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CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

L.A. GEELHOED

presentate il 16 maggio 2001 (1)

Causa C-413/99

Baumbast e altri

contro

Secretary for the Home Department

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall'Immigration Appeal Tribunal)

«Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall'Immigration Appeal Tribunal - Interpretazione dell'art. 8 A del Trattato CE (ora art. 18 CE) e dell'art. 12 del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità - Diritto di un cittadino dell'Unione europea di risiedere nel territorio di uno Stato membro dove non ha più alcun diritto di residere ai sensi delle disposizioni relative alla libera circolazione dei lavoratori o di altre specifiche disposizioni del diritto comunitario - Diritto dei figli di un lavoratore, che nel periodo in cui è stato residente in uno Stato membro diverso da quello di cui egli è cittadino hanno frequentato la scuola elementare, di rimanere nello Stato membro ospitante per seguirvi un'istruzione generale - Diritto di un genitore affidatario di rimanere con i figli nello Stato membro ospitante»

I - Introduzione

1.
Con il presente procedimento, l'Immigration Appeal Tribunal sottopone alla Corte una serie di questioni pregiudiziali. Il giudice nazionale vuole sapere in quale misura il diritto comunitario faccia obbligo agli Stati membri di rispettare un diritto di soggiorno a tempo indeterminato a favore dei familiari di cittadini dell'Unione europea che si sono installati in uno Stato membro ospitante con un lavoratore nonostante che nel frattempo fossero mutate le circostanze iniziali. Più in particolare, il giudice nazionale vuole sapere se le persone ammesse nel Regno Unito come familiari di un lavoratore migrante ai sensi del Trattato CE continuino a beneficiare del diritto comunitario dopo che sia venuta meno la qualifica che ha conferito loro tale diritto (status di familiari di un lavoratore). Il giudice nazionale chiede inoltre che la Corte interpreti l'art. 18 CE.

2.
La materia da esaminare verte su due cause riunite dal giudice nazionale ai fini del procedimento pregiudiziale, e cioè la causa della famiglia R (2) e quella della famiglia Baumbast. Nel caso della famiglia R, si tratta di un divorzio a seguito del quale le figlie hanno continuato a vivere con la madre. Nel caso della famiglia Baumbast, il padre si è recato in un paese terzo per motivi professionali, ma il matrimonio è rimasto in vita.

II - Contesto giuridico

3.
Due sono i punti del Trattato CE particolarmente significativi ai fini del diritto di soggiorno su cui verte la presente causa.

La parte seconda, relativa alla cittadinanza dell'Unione, che comprende l'art. 18 CE (ex art. 8 A del Trattato CE), il quale è così formulato:

«1) Ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal presente Trattato e dalle disposizioni adottate in applicazione dello stesso.

2) Il Consiglio può adottare disposizioni intese a facilitare l'esercizio dei diritti di cui al paragrafo 1; salvo diversa disposizione del presente Trattato, esso delibera secondo la procedura di cui all'articolo 251. Il Consiglio delibera all'unanimità durante tutta la procedura».

Il titolo III della parte terza che disciplina la libera circolazione dei lavoratori. L'art. 39 CE (ex art. 48 del Trattato CE) stabilisce quanto segue:

«1. La libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità è assicurata.

2. Essa implica l'abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.

3. Fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica, essa importa il diritto:

(...)

d) di rimanere, a condizioni che costituiranno l'oggetto di regolamenti di applicazione stabiliti dalla Commissione, sul territorio di uno Stato membro, dopo aver occupato un impiego.

(...)».

4.
Per agevolare la libera circolazione dei lavoratori è stato adottato il regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità (3). Tale regolamento contiene norme circa la posizione giuridica dei familiari del lavoratore, tra altri, negli articoli qui di seguito citati.

«Articolo 10

1. Hanno diritto di stabilirsi con il lavoratore cittadino di uno Stato membro occupato sul territorio di un altro Stato membro, qualunque sia la loro cittadinanza:

a) il coniuge ed i loro discendenti minori di anni 21 o a carico:

b) gli ascendenti di tale lavoratore e del suo coniuge che siano a suo carico.

2. Gli Stati membri favoriscono l'ammissione di ogni membro della famiglia che non goda delle disposizioni del paragrafo 1 se è a carico o vive, nel paese di provenienza, sotto il tetto del lavoratore di cui al paragrafo 1.

3. Ai fini dell'applicazione dei paragrafi 1 e 2 il lavoratore deve disporre per la propria famiglia di un alloggio che sia considerato normale per i lavoratori nazionali nella regione in cui è occupato, senza che tale disposizione possa provocare discriminazioni tra i lavoratori nazionali ed i lavoratori provenienti da altri Stati membri.

Articolo 11

Il coniuge ed i figli minori di anni 21 o a carico di un cittadino di uno Stato membro che eserciti sul territorio di uno Stato membro un'attività subordinata o non subordinata, hanno il diritto di accedere a qualsiasi attività subordinata su tutto il territorio di tale Stato, anche se non possiedono la cittadinanza di uno Stato membro.

Articolo 12

I figli del cittadino di uno Stato membro, che sia o sia stato occupato sul territorio di un altro Stato membro, sono ammessi a frequentare i corsi d'insegnamento generale, di apprendistato e di formazione professionale alle stesse condizioni previste per i cittadini di tale Stato, se i figli stessi vi risiedono.

Gli Stati membri incoraggiano le iniziative intese a permettere a questi giovani di frequentare i predetti corsi nelle migliori condizioni».

5.
Una protezione viene parimenti offerta anche ai familiari del lavoratore (o ex lavoratore) dall'art. 3 del regolamento (CEE) della Commissione 29 giugno 1970, n. 1251, relativo al diritto dei lavoratori di rimanere sul territorio di uno Stato membro dopo aver occupato un impiego (4), che recita quanto segue:

«1) I familiari di un lavoratore, definiti all'articolo 1 del presente regolamento, con esso residenti nel territorio di uno Stato membro, hanno diritto di rimanervi, a titolo permanente, se il lavoratore ha acquisito, a norma dell'articolo 2 (5), il diritto di rimanere sul territorio di questo Stato, e ciò anche dopo il suo decesso.

2) Tuttavia, se il lavoratore è deceduto nel periodo dell'attività lavorativa prima di aver acquisito il diritto di rimanere nel territorio di detto Stato, i suoi familiari hanno il diritto di rimanervi a titolo permanente a condizione:

- che il lavoratore, al momento del decesso, abbia risieduto ininterrottamente nel territorio di tale Stato membro da almeno due anni;

- oppure che il decesso sia dovuto ad infortunio sul lavoro od a malattia professionale;

- oppure che il coniuge superstite sia cittadino dello Stato di residenza o abbia perduto la cittadinanza di tale Stato in seguito a matrimonio col detto lavoratore».

6.
Faccio inoltre rinvio a due direttive risalenti ad epoche più remote, ma tuttora in vigore, che contengono ulteriori disposizioni sulla libera circolazione dei lavoratori. La direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, 64/221/CEE, per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi d'ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica (6), contiene, in particolare, norme per l'ammissione e l'allontanamento di persone per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica. La direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968, 68/360/CEE, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e dello loro famiglie all'interno della Comunità (7), comporta una serie di facilitazioni per le persone alle quali sono conferiti diritti ai sensi del regolamento (CEE) n. 1612/68. Si tratta segnatamente della possibilità di svolgere un'attività retribuita in un altro Stato membro e di norme sui documenti di viaggio, fra cui il divieto di richiedere un visto.

7.
La direttiva del Consiglio 28 giugno 1990, 90/364/CEE, relativa al diritto di soggiorno (8), contiene disposizioni sul diritto di soggiorno. L'art. 1 della direttiva prevede quanto segue:

«1) Gli Stati membri accordano il diritto di soggiorno ai cittadini degli Stati membri che non beneficiano di questo diritto in virtù di altre disposizioni del diritto comunitario nonché ai loro familiari quali sono definiti nel paragrafo 2, a condizione che essi dispongano per sé e per i propri familiari di un'assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante e di risorse sufficienti per evitare che essi diventino durante il soggiorno un onere per l'assistenza sociale dello Stato membro ospitante.

Le risorse di cui al primo comma sono sufficienti quando sono superiori al livello di risorse al di sotto del quale un aiuto sociale può essere accordato dallo Stato membro ospitante ai propri cittadini, tenendo conto della situazione personale del richiedente ed eventualmente di quella delle persone ammesse in conformità del paragrafo 2.

Se il secondo comma non può essere applicato in uno Stato membro, le risorse del richiedente vengono considerate sufficienti quando sono superiori al livello della pensione minima di sicurezza sociale versata dallo Stato membro ospitante.

2) Hanno il diritto di installarsi in un altro Stato membro con il titolare del diritto di soggiorno, qualunque sia la loro nazionalità:

a) il coniuge ed i loro discendenti a carico;

b) gli ascendenti del titolare del diritto di soggiorno e del coniuge che sono a carico».

L'art. 3 dispone poi che il diritto di soggiorno sussiste finché coloro che beneficiano di tale diritto ne integrano i presupposti di cui all'art. 1.

III - Fatti e circostanze

Causa R

8.
Questi i fatti relativi alla causa R. La sig.ra R, cittadina statunitense, nel 1990 veniva ad abitare nel Regno Unito dagli Stati Uniti con l'allora coniuge/lavoratore francese. Otteneva un titolo di soggiorno fino al 1995, in qualità di coniuge di un lavoratore che esercita i propri diritti ai sensi del Trattato CE. Dalla coppia nacquero due figlie, con doppia cittadinanza (francese e statunitense). Nel settembre 1992 sopravveniva il divorzio e le figlie venivano affidate alla madre. Il divorzio prevedeva un accordo che regolamentava il diritto di visita alle figlie da parte del padre residente nel Regno Unito. Dopo il divorzio le figlie mantenevano regolari contatti con il padre che si era assunto inoltre una parte della responsabilità per la loro educazione ed istruzione. Durante il suo soggiorno nel Regno Unito, la sig.ra R aveva creato un'attività commerciale nel settore dell'architettura d'interni. Nel 1997 contraeva matrimonio con un cittadino britannico.

9.
Il divorzio del 1992 non produceva conseguenze sul titolo di soggiorno della sig.ra R, che era valido fino al 1995. Nell'ottobre 1995 questa chiedeva al Secretary of State un titolo di soggiorno a tempo indeterminato per sé e per le proprie figlie, conformemente alla normativa nazionale britannica. Invocava la particolare situazione familiare, sottolineando il diritto dei genitori e dei figli di vivere insieme. Il titolo di soggiorno veniva rilasciato alle figlie, ma non a lei. Questa proponeva ricorso contro il diniego di rilascio di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato da parte del Secretary of State, fondandolo sui diritti dei figli ai sensi del Trattato CE e sul diritto ad una vita familiare. Inoltre, a suo avviso, si era in presenza di una discriminazione, visto che i coniugi di cittadini britannici già dopo un anno hanno diritto al soggiorno a tempo indeterminato. Il ricorso veniva respinto con la motivazione che non era fondato su uno dei motivi previsti dalle National Immigration Rules. Il 5 giugno 1997 il Secretary of State dichiarava inoltre che le circostanze familiari non erano così straordinarie da giustificare l'esercizio del suo potere discrezionale in deroga alle disposizioni generali. Egli concludeva, fra l'altro, che le figlie erano ancora abbastanza giovani per adattarsi a vivere negli Stati Uniti se avessero seguito costà la madre. La sig.ra R adiva quindi l'Immigration Appeal Tribunal. La stessa è attualmente in possesso di un titolo di soggiorno a tempo indeterminato, presumibilmente per il fatto che nel frattempo ha contratto matrimonio con un cittadino britannico.

Causa Baumbast

10.
Il sig. e la sig.ra Baumbast - lui cittadino tedesco, lavoratore subordinato al momento del matrimonio, lei cittadina colombiana - contraevano matrimonio nel Regno Unito nel 1990. Della loro famiglia fanno parte anche due figlie. La figlia maggiore, Maria, nata da una precedente relazione della sig.ra Baumbast, è cittadina colombiana. L'altra figlia, Idanella, ha la doppia cittadinanza (tedesca e colombiana). Le parti del procedimento hanno concordato dinanzi al giudice nazionale che, ai fini del rinvio pregiudiziale, Maria va considerata membro della famiglia Baumbast.

11.
La famiglia Baumbast otteneva un permesso di soggiorno valido per 5 anni, fino al 1995. Dal 1990 il sig. Baumbast lavorava, dapprima come lavoratore subordinato e, successivamente, per un certo periodo svolgeva attività autonoma. Dal 1993 dopo il fallimento della sua società, accettava in continuazione contratti temporanei per società tedesche lavorando, fra l'altro, in Cina e Lesotho. Non aveva mai più abitato in Germania, ma si sottoponeva a trattamenti medici in detto Stato. In diverse occasioni il sig. Baumbast aveva cercato lavoro nel Regno Unito, ma senza successo. Durante il periodo di cui sopra la coppia acquistava una casa nel Regno Unito con un prestito ipotecario e le figlie frequentavano le scuole. La famiglia non aveva ricevuto alcun sussidio pubblico. Pertanto, quando necessario, le cure mediche venivano effettuate in Germania, dato che la famiglia era coperta dall'assicurazione malattia obbligatoria tedesca.

12.
Nel 1995 la sig.ra Baumbast presentava domanda di permesso di soggiorno a tempo indeterminato per l'intera famiglia. Nel gennaio 1996 il Secretary of State rifiutava di concedere il permesso di soggiorno a tempo indeterminato a lei e alle figlie e non prorogava il permesso di soggiorno per l'intera famiglia. Il 12 gennaio 1998 veniva adito con la causa il giudice di primo grado (l'«Adjudicator»). Questi dichiarava che il sig. Baumbast non era più lavoratore ai sensi del diritto comunitario, dato che era molto improbabile che avrebbe ancora accettato un lavoro nel Regno Unito. Né poteva egli (o la sua famiglia) invocare la direttiva 90/364 relativa al diritto di soggiorno dato che era coperto da un'assicurazione medica obbligatoria tedesca e quindi non era assicurato nel Regno Unito in modo da soddisfare l'art. 1 della direttiva 90/364. Il sig. Baumbast riconosceva le dette constatazioni di merito e per tale motivo, nel prosieguo del procedimento, si fondava sull'art. 18 CE. Alle figlie veniva senz'altro concesso il diritto di soggiorno ai sensi dell'art. 12 del regolamento n. 1612/68. Anche la sig.ra Baumbast otteneva il diritto - temporaneo - di soggiorno nel Regno Unito. Detto diritto derivava dal diritto di soggiorno delle figlie, fondato sull'art. 12 summenzionato. Secondo quanto giudicato dall'Adjudicator il diritto di soggiorno della sig.ra Baumbast deriverebbe dall'obbligo imposto agli Stati membri dall'art. 12 del regolamento n. 1612/68 di incoraggiare le iniziative intese a permettere ai figli di cittadini dell'Unione europea di frequentare corsi di formazione nel paese ospitante nelle migliori condizioni. Questa affermazione è alla base della seconda questione pregiudiziale.

13.
Dal procedimento dinanzi al giudice nazionale è inoltre risultato che il sig. Baumbast e la famiglia risiedono nel Regno Unito. La sig.ra Baumbast e le figlie, nel frattempo, dopo la decisione del Secreray of State 23 giugno 1998, hanno ottenuto il permesso di soggiorno a tempo indeterminato nel Regno Unito, che però è stato negato al sig. Baumbast.

IV - Le questioni pregiudiziali

14.
I fatti sopra descritti sono all'origine delle quattro questioni pregiudiziali qui di seguito formulate. Faccio presente che la terza e la quarta questione sono pertinenti solo ai fini della causa Baumbast.

Prima questione

a) Se i figli di una persona avente la cittadinanza dell'Unione Europea, che sono anch'essi in possesso di tale cittadinanza e che si sono installati e hanno frequentato la scuola elementare durante il periodo in cui il padre (o il genitore) esercitava il diritto di residenza in qualità di lavoratore nel territorio di un altro Stato membro di cui non è cittadino («lo Stato ospitante»), siano legittimati a risiedere nello Stato ospitante al fine di frequentare corsi d'insegnamento generali ai sensi dell'art. 12 del regolamento del Consiglio n. 1612/68.

b) Qualora la soluzione della questione precedente muti a seconda che:

i) i loro genitori siano divorziati;

ii) solo un genitore sia cittadino dell'UE e il detto genitore abbia cessato di essere lavoratore nel territorio di tale Stato ospitante;

iii) i figli non siano essi stessi cittadini dell'Unione Europea;

quali siano i criteri che le autorità nazionali devono applicare.

Seconda questione

Qualora i figli abbiano il diritto di risiedere in uno Stato ospitante al fine di frequentare corsi d'insegnamento generale ai sensi dell'art. 12 del regolamento del Consiglio n. 1612/68, se l'obbligo dello Stato ospitante di «incoraggiare ogni sforzo al fine di mettere in grado siffatti figli di seguire tali corsi di studi nelle migliori condizioni possibili» debba essere interpretato nel senso che legittimi il genitore affidatario, sia esso o no cittadino dell'Unione Europea, a risiedere con loro al fine di facilitare siffatto diritto, nonostante che

i) i loro genitori siano divorziati;

ii) il padre che è cittadino dell'UE cessi di essere un lavoratore nel territorio dello Stato ospitante.

Terza questione

a) Sulla base della fattispecie del sig. Baumbast, se egli, in quanto cittadino dell'UE, goda ai sensi dell'art. 18 (ex art. 8 A) del Trattato di Roma di un diritto di residenza in un altro Stato membro dell'UE avente effetti diretti, in circostanze in cui egli non goda più del diritto di residenza come lavoratore ai sensi dell'art. 39 (ex art. 48) del Trattato di Roma, e non abbia titolo per chiedere la residenza nello Stato ospitante ai sensi di alcun'altra disposizione di diritto comunitario.

b) In caso affermativo, se la di lui moglie e figli godano, di conseguenza, di un diritto derivato di residenza, di lavoro e di altri diritti.

c) In caso affermativo, se essi godano di tali diritti sulla base degli artt. 11 e 12 del regolamento n. 1612/68 o ai sensi di qualche altra (e in caso affermativo quale) disposizione di diritto comunitario.

Quarta questione

a) Qualora le questioni precedenti debbano essere risolte in senso sfavorevole al cittadino UE, se i membri della famiglia di detta persona mantengono diritti derivati che essi, in quanto membri siffatti, hanno originariamente acquisito dopo essersi installati nel Regno Unito con un lavoratore.

b) In caso affermativo quali siano le condizioni da applicare.

V - Osservazioni preliminari: la rilevanza delle questioni per la causa a qua

15.
Occorre stabilire in quale misura la risposta della Corte alle questioni pregiudiziali sia rilevante per il procedimento principale. Nella causa R, invero la sig.ra R ha ottenuto nel frattempo il titolo di soggiorno a tempo indeterminato nel Regno Unito a seguito di matrimonio con un cittadino britannico e le figlie già in precedenza avevano ottenuto il permesso di soggiorno a tempo indeterminato. Nella causa Baumbast, le autorità nazionali hanno concesso il titolo di soggiorno a tempo indeterminato alla sig.ra Baumbast e ad entrambe le figlie solo il sig. Baumbast è privo di tale titolo .

16.
Conformemente all'art. 234 CE, n. 2, rientra nel potere discrezionale del giudice nazionale stabilire quali questioni sottoporre alla Corte. Rammento a questo proposito la costante giurisprudenza della Corte, riportata nella sentenza Giloy (9):

«20. Secondo una giurisprudenza consolidata, il procedimento ex art. 177 del Trattato [divenuto art. 234 CE] è uno strumento di cooperazione fra la Corte ed i giudici nazionali. Ne deriva che spetta solo ai giudici nazionali cui è stata sottoposta la controversia e a cui incombe la responsabilità della decisione giudiziaria valutare, tenendo conto delle specificità di ogni causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale all'emanazione della loro sentenza sia la rilevanza delle questioni che essi sottopongono alla Corte (...).

21. Di conseguenza, se le questioni sollevate dai giudici nazionali vertono sull'interpretazione di una norma di diritto comunitario, la Corte è in linea di principio tenuta a pronunciarsi (...). Infatti non risulta dal dettato dell'art. 177 né dalle finalità del procedimento istituito da questo articolo che gli autori del Trattato abbiano inteso sottrarre alla competenza della Corte i rinvii pregiudiziali vertenti su di una norma comunitaria nel caso specifico in cui il diritto nazionale di uno Stato membro rinvia al contenuto della norma in parola per determinare le norme da applicare ad una situazione puramente interna a detto Stato (...).

22. Infatti, il rigetto di una domanda formulata da un giudice nazionale è possibile solo se risulti che con il procedimento ex art. 177 del Trattato, in contrasto con il suo scopo, si intenda in realtà indurre la Corte a pronunciarsi per il tramite di una controversia fittizia ovvero sia manifesto che il diritto comunitario non può essere applicato, né direttamente né indirettamente, alle circostanze del caso specie (...)».

17.
Ritengo sufficientemente accertato che non si tratta di una controversia fittizia. Le questioni derivano dai procedimenti dinanzi al giudice nazionale relativi ai titoli di soggiorno delle famiglie R e Baumbast. E' chiaro, inoltre, che il diritto comunitario è applicabile ad entrambe le fattispecie dato che tutte e due le controversie trovano il loro fondamento nella libera circolazione delle persone. Di altra natura è il problema se le questioni sottoposte abbiano ancora rilevanza per i procedimenti principali dinanzi al giudice nazionale, in quanto i titoli di soggiorno richiesti al momento in cui sono state sottoposte le questioni pregiudiziali già sono stati concessi, ad eccezione del titolo di soggiorno del sig. Baumbast.

18.
Ritengo che sia d'uopo fare riferimento al potere discrezionale del giudice nazionale. Il giudice a quo può avere motivi per ottenere maggiori delucidazioni sulla normativa comunitaria relativa al titolo di soggiorno concesso ai sensi del diritto nazionale. Va inoltre osservato che le questioni sottoposte sono direttamente pertinenti per la posizione del sig. Baumbast.

VI - Il contesto delle cause

Introduzione

19.
In sostanza, entrambe le cause riguardano la portata della libera circolazione delle persone all'interno dell'Unione europea. Nella versione originaria del Trattato CEE, la libera circolazione era collegata in via di principio allo svolgimento di attività economiche, ovvero all'esercizio di una professione o di un'impresa. Mi richiamo agli artt. 48, 52 e 59 del Trattato CE (divenuti artt. 39, 43 e 49 CE). Per rendere possibile l'esercizio effettivo dei diritti conferiti dal Trattato, il legislatore comunitario ha emanato disposizioni più specifiche. In questo contesto è stato adottato il regolamento n. 1612/68 che istituisce, fra l'altro, un diritto di soggiorno a favore del coniuge e degli altri familiari del lavoratore migrante.

20.
Successivamente all'adozione del regolamento n. 1612/68, sono sopravvenuti nella società rilevanti cambiamenti che possono influire considerevolmente sulla valutazione circa il carattere e la portata delle disposizioni del regolamento. Inoltre, nel corso degli anni, anche il diritto comunitario in materia di libera circolazione delle persone ha avuto ulteriori sviluppi. Sono del parere che, ai fini della soluzione delle questioni sollevate dal giudice nazionale, debbano essere presi in considerazione sia gli sviluppi della società che quelli del diritto comunitario. Qualora la Corte non dovesse tener conto di siffatti sviluppi, le disposizioni di diritto che qui rilevano rischierebbero di perdere la loro operatività.

21.
Aggiungo a questo riguardo che i ricorrenti stessi (R e Baumbast), nelle loro osservazioni presentate per iscritto alla Corte, rilevano che il diritto comunitario dev'essere interpretato alla luce degli sviluppi che si sono verificati in campo sociale e normativo nel periodo successivo all'adozione del regolamento n. 1612/68.

Gli sviluppi sociali

22.
Per quanto riguarda gli sviluppi sociali verificatisi a partire dagli anni sessanta e che vanno presi in considerazione per l'interpretazione e l'applicazione del regolamento n. 1612/68, tengo presente una tendenza socioculturale e a due di ordine economico.

23.
Il regolamento n. 1612/68 è stato adottato in un periodo in cui le relazioni familiari erano caratterizzate da una relativa stabilità. La legislazione sociale degli anni cinquanta e sessanta - così come il regolamento - prevede disposizioni per la famiglia tradizionale, dove l'uomo lavora e la donna si occupa delle faccende domestiche e dei figli. La famiglia tradizionale esiste ovviamente ancora oggi, ma è divenuta di gran lunga meno dominante nella società occidentale. I rapporti familiari e le forme di vita in comune sono divenute più instabili e più varie. Sia la famiglia R - dopo il divorzio - sia la famiglia Baumbast - in cui il padre convive solo per parte del suo tempo - ne costituiscono un esempio. Inoltre, sono sempre più frequenti le famiglie i cui coniugi hanno cittadinanza diversa o dove vi sono figli di cittadinanza diversa, proprio a motivo della crescente mobilità delle persone. Tra i familiari possono anche esservi cittadini di paesi terzi, come nel caso della sig.ra R e della sig.ra Baumbast. Per tale motivo nessuna di queste due dispone di un proprio diritto ad un titolo di soggiorno nel Regno Unito ai sensi del diritto comunitario.

24.
Il regolamento n. 1612/68 è stato adottato quando la produzione industriale di massa aveva raggiunto il suo apice, in un'epoca in cui i rapporti di lavoro avevano in generale un carattere relativamente stabile. Al legislatore comunitario era consentito supporre che l'ambito di lavoro avesse una certa stabilità. Nell'attuale contesto economico, i rapidi cambiamenti dell'ambito di lavoro - ed anche del luogo di lavoro - sono divenuti più comuni. I cambiamenti, come nel caso della famiglia Baumbast, possono susseguirsi in modo talmente rapido da indurre la famiglia a non spostarsi continuamente.

25.
La seconda tendenza economica è la globalizzazione. Nel «villaggio globale», l'organizzazione e le attività delle imprese hanno un carattere sempre più internazionale, sia all'interno che all'esterno dell'Unione europea. Situazioni come quella del sig. Baumbast, in cui un lavoratore residente nello Stato membro A lavora presso una società stabilita nello Stato membro B, sono sempre più all'ordine del giorno.

26.
Va constatato che il regolamento n. 1612/68 tace sulle conseguenze degli sviluppi che ho appena descritto. Nella presente causa, pertanto, mi soffermo sui seguenti fenomeni: si tratta in particolare delle conseguenze di un divorzio, della presenza di figli nati da una precedente relazione o di famiglie i cui membri possiedono cittadinanze diverse, fra cui quella di paesi terzi, della mobilità professionale e della separazione fra il luogo di residenza e il luogo di lavoro. Nessuno dei detti fenomeni è veramente nuovo, ma l'intensità e la portata con cui si verificano sono divenute tali da imporre al legislatore comunitario di tenerne conto.

27.
Uno sviluppo completamente diverso, rilevante per la libera circolazione delle persone, è legato con la crescente importanza delle questioni relative all'immigrazione di cittadini di paesi terzi. Detto sviluppo, non assume in senso stretto, rilevanza per la presente causa; non viene infatti invocato il titolo IV della parte terza del Trattato CE. Va tuttavia tenuto presente che l'evoluzione della libera circolazione delle persone all'interno dell'Unione europea è spesso strettamente connessa con l'immigrazione proveniente dai paesi terzi. Ad esempio, sia la sig.ra R che la sig.ra Baumbast sono entrate nell'Unione europea da un paese terzo, avvalendosi delle disposizioni in materia di libera circolazione delle persone all'interno dell'Unione europea.

Gli sviluppi della legislazione comunitaria

28.
Per quanto riguarda gli sviluppi del diritto comunitario, ritengo importante sottolineare che al momento dell'adozione del regolamento la libera circolazione delle persone contemplava solo la libera circolazione ai fini dell'esercizio di un'attività economica. Solo coloro che esercitavano un'attività economica in uno Stato membro diverso da quello di cui sono cittadini rientravano nell'ambito di applicazione del Trattato CEE. Entrambe le cause in esame riguardano diritti che trovano la loro origine nella protezione di un lavoratore migrante ai sensi dell'art. 39 CE (ex art. 48 Trattato CE). Nel sistema del Trattato CE, tale protezione trova il suo fondamento nell'art. 39 CE e nella normativa derivata adottata sulla base dell'art. 40 CE, in particolare, il regolamento n. 1612/68.

29.
All'epoca della sua adozione, cioè sul finire degli anni sessanta, era sufficiente che il regolamento si limitasse a disporre regole su come istituire il diritto di soggiorno dei familiari e non quando tale diritto cessasse. In effetti, di norma, la situazione sociale era stabile. L'art. 40 CE dispone, a tal fine, che il Consiglio stabilisce, mediante direttive o regolamenti, le misure necessarie per attuare la libera circolazione dei lavoratori. Già alla fine degli anni sessanta il Consiglio aveva adottato disposizioni che costituiscono tuttora l'ossatura della libera circolazione dei lavoratori, cioè il regolamento n. 1612/68 e la direttiva 68/360/CEE. L'art. 1 del regolamento n. 1612/68 da attuazione all'art. 39 CE e conferisce ad ogni cittadino di uno Stato membro, indipendentemente dalla sua residenza, il diritto di accettare e di esercitare un lavoro retribuito in un altro Stato membro. Ai sensi dell'art. 1 della direttiva 68/360, gli Stati membri sopprimono le restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori migranti e dei loro familiari. Essi possono così lavorare in un altro Stato membro e non può essere loro richiesto alcun visto, né d'ingresso né di uscita.

30.
Affinché la libera circolazione dei lavoratori possa essere effettivamente esercitata, il regolamento n. 1612/68 riconosce anche alcuni diritti ai familiari del lavoratore. Si tratta dei diritti di cui agli artt. 10, 11 e 12 del regolamento, la cui portata è oggetto della presente controversia. La prima e la seconda questione del giudice nazionale si riferiscono a detti articoli. Vero è che il regolamento n. 1251/70 contiene disposizioni complementari in materia di diritto di soggiorno dei familiari del lavoratore dopo il suo decesso, tuttavia il regolamento n. 1612/68 stesso non è stato mai modificato, nonostante i profondi mutamenti sociali che si sono verificati dalla sua adozione. Nel 1998 la Commissione ha presentato una proposta di modifica (10) che comunque non è ancora stata discussa dal Consiglio. All'udienza, la Commissione ha annunciato che in seno ai suoi servizi circolava una nuova proposta di modifica del regolamento n. 1612/68. Dette proposte non possono avere alcuna rilevanza ai fini dell'esame delle questioni oggetto del caso di specie.

31.
Nel corso degli anni, il significato e la portata della libera circolazione delle persone si sono considerevolmente ampliati. Inizialmente, nella giurisprudenza della Corte degli anni '80 le disposizioni sulla libera circolazione delle persone sono state interpretate in maniera estensiva. Così, la libera circolazione dei servizi è stata dichiarata applicabile alle persone nei cui confronti viene prestato un servizio (11). Queste erano, tra altre, turisti e persone che necessitano di trattamenti medici e che possono trasferirsi in un altro Stato membro ai fini della prestazione del servizio. L'ambito di applicazione ratione personae della libera circolazione delle persone dopo il 1990 è stato notevolmente esteso a seguito dell'adozione di tre direttive che disciplinano il diritto di soggiorno di persone che non sono o non sono più economicamente attive. La prima è la direttiva 90/364, relativa al diritto di soggiorno, che ho già citato al paragrafo 5 delle conclusioni. Seguono poi le direttive 90/365/CEE (12) e 93/96/CEE (13), che disciplinano il diritto di soggiorno dei pensionati e, rispettivamente, degli studenti. Queste due direttive riconoscono il diritto di soggiorno semprecché siano osservati due criteri: il migrante deve avere per sé e per i suoi familiari un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante e deve disporre di risorse sufficienti.

32.
Con il Trattato di Maastricht infine è stato inserita nel Trattato CE una parte separata sulla cittadinanza dell'Unione. L'art. 18 CE stabilisce che ogni cittadino ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal Trattato.

33.
A tale riguardo, espongo qui di seguito in sintesi gli aspetti sulla base dei quali svilupperò le mie conclusioni.

34.
La normativa comunitaria in materia di libera circolazione delle persone contiene due ordini di disposizioni. L'ordine più vecchio è collegato all'esercizio di un'attività economica e contiene norme relative alla libera circolazione dei lavoratori, alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi. La normativa derivata, necessaria per rendere effettivo l'esercizio di questi diritti di carattere economico (nella presente causa si tratta in particolare del regolamento n. 1612/68) non si è adeguata sufficientemente agli sviluppi socioculturali ed economici verificatisi fin dagli anni sessanta. Per quanto riguarda i diritti (derivati) dei familiari dei lavoratori, la legislazione europea stabilisce solo le modalità della loro istituzione. Non esistono disposizioni specifiche in caso di mutamento delle circostanze, il che, a mio avviso, è da attribuirsi al fatto che nel momento in cui le norme sono state adottate, sul finire degli anni sessanta, era consentito presumere una certa stabilità della situazione lavorativa e familiare. Nel regolamento n. 1251/70 è stata introdotta una disposizione solo per una specifica modifica della situazione, prevedibile in ogni momento, cioè il decesso del lavoratore. Le prime due questioni sottoposte alla Corte si riferiscono in larga misura a detto ordine di disposizioni.

35.
Con le direttive 90/364, 90/365 e 93/96, che costituiscono il secondo ordine di disposizioni, è stato inoltre creato un diritto di soggiorno a favore delle persone che non sono o non sono più economicamente attive. Il loro diritto di soggiorno nelle menzionate direttive è legato al requisito del possesso di sufficienti risorse finanziarie al fine di evitare che un migrante possa costituire un onere per la previdenza sociale dello Stato membro ospitante.

36.
Il Trattato di Maastricht ha inserito nel Trattato CE un diritto formulato in termini generali a favore di tutti i cittadini dell'Unione europea. Con la terza questione, il giudice nazionale vuole in sostanza sapere se tale disposizione produca effetti diretti, in particolare, a favore di una persona (il sig. Baumbast) che non può ottenere il diritto di circolare o di soggiornare in base ad altre disposizioni del diritto comunitario. Detta persona non soddisfa le condizioni specifiche della direttiva 90/364.

VII - Lo stato del diritto comunitario, in particolare, alla luce della giurisprudenza della Corte

37.
Qui sopra ho tracciato alcuni sviluppi fondamentali nel settore che viene in considerazione ai fini della presente causa. Per risolvere in modo adeguato le questioni sollevate dal giudice nazionale, occorre esaminare in modo più approfondito lo stato attuale del diritto comunitario.

Gli artt. 10, 11 e 12 del regolamento n. 1612/68

38.
Gli artt. 10 e 12 del regolamento n. 1612/68 costituisono il fulcro della prima e seconda questione sottoposta dal giudice nazionale. L'art. 11 è strettamente collegato a detti articoli. Il regolamento, come ho già detto, mira ad eliminare le restrizioni alla mobilità dei lavoratori, in particolare, concedendo loro il diritto di ricongiungersi con la loro famiglia e creando le condizioni per l'integrazione della loro famiglia nel paese ospitante.

39.
L'art. 10 determina i familiari che possono seguire il lavoratore migrante. In primo luogo, il diritto di soggiorno viene concesso al lavoratore migrante e, al coniuge. La Corte interpreta il termine coniuge alla lettera. Essa ha deciso che una persona resta coniuge ai sensi del regolamento fino a che il matrimonio non sia stato sciolto in modo formale, anche se i coniugi vivono separati di fatto (14). In secondo luogo, hanno il diritto di stabilirsi con il lavoratore migrante non solo i discendenti minori di anni 21, ma anche altri discendenti e ascendenti. Per questi ultimi è prevista la condizione che siano «à sa charge» o «a suo carico» (15). La Corte considera che la condizione di familiare a carico risulta da una situazione di fatto. Viene in esame un familiare il cui sostegno è fornito dal lavoratore, senza che sia necessario determinarne i motivi, né chiedersi se l'interessato sia in grado di provvedere a se stesso esercitando un'attività retribuita (16). La sentenza Diatta (17) stabilisce che i familiari non devono necessariamente coabitare con il lavoratore in modo permanente.

40.
In conformità dell'art. 11, il coniuge ed i figli minori di anni 21 o a carico di un cittadino di uno Stato membro che eserciti sul territorio di uno Stato membro un'attività subordinata o non subordinata, hanno il diritto di accedere a qualsiasi attività subordinata su tutto il territorio di tale Stato membro, anche se non possiedono la cittadinanza di uno Stato membro. L'articolo in questione, a mio avviso, ha un'importanza limitata dato che (nonostante le parole «anche se») ha effetto solo per i figli che non sono cittadini della Comunità. I figli che possiedono la cittadinanza di uno Stato membro godono in ogni caso di un diritto autonomo alla libera circolazione dei lavoratori ai sensi dell'art. 39 CE.

41.
L'art. 12 riguarda l'ammissione ai corsi d'insegnamento generale, all'apprendistato e alla formazione professionale (18). Punto di riferimento del diritto dei figli di accedere all'insegnamento non è la condizione di lavoratore di uno dei genitori, bensì il più ampio criterio che uno di essi lavori o abbia lavorato. Anche se il genitore interessato non svolge o non svolge più un'attività subordinata, i figli hanno diritto di accedere ai corsi d'insegnamento. Nella sentenza Echternach e Moritz (19), la Corte ha stabilito che il figlio di un lavoratore di uno Stato membro che sia stato occupato in un altro Stato membro conserva la qualità di familiare del lavoratore, ai sensi del regolamento n. 1612/68, qualora la famiglia ritorni nello Stato membro d'origine ed il figlio rimanga nel paese ospitante, sia pure dopo un periodo d'interruzione, al fine di continuare qui i suoi studi, che non ha potuto proseguire nello Stato d'origine. Nella detta causa la Corte sostiene esplicitamente la posizione della Commissione e del governo portoghese secondo cui «il principio della parità di trattamento, sancito dalle norme comunitarie, deve garantire la migliore integrazione possibile dei lavoratori e dei loro familiari nel paese ospitante» (20). La Corte poi interpreta in maniera estensiva il diritto dei figli sulla base dell'art. 12 del regolamento n. 1612/68. Il fatto di soggiornare per un certo tempo nel loro paese di origine non dovrebbe essere loro di impedimento dal far ritorno nel paese ospitante per il proseguimento dei loro studi. Nella sentenza Di Leo (21), la Corte ha stabilito che in materia di aiuti alla formazione, i figli rientranti nell'ambito di applicazione dell'art. 12 devono essere equiparati ai cittadini dello Stato ospitante, anche nel caso in cui ricevano la formazione nello Stato di cui possiedono la cittadinanza.

42.
In sintesi, conformemente alla formulazione dell'art. 12, l'accesso all'insegnamento è limitato ai figli che appartengono alla famiglia del lavoratore migrante e del coniuge. Non è richiesto che il lavoratore coabiti con i figli interessati. Addirittura, dalla sentenza Gaal (22) si evince che l'art. 12 si applica agli aiuti finanziari di cui possono beneficiare gli studenti che si trovino già in una fase avanzata dei loro studi, anche se hanno già compiuto il ventunesimo anno di età o più ed hanno cessato di essere a carico dei loro genitori. «Assoggettare l'applicazione dell'art. 12 ad un limite di età o ad uno status di figlio a carico violerebbe quindi non soltanto la lettera, ma anche lo spirito di tale disposizione». L'articolo in questione non attribuisce tuttavia diritti al figlio del lavoratore nato dopo che questi abbia cessato di lavorare e di soggiornare nello Stato membro ospitante (23).

La nozione di lavoratore e i vantaggi sociali

43.
Per stabilire la portata degli artt. 10, 11 e 12 del regolamento n. 1612/68 è importante sapere chi sia lavoratore e determinare quando venga meno lo status di lavoratore. La Corte, inoltre, indipendentemente dagli artt. 10, 11 e 12, si è pronunciata sui vantaggi sociali che spettano al lavoratore e ai suoi familiari.

44.
Nella causa Martínez Sala (24), è stato chiesto alla Corte di dare una definizione, ai sensi del diritto comunitario, della nozione di lavoratore nell'ambito della libera circolazione o della sicurezza sociale. La Corte ha statuito che «nell'ambito dell'art. 48 del Trattato e del regolamento n. 1612/68 deve considerarsi lavoratore la persona che, per un certo tempo, esegue a favore di un'altra e sotto la direzione di questa prestazioni in contropartita delle quali percepisce una remunerazione. Una volta cessato il rapporto di lavoro, l'interessato perde, in linea di principio, la qualità di lavoratore, fermo restando tuttavia che, da un lato, questa qualifica può produrre taluni effetti dopo la cessazione del rapporto di lavoro (...)».

45.
Nelle sue conclusioni presentate in detta causa, l'avvocato generale La Pergola afferma che dalle disposizioni del Trattato e della legislazione derivata risulta che in vero lo status di «lavoratore» comunitario si può perdere. In linea di principio, l'individuo perde tale status quando sono venute a cessare le condizioni prescritte per acquistarla. L'avvocato generale ritiene che il diritto comunitario disponga altrimenti solo in circostanze particolari e limitatamente a certi effetti.

46.
L'art. 7 del regolamento n. 1612/68 dispone che il lavoratore cittadino di uno Stato membro gode, sul territorio di un altro Stato membro, di vantaggi sociali. Secondo la giurisprudenza della Corte, i sussidi finanziari per gli studi concessi ai figli di lavoratori migranti vanno considerati vantaggi sociali per i lavoratori migranti ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 (25). Nella sentenza Bernini la Corte ha dichiarato che «un sussidio per gli studi concesso da uno Stato membro ai figli dei lavoratori costituisce, per un lavoratore migrante, un vantaggio sociale ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 quando il lavoratore continui a provvedere al sostentamento del figlio e che, in tal caso, il figlio può avvalersi dell'art. 7, n. 2, per ottenere un sussidio per gli studi alle stesse condizioni vigenti per i figli dei lavoratori nazionali, ed in particolare senza che possa essergli imposta un'ulteriore condizione relativa alla residenza» (26).

47.
Nella sentenza Christini (27), la Corte ha dichiarato che il riferimento ai «vantaggi sociali» di cui all'art. 7, n. 2, non può essere interpretato in modo restrittivo:

«Ne risulta, nella prospettiva della parità di trattamento perseguita dalla disposizione, che la sfera d'applicazione pratica va delimitata in guisa da comprendere tutti i vantaggi sociali e fiscali, a prescindere dal fatto che essi siano connessi o meno al contratto di lavoro (...)».

Alla questione se un tale vantaggio vada riconosciuto alla vedova ed ai figli dopo il decesso del lavoratore migrante, la Corte risponde che «sarebbe incompatibile con la lettera e con lo spirito della normativa comunitaria relativa alla libera circolazione dei lavoratori privare i superstiti di tale vantaggio a seguito del decesso del lavoratore, dal momento che il vantaggio stesso è riconosciuto ai superstiti d'un cittadino dello Stato di cui trattasi». La Corte rinvia poi alle disposizioni del regolamento n. 1251/70, in particolare all'art. 3, n. 1, che dispone che i familiari di un lavoratore, con esso residenti nel territorio di uno Stato membro, hanno diritto di rimanervi, a titolo permanente, qualora il lavoratore abbia acquisito il diritto di rimanere nel territorio di questo Stato, e ciò anche dopo il suo decesso, e all'art. 7 secondo cui «i beneficiari del presente regolamento continuano a fruire del diritto alla parità di trattamento previsto dal regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio».

L'art. 18 CE

48.
Nella sentenza Martínez Sala (28), la Corte si è pronunciata sulla cittadinanza dell'Unione europea. La Corte non si è tuttavia pronunciata sulla portata dell'art. 18 CE, nonostante le conclusioni dell'avvocato generale trattino minuziosamente detta questione. Nella sentenza Kaba (29), la Corte esamina il carattere dell'art. 18 CE, senza dare un giudizio esplicito sulla possibile efficacia diretta dell'art. 18 CE. La Corte afferma che, allo stato attuale del diritto comunitario, il diritto di soggiorno dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro non è incondizionato. Ciò deriva, fra l'altro, dall'art. 18 CE, il quale, pur conferendo ai cittadini dell'Unione il diritto di circolare e di soggiornare sul territorio degli Stati membri, rinvia espressamente alle limitazioni e alle condizioni previste dal Trattato ed alle disposizioni di attuazione.

49.
Nelle conclusioni presentate nella causa Martínez Sala, l'avvocato generale La Pergola afferma: «Oggi abbiamo, però, l'art. 8 A del Trattato [divenuto art. 18 CE]. Il diritto di circolare e risiedere liberamente in tutta l'Unione è sancito in via generale da una norma primaria (...). Le limitazioni previste nello stesso art. 8 A concernono il concreto esercizio e non l'esistenza del diritto. La direttiva 90/364 continua, se mai, a regolare le condizioni per fruire della libertà che il Trattato ha stabilito» (30).

50.
L'avvocato generale fa riferimento alla sistematica che il diritto sancito nell'art. 18 CE ha ricevuto con gli accordi di Maastricht. A questo proposito sostiene che «l'art. 8 A ha, dunque, enucleato dalle altre libertà di circolazione questa, che vediamo ora configurata come il diritto non solo di circolare, ma anche di risiedere in ogni Stato membro: un diritto primario, infatti, nel senso che esso figura come il primo dei diritti ascritti alla cittadinanza dell'Unione (...). E' un diritto non solo derivato, ma inseparabile dalla cittadinanza dell'Unione (...). La cittadinanza dell'Unione viene, per il fiat della norma primaria, conferita direttamente all'individuo, ormai formalmente riconosciuto come soggetto di diritto, che l'acquista e la perde insieme con la cittadinanza dello Stato nazionale di appartenenza (...). E' la situazione giuridica di base (...), garantita al cittadino di qualsiasi Stato membro dall'ordinamento della Comunità, e oggi dall'Unione» (31).

51.
I critici sono del parere che la Corte avrebbe dovuto esaminare il problema dell'efficacia dell'art. 18 CE. La considerazione della Corte nella causa Martínez Sala secondo cui nella fattispecie non era necessario valutare se l'interessato, sulla base dell'art. 18, poteva avvalersi di un nuovo diritto di rimanere sul territorio dello Stato membro interessato, visto che era già stato autorizzato a soggiornare, non riflette, secondo alcuni, un'impostazione adeguatamente ponderata (32).

52.
Anche l'avvocato generale Cosmas si è pronunciato sull'efficacia dell'art. 18 CE. Nelle sue conclusioni presentate nella causa Wijsenbeek (33), si dimostra fautore dell'efficacia diretta del suddetto articolo. In primo luogo, la lettera dell'art. 18 CE sarebbe a favore del riconoscimento effetti diretti. Il diritto di ciascun cittadino dell'Unione di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri è riconosciuto espressamente. La peculiarità dell'art. 18 CE è di inserire nell'ordinamento giuridico comunitario un diritto puramente personale, strutturato in maniera corrispondente al diritto della libera circolazione che viene garantito sul piano costituzionale all'interno degli ordinamenti giuridici degli Stati membri. Esso produce pertanto effetti diretti nel senso che impone alle autorità comunitarie e nazionali di rispettare il diritto di libera circolazione e soggiorno dei cittadini europei e di non porre in essere limitazioni che colpiscano l'essenza di tale diritto.

53.
A giudizio dell'avvocato generale Cosmas, la riserva di cui all'art. 18, n. 1, CE, per il diritto di libera circolazione e di soggiorno non è sufficiente a mettere in dubbio il riconoscimento dell'efficacia diretta all'art. 18 CE poiché tale frase non inficia il carattere diretto del diritto conferito. In altri termini, la frase non si ripercuote sulla forma chiara e incondizionata delle disposizioni in esame. Da quanto precede, consegue, secondo l'avvocato generale, che l'art. 8 A del Trattato CE ha introdotto nello spazio giuridico comunitario un diritto fondamentale della persona, provvisto di effetto diretto, che consiste nella possibilità per i cittadini dell'Unione di circolare e soggiornare liberamente all'interno della Comunità. L'imposizione di limitazioni e condizioni all'esercizio di questo diritto è ammissibile se le relative misure sono giustificate e non colpiscono l'essenza del diritto. La Corte, tuttavia, nella sentenza non si è pronunciata sull'efficacia diretta dell'art. 18 CE.

54.
Infine, rinvio alle conclusioni presentate dall'avvocato generale Léger nella causa Kaur (34), dove viene sostenuta la necessità di un elemento transfrontaliero. L'art. 18 CE disciplina la libera circolazione all'interno della Comunità. L'avvocato generale ritiene che gli elementi della causa principale non possono collocarsi tutti all'interno di uno solo Stato membro. «(...) conformemente alla giurisprudenza costante della Corte, le regole in materia di libera circolazione delle persone si applicano unicamente ai cittadini di uno Stato membro della Comunità che intendano stabilirsi nel territorio di un altro Stato membro oppure ai cittadini di questo stesso Stato che si trovino in una situazione avente elementi di collegamento con una qualunque delle situazioni previste dal diritto comunitario».

Discriminazione

55.
Nell'ultima parte della sentenza Martínez Sala, la Corte ha esaminato se un cittadino dell'Unione europea che soggiorni legalmente sul territorio dello Stato membro ospitante possa invocare il divieto di discriminazione di cui all'art. 12 CE. La Corte ha dichiarato che il detto cittadino può avvalersi del suddetto articolo in tutte le situazioni che rientrano nell'ambito di applicazione ratione materiae del diritto comunitario. La parità di trattamento dei lavoratori migranti e dei loro familiari nel paese ospitante è un importante strumento per concretizzare la libera circolazione dei lavoratori, come risulta fra l'altro dall'art. 39, n. 2, CE.

56.
La sentenza Kaba (35) indica chiaramente che non è possibile parlare di discriminazione contro donne provenienti da paesi terzi, coniugate con un cittadino di uno Stato membro, rispetto a donne che sono coniugate con un cittadino dello stesso paese ospitante. Quest'ultima categoria di donne, ottiene già dopo un anno di residenza (almeno nel Regno Unito), un permesso di soggiorno a tempo indeterminato. Secondo la Corte, si deve ritenere che gli Stati membri siano legittimati a trarre le conseguenze dalla oggettiva differenza che può esistere tra i loro cittadini e quelli degli altri Stati membri quando determinano le condizioni in base alle quali ai coniugi di tali persone viene rilasciato un permesso di soggiorno a tempo indeterminato nel loro territorio. Più precisamente, gli Stati membri sono legittimati ad esigere dai coniugi di persone che non godono esse stesse di un diritto di soggiorno a tempo indeterminato un periodo di soggiorno più lungo di quello prescritto nel caso dei coniugi di persone che hanno già tale diritto, prima di concedere loro lo stesso diritto. Infatti, posto che, una volta concesso il permesso di soggiorno a tempo indeterminato, al suo titolare non può più essere imposta alcuna condizione, le autorità dello Stato membro ospitante devono poter esigere, nella fase della domanda, che il richiedente abbia stabilito legami sufficientemente stabili con tale Stato. In particolare, questi legami possono risultare dal fatto che il coniuge gode del diritto di soggiorno a tempo indeterminato nel territorio nazionale oppure dalla notevole durata del precedente soggiorno dello stesso richiedente.

57.
E' plausibile anche un altro ragionamento (36). La differenza obiettiva nello status legale dei propri cittadini e dei cittadini di altri Stati membri non implica necessariamente che i familiari di questi ultimi possano essere trattati in modo diverso dai familiari di propri cittadini. Nonostante che le norme britanniche in materia di diritto di soggiorno operano una distinzione fra i familiari di coloro che si trovano nel Regno Unito e hanno stabilito la loro residenza permanente in questo paese e i cittadini di Stati membri e i loro familiari che non soddisfano a questa condizione, la Corte avrebbe potuto comparare l'una con l'altra la situazione dei detti familiari.

Art. 8 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo

58.
In conformità dell'art. 6 del Trattato sull'Unione europea, l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali in quanto principi generali del diritto comunitario. Secondo la costante giurisprudenza della Corte, «se i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto di cui la Corte garantisce l'osservanza, ciò vale purché il settore a cui si riferisce la causa di cui essa è adita rientri nell'ambito del diritto comunitario» (37). Per la causa in esame riveste un'importanza specifica la sentenza Commissione/Germania (38), in cui la Corte stabilisce che «va quindi osservato che bisogna interpretare il regolamento n. 1612/68 alla luce dell'esigenza del rispetto della vita familiare menzionato all'art. 8 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali».

59.
L'art. 8 della CEDU stabilisce che ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare. Secondo un principio generale, si ha una vita familiare quando esiste un matrimonio legittimo ed effettivo. Altre relazioni caratterizzate da una sufficiente durata sono equiparate a un tale matrimonio. Inoltre, il legame familiare può essere dissolto solo in circostanze particolari da eventi successivi. Va a questo proposito osservato che anche l'art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (39) riconosce il rispetto della vita privata familiare. In considerazione dell'attuale situazione del diritto comunitario, tale Carta non ha tuttavia alcuna efficacia vincolante.

60.
Sono stati elaborati principi anche in relazione all'immigrazione (40). Uno dei principi è che la portata dell'obbligo incombente ad uno Stato di ammettere nel proprio territorio i parenti di immigranti già stabiliti dipende dalle circostanze particolari delle persone interessate e dall'interesse generale. Conformemente alle disposizioni di diritto internazionale generalmente accettate, uno Stato, in considerazione degli obblighi derivanti dal Trattato, ha il diritto di esercitare un controllo sull'ingresso degli stranieri nel suo territorio. Per quanto riguarda l'immigrazione, l'art. 8 della CEDU non impone allo Stato l'obbligo di rispettare la scelta effettuata da una coppia circa il paese dove stabilire il domicilio coniugale né di autorizzare il ricongiungimento familiare nel suo territorio.

Sintesi

61.
Alla luce di quanto precede, riassumo la situazione del diritto comunitario tracciando alcune linee principali.

62.
La libera circolazione dei lavoratori riguarda in linea di principio solo il periodo in cui il lavoratore svolge la sua attività professionale. I vantaggi sociali che, derivano ai familiari dalla libera circolazione dei lavoratori ai sensi del regolamento n. 1612/68 possono comunque protrarsi anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro. E' quanto esplicitamente stabilito, ad esempio, in caso di decesso del lavoratore. Più in particolare, l'art. 10 del regolamento concede un vantaggio sociale - sotto forma di diritto di soggiorno - ai figli che convivono con il lavoratore. L'art. 12 conferisce ai detti figli il diritto di proseguire gli studi, anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro del loro genitore. Inoltre, l'art. 12 non richiede che vi sia (ancora) un legame familiare. Nella sentenza Echternach e Moritz (41), la Corte interpreta il detto diritto in maniera estensiva, consentendo ai figli di fare ritorno nel paese ospitante, dopo avere soggiornato per un certo periodo nel loro paese di origine. Anche dalla giurisprudenza relativa all'art. 7 del regolamento n. 1612/68 si deduce che la Corte interpreta i diritti dei familiari del lavoratore in maniera estensiva.

63.
La Corte non si è ancora pronunciata in modo definitivo sui possibili effetti diretti dell'art. 18 CE, nonostante una serie di prese di posizione in tal senso, contenute fra l'altro nelle conclusioni presentate dagli avvocati generali. A mio avviso, è pacifico che l'art. 18 CE produce taluni effetti giuridici, la cui portata e il cui ambito di applicazione non sono ancora chiari.

64.
Il divieto di discriminazione è un importante strumento per la realizzazione della libera circolazione dei lavoratori, sebbene non implichi che i familiari di persone di un altro Stato membro debbano ottenere un diritto di soggiorno analogo ai familiari di un cittadino del paese ospitante stesso. Infine, il diritto alla tutela della vita familiare sancito dalla CEDU fa parte integrante del diritto comunitario applicabile nell'attuale procedimento. Tale diritto però non comporta che uno Stato membro debba autorizzare il ricongiungimento familiare nel proprio territorio.

VIII - Analisi

65.
I ricorrenti nelle cause principali dinanzi al giudice nazionale (famiglie R e Baumbast, nel prosieguo: i «ricorrenti»), la Commissione e i governi britannico e tedesco hanno presentato alla Corte le proprie osservazioni. All'udienza del 6 marzo 2001 la Commissione e il governo britannico hanno chiarito la propria posizione. Tenuto conto della portata delle varie osservazioni, mi limiterò a riprodurre i punti più salienti e, dopo averli riassunti, procederò ad analizzarli, basandomi, da un lato, sugli sviluppi descritti nella parte VI delle presenti conclusioni e, dall'altro, sulla situazione del diritto comunitario, delineata nella parte VII.

66.
Ai fini della soluzione delle questioni pregiudiziali sollevate, ritengo sia d'uopo una suddivisione fra le prime due questioni, che presentano collegamenti con il regolamento n. 1612/68, e la terza, concernente l'interpretazione dell'art. 18 CE. Per rispondere alle prime due questioni, è molto importante tenere conto della natura obsoleta delle disposizioni del diritto comunitario. La normativa in materia di libera circolazione dei lavoratori si è adeguata in misura insufficiente agli sviluppi sociali, v. altresì paragrafo 34 delle presenti conclusioni. A mio avviso, pertanto la Corte, nel procedere all'interpretazione delle specifiche disposizioni di tale settore normativo, e segnatamente degli artt. 10, 11 e 12 del regolamento n. 1612/68, deve tener conto non solo del testo delle disposizioni stesse, ma anche delle mutate circostanze.

Sulle prime due questioni

Osservazioni

67.
I ricorrenti nella causa R sostengono che le figlie sono entrate nel Regno Unito quali familiari di un lavoratore migrante e che conservano il diritto di stabilirsi ai sensi dell'art. 10, n. 1, del regolamento n. 1612/68. Il fatto che nel frattempo i genitori abbiano divorziato è irrilevante.

68.
Nella causa Baumbast, i ricorrenti riconoscono che il sig. Baumbast nel Regno Unito non può più invocare la protezione in qualità di lavoratore dal momento che non cerca più lavoro nel detto paese. Rimane tuttavia lavoratore ai sensi dell'art. 39 CE poiché lavora per un'impresa tedesca stabilita nell'Unione europea, che lo ha inviato al di fuori dell'Unione e allo stesso tempo mantiene la sua famiglia nello Stato membro ospitante dove ha in precedenza lavorato e dove ancora risiede abitualmente. Tale lavoratore, tutte le volte che intraprende il suo regolare viaggio verso il luogo di abituale residenza - che è quella e della sua famiglia, - esercita i diritti che gli sono riconosciuti dal Trattato CE. I ricorrenti concludono che anche le figlie dei sigg. Baumbast conservano il diritto di stabilimento ai sensi dell'art. 10, n. 1, del regolamento n. 1612/68.

69.
I ricorrenti osservano poi che l'art. 12 del regolamento n. 1612/68 è collegato con l'art. 10. L'art. 12 riguarda solo i figli che potrebbero stabilirsi sulla base dell'art. 10. I ricorrenti affermano che in entrambe le cause i figli soddisfano i criteri di cui all'art. 12 e riconoscono che il diritto di stabilirsi e di seguire corsi d'insegnamento nello Stato membro ospitante non è illimitato. Nella causa R le figlie restano familiari del lavoratore migrante che continua a soggiornare nello Stato membro ospitante. Nella causa Baumbast la situazione è analoga, sebbene il padre non lavori più nel Regno Unito. Tale circostanza tuttavia, nella sentenza Echternach e Moritz (42), è stata giudicata dalla Corte irrilevante ai fini della sussistenza di un diritto a favore dei figli fondato sull'art. 12. Inoltre, i ricorrenti osservano che in entrambi i casi i figli non potevano trasferirsi nel paese di cui sono cittadini dove non hanno alcun familiare. Inoltre non parlano né il francese (le figlie dei sigg. R) né il tedesco (le figlie dei sigg. Baumbast). Il trasferimento comprometterebbe la continuità dei loro studi.

70.
I ricorrenti affermano l'esistenza di un diritto di soggiorno a favore della madre in entrambe le cause sulla base delle seguenti considerazioni. L'art. 12 del regolamento n. 1612/68 impone agli Stati membri di garantire l'accesso all'insegnamento «alle stesse condizioni previste per i cittadini di tale Stato» e di incoraggiare le iniziative intese a permettere «a questi giovani di frequentare i predetti corsi nelle migliori condizioni». Per i figli di giovane età di una famiglia divisa, che vengono affidati alla madre, il solo vero presupposto che consente loro di proseguire gli studi è la possibilità di continuare a vivere con la madre.

71.
I ricorrenti sostengono inoltre che i propri figli sono materialmente svantaggiati rispetto ai figli nati da un matrimonio fra un cittadino britannico e una donna straniera. La madre di questi ultimi già dopo 12 mesi otterrebbe un titolo di soggiorno a tempo indeterminato, indipendentemente dalla successiva evoluzione dei rapporti familiari. Si tratta di un vantaggio considerevole per il lavoratore conscio del fatto che la propria vita familiare non sarà influenzata negativamente da problemi di immigrazione in caso di divorzio.

72.
I ricorrenti ritengono che l'Adjudicator britannico riconosca nella causa Baumbast l'assurdità di concedere ai figli il diritto di soggiorno e di privarli allo stesso tempo della possibilità di avvalesse effettivamente negando alla loro madre il diritto di soggiorno. Il diritto comunitario deve essere interpretato in maniera estensiva, in casi come quello di specie, dove vengono in considerazione diritti fondamentali, quali il diritto ad una vita familiare. Il diniego del diritto di soggiorno alla madre costituisce, secondo i ricorrenti, una restrizione sproporzionata della vita familiare ed è in contrasto con CEDU.

73.
Come ho affermato ai paragrafi 34 e 66 delle presenti conclusioni, i ricorrenti dichiarano che il diritto comunitario deve essere interpretato alla luce degli sviluppi sociali e giuridici che si sono verificati dopo l'adozione del regolamento n. 1612/68.

74.
Più in generale, i ricorrenti richiamano l'attenzione sul diritto di soggiorno permanente di persone che hanno avuto ai sensi dell'art. 10 il diritto di stabilirsi in un paese ospitante. Nell'art. 10 del regolamento n. 1612/68 si legge di «stabilirsi» con il lavoratore. Il termine «stabilirsi» deve essere considerato come un'azione eseguita una sola volta, non un'azione che dura nel tempo. Non si richiede pertanto che essi continuino a coabitare con il lavoratore, né che - dopo essersi stabiliti - continuino a soddisfare i criteri dell'art. 10. Nella causa Gaal (43), la Corte ha riconosciuto il diritto di accedere a corsi d'insegnamento di un figlio di un lavoratore maggiore di 21 anni che non era più a carico del lavoratore. Come ulteriore esempio, i ricorrenti citano anche il caso di un lavoratore deceduto. Il diritto comunitario riconosce in una serie di circostanze un diritto di soggiorno permanente a favore del coniuge superstite (v. art. 3, n. 2, del regolamento n. 1251/70 e la sentenza Christini (44)).

75.
In sintesi, i ricorrenti affermano quanto segue. Quando i familiari si sono stabiliti legalmente con un lavoratore in un paese ospitante e vi sono rimasti legalmente per alcuni anni, i cambiamenti della loro situazione non li privano del diritto di soggiorno permanente purché esistano legami sufficienti ed effettivi fra i familiari e l'esercizio da parte del lavoratore dei suoi diritti ai sensi del Trattato CE.

76.
La Commissione osserva che il diritto di cui all'art. 10 del regolamento n. 1612/68 è un diritto derivato, che discende dal diritto del lavoratore. L'art. 12 - che tratta del diritto di frequentare i corsi - non crea alcun diritto di soggiorno autonomo, ma serve solo a garantire che i figli del lavoratore abbiano accesso all'insegnamento alle stesse condizioni dei figli di cittadini dello Stato membro ospitante.

77.
La Commissione ritiene che si debba distinguere fra il caso in cui uno dei genitori continui a lavorare nel paese ospitante (famiglia R) e il caso in cui il genitore non sia più lavoratore (famiglia Baumbast). Nel primo caso, i figli conservano il diritto di soggiorno sulla base della loro relazione con il lavoratore. Tale conclusione non cambia per il fatto che i figli non vivano sotto lo stesso tetto insieme al padre (45). Il secondo caso è più complesso. Manca il requisito essenziale per il riconoscimento del diritto di soggiorno, cioè la relazione con il lavoratore. Resta la complessa questione se l'art. 12 crei un diritto di soggiorno. Nella sentenza Echternach e Moritz, la Corte ha interpretato l'art. 12 in maniera estensiva. La protezione dei figli fondata sull'art. 12 del regolamento n. 1612/68 non dipende dalla sussistenza dello status di lavoratore migrante del genitore. Secondo la Commissione, dalla sentenza Echternach e Moritz (46) discende che un figlio di un ex lavoratore può rimanere nello Stato membro ospitante per esercitare il diritto conferito dall'art. 12. La fattispecie oggetto della causa Baumbast è analoga a quella esaminata nella sentenza Echternach e Moritz. Non vi è quindi motivo per escludere le figlie dei sigg. Baumbast dal diritto riconosciuto nella detta sentenza. La Commissione rinvia inoltre al principio della parità di trattamento che deve garantire la migliore integrazione possibile dei lavoratori e dei loro familiari nel paese ospitante.

78.
La Commissione tratta solo succintamente la questione del diritto di soggiorno della madre in entrambe le cause. La sig.ra R non è più familiare e pertanto non può fruire del diritto di soggiorno. Neanche la sig.ra Baumbast lo può, dal momento che la condicio sine qua non per il riconoscimento del suo diritto, cioè lo status di lavoratore del marito, è venuta meno. La Commissione riconosce le conseguenze manifeste di detta conclusione sul diritto di soggiorno dei figli.

79.
Il governo britannico afferma che le figlie dei sigg. Baumbast, ai sensi dell'art. 12 del regolamento n. 1612/68, mantengono il diritto di proseguire gli studi fino al loro completamento, sebbene il padre non sia più lavoratore ai sensi del regolamento. Nella causa R le figlie mantengono il loro diritto ai sensi dell'art. 12 dato che il padre si trova nel Regno Unito in qualità di lavoratore migrante. Gli elementi menzionati al punto b) non sono rilevanti per la soluzione.

80.
Il governo del Regno Unito sostiene inoltre che l'obbligo incombente agli Stati membri, di cui all'art. 12 del regolamento n. 1612/68, di incoraggiare le iniziative intese a permettere a tali giovani di frequentare i predetti corsi «nelle migliori condizioni» non implica che debba essere autorizzato al soggiorno anche la persona alla quale il figlio sia stato affidato. Il governo fonda dette osservazioni sui seguenti motivi:

- l'espressione «nelle migliori condizioni» è riferita alle strutture di insegnamento, non alla situazione domestica del figlio;

- secondo il diritto interno britannico, i figli in possesso della cittadinanza britannica non hanno il diritto di esigere che lo Stato autorizzi il soggiorno dei loro genitori o affidatari che non sono cittadini britannici. Il fatto di autorizzare la persona alla quale sono stati affidati figli cittadini di un altro Stato membro porrebbe tali figli non già su un piano di parità, ma in una posizione più vantaggiosa rispetto ai figli di cittadini britannici;

- risolvere affermativamente la seconda questione sollevata dal giudice nazionale porterebbe all'assurdo che persone, quali il sig. Baumbast, otterrebbero un diritto di soggiorno derivante dal diritto dei loro figli a sua volta derivante dal loro stesso diritto.

81.
Il governo tedesco è dell'opinione che i figli di un lavoratore migrante mantengano i loro diritti sulla base dell'art. 12 del regolamento n. 1612/68 dopo la partenza dei genitori dallo Stato membro ospitante, alla condizione che i corsi di studio non possano essere proseguiti nel loro paese d'origine. Il punto b) della questione non necessita di soluzione poiché gli elementi ivi menzionati non sono determinanti ai fini della decisione delle autorità nazionali. Secondo il governo tedesco, quindi, alla madre non spetta alcun diritto di soggiorno. L'art. 12 del regolamento n. 1612/68 riguarda soltanto l'ammissione di figli di lavoratori migranti.

Analisi

82.
La prima questione sollevata dal giudice nazionale riguarda il diritto delle figlie dei sigg. R e delle figlie dei sigg. Baumbast a rimanere nel Regno Unito.

83.
Per quanto riguarda le figlie dei sigg. R, la soluzione della questione è semplice. Esse hanno il diritto a soggiornare ai sensi dell'art. 10 del regolamento n. 1612/68. Tale diritto permane anche dopo il divorzio dei genitori perché il padre continua ad essere lavoratore ai sensi dell'art. 39 CE. Nella sentenza Diatta (47) la Corte ha dichiarato che non è necessario che i figli vivano con il padre sotto lo stesso tetto.

84.
Per quanto riguarda le figlie dei sigg. Baumbast, giungo alle stesse conclusioni. Anche il loro diritto di soggiorno viene conservato. Esso deriva, tuttavia, non dall'art. 10, bensì dall'art. 12 del regolamento, sulla base del seguente ragionamento. Ai sensi dell'art. 10, le figlie avevano il diritto di soggiorno nel Regno Unito derivante dallo status di lavoratore del padre, il sig. Baumbast. Tale status di lavoratore ai sensi dell'art. 39 CE non esiste più. L'art. 12 del regolamento n. 1612/68 stabilisce tuttavia che sono ammessi a frequentare corsi d'insegnamento anche i figli di chi sia stato occupato, in qualità di lavoratore migrante, nel territorio di uno Stato membro (in questo caso il Regno Unito), se essi vi risiedano. Dalla sentenza Echternach e Moritz discende che i figli, il cui genitore/lavoratore abbia lasciato il paese, hanno il diritto di proseguire nello Stato ospitante gli studi già cominciati in questo paese. Come la Corte ha inoltre dichiarato nella detta sentenza i figli mantengono in detti casi lo status di familiari di un lavoratore, ai sensi del regolamento n. 1612/68, e quindi il loro diritto di soggiorno.

85.
A mio avviso, il ragionamento di cui sopra si applica anche alle figlie dei sigg. Baumbast, nel caso ipotetico in cui il padre non dovesse essere più lavoratore ai sensi dell'art. 39 CE nel Regno Unito. Il diritto di soggiorno delle figlie dei sigg. R può fondarsi anche sull'art. 12 del regolamento n. 1612/68. La loro situazione, è del tutto identica a quella della famiglia Baumbast ai fini dell'applicazione dell'art. 12.

86.
Con la seconda questione il giudice nazionale chiede se il diritto di soggiorno deve continuare a sussistere anche per le madri. Esse non possono più invocare direttamente l'art. 10 del regolamento n. 1612/68, ma dovrebbero far derivare tale diritto dal diritto di soggiorno dei loro figli. E' molto più difficile risolvere tale questione come è dato di vedere già dal solo fatto che le osservazioni presentate alla Corte sono fortemente divergenti.

87.
Ai fini della soluzione di detta questione, non è sufficiente, a mio avviso, un'analisi del testo del regolamento, come interpretato nella giurisprudenza della Corte. Come ho già affermato al paragrafo 34 delle presenti conclusioni, il diritto comunitario non si è preoccupato dei casi in cui la situazione familiare o professionale abbia subito modifiche dopo l'ingresso nel paese ospitante, come è avvenuto nel caso delle famiglie R e Baumbast. Il regolamento n. 1251/70 ha previsto soltanto il caso di decesso del lavoratore. La normativa comunitaria in materia di libera circolazione dei lavoratori non soddisfa più, sotto questo aspetto, le esigenze del nostro tempo: in altre parole, è obsoleta.

88.
Per questi motivi, il diritto comunitario va interpretato tenendo conto dei cambiamenti intervenuti nella società. Una siffatta interpretazione può evitare che le lacune insinuatesi nel sistema del diritto comunitario a causa del suo carattere obsoleto provochino conseguenze non desiderate.

89.
Ritengo determinante il fatto che l'art. 12 del regolamento n. 1612/68, come interpretato dalla Corte, riconosce incondizionatamente il diritto dei figli di proseguire gli studi nello Stato membro ospitante. Da detto riconoscimento del diritto dei figli desumo un - limitato - diritto di soggiorno della(e) madre(i). A tale riguardo sono rilevanti due argomenti interdipendenti.

90.
In primo luogo, l'interpretazione del regolamento n. 1612/68 deve mirare al fine ultimo del regolamento, che consiste, in sintesi, nell'agevolare il raggiungimento degli obiettivi stabiliti nell'art. 39 CE. Si deve evitare che eventuali complicazioni successive circa le possibilità di soggiorno della famiglia scoraggino il lavoratore dal recarsi in un altro Stato membro per svolgervi attività lavorativa. Nel momento in cui un lavoratore decide di recarsi o meno in un altro Stato membro per svolgervi attività lavorativa, è spesso determinante la certezza (o l'incertezza) circa l'educazione scolastica dei figli. E' quindi importante - al fine di promuovere la libera circolazione dei lavoratori - che il diritto comunitario garantisca quanto più possibile detta educazione scolastica.

91.
In secondo luogo, il diritto di soggiorno dei figli ai sensi dell'art. 12 del regolamento n. 1612/68 risulterebbe illusorio se il genitore affidatario non potesse soggiornare nello Stato membro ospitante. Ricordo che anche l'Adjudicator nel procedimento nazionale relativo alla causa Baumbast ha esaminato le possibili conseguenze di un diritto di soggiorno illusorio dei figli. Tali conseguenze lo hanno spinto a concedere alla sig.ra Baumbast un titolo di soggiorno, temporaneo, nel Regno Unito (48). In altri termini, si tratta degli effetti dell'art. 12 del regolamento n. 1612/68. In considerazione del fatto che il diritto dei figli di proseguire gli studi nello Stato membro ospitante deve poter essere effettivamente esercitato, la seconda parte dell'art. 12 incoraggia le iniziative intese a permettere a questi giovani di seguire i detti studi nelle migliori condizioni.

92.
A tale riguardo, va altresì richiamato il divieto di discriminazioni in base alla cittadinanza. Nella sentenza Martínez Sala (49), la Corte ha dichiarato che un cittadino dell'Unione europea che soggiorni legalmente nel territorio dello Stato membro ospitante può invocare il principio di non discriminazione in tutte le situazioni che rientrano nell'ambito di applicazione ratione materiae del diritto comunitario. Rammento inoltre la sentenza Echternach e Moritz (50) in cui la Corte ha stabilito che la parità di trattamento con i propri cittadini favorisce l'integrazione dei figli nello Stato membro ospitante. Da entrambe le sentenze, lette congiuntamente, si ricava che il diritto di soggiorno del genitore affidatario può essere giustificato dal diritto dei figli alla parità di trattamento.

93.
Infine, il riconoscimento di un diritto di soggiorno a favore del genitore affidatario può assumere rilevanza in relazione alla CEDU e segnatamente all'art. 8 della Convenzione che riconosce la tutela della vita familiare. A tale proposito, sottolineo la posizione dei ricorrenti secondo cui il diniego del diritto di soggiorno alla madre di figli di tenera età costituisce una restrizione sproporzionata della vita familiare ed è in contrasto con quanto sancito dalla CEDU (51). Non ritengo che la Corte debba pronunciarsi sulla questione se il diniego del diritto di soggiorno al genitore affidatario costituisca una restrizione sproporzionata. Penso invece che debba dichiarare che la decisione di concedere tale diritto di soggiorno è conforme all'art. 8 della CEDU.

94.
Le considerazioni che precedono mi fanno propendere per la concessione di un diritto di soggiorno al genitore affidatario, derivante dal diritto dei figli di proseguire gli studi nello Stato ospitante. Tale conclusione discende dall'interpretazione estensiva dell'art. 12 del regolamento n. 1612/68 operata dalla Corte nella sentenza Echternach e Moritz. E' pacifico che la Corte considera il diritto dei figli di proseguire i loro studi uno strumento importante per promuovere la libera circolazione dei lavoratori. Il diritto dei figli deve poter essere utilizzato pienamente. Non si può ammettere che una lacuna del diritto comunitario possa privare (in determinate circostanze) il detto strumento del suo valore. Il carattere derivato del diritto di soggiorno del genitore affidatario comporta tuttavia che uno Stato membro possa limitare nel tempo tale diritto, conformemente alla propria normativa nazionale, ad esempio fino a che gli studi non saranno stati completati o fino al momento in cui cessa l'affidamento dei figli.

95.
Concludo che dal momento che il diritto comunitario concede, ai fini della promozione della libera circolazione dei lavoratori, diritti e privilegi ai familiari dei lavoratori migranti, nella fattispecie ai figli di lavoratori, è d'uopo interpretare tale diritto in modo che possa essere effettivamente esercitato. Ciò significa che il genitore affidatario deve poter continuare a soggiornare nello Stato ospitante, qualora la sua presenza sia necessaria per l'esercizio di detto diritto da parte dei figli.

Sulla terza questione

Osservazioni

96.
I ricorrenti ritengono che l'art. 18 CE abbia effetti diretti. Il fatto che il diritto di soggiorno sia riconosciuto «fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal presente Trattato e dalle disposizioni adottate in applicazione dello stesso» non ne inficia gli effetti diretti. Le altre disposizioni del Trattato CE definiscono solo il contenuto del diritto. Anche il fatto che il diritto di soggiorno debba essere interpretato nel contesto delle misure adottate per facilitarne l'esercizio non fa venire meno l'effetto diretto di tale articolo. L'art. 18 CE non è meno incondizionato e preciso dell'art. 39 CE, né crea diritti a sé stanti che rendano obsoleto l'art. 39 CE e le disposizioni adottate ai sensi di detto articolo: esso si aggiunge ad altre disposizioni del Trattato, come quelle in materia di libera circolazione dei lavoratori.

97.
I ricorrenti sostengono che il sig. Baumbast non esercita più alcun diritto in forza dell'art. 39 CE. Nel suo caso, l'art. 18 CE deve essere interpretato nel senso che egli conserva il suo diritto di soggiorno nel Regno Unito per il tempo in cui lavora al di fuori dell'Unione europea. Detto diritto, sulla base dell'art. 18 CE, serve per coprire il periodo in cui egli è fisicamente assente dal Regno Unito. Si tratta del periodo che intercorre fra la sua partenza - in qualità di lavoratore ai sensi dell'art. 39 CE - e il suo ritorno definitivo nel Regno Unito. I ricorrenti osservano altresì che se si fosse trattato di familiari di un cittadino britannico non sarebbe sorto alcun problema per la famiglia Baumbast. Il diniego del diritto di soggiorno a favore della moglie del sig. Baumbast costituisce una discriminazione vietata ai sensi dell'art. 12 CE, con riferimento al diritto di soggiorno del sig. Baumbast, fondato sull'art. 18 CE.

98.
La Commissione sottolinea l'importanza fondamentale dell'art. 18 CE. Tuttavia il diritto di circolare e di soggiornare non è assoluto, ma dipende dagli strumenti giuridici comunitari esistenti. Il diritto di soggiorno è sempre collegato all'esercizio di un'attività economica o al possesso di risorse sufficienti. La Commissione conclude che l'art. 18 CE non può concedere alcun diritto di soggiorno al sig. Baumbast. A tale riguardo la Commissione rinvia in particolare alla sentenza Wijsenbeek (52).

99.
Il governo del Regno Unito richiama la riserva di cui all'art. 18, n. 1, CE, da cui discenderebbe che l'art. 18 non crea alcun diritto universale e assoluto di circolare e di soggiornare che vada oltre i diritti riconosciuti dal Trattato CE e dalla normativa derivata. Ciò non significa che l'art. 18 non produca effetti giuridici. Esso conferisce ai diritti derivanti dalla normativa secondaria lo status di diritti derivanti dal Trattato CE stesso e attribuisce al Consiglio la facoltà di adottare misure dirette a facilitare l'esercizio del diritto di circolazione e di soggiorno (53).

100.
Secondo il governo britannico, l'art. 18 CE non produce effetti diretti, in particolare, in ragione del fatto che non ha carattere incondizionato. Anche il governo tedesco è del parere che il diritto di soggiorno non discenda direttamente dall'art. 18 CE.

Analisi

101.
La terza questione sottoposta dal giudice nazionale riguarda in primo luogo l'efficacia diretta dell'art. 18 CE. Ai paragrafi 49 e segg. delle presenti conclusioni ho menzionato le conclusioni presentate dall'avvocato generale La Pergola nella causa Martínez Sala e dall'avvocato Cosmas nella causa Wijsenbeek. Entrambi si sono espressi a favore del riconoscimento dell'efficacia diretta. L'avvocato generale La Pergola sostiene che il diritto di circolazione e di soggiorno è un diritto inseparabile dalla cittadinanza. Le limitazioni previste dall'art. 18, n. 1, a suo avviso, riguardano l'esercizio concreto del diritto, non l'esistenza del diritto stesso. L'avvocato generale Cosmas fonda l'efficacia diretta, fra l'altro, sulla lettera dell'art. 18, n. 1. Afferma inoltre che l'imposizione di limitazioni e condizioni all'esercizio di questo diritto è ammissibile se le relative misure sono giustificate e non colpiscono l'essenza del diritto.

102.
Fino ad ora la Corte non è stata chiamata a risolvere la questione dell'efficacia diretta di detto articolo. Dalla sentenza Kaba (54) risulta che la Corte, in relazione alla seconda parte dell'art. 18, n. 1, CE, considera che l'articolo in questione non crei in nessun caso a favore del cittadino dell'Unione europea un diritto incondizionato di circolare e di soggiornare. Dalla sentenza deduco che comunque, quand'anche l'art. 18 abbia efficacia diretta, il diritto di circolare e soggiornare che da esso deriva non è illimitato.

103.
Ritengo che la questione centrale della natura giuridica dell'art. 18, n. 1, CE sia la seguente: un cittadino ha il diritto di circolare e di soggiornare nel territorio dell'Unione europea ai sensi dell'art. 18, n. 1, CE, ovvero tale disposizione deve essere considerata come un principio di diritto, che deve essere concretizzata ed attuata da altre norme di diritto comunitario? Alla luce del testo dell'art. 18, n. 1, alla domanda può essere data una sola risposta. La disposizione in esame crea a favore del cittadino dell'Unione europea il diritto di circolare e di soggiornare. La formulazione chiara e incondizionata della prima parte dell'art. 18, n. 1, non può essere a mio avviso interpretata in alcun altro modo. Le attività alle quali la disposizione si riferisce - «circolare» e «soggiornare» - non necessitano di ulteriori spiegazioni. Per tale motivo ritengo che l'art. 18, n. 1, produca effetti diretti. Anche l'avvocato generale Cosmas ha seguito tale ragionamento.

104.
Il sistema del Trattato CE e la legislazione adottata ai sensi del Trattato offrono un secondo argomento a favore dell'efficacia diretta. La normativa comunitaria in materia di libera circolazione delle persone si rivolge a due diverse categorie di soggetti (55). La prima categoria riguarda le persone che circolano e risiedono nell'Unione europea nel contesto di un'attività economica. I loro diritti specifici sono disciplinati dalle norme del Trattato relative alla libera circolazione dei lavoratori (art. 39 CE e segg.), alla libertà di stabilimento (art. 43 CE e segg.) e alla libera prestazione di servizi (art. 49 CE e segg.) nonché dalle disposizioni adottate ai sensi del Trattato. Indicherò questa categoria come persone (economicamente) attive. La seconda categoria è composta dalle persone che circolano o soggiornano nell'Unione europea indipendentemente dall'esercizio di un'attività economica: si tratta delle persone economicamente non attive, come gli studenti o i pensionati. I loro diritti si fondano sul diritto comunitario derivato, cioè la direttiva 90/364 e le direttive 90/365 e 93/96 ad essa collegate. Per le due categorie sono stati adottati diversi ordini di norme, non direttamente correlati fra loro.

105.
L'art. 18 CE aggiunge a tali ordini di norme un diritto generale di soggiorno a favore del cittadino dell'Unione europea. Detto diritto, per usare le parole dell'avvocato generale La Pergola, è inseparabile dalla cittadinanza dell'Unione. L'art. 18 costituisce - e queste sono parole mie - la conferma di un diritto fondamentale del cittadino dell'Unione europea di circolare e di soggiornare nel territorio dell'Unione. Esso rappresenta il denominatore comune del diritto di circolazione e di soggiorno del cittadino attivo e non attivo. Per le persone economicamente non attive, l'art. 18 assume un ulteriore significato. Sin dall'introduzione dell'art. 18 CE, con il Trattato di Maastricht, il diritto di circolazione e di soggiorno delle persone economicamente non attive deriva direttamente dal Trattato e non è più totalmente soggetto alla valutazione discrezionale del legislatore incaricato dell'adozione del diritto derivato.

106.
Un terzo argomento a favore dell'efficacia diretta ha natura teleologica. Qualora il diritto di circolare e di soggiornare fosse del tutto dipendente dai diritti specifici sanciti dal Trattato CE, o dalle disposizioni adottate ai sensi del Trattato, detto diritto rischierebbe di essere vanificato o, in altri termini, di perdere la propria efficacia. Una disposizione formulata in termini generali, come l'art. 18, n. 1, che non opera alcuna distinzione fra diverse (sotto)categorie di persone, adempie una funzione necessaria che è quella di assicurare il conseguimento dell'obiettivo primario perseguito dai legislatori del Trattato, cioè la libera circolazione di tutti i cittadini.

107.
Non mi sono ancora espresso sul significato ratione materiae dell'art. 18 CE. E' vero che la seconda parte dell'art. 18, n. 1, sottopone il diritto di circolare e di soggiornare alle limitazioni e condizioni previste dal Trattato e da altre norme di diritto comunitario. Tali disposizioni, come ad esempio l'art. 39 CE, definiscono in linea di principio la portata del diritto di cui all'art. 18.

108.
Condivido quindi il parere espresso dalla Corte nella causa Kaba, (già citata alla nota 29) secondo cui i diritti conferiti dall'art. 18, n. 1, non sono illimitati. Proprio quando si riconosce, come da me sostenuto, a dette disposizioni un'efficacia diretta, le condizioni e limitazioni cui è sottoposto il diritto di circolare e soggiornare assumono rilevanza. Tali condizioni e limitazioni mirano infatti a tutelare interessi pubblici evidenti, quali l'ordine pubblico, la sicurezza e la salute pubblica e gli interessi finanziari degli Stati membri.

109.
Alla luce di tali considerazioni, ritengo che l'art. 18, n. 1, CE abbia un'importanza materiale in relazione a due aspetti. E' proprio su questi due aspetti che si fonda il valore aggiunto dell'art. 18, n. 1, rispetto alle altre disposizioni del diritto comunitario in materia di libera circolazione delle persone.

110.
In primo luogo, il carattere incondizionato della prima parte dell'art. 18, n. 1, implica che il diritto di soggiorno è un diritto configurabile, rilevante per il cittadino. A tale riguardo, l'art. 18 CE ha la natura di una norma di garanzia. L'art. 18 pone requisiti al contenuto del diritto comunitario in materia di libera circolazione delle persone. Le condizioni previste dal Trattato CE non possono essere arbitrarie né possono privare il diritto di soggiorno del suo contenuto materiale. Mi riferisco a questo riguardo ai requisiti che l'avvocato generale Cosmas pone alle condizioni e alle limitazioni al diritto di soggiorno. Trovo altresì conforto nel mio punto di vista anche nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. L'art. 45 della Carta, che come ho già detto non è vincolante, riconosce il diritto di soggiorno del cittadino dell'Unione (56), mentre l'art. 52, n. 1, per quanto riguarda le limitazioni all'esercizio dei diritti riconosciuti dalla Carta, dispone che esse devono «essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione (...)».

111.
In secondo luogo, l'art. 18, n. 1, CE, pone al legislatore comunitario l'obbligo di garantire che un cittadino dell'Unione europea possa effettivamente godere dei diritti riconosciutigli dall'art. 18 CE. Detto obbligo riveste maggiore rilevanza in considerazione del fatto che il diritto comunitario in materia di libera circolazione delle persone comprende due ordini di norme e presenta quindi una certa frammentarietà. Manca un quadro normativo generale e completo.

112.
Riporto di seguito le conseguenze in concreto di quanto sopra esposto.

113.
Per quanto riguarda il cittadino economicamente attivo, il Trattato stesso e le disposizioni adottate ai sensi del Trattato prevedono un regime di libera circolazione che offre al cittadino le necessarie garanzie. In linea di principio l'art. 18 CE nulla aggiunge a tale riguardo. E' pur vero che le disposizioni sulla libera circolazione dei lavoratori non sono in tutte le circostanze opportunamente adeguate ai cambiamenti sociali (v. paragrafo 34 delle presenti conclusioni). La Corte però, a mio avviso, nell'interpretazione delle relative disposizioni del diritto comunitario, deve tenere conto quanto più possibile dei cambiamenti che si sono verificati. In questo contesto l'art. 18 CE non svolge alcun ruolo.

114.
La direttiva 90/364 e le direttive 90/365 e 93/96 ad essa connesse contengono le norme applicabili ai cittadini economicamente non attivi. I diritti conferiti dalla direttiva alla detta categoria di cittadini assurgono in forza dell'art. 18 allo status di diritti sanciti dal Trattato. Per tale gruppo di cittadini l'art. 18 rappresenta una norma di garanzia. Il legislatore comunitario ha l'obbligo di porre in essere e mantenere un diritto che abbia un contenuto.

115.
Infine, il carattere univoco dell'art. 18, n. 1, CE implica che una persona, cui non spetti un diritto di soggiorno ai sensi di altre disposizioni della normativa comunitaria, possa comunque, in talune circostanze, acquisire tale diritto invocando l'art. 18. Poiché a livello del diritto comunitario non esiste un quadro normativo generale e completo sull'esercizio del diritto di soggiorno, deve farsi ricorso in tutti i casi non previsti dal legislatore comunitario all'art. 18. Tuttavia questo non vuol dire che in siffatti casi - eccezionali - si debba riconoscere un diritto di soggiorno incondizionato. Le condizioni e le limitazioni poste dal diritto comunitario all'esercizio del diritto di cui trattasi devono essere applicate per quanto possibile per analogia alle persone il cui diritto di soggiorno discenda direttamente dall'art. 18 CE. Il testo dell'art. 18, n. 1, seconda frase, ne pone la base.

116.
Il giudice nazionale solleva la sua questione basandosi sulla situazione specifica del sig. Baumbast. Il sig. Baumbast non è più un lavoratore che possa invocare l'art. 39 CE. Il suo diritto di soggiorno potrebbe essere fondato, se del caso, sulla direttiva 90/364, concernente le persone che non sono o non sono più attive. Egli, tuttavia, non soddisfa i requisiti previsti dalla direttiva 90/364 per il riconoscimento del diritto di soggiorno. Il sig. Baumbast è coperto dall'assicurazione obbligatoria tedesca per le spese mediche e quindi non possiede un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante, come prescrive la direttiva. Sotto questo punto di vista il diritto di soggiorno dovrebbe essergli negato poiché non soddisfa i requisiti posti dalla direttiva 90/364.

117.
Tuttavia, vi è un motivo molto più importante per cui il sig. Baumbast non può ottenere alcun diritto di soggiorno ai sensi della direttiva 90/364. Egli infatti esercita ancora un'attività in qualità lavoratore, ma non è occupato nel Regno Unito. Per tale ragione è logico applicare per analogia le norme relative alle persone attive e non quelle riguardanti le persone non attive.

118.
L'obbligo di possedere un'assicurazione malattia nello Stato membro ospitante non si applica alle persone economicamente attive. Detto obbligo mira segnatamente ad evitare che il lavoratore migrante dell'Unione europea possa costituire un onere eccessivo per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante (57). Tale rischio non esiste per le persone economicamente attive poiché si può ritenere che ricavino risorse sufficienti dalla loro attività economica. Non vi è dunque alcun motivo per negare al sig. Baumbast il diritto di soggiorno per il fatto che egli non possiede un'assicurazione malattia nello Stato membro ospitante.

119.
La Corte deve pertanto stabilire se il sig. Baumbast possa ottenere il diritto di soggiorno ai sensi dell'art. 18 CE attraverso l'applicazione per analogia delle norme previste per le persone economicamente attive, in particolare dell'art. 39 CE e del regolamento n. 1612/68.

120.
Il motivo per cui il sig. Baumbast non può ottenere alcun diritto ai sensi dell'art. 39 CE e del regolamento n. 1612/68 dipende dal carattere obsoleto delle norme in materia di libera circolazione delle persone. Le dette norme sono state adottate alla fine degli anni sessanta e successivamente non sono più state adattate agli sviluppi della società. Ho già trattato ampiamente tale aspetto nelle presenti conclusioni (v. paragrafo 22 e segg.). Al momento dell'adozione del regolamento non si è chiaramente tenuto conto del caso di chi, abitualmente residente in uno Stato membro, lavori per brevi periodi in luoghi diversi per conto di un'impresa stabilita in un altro Stato membro.

121.
Il caso in esame non è stato previsto dal legislatore comunitario. Manca un quadro normativo su cui possa fondarsi l'esercizio del diritto di soggiorno. Per tale motivo, applico per analogia il quadro normativo previsto per le persone economicamente attive. Se non fosse per la circostanza non prevista dal legislatore per cui il sig. Baumbast non svolge un'attività nel paese ospitante, egli soddisfa le condizioni per ottenere il soggiorno nel Regno Unito: è cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea, è lavoratore, risiede in un altro Stato membro dell'Unione europea (Regno Unito) e la sua famiglia beneficia del diritto di soggiorno ai sensi del regolamento n. 1612/68.

122.
Concludo pertanto che il sig. Baumbast ha diritto di soggiornare nel Regno Unito ai sensi dell'art. 18 CE, in combinato disposto con il regolamento n. 1612/68.

123.
Nei punti b) e c) della terza questione, il giudice nazionale si riferisce ai diritti dei familiari del sig. Baumbast. Ritengo che la soluzione a detti punti possa essere breve. Il diritto di soggiorno riconosciuto al sig. Baumbast ai sensi dell'art. 18 CE spetta anche alla moglie e alle figlie. Tuttavia, la detta constatazione, nella fattispecie, non è per esse rilevante, dato che, a mio avviso, già beneficiano del diritto di soggiorno ai sensi del regolamento n. 1612/68.

124.
Faccio infine, riferimento al diritto al rispetto della vita familiare, riconosciuto dall'art. 8 della CEDU (58). La normativa comunitaria in materia di diritto di soggiorno, e in particolare il regolamento n. 1612/68, tiene sufficientemente conto dell'art. 8 della CEDU dal momento che il diritto di soggiorno di un lavoratore si applica anche ai membri della sua famiglia. La situazione non sarebbe diversa nella causa Baumbast se la Corte dovesse giungere alla conclusione che il sig. Baumbast non ha alcun diritto di soggiornare nel Regno Unito ai sensi del diritto comunitario.

125.
Dal regolamento n. 1612/68 ho desunto il diritto del genitore affidatario di rimanere nello Stato membro ospitante, per necessità legate all'istruzione dei figli, in talune circostanze specifiche. Ritengo che sarebbe eccessivo desumere tale diritto anche a favore del genitore non affidatario. Il diritto comunitario non offre alcuna possibilità a tale proposito. Né detto diritto è implicito nel diritto alla tutela della vita familiare, che fa parte integrante del diritto comunitario. Per la famiglia Baumbast esistono reali alternative di poter vivere insieme, ad esempio se la famiglia seguisse il padre nelle varie attività professionali o si stabilisse in Germania. Rinvio alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo da cui risulta che l'art. 8 della CEDU non impone ad uno Stato l'obbligo di rispettare la scelta di una coppia circa il paese nel quale stabilirsi dopo il matrimonio né di autorizzare il ricongiungimento familiare sul proprio territorio.

126.
Così riassumo quanto sopra considerato. L'art. 18, n. 1, CE, conferisce al cittadino il diritto di circolare e di soggiornare sul territorio dell'Unione europea. La portata di tale diritto è determinata dalle condizioni e dalle limitazioni che sono stabilite nel Trattato CE o nelle disposizioni adottate ai sensi del Trattato. Tuttavia tali condizioni e limitazioni non possono avere l'effetto di privare della sua essenza il diritto del cittadino. Il carattere univoco dell'art. 18, n. 1, può comportare che in casi particolari, come quello del sig. Baumbast, dove non è previsto un diritto di circolazione e di soggiorno sulla base di altre disposizioni di diritto comunitario, il titolo per circolare e soggiornare venga fatto derivare direttamente dal detto articolo. La portata del diritto del sig. Baumbast è determinata dall'applicazione per analogia delle condizioni e limitazioni imposte alla libera circolazione dei lavoratori.

Sulla quarta questione

127.
Ritengo che alla quarta questione non occorra dare soluzione. Se la Corte condivide le mie conclusioni sulla terza questione, secondo cui il sig. Baumbast beneficia di un diritto di soggiorno in quanto cittadino dell'Unione europea, non si rende necessario risolvere la quarta questione. Tuttavia, se la Corte dovesse decidere di risolvere in maniera diversa la terza questione, la soluzione della quarta questione costituirebbe una semplice ripetizione delle soluzioni date alla prima e alla seconda questione.

IX - Conclusione

128.
Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sottopostele dall'Immigration Appeal Tribunal come segue:

Per quanto riguarda la prima questione. I figli installatisi in uno Stato membro ospitante ai sensi dell'art. 10 del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità, in conseguenza del fatto che uno dei genitori è stato occupato nel detto Stato membro, conservano, conformemente all'art. 12 del regolamento, il diritto di proseguire gli studi già cominciati in tale paese e di soggiornarvi a tal fine. Fintantoché uno dei genitori svolge un'attività in qualità di lavoratore, il diritto di soggiorno dei detti figli si basa sull'art. 10 del regolamento, anche nel caso in cui i genitori siano divorziati e i figli non vivano con il genitore/lavoratore sotto lo stesso tetto.

Per quanto riguarda la seconda questione. Nel caso descritto nella soluzione data alla prima questione, in cui i figli beneficiano del diritto di soggiorno ai fini del proseguimento degli studi, anche il genitore affidatario gode di siffatto diritto di soggiorno, qualora sia necessario per l'esercizio del diritto da parte dei figli.

Per quanto riguarda la terza questione. L'art. 18. n. 1, CE conferisce al cittadino il diritto di circolare e di soggiornare nel territorio dell'Unione europea. La portata di tale diritto è determinata dalle condizioni e dalle limitazioni previste nel Trattato CE o nelle disposizioni adottate ai sensi del Trattato. Tali condizioni e limitazioni, tuttavia, non possono avere l'effetto di privare della sua essenza il diritto del cittadino. Il carattere univoco dell'art. 18, n. 1, CE può comportare che in casi particolari, come quello del sig. Baumbast, dove non è previsto un diritto di circolazione e di soggiorno sulla base di altre disposizioni del diritto comunitario, il titolo per circolare e soggiornare venga fatto derivare direttamente dal detto articolo. La portata del diritto del sig. Baumbast è determinata dall'applicazione per analogia delle condizioni e limitazioni poste alla libera circolazione dei lavoratori.

Per quanto riguarda la quarta questione: non si rende necessario risolvere detta questione.


1: - Lingua originale: l'olandese.


2: - A tutela della riservatezza degli interessati, la famiglia in questione è indicata con la lettera R.


3: - GU L 257, pag. 2.


4: - GU L 142, pag. 24.


5: - Ai sensi dell'art. 2 di questo regolamento, un lavoratore, in determinate circostanze, mantiene il diritto di soggiorno dopo il pensionamento, in caso di inabilità al lavoro e se esercita un'attività subordinata in un altro Stato membro, ma conserva la residenza nello Stato membro in cui ha soggiornato in precedenza come lavoratore.


6: - GU L 56, pag. 850.


7: - GU L 257, pag. 13.


8: - GU L 180, pag. 26.


9: - Sentenza 17 luglio 1997, causa C-130/95 (Racc. pag. I-4295).


10: - Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio di modifica del regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità (GU C 344 del 1998, pag. 7).


11: - V., in particolare, sentenza della Corte 31 gennaio 1984, cause riunite 286/82 e 26/83, Luisi e Carbone (Racc. pag. 377).


12: - Direttiva del Consiglio 28 giugno 1990, 90/365/CEE, relativa al diritto di soggiorno dei lavoratori salariati e non salariati che hanno cessato la loro attività professionale (GU L 180, pag. 28).


13: - Direttiva del Consiglio 29 ottobre 1993, 93/96/CEE, relativa al diritto di soggiorno degli studenti (GU L 317, pag. 59).


14: - Sentenza 13 febbraio 1985, causa 267/83, Diatta (Racc. pag. 567).


15: - Sentenza 16 dicembre 1976, causa 63/76, Inzirillo (Racc. pag. 2057).


16: - Sentenza 18 giugno 1987, causa 316/85, Lebon (Racc. pag. 2811).


17: - Citata alla nota 13.


18: - V., ad esempio Wölker, Ulrich, Hans von der Groeben e a., Kommentar zum EU-/EG-Vertrag, 5a ed., Nomos, Baden-Baden, 1997, pag. 1/1148.


19: - Sentenza 15 marzo 1989, cause riunite 389/87 e 390/87 (Racc. pag. 723).


20: - Ibidem (punti 19 e 20).


21: - Sentenza 13 novembre 1990, causa C-308/89, Di Leo (Racc. pag. I-4185).


22: - Sentenza 4 maggio 1995, causa C-7/94, Gaal (Racc. pag. I-1031).


23: - Sentenza 21 giugno 1988, causa 197/86, Brown (Racc. pag. 3205).


24: - Sentenza 12 maggio 1998, causa C-85/96, Martínez Sala (Racc. pag. I-2691, punto 32).


25: - Sentenze 26 febbraio 1992, causa C-3/90, Bernini (Racc. pag. I-1071, punto 24 e segg.), e 8 giugno 1999, causa C-337/97, Meeusen (Racc. pag. I-3289, punto 19).


26: - V. anche sentenza Meeusen, citata alla nota 25.


27: - Sentenza 30 settembre 1975, causa 32/75, Christini (Racc. pag. 1085).


28: - Citata alla nota 24.


29: - Sentenza 11 aprile 2000, causa C-356/98 (Racc. pag. 2623).


30: - V. conclusioni relative alla sentenza Martínez Sala (citata alla nota 24), punto 18.


31: - Citata alla nota 30.


32: - V. Tomuschat, Christian «Commentaar bij zaak C-85/96, María Martínez Sala/Freistaat Bayern», Common Market Law Review, 37, Kluwer Law International, Nederland, 2000, pag. 453.


33: - V. sentenza 21 settembre 1999, causa C-378/97 (Racc. pag. I-6207).


34: - Conclusioni presentate nella causa C-192/99, decisa con sentenza 20 febbraio 2001 (Racc. pag. I-1237, paragrafo 28).


35: - Citata alla nota 29.


36: - V., ad esempio, Steve Peers, Dazed and confused: family members' residence rights and the Court of Justice, E.L. Rev., Feb. 2001.


37: - V., fra l'altro, nota 16 nelle conclusioni dell'avvocato generale Léger presentate il 7 novembre 2000 nella causa C-192/99, in cui rinvia in particolare alla sentenza 18 giugno 1991, causa C-260/89, ERT (Racc. pag. I-2925).


38: - Sentenza 18 maggio 1989, causa 249/86 (Racc. pag. 1263, punto 10).


39: - GU 2000, C 364, pag. 1.


40: - Corte europea dei diritti dell'uomo 28 novembre 1996, Reports 1996-VI, Ahmut.


41: - V. paragrafo 41 delle presenti conclusioni.


42: - Citata alla nota 19.


43: - Citata alla nota 22.


44: - Citata alla nota 27.


45: - La Commissione rinvia alla sentenza Diatta, citata alla nota 14.


46: - V. anche paragrafo 41 delle presente conclusioni.


47: - Citata alla nota 14.


48: - V. paragrafo 12 delle presenti conclusioni; v. anche l'osservazione dei ricorrenti sopra riportata.


49: - V. paragrafo 55 delle presenti conclusioni.


50: - V. a questo proposito paragrafo 41 delle mie conclusioni.


51: - Al paragrafo 58 delle presenti conclusioni mi sono già soffermato sull'importanza dei diritti fondamentali della CEDU per il diritto comunitario. V., oltre all'art. 8 della CEDU, anche l'art. 7, analogo, ma non vincolante, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.


52: - V. paragrafo 52 delle presenti conclusioni.


53: - Il governo rinvia fra l'altro alla sentenza del Tribunale 16 aprile 1997, causa T-66/95, Küchlenz-Winter/Commissione (Racc. pag. II-637, punto 47).


54: - V. paragrafo 52 delle presenti conclusioni.


55: - V. anche il paragrafo 34 delle presenti conclusioni.


56: - Tale articolo riproduce alla lettera la prima parte dell'art. 18 CE.


57: - V. quarto considerando della direttiva.


58: - Ed anche nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, non vincolante. V. paragrafo 59 delle presenti conclusioni.