritengo siano un richiamo pacato e ragionevole - coerente con i principi costituzionali di libertà che, nel nostro ordinamento, vigono e resistono - a modificare questa parte della disciplina. Inevitabilmente, essa, infatti, entra in contrasto, a mio avviso, con alcuni principi costituzionali, in particolare, con l'articolo 13 della Carta (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Provera. Ne ha facoltà.

MARILDE PROVERA. Signor Presidente, stiamo discutendo della convalida di un provvedimento che deve essere comunicato dal questore immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore; si affida, poi, al giudice di pace la decisione, sempre entro quarantotto ore, sulla convalida. Ma l'attribuzione a tale giudice della competenza circa la convalida del provvedimento di accompagnamento coattivo alla frontiera e del trattenimento nei CPT determinerebbe, solo per lo straniero, una tutela giurisdizionale apprestata attraverso l'attribuzione della convalida di provvedimenti di polizia limitativi della libertà personale ad un giudice non professionale. Il che, come è già stato ricordato in altri interventi, non accadrebbe nella generalità dei casi.
È questa la ragione degli emendamenti presentati, anche del successivo; infatti, siffatta tutela della libertà personale va affidata alla magistratura togata. Un controllo di legittimità sull'attività di polizia coerente con il significato storico della garanzia dell'habeas corpus e con la ratio della riserva giurisdizionale di cui al comma 3 dell'articolo 13 della Costituzione va affidato, appunto, alla magistratura togata.
In tal senso, peraltro, deve essere altresì ricordato che alla giustizia penale del giudice di pace sono estranee le competenze relative alla convalida delle misure precautelari.


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Con l'attribuzione, invece, al giudice di pace della convalida del provvedimento che dispone l'accompagnamento coattivo alla frontiera e il trattenimento nei centri di permanenza - e, teoricamente, di assistenza - avremmo solo per lo straniero (pertanto solo per una fattispecie specifica) una tutela giurisdizionale rispetto a provvedimenti di polizia limitativi della libertà personale attribuita ad un giudice non professionale. Ciò, lo ripeto, reintroduce - a nostro avviso - anche un problema di costituzionalità. La Costituzione, infatti, prevede che sia data la massima garanzia di tutela della libertà personale, anche per una persona che non è cittadino italiano. Rischieremmo, se non venisse accolto quest'emendamento, di avere un provvedimento che nuovamente farebbe a pugni con quanto previsto dalla Costituzione. Entro poco tempo, dunque, dovremmo discutere un'altra modifica rispetto alla modifica fatta, perché saremmo, comunque e sempre, di fronte ad un provvedimento costituzionalmente non corretto.
Noi pensiamo, peraltro, che sia necessario che ogni persona abbia lo stesso tipo di tutela, in qualsiasi situazione la stessa si trovi. Tutte le persone, infatti, hanno uguali diritti, sia che siano cittadini italiani, sia che non lo siano. Ciò a maggior ragione nel momento in cui abbiamo di fronte a noi persone che non sono sottoposte a provvedimenti per reati gravi, quali reati di aggressione ad altre persone o il furto, ma a persone cui viene imputato il reato - peraltro, con un uso erroneo della stessa definizione di reato - di aver varcato la frontiera, cercando possibilità di emancipazione, di liberazione personale e - a volte - anche di fuga da paesi in cui vi sono condizioni democratiche molto precarie o, peggio ancora, da paesi nei quali sono perseguiti a causa delle loro idee e delle loro posizioni.
Riteniamo, dunque, che mai come in questo caso vi sia la necessità di magistrati che abbiano esperienza, che siano di lungo corso, che abbiano tempi e modi per prepararsi e che non siano - come previsto da questi provvedimenti - magistrati «a cottimo». Con questi emendamenti - ed anche con il seguente, che insiste sulla materia - tentiamo di riproporre all'attenzione ed all'approvazione di tutti una correzione rispetto a quanto proposto dalla maggioranza e che, ripeto, risulterà incompatibile con la Costituzione italiana.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, anche noi insistiamo sull'approvazione di questi emendamenti, ma vorremmo, francamente, delle risposte. Come hanno già sottolineato le colleghe ed i colleghi, credo che la maggioranza abbia usato un imbroglio per rispondere ai rilievi, sacrosanti, della Corte costituzionale. Si è introdotto il giudice di pace e si è inventato il reato. Come constateremo successivamente, si prevede persino il ricorso, ma tale ricorso non contempla la sospensione del provvedimento di espulsione. Si sta, quindi, costruendo un mostro dal punto di vista giuridico.
La riflessione che vorrei introdurre in quest'aula, e sulla quale vorrei si aprisse un confronto anche con i colleghi della maggioranza, è che questo giudice di pace viola il sistema delle garanzie dei diritti previsto dalla Costituzione (proprio perché è un giudice ordinario quello competente in materia di diritti di libertà della persona). Questo è, a mio avviso, il punto politico che voi introducete: il giudice di pace, oggettivamente, è più soggetto ai condizionamenti sociali rispetto al giudice ordinario. Si va, in tal modo, a prefigurare - nella violazione di articoli e di principi della Carta costituzionale - una figura che può essere stravolta persino nella sua funzione. Il rischio, in altre parole, è che il giudice di pace sia sottoposto a pressanti condizionamenti sociali, nel luogo di residenza, per essere vincolato nella sua valutazione.
Credo che sia un elemento molto pericoloso perché riteniamo che la vostra politica contro gli immigrati, rispetto alla quale sollecitate le paure più ancestrali,


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irrazionali e illogiche che possono rappresentare anche un condizionamento sociale, possa stravolgere persino la funzione del giudice di pace.
Quindi, state partorendo un mostro pericolosissimo per la violazione dei diritti costituzionali, ingiusto per i cittadini immigrati, ma anche pericoloso per lo stravolgimento della funzione del giudice di pace.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, colleghi e rappresentante del Governo, sarò molto breve in questo mio ulteriore intervento perché voglio - lo dico esplicitamente e credo con lealtà intellettuale - che resti traccia plurale, in questo dibattito che farà parte degli atti preparatori nella lettura del testo definitivo che verrà approvato dalla maggioranza di centrodestra in sede di conversione del decreto-legge, delle forti obiezioni sotto il profilo costituzionale che da parte nostra vengono prospettate. Lo abbiamo fatto non solo con due pregiudiziali di costituzionalità, che avete respinto, ma anche - questo fa capire che da parte nostra c'è comunque un tentativo di contribuire al miglioramento del testo, seppur non lo condividiamo, perché continuamente ci sono nostri emendamenti che vengono discussi - con il tentativo, quanto meno, di correggere, seppure parzialmente, questa impostazione che consideriamo incostituzionale.
Ho detto che volevo essere breve, signor Presidente, quindi mi richiamo agli interventi delle colleghe che mi hanno preceduto e, in particolare, all'intervento della collega Finocchiaro, perché anche per competenza, non solo politica, ma tecnico-giuridica, ha più approfonditamente spiegato e chiarito i nostri rilievi critici, che sono anche quelli della Commissione Giustizia alla quale lei appartiene e che prima ho letto in relazione all'emendamento Sinisi.
Ella ha prospettato la necessità, da parte nostra - da parte vostra, quanto meno l'opportunità -, di accogliere gli identici emendamenti Coluccini 1.21 e Mascia 1.6, che raccolgono tutte le opposizioni in questo Parlamento, che prevedono di sostituire alla previsione del giudice di pace il tribunale in composizione monocratica sia al capoverso 5-bis, sia, conseguentemente, al capoverso 5-ter.
Voglio - ed è trasparente il mio intento - che risulti dagli atti preparatori che ripetutamente in quest'aula è stato rilevato ciò che noi riteniamo - sebbene non siamo la Corte costituzionale - un vizio palese di incostituzionalità.

PRESIDENTE. Onorevole Boato...

MARCO BOATO. Concludo, Presidente. Se, come auspicabile, la Corte costituzionale dovrà tornare a pronunciarsi su questa materia, se in sede incidentale in qualche giudizio verrà di nuovo sollevata la questione di costituzionalità, essa non potrà che riaffermare i principi più volte affermati nella sua giurisprudenza - mi riferisco, più in particolare, a quella più recente della sentenza n. 105 del 2001 e delle due più volte citate sentenze di quest'anno - e non potrà che sanzionare di incostituzionalità la previsione contenuta nel capoverso 5-bis di questo comma.
Questo è il motivo per cui sono nuovamente intervenuto su questo argomento e concludo invitando a votare a favore degli identici emendamenti Coluccini 1.21 e Mascia 1.6.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Desidero intervenire brevemente su un aspetto mirato e specifico di questo dibattito che ha il suo interesse. In qualche modo, con questo mio intervento intendo portare acqua e sostenere le tesi già illustrate dal collega Landi di Chiavenna fin dal momento in cui si discusse delle pregiudiziali di costituzionalità.
Non mi soffermerò su considerazioni di ampio merito, se sia, cioè, opportuna o


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meno la scelta del giudice di pace per valutare queste fattispecie e prendere le relative decisioni, perché non vi sfuggirà, se onestamente vogliamo avvicinarci all'argomento, che su tale scelta confluiscono valutazioni di opportunità, di sistema, di organizzazione, valutazioni di carattere politico e non, a fronte della necessità di adeguarsi alle pronunce della Corte costituzionale che impongono, evidentemente, modifiche al testo originario su questo specifico aspetto. A me interessa soltanto, come credo a tanti colleghi, l'aspetto della costituzionalità, se, cioè, affidando al giudice di pace la competenza su queste materie, come taluni dei colleghi hanno voluto sostenere, si crei un vulnus al sistema costituzionale e a principi fondamentali della Carta costituzionale. Personalmente ritengo - anche se i parametri di valutazione della Carta costituzionale, come voi mi insegnate, colleghi parlamentari e colleghi giuristi, non appartengono alle scienze esatte, perché sono fortemente soggetti alla sensibilità ed alla interpretazione - che questo vulnus non ci sia. È vero che il giudice di pace, come è stato concepito, sembra essenzialmente o prevalentemente essere un giudice che non si occupa dei diritti di libertà e dello status della persona ma nulla esclude che le competenze, per determinate materie, per le ragioni già esposte, possano essere ampliate. Ciò è tanto vero che nei vari dibattiti che si stanno svolgendo in questi giorni, anche e prevalentemente con la categoria dei giudici di pace e dei giudici onorari, alcuni interessanti interventi di colleghi e colleghe del centrosinistra, che insieme a me hanno partecipato a quelle assemblee, hanno portato argomenti favorevoli alla tesi che, invece, il giudice di pace possa ben vedere ampliate le proprie competenze, sia funzionali sia per materia.
Ora, vi chiedo se, per caso, nella legge istitutiva del giudice di pace non vi sia un qualche limite contrario, se vi sia, cioè, un'affermazione - non una mera interpretazione dottrinale - che attribuisca al giudice di pace alcune determinate competenze e non altre, da cui si potrebbe dedurre che il giudice di pace non sia abilitato ad occuparsi di materie che attengono alla libertà, allo status e ai diritti della persona. Ma la vostra non è una statuizione! È piuttosto un'argomentazione, una deduzione, anzi, è un'induzione che potrebbe essere considerata parziale o comunque soggettiva. Mi sembra, dunque, di poter affermare, come persona che in passato non ha né sposato né respinto la tesi dell'ampliamento delle competenze del giudice di pace - una scelta politica funzionale e di sistema ancora apertissima e che sta dando risultati generalmente buoni (in qualche caso meno buoni), e tuttavia non mi schiero a priori per l'una o l'altra tesi -, che, sicuramente, il vulnus di natura costituzionale non c'è e certamente sarebbe perlomeno una forzatura, da parte dei colleghi che pure hanno cercato di argomentare in questo senso, sostenere che si sta incappando in un nuovo vizio di costituzionalità. Questo, a meno che non si adducano argomenti di diritto positivo (non argomentazioni di mera induzione) in senso contrario, rimane il mio personale convincimento (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.

GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, ringrazio il collega Benedetti Valentini perché mi offre l'occasione per addurre quell'argomento positivo che ha richiesto e che trovo semplice e assolutamente inconfutabile. Il giudice di pace non può applicare pene detentive. La scelta fatta dal legislatore penale è stata chiara in questo senso. Non è il giudice della libertà personale, non gli è stato conferito questo potere, egli è il giudice della mediazione sociale e della mediazione penale soprattutto quando la mediazione penale si rivolge a diritti disponibili che riguardano reati querelabili, cioè quei reati nei quali l'offensività è eminentemente privata e l'interesse pubblico leso è assolutamente minore; ma mai è stata conferita al giudice di pace la possibilità di applicare una pena detentiva, proprio per le ragioni che abbiamo


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espresso e che voglio qui, brevemente, riepilogare.
Il giudice di pace non è un giudice minore, è un giudice diverso avente le peculiarità che ho prima descritto. Il non conferimento dei poteri afferenti la libertà personale ha un fondamento non soltanto giuridico nella non attribuzione dei poteri detentivi, ma anche costituzionale, posto che il suddetto giudice non ha le stesse garanzie di indipendenza ed autonomia del giudice ordinario. Mi riferisco all'inamovibilità ed alla possibilità che egli non sia riconfermato. Dunque, non ha quelle prerogative di indipendenza che bilanciano il potere di incidere sulla libertà personale.
Infine, il giudice di pace rischia di essere il giudice della libertà degli stranieri. Ciò non è accettabile in un ordinamento costituzionale per il quale, come ho già detto, le libertà individuali appartengono agli esseri umani in quanto tali e non sono suscettibili di essere divise per categorie (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Coluccini 1.21 e Mascia 1.6, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 406
Maggioranza 204
Hanno votato
182
Hanno votato
no 224).

Prendo atto che l'onorevole Capuano non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 1.22.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, vorrei ricordare la discussione complessa ma appassionata, ed anche concorde nelle deliberazioni finali, attraverso la quale nella scorsa legislatura pervenimmo alla modifica costituzionale dell'articolo 111 sul giusto processo. Ricordo come facemmo insieme la scelta di assumere il principio del contraddittorio come un principio cardine nella formazione della prova e nello svolgimento del procedimento.
Deve essere chiaro che affrontiamo la discussione su questo decreto-legge perché secondo una sentenza della Corte costituzionale il Governo e la maggioranza, varando la legge Bossi-Fini, hanno violato il principio del contraddittorio nell'occasione di una misura privativa della libertà personale. Si tratta di una dichiarazione molto forte a dimostrazione del fatto che si riteneva - ed ascoltando qualche intervento della giornata di ieri ancora si ritiene - che certi principi costituzionali sacri ed inviolabili debbano valere solo per alcuni e non per altri, ad esempio non per i cittadini stranieri.
Con il decreto-legge in esame si prova a ricostruire una procedura rispettosa anche nella previsione del contraddittorio, con il limite forte, che abbiamo denunciato e sul quale non voglio tornare in questo momento, dell'assegnazione del provvedimento di convalida al giudice di pace. Comunque, l'intenzione appare essere quella di ricostruire un percorso rispettoso del principio del contraddittorio. Dunque, visto che dobbiamo rimettere mano al procedimento sbagliato immaginato dalla Bossi-Fini, facciamolo in maniera compiuta e cerchiamo di non dimenticare nessun passaggio. Ad esempio, dobbiamo prevedere che, accanto al difensore tempestivamente avvertito, come recita il testo del decreto-legge, sia obbligatoriamente presente anche un interprete di una lingua conosciuta dallo straniero ovvero, ove non sia possibile, di lingua francese, inglese, spagnola (come già previsto in alcune parti della Bossi-Fini) o araba, come chiediamo nell'emendamento in esame.


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Vogliamo dire che, se riconosciamo davvero l'esigenza di mettere la persona meritevole del diritto di difesa nelle condizioni di esercitarlo pienamente, allora dobbiamo creare tutte le condizioni, compresa quella di poter usufruire di un interprete, per esercitare tale diritto, come previsto nell'emendamento in esame.
Mi pare, colleghi, una misura che non stravolge nulla, ma che è assolutamente di buon senso. Ripeto, giacché bisogna rimettere le mani, per la sentenza della Corte, su una legge sbagliata, lo si faccia in maniera compiuta. Si preveda anche quello strumento indispensabile per uno straniero ai fini dell'esercizio del diritto di difesa, che è la possibilità di essere affiancato non solo da un difensore, ma anche da un interprete (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, il collega Leoni ha giustamente fatto riferimento ad una tappa miliare della scorsa legislatura dal punto di vista delle garanzie giurisdizionali presenti nella nostra Carta costituzionale: mi riferisco all'approvazione della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 - comunemente chiamata riforma costituzionale in materia di giusto processo -, che ha innovato l'articolo 111 della Costituzione. Tale articolo è di straordinaria importanza e, secondo me, le sue ripercussioni sul nostro ordinamento non sono state ancora pienamente dispiegate.
Ritengo che uno degli aspetti più importanti di tale articolo, oltre ai primi due commi riguardanti il giusto processo, la terzietà del giudice, la parità delle parti, la ragionevole durata (si pensi a quale impatto queste norme potrebbero avere sulla realtà attuale se pienamente attuate), sia contenuto nel terzo comma, il quale, seppure con qualche lieve modifica, costituzionalizza finalmente ciò che è contenuto - e che avrebbe dovuto già essere in vigore nel nostro ordinamento - nell'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta, se non ricordo male, a Strasburgo nel 1950 e recepita nel nostro ordinamento - sempre se non ricordo male, dato che sto andando a memoria - nel 1957 e molte volte disattesa.
È per questo che nella scorsa legislatura è stato giusto, (lo facemmo quasi all'unanimità), costituzionalizzare i principi contenuti nell'articolo 6 della Convenzione europea nel nuovo comma 3 dell'articolo 111 della parte II della nostra Costituzione. Il testo in oggetto recita: «Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente (...)» - vorrei dedicare alla collega Angela Napoli questo «riservatamente», dato che lei è stata informata a mezzo stampa - «(...) della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo». Questa è la ragione molto semplice - e costituzionalmente coerente e conseguente - per cui l'emendamento Bressa 1.22 propone di aggiungere, infine al capoverso 5-bis, terzo periodo, le seguenti parole: «e di un interprete di una lingua conosciuta dallo straniero ovvero, ove non sia possibile...» - vi sono infatti lingue meno conosciute - «...di lingua francese, inglese, spagnola o araba nominato dal giudice». Conseguentemente, prevediamo poi la copertura di tale norma.
Per tali motivi, invito l'intera Assemblea ad esprimere un voto favorevole sull'emendamento Bressa 1.22, sottoscritto dall'intero centrosinistra.


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, mi rivolgo all'onorevole Benedetti Valentini che ha voluto interloquire con noi, innanzitutto per ringraziarlo. Ritengo che l'onorevole Sinisi abbia risposto in modo molto corretto alle sue obiezioni in merito al giudice di pace, ribadendo come esso non possa applicare le pene detentive, come sia il giudice della mediazione sociale per reati querelabili, come non abbia le necessarie caratteristiche di indipendenza e di autonomia. Si tratta di argomenti di natura costituzionale, ai quali adesso gradirei che lei potesse controbattere.
Volevo comunque dirle, onorevole Benedetti Valentini, che in questo caso non penso sia neanche necessario scomodare il diritto o la Costituzione. Servirebbe semplicemente il buonsenso e la logica, cioè un senso minimo di giustizia. Dato che volete che il provvedimento dimostri la sua efficacia entro le 48 ore successive - avete quindi una fretta oggettiva, a prescindere dall'autorità giurisdizionale che deve convalidare questo provvedimento -, chiedo se non ci sia qualcosa di mostruoso nel fatto che questo immigrato non possa giustificarsi e difendersi, qualora non abbia la possibilità di avere un interprete, con la conseguenza che il provvedimento viene convalidato. D'altronde, è vero che egli ha teoricamente diritto al ricorso, ma questo non sospende l'espulsione; quindi accade che questo immigrato, nel frattempo, venga espulso.
Allora, colleghi, almeno garantiamo a questi immigrati la corretta possibilità di difendersi attraverso un interprete. Non chiediamo niente di più, ma solo la possibilità concreta che si tratti di una difesa effettiva ed efficace, perché ciò è il minimo, non dico per il diritto costituzionale, ma per un minimo senso di giustizia.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 1.22, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 417
Maggioranza 209
Hanno votato
180
Hanno votato
no 237).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 1.23.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, non torno sulle argomentazioni generali, che ho già svolto prima, sul tema della necessità dell'interprete, sul quale peraltro si sono soffermati già altri colleghi. Riproponiamo tale tema in un diverso periodo del comma 1, e quindi in una diversa fase del procedimento, cioè nel momento in cui il giudice deve provvedere alla convalida. Lo facciamo con una formulazione assolutamente più essenziale, che recita: il giudice, nominato un interprete, se necessario. Non ripeto quanto ho già detto prima, ma ritengo che una formulazione di questo tipo, tra l'altro in un momento chiave del procedimento, cioè quando il giudice deve provvedere alla convalida, possa essere - cari colleghi e care colleghe del centrodestra - accolta anche da parte vostra.
Capisco bene che si oscilla tra le urla di ieri sera e i silenzi di oggi (tranne il collega Benedetti Valentini); tuttavia, un'interlocuzione più ravvicinata ci avrebbe aiutato a capire per quale ragione non si vuole consentire, né nella formulazione del precedente emendamento, né in quella della proposta emendativa al nostro esame, l'approvazione di una misura che è di assoluto buonsenso.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.


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Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 1.23, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 429
Maggioranza 215
Hanno votato
188
Hanno votato
no 241).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 1.7.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Provera. Ne ha facoltà.

MARILDE PROVERA. Mi rendo conto che avendo impedito, con la reiezione dei due precedenti emendamenti, al giudice di poter «sentire» (così com'è scritto nel vostro provvedimento) l'interlocutore interessato, nell'ipotesi in cui egli non sia in grado di capire o di esprimersi, perché non conosce la lingua italiana - a meno che non facciate al giudice di pace dei corsi rapidi di apprendimento delle lingue parlate da tutti gli stranieri che egli dovrà man mano ascoltare! -, ne comsegue che sia del tutto ininfluente il fatto che l'interessato possa o meno comparire davanti al giudice.
Ciò nonostante, nella speranza che almeno il giudice ponga rimedio all'inavvedutezza di chi ha scritto questo articolo, dotandosi egli stesso di un interprete, è necessario garantire alla persona che sarà sottoposta ad un provvedimento di espulsione, probabilmente ingiusto - dal nostro punto di vista, sicuramente ingiusto -, almeno il diritto di essere presente.
In questo caso, si prevede nell'articolato la necessità di sentire l'interessato, se comparso, ma è bene riflettere sul significato di questa espressione. Ciò vuol dire che lo stesso deve essere presente, altrimenti se ne fa a meno e non viene sentito.
L'interessato può effettivamente avere l'intenzione di non essere presente e, allora, è bene che lo dica espressamente o che espressamente sia evidente che non voglia comparire. Ma se non è presente, perché, ad esempio, è stato ricoverato in ospedale o ha subito un incidente o è stato bloccato nel traffico in una qualsiasi città o perché, magari, in quel meraviglioso centro di permanenza temporanea ed assistenza, considerate le stupende misure di accoglienza ivi previste, vi è stato un problema e, quindi, si sono bloccate le entrate e le uscite? Quella persona, che subirà un provvedimento grave, non potrà essere presente e, di conseguenza, non si vedrà garantita nemmeno una difesa. Non solo l'interessato non potrà chiedere a qualcuno di provvedere a presentare le sue motivazioni o esprimersi in lingua italiana, perché gli abbiamo appena negato un interprete, ma non viene nemmeno garantito che possa essere presente.
Quindi, con questo emendamento, formuliamo una proposta che riteniamo del tutto ragionevole. Considerato che l'interessato dovrebbe essere sentito, a garanzia della tutela della sua libertà personale, sarebbe opportuno sostituire, nel comma 5-bis dell'articolo 1, l'espressione: «se è comparso» con quest'ultima: «se non ha espressamente rinunciato a comparire». Almeno che questo tipo di opportunità gli sia concessa!
Dovremmo, d'altra parte, prevedere la tutela massima dei diritti della difesa, della libertà personale, pensando anche a noi tutti.
L'interpretazione proposta dal collega Benedetti Valentini sul giudice di pace, con possibilità di estendere le sue competenze, a questo punto non è più solo una preoccupazione per i migranti, ma per ogni cittadino italiano; se, infatti, si provvede all'estensione delle competenze del giudice di pace, attribuendogli la potestà di decidere anche sulla tutela della libertà personale, contravvenendo a quanto si può dedurre dalla Costituzione italiana (articolo 13, comma 3), ognuno di noi potrà essere sottoposto al giudizio di un giudice di pace che, come ben l'onorevole Sinisi precisava, non è così garante della propria


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indipendenza, per le condizioni nelle quali viene nominato, per quanta esperienza possa avere.

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Passa attraverso il vaglio del Consiglio superiore della magistratura!

MARILDE PROVERA. Per tale motivo, proponiamo di garantire almeno all'interessato, anche a nostra tutela per il futuro, la possibilità di essere presente (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, sottoscrivo le argomentazioni della collega Provera, a sostegno dell'emendamento in esame.
Secondo le disposizioni del comma 5-bis dell'articolo 1 del provvedimento in esame, il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato entro le 48 ore successive, verificata l'osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dal presente articolo e sentito l'interessato, se comparso.
Noi non accetteremo mai, cari colleghi, ma nemmeno voi, un provvedimento limitativo della libertà personale di una persona, se la stessa non è presente al momento, a condizione che non abbia esplicitamente rifiutato di comparire.
Mi sembra sia una di quelle garanzie minime che dobbiamo prevedere per tutelare da eventuali ed accidentali possibilità di impedimento ad essere presenti, non determinati dalla volontà dell'interessato; il che, se si procedesse comunque, lederebbe fortemente i diritti della persona interessata che, in quel momento, sta rischiando una misura limitativa della libertà personale.
Quindi, è assolutamente giusto e ragionevole sostituire alle parole « se comparso» le parole «se non ha espressamente rinunciato a comparire». Si tratta di una misura più rigorosa, ma allo stesso tempo più rispettosa delle prerogative dei diritti della difesa.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 1.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 424
Maggioranza 213
Hanno votato
188
Hanno votato
no 236).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 1.8.
Ha chiesto di parlare dichiarazione di voto l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.

GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'emendamento in oggetto vuole sopprimere due periodi del comma in parola, che in buona sostanza consentono il trattenimento dello straniero in qualsiasi luogo nel quale è possibile completare la procedura di convalida. Evidentemente, questa possibilità apre lo spazio ad una serie di questioni, non solo giuridiche, ma anche di tutela della libertà dell'individuo, posto che questi luoghi possono diventare innumerevoli, sfuggendo ovviamente ad ogni forma di controllo.
I centri di permanenza temporanea, oggi diventati luoghi assolutamente indecenti a causa del degrado in cui sono tenuti, mantengono almeno la caratteristica di poter essere soggetti ad un controllo democratico. Infatti, vi possono accedere i parlamentari e le organizzazioni umanitarie. Il fatto che tali procedure possano essere compiute ovunque, attraverso le indicazioni contenute nel periodo in oggetto, apre lo spazio ad una generalizzazione dei luoghi in cui sarà possibile trattenere questi stranieri.


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Per tali ragioni, non si presta ad essere valutato positivamente in termini di efficacia dal punto di vista del controllo democratico, che invece tutti quanti noi abbiamo il dovere di esercitare quando vengono pregiudicate le libertà dell'individuo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Provera. Ne ha facoltà.

MARILDE PROVERA. Signor Presidente, in effetti la possibilità di trattenere ovunque e comunque una persona, in attesa dalla convalida del provvedimento, di fatto comporta la restrizione della libertà personale. Non stiamo parlando di arresti domiciliari, misura peraltro concessa in caso di reati ben più gravi, bensì della detenzione nei centri di permanenza o di accoglienza (come impropriamente sono definiti) temporanea già esistenti, che di umano hanno ben poco.
Mi auguro che ognuno di noi, nel momento in cui affronta tali argomenti, abbia sentito l'esigenza di constatare con i propri occhi come si sta, come si vive, quali sono le condizioni di vita in questi centri, in estate ed in inverno, quando fa un caldo assurdo o un freddo incredibile. Quindi, ci troviamo di fronte ad una restrizione della libertà personale in situazioni pesantissime.
Peraltro, agire in questo modo quasi prefigura un modello che attribuisce all'autorità di polizia un ruolo assolutamente centrale, senza garantire la necessaria tutela giuridica, ovvero l'effettiva tutela dei diritti della persona.
Sono queste le ragioni per cui, a nostro avviso, vanno soppressi il settimo e l'ottavo periodo del comma 1, in modo da permettere che chi compare davanti al giudice sia ancora nel pieno possesso della sua libertà, come persona e come individuo, così come ognuno di noi ha diritto di essere fino a che non venga accertata la sua condizione di colpevolezza. Fino a quel momento, tale condizione di colpevolezza non esiste. Peraltro, come ho già ricordato prima, la persona viene posta in condizioni - e non importa dove - di assoluta restrizione della libertà personale, senza tenere conto che non è stata ancora confermata la pena a lui comminata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ritengo che dovremmo cogliere l'occasione per sviluppare una riflessione seria sui centri di permanenza temporanea. Sostengo ciò pur avendo condiviso nella scorsa legislatura, quale parlamentare di maggioranza, una strategia di contrasto all'immigrazione clandestina, che vedeva nei centri di permanenza temporanea uno snodo organizzativo fondamentale per il contrasto stesso. Tuttavia, come ha osservato il collega Sinisi, ci troviamo di fronte a un degrado impressionante: lo dobbiamo riconoscere tutti, e non può non essere visto da persone che tengono alla salvaguardia di una soglia minima di diritti umani e democratici. Le condizioni strutturali e le condizioni, per così dire, di sicurezza nelle quali i cittadini stranieri sono trattenuti in quello che dovrebbe essere un centro di permanenza temporanea e di assistenza si traducono nella privazione della libertà personale e della libertà di movimento. Si tratta di centri di reclusione, che non corrispondono nella loro realtà effettuale alla filosofia che ne ha ispirato l'istituzione.
Dunque, è necessaria una riflessione aperta su questa esperienza. L'uso di tali strumenti in queste condizioni è ancora più improprio quando, come hanno ricordato il collega Sinisi e la collega Provera, si tratta di cittadini stranieri che sono in attesa di un provvedimento di convalida di misure assunte dall'autorità di polizia e che dunque non hanno ragione alcuna di dover subire tale restrizione delle libertà personali fondamentali.
Inoltre, le disposizioni su cui intervengono l'emendamento in esame e quelli successivi, e con le quali si intende disciplinare tale misura, sono scritte in modo confuso. Resta l'incertezza, destinata ad


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incidere su questioni cruciali di diritto e di libertà, sulla sede in cui viene effettivamente adottato il provvedimento di convalida: vale a dire, il luogo in cui il cittadino straniero è arrivato e ha subìto l'identificazione e il provvedimento emesso dalla questura, ovvero il luogo in cui si trova il centro presso il quale è trattenuto.
Per tali ragioni, di principio e di diritto, proponiamo, con l'emendamento in esame e con quelli successivi, l'abrogazione del settimo e dell'ottavo periodo del capoverso 5-bis del comma 1 dell'articolo in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, assistiamo ormai a una violazione sistematica e ripetuta di principi costituzionali. Ho precedentemente rivolto una domanda all'onorevole Benedetti Valentini. Mi rivolgo ora all'onorevole Previti, sempre così attento al sistema delle garanzie: onorevole Previti, lei si sarebbe sentito tutelato da un giudice di pace e da queste procedure, o il suo sistema di garanzie è a senso unico e non vale per gli immigrati (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani)?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Messa. Ne ha facoltà.

VITTORIO MESSA. Signor Presidente, seguo con attenzione il dibattito in corso, perché è estremamente interessante. Mentre le argomentazioni svolte dai colleghi dell'opposizione in occasione dell'esame di precedenti emendamenti erano, a mio avviso, degne di attenzione, in quanto sviluppavano ragionamenti concreti, non riesco a comprendere la natura dell'emendamento in esame.
Quando uno straniero è colpito da un provvedimento di espulsione adottato dall'autorità di polizia, viene collocato in un centro di accoglienza - sappiamo tutti come siano tali centri - dove attende l'eventuale provvedimento di convalida.
È la stessa situazione cui sono soggetti tutti i cittadini italiani o stranieri quando vengono raggiunti da un provvedimento restrittivo della polizia, dove si attua un fermo, si arresta una persona che viene trasferita in carcere che attende l'eventuale provvedimento di convalida entro le 48 o le 96 ore. Quindi, è la stessa identica situazione alla quale sono soggetti tutti i cittadini italiani o stranieri secondo il codice procedura penale. Ecco perché non capisco il senso di questo emendamento soppressivo.
D'altro canto, non mi pare abbia particolare pregio l'altra questione riguardante il luogo dove la convalida dovrebbe effettuarsi. Infatti, credo che la garanzia principe della regolarità della convalida sia data non dal luogo dove questa si dovrà effettuare, ma dal fatto che ci sia un giudice terzo a decidere sulla convalida. Si tratta di un giudice che abbiamo voluto noi, il Parlamento, vale a dire il giudice di pace, che non può essere un considerato - sono convinto che gli onorevoli Sinisi e Leoni siano anche loro d'accordo su questo punto - un giudice di serie B. Già oggi il giudice di pace processa, per l'appunto in procedimenti penali, cittadini italiani o stranieri che violano le norme: è un magistrato a tutti gli effetti, che applica sanzioni a cittadini italiani o stranieri; è un magistrato a tutti gli effetti che si serve di interpreti già oggi senza la necessità che ciò sia previsto da emendamenti speciali.
Naturalmente, ho rispetto per le argomentazioni ed anche per le fonti dalle quali provengono - i colleghi che hanno parlato su questi emendamenti sono senza dubbio preparati -, ma non riesco a capire il fondamento della proposta emendativa in esame. Mi sembra un emendamento specioso, uno di quei classici emendamenti soppressivi che vengono presentati per cercare di buttare tutto all'aria. Invece, la materia meriterebbe una attenzione particolare, che credo sia stata prestata anche, per quanto mi riguarda, in Commissione giustizia, che però ha esaminato questo provvedimento solo in sede consultiva, mentre, a mio avviso, probabilmente avrebbe dovuto occuparsene a


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pieno titolo. Comunque, anche in Commissione giustizia se ne è parlato approfonditamente con il contributo di tutti (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Signor Presidente, trovo un po' bizzarro l'intervento di alcuni colleghi che mi hanno preceduto e, in particolar modo, quello dell'onorevole Leoni, il quale ha affermato che nella passata legislatura ha votato a favore dei centri di accoglienza temporanea, che però avevano un altro significato. Allora come oggi, il significato è quello di - lo dico fra virgolette - «parcheggiare» temporaneamente le persone per verificare se abbiano o meno il permesso di soggiorno, e quindi di fatto privare della libertà di movimento: allora come oggi, nulla è cambiato in questo senso.
Se vi è un problema di qualità all'interno di questi centri di accoglienza, credo che questo vada verificato. Cito l'esempio di Bologna, dove c'è un centro di accoglienza che ho visitato più volte, seguito dalla Croce rossa - che voglio qui ringraziare pubblicamente per l'ottimo servizio che offre -, dove gli standard di qualità dei servizi offerti a coloro che sono detenuti al suo interno sono di livello altissimo. Pertanto, ognuno ha la propria esperienza. Bologna, grazie a Dio, ha un centro di accoglienza eccezionale da questo punto di vista. Se poi vi sono problemi, vanno verificati i tipi di servizi che vengono offerti, ma non ho capito cosa sarebbe cambiato rispetto agli anni passati: prima erano luoghi deputati a fermare persone delle quali andava verificato se avessero il diritto di permanere nel nostro paese, e oggi è la stessa cosa.
Questo cambiamento della sinistra sui centri di accoglienza temporanea mi sembra un po' strumentale. Mi meraviglio che ciò avvenga anche da parte di una persona sicuramente molto attenta su questi temi come l'avvocato Leoni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Saponara. Ne ha facoltà.

MICHELE SAPONARA. Signor Presidente, mi ricollego a quanto detto dal collega Messa. I due ultimi emendamenti sono superflui e sono stati trattati in modo demagogico e addirittura terroristico.

MARCO BOATO. Terroristico è eccessivo!

MICHELE SAPONARA. In altre parole, mi dispiace che uno di questi emendamenti sia stato sottoscritto anche dal collega Sinisi, che è un giurista, come anche il collega Boato.
Infatti, si è voluto far credere a chi non è pratico degli aspetti di legge, che un povero clandestino viene trascinato in giudizio senza un interprete, senza che sappia minimamente di cosa si tratti. Allora, ricordo che si applica l'articolo 111 della Costituzione e che si tratta di una norma di carattere generale votata all'unanimità, ma richiamo anche l'articolo 143 del codice di procedura penale, il cui comma 1 reca: «L'imputato che non conosce la lingua italiana ha diritto di farsi assistere gratuitamente da un interprete, al fine di poter comprendere l'accusa contro di lui formulata e di seguire il compimento degli atti cui partecipa. La conoscenza della lingua italiana è presunta sino a prova contraria per chi sia cittadino italiano».
Ma aggiungo che, nell'esperienza di tutti i giorni, anche quando uno straniero conosce bene la lingua italiana il giudice nomina ugualmente un interprete.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 1.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).


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(Presenti e Votanti 415
Maggioranza 208
Hanno votato
183
Hanno votato
no 232).

Prendo atto che l'onorevole Grillo non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 1.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.

GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio rispondere brevemente alle osservazioni del collega Messa. Mi rendo conto di essere stato in precedenza un po' frainteso. Tento di chiarire con un esempio.
Se una persona viene arrestata (come nell'esempio citato in precedenza) in flagranza di reato, la legge prevede che sia immediatamente tradotta presso un istituto penitenziario. Si tratta di una scelta anche di garanzia per il soggetto, che così viene sottratto alla sfera della potestà delle Forze di polizia per essere posto a disposizione dell'autorità giudiziaria. Con la disposizione che intendiamo sopprimere, le persone imputate nei procedimenti comunque sono immediatamente tradotte presso gli istituti penitenziari, dove sono anche garantite rispetto all'influenza delle Forze di polizia. Per gli stranieri, invece, decorrono 48 ore nell'ambito del procedimento di convalida; ma se tale convalida non è necessaria perché il tempo di trattenimento è inferiore a 48 ore, il procedimento può definirsi in qualunque luogo.
È proprio tale dizione che ci preoccupa; con l'indicazione di qualunque luogo può intendersi una caserma, un luogo indefinito, un edificio scolastico. Non voglio assolutamente fare del terrorismo con le mie obiezioni, ma intendo aprire un dialogo, e ringrazio i colleghi che aprono questo dialogo con me. Ricordo che per qualunque luogo può intendersi anche uno stadio; e sappiamo bene cosa evochi questo luogo per tutti noi in termini di rispetto delle libertà e delle garanzie democratiche!
Per tale motivo, riteniamo che i periodi settimo e ottavo del comma 1, capoverso 5-bis, dell'articolo 1 debbano essere soppressi. I centri di permanenza temporanea, oggi degradati ed indecenti, costituiscono comunque un luogo di garanzia per quei presidi democratici che noi stessi abbiamo voluto e previsto.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 18,50)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Condivido le dichiarazioni equilibrate del collega Sinisi. Mi preme però replicare brevemente, con spirito di dialogo ma stigmatizzandola, ad un'espressione utilizzata dal collega Saponara, in genere molto equilibrato. Egli ha affermato che abbiamo fatto del terrorismo. Non sono d'accordo, collega Saponara, e mi dispiace che lei abbia taciuto finora ed abbia preso la parola solamente adesso, sbagliando peraltro il riferimento all'emendamento. Non si trattava più dell'emendamento in materia di interpreti; stavamo esaminando gli emendamenti Mascia 1.8, prima, ed adesso l'emendamento Mascia 1.9. E, comunque, di terroristico non vi è proprio nulla.
Tali emendamenti riguardano un periodo dell'articolo 1 del provvedimento in esame che dispone come segue: «In attesa della definizione del procedimento di convalida, lo straniero espulso è trattenuto in uno dei centri di permanenza temporanea ed assistenza, di cui all'articolo 14, salvo che il procedimento possa essere definito nel luogo in cui è stato adottato il provvedimento di allontanamento anche prima del trasferimento in uno dei centri disponibili».
Quindi, siamo nella situazione in cui si dispone, a mio parere, anche in questo caso non rispettando le garanzie costituzionali, che devono valere sia per gli italiani che per gli stranieri, come la Corte costituzionale ha più volte ribadito. Voteremo tra poco un emendamento al capoverso 5-ter e vedremo che il giudice di


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pace emanerà i suoi provvedimenti esercitando il suo mandato all'interno delle questure e con le risorse disponibili, che verranno fornite in questo caso dal Ministero dell'interno; e addirittura in tale caso ciò potrà avvenire in un luogo indefinito. Infatti, non viene definito tipologicamente di quale luogo si tratti, ma si lascia un margine di arbitrio, che francamente noi riteniamo costituzionalmente inaccettabile, soprattutto dal punto di vista delle più elementari garanzie di tutela della persona umana.
Se questo, amico e collega Saponara, è fare terrorismo, io le consiglierei in futuro di polemizzare tutte le volte che vuole, perché sa quanta amicizia e rispetto io abbia per lei, ma di non usare un termine che non si adatta né alla questione dell'interprete, su cui si può discutere, né a quella che invece adesso stiamo discutendo, che con l'interprete non c'entra nulla, ma che tratta del luogo in cui viene definito il procedimento. Dire che può essere definito «in qualunque luogo» è un tipo di ipotesi normativa che francamente (tra poco non sarà più un'ipotesi ma una norma di legge, anche se mi auguro che presto venga definita incostituzionale dalla Corte costituzionale), in base addirittura all'articolo 2 della nostra Costituzione (neanche agli articoli 3, 13 o 24), che riguarda i diritti inviolabili dell'uomo, noi non possiamo accettare.
Per questo motivo, invito a votare a favore dell'emendamento Mascia 1.9.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 1.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 421
Maggioranza 211
Hanno votato
181
Hanno votato
no 240).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Amici 1.25, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 416
Maggioranza 209
Hanno votato
179
Hanno votato
no 237).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 1.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 403
Maggioranza 202
Hanno votato
174
Hanno votato
no 229).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Leoni 1.26.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, il collega Messa, molto garbatamente e con argomentazioni che hanno attratto la mia attenzione, parlava, giustamente, del giudice di pace come di un giudice terzo, che deve assicurare questa sua terzietà.
Collega Messa, di che cosa stiamo parlando in questo momento? Stiamo esaminando un emendamento che mira ad abrogare la disposizione che afferma che le questure forniscono al giudice di pace, nei limiti delle risorse disponibili, il supporto occorrente e la disponibilità di un locale idoneo. Il giudice di pace, che dovrebbe assicurare la sua terzietà e che


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dovrà pronunciarsi su un provvedimento della questura, sarà, cioè, ospitato in questura. Non appaia a nessuno, né a lei né agli altri colleghi che di queste cose se ne intendono molto più di me, una questione di lana caprina; ma il fatto che il giudice, oltreché ad essere imparziale, debba anche apparire imparziale è uno dei princìpi sacri della nostra giurisdizione.
Ebbene, tutto farà questo giudice di pace, ospitato in questura, che dovrà pronunciarsi su provvedimenti della questura, tranne che apparire imparziale - questo lo capiscono tutti! -, oltre a mettere nel conto la possibilità di condizionamenti per una scelta del genere.
Allora, cosa dice esattamente il vostro testo? Si riconosce il fatto che, a differenza dei giudici ordinari, i giudici di pace, soprattutto in alcune zone del paese più investite dal fenomeno della immigrazione clandestina, non avranno la strumentazione necessaria per occuparsi dei provvedimenti sui quali esprimere il loro giudizio di convalida; e quindi, come risolvete voi questo problema?
Lo risolvete stabilendo che ci penseranno le questure, cioè l'autorità di pubblica sicurezza che ha emesso il provvedimento sulla cui convalida il giudice di pace dovrà pronunciarsi come terzo imparziale.
Credo che la soluzione che proponete sia tale da far sobbalzare chiunque creda nei valori dell'imparzialità e dell'indipendenza della magistratura, soprattutto perché, nel caso di specie, vengono in rilievo provvedimenti relativi alla libertà personale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Provera. Ne ha facoltà.

MARILDE PROVERA. Signor Presidente, come ci è stato ricordato poco fa dal collega Sinisi, contrariamente a quanto avviene nel caso di arresto, per così dire, ordinario, qui siamo di fronte ad una forma di detenzione che non è disposta a garanzia di colui che è «trattenuto», ma che, al contrario, lascia permanere tutti gli elementi di rischio a tale situazione connessi. Se a ciò aggiungiamo quanto previsto dal comma 5-ter di cui ci stiamo occupando, ci accorgiamo che, come ha precisato poc'anzi il collega Leoni, le garanzie e le possibilità di difesa della persona - ristretta in un luogo non familiare ed anzi ostile ed in una condizione di subordinazione psicologica oltre che fisica - sono davvero molto basse.
In tale contesto, colui che si appresta a giudicare la persona in questione è un giudice di pace la cui indipendenza, prerogativa fondamentale del giudicante, non viene garantita. Infatti, il giudice di pace è chiamato a convalidare il provvedimento di accompagnamento alla frontiera non nella sede ordinariamente deputata all'esercizio della funzione giurisdizionale, ma in locali forniti dalle questure, in locali di pertinenza dell'autorità che - aspetto che preme anche all'opinione pubblica - ha emesso il provvedimento da convalidare. Oltretutto, il giudice di pace è pressato dal fatto di dover decidere tempestivamente.
Insomma, i locali e gli strumenti vengono messi a disposizione del giudice di pace dalla questura nei limiti delle risorse disponibili e, dunque, con modalità che non sembrano poste in connessione, sul piano funzionale, con il carattere di necessità che caratterizza l'esercizio della funzione giurisdizionale, il «lavoro» che il giudice di pace deve svolgere (proprio ieri, in quest'aula, molti colleghi hanno polemizzato con il Governo per le scarse disponibilità assegnate alla Polizia di Stato dal disegno di legge finanziaria).
Quindi, la Polizia di Stato deve garantire un diritto fondamentale previsto dalla Costituzione, ma poco rispettato dal provvedimento in esame. Infatti, molto difficilmente una questura, dotata di pochi fondi, potrà mettere a disposizione del giudice di pace e del povero immigrato un interprete in grado di aiutarli a capirsi.
Per questi motivi chiediamo che il comma 5-ter venga soppresso. Aggiungendo ulteriori elementi negativi ad un quadro complessivamente sfavorevole (per i locali in cui si svolge l'udienza per la


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convalida, per le scarse disponibilità delle questure, anche di quelle che fossero propense a dimostrare una buona disposizione nei confronti della persona trattenuta, per l'impossibilità per quest'ultima di essere garantita attraverso la sua presenza, perché un emendamento in tal senso è stato respinto, per l'impossibilità di godere dell'assistenza di un interprete in caso di audizione), esso finisce per negare la tutela della libertà della persona, la quale potrà bensì proporre ricorso per cassazione, ma quando, ormai, non sarà più presente nel nostro paese. Di quale tutela della libertà della persona stiamo parlando?
Ecco perché chiediamo che il comma 5-ter dell'articolo 1 del decreto-legge in esame sia soppresso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, precedentemente ho fatto cenno (ne abbiamo parlato anche in sede di discussione sulle linee generali del provvedimento) alla particolare delicatezza (è un eufemismo, ma utilizzo questa espressione, perché il mio amico Michele Saponara non dica che faccio terrorismo con le parole) del capoverso 5-ter, che vorrei leggere, perché non è detto che tutti i colleghi presenti in quest'aula abbiano avuto il tempo di leggerlo: «Al fine di assicurare la tempestività del procedimento di convalida dei provvedimenti di cui ai commi 4 e 5 ed all'articolo 14, comma 1, le questure forniscono al giudice di pace, nei limiti delle risorse disponibili» - sottolineo quest'ultima espressione - «il supporto occorrente e la disponibilità di un locale idoneo». Ora vorrei leggervi l'articolo 110 della Costituzione della Repubblica italiana: «Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al ministro della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia».
Credo che solo un non vedente (uso un'espressione politically correct), ma un non vedente dal punto di vista ideologico e non fisico, potrebbe non rendersi conto del palese contrasto che esiste tra una norma ordinaria di questo tipo, per di più introdotta con decretazione d'urgenza, e la norma costituzionale. Il ministro della giustizia Castelli non ha nulla da dire al riguardo? E lei, sottosegretario di Stato per l'interno, onorevole D'Alì, persona competente e sempre attenta alle questioni delicate sotto il profilo istituzionale? Ma vi rendete conto che stabilite che un organo dipendente dal Ministero dell'interno, ossia le questure (ed è giusto che siano dipendenti dal Ministero dell'interno), forniscano al giudice di pace, nei limiti delle risorse disponibili (quindi, se c'è bene, altrimenti non si fa), il supporto occorrente e la disponibilità di un locale idoneo? Questa norma fa a pugni con la Costituzione, non soltanto perché, onorevoli Benedetti Valentini e Messa, che avete interloquito con equilibrio in questo dibattito, deve essere il ministro della giustizia competente al riguardo, ma anche perché (e il collega Leoni lo ha detto per primo in questo mini dibattito sull'emendamento in questione) la terzietà e l'indipendenza del giudice sono manomesse in radice. Magari, ad un giudice che si comporterà in un certo modo, sarà messo a disposizione un bel locale (bello fra virgolette, perché le nostre questure non sono lussuosamente strutturate) e si cercherà di creare quel minimo di conforto logistico che gli permetta di esercitare con dignità il suo lavoro. Ma quello è un giudice! Non è un funzionario di polizia! È uno che decide sulla libertà delle persone! Per questo motivo, la Costituzione attribuisce le competenze in questione al CSM o al ministro della giustizia! Può essere la migliore questura del mondo, possono essere i migliori funzionari e le migliori stanze del mondo (ma non lo saranno), tuttavia è impensabile dar corso ad un procedimento di tipo giurisdizionale in queste condizioni! È patente l'incostituzionalità di questa norma!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.


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GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ieri ho introdotto l'argomento della violazione dell'articolo 110 della Costituzione. Vorrei richiamare la vostra attenzione sul circuito che si innesca attraverso questa scelta.
Il giudice di pace competente per la convalida del provvedimento che dispone l'accompagnamento coattivo sarà il giudice di pace scelto dal funzionario di polizia che individuerà il centro di permanenza temporanea. Ho fatto l'esempio delle 25 cittadine moldave, che, fermate a Udine, erano a Caltanissetta; per il loro accompagnamento coattivo sarà competente il giudice di pace di Caltanissetta! Se il funzionario di polizia avesse deciso di portarle a Roma, sarebbe stato il giudice di pace di Roma!
Ma il circuito va avanti e, oltre alla violazione dell'articolo 25, vi è la violazione dell'articolo 110 della Costituzione, perché quel giudice di pace, pur territorialmente competente, anche se in violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge, sarà poi un giudice al quale potranno essere sottratti dal Ministero dell'interno quei supporti e quei locali necessari per esercitare la sua funzione.
Cari colleghi, quando il nostro Costituente volle che tutta la materia dell'organizzazione giudiziaria fosse affidata al ministro della giustizia, fu proprio per evitare che ci fossero interferenze, che ci fosse la possibilità di avere delle intrusioni all'interno del sistema giudiziario, proprio attraverso la sottrazione o la dazione dei mezzi che potessero così negare oppure favorire la funzione giudiziaria. Non è soltanto una questione amministrativa, è una grande questione di libertà. Se poi aggiungiamo all'ultimo degli anelli di questo circuito perverso che questi provvedimenti saranno a pagamento, perché si riceveranno 10 euro per ogni provvedimento, possiamo constatare che veramente abbiamo introdotto un sistema che io trovo imbarazzante. Si sceglie il giudice, si dice se il giudice può avere o non avere i mezzi a disposizione e lo si paga per quello che fa.
Io credo che questo sia davvero un punto nodale su cui ciascuno di noi è chiamato a riflettere, non soltanto perché stiamo parlando di stranieri, ma perché stiamo introducendo davvero un vulnus al nostro sistema delle garanzie costituzionali ed istituzionali.
Questo, cari colleghi e cari amici presenti qui in Parlamento, rischia di essere un pericoloso e devastante precedente in termini di interpretazione autentica di tutte le norme del sistema delle garanzie del nostro ordinamento. Vi prego di riflettere e di tornare a dare al giudice naturale quella precostituzione che è prevista dalla Costituzione, di restituire al giudice l'indipendenza, anche attraverso la non subordinazione rispetto ai mezzi, che devono essere conferiti dallo stesso ministero di appartenenza (quindi dal Ministero della giustizia), di riflettere, come vedremo più avanti, sul fatto che si debba essere pagati un tot per ogni provvedimento, perché quando si parla di libertà, cari colleghi, è difficile trovare la misura in euro (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 1.26, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 394
Votanti 393
Astenuti 1
Maggioranza 197
Hanno votato
166
Hanno votato
no 227).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Bellillo 1.17. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.


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CARLO LEONI. Signor Presidente, vi è il caso, che noi solleviamo con questo emendamento, di uno straniero per il quale non sia stato possibile eseguire con immediatezza il respingimento, cioè di uno straniero che ha subito il provvedimento, ma che, non per colpa sua, si trova ancora sul territorio del nostro paese.
Voi, secondo la normativa prevista da questo decreto, nel caso in cui gli organi di polizia dovessero trovare uno straniero in queste condizioni, prevedete l'arresto. Ne parleremo più avanti. Noi, con questo emendamento, proviamo a dire, facendo ragionare su questo punto, che per lo straniero che sia in queste condizioni, non per colpa sua, ma perché per le più varie ragioni non è stato possibile eseguire con immediatezza il procedimento, valga almeno quella parvenza di garanzie che sono previste nel capoverso 5-bis, che noi abbiamo criticato e che volevamo abolire. Ma almeno che valgano queste garanzie!
Quindi, chiedo ai colleghi, se non si vuole andare avanti alla cieca nel prevedere che comunque scatti, per chiunque, anche per chi non ha alcuna responsabilità, la misura detentiva (una misura detentiva sulla quale discuteremo tra poco, con gli emendamenti che la riguardano), che almeno si valuti la situazione soggettiva ed oggettiva delle persone interessate! Che almeno in questo caso si faccia valere quella parvenza di garanzie che sono presenti nel comma che pure noi abbiamo criticato (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bellillo 1.17, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 407
Votanti 406
Astenuti 1
Maggioranza 204
Hanno votato
174
Hanno votato
no 232).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 1.27, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 416
Votanti 415
Astenuti 1
Maggioranza 208
Hanno votato
180
Hanno votato
no 235).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Sinisi 1.28.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.

VINCENZO SINISCALCHI. Signor Presidente, vorrei rivolgermi, con questo mio intervento, in particolar modo all'onorevole Landi di Chiavenna, se me lo consente; sappiamo, infatti, come egli sia un appassionato alfiere di questo provvedimento e sia versato nella materia.
Vorrei, dunque, sottoporre alla sua attenzione, onorevole Landi di Chiavenna, nonché a quella dei più accalorati colleghi che, soprattutto ieri, hanno trattato l'esame del provvedimento alla stregua di un bando necessario e di una «grida manzoniana» anziché come un vero e proprio disegno di legge, quanto segue.
Rivolgo un invito a riflettere sull'opportunità di cancellare, attraverso l'approvazione dell'emendamento soppressivo in esame, la previsione che, per la verità, è stata introdotta, non sussistendo nel testo originario del Governo, nel corso dell'esame


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svoltosi al Senato. Mi riferisco all'inserimento, al comma 2 dell'articolo 1, di questo capoverso 2-ter. Si potrebbe osservare: quod non fecerunt barbari...
Rivolgo tale invito in quanto con questa disposizione si appresta un meccanismo che produrrà la dissoluzione completa di tutte queste vostre passioni; infatti, in un solo comma complesso, partito in tre lettere - le lettere: a); b); c) -, si stravolgono tre principi costituzionali e la stessa sistematica del codice penale.
Onorevole Landi, mi sono rivolto a lei...

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Troppo onore!

VINCENZO SINISCALCHI. ...proprio perché quanto sto osservando ritengo possa essere utile; infatti, credo ancora nei paradossi. Con questa ipocrita forma di ossequio portata alla Corte costituzionale, vi siete limitati, per così dire, a mettere una pezza a colori sulla questione delle garanzie della giurisdizione senza esservi in alcun modo occupati del combinato disposto dell'articolo 3 e dell'articolo 27 della Carta circa il concetto di pena. Ricordo che la disposizione in questione modifica il decreto legislativo n. 286 del 1998, la cosiddetta legge Turco-Napolitano; ritengo infatti che, stemperati gli entusiasmi, le passioni e anche gli eccessi, potremo convenire sulla sua considerazione come atto legislativo importante. Ebbene, tale legge, per questa parte normativa, non era stata modificata neppure dalla cosiddetta legge Bossi-Fini; invece, la maggioranza al Senato ha introdotto la previsione di un reato. Mi ricollego al riguardo all'introduzione; si tratta in questo caso di trattare in un certo modo i clandestini, non le persone in generale. Ciò, colleghi della maggioranza, rivela la coscienza che è alla base dell'introduzione di questa vera e propria fattispecie di reato, un vero e proprio delitto.
Si trasforma, dunque, una contravvenzione in un delitto; si viola uno dei fondamenti elementari del nostro ordinamento. In base alla disposizione in questione, infatti, le parole: «con l'arresto da sei mesi ad un anno» sono sostituite dalle seguenti: «con la reclusione da uno a quattro anni». Risparmio all'Assemblea la sottolineatura di tale particolare severità, di questa ferocia; non è questo il problema. È particolarmente grave invece - e la Corte costituzionale non potrà, per così dire, lasciar correre - il tentativo di trasformare l'autoritatività di un provvedimento amministrativo rendendo ancillare il diritto penale. E, dunque, si comprende perché non dia fastidio la delega al povero giudice di pace; tra l'altro, tali osservazioni derivano proprio dalle considerazioni fatte dai giudici di pace sconcertati dal provvedimento. Ma tralascio di soffermarmi su tale aspetto. Rendere ancillare il diritto penale per la realizzazione di un atto amministrativo! Siamo veramente all'hic Rodus, hic salta.
Questo capoverso, il 2-ter - che peraltro inasprisce le pene in caso di rientro e via dicendo, ma mi soffermo solo sui due principi fondamentali - non solo è incostituzionale ma viola il principio della separazione degli ordinamenti perché invade, con l'apparenza di rendere cogente un provvedimento amministrativo, un ambito nel quale non potrebbe disporre, stabilendo le pene e prevedendo la trasformazione della contravvenzione in delitto.
Proseguendo: questo testo raffazzonato ed affrettato, licenziato dal Senato, non tiene conto di un'altra serie di fattori. L'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale impone che vi siano, nelle nuove leggi, effetti abrogativi nei confronti delle leggi precedenti. Non è un dato formale, onorevoli colleghi: è un dato sostanziale. Va considerato che il passaggio che bisogna effettuare, attraverso il provvedimento in discussione, non solo è di modifica della legge Turco-Napolitano e della legge Fini-Bossi, ma anche di modifica delle leggi del 2000 e del 1999 sulla competenza penale del giudice di pace. Come si potrà giustificare che, in una competenza penale del giudice di pace prevista per pene fino a sei o - addirittura - quattro mesi di reclusione, si possano inserire fattispecie nuove, le quali prevedono


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tali pene e, soprattutto, introducono categorie di reati, aggravando la competenza penale dello stesso giudice di pace?
Ecco perché, senza ironia, ma con profonda serenità e convinzione, chiedo di voler prendere in considerazione la possibilità di estrapolare da questo provvedimento, al quale tenete tanto, il comma 2-ter dell'articolo 1. Vi sono anche altri aspetti di questo provvedimento sui quali non concordiamo affatto, ma ciò significherebbe veramente voler riportare la razionalità in una discussione che sembra fatta intorno ad un bando di cacciata dei migranti, che commettono chissà quale reato, mentre, in realtà, sono vittime di una grande tragedia sociale e mondiale (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.

GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, cercherò di essere il più didascalico possibile.
Sono intervenute due sentenze della Corte costituzionale, la n. 222 e la n. 223, entrambe dell'8 luglio scorso. La sentenza n. 222 dichiara l'illegittimità di un comma della legge Bossi-Fini, riguardante il mancato intervento del giudice in un provvedimento limitativo della libertà personale, quale l'accompagnamento coattivo.
La sentenza n. 223 dichiara l'illegittimità costituzionale di un decreto-legge del 2002, che modifica la legge Bossi-Fini e che ha introdotto un sistema sanzionatorio nuovo, prevedendo l'arresto obbligatorio in flagranza per un reato per il quale era prevista la contravvenzione. La Corte costituzionale ha ritenuto altresì irragionevole l'arresto obbligatorio in flagranza per un reato contravvenzionale, la cui pena va da sei mesi ad un anno di arresto.
Il Governo non aveva posto rimedio a tali rilievi della Corte costituzionale. Ci ha pensato il Senato. La cosa più ragionevole da fare era prendere atto che una condotta che, in buona sostanza, sanziona la violazione di un obbligo amministrativo non potesse avere come conseguenza l'arresto obbligatorio in flagranza, perché il codice di procedura penale prevede che ciò sia possibile soltanto per delitti la cui pena sia superiore a cinque anni di reclusione, fino all'ergastolo.
Il legislatore del Senato, invece di prendere atto di tale sentenza della Corte costituzionale, ha aumentato le pene, trasformando la contravvenzione in delitto e prevedendo una pena da uno a quattro anni di reclusione. È una totale inversione, del tutto elusiva della stessa sentenza della Corte costituzionale.
Onorevoli colleghi, non possiamo decidere, in quest'aula, che per un sorpasso in curva si preveda la pena dell'ergastolo. La congruità della pena la dobbiamo determinare in relazione all'offensività sociale del comportamento e al disvalore della condotta.
Stiamo prevedendo, per una violazione di un provvedimento amministrativo di pubblica sicurezza, quale il decreto di espulsione, una pena da uno a quattro anni, dimenticando che nel nostro ordinamento vi è un'altra norma, l'articolo 650 del codice penale, che stabilisce che chiunque violi un provvedimento amministrativo dettato da ragioni di pubblica sicurezza è punito con l'arresto fino a tre mesi.
Che cosa stiamo facendo? Al cittadino italiano che viola il provvedimento dell'autorità di pubblica sicurezza è applicata una pena fino a tre mesi di arresto e per un cittadino straniero che viola un provvedimento amministrativo di pubblica sicurezza, come il decreto di espulsione, è prevista una pena da uno a quattro anni di reclusione e l'arresto obbligatorio in flagranza.
Cari colleghi, la irragionevolezza di questa vostra scelta e la irragionevolezza del Senato che, mi auguro, non sia quella della Camera, è in totale disprezzo della sentenza della Corte costituzionale, ma anche dei principi che sono stati citati, in particolare, di quello previsto dall'articolo 3 della Costituzione, che vuole innanzitutto


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che vi siano trattamenti uguali per situazioni uguali e trattamenti diversi per situazioni diverse e che non consente di compiere questa operazione un po' rozza, che porterà ad una nuova censura costituzionale.
Stiamo introducendo un sistema diverso per gli stranieri nel nostro ordinamento, pene più gravi e sanzioni processuali diverse. Credo che ciò sia del tutto inammissibile e vi invito ancora una volta a compiere una riflessione e a non rompere l'unità del sistema e delle previsioni democratiche, che sono quelle penali e amministrative che insieme abbiamo scelto, per far sì che questa sia una nazione nella quale i diritti degli uguali siano sanciti e voluti dalla Costituzione e dalle leggi. È un passo pericoloso che stiamo compiendo e mi auguro che trovi la sensibilità di quanti di voi, giuristi nelle aule di tribunale, ma sensibili nelle aule del Parlamento, accoglieranno questo nostro emendamento per ripristinare eguaglianza nelle norme e soprattutto eguaglianza nella legge (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Landi di Chiavenna. Ne ha facoltà.

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Mi corre l'obbligo, vista la correttezza e la delicatezza con cui il collega Siniscalchi si è rivolto al sottoscritto, di fare una precisazione.
In realtà, non mi risulta, a meno che non abbia interpretato male il testo della legge, che sia prevista un'estensione delle funzioni e delle competenze del giudice di pace attraverso anche l'elevazione della pena da uno a quattro anni. In realtà, secondo la ratio della norma, l'extracomunitario trovato in forma clandestina sul territorio dello Stato, al quale sia stata irrogata la sanzione amministrativa dell'espulsione e che non abbia provveduto spontaneamente, evidentemente, ad abbandonare il territorio dello Stato, nonostante sia stata inflitta a questa persona un provvedimento meramente amministrativo, viene sottoposto al giudizio penale e, quindi, verrà tradotto di fronte all'autorità giudiziaria competente, visto che stiamo parlando di un'ipotesi di reato che configura un delitto, in quanto la pena edittale va da uno a quattro anni. Quindi, credo che il giudice di pace non abbia nulla a che vedere con questa specifica questione.
Nel merito - e credo che sia d'obbligo dare una risposta a tutte le affermazioni di principio che sono state spese in due ore di dibattito -, ripeto quanto ho già detto ieri, ma credo che sarà molto difficile ottenere una risposta dai rappresentanti del centrosinistra, perché mi pare che le posizioni siano estremamente diverse sul vero nodo della questione, ossia come affrontare seriamente il problema dell'immigrazione clandestina e come rendere possibile, attraverso un sistema di norme, l'espulsione dal territorio italiano di chi non ha titolo per rimanervi.
Mi pare che la posizione della Margherita diverga da quella dei Democratici di sinistra, fino a giungere alle posizioni assolutamente estreme di Rifondazione comunista, che potrei così sintetizzare: dentro tutti gli extracomunitari, fuori tutti gli italiani dall'Italia (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale). Mi pare che, sostanzialmente, sia questo il punto al quale volete arrivare e disgraziatamente, se doveste tornare a governare, purtroppo temo che avrete anche la responsabilità di espellere dal territorio italiano gli italiani!

MARILDE PROVERA. Questo lo avete fatto voi negli anni passati!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non credo che ci sia qualcuno che ha diritti minori degli altri. L'intolleranza che blocca i discorsi di una parte è sbagliata. L'onorevole Landi di Chiavenna ha ascoltato gli altri interventi educatamente, quindi ascoltatelo!

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Onorevole Provera, quando lei non ha


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pudore nel definire il giudice di pace un giudice non sereno perché condizionato sul piano politico dal fatto di ricevere un emolumento per ogni provvedimento di espulsione, mi pare, francamente, che abbia superato ogni limite, di corretto dibattito parlamentare.
Al di là di tutto ciò, la domanda che continuerò a ripetere, da qui fino alla fine di questo dibattito politico, è - e questo non dovete dirlo al Parlamento o alle forze maggioranza, ma dovete assumervi la responsabilità di dirlo ufficialmente, pubblicamente, realmente al popolo italiano - se intendete contrastare seriamente ogni forma di immigrazione clandestina e irregolare. Se questo è veramente il vostro intendimento, dovete spiegarci come intendete farlo. Non con questo ipergarantismo che - è dimostrato e provato dai fatti - non ha prodotto alcun risultato (Commenti di deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
Voi sapete perfettamente che con i provvedimenti di espulsione amministrativa il 50 per cento degli intimati non ha abbandonato il territorio dello Stato ed è rimasto egualmente, nonostante i provvedimenti in via amministrativa, in forma clandestina, sul territorio dello Stato italiano. Allora, qui, si pone il problema. Noi crediamo di poter risolvere il problema delle espulsioni attraverso i meccanismi che abbiamo introdotto e stiamo introducendo; se avete idee migliori, ditele, manifestatele, ma fateci sapere, e fate sapere agli italiani, se volete contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, perché questo è l'unico modo per dare risposte agli italiani (Commenti del deputato Maura Cossutta).
Volete farlo? Ditelo per cortesia! Perché finora abbiamo soltanto sentito bellissime dichiarazioni, petizioni di principio, affermazioni di diritto, ma, in realtà, non avete dato risposte concrete. Con voi - l'ho già detto ieri e lo ripeto - sono entrati in Italia, in cinque anni di governo del centrosinistra, più di un milione di clandestini. Noi stiamo cercando di espellerli e ne abbiamo regolarizzati molti, però vogliamo sapere da voi, se disgraziatamente doveste ancora avere responsabilità di governo, su quali provvedimenti seri gli italiani possono contare per avere la certezza che non porterete nuovamente l'Italia allo sbando, all'insicurezza, di fatto, alimentando lo stato di xenofobia e di intolleranza che abbiamo trovato noi quando abbiamo assunto la responsabilità di governare il nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale, e dunque in un minuto posso soltanto dire, in risposta al collega Landi di Chiavenna, che noi vogliamo certamente che gli stranieri....

GUIDO DUSSIN. Intervieni a titolo personale?

CARLO LEONI. Intervengo a titolo personale.

GUIDO DUSSIN. Allora, dì pure «io voglio».

MARCO BOATO. Basta, smettila!

CARLO LEONI. Noi vogliamo che gli stranieri possano essere ospitati regolarmente, e che regolarmente possano esercitare le loro funzioni lavorative, le loro funzioni sociali e civili - noi, collega Landi di Chiavenna, vogliamo il diritto di voto agli stranieri; non so più se Alleanza Nazionale crede ancora a questo obiettivo, visto che un anno e mezzo fa il Vicepresidente del Consiglio lo propose, ma poi non mi pare ci sia più tornato sopra -, e vogliamo regolarità nei ricongiungimenti familiari.

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Non avete mai fatto nessuna proposta vera!


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CARLO LEONI. Poiché la legge Bossi-Fini rende enormemente più difficile di prima il percorso di chi vuole lavorare regolarmente, vivere regolarmente, ricongiungersi regolarmente con la propria famiglia in Italia, la vostra legge incentiva la clandestinità e non la elimina affatto, il primo provvedimento da prendere per combattere la condizione di clandestinità è l'abrogazione della vostra legge Bossi-Fini, alla quale ci dedicheremo se riusciremo a conquistare il consenso della maggioranza degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sinisi 1.28, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 414
Votanti 413
Astenuti 1
Maggioranza 207
Hanno votato
177
Hanno votato
no236).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 1.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Provera. Ne ha facoltà.

MARILDE PROVERA. Signor Presidente, posto che non è certo il mio partito ad avere alle spalle una tradizione e una storia di espulsione di italiani, tanto meno per motivi di opinione - forse il suo, collega Landi di Chiavenna, non il nostro -, aggiungo che noi abbiamo piuttosto una cultura di accoglienza e di tutela dei diritti della persona, ed è esattamente questo il motivo - per stare in tema e non divagare per cercare di evitare i problemi, come lei ha fatto poco fa - per cui noi, con questo emendamento, proponiamo di sopprimere la lettera a) del comma 2-ter dell'articolo 1.
Con i due emendamenti successivi, gli emendamenti Mascia 1.12 e 1.13, proponiamo, invece, di sopprimere le lettere b) e c). Lo facciamo perché crediamo nella tutela del diritto e crediamo che quest'ultimo sia tale quando possa essere esercitato nei confronti di tutte le persone in modo eguale. Quando si identifica un diseguale, perché non ci piace tanto, se ne possono identificare anche altri. Forse, è da ciò che proviene la sua certezza che si possano avere espulsioni di italiani, cosa non nostra.
Con il provvedimento che voi proponete siamo di fronte al drastico inasprimento di sanzioni ed a limitazioni della libertà personale dello straniero irregolare come regola non certo di estrema ratio. Si tratta di una regola di asprezza che già trova, peraltro, applicazione nella disciplina della convalida delle misure esecutive della polizia, che precede l'intervento del giudice sempre, e non solo nei casi eccezionali di necessità ed urgenza, come, invece, vorrebbe l'articolo 13, comma 3, della Costituzione. Dunque, si pone anche in questo caso il richiamo a possibili bocciature da parte della Corte costituzionale.
Siamo di fronte ad un inasprimento di tali regole che non tende, come voi dite, a porre un freno al traffico di migranti, ma a coprire l'immigrazione tout court. Il mio pensiero, in questi casi, va sempre alle molte schiere di emigranti italiani che hanno fatto le fortune del nostro Stato, che hanno avuto l'occasione di trovare, laddove in Italia sotto regimi autoritari non gli era concesso, una possibilità di emancipazione propria.
L'emendamento in esame ed i due seguenti tendono a sopprimere le modifiche apportate ai reati di cui agli articoli 13 e 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998, che hanno a loro volta una matrice comune nella reintroduzione dell'arresto dello straniero nei casi oggetto della censura di incostituzionalità di cui alla sentenza n. 223 del 2004, che ci ha portati alla discussione di tale provvedimento. In


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tale prospettiva, le contravvenzioni vengono trasformate in delitti e, quindi, effettivamente stravolte nella loro lettura. Per le tre fattispecie delittuose viene aumentata la pena detentiva per questo tipo di persone. Per i due casi di arresto facoltativo previsti dalla normativa precedente vi è la trasformazione in arresto obbligatorio.
Dunque, siamo di fronte ad un inasprimento tale dei provvedimenti per cui per una fattispecie di persone specifica, e non per l'insieme della popolazione residente ed operante in Italia, vi è la possibilità di un provvedimento per reato amministrativo decisamente più grave rispetto a quello che dovrebbe esservi in tali casi per distinguerli dai reati penali.
Voi aggirate il tutto trasformando in reato penale tali provvedimenti. In questo è l'ingiustizia profonda, un'ingiustizia che definisce una legge proprio per gli immigrati, perché vuole colpire l'immigrazione straniera, fatti salvi i pochi casi di stretta necessità di sfruttamento che pensate si possa fare su queste persone. Differentemente, varrebbe il diritto di garanzia della persona in quanto persona, con la completezza della sua intelligenza e facoltà, sia essa italiana o straniera, sia essa straniera degli Stati Uniti sia essa straniera del Marocco (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, devo dire che l'argomentare del collega Landi di Chiavenna mi ha particolarmente colpito, laddove ha evocato la questione dell'ipergarantismo che noi staremmo utilizzando in questa nostra battaglia parlamentare. Ricordo perfettamente l'entusiasmo con il quale il collega Landi di Chiavenna ha approvato le leggi che ormai nei libri di storia vengono definite come le leggi vergogna: il suo era, lo ripeto, autentico entusiasmo allorché approvava le norme che di fatto depenalizzavano, ad esempio, il falso in bilancio o andavano a scovare eccezioni postume per annullare le attività istruttorie dei giudici di Milano nei processi a carico dell'onorevole Previti. Oggi, tutto questo diventa ipergarantismo, anche se è cosa assai diversa.
Onorevole Landi di Chiavenna, ella elude le questioni che le stiamo correttamente ponendo. Lei utilizza un'espressione che a noi piace poco quando parla di lotte di contrasto in danno degli extracomunitari o, come lei li definisce, dei clandestini. La questione non è questa! Lasciamo questa battaglia a lei, alla sua parte politica, alla coalizione per la quale lei si sta battendo. La questione vera riguarda i modi democratici - essi garantiti - attraverso i quali si deve condurre questa vostra battaglia contro gli stranieri.
È proprio qui la questione che lei elude, perché il provvedimento che stiamo esaminando ed approvando costruisce un sistema sanzionatorio particolarmente odioso in quanto iniquo, irragionevole ed irrazionale. Lei dovrebbe sapere, come operatore del diritto, che funzione della norma è quella di porre una regola giusta: quando si introduce una regola palesemente ingiusta, si fa del male alla legge ed all'ordinamento giuridico, perché la legge palesemente ingiusta è un incentivo all'illegalità. Ebbene, voi state costruendo un sistema sanzionatorio che è palesemente, in modo conclamato, ingiusto ed iniquo! State costruendo - ve lo hanno detto anche altri colleghi - un diritto penale speciale: un diritto penale per gli stranieri! State costruendo procedure processuali concepite e pensate esclusivamente per gli stranieri, tutte particolarmente rigorose verso fasce sociali che sono poi le più deboli.
In quest'aula parliamo spesso del fatto che stiamo costruendo un diritto penale sulla base del cosiddetto doppio binario; ha ragione la collega Mascia, perché è vero che ne stiamo aggiungendo un terzo: oltre al binario contro i reati della criminalità organizzata, oltre al binario del diritto penale ordinario, stiamo costruendo il diritto penale dei poveracci. Su questo


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piano, credo che lei debba ricordare qualche cosa, perché il diritto penale dei poveracci stava già scritto nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza: mi riferisco, ad esempio, al reato - dichiarato incostituzionale - che puniva le persone che dormivano sotto i ponti, oppure al reato, presente nel codice penale di molti decenni fa, che puniva la mendicità. Ebbene, su di essi la Corte costituzionale, già da tanti anni, si è pronunciata dichiarando che si trattava di norme scritte in danno di una fascia sociale particolarmente debole, che in un regime costituzionale democratico integravano figure e comportamenti sanzionati in modo odioso ed inaccettabile. Voi ora state facendo qualcosa di assai simile.

PRESIDENTE. Onorevole Bonito, la invito a concludere il suo intervento.

FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, le chiedo solo pochi istanti per terminare. Intanto preannuncio che concluderò le mie argomentazioni intervenendo a margine di un altro emendamento, sul quale esprimerò un voto favorevole.
Il Governo è intervenuto soprattutto perché è intervenuta la Corte costituzionale, che ha sancito alcuni principi. Voi avete eluso la sentenza della Corte costituzionale e questo, sotto l'aspetto politico, culturale, storico ed istituzionale, è gravemente scorretto! La Corte costituzionale vi ha detto che siete stati troppo severi. La vostra risposta è stata: noi non siamo più severi, ma siamo semplicemente cattivi. Perché cattivi siete stati, attraverso le norme che avete scritto, come cercherò di dimostrare nel mio prossimo intervento (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Ascoltando l'onorevole Landi di Chiavenna, ho notato che egli si è lasciato un po' andare, dicendo in tal modo la verità. Bene, perché fino ad ora avevamo ascoltato gli altri interventi, che ci rassicuravano del fatto che non si tratta di violazione di principi costituzionali. Invece, l'onorevole Landi di Chiavenna, lasciandosi andare, ha detto la verità, palesando peraltro la matrice della sua cultura, che legittima questo provvedimento. Una matrice culturale in virtù della quale è legittimo e possibile modulare e differenziare i diritti; una matrice culturale in virtù della quale è legittimo sacrificare i diritti, in nome di un grande, assoluto, valore: la sicurezza nazionale, la difesa della patria. Insomma, la storica grande paura: quella dell'invasione dell'Occidente.
Onorevoli colleghi, credo che proprio su questo siete già perdenti, oltre che, purtroppo, pericolosi. Se si considera legittimo, in nome della democrazia e della difesa di supremi valori, cedere sulla concezione dello Stato di diritto, non costruiamo una democrazia più forte, bensì più debole per tutti. Il collega Landi di Chiavenna prima ci sollecitava, chiedendoci cosa faremo, quando noi andremo al Governo, per risolvere questa grande, grandissima paura dell'invasione. Egli ci chiedeva: ci caccerete, noi italiani? Lo abbiamo detto con chiarezza, così come lo ha detto per la verità anche la Chiesa - lo dico sommessamente -, quella grande istituzione verso la quale dovreste essere attenti, visto che dite di rispettare i valori e le radici cristiane. Una Chiesa che da sempre è lungimirante e che guarda alla realtà in una prospettiva futura. Già la Chiesa vi ha fatto capire che quello dell'immigrazione è un fenomeno epocale, con il quale dobbiamo abituarci a convivere, trovando le regole per governare tale fenomeno.
Sappiamo che le politiche, quelle, prima di tutto, giuste e poi efficaci, sono quelle che fanno convergere una politica estera, una politica per la cooperazione e lo sviluppo, le politiche del mercato del lavoro, quelle di integrazione sociale...


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PRESIDENTE. Onorevole Maura Cossutta, la invito a concludere.

MAURA COSSUTTA. Ciò, al fine di garantire quello che è scritto nella nostra Costituzione, non solo nell'articolo 13, onorevole Landi di Chiavenna, ma anche negli articoli 11, 10 e 3: contro la guerra, per l'asilo e per l'uguaglianza! I nostri padri costituenti avevano un'idea del mondo, della società e della comunità, mentre voi, evidentemente, siete fuori da questa concezione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 1.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 399
Votanti 398
Astenuti 1
Maggioranza 200
Hanno votato
167
Hanno votato
no 231).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 1.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 402
Votanti 401
Astenuti 1
Maggioranza 201
Hanno votato
171
Hanno votato
no 230).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 1.13, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 394
Maggioranza 198
Hanno votato
167
Hanno votato
no 227).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 1.29, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 412
Maggioranza 207
Hanno votato
177
Hanno votato
no 235).

Avverto che l'emendamento Landi di Chiavenna 1.5 è stato ritirato.
Passiamo...

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Signor Presidente, dal momento che il Governo ha espresso un parere contrario sul mio emendamento 1.5, ho conseguentemente deciso di ritirarlo, per presentare un apposito ordine del giorno, nel quale ne ho trasfuso il contenuto, come concordato con il Governo. Vorrei pertanto soltanto motivare le ragioni di tale ritiro.

PRESIDENTE. Onorevole Landi di Chiavenna, potrà farlo dopo, quando passeremo all'esame degli ordini del giorno.


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Per il momento, l'Assemblea prende atto che c'è un ordine del giorno collegato al ritiro del suo emendamento 1.5.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bellillo 1.30, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 417
Votanti 416
Astenuti 1
Maggioranza 209
Hanno votato
175
Hanno votato
no 241).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Amici 1.31, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 410
Votanti 409
Astenuti 1
Maggioranza 205
Hanno votato
174
Hanno votato
no 235).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 1.14, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 418
Maggioranza 210
Hanno votato
176
Hanno votato
no 242).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 1.15, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 419
Votanti 418
Astenuti 1
Maggioranza 210
Hanno votato
177
Hanno votato
no 241).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 1.32.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, vorrei partire dal concetto di elusione del pronunciato dalla Corte costituzionale.
La Corte aveva affermato, in particolare, che la misura precautelare dell'arresto, prevista dalla legge al suo esame, non essendo finalizzata all'adozione di alcun provvedimento coercitivo, si risolveva in una limitazione provvisoria della libertà personale, priva di qualsiasi funzione processuale ed era, quindi, sotto questo aspetto, manifestamente irragionevole.
Come interviene allora il legislatore, o meglio il Governo? Il Governo ridetermina il regime sanzionatorio delle figure di reato previste dalla legge Bossi-Fini e, poiché ci si trovava (come suol dirsi), ha cercato di prevedere qualche cosa di più. È, pertanto, giunto ad articolare una sanzione anche per questo comportamento, signor sottosegretario dell'interno e collega Landi Di Chiavenna. È previsto l'arresto da sei mesi ad un anno quando l'espulsione è disposta, perché il permesso di soggiorno è scaduto.
Onorevole Landi di Chiavenna, lei che ha assunto le vesti scomodissime, peraltro, di condottiero in questa lotta ai clandestini, le vorrei rivolgere la seguente domanda:


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cosa c'entra con la lotta ai suddetti uno straniero, magari con la pelle nera o gialla, che si trova nel nostro paese, disponendo di un permesso di soggiorno regolarissimo e validissimo, e sta lavorando, in maniera onesta, e svolgendo il suo dovere (è onestissimo, paga le tasse, i contributi e produce)?
Ebbene, a lei può capitare di dimenticarsi il pagamento dell'assicurazione obbligatoria ed anche a me di dimenticare il pagamento della contravvenzione stradale che ricevo settimanalmente da parte del Ministero dell'interno! Invece, cosa capita a questa persona, onesta, che lavora, che è in possesso del permesso di soggiorno e che paga le tasse ed i contributi, per non aver chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno, signor sottosegretario (vorrei che non facesse finta di niente, ma che mi onorasse della sua attenzione)? Viene messo sotto processo; può esser condannato ad una pesante pena detentiva; viene sottoposto ad un giudizio per direttissima e cacciato dal nostro paese. Eppure, non era un clandestino! Eppure, non era un disonesto! Tutto ciò, anche nella vostra visione apocalittica e nel vostro disegno fortemente repressivo di contrasto alla clandestinità, mi pare assolutamente incoerente, iniquo e inutile. Anzi, è tanto più iniquo, quanto più è inutile!
In merito a ciò, non avete detto nulla, anzi questa norma l'avete scritta adesso, perché non era presente nella legge Bossi-Fini e, in qualche modo, vi è questo parossistico tentativo di diventare più realisti del re, di voler essere più di Bossi e più di Fini. Non lo so! Vorrei avere una risposta a questo mio interrogativo.
Rispetto ad un'altra figura di reato, delineata nell'articolato, è prevista la sanzione della reclusione da un anno a quattro anni e l'arresto obbligatorio al di fuori della flagranza di reato. E per che cosa? Per non aver richiesto il permesso di soggiorno nei termini prescritti! Stiamo parlando di una persona che ha già subìto un provvedimento amministrativo di espulsione, che si trova nel nostro paese, che può avere il permesso di soggiorno ma non lo richiede. Ebbene, a questa persona imponete un quadro normativo e sanzionatorio di questo tipo, con la possibilità di una condanna fino a quattro anni, di un processo per direttissima e, soprattutto, di arresto obbligatorio, al di fuori della flagranza.
Questo non è previsto neppure per l'omicidio, signor sottosegretario, neppure per il reato di cui all'articolo 416-bis. Signor sottosegretario, lei, che è uomo di Governo e di Sicilia, conosce bene questo reato, perché viene applicato in tutti i tribunali della Sicilia. Anzi, probabilmente nell'ambito del diritto penale più serio è la figura di reato più richiamata. Ebbene, per il 416-bis (Totò Riina, per capirci) non è previsto l'arresto obbligatorio al di fuori della flagranza. E voi arrestate un poveraccio con la pelle nera, che è stato espulso, che viene trovato nel nostro paese e che può avere il permesso di soggiorno soltanto perché non ne ha fatto richiesta? Lo sottoponete ad un giudizio per direttissima e poi lo mandate in galera!
E questo, secondo voi - secondo la maggioranza, secondo il Governo, soprattutto, e secondo l'onorevole Landi di Chiavenna -, è coerente con la lotta alla clandestinità. A me sembra una norma assurda, che proprio nella sua assurdità supera la nozione stessa di potere legislativo, nel senso che è così irragionevole ed irrazionale che anche la Corte costituzionale non potrà imputare alla competenza dell'esecutivo una scelta di questo tipo, perché troppo ingiusta. Ma, come dicevo prima, non si possono più neppure richiamare le categorie del diritto, perché siamo nella categoria della morale. Questa è una norma «cattiva» (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.

GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sarò assai breve. Vorrei soltanto svolgere un'ulteriore considerazione rispetto a quanto già detto prima.


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Ci troviamo nello stesso caso, ovvero pene incongrue ed irragionevoli per una condotta che, invece, nel nostro ordinamento è punita con contravvenzioni. Al contrario, per gli stranieri viene applicata la pena della detenzione, da uno a quattro anni.
Vorrei però sottolineare ancora un altro aspetto. Si tratta di pene previste per la violazione del provvedimento di espulsione, ovvero per chi si trattiene nel nostro paese in violazione del provvedimento di espulsione. Vorrei far presente che esiste anche un provvedimento di respingimento e che oggi si instaura una singolare distinzione tra questi due istituti, per cui si darà vita ad una sorta di corsa al respingimento, con l'elusione dei meccanismi di espulsione, in modo da rendere più armonico ed equilibrato il sistema. Tutto ciò proprio perché state introducendo una pena squilibrata e assai irragionevole.
Vorrei aggiungere alcune considerazioni brevissime, rivolgendomi all'onorevole Landi di Chiavenna. Non voglio aprire in questa sede una polemica, ma siamo convinti - e siamo convinti davvero - di essere stati più bravi di voi a governare questo fenomeno. Lo abbiamo fatto non avendo nulla alle nostre spalle e costruendo un sistema prima inesistente. Lo abbiamo fatto tentando prima di tutto di rimuovere le cause nel bacino del Mediterraneo, assumendo anche provvedimenti di regolarizzazione o di sanatoria. Non mi vergogno certo di questo. Allora, vorrei far presente che tra questi ve ne era uno con cui si regolavano gli ingressi legali nel nostro sistema.
Onorevoli colleghi, ci stiamo accapigliando per 10 mila espulsioni in più o in meno. Invece, non ci rendiamo conto che aver ostruito l'ingresso legale nel nostro paese ha già prodotto, a distanza di un anno, oltre 50 mila tra colf e badanti clandestine. Inoltre, sono stati prodotti altri 200 mila clandestini ed esistono centinaia di migliaia di irregolari, grazie alla legge Bossi-Fini. Per questi, valgono proprio gli 80 mila non ricompresi nella sanatoria e di cui oggi nessuno sa cosa fare, perché è impossibile adottare un provvedimento di massa.
Onorevoli colleghi, ragionate! Non si può fare della politica dell'immigrazione un'azione meramente repressiva, senza capire che nella categoria degli interventi esistono prima la cooperazione internazionale, poi le opportunità di ingresso legale nel nostro paese e in fondo - solo in fondo - la repressione attraverso i rimpatri. Non tenerne conto significa fare una politica sbagliata, che non porterà frutti e che potremo contare a vostro danno, proprio a causa della clandestinità che state producendo con le vostre leggi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Landi di Chiavenna. Ne ha facoltà.

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Signor Presidente, al collega Sinisi e a tutti i colleghi credo non sfuggano i veri canali che determinano le sacche di clandestinità. Se qualcuno non li conosce, mi sia consentito di richiamarli: il 10 per cento della clandestinità si forma attraverso sbarchi via mare; il 16 per cento attraverso ingressi illegali, vale a dire con l'utilizzo di falsa documentazione; il 75 per cento attraverso ingressi regolari, che si trasformano in forme di permanenza irregolari, da parte di chi entra con permessi di soggiorno, visti turistici o permessi stagionali e non rientra nel paese di origine alla scadenza del permesso.
Da qui nasce l'esigenza di tutelare realmente le politiche della sicurezza, attraverso i meccanismi che stiamo introducendo. Mi riferisco all'introduzione del reato, anche contravvenzionale: abbiamo graduato, onorevole Bonito, come lei sa, l'intensità delle pene, per cui per chi è entrato clandestinamente ab origine si prevede l'aggravamento della pena, mentre per chi è entrato in forma regolare e non ha rispettato il termine di sessanta giorni per chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno si prevede il reato contravvenzionale. Tali provvedimenti sono stati adottati proprio al fine di contrastare il


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fenomeno dell'immigrazione clandestina e regolare, il cui 75 per cento si forma, lo ripeto, utilizzando i canali di ingresso regolari.
All'onorevole Bonito, che usa parole grosse - la «pelle nera», e via dicendo - ricordo che le rimesse degli extracomunitari complessivamente presenti sul territorio nazionale, sia regolari sia irregolari, ammontano a 4 miliardi di dollari su base annua. Dunque, non stiamo parlando di gente disperata, bensì di gente che è in grado di trasferire - il più delle volte senza utilizzare i canali legali, vale a dire i canali bancari - 4 miliardi di dollari nei propri paesi. Tali rimesse vanno a formare una delle voci più importanti dei bilanci e del prodotto interno lordo dei paesi a forte pressione migratoria. Non ci accusi di politiche razziste, perché intendiamo esclusivamente salvaguardare le politiche di ingresso regolare e garantire a chi viene in Italia una permanenza coerente con le esigenze di tutela della gente, contrariamente a quanto avete fatto voi (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Finocchiaro. Ne ha facoltà.

ANNA FINOCCHIARO. Signor Presidente, ho chiesto di parlare soltanto per osservare che quanto affermato dall'onorevole Landi di Chiavenna, per esprimerci nel linguaggio forense, costituisce un'aggravante.
Ancora non ci è stata data una risposta sul motivo per cui, pur funzionando la vostra legge così bene, una contravvenzione è stata trasformata in un delitto con una pena minima di un anno e massima di quattro anni.
Quanto alle rimesse degli extracomunitari che lavorano in Italia, lascerei perdere: non mi pare un argomento vincente, onorevole Landi di Chiavenna! Si potrebbe sottolineare il fatto che quei soldi sono il frutto del lavoro e forse anche dello sfruttamento nei confronti di tali soggetti...

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Droga e prostituzione! Droga e prostituzione, onorevole Finocchiaro! Droga e prostituzione, se lo ricordi!

ANNA FINOCCHIARO. ...e c'è qualcun altro in questo paese che i soldi all'estero li porta senza pagare le tasse che sarebbero dovute! Lasci perdere, è un argomento scivoloso per la Casa delle libertà (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 1.32, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 386
Votanti 385
Astenuti 1
Maggioranza 193
Hanno votato
167
Hanno votato
no 218).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Montecchi 1.33, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 381
Maggioranza 191
Hanno votato
166
Hanno votato
no 215).


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Prendo atto che l'onorevole Grillo non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bellillo 1.35, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 395
Maggioranza 198
Hanno votato
170
Hanno votato
no 225).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 1.36, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 392
Maggioranza 197
Hanno votato
168
Hanno votato
no 224).

Prendo atto che l'onorevole Grillo non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sinisi 1.37, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 393
Maggioranza 197
Hanno votato
171
Hanno votato
no 222).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 1.38, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 404
Maggioranza 203
Hanno votato
174
Hanno votato
no 230).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 1-bis.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, abbiamo esaurito l'esame dell'articolo 1 ed ora iniziamo quello di un articolo completamente diverso rispetto alle problematiche sin qui trattate. Facendo attenzione alla rubrica di questo articolo 1-bis, la cosa appare veramente singolare: «Misure di sostegno alle politiche di contrasto dell'immigrazione clandestina». Vista questa rubrica, ci saremmo aspettati un contenuto conseguente nella disposizione, ossia le misure di sostegno. Invece, la lettura veloce del testo, visto che è molto scarno, mette in evidenza che siamo di fronte ad una novità che produce un elemento di grande preoccupazione, almeno per quanto riguarda il centrosinistra, che vorremmo argomentare anche per dar conto a tutti colleghi della natura di questa norma.
Tale norma recita: «Il Ministero dell'interno, nell'ambito degli interventi di sostegno alle politiche preventive di contrasto all'immigrazione clandestina dei Paesi di accertata provenienza, contribuisce, per gli anni 2004 e 2005, alla realizzazione, nel territorio dei Paesi interessati, di strutture, utili ai fini del contrasto di flussi irregolari di popolazioni migratoria verso il territorio italiano». Questo testo pone in capo al Ministero dell'interno la possibilità della costruzione di una serie di strutture nei paesi di accertata provenienza


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dei flussi migratori. È del tutto evidente, colleghi - non è semplicemente un elemento evocativo -, che si tratta della cruda realtà oggettiva di quanto è successo, anche se in questa norma non viene citato, nelle settimane scorse con il respingimento forzoso verso la Libia degli immigrati sbarcati a Lampedusa.
Vedete, colleghi, noi avremmo voluto che le politiche di sostegno - che saranno indicate negli emendamenti successivi - avessero ben altra natura, ma quello che è grave è che le strutture che si realizzano in quei centri avvengono senza nessun criterio, svincolate da qualsiasi norma che riguardi la possibilità dello stesso Ministero dell'interno italiano di avere il controllo per sapere in quale condizione quei centri vengono realizzati, se vi sia la possibilità di accesso - come dire? - anche democratico ai parlamentari italiani, e soprattutto se vi siano le condizioni perché si tratti di paesi che abbiano sottoscritto le convenzioni europee sui diritti delle persone. Se volevate fare un'operazione in Libia, si poteva utilizzare uno strumento diverso dal decreto-legge in discussione, ossia le norme applicate con l'Albania, vale a dire quelle di collaborazione e di cooperazione. Invece, avete scelto un'altra strada, ma qui sta tutta la natura particolare e assai irregolare, da questo punto di vista, di un'idea per cui nel processo di contrasto all'immigrazione non vi è un'assunzione di responsabilità concreta, caro collega Landi di Chiavenna, ma una delega del problema a paesi la cui certificazione dei criteri di democraticità, del rispetto della sacralità delle persone e dei loro diritti a voi non interessa.
Così non si governano i processi migratori; si accentua, invece, un elemento, questo sì, di cultura della discriminazione: non una politica di controlli, ma semplicemente quella del laissez faire. È questo che a noi oggettivamente preoccupa (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.

GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, intervengo su questo emendamento e, se me lo consente, mi esprimerò in questo mio intervento anche su tutti gli emendamenti successivi riferiti all'articolo 1-bis.
Ciò che si fa con questo articolo è consentire al Ministero dell'interno di istituire delle strutture all'estero per il contrasto dell'immigrazione clandestina. Orbene, onorevoli colleghi, voglio farvi presente come questa norma sia sostanzialmente elusiva di un articolo della nostra Costituzione, che ci obbliga al rispetto degli accordi e dei trattati internazionali che abbiamo sottoscritto.
La vicenda sotto i nostri occhi è eminentemente quella dei rimpatri verso la Libia. E va riferita a quell'accordo l'intenzione di strutturare nell'area alcuni centri di permanenza temporanea che possano costituire impedimento alla possibilità di giungere in Italia.
Onorevoli colleghi, la Libia non ha mai sottoscritto la convenzione di Ginevra sul diritto d'asilo, non ha mai sottoscritto le convenzioni internazionali in materia di diritti umani e in materia di divieto di trattamenti inumani e degradanti. Agendo in tal modo stiamo concedendo al Ministero dell'interno lo strumento per realizzare centri di permanenza in Birmania, Sudan, Somalia, in tutti i luoghi del mondo in cui vi sono guerre civili e in tutti i luoghi del mondo in cui vi sono violazioni dei diritti umani. E tutto ciò per il semplice principio di non far venire da noi persone che, invece, sfuggono dalle persecuzioni, sfuggono dalle discriminazioni, sfuggono dalla morte!
Ritengo che questa sia una clamorosa violazione del dovere di concedere diritto d'asilo a chi lo richieda, ma anche del dovere di non esportare le nostre nequizie: non possiamo esportare lì ciò che invece, per obblighi non solo costituzionali ma anche europei, non possiamo consentire nel nostro paese. Non possiamo consentire in Italia che nei centri di permanenza temporanea vi siano trattamenti


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contrari alla dignità delle persone, ma consentiamo che altri facciano per noi il lavoro sporco...
Onorevoli colleghi, vi prego di riflettere su questa previsione e di introdurre almeno quei correttivi previsti negli emendamenti successivi, compresa la possibilità che da ultimo ho suggerito, come estrema ratio, ossia che nei centri di permanenza vi siano almeno quelle garanzie democratiche previste nel nostro ordinamento affinché le organizzazioni internazionali, prima fra queste l'ACNUR (l'Alto commissariato dell'ONU per i rifugiati), ma anche gli stessi parlamentari italiani possano accedere a tali strutture e verificare se vi sono rispettati i diritti umani.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho terminato la mia dichiarazione di voto sugli emendamenti. Vi prego di credere che le osservazioni appena svolte riguardano un'ipotesi che può ledere il nostro sistema di diritti e che può non soltanto esporci a delle contestazioni all'interno del nostro ordinamento, ma far scivolare il nostro paese verso le peggiori condizioni degli ultimi paesi del mondo in materia di diritti umani. Dovremmo essere tutti più orgogliosi, non solo della bandiera dei diritti di cui ci vantiamo in Italia da oltre sessanta anni, ma anche di quei nuovi diritti che faremo rispettare in Europa grazie alla firma della Costituzione europea.
Ma così facendo, invece, violiamo la Costituzione europea e soprattutto perdiamo l'orgoglio e la civiltà che ci siamo conquistati nei secoli (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Considerato l'orario, sarò breve. Mi pare, senza voler fare polemica, che abbiamo superato il limite della logica...

ANTONIO BOCCIA. E anche la logica!

MARCO ZACCHERA. Adesso non possiamo realizzare, ad esempio, una centrale radar in Libia perché temiamo che i deputati italiani non possano visitarla? Ma io ho visitato carceri in mezzo mondo; ho chiesto l'autorizzazione alle autorità locali ed ho potuto farlo sempre, basta chiedere il permesso! Si sostiene che vogliamo realizzare in Birmania delle strutture contro i dissenzienti locali; ma se un birmano viene in Italia e chiede asilo politico, la legge consente di ottenerlo.
Mi sembra che, nella logica della demagogia, la sinistra, su questa legge, stia veramente esagerando (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Non credo vi sia nulla di demagogico in ciò che il collega Sinisi ha affermato. Anche perché, come tutti i colleghi sanno, proprio alla base degli interventi del collega Sinisi in particolare vi è un retroterra di impegno pluriennale presso il Ministero dell'interno proprio su tale materia (che in passato ha portato a risultati molto positivi). Inoltre - il Governo mi corregga eventualmente se sbaglio, ma credo di no -, in relazione a questo articolo 1-bis nei confronti dell'Italia vi è una riserva anche da parte di altri paesi europei, come emerso in un recente vertice fra ministri dell'interno su tali tematiche.
Il fatto però è che non c'è nulla di demagogico - mi dispiace per il collega Zacchera, che forse farebbe meglio a leggere il fascicolo degli emendamenti - e anch'io farò come il collega Sinisi un unico intervento per ragioni di brevità su questa serie di emendamenti all'articolo 1-bis. Vi è il primo, che tra poco voteremo, che riguarda la soppressione dell'articolo, ma ci sono poi ben quattro ipotesi alternative, che potrebbero anche diventare complementari, laddove vi fosse un minimo di apertura.
Io credo che i colleghi dell'aula siano ben consapevoli, a differenza di chi eventualmente


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ci ascoltasse dall'esterno, del fatto che in tutto l'esame di questo decreto-legge delle proposte dell'opposizione non sia stata accolta neppure una virgola: né in Commissione né in Assemblea è stato dato il consenso ad un solo emendamento di merito presentato dall'opposizione. Questo è bene che resti agli atti a proposito di confronto e di dialogo parlamentare, di responsabilità in un confronto di questo tipo.
Anche qui noi abbiamo un emendamento soppressivo, e poi abbiamo - e lo dico ora proprio per non reintervenire - quattro emendamenti che modificano l'articolo 1-bis, capoverso 5-bis, proponendo progetti di sensibilizzazione per la salvaguardia dei diritti umani, l'accoglienza e la protezione umanitaria, anche di collaborazione di organizzazioni non governative; progetti per la formazione e l'addestramento delle Forze di polizia deputate al contrasto dei flussi irregolari di migranti verso il territorio italiano (praticamente forze di polizia di altri paesi); presidi di polizia attrezzati con le tecnologie necessarie, anche di comunicazione (collega Zacchera, ascolti bene!), utili per il rafforzamento dell'azione di contrasto dei flussi migratori illegali verso il territorio italiano. Sarebbe bastato leggere per capire! (Commenti del deputato Zacchera); e da ultimo, prevedendo in ogni caso una condizione, per quanto riguarda le previsioni del capoverso 5-bis, dell'articolo 1-bis, con l'aggiunta delle parole: sempre che - questi paesi - abbiano sottoscritto le convenzioni internazionali in materia di diritti umani e si impegnino espressamente a rispettarli. Si prevede inoltre nella nostra proposta che «nell'accordo di cooperazione il Ministero dell'interno è tenuto a prevedere la possibilità di accesso alle strutture delle organizzazioni internazionali per la tutela dei diritti umani e dei rappresentanti del Parlamento italiano».
Vedo che da parte di alcuni colleghi non vi è grande interesse per questa materia; forse, quando poi le ipotesi previste in questo decreto-legge saranno destinate al fallimento, qualcuno si ricorderà che l'opposizione in quest'aula aveva sistematicamente cercato, non di affossare il decreto-legge (che tra poche decine di minuti approverete), ma di correggerlo, di migliorarlo, di superare i vizi di incostituzionalità, che riemergeranno appena questa materia tornerà all'esame della Corte costituzionale, e che, come in quest'ultimo caso, abbiamo tentato e stiamo tentando con i nostri emendamenti di prevedere ipotesi compatibili non solo con il rapporto dell'Italia con i paesi da cui provengono gli immigrati, ma anche con il quadro normativo internazionale a cui noi aderiamo in forza della nostra Costituzione e in forza della tutela dei diritti umani. Di questo il collega Zacchera non si è reso conto, perché non ha neppure letto gli emendamenti...

MARCO ZACCHERA. Questo lo dici tu! Ce li ho qua gli emendamenti!

MARCO BOATO. ...ma almeno a quest'Assemblea voglio consegnare queste riflessioni.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 1-bis.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 355
Votanti 352
Astenuti 3
Maggioranza 177
Hanno votato
135
Hanno votato
no 217).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sinisi 1-bis.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.


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Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 368
Maggioranza 185
Hanno votato
147
Hanno votato
no 221).

Prendo atto che l'onorevole Mauro non è riuscito ad esprimere il proprio voto e che avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Prendo atto altresì che l'onorevole Giacomo Angelo Rosario Ventura non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Sinisi 1-bis.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, questo emendamento va nella direzione ricordata dal collega Boato, tendente a dare una risposta diversa dalla semplice costruzione di strutture in ordine alle quali continuiamo a nutrire dubbi circa le loro finalità, la loro costruzione e la loro gestione, soprattutto perché è il testo inserito nel decreto-legge a lasciare dubbi di tale natura.
Noi proponiamo che, al posto di tali strutture, ci si avvalga di progetti per la formazione e l'addestramento delle Forze di polizia deputate al contrasto dei flussi irregolari di migranti verso il territorio italiano.
Guardate che le democrazie moderne si trovano davanti a processi complessi: la questione dello spostamento dei popoli non chiama in causa la semplice volontà politica o il manifesto ideologico (li vogliamo o non li vogliamo?). Sottesa all'idea della formazione è la consapevolezza che la capacità di stare dentro le culture e le storie può aiutare i processi di immigrazione regolare. Con riferimento all'immigrazione clandestina, tale idea diventa decisiva, soprattutto se la formazione e l'addestramento riguardano proprio i soggetti deputati a contrastare il fenomeno: le Forze di polizia.
I colleghi e, in particolare, il sottosegretario D'Alì sanno bene che, grazie alla collaborazione vista all'interno dell'idea di formazione, l'aspetto della cultura si è già manifestato decisivo nel nostro paese. Mi riferisco alle unità di strada, alle esperienze che hanno consentito a molte donne ridotte in schiavitù di denunciare gli aguzzini che le avevano costrette a prostituirsi.
In conformità a tale concezione, noi riteniamo che l'elemento di contrasto al fenomeno dell'immigrazione clandestina non possa essere costituito da un'idea assoluta di repressione, ma dalla capacità di contrapporsi sul piano culturale mediante l'opera di soggetti appositamente formati. Inoltre, dobbiamo anche essere capaci di garantire i diritti delle persone già nei paesi dai quali il flusso migratorio si indirizza verso l'Italia.
Vi chiediamo di prendere in seria considerazione almeno l'emendamento Sinisi 1-bis.3.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sinisi 1-bis.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 328
Votanti 327
Astenuti 1
Maggioranza 164
Hanno votato
121
Hanno votato
no 206).

Prendo atto che l'onorevole Bruno non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sinisi 1-bis.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).


Pag. 105


(Presenti e Votanti 359
Maggioranza 180
Hanno votato
145
Hanno votato
no 214).

Prendo atto che l'onorevole Carra non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sinisi 1-bis.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 367
Votanti 365
Astenuti 2
Maggioranza 183
Hanno votato
140
Hanno votato
no 225).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 1-ter.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 362
Votanti 360
Astenuti 2
Maggioranza 181
Hanno votato
140
Hanno votato
no 220).

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