II Commissione - Resoconto di mercoledì 27 ottobre 2004


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SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 27 ottobre 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA, indi del vicepresidente Nino MORMINO.

La seduta comincia alle 14.50

DL 240/04: Accesso alla locazione da parte di conduttori in condizioni di disagio abitativo e integrazioni alla legge n. 431 del 1998.
C. 5350 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla VIII Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Vittorio MESSA (AN), relatore, osserva che il decreto legge n. 240 reca misure in materia di locazioni ad uso abitativo, finalizzate - da un lato - ad agevolare i conduttori assoggettati a procedura esecutiva di rilascio che versano in condizioni di particolare disagio, dall'altro a modificare le norme procedurali relative al rilascio degli immobili.
Relativamente alla prima finalità, l'articolo 1 definisce l'ambito soggettivo di applicazione delle nuove disposizioni, limitato esclusivamente ai conduttori assog


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gettati a procedure esecutive di rilascio che abbiano, all'interno del proprio nucleo familiare, ultrasessantacinquenni o handicappati gravi e che non dispongano di altra abitazione o di redditi sufficienti ad accedere alla locazione di una nuova unità immobiliare.
L'articolo 2 istituisce cinque nuove tipologie contrattuali, oltre a quelle previste dalla legge n. 431 del 1998, tutte riservate agli inquilini «disagiati» di cui all'articolo 1, e per le quali sono previste le agevolazioni fiscali ed i contributi indicati nei successivi articoli 3 e 4.
Il comma 1 introduce le nuove tipologie contrattuali, disponendo che possano essere stipulati, oltre alle tipologie contrattuali previste dalla legge 9 dicembre 1998, n. 431, e successive modificazioni, i tipi di contratto previsti dai commi dal 2 al 6 e per i quali è prevista la corresponsione dei contributi di cui agli articoli 3 e 4.
I commi 2, 5 e 6 prevedono tre nuove tipologie contrattuali stipulatibili dai soggetti indicati dall'articolo 1 del decreto in esame.
Si può osservare che, mentre per la tipologia prevista dal comma 2 il testo specifica che l'altra parte del contratto è il locatore dell'immobile, per le tipologie di cui ai commi 5 e 6 tale specificazione non viene ripetuta. Pertanto sembrerebbe ammissibile (da parte del conduttore «disagiato») il ricorso ai relativi tipi di contratto anche con proprietari diversi (e quindi per immobili diversi) rispetto a quelli ai quali si riferisce la procedura di sfratto in corso.
Il contratto previsto dal comma 2 viene stipulato tra i soggetti di cui all'articolo 1 del decreto in esame e i rispettivi locatori che abbiano richiesto la procedura esecutiva di rilascio sospesa ai sensi dell'articolo 80, comma 22, della legge n. 388 del 2000. Il nuovo contratto di locazione potrà avere una durata minima di un anno e massima di diciotto mesi e ad esso andranno applicate le disposizioni gli articoli 1571 e seguenti del Codice civile e quindi, in relazione al canone, sarà soggetto alla libera contrattazione tra le parti.
Il comma 5 dispone che gli stessi soggetti di cui all'articolo 1 possono stipulare contratti di locazione di durata triennale, prorogabili di altri due anni in presenza di esplicito accordo delle parti contraenti.
Il canone è stabilito secondo le modalità previste dagli accordi definiti in sede locale, di cui al comma 3 dell'articolo 2 della legge n. 431 del 1998, e successive modificazioni, vigenti nel comune dove si trova l'alloggio concesso in locazione, oppure dal decreto ministeriale di cui all'articolo 4, comma 3, della stessa legge n. 431.
Il comma 6 prevede che i soggetti di cui all'articolo 1 possano stipulare contratti di locazione della durata di quattro anni, prorogabili fino ad ulteriori quattro anni nel caso di esplicito accordo delle parti contraenti.
In assenza di un riferimento esplicito alla figura del locatore, come invece dispone il precedente comma 2, anche il contratto previsto dal comma 6 sembrerebbe intendersi stipulabile con qualsiasi proprietario.
A tali contratti si applicano esclusivamente le disposizioni di cui agli articoli 1571 e seguenti del codice civile.
Conseguentemente la determinazione del canone sarà soggetto di libera contrattazione tra le parti.
I commi 3 e 4 riguardano invece due nuove tipologie contrattuali nelle quali sono gli stessi enti locali a stipulare contratti di locazione in qualità di conduttori con i proprietari degli immobili, facendosi al contempo garanti del puntuale pagamento del canone di locazione, del rilascio dell'immobile alla scadenza prevista, nonché del risarcimento al proprietario di eventuali danni all'immobile arrecati dal concessionario nel corso della locazione.
Si prevede, infatti, che gli immobili così locati siano successivamente concessi dai comuni, mediante concessione amministrativa di durata massima pari alla durata dei contratti di locazione, ai soggetti di cui all'articolo 1 del decreto in esame.
Osserva che l'istituto della concessione amministrativa previsto dalle tipologie contrattuali nei commi 3 e 4 dell'articolo


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in esame, attraverso il quale gli enti locali destinano gli alloggi locati ai soggetti «disagiati», consentirebbe di evitare gli oneri procedurali connessi all'esecuzione dello sfratto e dovrebbe pertanto garantire il puntuale rilascio dell'immobile alla scadenza del contratto.
Le due tipologie contrattuali previste si differenziano in relazione alla durata, alla possibilità o meno di un loro rinnovo e alle modalità relative alla determinazione del canone.
Il comma 3 prevede che i contratti stipulati dagli enti locali in qualità di conduttori possano avere una durata massima di due anni, non rinnovabili né prorogabili.
Tali contratti possono comunque essere sostituiti, anche prima della scadenza, con nuovi contratti stipulati, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, direttamente tra il locatore e il soggetto che ha beneficiato della concessione amministrativa.
Per questi ultimi contratti stipulati direttamente tra le parti viene esclusa qualsiasi forma di proroga o rinnovo automatico, a meno che non ci si sia un esplicito accordo delle stesse parti contraenti.
I contratti di locazione stipulati ai sensi del comma 4 dagli enti locali in qualità di conduttori, sono di durata triennale, prorogabili di altri due anni in presenza di esplicito accordo delle parti contraenti.
Per tali contratti il canone è stabilito secondo le modalità previste dagli accordi definiti in sede locale, di cui al comma 3 dell'articolo 2 della legge n. 431 del 1998, e successive modificazioni, vigenti nel comune dove si trova l'alloggio concesso in locazione, oppure dal decreto ministeriale di cui all'articolo 4, comma 3, della stessa legge n. 431.
Il comma 6-bis, introdotto nel corso dell'iter al Senato, introduce una norma volta a non pregiudicare comunque la possibilità dei conduttori che si avvalgono delle nuove tipologie contrattuali di partecipare ai bandi per l'assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica.
I commi dal 7 al 9 determinano le modalità di erogazione dei contributi agli enti locali e delle somme da corrispondere ai proprietari di alloggi indicati in precedenza, al fine di incentivare il ricorso alle nuove tipologie contrattuali.
Il comma 9-bis, introdotto nel corso dell'iter al Senato, dispone che i destinatari del decreto legge in esame di cui all'articolo 1, anche se beneficiari delle misure previste dall'articolo 2, continuano ad essere considerati quali conduttori assoggettati a procedure esecutive ai fini dell'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica.
Mentre l'articolo 4 definisce solo la misura del contributo, proporzionandolo al numero di abitanti del comune (in quanto si assume che l'entità media dei canoni segua tale proporzione) l'articolo 3 reca la vera e propria disciplina dei contributi e delle agevolazioni fiscali. Si osserva che le agevolazioni fiscali (comunque diverse a seconda della tipologia contrattuale) possono riguardare sia l'IRPEF, sia l'IRES, sia l'imposta di registro, sia l'ICI. Il contributo diretto, invece, può essere erogato sia ai proprietari (quale integrazione dell'importo del canone previsto nel nuovo contratto) sia agli enti locali e consiste in una assegnazione unica, relativa all'intero contratto.
L'articolo 5 reca la norma di copertura finanziaria (l'onere complessivo è quantificato in 106,54 milioni di euro per l'anno 2004, 7,3 milioni per l'anno 2005, 17,725 milioni per l'anno 2006 e 10,895 milioni per l'anno 2007. L'onere viene in gran parte coperto con gli stanziamenti destinati Fondo per le locazioni di cui all'articolo 11 della legge n. 431, stanziamenti che erano stati aumentati dal decreto legge n. 168 del 2004, in misura pari a 110 milioni di euro.
L'articolo 6 prevede, al comma 1, secondo quanto evidenziato dalla relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge, un regime transitorio fino al 31 dicembre 2004, entro il quale il conduttore potrà dichiarare - secondo le modalità di cui al successivo comma 2 - di avvalersi di una delle tipologie contrattuali previste dal decreto legge, differendo nel contempo, fino a tale data, il termine per l'esecuzione


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del provvedimento di rilascio per finita locazione di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto legge n. 147 del 2003.
Il termine del 31 dicembre 2004 relativo al differimento dell'esecuzione dello sfratto in favore di chi ha dichiarato di volersi avvalere di una delle tipologie di contratto previste dall'articolo 2 del decreto ha sostituito il termine del 31 ottobre 2004 indicato nel testo originario del decreto, a seguito dell'approvazione di un emendamento nel corso dell'iter al Senato. Nel corso del dibattito era emerso, infatti, che la data del 31 ottobre 2004 risultava molto ravvicinata e, peraltro, anche anteriore alla data di probabile conversione del decreto. Alcuni emendamenti presentati ne proponevano il differimento fino al 30 giugno 2005.
Il comma 2 dispone che, per usufruire di tale differimento, sia necessaria una dichiarazione irrevocabile da parte del conduttore di avvalersi di una delle tipologie di contratto di cui all'articolo 2, che va comunicata alla cancelleria del giudice procedente - con raccomandata con avviso di ricevimento - che dovrà essere esibita all'ufficiale giudiziario procedente, ovvero con dichiarazione resa allo stesso ufficiale giudiziario che ne redige processo verbale.
Il comma 3 prevede l'obbligo di immediata comunicazione da parte della cancelleria del giudice procedente, ovvero dell'ufficiale giudiziario, al locatore e allo sportello emergenza sfratti istituito dall'articolo 2, comma 7, della dichiarazione irrevocabile e del conseguente differimento degli atti della procedura esecutiva di rilascio dell'immobile per finita locazione.
Tale comma è stato modificato nel corso dell'iter al Senato prevedendo che la comunicazione della dichiarazione irrevocabile venga effettuata non solo al locatore ma anche allo sportello emergenza sfratti.
L'articolo 7 novella alcune norme della legge 9 dicembre 1998, n. 431 con la quale è stata attuata la riforma organica della locazione di immobili ad uso abitativo.
L'articolo 7-bis, introdotto nel corso dell'iter al Senato, sostituisce l'articolo 56 della legge 27 luglio 1978, n. 392, relativo alle modalità di rilascio dell'alloggio locato.
Ricorda come la competenza all'emanazione dei provvedimenti esecutivi di rilascio degli immobili, prima del pretore, è ora attribuita al tribunale; il giudice dell'esecuzione è nominato dal presidente del tribunale.
Nella nuova formulazione viene ad essere marginalmente modificato il comma 1; i commi 2 e 3 - che diventano 2 e 4 rimangono invece immutati, mentre viene inserito un nuovo comma 3.
Le modifiche al comma 1 dell'articolo 56 inseriscono l'obbligo della motivazione al provvedimento del giudice che, disponendo il rilascio dell'immobile locato, fissa la data dell'esecuzione dopo la valutazione delle condizioni del conduttore e del locatore e delle ragioni per le quali viene disposto il rilascio stesso e, nei casi di finita locazione, del tempo trascorso dalla disdetta.
Osserva tuttavia come, disponendosi il rilascio con ordinanza, questa, già oggi, ai sensi dell'articolo 134 del codice di procedura civile, deve comunque essere «succintamente motivata» da parte del giudice.
Rimane poi immutato il comma 2 che dispone che, nelle ipotesi di cui al citato articolo 55 della legge 392, se il conduttore non provveda al pagamento nel termine assegnato, la data dell'esecuzione non può essere fissata oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine concesso per il pagamento.
Con l'obbligo di motivazione di cui al comma 1, l'altra novità riguarda il nuovo comma 3 dell'articolo 56 che introduce, per finalità di garanzia, la possibilità di opposizione, sia del locatore che del conduttore, contro i provvedimenti esecutivi di rilascio dell'immobile per finita locazione (di cui all'articolo 6, comma 4, della legge 431/1998), «limitatamente alla data fissata dell'esecuzione».
Non si tratta quindi di una opposizione sul diritto controverso oggetto del provvedimento, bensì soltanto sulla data fissata dal giudice per l'esecuzione.


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La norma prevede possibile il ricorso fino allo spirare di tale data ed il giudice del gravame è individuato nel tribunale in composizione collegiale.
Tale opzione appare coerente col sistema generale delle impugnazioni dei provvedimenti cautelari. Ai sensi dell'articolo 669-terdecies,del codice di procedura civile, i reclami avverso tali provvedimenti emessi dal giudice singolo del tribunale devono essere proposti al tribunale in composizione collegiale, del quale non può far parte, per ovvi motivi, il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato.
Al pari del comma 2 rimane immutato anche il comma 4 dell'articolo 56 che prevede - una volta trascorsa la data fissata per il rilascio - la possibilità per il locatore di avviare l'esecuzione forzata.
La finalità di queste modifiche sembra essere quella di garantire una maggiore tutela degli interessi delle parti (il locatore e il conduttore) interessate al provvedimento del giudice.
L'articolo 8 prevede che le disposizioni recate dagli articoli del decreto in esame, ad eccezione di quelle relative all'articolo 7 e 7-bis, ai fini dei contributi e delle agevolazioni fiscali negli stessi previste, abbiano efficacia fino al 31 marzo 2005.
L'articolo 8-bis, introdotto da un emendamento nel corso dell'iter al Senato, prevede l'applicabilità delle disposizioni recate dal decreto in esame alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto dei rispettivi Statuti e norme di attuazione.
In conclusione propone di esprime un parere favorevole.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Decreto-legge 241/04: Misure urgenti in materia di immigrazione.
C. 5369 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Vittorio MESSA (AN), relatore, premette che il decreto-legge, ampiamente modificato e integrato dal Senato, è principalmente volto a modificare l'attuale disciplina in materia di espulsioni di immigrati clandestini, recata dal testo unico sull'immigrazione, per tener conto delle sentenze della Corte costituzionale n. 222 e 223 del 2004, con le quali la Corte ha ritenuto costituzionalmente illegittime le previsioni di cui all'articolo 13, comma 5-bis, del Testo Unico, ove si prevede che il questore disponga l'accompagnamento alla frontiera prima che abbia luogo la convalida da parte dell'autorità giudiziaria, ed all'articolo 14, comma 5-quinquies, dello stesso Testo Unico, che impone l'arresto obbligatorio in flagranza di reato per lo straniero che non abbia rispettato l'ordine del questore di lasciare il territorio italiano entro cinque giorni.
L'articolo 1, al comma 1, interviene sull'articolo 13 del Testo unico sull'immigrazione, che disciplina l'Espulsione amministrativa dello straniero, modificandone il comma 5-bis e aggiungendo un nuovo comma 5-ter. In ossequio al giudicato della Corte Costituzionale, il comma 1 in commento, novellando il comma 5-bis dell'articolo 13 del testo unico, modifica la disciplina del controllo giurisdizionale sul provvedimento esecutivo della espulsione, nei termini di seguito illustrati. Si prevede che il questore comunichi al giudice di pace competente territorialmente, entro quarantotto ore dalla sua adozione, il provvedimento con il quale è disposto l'accompagnamento alla frontiera. L'esecuzione del provvedimento di allontanamento è sospesa fino alla decisione sulla convalida.
Mutano pertanto sia il soggetto competente per la convalida (non più il tribunale in composizione monocratica, ma il giudice di pace) sia la disciplina dell'allontanamento, che potrà essere eseguito in maniera legittima solo all'esito del procedimento di convalida. Pertanto, lo straniero che sia stato raggiunto da un provvedimento di espulsione del questore, ne vede sospesa l'esecuzione fino al giudizio di convalida del giudice.


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Si prevede che l'udienza per la convalida del provvedimento innanzi al giudice di pace si svolga in camera di consiglio, con la presenza necessaria di un difensore. Si prevede inoltre espressamente l'applicazione anche alla fase di convalida delle garanzie del gratuito patrocinio e dell'interpretariato, gia previste dal Testo unico per la fase del ricorso contro il decreto di espulsione (articolo 13, comma 8, sesto e settimo periodo).
Il giudice decide sulla convalida, con decreto motivato, nelle 48 ore successive, verificando il rispetto dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dallo stesso articolo 13 del Testo Unico per l'espulsione e sentito l'interessato se comparso. In attesa della decisione del giudice, il decreto prevede che lo straniero espulso sia trattenuto in uno dei centri di permanenza temporanea disponibili.
Il provvedimento del questore, come sopra ricordato, diviene esecutivo se la convalida è concessa ma perde ogni effetto sia in caso di convalida negata dal giudice, sia in caso di mancata decisione del giudice nel termine citato.
Contro il decreto del giudice che dispone la convalida è esperibile ricorso per Cassazione; tuttavia la proposizione del gravame non determina ulteriori effetti sospensivi sul provvedimento di allontanamento: lo straniero colpito dal provvedimento di allontanamento può dunque essere allontanato subito dopo la convalida, ferma la possibilità di proporre il ricorso dopo che il provvedimento restrittivo è stato eseguito.
In conseguenza della scelta di affidare le funzioni sopra commentate ai giudici di pace, i commi 2, 3 e 4 (qui trattati unitariamente poiché di identico tenore) modificano alcune disposizioni del testo unico per attribuire al giudice di pace determinate competenze che nel sistema previgente erano in capo al giudice monocratico, ovvero: la decisione sul ricorso avverso il decreto di espulsione; la convalida del provvedimento con cui il questore dispone, nei casi in cui non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza più vicino.
Il comma 2-bis mantiene ferme le competenze del tribunale in composizione monocratica e del tribunale dei minori nei casi in cui siano in gioco il diritto all'unità familiare e la tutela dei minori.
Il comma 5, modificato al Senato, sostituisce il comma 4 dell'articolo 14 del Testo Unico dedicato all'esecuzione dell'espulsione, dettando la nuova disciplina dell'udienza di convalida (innanzi al giudice di pace) del provvedimento con cui il questore dispone che lo straniero sia trattenuto presso un centro di permanenza temporanea e assistenza.
Vengono estese a tale fattispecie le stesse garanzie previste per la convalida dell'espulsione: si prevede che l'udienza si svolga in camera di consiglio con la presenza necessaria di un difensore e che l'interessato, tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza, se comparso, sia sentito. La decisione deve essere assunta dal giudice nelle 48 ore successive, con decreto motivato, verificato il rispetto dei termini e la sussistenza dei requisiti di cui agli articoli 13 e 14 del Testo Unico. Anche in questo caso, come già per il comma 1, nel corso dell'esame al Senato sono state ritenute applicabili le garanzie del gratuito patrocinio e dell'assistenza dell'interprete. Il provvedimento del questore cessa di avere effetto se la convalida viene negata o se il giudice non decide nel termine summenzionato di 48 ore.
Il comma 6 novella il comma 5-quinquies dell'articolo 14 del Testo Unico, anch'esso colpito da una pronuncia di illegittimità della Corte costituzionale (la citata sentenza 223/2004) nella parte in cui stabiliva che per il reato previsto dal precedente comma 5-ter (trattenimento ingiustificato sul territorio nazionale dello straniero cui il questore abbia ordinato di lasciare il territorio nazionale) fosse obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto.
La Corte ha in particolare ritenuto che la misura precautelare (dell'arresto) prevista


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dal citato comma 5-quinquies, non essendo finalizzata all'adozione di alcun provvedimento coercitivo, si risolvesse in una limitazione «provvisoria» della libertà personale priva di qualsiasi funzione processuale e fosse quindi, sotto questo aspetto, manifestamente irragionevole.
A seguito di ampie modifiche introdotte al Senato, è stato complessivamente riscritto il quadro delle sanzioni previste a carico degli stranieri che non osservino l'intimazione del questore di allontanarsi dal territorio nazionale e vi permangano illegalmente, stabilendosi un aggravamento della pena la cui entità modifica la natura del reato (da contravvenzione a delitto) e consente, quindi, l'imposizione di quelle misure coercitive considerate, nella formulazione precedente, irragionevoli dalla Corte.
Nel nuovo comma 5-ter, lo straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato oltre il termine di 5 giorni intimato dal questore per il suo allontanamento, è punito: con la reclusione da 1 a 4 anni se l'espulsione è stata disposta per ingresso illegale sul territorio nazionale o per non aver richiesto il permesso di soggiorno nei termini di legge o se il permesso è stato annullato o revocato ; con l'arresto da sei mesi ad un anno, se l'espulsione è stata disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo (tale sanzione è introdotta ex novo). In entrambi i casi, si procede all'adozione di un nuovo provvedimento di espulsione con accompagnamento coattivo alla frontiera. Nel nuovo comma 5-quater, lo straniero, già espulso ai sensi del comma precedente e che si trovi ancora nel territorio nazionale è punito con la reclusione da 1 a 5 anni se ricadeva nei casi di cui al primo periodo (il sistema vigente prevede da 1 a 4 anni); la pena diventa da 1 a 4 anni se ricadeva nell'ipotesi di cui al secondo periodo (anche tale sanzione è introdotta ex novo).
Una volta riscritte tali fattispecie di reato, il comma 6 dell'articolo in esame riformula anche il comma 5-quinquies dell'articolo 14, oggetto del giudicato costituzionale, nel senso di prevedere che per i reati di cui ai commi 5-ter primo periodo (divenuto ora delitto) e 5-quater è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto e si procede con rito direttissimo.
Alla stessa logica dell'innalzamento della pena per gli stranieri che si trovino irregolarmente sul territorio nazionale corrispondono le modifiche introdotte attraverso il nuovo articolo 2-ter, aggiunto al Senato all'articolo 13 del testo unico. La pena dell'arresto da sei mesi a un anno prevista nell'articolo 13, co. 13 del Testo Unico per lo straniero espulso che faccia reingresso nel territorio dello Stato senza speciale autorizzazione viene mutata in reclusione da 1 a 4 anni, cui fa seguito nuova espulsione. Lo straniero che, riespulso ai sensi della fattispecie precedente, faccia un secondo reingresso illegale nel territorio nazionale è punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni (nel sistema attuale la pena prevista dal comma 13-bis per il reato di reingresso è la reclusione da uno a quattro anni).
Viene sostituito il comma 13-ter per prevedere l'obbligo dell'arresto dell'autore dei reati di cui ai due commi precedentemente illustrati anche al di fuori dei casi di flagranza; si mantiene la previsione del rito direttissimo.
Il comma 6-ter, introdotto al Senato, modifica la legge istitutiva dei giudici di pace (legge n. 374 del 1991) sostituendone il comma 2 dell'articolo 10-ter, che disciplina le richieste di trasferimento e il concorso di più domande per uno stesso posto vacante.
Si dispone che in attesa delle revisioni delle dotazioni organiche delle sedi del giudice di pace, le ammissioni al tirocinio e le nuove nomine (successive al tirocinio e al superamento del giudizio di idoneità) anche in corso di definizione, sono sospese fino alla definizione delle nuove dotazioni organiche ed ai conseguenti trasferimenti dei giudici di pace in servizio che dovranno effettuarsi con carattere di priorità non oltre sei mesi dalla comunicazione dei posti vacanti nelle nuove dotazioni.
Il comma in esame, inoltre, inverte l'ordine di preferenza attualmente previsto


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in caso di concorso di più domande per uno stesso posto vacante, stabilendo che le domande di trasferimento abbiano la priorità sulle domande di ammissione al tirocinio e sulle nuove nomine. La ratio della disposizione è quella di privilegiare i trasferimenti di sede per andare incontro alle esigenze che si manifesteranno fino alla definizione del nuovo organico dei giudici di pace e alle nuove nomine.
Il successivo comma 7 novella l'articolo 11 della citata legge sui giudici di pace, per adeguarne le indennità alle nuove competenze attribuite.
È stabilita una indennità di 10 euro per ogni provvedimento di convalida (sui provvedimenti di espulsione e di trattenimento) e per ogni decisione su ricorso avverso decreto di espulsione e di 20 euro per ogni udienza in cui sono trattati i summenzionati procedimenti.
Inoltre, si prevede che le succitate udienze non rientrino nelle computo delle 110 udienze annuali oltre le quali non spetta ai giudici di pace alcuna indennità.
L'articolo 1-ter, introdotto al Senato, al comma 1 modifica l'articolo 12 del testo unico sull'immigrazione che reca specifiche disposizioni repressive dei reati di favoreggiamento e sfruttamento dell'ingresso clandestino nel territorio dello Stato.
La novella è finalizzata ad aumentare le sanzioni attualmente previste per chi rientri nelle citate fattispecie.
In particolare, chiunque compia atti diretti a procurare l'ingresso illegale nel territorio dello Stato di uno straniero, ovvero diretti a procurare l'ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni (e non più fino a tre anni, come prevede il comma 1, col dichiarato intento di estendere anche a coloro che non agiscono con fini di lucro la possibilità di arresto e di imposizione di misure coercitive).
Chiunque, al fine di trarre profitto anche indiretto, compie atti diretti a procurare l'ingresso di taluno nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del testo unico, ovvero a procurare l'ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da quattro a quindici anni (e non più da quattro a dodici anni, come prevede il comma 3).
Se l'ingresso illegale viene favorito, a fini di profitto, con lo specifico intento di reclutare persone da destinare allo sfruttamento sessuale ovvero riguardano l'ingresso di minori da impiegare in attività illecite, si prevede che la pena di cui al comma 3 (da quattro a quindici anni, nella nuova versione) sia aumentata da un terzo alla metà (attualmente invece si prevede, per tale reato, la pena della reclusione da cinque a quindici anni).
Il comma in esame, infine, dispone che le attività sotto copertura compiute dalle forze di polizia possano applicarsi anche alle attività di contrasto dei reati in materia di immigrazione clandestina e, a tal fine, stabilisce l'applicazione dell'articolo 10 della legge n. 228 del 2003 (Misure contro la tratta di persone).

Luigi VITALI (FI) condivide sostanzialmente il provvedimento, volto a recepire la pronuncia della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittime alcune disposizioni della legge «Bossi-Fini».
Tuttavia esprime perplessità sull'affidamento al giudice di pace della competenza in materia di convalida del provvedimento di espulsione, dell'eventuale provvedimento di trattenimento nei centri di permanenza temporanea e nel caso di ricorso contro il provvedimento di espulsione.
Ricorda l'evoluzione delle competenze del giudice di pace, all'inizio giudice esclusivamente nel settore civile e in un secondo momento titolare anche della giurisdizione in materia penale, senza poter comunque comminare la detenzione in carcere.
In contrasto con tale ordine sistematico, il decreto legge attribuisce la competenza su questioni attinenti alla libertà individuali al giudice di pace; ritiene invece che sarebbe stato più rispettoso della normativa vigente e più consono alla delicatezza


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degli interessi coinvolti confermare la competenza del tribunale in veste monocratica, ricordando che una parte non trascurabile dei procedimenti giurisdizionali è affidata ai giudici onorari di tribunale.
Ritiene inoltre poco coerente attribuire la competenza al giudice di pace anche dal punto di vista degli oneri finanziari per il bilancio dello Stato se si considera che al giudice di pace spetta una indennità per ogni provvedimento di convalida e per ogni udienza. In considerazione della gravità del problema dell'immigrazione clandestina e comunque non regolare, è prevedibile un numero considerevole di procedimenti e di provvedimenti relativi alle espulsioni, ciò che determinerà un onere certamente considerevole che addirittura potrebbe esorbitare dalle previsioni.
Ritiene che la norma, che costituisce un pericoloso precedente, potrebbe aprire il varco per l'attribuzione al giudice di pace di competenze in materia penale ulteriori rispetto a quelle attuali, che potrebbero riguardare anche reati puniti con sanzioni di una certa gravità.
In conclusione ritiene opportuno acquisire dal Governo chiarimenti sulle motivazioni della scelta di attribuire la competenza sui giudizi relativi all'espulsione al giudice di pace.

Giuliano PISAPIA (RC) premette di non concordare pienamente sull'assegnazione del provvedimento alla I Commissione in sede referente poiché le numerose disposizioni in materia processuale e comunque di giustizia avrebbero richiesto il coinvolgimento della II Commissione in sede referente e non invece in sede consultiva.
Si sofferma sui punti caratterizzanti del provvedimento, ritenendo condivisibile la parte che recepisce i rilievi della sentenza della Corte Costituzionale. Esprime invece perplessità e disappunto per quanto riguarda le disposizioni del provvedimento non direttamente attuative della sentenza della Consulta. In particolare concorda con l'onorevole Vitali sull'inopportunità sull'attribuzione al giudice di pace sulla competenza dei giudizi relativi alle espulsioni. Pur riconoscendo ai giudici di pace lo svolgimento di un'attività meritoria per quanto riguarda la competenza in materia civile e per i reati di minore gravità, ritiene improprio affidare a tali giudici la decisione su questioni di particolare delicatezza per i diritti fondamentali dell'individuo, che attengono all'esplicazione delle libertà individuali e talvolta attengono alla stessa sopravvivenza e quindi al diritto alla vita degli immigrati, nel caso in cui si tratti di rifugiati.
Concorda quindi anche sul fatto che l'attribuzione al giudice di pace determinerà un aggravio sulla finanza pubblica, mentre le risorse stanziate dal provvedimento potrebbero essere utilizzate per finalità più urgenti e quindi in maniera più razionale.
Esprime contrarietà alle disposizioni che inaspriscono le pene per il reato di illegittima permanenza sul territorio nazionale e nel caso di reingresso illegale nel territorio nazionale. Si punisce con pene molto pesanti reati di mero pericolo e di non particolare offensività sociale. Ritiene incongruo che nel momento in cui si elimina la pena detentiva per il reato di diffamazione, che in alcuni casi potrebbe produrre conseguenza molto gravi per l'immagine e per la dignità dell'individuo, contestualmente si inaspriscono le pene detentive per la mancata osservanza dell'ordine di espulsione, che in sé non presenta una diretta offensività.
Evidenzia i profili di assai dubbia legittimità costituzionale dell'arresto obbligatorio anche al di fuori dei casi di flagranza e della previsione del rito direttissimo. Ciò dimostra che il Governo intende adottare un doppio binario dal punto di vista sostanziale e processuale. Se tale doppio binario poteva essere accettabile come male minore relativamente alla criminalità organizzata di stampo mafioso, appare veramente incongruo e ingiustamente punitivo adottare un tale metodo anche per quanto riguarda il fenomeno dell'immigrazione clandestina che va invece governato con iniziative e norme


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efficaci ma rispettose dei diritti fondamentali dell'individuo e dei principi costituzionali.

Francesco BONITO (DS-U) si associa alle perplessità sull'attribuzione della competenza sui giudizi di espulsione al giudice di pace, che si pone in contrasto con il modello disegnato nella XIII legislatura che attribuisce a tale giudice competenza penale esclusivamente per i reati di minore gravità per cui non è prevista la pena della detenzione in carcere, riservando i provvedimenti che più incidono sulla libertà personale al giudice togato.
Propone che nel parere siano previste condizioni volte ad eliminare la previsione della possibilità di trattenimento degli immigrati nei centri di permanenza temporanea, in attesa del giudizio di convalida, e la previsione secondo cui il ricorso per cassazione contro la pronuncia del giudice di pace non sospende l'esecutività del decreto di espulsione.
Concorda con l'onorevole Pisapia sulla sproporzione delle pene previste nel caso di permanenza illegittimità e di reingresso illegittimo nel territorio dello Stato, evidenziando inoltre profili di dubbia legittimità sul piano della tassatività della pena a causa dell'eccessivo divario tra limite minimo e limite massimo edittale.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta prevista per domani.

La seduta termina alle 15.35.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 27 ottobre 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 15.30.

Modifica all'articolo 438 del codice di procedura penale concernente i presupposti del giudizio abbreviato.
C. 2901 Onnis.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 28 settembre 2004.

Sergio COLA (AN), relatore, ricorda che nella scorsa seduta ha illustrato il contenuto del provvedimento in esame, preannunciando la presentazione di emendamenti volti a risolvere alcune questioni di costituzionalità che potrebbe presentare il testo della proposta di legge.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, propone di fissare, e la Commissione concorda, il termine per la presentazione degli emendamenti a lunedì 8 novembre alle ore 18. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di tortura.
C. 1483 Ruzzante, C. 1518 Piscitello, C. 1948 Biondi e C. 4990 Pecorella.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 30 settembre 2004.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che nelle precedenti sedute si è svolto un dibattito sulla proposta del relatore di una nuova formulazione del fattispecie del delitto di tortura, sulla quale è opportuno verificare se vi sia una condivisione da parte di tutti i gruppi. In particolare ricorda che i gruppi Forza Italia e DS hanno già espresso la loro condivisione sulla proposta del relatore.

Giuliano PISAPIA (RC) esprime dissenso sull'ultimo testo presentato dal relatore in relazione al riferimento in esso contenuto alla gravità delle sofferenze inflitte alla vittima del reato.

Nino MORMINO (FI), relatore, ricorda che si era trovato un accordo in Commissione


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sul punto sottolineato dal deputato Pisapia.

Giuliano PISAPIA (RC), data la delicatezza della questione anche sotto il profilo regolamentare, considerato che la proposta del relatore sostanzialmente si traduce in una modifica di una disposizione già approvata dall'Assemblea, si riserva di esprimere la posizione del gruppo nella prossima seduta.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni concernenti la competenza in tema di impugnazione delle misure cautelari personali e reali.
C. 589 Cola, C. 1379 Vitali, C. 1893 Gironda Veraldi, C. 2339 Benedetti Valentini e C. 3583 Siniscalchi.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 26 ottobre 2004.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che nelle precedenti sedute si sono svolti gli interventi sui provvedimenti in esame. Ricorda, inoltre, che da ieri è stato conferito all'on. Pisapia l'incarico di relatore dei provvedimenti in esame in sostituzione dell'on. Gironda Veraldi, il quale, per ragioni personali, è impossibilitato a partecipare ai lavori parlamentari.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) evidenzia la necessità di intervenire in maniera organica sulla materia delle misure cautelari personali e reali e non limitarsi al settoriale intervento contenuto nelle proposte di legge in esame.
Rileva, infatti, che si assiste spesso ad un vero e proprio abuso dello strumento della custodia cautelare, causato anche dalla inefficacia e dalla debolezza delle misure alternative sospensive e interdittive a disposizione del giudice. Inoltre evidenzia che lo strumento limitativo della libertà personale è risultato talvolta eccessivo rispetto al fine di tutelare le esigenze istruttorie.
Inoltre evidenzia che il sistema eccessivamente rigido di incompatibilità, sancito codice di procedura penale, può creare disfunzioni all'interno del sistema di controllo delle misure cautelari.
Considera poi che il sistema dei controlli presente nell'ordinamento italiano composto dal riesame, dall'appello e dal ricorso per Cassazione rischia di risolversi in un insieme di tutele solo formali per l'indagato in quanto non è prevista in alcuno di tali passaggi, compreso nel momento della emissione della misura cautelare restrittiva, il rispetto del principio del contraddittorio.
Pertanto ritiene che sarebbe opportuno che la Commissione affronti la questione più complessa del procedimento di emissione delle misure cautelari, eventualmente affidando la competenza ad un organo collegiale e delineando un procedimento in cui sia garantito il principio del contraddittorio. Annuncia di aver presentato una proposta di legge proprio in tal senso.

Luigi VITALI (FI) concorda con la proposta avanzata dal deputato Finocchiaro.

Gaetano PECORELLA, presidente, ritiene sarebbe opportuno dedicare una ampia discussione alla proposta avanzata dal deputato Finocchiaro.

Nino MORMINO (FI) si dichiara disponibile a discutere la proposta avanzata dall'onorevole Finocchiaro. Rileva poi che la metà della popolazione carceraria è composta da soggetti in attesa di giudizio e che la metà di costoro poi risultano assolti al termine del relativo processo. Pertanto evidenzia quanto sia urgente un intervento organico sulla materia.

Giacomo Angelo Rosario VENTURA (FI) evidenzia che l'intervento contenuto dai progetti di legge in oggetto sulla sola materia del riesame delle misure cautelari reali e personali, rischia di essere eccessivamente


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riduttivo. Pertanto aderisce con convinzione alla proposta del deputato Finocchiaro.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento.
C. 4604 Pecorella.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 30 settembre 2004.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che, la Commissione ha proceduto alle audizioni di rappresentati del Consiglio Nazionale Forense, dell'Associazione Nazionale Magistrati, dell'Associazione Italiana Giovani Avvocati, dell'Organismo Unitario dell'Avvocatura e dell'Unione Camere Penali Italiane, al fine di acquisire il loro orientamento sulla proposta di legge C. 4604 Pecorella, recante modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento.
Da parte delle associazioni rappresentative dell'avvocatura, per quanto sia stata auspicata una rivisitazione complessiva dei mezzi di impugnazione, è stato manifestato un consenso unanime sulla proposta di legge C. 4604 Pecorella.
I rappresentanti della magistratura, pur non dichiarandosi contrari alla ipotesi di limitare l'appello in caso di proscioglimento, hanno sottolineato l'opportunità che un'iniziativa di questo tipo venga inserita in una riforma più ampia dei mezzi di impugnazione. In questa ottica è stata illustrata l'ipotesi del giudizio rescindente, secondo la quale l'appello del pubblico ministero non verrebbe meno, ma, in caso di accoglimento, verrebbe annullata la sentenza di assoluzione e gli atti verrebbero rimessi al giudice di prima istanza per il nuovo giudizio di merito.
Nel corso delle audizioni è emersa la questione degli effetti civili delle sentenze di proscioglimento. A tale proposito, sono stati manifestati dubbi circa l'opportunità di escludere l'appello della parte civile e dell'imputato assolto. Si è rilevato, infatti, che anche quest'ultimo, in alcuni casi, potrebbe aver interesse ad appellare la sentenza di proscioglimento.
Si è, quindi, registrata una condivisione di fondo circa l'ipotesi di abolire l'appello delle sentenze di proscioglimento, anche se è stata sottolineata l'esigenza di prevedere un'adeguata tutela della persona offesa, e, nei casi di assoluzione dubitativa, dell'imputato.
Rispetto a tale questione sono state prospettate alcune soluzioni. Alcuni hanno osservato che la tutela civilistica deve operare su un piano diverso rispetto a quello del giudizio penale, per cui l'appellabilità delle sentenze di proscioglimento dovrebbe essere esclusa senza alcuna eccezione. Eventualmente si potrebbe specificare che le sentenze di assoluzione (al pari di quelle patteggiate) non fanno stato nel giudizio civile e amministrativo.
Altri hanno prospettato una ipotesi intermedia. Secondo l'on. Gironda Veraldi - al fine di tutelare le parti offese, il p.m e l'imputato assolto - l'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento dovrebbe essere accompagnata da un ampliamento dei vizi per i quali sia ammesso il ricorso in Cassazione, in quanto occorrerebbe evitare che le sentenze di assoluzione diventino immodificabili anche quando contengano clamorosi errori di diritto o di fatto. Considerato che, in caso di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, il pubblico ministero, la parte civile e l'imputato prosciolto possono comunque ricorrere in Cassazione, secondo l'onorevole Gironda, sarebbe opportuno attribuire al giudice di legittimità la possibilità di controllare il vizio della motivazione della sentenza non già solo con riferimento al documento impugnato, ma in relazione a tutte le questioni valutate dal giudice di primo grado. Secondo tale tesi, occorrerebbe prevedere, per i soli casi di inappellabilità delle sentenze, che il ricorso in Cassazione


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non abbia le limitazioni di cui alla lettera e) dell'articolo 606 del codice di procedura penale, secondo il quale il ricorso è ammissibile solamente nel caso in cui la mancanza o manifesta illogicità della motivazione risulti dal testo della sentenza. Secondo l'onorevole Gironda, invece, in caso di inappellabilità della sentenza di proscioglimento si deve consentire al giudice di legittimità di estendere la propria cognizione a tutti i casi di illogicità della decisione di merito, anche quanto questi non siano direttamente desumibili dalla sentenza. L'onorevole Gironda ha quindi preannunciato, la presentazione di un emendamento volto ad ampliare - sia pure solamente nei casi di inappellabilità - l'ambito della verifica di legittimità della sentenza di primo grado, da parte del giudice di Cassazione.
Per quanto riguarda l'organizzazione dell'esame del provvedimento, ricorda che l'esame preliminare si era già concluso il 27 luglio scorso e che il 22 settembre, quando la Commissione avrebbe dovuto esaminare gli emendamenti presentati, si è convenuto di procedere alle audizioni, che si sono poi svolte nelle scorse settimane. Propone, pertanto, di fissare un nuovo termine per la presentazione di ulteriori emendamenti per l'8 novembre 2004, alle ore 18.

La Commissione concorda.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.50

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

Giovedì 21 ottobre 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 15.50

Comunicazioni sulla proposta di legge C. 2055-A, concernente «Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi».

Gaetano PECORELLA, presidente, comunica che l'onorevole Fragalà, relatore della proposta di legge n. 2055, concernente «Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi e di termini di prescrizione del reato», ha rinunciato al suo incarico. Dopo aver evidenziato che tale notizia è stata comunicata dal relatore agli organi di stampa prima che alla presidenza della Commissione, ricorda che il 21 ottobre scorso l'onorevole Fragalà era stato nominato dalla Commissione relatore del provvedimento, in sostituzione dell'onorevole Cirielli, appartenente come il primo al gruppo di Alleanza nazionale. Ritiene, pertanto, opportuno che sia nominato relatore l'onorevole Vitali, quale rappresentate in Commissione del gruppo di maggioranza relativa.

Luigi VITALI (FI) dichiara che qualora gli dovesse essere affidato l'incarico di relatore, poporrà al Comitato dei nove di presentare alcuni subemendamenti volti a migliorare l'articolo aggiuntivo della Commissione 3.010, in materia di prescrizione del reato.

Gaetano PECORELLA, presidente, propone di nominare l'onorevole Vitali relatore sulla proposta di legge C. 2055-A, in sostituzione dell'onorevole Fragalà.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta del Presidente di nominare l'onorevole Vitali relatore sulla proposta di legge C. 2055-A.

La seduta termina alle 15.55


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AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Modifica delle disposizioni in materia di visita agli istituti penitenziari
C. 3532 Realacci.

Disposizioni in materia di sanzioni disciplinari per il personale del Corpo di polizia penitenziaria.
C. 4540 Carboni e C. 4864 Mazzoni.

RISOLUZIONE

7-00436 Fanfani: Sull'assistenza tecnica nel processo tributario da parte dei consulenti del lavoro.

UFFICIO DI PRESIDENZA, INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

ERRATA CORRIGE

Nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari n. 543 del 13 ottobre 2004, a pagina 17, seconda colonna, tredicesima riga, il numero dell'emendamento: «1. 17 « è sostituito dal seguente «1. 16».