DOCI - 61990J0370 - bas-cit
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61990J0370
SENTENZA DELLA CORTE DEL 7 LUGLIO 1992.
THE QUEEN CONTRO IMMIGRATION APPEAL TRIBUNAL E SURINDER SINGH, EX PARTE SECRETARY OF STATE FOR HOME DEPARTMENT.
DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: HIGH COURT OF JUSTICE, QUEEN'S BENCH DIVISION - REGNO UNITO.
LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE - DIRITTO DI SOGGIORNO DEL CONIUGE DI UN CITTADINO COMUNITARIO CHE TORNA A STABILIRSI NEL SUO PAESE D'ORIGINE.
CAUSA C-370/90.

raccolta della giurisprudenza 1992 pagina I-04265
edizione speciale svedese XIII pagina I-00019
edizione speciale finlandese XIII pagina I-00019

 
   







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Libera circolazione delle persone ° Diritto di entrata e di soggiorno dei cittadini degli Stati membri ° Ritorno in uno Stato membro di un suo cittadino che ha esercitato il diritto di libera circolazione ° Diritto di soggiorno del coniuge
(Trattato CEE, art. 52; direttiva del Consiglio 72/148)



Le norme del Trattato sulla libera circolazione delle persone sono volte a facilitare ai cittadini comunitari l' esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura in tutto il territorio della Comunità ed ostano ai provvedimenti che potrebbe sfavorirli qualora desiderino svolgere un' attività economica nel territorio di un altro Stato membro. A tale scopo i cittadini degli Stati membri dispongono, in particolare, del diritto, conferito loro direttamente degli artt. 48 e 52 del Trattato CEE, di entrare e soggiornare nel territorio degli altri Stati membri per esercitarvi un' attività economica ai sensi delle suddette disposizioni.
Un cittadino di uno Stato membro potrebbe essere dissuaso dal lasciare il suo paese d' origine per esercitare un' attività lavorativa subordinata o autonoma nel territorio di un altro Stato membro se non potesse fruire, allorché ritorna nello Stato membro di cui ha la cittadinanza per esercitare un' attività lavorativa subordinata o autonoma, di agevolazioni almeno equivalenti a quelle di cui può disporre, in forza del diritto comunitario, nel territorio di un altro Stato membro. In particolare, egli sarebbe dissuaso dal farlo se il suo coniuge e i suoi figli non fossero anch' essi autorizzati ad entrare e a soggiornare nel territorio di tale Stato a condizioni almeno equivalenti a quelle che sono loro garantite dal diritto comunitario nel territorio di un altro Stato membro.
Il fatto che il cittadino di uno Stato membro entri e soggiorni nel territorio di questo Stato in forza dei diritti inerenti alla sua cittadinanza, senza necessità di avvalersi dei diritti conferitigli degli artt. 48 e 52 del Trattato, non esclude che egli si avvalga di questi diritti quando torna a stabilirsi nel detto Stato membro.
Di conseguenza, le disposizioni dell' art. 52 del Trattato CEE e quelle della direttiva 73/148, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all' interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi, devono essere interpretate nel senso che esse obbligano uno Stato membro ad autorizzare l' entrata e il soggiorno nel suo territorio del coniuge ° indipendentemente dalla sua cittadinanza ° del cittadino di tale Stato che si sia recato, con detto coniuge, nel territorio di un altro Stato membro per esercitarvi un' attività subordinata, ai sensi dell' art. 48 del Trattato CEE, e che ritorni a stabilirsi, ai sensi dell' art. 52 del Trattato CEE, nel territorio dello Stato di cui ha la cittadinanza. Il coniuge deve godere quantomeno degli stessi diritti che gli spetterebbero, in forza del diritto comunitario se suo marito (o sua moglie) entrasse e soggiornasse nel territorio di un altro Stato membro.



Nel procedimento C-370/90,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CEE, dalla High Court of Justice (Queen' s Bench Division) nella causa dinanzi ad essa pendente tra
The Queen
e
Immigration Appeal Tribunal e Surinder Singh
Ex parte: Secretary of State for the Home Department
domanda vertente sull' interpretazione dell' art. 52 del Trattato e della direttiva del Consiglio 21 maggio 1973, 73/148/CEE, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all' interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi (GU L 172, pag. 14),
LA CORTE,
composta dai signori O. Due, presidente, R. Joliet, F.A. Schockweiler, F. Grévisse e P.J. Kapteyn, presidenti di sezione, G.F. Mancini, C.N. Kakouris, J.C. Moitinho de Almeida, G.C. Rodríguez Iglesias, M. Díez de Velasco, M. Zuleeg, J.L. Murray e D.A.O. Edward, giudici,
avvocato generale: G. Tesauro,
cancelliere: H.A. Ruehl, amministratore principale,
viste le osservazioni scritte presentate
- per il governo britannico dalla signora Rosemary Caudwell, del Treasury Solicitor' s Department, in qualità di agente, assistita dall' avv. David Pannick, barrister;
- per il signor Surinder Singh, dagli avv.ti Richard Plender, QC, del foro di Inghilterra e del Galles, e Nicholas Blake, barrister, incaricati dallo studio legale T.I. Clough and Co, solicitors;
- per la Commissione, dai signori António Caeiro, consigliere giuridico, e Nicholas Khan, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti;
vista la relazione d' udienza,
sentite le osservazioni orali del governo britannico, rappresentato dal signor John F. Collins, del Treasury Solicitor' s Department, assistito dall' avv. Stephen Richards, barrister, del signor Surinder Singh e della Commissione all' udienza del 24 marzo 1992,
sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 20 maggio 1992,
ha pronunciato la seguente
Sentenza



1 Con ordinanza 19 ottobre 1990, pervenuta in cancelleria il 17 dicembre 1990, la High Court of Justice (Queen' s Bench Division), ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell' art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale vertente sull' interpretazione delle disposizioni dell' art. 52 del Trattato CEE e della direttiva del Consiglio 21 maggio 1973, 73/148/CEE, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all' interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi (GU L 172, pag. 14, in prosieguo: la "direttiva 73/148").
2 Tale questione è stata sollevata nell' ambito di una lite tra il signor Surinder Singh, cittadino indiano, e il Secretary of State for the Home Department, che il 15 dicembre 1988 aveva emesso nei suoi confronti un decreto di espulsione dal territorio britannico.
3 Risulta dall' ordinanza di rinvio che il 29 ottobre 1982 il signor Surinder Singh contraeva matrimonio con la signorina Rasphal Purewal, cittadina britannica, in Bradford (Regno Unito). Dal 1983 al 1985 i coniugi Singh svolgevano un' attività lavorativa subordinata in Germania. Alla fine del 1985 essi ritornavano nel Regno Unito per esercitarvi un' attività commerciale.
4 Nel 1986 il signor Singh veniva autorizzato, in quanto coniuge di una cittadina britannica, a soggiornare in via provvisoria nel Regno Unito. Nel luglio 1987 veniva pronunciata una sentenza provvisoria di divorzio (decree nisi) nell' ambito del giudizio promosso contro di lui dalla moglie. In seguito a tale sentenza, le autorità britanniche riducevano la durata del permesso di soggiorno del signor Singh e gli negavano il rilascio di un permesso di soggiorno permanente quale coniuge di una cittadina britannica.
5 Il signor Singh soggiornava legittimamente nel Regno Unito fino al 23 maggio 1988, data in cui rinunciava al ricorso amministrativo avverso il provvedimento che gli negava il permesso di soggiorno permanente. A decorrere da tale data egli soggiornava illecitamente nel territorio britannico.
6 Il decreto di espulsione del 15 dicembre 1988 veniva emesso in conformità all' art. 3(5)(a) dell' Immigration Act ("legge sull' immigrazione") del 1971, relativo agli stranieri che si trattengono nel territorio britannico oltre il periodo autorizzato.
7 Il 17 febbraio 1989 veniva pronunciata la sentenza definitiva (decree absolute) di divorzio tra i coniugi Singh.
8 L' opposizione proposta dal signor Singh davanti ad un adjudicator contro il provvedimento 15 dicembre 1988 veniva respinta il 3 marzo 1989. Con sentenza 17 agosto 1989, l' Immigration Appeal Tribunal accoglieva l' appello del signor Singh contro la decisione dell' adjudicator, ritenendo che egli "poteva far valere un diritto comunitario in quanto coniuge di una cittadina britannica, che a sua volta era titolare di un diritto comunitario ad intraprendere un' attività commerciale in questo paese".
9 La High Court of Justice (Queen' s Bench Division), adita con un ricorso di "judicial review" (sindacato di legittimità degli atti amministrativi) proposto dal Secretary of State for the Home Department contro la suddetta decisione, ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
"Nel caso in cui una donna coniugata, che è cittadina di uno Stato membro, abbia esercitato in un altro Stato membro diritti sulla base del Trattato, svolgendovi un' attività lavorativa, ed entri e soggiorni nello Stato membro di cui è cittadina al fine di svolgere un' attività commerciale con suo marito, se l' art. 52 del Trattato di Roma e la direttiva del Consiglio 21 maggio 1973, 73/148, conferiscano al marito (che non è cittadino comunitario) il diritto di entrare e soggiornare nello Stato membro con la moglie".
10 Per una più ampia illustrazione degli antefatti della causa principale, della normativa comunitaria in materia, dello svolgimento del procedimento e delle osservazioni scritte presentate alla Corte si fa rinvio alla relazione d' udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte.
11 Con la sua questione il giudice di rinvio mira a far stabilire se le disposizioni dell' art. 52 del Trattato CEE e della direttiva 73/148 debbano essere interpretate nel senso che esse obbligano uno Stato membro ad autorizzare l' entrata e il soggiorno nel suo territorio del coniuge ° indipendentemente dalla sua cittadinanza ° di un cittadino di tale Stato che si sia recato, con detto coniuge, nel territorio di un altro Stato membro per esercitarvi un' attività lavorativa subordinata, ai sensi dell' art. 48 del Trattato CEE, e che ritorni a stabilirsi, ai sensi dell' art. 52 del Trattato CEE, nel territorio dello Stato di cui ha la cittadinanza.
12 Occorre anche rilevare che non è stato sostenuto che quello contratto dai coniugi Singh sia stato un matrimonio fittizio. Inoltre il fatto che tale matrimonio sia stato sciolto dalla sentenza definitiva di divorzio emessa nel 1989 è ininfluente ai fini della questione pregiudiziale sollevata, che verte sul diritto di soggiorno dell' interessato nel periodo anteriore alla data di tale sentenza.
13 Il signor Singh e la Commissione sostengono che il cittadino di uno Stato membro che torni a stabilirsi in tale Stato dopo aver esercitato un' attività economica in un altro Stato membro si trova in una situazione analoga a quella del cittadino di un altro Stato membro che venga a stabilirsi nel suddetto paese. A loro parere, egli deve essere trattato nello stesso modo, in conformità al principio di non discriminazione enunciato all' art. 7 del Trattato CEE, e può quindi avvalersi dell' art. 52 del Trattato CEE, specialmente per quanto concerne il diritto di soggiorno del proprio coniuge qualora quest' ultimo non sia cittadino di uno Stato membro.
14 Il governo britannico assume, al contrario, che il cittadino comunitario che torni a stabilirsi nel suo paese d' origine non si trova in una situazione analoga a quella dei cittadini degli altri Stati membri, poiché egli entra e soggiorna in tale paese in forza della normativa nazionale e non del diritto comunitario. Le disposizioni dell' art. 52 del Trattato CEE e della direttiva 73/148 non sarebbero pertanto applicabili nel caso di specie. Il governo britannico fa anche valere che l' applicazione del diritto comunitario al cittadino che torni a stabilirsi nel suo paese d' origine ha conseguenze paradossali in quanto permette, in particolare, la sua espulsione dal territorio nazionale, e rileva che l' attribuzione del diritto di soggiorno al coniuge aumenta i rischi di frode legati a matrimoni fittizi.
15 La Corte ha ammesso nella sentenza 7 luglio 1976 (causa 118/75, Watson e Belmann, Racc. pag. 1185, punto 16 della motivazione) che le disposizioni degli artt. 48 e 52 del Trattato CEE nonché quelle del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all' interno della Comunità (GU L 257, pag. 2), della direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968, 68/360/CEE, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie all' interno della Comunità (GU L 257, pag. 13), e della direttiva 73/148 attuano il principio fondamentale sancito dall' art. 3, lett. c), del Trattato CEE, a tenore del quale, ai fini enunciati dall' art. 2, l' azione della Comunità importa l' eliminazione, tra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle persone.
16 La Corte ha anche ammesso nella sentenza 7 luglio 1988 (causa 143/88, Stanton, Racc. pag. 3877, punto 13 della motivazione) che le norme del Trattato sulla libera circolazione delle persone sono volte a facilitare ai cittadini comunitari l' esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura in tutto il territorio della Comunità ed ostano ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora desiderino svolgere un' attività economica nel territorio di un altro Stato membro.
17 A tale scopo i cittadini degli Stati membri dispongono, in particolare, del diritto, conferito loro direttamente dagli artt. 48 e 52 del Trattato CEE, di entrare e soggiornare nel territorio degli altri Stati membri per esercitarvi un' attività economica ai sensi delle suddette disposizioni (v., in particolare, sentenze 8 aprile 1976, causa 48/75, Royer, Racc. pag. 497, punto 31 della motivazione, e 5 febbraio 1991, causa 369/89, Roux, Racc. pag. I-237, punto 9 della motivazione).
18 Da parte loro, i regolamenti e le direttive del Consiglio riguardanti la libera circolazione dei lavoratori subordinati e autonomi all' interno della Comunità, in particolare l' art. 10 del regolamento (CEE) n. 1612/68, gli artt. 1 e 4 della direttiva 68/360/CEE e gli artt. 1, lett. c), e 4 della direttiva 73/148, prescrivono che gli Stati membri riconoscano al coniuge e ai figli del lavoratore un diritto di soggiorno equivalente a quello attribuito al lavoratore stesso.
19 Un cittadino di uno Stato membro potrebbe essere dissuaso dal lasciare il suo paese d' origine per esercitare un' attività lavorativa subordinata o autonoma, ai sensi del Trattato CEE, nel territorio di un altro Stato membro se non potesse fruire, allorché ritorna nello Stato membro di cui ha la cittadinanza per esercitare un' attività lavorativa subordinata o autonoma, di agevolazioni in fatto di entrata e di soggiorno almeno equivalenti a quelle di cui può disporre, in forza del Trattato CEE o del diritto derivato, nel territorio di un altro Stato membro.
20 In particolare, egli sarebbe dissuaso dal farlo se il suo coniuge e i suoi figli non fossero anch' essi autorizzati ad entrare e a soggiornare nel territorio di tale Stato a condizioni almeno equivalenti a quelle che sono loro garantite dal diritto comunitario nel territorio di un altro Stato membro.
21 Ne consegue che il cittadino di uno Stato membro che si sia recato nel territorio di un altro Stato membro per esercitarvi un' attività lavorativa subordinata, ai sensi dell' art. 48 del Trattato CEE, e che torni a stabilirsi, per esercitare un' attività lavorativa autonoma, nel territorio dello Stato membro di cui ha la cittadinanza, ha il diritto, ai sensi dell' art. 52 del Trattato CEE, di essere accompagnato nel territorio di quest' ultimo Stato dal proprio coniuge, cittadino di un paese terzo, a condizioni identiche a quelle previste dal regolamento n. 1612/68, dalla direttiva 68/360 o dalla direttiva 73/148.
22 É vero che, come sostiene il governo britannico, il cittadino di uno Stato membro entra e soggiorna nel territorio di tale Stato in forza dei diritti inerenti alla sua cittadinanza e non di quelli conferitigli dal diritto comunitario. In particolare, come prevede anche l' art. 3 del quarto protocollo che integra la Convenzione europea dei diritti dell' uomo, uno Stato non può espellere un suo cittadino né negargli l' accesso al suo territorio.
23 Tuttavia, nel caso di specie non si tratta di un diritto nazionale, ma dei diritti di circolazione e di stabilimento conferiti al cittadino comunitario dagli artt. 48 e 52 del Trattato CEE. Questi diritti non possono produrre appieno i loro effetti se il suddetto cittadino può essere dissuaso dall' esercitarli dagli ostacoli frapposti, nel suo paese d' origine, all' entrata e al soggiorno del suo coniuge. Per questo motivo, il coniuge di un cittadino comunitario che si sia avvalso di tali diritti deve disporre, quando suo marito (o sua moglie) ritorna nel proprio paese d' origine, almeno degli stessi diritti di entrata e di soggiorno che gli spetterebbero, in forza del diritto comunitario, se suo marito (o sua moglie) scegliesse di entrare e soggiornare in un altro Stato membro. Gli artt. 48 e 52 del Trattato CEE non ostano però a che gli Stati membri applichino nei confronti dei coniugi stranieri dei loro cittadini, in materia di entrata e di soggiorno, norme più favorevoli di quelle dettate dal diritto comunitario.
24 Riguardo ai rischi di frode invocati dal governo britannico, è sufficiente rammentare che, secondo la giurisprudenza della Corte (v., in particolare, sentenze 7 febbraio 1979, causa 115/70, Lnoors, Racc. pag. 399, punto 25 della motivazione, e 3 ottobre 1990, causa C-61/89, Bouchoucha, Racc. pag. I-3551, punto 14 della motivazione), le possibilità offerte dal Trattato CEE non possono avere l' effetto di consentire alle persone che ne fruiscono di sottrarsi abusivamente all' applicazione delle normative nazionali e di vietare agli Stati membri di adottare i provvedimenti necessari per evitare tali abusi.
25 La questione pregiudiziale va quindi risolta dichiarando che le disposizioni dell' art. 52 del Trattato CEE e quelle della direttiva 73/148 devono essere interpretate nel senso che esse obbligano uno Stato membro ad autorizzare l' entrata e il soggiorno nel suo territorio del coniuge - indipendentemente dalla sua cittadinanza - del cittadino di tale Stato che si sia recato, con detto coniuge, nel territorio di un altro Stato membro per esercitarvi un' attività subordinata, ai sensi dell' art. 48 del Trattato CEE, e che ritorni a stabilirsi, ai sensi dell' art. 52 del Trattato CEE, nel territorio dello Stato di cui ha la cittadinanza. Il coniuge deve godere quantomeno degli stessi diritti che gli spetterebbero, in forza del diritto comunitario, se suo marito (o sua moglie) entrasse e soggiornasse nel territorio di un altro Stato membro.



Sulle spese
Le spese sostenute dalla Commissione, che ha presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento ha il carattere di un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.



Per questi motivi,
LA CORTE,
pronunciandosi sulla questione sottopostale dalla High Court of Justice (Queen' s Bench Division) con ordinanza 19 ottobre 1990, dichiara:
Le disposizioni dell' art. 52 del Trattato CEE e quelle della direttiva del Consiglio 21 maggio 1973, 73/148/CEE, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all' interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi, devono essere interpretate nel senso che esse obbligano uno Stato membro ad autorizzare l' entrata e il soggiorno nel suo territorio del coniuge - indipendentemente dalla sua cittadinanza - del cittadino di tale Stato che si sia recato, con detto coniuge, nel territorio di un altro Stato membro per esercitarvi un' attività subordinata, ai sensi dell' art. 48 del Trattato CEE, e che ritorni a stabilirsi, ai sensi dell' art. 52 del Trattato CEE, nel territorio dello Stato di cui ha la cittadinanza. Il coniuge deve godere quantomeno degli stessi diritti che gli spetterebbero, in forza del diritto comunitario, se suo marito (o sua moglie) entrasse e soggiornasse nel territorio di un altro Stato membro.

 
 
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