(Sergio Briguglio, 30/9/2004)

 

I criteri di ammissione dei migranti per lavoro, tra normativa italiana e armonizzazione europea: la difficile gestazione del diritto di immigrazione

 

(In corso di pubblicazione su Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali)

 

1. Lasimmetria asilo-immigrazione. 2. Mercato ideale e mercato reale. 3. La politica migratoria italiana dal 1987 ad oggi. 4. Una politica alternativa. 5. Le esperienze simili: sponsorizzazione e auto-sponsorizzazione. 6. La conversione turismo-lavoro. 7. Verso un diritto di immigrazione? Le incerte prospettive del processo di armonizzazione europea.

 

1. Lasimmetria asilo-immigrazione

 

I flussi migratori verso i paesi ad economia avanzata vengono tipicamente classificati in base ai motivi principali che li determinano, distinguendo almeno in prima approssimazione - tra flussi di rifugiati (in fuga da persecuzioni) e flussi di immigrati (alla ricerca di migliori condizioni economiche). Questa classificazione pu apparire forzata quando si tenti di applicarla al singolo migrante, dato che spesso le ragioni che ne hanno determinato la partenza sono una miscela di bisogni economici inappagati e di diritti fondamentali non rispettati.  Essa per corrisponde al diverso assetto giuridico sviluppato dagli Stati in risposta a ciascuna componente del flusso migratorio. Mentre, infatti, alla fuga dalle condizioni di persecuzione corrisponde, negli ordinamenti nazionali dei paesi ad economia avanzata e nellordinamento internazionale, un preciso diritto il diritto dasilo , nessun ordinamento prevede un corrispondente diritto di immigrazione per coloro che fuggano da condizioni economiche insopportabili n, a maggior ragione, per coloro che aspirino, pi semplicemente, a un incremento del proprio benessere[1]. Questa asimmetria ha conseguenze piuttosto modeste sulle condizioni di inserimento, nel paese ospitante, del rifugiato o dellimmigrato per lavoro: non vi un significativo privilegio del primo rispetto al secondo, dal momento che la condizione del rifugiato , sotto molti aspetti, equiparata dalle convenzioni internazionali alla pi favorevole tra quelle previste per i cittadini stranieri[2], e questultima, tipicamente, corrisponde proprio alla condizione del lavoratore immigrato. Le conseguenze sono invece evidentissime in relazione allammissione nel paese darrivo. Lo straniero rifugiato matura il diritto dasilo in seguito a circostanze che prescindono dalla situazione o dalle scelte contingenti del paese in cui si rifugia. Lo si considera quindi, al momento dellarrivo, il massimo conoscitore della sua condizione[3]. Chi si dichiari perseguitato quindi ammesso nel territorio dello stato, almeno fino a quando la sua richiesta di asilo si riveli, in seguito a un esame pi approfondito, infondata[4].

 

La mancanza di un diritto di immigrazione, invece, fa s che lammissione dellimmigrato nel territorio dello stato sia fondata prioritariamente sulla convenienza del paese darrivo: non pi la condizione soggettiva dello straniero a determinare la decisione sul suo ingresso, e non vi alcun automatismo che lo protegga sia pure temporaneamente dallallontanamento[5].

 

 

2. Mercato ideale e mercato reale

 

A chi spetta stabilire che cosa sia conveniente, con riferimento al flusso di immigrazione per motivi economici? Una prima, plausibile risposta che la decisione sia lasciata alla libera composizione degli interessi degli attori in gioco (stranieri migranti che offrono lavoro[6] e datori di lavoro residenti che lo domandano): devono essere, cio, determinate dal mercato. Un mercato del lavoro aperto ai lavoratori immigrati, tuttavia, pu presentare costi sociali non ben rappresentati dal sistema dei prezzi le cosiddette esternalit negative. Le pi importanti tra queste esternalit corrispondono ad altrettanti beni pubblici potenzialmente minacciati dallimmigrazione: la sicurezza pubblica, il benessere delle fasce deboli della popolazione attiva, le strutture dello stato sociale. Alla base di questa minaccia vi la distanza   fisica ed economica tra i paesi di emigrazione e quelli di immigrazione. Questa distanza, infatti, fa s, tipicamente, che il migrante in arrivo risulti incognito alle autorit preposte alla salvaguardia dellordine pubblico, privo di risorse economiche e scarsamente informato sul paese darrivo. La prima di queste caratteristiche spesso percepita come un fattore di rischio per la sicurezza pubblica: vi un timore diffuso, e talvolta fondato, che uno straniero dal passato difficilmente ricostruibile risulti vettore di attivit criminali o possa esserne, comunque, facilmente attratto.

 

La seconda caratteristica la povert delle risorse pu fare del lavoratore straniero un concorrente molto aggressivo per i lavoratori nazionali meno qualificati, dal momento che si traduce in un salario di ingresso (la soglia minima per linstaurazione di un rapporto di lavoro appetibile per il lavoratore) molto pi basso di quello di lavoratori sindacalizzati o comunque protetti dal sistema di solidariet familiare.

 

La terza caratteristica la mancanza di informazione sul paese di arrivo e, in particolare, sulla situazione del mercato del lavoro e sullesistenza e localizzazione di effettive opportunit di impiego determina, se combinata con la povert di risorse, un forte rischio di fallimento del progetto migratorio: ove non riesca a raggiungere in un tempo ragionevole un inserimento lavorativo sufficientemente remunerato, possibile che il migrante si trovi per lentit delle spese di viaggio o per limpossibilit di ripianare i debiti eventualmente contratti per migrare nelloggettiva impossibilit di rimpatriare e cada in condizioni di grave indigenza. In unottica un po astratta di lassaiz faire, la societ di accoglienza potrebbe accettare supinamente questa situazione, attendendo che la marginalit di queste fasce di immigrazione non inserita agisca come fattore repulsivo rispetto a ulteriore immigrazione di soggetti con le stesse caratteristiche: un equilibrio sarebbe allora comunque raggiunto, a spese della sofferenza di un certo numero di individui deboli. Tuttavia, il mancato accesso di questi soggetti ad un sufficiente livello di risorse comporterebbe limpossibilit, per loro, di godere di diritti elementari e, in definitiva, la destabilizzazione dellordinamento sociale. Assodata limpraticabilit di questa indifferenza istituzionale, alle autorit non resterebbe che soccorrere con misure di assistenza gli immigrati a rischio di esclusione sociale (per ipotesi, qui, liberi di soggiornare). Si perderebbe per, questa volta, leffetto di repulsione, rispetto a nuovi ingressi, dellesperienza diffusa di insuccesso. Il problema, in assenza di qualunque meccanismo di controreazione, si ripresenterebbe immutato con la successiva ondata migratoria, e le strutture dello stato sociale potrebbero essere messe in ginocchio.

 

Lesistenza di queste esternalit negative (o, pi semplicemente, il rischio che esse si presentino) giustifica un intervento correttivo statale rispetto al puro meccanismo di mercato. Riguardo al problema della sicurezza, le misure da adottare non possono che coincidere con quelle gi messe in atto nellazione di repressione della criminalit autoctona e, per altro verso, nel controllo dellidentit e degli eventuali precedenti penali o collegamenti con organizzazioni criminali di qualunque straniero in ingresso (il turista, per esempio). Quale che sia leffettivo livello di efficacia di queste misure, non vi , comunque, alcun elemento ulteriore che debba essere introdotto con riferimento specifico alla migrazione per lavoro.

 

Riguardo alla protezione dei lavoratori nazionali pi deboli, una attenuazione della concorrenza esercitata dai lavoratori stranieri pu essere conseguita imponendo e verificando il rispetto degli standard minimi di trattamento previsti dalle leggi o dalla contrattazione collettiva. E un problema col quale ogni economia che presenti un significativo tasso di disoccupazione involontaria deve fare i conti. I lavoratori privi di occupazione regolare (gli outsiders del mercato del lavoro) hanno infatti interesse a pattuire retribuzioni pi basse, in modo da neutralizzare lo svantaggio che deriva loro, ai fini dellaccesso a unoccupazione regolare, dagli alti costi di sostituzione dei lavoratori occupati (gli insiders), protetti dalle limitazioni della facolt di recesso del datore di lavoro. Quanto sia opportuno il mantenimento di un sistema di tutele inderogabili (minimi retributivi e alti costi di sostituzione) che di fatto equivale a proteggere gli insiders dalla concorrenza di tutti gli outsiders (anche quelli nazionali) questione ampiamente dibattuta in questi anni, che esorbita dal tema limitato di questo saggio. Ai fini per della nostra trattazione, resta vero che, assumendo che il livello di tutela sia determinato in modo esogeno, la presenza di lavoratori migranti non altera il quadro delle disposizioni da applicare, n quello delle misure necessarie per attuarle.

 

Peculiarmente collegato al fenomeno dellimmigrazione per lavoro invece lintervento richiesto a salvaguardia dello stato sociale. E da notare, sulla base di quanto detto sopra, come sia il concorso di due caratteristiche del migrante la mancanza di informazione adeguata e quella di risorse a determinare le condizioni per il fallimento del progetto migratorio dello straniero. Leventuale incapacit di rimpatriare con le proprie forze non si tradurrebbe, infatti, di per s, in un rischio di emarginazione per migranti perfettamente informati sullofferta di lavoro, dal momento che essi non avrebbero difficolt a trovare inserimento (ovvero si asterrebbero proprio dal migrare, in caso di inserimento impossibile); cos pure, linsuccesso conseguente a un difetto di informazione non nuocerebbe troppo a immigrati capaci di invertire per tempo la rotta. E sufficiente allora porre rimedio a uno solo di questi due aspetti; lintervento correttivo pu consistere, cio, nel condizionare lammissione dellimmigrato al soddisfacimento di opportuni requisiti che facciano riferimento al possesso di uninformazione sufficiente o, in alternativa, di capacit di rimpatrio adeguate.

 

 

3. La politica migratoria italiana dal 1987 ad oggi

 

In Italia, dal 1987 vale a dire, dallentrata in vigore della prima legge di rilievo sullimmigrazione, la l. 943/1986 a oggi, il Legislatore si dimostrato molto affezionato alla prima delle sue possibilit appena considerate. Sulla base di disposizioni che hanno resistito a tutte le riforme in materia, lingresso di lavoratori stranieri stato generalmente condizionato, mediante la procedura di preventiva autorizzazione al lavoro[7] (o di procedure equivalenti[8]),  allesistenza di una proposta di contratto di lavoro avanzata da parte di un datore di lavoro, con lintento di evitare che limmigrato possa trovarsi, in Italia, incapace di trovare sistemazione lavorativa. Per legge o per regolamento, sono stati poi introdotti requisiti aggiuntivi che garantiscano la solidit di quel contratto (ad esempio, una adeguata capacit economica del datore di lavoro[9]) o prevengano le conseguenze di una possibile incompletezza di informazione in relazione ad altri mercati comunque significativi per la valutazione, da parte del lavoratore, delle condizioni di inserimento (la garanzia di un alloggio a disposizione del lavoratore[10]).

 

Rispetto a questo quadro di riferimento, la normativa italiana ha offerto allesecutivo alcune altre manopole mediante le quali introdurre ulteriori restrizioni o rilassamenti delle condizioni di ingresso. Tra le prime, la possibilit di fissare limiti superiori al numero di ingressi di lavoratori stranieri in un anno (le cosiddette quote)[11] e laccertamento preventivo di indisponibilit di manodopera nazionale o comunitaria quale condizione necessaria per lautorizzazione di un nuovo ingresso[12]. Tra le seconde, la pi nota quella, prevista dallart. 23 del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dellimmigrazione e norme sulla condizione dello straniero[13] (t.u.) prima di essere soppressa dalla l. 189/2002 (cosiddetta legge Bossi-Fini), relativa allingresso, nei limiti della quota appositamente fissata annualmente dal Governo, per inserimento nel mercato del lavoro: lammissione di un lavoratore straniero per un anno di ricerca di lavoro sul posto, condizionata allimpegno di un garante (sponsor) riguardo allalloggiamento, al sostentamento e allassicurazione contro i rischi in materia sanitaria del lavoratore fino a inserimento avvenuto[14], e alla copertura delle spese di rimpatrio in caso di insuccesso[15]. Accanto a questa forma di ingresso, va ricordata quella anchessa cancellata dalla legge Bossi-Fini che potremmo chiamare auto-sponsorizzazione[16]: lingresso, cio, di lavoratori iscritti in apposite liste di prenotazione[17] e capaci di provvedere al proprio sostentamento ed alle eventuali spese di rimpatrio[18], fino a esaurimento della quota di ingressi per inserimento nel mercato del lavoro eventualmente residuata ai primi sessanta giorni di applicazione del decreto di programmazione dei flussi.

 

Lesame di come queste disposizioni e lapplicazione che ne stata data abbiano giocato nellinfluenzare landamento dellimmigrazione in Italia importante per operare previsioni su quanto deriver dallapplicazione della legge Bossi-Fini e per giudicare landamento del confronto in corso, in sede europea, sullarmonizzazione delle condizioni di ingresso e soggiorno per lavoro degli immigrati.

 

La politica di controllo dei flussi migratori presenta, in Italia, dal 1987 ad oggi, cinque fasi. La prima fase, dal 1987 al 1990, regolata dalla l. 943/1986. Lingresso del lavoratore condizionato alla sua preventiva chiamata da parte di un datore di lavoro, possibile solo quando sia stata accertata lindisponibilit di manodopera residente a ricoprire quello specifico posto di lavoro[19]. Si registra, in quegli anni, un flusso stimabile in circa 13.000 lavoratori per anno[20].

 

La seconda fase (1991-1996) regolata dalla l. 39/1990 (la cosiddetta legge Martelli). Il Governo potrebbe imporre, con il decreto annuale di programmazione dei flussi, un limite superiore al numero di ingressi; nei fatti, tuttavia, non lo impone. La condizione resta cos quella del preventivo impegno allassunzione, a valle dellaccertamento di indisponibilit, cui viene aggiunta, con i decreti ministeriali di programmazione dei flussi, quella dellofferta di un alloggio adeguato per il lavoratore da parte del datore di lavoro[21]. I decreti di programmazione di quegli anni, per, impediscono lassunzione di lavoratori residenti allestero in tutti i casi in cui vi sia possibilit di occupare nel posto di lavoro altro cittadino extracomunitario gi regolarmente residente in Italia[22]. A causa dellalto numero di immigrati formalmente disoccupati, sono permesse cos, nei fatti, solo le assunzioni di lavoratori da adibire a servizi domestici, per le quali, anche per i lavoratori italiani, consentita la chiamata nominativa[23], senza riguardo per la graduatoria dei lavoratori disoccupati iscritti nelle liste di collocamento. Negli ultimi anni di questa seconda fase, le assunzioni sono anche condizionate, dalle circolari di applicazione dei decreti di programmazione, al fatto che il datore di lavoro sia in possesso di un reddito sufficientemente alto[24]. Gli ingressi per lavoro ammontano, durante lintero periodo, a circa 22.000 per anno.

 

Nel biennio 1997-1998 (terza fase), vigente ancora la legge Martelli, il Governo impone formalmente un tetto al numero di ingressi per anno. Si tratta per di limiti determinati come semplice estrapolazione dei valori registrati negli anni precedenti[25]. Permanendo invariate le altre condizioni per lammissione per lavoro, probabile, cos, che questo vincolo non abbia comportato un effettivo restringimento del canale di ingresso. In media, sono ammessi, nel biennio, circa 20.000 lavoratori per anno.

 

La quarta fase, dal 1999 al 2001, caratterizzata dallapplicazione della l. 40/1998 (la cosiddetta legge Turco-Napolitano)[26]. Scompare la condizione di accertamento di indisponibilit, mentre limposizione di tetti sul numero di ingressi diventa la norma. Le altre condizioni restano sostanzialmente immutate, pur acquistando il rango di disposizioni regolamentari ( il caso del reddito in capo al datore di lavoro) o, addirittura, di legge (la sistemazione alloggiativa del lavoratore). La generalizzazione dellesonero dallaccertamento di indisponibilit provocherebbe, di per s, un innalzamento significativo del numero degli ingressi e lampliamento della relativa tipologia, quanto a settori di impiego; cos il rispetto del tetto stabilito dai decreti di programmazione dei flussi (e determinato con banale riproposizione dei valori fissati negli anni precedenti) a risultare, nei fatti, la condizione pi restrittiva. Oltre agli ingressi per chiamata nominativa in media, circa 22.000 per anno[27] , nel 2000 e nel 2001 vengono ammessi 15.000 lavoratori per anno per inserimento nel mercato del lavoro (lingresso per ricerca di lavoro protetto da sponsor). Nello stesso biennio, nei limiti di quote destinate (e non pienamente utilizzate) a paesi che hanno stipulato accordi con lItalia per il contrasto dellimmigrazione clandestina[28], viene anche ammesso, per auto-sponsorizzazione, un certo numero di lavoratori albanesi, marocchini e tunisini (circa 3500 ingressi, ad esempio, nel 2000).

 

La quinta fase, nel triennio 2002-2004, regolata da una parziale applicazione della legge Bossi-Fini. Soppressa la possibilit di ingresso per inserimento nel mercato del lavoro (con sponsorizzazione o auto-sponsorizzazione), la regolamentazione degli ingressi per chiamata da parte di un datore di lavoro non registra rilevanti innovazioni: un po per la sostanziale coincidenza al di l della propaganda politica tra la disciplina originale (legge Turco-Napolitano) e quella riformata[29]; un po perch, nelle more dellemanazione dei regolamenti di attuazione della nuova legge, la seconda non pu dispiegare appieno i pochi elementi peculiari. I decreti di programmazione dei flussi (nella forma di decreti di programmazione transitoria[30]) ammettono circa  14.000 lavoratori subordinati[31] per il 2002,10.000 per il 2003, 27.000 per il 2004[32].

 

Accanto a questo quadro corrispondente allapplicazione delle disposizioni a regime, sono state adottate, nello stesso periodo, cinque sanatorie, rese necessarie dal disagio determinato dallalto numero di stranieri privi di permesso di soggiorno, ma di fatto stabilmente inseriti nella societ e nel mercato del lavoro. Pur variando, tra una sanatoria e laltra, le condizioni per ottenere il permesso di soggiorno, unapplicazione via via pi rilassata delle norme corrispondenti ha finito, volta per volta, per includere quasi integralmente, tra i beneficiari del provvedimento di sanatoria, il bacino di immigrati in condizioni illegali accumulatosi fino alla scadenza dei termini utili per fruirne. Hanno cos ottenuto la regolarizzazione della propria posizione circa 120.000 stranieri nel 1987, 220.000 nel 1990, 250.000 nel 1996, 240.000 nel 1999, 650.000 nel 2002[33].

 

Dalle cifre appena riportate ricaviamo che il numero di posizioni sanate, tra gli stranieri che abbiano fatto ingresso nel periodo 1991-2002, di circa 1.140.000, con una media di 95.000 per anno[34]; lingresso legale per lavoro subordinato ha riguardato invece circa 246.000 immigrati (20.500 per anno)[35]. Si vede allora che non possibile considerare le sanatorie come interventi meramente correttivi di una situazione determinata, a grandi linee, dalle norme a regime. E vero il contrario: oltre quattro quinti degli accessi a un permesso di soggiorno per lavoro subordinato hanno avuto luogo grazie a un provvedimento di sanatoria[36]; meno di un quinto attraverso un ingresso basato sulla richiesta da parte di un datore di lavoro.

 

Questa conclusione rafforzata dal dato qualitativo ricavato dallesperienza di tutte gli organismi associazioni, sindacati, istituzioni ecclesiali, etc.   che lavorano a contatto con immigrati. E noto che le chiamate nominative di lavoratori residenti allestero riguardano in realt, nella stragrande maggioranza dei casi, lavoratori di fatto gi presenti in Italia, per lo pi illegalmente, a seguito di un ingresso clandestino o del prolungamento irregolare di un soggiorno legale. In altri termini, anche nel caso degli ingressi formalmente legali per lavoro (con chiamata nominativa), si in presenza, in genere, di regolarizzazioni camuffate di situazioni originariamente illegali. Se ne pu concludere che, tra coloro che sono arrivati a conquistare un permesso di soggiorno per lavoro, la percentuale di quelli che hanno dato vita ad un aggiramento delle norme relative alle condizioni di ingresso per lavoro compresa tra lottanta e il cento per cento.

 

Il difetto, qui, potrebbe essere associato, in linea di principio, a ciascuno dei requisiti imposti nei diversi periodi. Possiamo avvalerci del fatto che le varie fasi siano state caratterizzate da combinazioni diverse di quei requisiti per valutare separatamente leffettiva rilevanza di ognuno di essi. Notiamo cos che i limiti numerici non hanno agito fino al 1997; che i requisiti di reddito e alloggio non erano in vigore prima dellentrata in vigore della legge Martelli; che laccertamento di indisponibilit stato soppresso dalla legge Turco-Napolitano (e non ancora rientrato in vigore, dopo lapprovazione della legge Bossi-Fini, nelle more dellemanazione del Regolamento di attuazione[37]). La sostanziale costanza del fenomeno dellelusione delle norme in tutto il periodo considerato indica allora come la causa principale di esso sia da ricercare nellunica disposizione che rimasta in piedi durante lintero periodo: quella che impone al datore di lavoro di impegnarsi ad assumere lo straniero quando ancora questi risiede allestero prima, cio, del suo ingresso formale in Italia come lavoratore immigrato. Non difficile, del resto, individuare le ragioni per cui questa disposizione induca a una violazione delle prescrizioni di legge. Linserimento di immigrati nelleconomia italiana riguarda, infatti, prevalentemente il settore dei servizi alla persona (la collaborazione familiare, lassistenza domiciliare agli invalidi, la cura di bambini e anziani) e quello della piccola impresa. Entrambi questi settori sono basati su rapporti di lavoro con un forte contenuto fiduciale: perch il rapporto si costituisca indispensabile un incontro diretto tra datore di lavoro e lavoratore. Un lavoratore che attenda dallestero la chiamata da parte di un datore di lavoro, senza che un incontro vi sia stato, pu attenderla inutilmente per tutta la vita. E indotto cos ad entrare in qualunque modo in Italia per trovare sul posto unopportunit di inserimento. Se gli possibile fare ingresso legalmente (per turismo, per esempio), utilizza il tempo che ha a disposizione per cercare lavoro e, se questo non basta, si trattiene oltre i termini del soggiorno legale, finch la ricerca non coronata da successo. Se non riesce a entrare legalmente, percorre, con la stessa finalit, vie di accesso clandestino. Una volta trovata unoccupazione (in condizioni comunque illegali, data la mancanza di un permesso di soggiorno che lo abiliti allo svolgimento di attivit lavorativa[38]), il lavoratore regolarizza la propria posizione di soggiorno e di lavoro grazie alla prima sanatoria utile o alluso improprio (rectius, forzato), di cui si detto, della richiesta da parte del datore di lavoro. In questultimo caso, il lavoratore torner temporaneamente in patria, rientrando in Italia dopo aver ottenuto il visto di ingresso per lavoro subordinato.

 

 

4. Una politica alternativa

 

Con riferimento al problema generale del rimedio degli effetti negativi della distanza originaria, lerrore della politica migratoria fin qui adottata sta evidentemente nel considerare lesistenza di un contratto anteriore allingresso come rimedio contro lincompletezza di informazione. Essa invece pu essere, al pi, leffetto di un rimedio appropriato, che per la disposizione di legge non indica come effettuare. Un tale rimedio, ove si voglia comunque impedire che lonere della ricerca di inserimento gravi su un migrante considerato come soggetto a rischio di fallimento (e, quindi, potenziale minaccia per il sistema di welfare), dovrebbe consistere in un dispositivo che permetta un incontro tra domanda e offerta di lavoro, senza per affidarlo alliniziativa e alla mobilit dei lavoratori. Si potrebbe pensare allora ad attivit di reclutamento allestero da parte dei datori di lavoro (disciplinate dal nuovo art. 23 t.u.[39]). Attivit del genere, probabilmente alla portata della grande impresa, sembrano per troppo rischiose per piccole imprese e del tutto improponibili per le famiglie i pi tipici, cio, tra i soggetti da cui proviene la domanda di lavoro[40].

 

Lincontro tra domanda e offerta potrebbe, in alternativa, essere affidato ai servizi di agenzie di intermediazione, sia pure nei limiti piuttosto angusti consentiti dalla normativa vigente[41]. E noto che a livello informale (e illegale) questi servizi sono molto attivi e riescono a collocare dai paesi dellEst e non solo da quelli - lavoratori in posizione irregolare perfino nei paesi dellItalia meridionale. Tuttavia, si tratta di processi di inserimento non molto diversi da quelli utilizzati a livello individuale dai migranti che vengono a cercare lavoro sul posto illegalmente. Anche chi collocato da una di queste agenzie, infatti, entra in Italia senza alcuna certezza sulla costituzione del rapporto di lavoro. Sar solo lincontro faccia a faccia tra datore di lavoro e lavoratore a decidere della vita di questo rapporto, senza che la preventiva intermediazione dellagenzia possa o voglia giocare un ruolo di garanzia per alcuna delle parti.

 

Sul fronte delle attivit di intermediazione legale tra parti distanti tali, cio, da dar luogo a una promessa di assunzione prima dellingresso, in assenza di un incontro diretto tra le parti lesperienza italiana molto modesta. Merita attenzione, per, il caso del Progetto Albania, condotto dallOrganizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), in collaborazione col Ministero del lavoro italiano e con quello albanese. Nellambito di questo progetto, lOim provvedeva, nel corso del 2000, a certificare la qualificazione professionale di ciascuno degli iscritti circa cinquemila in una lista di prenotazione raccolta dal Ministero del lavoro albanese. La certificazione operata dallOim aveva lo scopo di facilitare le chiamate nominative di lavoratori albanesi da parte degli imprenditori italiani. LOim stessa, quindi, reclamizzava la lista di lavoratori qualificati presso molte importanti associazioni imprenditoriali del Centro-Nord. Si trattava, in questo caso, di una effettiva opera di intermediazione, giacch, proprio sulla base del processo di certificazione e di promozione completato dallOim, la chiamata del lavoratore sarebbe potuta avvenire al buio (col lavoratore, cio ancora in patria). Questa grande mole di lavoro dava luogo per, alla fine dellintero processo, a poco pi di sessanta chiamate nominative![42]

 

Limpraticabilit o, rispettivamente, la scarsa efficacia delle attivit di reclutamento e di intermediazione spinge a cercare una cura alternativa per il fallimento del mercato. Piuttosto che a compensare lincompletezza dellinformazione, si pu allora puntare a prevenire le situazioni in cui la debolezza dellimmigrato che non trovi inserimento lavorativo gli impedisca di rimpatriare, riaffidando, al contempo, alla mobilit dei lavoratori stranieri il compito di colmare la distanza fisica tra domanda e offerta di lavoro. Si tratta, a questo scopo, di stabilire una soglia minima di risorse economiche, al di sotto della quale la condizione di inserimento sociale della persona sia da considerare inaccettabilmente precaria. Tale soglia, in nome di un principio generale di uguaglianza rispetto ai diritti fondamentali, sar strettamente correlata alla soglia minima al di sotto della quale scatta, per i cittadini nazionali, il diritto ad interventi di natura assistenziale; potr ad esempio corrispondere alla disponibilit di una idonea sistemazione alloggiativa, di mezzi di sostentamento in misura pari allimporto dellassegno sociale[43] e di una assicurazione contro il rischio di malattia. Lingresso e il successivo soggiorno del lavoratore straniero potrebbero essere consentiti a chiunque sia in grado di dimostrare la disponibilit della quota di risorse minime per tutta la durata del soggiorno in questione. Disposizioni di questo genere sono gi presenti nella normativa italiana, e di ogni altro paese avanzato, in relazione ai soggiorni di breve durata (ad esempio, per turismo)[44]. Sono disposizioni largamente sperimentate: in Italia si contano circa 400.000 ingressi allanno per soggiorni di questo tipo, da paesi non appartenenti allUnione europea per i quali valga lobbligo di visto, con una punta, in tempi recenti, di circa 500.000 ingressi nel 2000 (in occasione del Giubileo). Linnovazione qui consisterebbe nellapplicazione ampia di queste disposizioni al problema dellaccesso legale al lavoro: lo straniero che faccia ingresso sulla base della propria volont e del soddisfacimento del requisito di disponibilit di risorse sufficienti sarebbe autorizzato a intraprendere attivit lavorative (anche occasionali), a prolungare il proprio soggiorno in presenza di rinnovata disponibilit di risorse, e a stabilizzarlo a titolo di lavoro subordinato una volta reperita una solida opportunit di inserimento[45]. Potremmo allora battezzare convenzionalmente questa modalit di ammissione conversione turismo-lavoro.

 

Differentemente dal caso in cui a cadere al di sotto della soglia minima siano le condizioni del cittadino nazionale situazione che esigerebbe lintervento assistenziale pubblico , ove a trovarsi in difficolt fosse il lavoratore straniero in fase di soggiorno precario (prima, cio, della stabilizzazione), lo stato, esaurite le misure di primo soccorso, sarebbe legittimato ad imporne il rimpatrio, non essendo tenuto a sobbarcarsi lonere del mantenimento di una persona non appartenente alla comunit, n invitata a soggiornare sulla base di stime di fabbisogno di manodopera, qui del tutto assenti.

 

Una volta perfezionata la stabilizzazione del soggiorno, a seguito di un pieno inserimento lavorativo, il lavoratore straniero dovrebbe invece godere della tutela previdenziale a parit di condizioni con il lavoratore nazionale. Quanto alla copertura assistenziale si potrebbe prevedere sia la piena parificazione col cittadino, sia in modo meno drastico e, perci, pi facilmente condivisibile una graduazione fondata sullanzianit di inserimento lavorativo e sociale (a condizione che la piena parificazione con il lavoratore nazionale sia raggiunta in tempi ragionevolmente brevi).

 

 

5. Le esperienze simili: sponsorizzazione e auto-sponsorizzazione

 

Si gi osservato come la legge Turco-Napolitano abbia reso possibili forme di ricerca di lavoro sul posto simili a quella qui proposta, poi soppresse dalla legge Bossi-Fini: la sponsorizzazione e lauto-sponsorizzazione. A dimostrazione della ragionevolezza del quadro da esse rappresentato, queste forme di ingresso, bench utilizzate in via puramente sperimentale, hanno avuto un grande successo. Come si detto, lingresso per inserimento nel mercato del lavoro dietro prestazione di garanzia da parte di uno sponsor stato consentito per la prima volta nel 2000 entro il tetto di 15.000 ingressi. A dispetto della novit e delle molte incertezze, in fase di prima applicazione, in relazione alla documentazione da produrre, il tetto stato raggiunto entro pochi giorni. Il decreto di programmazione dei flussi per il 2001 ha confermato, per un improvvido eccesso di cautela, lo stesso limite numerico. Il tetto, questa volta, stato raggiunto entro poche ore, destinando al diniego la maggior parte delle numerosissime domande (forse 150.000[46]) presentate da aspiranti sponsor.

 

CՏ da dire, nellesaminare questi dati, che in molti casi quasi tutti, probabilmente, quelli corrispondenti a domande presentate da sponsor italiani la prestazione di garanzia mirava a riportare alla legalit rapporti di lavoro gi nati irregolarmente, a somiglianza di quanto verificatosi per le chiamate nominative. Era cio il datore di lavoro a proporsi come sponsor di un lavoratore solo formalmente in attesa nel proprio paese. La ragione di questo comportamento, ancora una volta elusivo rispetto alle disposizioni di legge, pu essere rintracciata, oltre che negli argomenti esposti in precedenza, nella necessit di aggirare le restrizioni derivanti, in relazione al normale ingresso per chiamata nominativa, dai limiti numerici imposti dai decreti di programmazione dei flussi e, in misura minore, dal requisito relativo al reddito del datore di lavoro[47]. Difficilmente, per questi casi, si pu trarre la conclusione che lingresso condizionato alla prestazione di garanzia sia un buon canale per consentire la ricerca di lavoro sul posto in forma originariamente legale. Questo rilievo non impedisce per di considerare positivamente questa forma di ingresso in relazione alle domande presentate da sponsor stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. Si ha a che fare, in questi casi, con effettive catene migratorie, nelle quali lingresso legale del lavoratore straniero non necessariamente preceduto da un periodo di soggiorno illegale[48].

 

E da notare come, per i casi di uso proprio dello strumento della sponsorizzazione, il dispositivo si avvicini molto a quello della conversione turismo-lavoro. In entrambi i casi, infatti, il lavoratore ammesso se il suo sostentamento in fase di ricerca di lavoro garantito. La differenza principale sta nel fatto che, nellambito della sponsorizzazione, il sostentamento deve necessariamente essere garantito da un terzo. Il limite evidente di questa previsione rappresentato dal fatto che lo straniero che aspiri a migrare in Italia per cercare lavoro e non abbia alcun contatto con un potenziale sponsor un parente gi inserito, per esempio si trova comunque indotto a conquistare attraverso il soggiorno illegale un simile contatto e, successivamente, unammissione formalmente legale.

 

Il superamento di questo limite era potenzialmente consentito, allinterno della legge Turco-Napolitano, dalle disposizioni che permettevano, sotto certe condizioni, lingresso per auto-sponsorizzazione. Tuttavia, essendo richiesto, per quel tipo di ingresso, il mancato raggiungimento del tetto fissato per gli ingressi associati a prestazione di garanzia e liscrizione del lavoratore in una lista di prenotazione nel consolato italiano, lesiguit dei tetti fissati e la mancata istituzione di liste ha fatto s che, nel caso generale, lo strumento non sia stato utilizzato.

 

Eccezioni (di carattere sperimentale, appunto) si sono avute come detto per i paesi cui erano state assegnate, per gli anni 2000 e 2001, quote riservate: Albania, Tunisia e Marocco. Nellambito degli accordi di collaborazione stipulati con lItalia erano state istituite, per quei paesi, liste di prenotazione allestite, in realt, dalle autorit di ciascuno dei paesi, non dai corrispondenti consolati italiani. I decreti di programmazione dei flussi avevano autorizzato ingressi di lavoratori iscritti in quelle liste, alle condizioni previste per lauto-sponsorizzazione, in caso di mancato raggiungimento dei tetti fissati per la sponsorizzazione.

 

Pur essendo esaurite in pochissimo tempo le quote generali per sponsorizzazione (quelle, cio, fissate senza riferimento alla provenienza dei lavoratori), la condizione favorevole di mancato esaurimento si registra nel 2000 con riferimento alle quote riservate per ciascuno dei tre paesi citati[49]. Per quanto riguarda lAlbania, in particolare, sono cos ammessi per auto-sponsorizzazione circa milleduecento dei lavoratori iscritti nella lista raccolta dal locale Ministero del lavoro. Non esistono purtroppo dati ufficiali sullesito della ricerca di lavoro da parte dei lavoratori cos entrati. Tuttavia, sulla base di quanto riportato dallOim[50], si pu presumere che il tasso di insuccesso sia stato inferiore al 5-10%[51]. Emerge, allora, chiaramente lefficacia di questo strumento nel consentire un percorso interamente legale di inserimento lavorativo, e lincomparabile superiorit di esso rispetto alla soluzione rappresentata dallagenzia di intermediazione (una sessantina di ingressi su chiamata nominativa, nellambito del progetto curato dallOim, a partire dalla stessa lista).

 

 

6. La conversione turismo-lavoro

 

Rispetto alle esperienze gi maturate di ingresso condizionato a sponsorizzazione o auto-sponsorizzazione, lapproccio fondato sulla conversione turismo-lavoro rimuove il requisito relativo al rispetto di un tetto numerico fissato con il decreto di programmazione e, quindi, quello relativo alliscrizione in una lista di prenotazione. Riduce cos fortemente la necessit di intervento pubblico.

 

La principale obiezione che pu essere mossa a una proposta di questo genere che essa non sembra in grado, di per s, di garantire allo stato la concreta possibilit di allontanare lo straniero le cui risorse, fallito il tentativo di inserimento lavorativo, cadano al di sotto della soglia minima. Trovandosi in queste condizioni, infatti, lo straniero potrebbe sottrarsi al controllo periodico del possesso dei requisiti economici previsti per il rinnovo del permesso di soggiorno[52]. E necessario allora che le norme sullingresso e sulla possibilit di permanenza legale siano affiancate da disposizioni che consentano allo stato di procedere, al rimpatrio di chi sia trovato in flagrante violazione delle norme sul soggiorno. Uno dei principali ostacoli allattuazione di queste disposizioni rappresentato dalla distruzione o dalloccultamento, da parte dello straniero, del proprio passaporto cosa che rende assai difficile lindividuazione del paese di appartenenza o di provenienza, i soli tenuti a riammettere lespulso nel proprio territorio[53]. Il ricorso a costose misure detentive finalizzate allaccertamento della nazionalit della persona da allontanare[54] pu essere reso superfluo dalla conservazione, per ciascuno dei lavoratori stranieri ammessi, di una fotocopia del passaporto e delle impronte digitali[55] (o di altro analogo segno di riconoscimento non equivoco). Ogni altro onere per lerario pu poi essere evitato imponendo, in ingresso, il deposito dei mezzi necessari ad acquistare un biglietto per il rimpatrio o di una corrispondente fideiussione[56].

 

In questo modo, lo straniero che, in qualunque modo, cada nel novero delle persone non legittimate a soggiornare nel territorio dello stato, potrebbe, alla prima intercettazione che ne evidenzi questa condizione, essere associato immediatamente al fascicolo impronte-passaporto-biglietto. Potrebbe cio essere allontanato senza difficolt e senza bisogno di accordi di riammissione con altri paesi. Allo stesso tempo, e in virt della linearit acquistata dal procedimento di allontanamento, lo stato potrebbe ben rinunciare, nei casi in cui lallontanamento stesso non sia motivato da reati, allapplicazione di qualunque sanzione aggiuntiva (quella tipica il divieto di reingresso[57]), dato che nessun danno rilevante in termini di aggravio di spesa stato apportato dallo straniero alla collettivit.

 

Andrebbe, ovviamente, rispettato comunque il diritto dello straniero di far valere le proprie ragioni contro il provvedimento di allontanamento, ma tale rispetto non inficierebbe in alcun modo la capacit dello stato di mantenere il pieno controllo della situazione: se anche lo straniero, in assenza di un regime di detenzione, si sottraesse al provvedimento, la successiva intercettazione darebbe luogo allallontanamento immediato, essendo gi esaurito il diritto di ricorso[58].

 

Si osservi come, in questo contesto, il rilevamento delle impronte digitali non assuma la connotazione di misura vessatoria adottata da parte di uno stato pervasivo nei confronti di un individuo gi privato di molte delle proprie prerogative. E piuttosto lo strumento per il recupero, da parte dello stato, della quota di potere di controllo sacrificata al rispetto della libert di movimento e di iniziativa dello straniero. E anche, certamente, una misura discriminatoria, dato che, anche in caso di estensione al cittadino nazionale[59], questi non ne soffrirebbe la valenza repressiva. Ma la discriminazione corrisponde esattamente, e nel modo pi contenuto possibile, a quella esistente, a livello fondamentale, tra cittadino e straniero (luno dotato di un diritto pieno di soggiorno, laltro al pi ammesso a soggiornare) condizione che, pur sempre, si ribalterebbe a vantaggio dello straniero nel suo paese di origine.

 

La costituzione del fascicolo, mirata a garantire la possibilit di allontanare lo straniero dal territorio dello stato senza difficolt, ove ve ne siano i presupposti, rappresenta allo stesso tempo una buona risposta ai problemi legati alla sicurezza pubblica, se vero come vero che lunica minaccia specifica di cui pu essere portatore, al riguardo, lo straniero associata alla concreta possibilit di occultare la propria identit.

 

Lesigenza di protezione dei lavoratori nazionali pi deboli d invece origine ad una seconda possibile obiezione contro il dispositivo di conversione turismo-lavoro: anche nellipotesi di un pieno controllo del rispetto degli standard minimi di tutela dei lavoratori previsti dalla legislazione nazionale o dalla contrattazione collettiva, la concorrenza di una manodopera straniera ammessa senza eccessive restrizioni a cercare lavoro nel territorio dello stato pu dar luogo, in ragione della sua forza numerica, a una concorrenza troppo aggressiva nei confronti di quella nazionale. Un rischio del genere potrebbe essere ridimensionato imponendo il preventivo accertamento di indisponibilit di manodopera nazionale come condizione necessaria per la costituzione di un rapporto di lavoro duraturo con un lavoratore straniero (e per la conseguente stabilizzazione del soggiorno di questi)[60]. Al di l dellapparente ragionevolezza di una misura del genere e della facilit con cui pu captare il consenso dellelettore mediano, per, occorre tener presente che essa, come tutte le misure di tipo protezionistico, provoca un uso inefficiente delle risorse, e i costi che ne derivano per i consumatori nazionali possono eccedere largamente, nel loro complesso, i benefici di cui vengono a godere i lavoratori protetti. Perch non si riveli un boomerang per il paese di accoglienza andrebbe quindi usata con cautela: solo possibilmente quando sia necessario tutelare, in situazioni particolari e per tempi non troppo lunghi, settori specifici dellofferta di lavoro nazionale.

 

Limposizione, invece, di un limite numerico sugli ingressi o sulle possibilit di stabilizzazione, avulsa dallaccertata aspirazione del lavoratore nazionale ad occupare un determinato posto di lavoro, non sembra difendibile. E ancora meno difendibile quando come successo con la programmazione dei flussi dal 1997 ad oggi intesa non come strumento di tutela (sia pure astratta) del disoccupato residente, ma come risultato di una stima del fabbisogno di manodopera non saturato dallofferta nazionale. Il vincolo, infatti, non agisce se non quando il limite viene superato dal numero di richieste avanzate dai datori di lavoro quando, cio, la stima si rivela errata per difetto[61]. Un tetto numerico potrebbe ancora avere una ragion dessere se fosse determinato sulla base di criteri diversi, quali il rispetto delle limitate capacit di accoglienza da parte della societ, con riguardo alla disponibilit di strutture e servizi sociali o alla necessit di proteggere la cultura locale da uneccessiva alterazione della composizione etnica della popolazione. Tuttavia, limitazioni di questo genere trovano in genere giustificazione solo su una scala spaziale e temporale limitata: pu essere cio necessario evitare concentrazioni locali eccessive di presenza straniera e/o picchi eccessivi nei flussi in ingresso. Non quindi opportuno che le limitazioni abbiano carattere globale; devono piuttosto tendere a ridistribuire il carico degli ingressi su un arco di tempo pi lungo o su un territorio pi vasto.

 

Si vede come lassetto normativo basato sulla conversione turismo-lavoro corrisponderebbe ad una ricombinazione ed estensione, sia pure in chiave diversa da quella originaria, di disposizioni gi sperimentate o da poco introdotte nella normativa. Non costituendo un salto nel buio[62] e comportando una significativa razionalizzazione della normativa, potrebbe ridurre di molto le dimensioni dei flussi illegali. Perch questa aspettativa sia fondata occorre per che il requisito delle risorse minime atte a prevenire la  caduta del migrante in uno stato di indigenza sia dimensionato in modo equilibrato, e che la possibilit di imporre tetti numerici sia utilizzata solo in caso di effettiva necessit. Per un verso, infatti, nessun migrante troverebbe vantaggioso eludere un percorso legale di fatto ritagliato sul suo stesso interesse. Per laltro, la definizione, per eccesso di prudenza, di criteri pi restrittivi in termini di tetti numerici o di livelli minimi di risorse troppo alti produrrebbe invece una divaricazione tra linteresse del migrante e ci che gli consentito fare. La migrazione illegale potrebbe ancora risultare appetibile, e lo stato si troverebbe probabilmente a sanare domani quello che non ha autorizzato oggi.

 

 

7. Verso un diritto di immigrazione? Le incerte prospettive del processo di armonizzazione europea

 

Si pu allora concludere che la ricetta per una gestione del fenomeno migratorio che renda inutili i flussi illegali e, allo stesso tempo, eviti di trasformarlo in un onere o in una minaccia per la societ del paese darrivo consiste nel lasciare che ogni individuo il migrante, in particolare agisca liberamente per migliorare la propria condizione finch questo non peggiori la condizione di qualcun altro in particolare, il cittadino nazionale[63]. Le deviazioni da questo principio in senso restrittivo corrispondono proprio alla definizione di criteri inutilmente severi, che impediscono il progresso di alcuni soggetti i migranti senza che gli altri i cittadini nazionali ne abbiano alcun vantaggio[64]. Dando luogo ad una fascia di situazioni proibite dalle norme a dispetto della loro utilit, queste deviazioni promuovono, di fatto, le pratiche illegali.

 

Allinverso, limplementazione della ricetta di conversione turismo-lavoro somiglia molto alla definizione di un vero e proprio diritto di immigrazione: il migrante ha diritto ad essere ammesso, purch non rappresenti un onere netto per il paese darrivo; e tale condizione considerata verificata quando lo straniero soddisfi certi requisiti, nellesame dei quali non sia lasciato alcun margine apprezzabile di discrezionalit allamministrazione.

 

E ipotizzabile che questo quadro trovi corrispondenza nella normativa e nella politica italiana? Stando ai contenuti della riforma recentemente varata con la legge Bossi-Fini, no. Rispetto al quadro preesistente, stata confermata limpostazione dominante, fondata sulla stipula preventiva del contratto di lavoro. E stata invece cancellata ogni possibilit di ingresso per sponsorizzazione o auto-sponsorizzazione. Verosimilmente si riprodurranno cos, a dispetto di un inasprimento delle sanzioni contro limmigrazione clandestina, le condizioni che hanno indotto per anni i lavoratori stranieri a cercare nellillegalit la via di accesso a una condizione di soggiorno stabilmente legale[65].

 

Le cose potrebbero, in linea di principio, modificarsi in virt del processo di armonizzazione delle politiche di immigrazione e asilo in ambito europeo, avviato con il Trattato di Amsterdam. Allinterno di questo processo la Commissione europea ha presentato proposte per direttive e regolamenti che toccano ormai quasi tutti gli aspetti di rilievo della materia. In particolare, con la Proposta di direttiva del Consiglio relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di Paesi terzi ai fini dello svolgimento di unoccupazione retribuita e di attivit di lavoro autonomo[66] viene affrontata la materia dellautorizzazione al soggiorno per lavoro subordinato o autonomo. Dallesame di questa proposta emergono due aspetti interessanti, almeno per quanto riguarda il tema, qui considerato, del lavoro subordinato. Il primo rappresentato appunto dalla volont della Commissione europea di ridurre al massimo gli spazi di discrezionalit lasciati allamministrazione dei singoli Stati membri nellesame di una richiesta di permesso di soggiorno: lamministrazione cio tenuta, secondo la proposta della Commissione, a verificare il soddisfacimento dei requisiti previsti, ma non chiamata a valutare lopportunit dellaccoglimento o del diniego della richiesta, se non mediante lapplicazione fredda dei criteri oggettivi stabiliti dalla direttiva; deve inoltre notificare la decisione in un tempo definito[67]. In caso di esito negativo, linteressato deve avere la possibilit di proporre, avverso il provvedimento di diniego, un ricorso giurisdizionale[68].

 

Il secondo aspetto rappresentato dal quadro dei requisiti stabiliti per il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato. Il principio guida potrebbe essere riassunto nel modo seguente: il lavoratore straniero autorizzato a soggiornare per lavoro subordinato quando risulti provata la necessit economica (per lo Stato membro che lo accoglie) del suo inserimento lavorativo, e a condizione che la sua presenza non rappresenti una minaccia per il sistema di welfare. Pi precisamente, la condizione principale per il rilascio del permesso lesistenza di una richiesta di assunzione da parte di un datore di lavoro[69], in corrispondenza alla quale sia stata accertata, con modalit e per un tempo prestabiliti, lindisponibilit di manodopera residente o gi ammessa al mercato del lavoro dello Stato membro[70]. Il reddito che il lavoratore ricaver da tale rapporto di lavoro deve essere inoltre, a pena di diniego o di revoca del permesso, sufficiente al sostentamento dello stesso lavoratore e dei familiari con lui conviventi (tale cio da non far scattare lapplicazione delle misure di assistenza pubblica)[71], e lo stato di disoccupazione tollerato finch la sua durata non ecceda un limite fissato (pi cospicuo in caso di rilevante anzianit di soggiorno)[72]. Limposizione, da parte di uno Stato membro, di un tetto massimo sul numero dei permessi rilasciabili consentita solo se motivata da considerazioni relative alle capacit di accoglienza del paese o di una sua regione, e deve essere accompagnata dalla definizione di criteri oggettivi da adottare, nel caso in cui il numero di domande ecceda il tetto fissato, per la formazione delle graduatorie[73]. La richiesta di permesso pu essere presentata, oltre che per un lavoratore straniero ancora soggiornante allestero, anche in relazione a uno straniero che sia gi legalmente soggiornante nel territorio di uno Stato membro per altri motivi, incluso il turismo[74]; la presentazione della domanda, tuttavia, non consente di prolungare il soggiorno in attesa dellesito della procedura di esame, ove il titolo di soggiorno di cui lo straniero in possesso giunga a scadenza[75].

 

La politica di ammissione fondata su quella che abbiamo chiamato, in questo saggio, conversione turismo-lavoro ha evidentemente molti punti di contatto con la proposta avanzata dalla Commissione. Lelemento di maggior novit di tale proposta rispetto al quadro attualmente vigente in Italia e negli altri paesi europei dato dal fatto che il soggiorno legale (anche di breve durata) ad altro titolo non costituisce un motivo ostativo allottenimento di un permesso di soggiorno per lavoro. Ci che per distanzia in modo significativo la proposta della Commissione dal quadro alternativo da noi prospettato la solidit di tale soggiorno: per la Commissione non sembra esservi alcun favore esplicito per una attivit di ricerca di lavoro sul posto. Bench nulla osti, formalmente, allincontro diretto tra domanda e offerta di lavoro, non stabilita alcuna misura a sostegno di tale incontro, n del progressivo inserimento dello straniero nel mercato del lavoro. La nostra proposta, invece, prevede che il soggiorno di breve periodo possa essere utilizzato per lo svolgimento di attivit lavorative occasionali o, comunque, di breve durata, e che, sulla base della maturazione di mezzi di sostentamento ulteriori, il periodo di soggiorno legale possa essere prolungato. Una volta poi individuata una possibilit di inserimento stabile, la richiesta di conversione del permesso legittimerebbe il titolare a soggiornare fino alla decisione relativa, non avendo alcun rilievo leventuale scadenza del permesso di breve durata nelle more di tale decisione.

 

Inoltre, mentre la disponibilit di mezzi di sostentamento sufficienti nella nosta proposta condizione necessaria per lammissione al soggiorno di breve periodo e per leventuale prolungamento di tale soggiorno, essa non dovrebbe avere influenza sulla stabilit del soggiorno successivo alla stabilizzazione per motivi di lavoro. In altri termini, una volta che lo straniero sia stato ammesso a soggiornare come lavoratore, sulla base poniamo dellesistenza di un contratto di lavoro, e che abbia iniziato a contribuire al sistema previdenziale e assistenziale dello stato che lo ospita, la sua eventuale condizione di disoccupazione o di indigenza dovrebbe renderlo oggetto degli interventi assistenziali previsti per i lavoratori nazionali, senza diventare invece motivo di pi radicale esclusione[76].

 

Una notevole riduzione di questa distanza si otterrebbe se venissero recepite le osservazioni avanzate dal Comitato economico e sociale europeo in sede di formulazione del parere sulla proposta di direttiva[77]. In particolare, il Comitato chiede che sia istituito un apposito permesso di soggiorno per ricerca di lavoro della durata di sei mesi. I requisiti, la cui determinazione precisa dovrebbe essere a parere del Comitato lasciata ai singoli Stati membri, dovrebbero comunque includere la disponibilit di mezzi di sostentamento sufficienti e di una assicurazione contro il rischio di malattia. Il Comitato, poi, si dichiara contrario alla previsione che il permesso di soggiorno per lavoro possa essere revocato sulla base della sopravvenuta condizione di disoccupazione o di indigenza, stante linaccettabile insicurezza che questa previsione genererebbe nei lavoratori.

 

Osservazioni simili sono state avanzate dalla Commissione per loccupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo[78] in vista della formulazione di una risoluzione del Parlamento stesso sui contenuti della proposta di direttiva. Tale risoluzione[79], condizionando il parere favorevole allaccoglimento di alcuni emendamenti, riprende il suggerimento relativo allistituzione del permesso di soggiorno per ricerca di lavoro, arricchendolo con la specificazione che tale permesso consenta anche liscrizione a corsi di formazione professionale finalizzata alloccupazione. Pi tiepido, invece, latteggiamento rispetto al problema della destabilizzazione del soggiorno per lavoro associata alla sopravvenuta perdita di occupazione o di mezzi: il Parlamento si limita a chiedere che la revoca del permesso non possa avvenire finch il lavoratore fruisce dellindennit di disoccupazione (per la quale il lavoratore stesso ha versato contributi).

 

Drasticamente diversa la posizione che emerge dal documento relativo allesame della proposta di direttiva effettuato nellambito del Consiglio europeo[80]. I rappresentanti dei governi degli Stati membri, facenti parte del Gruppo di lavoro Migrazione del Consiglio Giustizia e affari interni, non solo non sembrano turbati dallo scarso sostegno che la proposta di direttiva offre alla fase di inserimento nel mercato del lavoro da parte del lavoratore straniero, ma esprimono, per lo pi, contrariet[81] alla semplice ipotesi che la richiesta di permesso di soggiorno per lavoro possa essere presentata da uno straniero gi legalmente soggiornante ad altro titolo. Viene confermata cos la preferenza verso il mantenimento della politica attuale, coerentemente col fatto che nessuno dei governi dichiaratisi contrari ha promosso, in questi anni, una riforma dei meccanismi di accesso dello straniero al mercato del lavoro[82].

 

Pi profondamente, i rappresentanti di alcuni Stati membri (Irlanda, Germania, Italia, Austria e Grecia) si sono detti contrari, con maggiore o minore intensit, a quegli aspetti della proposta della Commissione che configurano o potrebbero configurare un diritto, in capo allo straniero, ad ottenere il permesso di soggiorno; in altri termini, alla definizione di un diritto di immigrazione. Lautorizzazione a soggiornare per lavoro dovrebbe in questa logica restare atto assolutamente discrezionale.

 

Con atteggiamento di segno apparentemente opposto, il Gruppo di lavoro del Consiglio Giustizia e affari interni ha criticato con forza non minore i punti della proposta relativi alla revoca del permesso di soggiorno per lavoro per disoccupazione o indigenza. La motivazione di questa opposizione va cercata per nel timore che si introducano disposizioni di difficile applicazione, piuttosto che nella volont di dare stabilit al soggiorno dei lavoratori stranieri.

 

Il periodo transitorio di cinque anni previsto dal Trattato di Amsterdam per una prima fase di armonizzazione delle normative nazionali in materia di immigrazione e asilo si concluso senza che alcun accordo sia stato raggiunto sul tema dellingresso e soggiorno di stranieri per motivi di lavoro. La proposta di direttiva da considerarsi per il momento accantonata. Tuttavia, i suoi contenuti potrebbero essere ripresentati e nuovamente sottoposti allesame del Parlamento e del Consiglio europei nellambito della procedura di codecisione definita dallo stesso Trattato di Amsterdam o da quella definita dal Trattato che istituisce una Costituzione per lEuropa, se questo entrer in vigore. In questa prospettiva, il destino della politica di immigrazione per lavoro nellUnione europea dipender dagli equilibri che si stabiliranno tra le posizioni di Parlamento e Consiglio, e dal ruolo di mediazione che la Commissione sapr giocare. Se le posizioni dei due organi titolari del potere legislativo rimarranno quelle fin qui esaminate, per, la conciliazione sar estremamente difficile. In ogni caso, con la Costituzione per lEuropa in vigore, dovr essere fatta salva la possibilit, per ciascuno Stato membro, di determinare il volume di ingresso nel loro territorio dei cittadini di paesi terzi provenienti da paesi terzi allo scopo di cercarvi un lavoro subordinato o autonomo[83]. Se questo verr tradotto in una consacrazione della discrzionalit degli Stati membri, la possibilit che si arrivi in tempi brevi alla definizione di un modello di ammissione compatibile con la nozione di diritto di immigrazione, cos come delineata in questo saggio, risulter preclusa. In tal caso, gli stati europei resterebbero verosimilmente impantanati in un quadro legislativo gi rivelatosi chiaramente insufficiente.

 

 

Abstract: Si esaminano gli aspetti principali della normativa italiana sullimmigrazione per lavoro e dellapplicazione che ne stata data negli anni 1987-2004. Si evidenzia come il difetto principale dellimpianto legislativo consista nel non tener conto in modo adeguato della necessit, ai fini della costituzione del rapporto di lavoro, di un incontro diretto tra datore di lavoro e lavoratore. Si propone un modello di politica di immigrazione alternativo alla politica delle quote, e se ne discutono le implicazioni con riferimento alla possibilit di definire, in analogia con il diritto dasilo, un diritto di immigrazione. Si valutano infine le chances di accoglimento di questa proposta alla luce degli sviluppi del processo di armonizzazione europea della normativa sullimmigrazione.

 

 

 



[1] In Italia, le disposizioni che regolano la condizione giuridica dello straniero sono in gran parte contenute nel Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dellimmigrazione e norme sulla condizione dello straniero (dora in avanti t.u.), di cui al d.lgs. 286/1998, emanato ai sensi dellart. 47, c. 1, l. 40/1998. Il t.u. include le disposizioni rilevanti della stessa l. 40/1998 e le poche disposizioni gi vigenti, non incompatibili con queste. Modifiche al t.u. sono state apportate, successivamente, dal d.lgs. 380/1998 e dal d.lgs. 113/1999 (emanati ai sensi dellart. 47, c. 2, l. 40/1998), dal d.l. 51/2002 (convertito, con modificazioni, in l. 106/2002), dal Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (testo A; approvato con il d.p.r. 115/2002), dalla l. 189/2002, dal d.lgs. 87/2002 (di attuazione della direttiva 2001/51/CE, che integra le disposizioni dell'articolo 26 della Convenzione applicativa dell'Accordo di Schengen del 14 giugno 1985), dal d.l. 242/2004 (allesame delle Camere, per la conversione in legge, al momento in cui la stesura di questo saggio viene ultimata). Accanto a queste disposizioni sopravvive, in materia di diritto dasilo, lart. 1 del d.l. 416/1989, convertito, con modificazioni, in l. 39/1990, cui sono stati aggiunti sei articoli (da 1-bis a 1-septies), dalla l. 189/2002. E stato infine emanato il d.lgs. 85/2003 (di attuazione della direttiva 2001/55/CE, relativa alla concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati ed alla cooperazione in ambito comunitario).

[2] La Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati, ad esempio, prevede questa equiparazione in relazione a esenzione dalla condizione di reciprocit (art. 7), propriet mobiliare e immobiliare (art. 13), diritto di associazione (art. 15), accesso alle professioni dipendenti (art. 17), indipendenti (art. 18) e liberali (art. 19), alloggio (art. 21), diritto di libero passaggio (art. 26). La Convenzione prevede invece equiparazione con i cittadini nazionali in relazione ad altre materie, le pi rilevanti delle quali sono il diritto di adire i tribunali (art. 16), leducazione pubblica (art. 22), lassistenza pubblica (art. 23), la legislazione del lavoro e sicurezza sociale (art. 24). La normativa italiana, tuttavia, parifica gi lo straniero in generale al cittadino per tutte queste materie, con leccezione della fruizione delle misure di assistenza sociale: lart. 41 t.u. stabiliva la parificazione per lo straniero titolare di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno; lart. 80, c. 19, l. 388/2000 ha limitato la parificazione ai titolari di carta di soggiorno.

[3] Con la l. 189/2002 la disciplina relativa alla procedura di riconoscimento dello status di rifugiato stata radicalmente riformata. Sono stati infatti aggiunti sei articoli allart. 1 del d.l. 416/1989, convertito in l. 39/1990, con i quali si dispone che il richiedente asilo che presenti la domanda in condizioni di soggiorno irregolare o dopo essere stato intercettato mentre eludeva i controlli di frontiera sia trattenuto in un centro apposito. Sul piano formale, tuttavia, non previsto che lautorit incaricata di esaminare la sua domanda debba farsi guidare da una presunzione di manifesta infondatezza della stessa (come era invece previsto da un disegno di legge di iniziativa governativa presentato dal Governo Prodi nel 1997).

[4] Gli artt. 32 e 33 della Convenzione di Ginevra limitano fortemente lespellibilit del rifugiato: il rifugiato regolarmente soggiornante pu essere espulso solo per gravi motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico (art. 32, c. 1) e non, per esempio, in seguito a condanne per reati comuni; in caso di espulsione deve avere la possibilit di presentare ricorso prima di essere allontanato (art. 32, c. 2) e il tempo di farsi ammettere regolarmente in altro paese (art. 32, c. 3); non pu comunque essere allontanato verso un paese nel quale corra rischio di persecuzione a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche, salvo il caso di grave minaccia per la sicurezza nazionale (art. 33). La normativa italiana recepisce esplicitamente questultima disposizione, estendendo il divieto al caso in cui il rischio di persecuzione sia motivato dalle condizioni personali dello straniero (art. 19, c. 1, t.u.), e non subordinandolo allassenza di pericoli per la sicurezza nazionale. Le disposizioni di cui allart. 32 della Convenzione trovano invece debole riflesso nella normativa italiana, a dispetto del dettato dellart. 10, c. 2, Cost., che vorrebbe la condizione giuridica dello straniero regolata dalla legge in conformit con le norme e i trattati internazionali: il rifugiato, in caso di mancato rinnovo del permesso di soggiorno, potrebbe infatti essere espulso mediante lintimazione a lasciare lItalia entro quindici giorni (art. 13, c. 5, t.u.). Avrebbe la possibilit di presentare ricorso, ma non quella di attendere la decisione sullo stesso (art. 13, c. 8, t.u.), n quella di farsi ammettere regolarmente in altro paese.

[5] La normativa italiana prevede (art. 10, c. 1, t.u.) che lo straniero sia respinto alla frontiera quando tenti di fare ingresso nel territorio dello stato privo dei requisiti previsti per lingresso: titolo di viaggio valido, visto di ingresso (se richiesto), risorse sufficienti per il soggiorno (salvo che per i casi di ingresso per lavoro), etc. Il respingimento effettuato anche quando lo straniero sia stato condannato per determinati reati o costituisca una minaccia per lordine pubblico o la sicurezza dello stato o di uno degli Stati dellarea Schengen (art. 4, c. 3, t.u.), ovvero sia gravato da un divieto di reingresso (art. 4, c. 6, t.u.). Non si applicano le disposizioni sul respingimento quando si debba applicare la normativa relativa al diritto dasilo (art. 10, c. 4, t.u.). Lo straniero invece espulso, oltre che nei casi in cui rappresenti una minaccia per lordine pubblico o la sicurezza dello stato (art. 13, c. 1, t.u.), risulti socialmente pericoloso (art. 13, c. 2, lett. c, e art. 15, t.u.) o debba scontare pene detentive di una certa rilevanza (art. 16, t.u.), nei casi in cui abbia fatto ingresso clandestino o soggiorni nel territorio dello stato senza aver chiesto il permesso di soggiorno o senza averne chiesto per tempo il rinnovo (art. 13, c. 2, lett. a e b, t.u.).

[6] Qui e nel seguito ci si limita a considerare limmigrazione per motivi di lavoro e, in particolare, quella per lavoro dipendente.

[7] Art. 8, l. 943/1986.

[8] Art. 22, t.u., successivamente modificato dallart. 18, l. 189/2002.

[9] Il requisito previsto dallart. 30, c. 3, lett. c, d.p.r. 394/1999 (Regolamento di attuazione del t.u.), che non stabilisce per una precisa quantificazione del reddito necessario in capo al datore di lavoro. La circolare del Ministero del lavoro e della previdenza sociale n. 55/2000 provvede a tale quantificazione per i casi di assunzione di lavoratori domestici: il livello di reddito varia a seconda della provincia in cui risiede il datore di lavoro, sulla base delle tabelle corrispondenti al cosiddetto redditometro (misuratore dei redditi introdotto, a fini fiscali, dal d.m. 10/9/1992 del Ministero delle finanze). In media, tale livello ammonta a circa novanta milioni di vecchie lire (circa 45.000 euro), e non si discosta di molto dai livelli gi stabiliti con analoghe circolari, ma senza un corrispondente riferimento regolamentare, in vigenza del d.l. 416/1989, convertito in l. 39/1990.

[10] Il requisito era stato introdotto gi col d.m. 17 Novembre 1990 recante disposizioni per la Limitazione dei flussi programmati dei cittadini stranieri extracomunitari per lanno 1991, emanato in attuazione dellart. 2, c. 3, d.l. 416/1989, convertito in l. 39/1990 (v., infra, nt. 11). E stato poi ripreso dallart. 22, c. 2, t.u., sia nella versione originale, sia in quella risultante dalle modifiche apportate dalla l. 189/2002: la richiesta di autorizzazione (ora di nulla-osta) al lavoro deve essere accompagnata da documentazione relativa alle modalit di sistemazione alloggiativa del lavoratore. La l. 189/2002, tuttavia, ha rafforzato la prescrizione, stabilendo, al comma 1 del nuovo art. 5-bis t.u., che il contratto di soggiorno per lavoro subordinato deve contenere la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilit di un alloggio per il lavoratore che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica.

[11] Lart. 2, c. 3, d.l. 416/1989, convertito in l. 39/1990, stabiliva che entro il 30 ottobre di ogni anno si procedesse alla programmazione dei flussi di ingresso in Italia per ragioni di lavoro dei cittadini stranieri extracomunitari per lanno solare successivo, mediante decreti adottati, di concerto, dai ministri degli affari esteri, dellinterno, del bilancio e della programmazione sociale, del lavoro e della previdenza sociale. Bench la legge non menzionasse esplicitamente la determinazione di quote (massime) di ingresso, la possibilit di fissarle era garantita dalla formulazione assolutamente generica della disposizione (e, di fatto, stata utilizzata v. infra, nel testo). Una previsione analoga, ma con riferimenti espliciti alla determinazione di quote massime, contenuta ora nellart. 3, c. 4, t.u.. Il decreto o, se necessario, i decreti sono emanati per, in questo caso, dal Presidente del Consiglio dei ministri. La versione originale della disposizione prevedeva che, in caso di mancata emanazione, le quote fossero fissate in conformit con i decreti emanati per lanno precedente. La l. 189/2002 ha modificato questa disposizione, stabilendo che in caso di mancata emanazione la quota di ingressi non deve superare quella definita per lanno precedente.

[12] Lart. 8, c. 3, l. 943/1986 stabiliva che, ai fini della concessione dellautorizzazione al lavoro di uno straniero residente allestero, gli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione provvedessero ad accertare lindisponibilit di lavoratori italiani e comunitari aventi qualifiche professionali per le quali stata richiesta lautorizzazione al lavoro.

[13] V. nt. 1.

[14] Art. 23, c. 1, t.u.. Le disposizioni relative allingresso per inserimento nel mercato del lavoro sono state soppresse dalla l. 189/2002, che ha radicalmente innovato lart. 23 t.u., trasformandolo nella disciplina della maturazione, dallestero e mediante la partecipazione a percorsi formativi, di titoli di prelazione per lingresso in Italia per lavoro.

[15] Art. 34, c. 2, d.p.r. 394/1999.

[16] Art. 23, c. 4, t.u., poi sostituito, dalla l. 189/2002 con disposizione di contenuto affatto diverso (v. nt. 14). La disposizione di cui al comma 4 dellart. 23 non faceva parte del disegno di legge di iniziativa governativa che diede vita alla l. 40/1998 (poi confluita nel Testo Unico); fu introdotta, nel corso dellesame del provvedimento da parte della Camera dei deputati, in base ad un emendamento presentato dallo stesso Governo su pressione delle associazioni di volontariato attive nel settore dellimmigrazione. Chi scrive partecip, in via informale, alla stesura di quellemendamento.

[17] Lart. 23, c. 4, t.u. faceva riferimento a liste da istituirsi presso le rappresentanze diplomatiche o consolari italiane, con graduatoria basata sullanzianit di iscrizione. Le liste avrebbero dovuto essere tenute quindi su iniziativa della sola autorit italiana, a differenza di quelle, previste dallart. 21, c. 5, t.u., finalizzate alla chiamata dei lavoratori da parte di datori di lavoro, da istituirsi nellambito di intese bilaterali con i paesi di emigrazione disposti a collaborare per la riammissione degli stranieri espulsi dallItalia.

[18] Pi precisamente, la Direttiva del Ministro dellinterno 1 Marzo 2000 (G.U. Serie Generale n. 64, 17 Marzo 2000), emanata ai sensi dellart. 4, c. 3, t.u., stabiliva, quali requisiti per lingresso ex art. 23, c. 4, t.u., la disponibilit di mezzi per il proprio sostentamento pari almeno a met dellimporto annuale dellassegno sociale (v. nt. 43) e delle risorse necessarie per liscrizione al SSN o per la stipula di unassicurazione privata valida su tutto il territorio nazionale. A questi requisiti andavano aggiunti quelli, generali, di indicazione di idoneo alloggio nel territorio nazionale e di disponibilit dei mezzi necessari per le spese di rimpatrio (eventualmente dimostrabile con esibizione del biglietto di ritorno).

[19] Art. 8 l. 943/1986 (v. nt. 12).

[20] In mancanza di dati completi stato utilizzato il dato relativo allanno 1990 (questo e gli altri dati riportati sono tratti, salvo diversa indicazione, dalle edizioni 1991-2003 di Immigrazione - Dossier statistico, curato dalla Caritas, ed edito da Ed. Sinnos, Roma, per gli anni 1991-1993, e da Ed. Nuova Anterem, Roma, per gli anni 1994-2003).

[21] V. nt. 10.

[22] Art. 1, c. 1, lett. c, d.m. 17 Novembre 1990 (citato nella nt. 10).

[23] Art. 6, c. 2, l. 943/1986.

[24] V. nt. 9.

[25] Che fosse questo il criterio utilizzato per la determinazione del numero massimo di ingressi fu rivelato a chi scrive, in un colloquio informale, da un consigliere del Ministro dellinterno del tempo.

[26] Rectius, del Testo unico di cui al d.lgs. 286/1998 (v. nt. 1).

[27] La legge Turco-Napolitano ha introdotto la possibilit di ingresso per lavoro stagionale, disciplinato dallart. 24 t.u.. Lingresso autorizzato, previa chiamata da parte di un datore di lavoro e con procedure non molto diverse da quelle stabilite per rapporti di lavoro di lunga durata, nei limiti di apposite quote fissate dal decreto di programmazione dei flussi. Al lavoratore straniero rilasciato un permesso di soggiorno di durata non superiore a nove mesi, al termine dei quali il lavoratore deve lasciare il territorio dello stato, a pena di espulsione. Il lavoratore stagionale che rispetti lobbligo di lasciare lItalia matura in modo piuttosto vago un diritto di precedenza per il rientro in Italia per lavoro stagionale rispetto ai connazionali che non abbiano ancora fatto regolare ingresso in Italia per lavoro. A partire dal secondo anno di lavoro stagionale in Italia, pu inoltre convertire il proprio permesso in un permesso di soggiorno per lavoro subordinato (ordinario) in presenza di una richiesta di assunzione che lo riguardi, purch tale richiesta rientri nella quota (ordinaria) fissata dal decreto di programmazione. In questo saggio si considerano tuttavia solo gli ordinari ingressi per lavoro subordinato finalizzati, cio, a un inserimento relativamente stabile nel mercato del lavoro , dal momento che gli ingressi per lavoro stagionale corrispondono a un flusso annuo netto nullo.

[28] Lart. 21, c. 1, t.u. prevede che, in sede di programmazione dei flussi, possano essere riservate, in via preferenziale, quote di ingresso ai paesi con i quali il Ministro degli affari esteri abbia stipulato accordi finalizzati alla regolamentazione dei flussi e soprattutto alla riammissione degli stranieri espulsi. Sulla base di questa disposizione sono state assegnate, negli anni, quote riservate a Tunisia, Albania,  Marocco, Romania, Nigeria, Moldavia, Sri Lanka, Egitto, Bangladesh e Pakistan.

[29] Le principali modifiche in relazione alle condizioni per lautorizzazione (ora nulla-osta) allingresso del lavoratore introdotte dalla l. 189/2002 (il nuovo art. 5-bis t.u. e la riforma dellart. 22 t.u.) consistono in un rafforzamento della garanzia relativa allalloggio (v. nt. 10) e nellimpegno, per il datore di lavoro, a sostenere le spese delleventuale rimpatrio del lavoratore e a comunicare qualunque variazione del rapporto di lavoro. Questi oneri costituiscono parte integrante del cosiddetto contratto di soggiorno per lavoro subordinato. La formulazione delle relative disposizioni non chiarisce se la stipula di un contratto siffatto sia necessaria anche per rapporti di lavoro successivi a quello per il quale stato autorizzato lingresso (con trasferimento degli oneri da un datore di lavoro allaltro), o se per i rapporti successivi lo straniero sia equiparato al lavoratore nazionale (rimanendo lonere sul primo datore di lavoro). Il dubbio sar risolto con lentrata in vigore del Regolamento di attuazione; nello schema di Regolamento approvato dal Governo, ma non ancora emanato alla data in cui questo saggio viene completato, stabilito che la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro richieda un nuovo contratto di soggiorno per lavoro (con trasferimento degli oneri). Questo appare difficilmente conciliabile con il disposto dellart. 2, c. 3, t.u. (equiparazione del lavoratore straniero regolarmente soggiornante in Italia con il lavoratore italiano, in attuazione della Convenzione OIL n. 143/1975). Una seconda modifica apportata dalla l. 189/2002 consiste in un parziale ripristino della condizione di accertamento di indisponibilit di manodopera nazionale o comunitaria, temperata per dalla previsione che laccertamento si concluda entro venti giorni dalla richiesta e dalla disposizione del Regolamento non ancora emeanto, come detto sul carattere non vincolante, ai fini dellassunzione del lavoratore straniero, delleventuale accertamento di disponibilit. E da ritenere che limpatto pi significativo delle nuove disposizioni si avr, pi che sullingresso di lavoratori stranieri (chiamati nominativamente), sulla stabilit del loro soggiorno. Oltre a quanto gi detto sulla necessit di reiterazione del contratto di soggiorno per lavoro, rilevano i limiti pi stringenti per la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno (deve aver luogo almeno novanta giorni prima della scadenza del permesso, anzich trenta, come previsto dalla legge Turco-Napolitano), la minor durata del permesso di soggiorno per lavoro (sia in sede di primo rilascio, sia in sede di rinnovo) e il margine pi limitato per la ricerca di una nuova occupazione in caso di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento o per dimissioni (di norma sei mesi, anzich un anno).

[30] Stabilita cio dal Presidente del Consiglio dei ministri, con proprio decreto, in caso di mancata emanazione del decreto ordinario, nei limiti delle quote fissate per lanno precedente (art. 3, c. 4, t.u.; v. nt. 11).

[31] Sulla base di quanto disposto dallart. 21, c. 1, t.u. (come modificato dalla l. 189/2002), una quota di 4.000 ingressi stata riservata a cittadini argentini di origine italiana per parte di almeno uno dei genitori (fino al terzo grado, in linea retta di ascendenza). Quote pi modeste sono state riservate ad oriundi anche negli anni successivi; nel 2004, in particolare, oltre agli argentini sono stati presi in considerazione anche i cittadini venezuelani e uruguayani.

[32] Al momento non sono noti i dati relativi agli ingressi effettivi, anche se presumibile che le quote siano state esaurite, come sempre negli ultimi anni, in brevissimo tempo.

[33] Le disposizioni transitorie su cui si sono fondate le sanatorie citate sono contenute, rispettivamente, nella l. 943/1986, nel d.l. 416/1989, convertito in l. 39/1990, nel d.l. 489/1985 (reiterato pi volte d.l. 22/1996, d.l. 132/1996, d.l. 269/1996 , ma non convertito in legge; effetti prodotti fatti salvi dalla l. 617/1996), nel d.p.c.m. 16 Ottobre 1998 (effetti estesi dal d.lgs. 113/1999), nella l. 189/2002 e nel d.l. 195/2002 (convertito in l. 222/2002).

[34] Si considerato il periodo periodo 1991-2002 per evitare le incertezze relative agli ingressi nel periodo 1987-1990 e allo stock di immigrati illegali costituitosi dopo il 2002. Nel dato relativo alla sanatoria del 2002 sono state incluse anche le domande di regolarizzazione non ancora evase al momento in cui questo saggio viene completato.

[35] Sono stati esclusi dal computo gli ingressi per inserimento nel mercato del lavoro, dal momento che sembrano doversi considerare uneccezione rispetto alla forma normale di ingresso legale per lavoro subordinato.

[36] I permessi di soggiorno rilasciati, in occasione delle sanatorie, per motivi diversi dal lavoro subordinato costituiscono una frazione trascurabile del totale.

[37] V. nt. 29.

[38] Lassumere alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno sanzionato dallart. 22, c. 12, t.u. (come modificato dalla l. 189/2002). Linfrazione punita con larresto da  tre mesi ad un anno e con lammenda di 5000 euro per ogni lavoratore impiegato.

[39] La l. 189/2002 ha sostituito il vecchio art. 23 (quello sullingresso per inserimento nel mercato del lavoro) con un articolo totalmente innovato, che disciplina la maturazione, da parte dei lavoratori stranieri residenti allestero, di titoli di prelazione per lingresso. I lavoratori che frequentino con successo corsi di formazione eventualmente organizzati nei paesi di emigrazione, nellambito di collaborazioni tra una lunga serie di soggetti (ministeri, regioni, province, enti locali, organizzazioni nazionali degli imprenditori e dei lavoratori, organismi internazionali, enti e associazioni attive da almeno tre anni nel campo dellimmigrazione), guadagnano il diritto di essere chiamati, con un certo grado di precedenza, dai datori di lavoro che, volendo assumere un lavoratore straniero, non ne conoscano alcuno (art. 23, c. 3, t.u.). Pi importante la previsione (non ancora in vigore) di cui allart. 34, cc. 7 e 8, d.p.r. 394/1999 (come modificato dallo schema di Regolamento attuativo della l. 189/2002 approvato dal Governo v. nt. 29): i lavoratori che abbiano maturato i titoli di prelazione vengono iscritti in apposite liste; il decreto di programmazione dei flussi pu riservare una quota degli ingressi per lavoro subordinato agli iscritti in tali liste o, addirittura, stabilire che le chiamate dalle stesse liste possano aver luogo senza limiti numerici.

[40] Una esperienza pionieristica stata tentata dalla Regione Lazio. Non sono stati pubblicati a quanto risulti a chi scrive i dati relativi alle chiamate effettuate a conclusione dei corsi di formazione. Fonti ufficiose riportano, per, numeri irrisori.

[41] Dal 24 Ottobre 2003 la materia disciplinata dal Titolo II del d.lgs. 276/2003.

[42] Questi e gli altri dati relativi al Progetto Albania sono citati a memoria, sulla base di quanto esposto da rappresentanti dellOim durante un incontro al Centro Studi Politica Internazionale (Cespi), a Roma, nellAprile 2002.

[43] La concessione dellassegno sociale disciplinata dallart. 3, cc. 6 e 7, l. 335/1995. Lassegno concesso a persone di et superiore a sessantacinque anni il cui reddito sia al di sotto di una determinata soglia.

[44] Direttiva del Ministro dellinterno 1 Marzo 2003 (v. nt. 18).

[45] La possibilit di convertire un permesso di soggiorno per turismo (o, pi in generale, per motivi diversi dal lavoro) in un permesso di soggiorno per lavoro prevista dallart. 39, c. 7, d.p.r. 394/1999, con riferimento al solo lavoro autonomo ed entro i limiti numerici fissati, per gli ingressi corrispondenti, dal decreto di programmazione dei flussi. Lo schema di Regolamento attuativo della l. 189/2002 approvato dal Governo v. nt. 29 modifica il d.p.r. 394/1999 sopprimendo questa disposizione.

[46] In mancanza di dati ufficiali del Ministero dellinterno, la stima basata su informazioni relative a un ristretto numero di province.

[47] Il livello minimo di reddito per poter procedere alla chiamata nominativa di un lavoratore domestico era stato fissato, dalla Circolare del Ministero del lavoro e della previdenza sociale n. 55/2000, intorno ai novanta milioni di vecchie lire (v. nt. 9). Ai fini della prestazione di garanzia per lingresso per inserimento nel mercato del lavoro, invece, il Vademecum su Ingresso in Italia di cittadini extracomunitari per lavoro per lanno 2000, diramato dal Ministero dellinterno, fissava, per il reddito minimo necessario in caso di sponsor senza altri familiari a carico, il valore dellimporto annuo dellassegno sociale (circa otto milioni di vecchie lire).

[48] Non vi sono elementi di fatto, a parere di chi ha seguito sul campo lapplicazione delle norme sulla sponsorizzazione, per ritenere che i casi di domande presentate da sponsor stranieri corrispondessero in larga misura ad abusi o alla copertura di situazioni nate comunque in modo illegale. Paradossalmente, proprio lalto numero di siffatte domande (circa met del totale) stato guardato con sospetto da chi ha guidato la stesura del disegno di legge Bossi-Fini (si veda, in proposito, il resoconto dellaudizione del Prefetto Pansa, Direttore centrale della Polizia stradale, ferroviaria, postale, di frontiera e dell'immigrazione della Polizia di Stato, nel corso della seduta del 10 Aprile 2003 della Commissione affari costituzionali della Camera, nellambito dellesame parlamentare del disegno di legge). Listituto della sposnorizzazione stato cos soppresso a dispetto (o, forse, a causa) del soffio di legalit che aveva  iniettato nel fenomeno dellimmigrazione per lavoro.

[49] Le quote riservate potevano essere utilizzate sia per ingressi con chiamata nominativa da prte di un datore di lavoro, sia per ingressi con sponsorizzazione.

[50] V. nt. 42.

[51] LOim, che aveva come detto certificato la qualificazione di ciascuno di quei lavoratori, offre loro, allatto dellingresso, la propria assistenza per il superamento delle difficolt che possano presentarsi in Italia. Dei lavoratori entrati, solo un terzo circa prende effettivamente contatto, nei mesi seguenti, con lOim, chiedendo aiuto per questioni burocratiche o di altro genere; lOim fornisce laiuto richiesto, e registra, per ogni contatto, il recapito del lavoratore in Italia. Degli altri due terzi lOim perde le tracce; ma non sembra infondata lipotesi che abbiano raggiunto un inserimento lavorativo con le proprie forze Qualche tempo dopo, infatti, avendo organizzato corsi di formazione professionale per i lavoratori albanesi, e temendo di doverli cancellare per mancanza di iscritti, lOim raggiunge tutti i circa quattrocento lavoratori di cui conosce un recapito, invitandoli ad iscriversi ai corsi. Tre quarti degli intervistati declina linvito, per aver gi trovato lavoro; gli altri accettano di iscriversi. Degli iscritti, successivamente, riescono a trovare occupazione una settantina; i rimanenti restano disoccupati. Fino a prova contraria (relativa allesito della ricerca di lavoro da parte degli ottocento lavoratori con i quali lOim non ha avuto contatti), possiamo cos presumere che la percentuale di insuccessi, nei casi di ricerca di lavoro auto-sponsorizzata, sia quindi non superiore al 7.5% (trenta su quattrocento); e si pu ipotizzare addirittura che sia non molto superiore al 2.5% (trenta su milleduecento).

[52] Gi sulla base delle disposizioni vigenti, il rinnovo del permesso di soggiorno in genere condizionato anche alla dimostrazione di disponibilit di un reddito da fonti lecite sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi a carico (art. 13, c. 2, d.p.r. 394/1999).

[53] Lart. 13, c. 12, t.u. stabilisce che, salvo il caso in cui vi sia rischio di persecuzione, lo straniero espulso rinviato allo Stato di appartenenza, ovvero, quando ci non sia possibile, allo Stato di provenienza. Una disposizione dal contenuto analogo era gi contenuta nel d.l. 416/1989, convertito in l. 39/1990. La distruzione o loccultamento del passaporto hanno costituito quindi, comprensibilmente, una pratica molto diffusa tra gli immigrati in condizioni di soggiorno illegale. Per porre rimedio alla oggettiva difficolt che da questa pratica deriva in sede di esecuzione del provvedimento di espulsione, il Legislatore ha tentato dapprima di sanzionare penalmente il mancato adoperarsi dello straniero ai fini dellottenimento di un nuovo passaporto (d.l. 187/1993, convertito in l. 296/1993). Giustiziata questa norma dalla Corte Costituzionale (C. Cost. 6 Febbraio 1995 n. 34, G. U. 15 Febbraio 1995), per lassenza di definizione certa della soglia di negligenza al sopra della quale scatti la punibilit, ci si rivolti (art. 11, c. 4, t.u.) allo strumento degli accordi di riammissione con i paesi di emigrazione accordi in base ai quali la controparte collabora attivamente, in cambio di vantaggi economici e/o relativi alla determinazione dei flussi in ingresso (art. 21, c. 1, t.u.; v. nt. 28) allidentificazione dello straniero da espellere e al rilascio di un documento di viaggio sostitutivo.

[54] Lart. 14, c. 1, t.u. dispone che, quando non possibile eseguire con immediatezza lespulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perch occorre procedere [...] ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identit o nazionalit, ovvero allacquisizione di documenti per il viaggio, il questore dispone il trattenimento dello straniero in un Centro di permanenza temporanea ed assistenza per il tempo strettamente necessario. Tale tempo non pu superare (proroghe incluse) il limite di sessanta giorni (art. 14, c. 5, t.u., come modificato dalla l. 189/2002; il limite massimo previsto dalla legge Turco-Napolitano era di trenta giorni). Il trattenimento sottoposto alla convalida dellautorit giudiziaria; la proroga adottata direttamente da tale autorit su richiesta del questore.

[55] Lart. 6, c. 4, t.u., nella sua formulazione originale, prevedeva che lo straniero della cui identit vi fosse motivo di dubitare potesse essere sottoposto a rilievi segnaletici. La legge Bossi-Fini ha modificato questa disposizione rendendo obbligatoria la misura ed aggiungendo ai rilievi segnaletici quelli fotodattiloscopici. La stessa legge, introducendo i nuovi commi 2 bis e 4 bis dellart. 5 t.u., ha stabilito che lo straniero sia sottoposto a rilievi fotodattiloscopici in sede di rilascio e di rinnovo del permesso. Lart. 2, c. 5, d.l. 195/2002, convertito in l. 222/2002, ha stabilito per che queste disposizioni non si applicano allo straniero che richiede il permesso di soggiorno per visite, affari, turismo o altri motivi diversi dai motivi familiari o di lavoro o di studio, di durata non superiore a tre mesi, ovvero per cure mediche, o che ne richiede il rinnovo. Oltre ai casi previsti dalla legislazione nazionale, il Regolamento del Consiglio europeo che istituisce il sistema Eurodac per il confronto delle impronte digitali dei richiedenti asilo e di taluni altri cittadini di paesi terzi, al fine di agevolare l'attuazione della convenzione di Dublino stabilisce che sia sottoposto a rilievi fotodattiloscopici anche lo straniero che chieda asilo, quello che abbia attraversato illegalmente la frontiera e non sia stato respinto e quello che, trovato in condizioni di soggiorno illegale nel territorio dello stato chieda di non essere rimpatriato affermando che vi si troverebbe in pericolo.

[56] Lart. 2 della Direttiva del Ministro dellinterno 1 Marzo 2000 impone, tra i requisiti per lingresso, la disponibilit della somma occorrente per il rimpatrio, comprovabile anche con lesibizione del biglietto di ritorno (nota: rispetto a quanto si propone nel testo, la disposizione vigente non richiede il deposito della somma o del biglietto, ma solo la dimostrazione della corrispondente disponibilit al momento dellingresso).

[57] Lart. 13, c. 13, t.u., come modificato dalla l. 189/2002, stabilisce che lo straniero espulso non pu rientrare nel territorio dello stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dellinterno, a pena di arresto da sei mesi ad un anno e nuova espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera. Il divieto vale per dieci anni, salvo che col provvedimento di espulsione non sia fissato un periodo pi breve, ma comunque non inferiore a cinque anni (art. 13, c. 14, t.u., come modificato dalla l. 189/2002). Le corrispondenti disposizioni originali (legge Turco-Napolitano) prevedevano larresto da due a sei mesi, e un divieto di cinque anni (con possibilit, per il giudice, di fissare, in sede di decisione sul ricorso avverso il provvedimento di espulsione, un termine pi breve, ma comunque non inferiore a tre anni).

[58] La legge Turco-Napolitano prevedeva (art. 13, c. 8, t.u.) la possibilit di ricorso avverso il provvedimento di espulsione per soggiorno illegale davanti al Tribunale ordinario entro cinque giorni dalla comunicazione del provvedimento (trenta giorni in caso di espulsione con accompagnamento coattivo alla frontiera). La legge Bossi-Fini, anche in ragione dellestensione della fattispecie di espulsione con accompagnamento coattivo alla frontiera, ha esteso il termine per la presentazione del ricorso a sessanta giorni (art. 13, c. 8, t.u., come modificato dalla l. 189/2002). Il d.l. 51/2002 (convertito in l. 106/2002), introducendo il nuovo comma 5 bis dopo lart. 13, c. 5, t.u., ha disposto che il provvedimento di accompagnamento coattivo alla frontiera sia sottoposto a convalida dellautorit giudiziaria. Col d.l. 241/2004 (allesame delle Camere per la conversione in legge, mentre questo saggio viene ultimato) tale comma stato infine modificato, prevedendo che in attesa della convalida laccompagnamento alla frontiera resti sospeso; la competenza della convalida dellaccompagnamento e della decisione sul ricorso avverso il provvedimento di espulsione vengono inoltre attribuite al giudice di pace.

[59] Lart. 2, c. 7, d.l. 195/2002 (convertito in l. 222/2002) dispone che i cittadini italiani siano sottoposti a rilievi dattiloscopici allatto della consegna della carta didentit elettronica, prevista dallart. 36 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa di cui al d.p.r. 445/2000.

[60] Un parziale ripristino di questo requisito ha avuto luogo con lapprovazione della l. 189/2002, che ha modificato in tal senso lart. 22 t.u.. Lo schema di Regolamento di attuazione della l. 189/2002, tuttavia, sancendo il carattere non vincolante dellaccertamento (v. nt. 29), limita di molto la portata della disposizione di legge.

[61] Recentemente stata positivamente avviata una riflessione, in ambito politico, sulleffettiva convenienza dellimposizione di un limite numerico. Alcuni esponenti dellattuale maggioranza (in particolare, il Vicepresidente del Consiglio dei Ministri Fini, il Sottosegretario al Ministero dellinterno Mantovano e altri) hanno prospettato sia pure in modo non privo di ambiguit la possibilit che si proceda a riformare la normativa italiana, con il superamento del meccanismo delle quote. Paradossalmente e a testimonianza dellimmaturit della riflessione il Governo italiano si dichiarato pi volte a sostegno delladozione, in sede europea, di questo stesso meccanismo. E da notare, infine, come lingresso per lavoro al di fuori delle quote programmate gi consentito, dalla legislazione vigente, con riferimento a determinate categorie (art. 27, c. 1, t.u.) tra le altre, ricercatori e professori universitari (lett. c), traduttori ed interpreti (lett. d), lavoratori dipendenti da un appaltatore residente allestero trasferite in Italia per la realizzazione di opere o servizi oggetto di un contratto dappalto (lett. i), sportivi professionisti (lett. p), artisti e lavoratori dello spettacolo (lett. l-o), infermieri professionali (lett. r-bis, aggiunta dalla l. 189/2002). Val la pena di osservare come, anche in virt dellampliamento della nozione di appalto genuino apportato dalle disposizioni di cui allart. 29, c. 1, d.lgs. 276/2003, la previsione relativa agli ingressi di lavoratori dipendenti dallappaltatore avente sede allestero offra una via efficace, in molti casi, per laggiramento del vincolo delle quote per un novero molto ampio di settori lavorativi.

[62] E opportuno rilevare come due elementi importanti della proposta che qui viene avanzata erano contenuti in altrettanti emendamenti approvati in sede di esame parlamentare della proposta di legge A.C. 5808, presentata, durante la scorsa legislatura, dai deputati Fini ed altri, facenti parte, a quel tempo, dellopposizione. La maggioranza di allora (di centro-sinistra) non si limit a sopprimere quasi tutte le disposizioni della proposta, ma introdusse una serie di propri emendamenti alla normativa vigente sull'immigrazione. Uno dei due emendamenti citati stabiliva che lammontare delle risorse necessarie per lingresso in Italia fosse pari allimporto dellassegno sociale per il numero di mesi di soggiorno, a prescindere dal motivo di soggiorno (di breve durata), in tal modo abbassando il livello richiesto per lingresso per turismo. Il secondo emendamento del quale chi scrive era stato estensore aggiungeva, allart. 5, c. 9, t.u. il seguente periodo: L'esistenza di una richiesta di autorizzazione al lavoro o della prestazione di garanzia di cui all'articolo 23 per il lavoratore straniero che rientri nell'ambito delle quote fissate dai decreti di cui al comma 4 dell'articolo 3, considerata condizione sufficiente per la conversione di un permesso di soggiorno rilasciato ad altro titolo, rispettivamente, in permesso di soggiorno per lavoro subordinato, anche a carattere stagionale, o per inserimento nel mercato del lavoro.. Si noti che lemendamento ebbe parere favorevole anche da parte del gruppo di Forza Italia (allora allopposizione). La proposta di legge, cos approvata dalla Camera dei deputati non fu mai esaminata dal Senato.

[63] Oltre a incorporare le risposte ai problemi correlati alla difesa dei beni pubblici ritenuti meritevoli di tutela, questa soluzione, col rendere inutile limmigrazione illegale, rende inutili le richieste di asilo abusive (mirate cio solo ad evitare i provvedimenti previsti in caso di ingresso o soggiorno illegale). Leffettiva portata del fenomeno delle richieste abusive tuttaltro che accertata. Il timore, per, che esso mini la capacit dello stato di controllare i flussi migratori alla base della progressiva erosione del diritto dasilo nella normativa italiana (il comma 6 dellart. 1-ter aggiunto al d.l. 416/1989 dalla l. 189/2002 ha reso immediatamente esecutivo, anche in pendenza di ricorso, il provvedimento di allontanamento dal territorio dello stato conseguente al rigetto della richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato), come pure nellambito del processo europeo di armonizzazione delle politiche in materia di immigrazione e asilo (si veda levoluzione della Proposta di direttiva del Consiglio recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, dalla versione originaria, COM(2000)578 in G. U. dellUnione europea C 62 E 27 Febbraio 2001, a quella modificata, COM(2002)326 in G. U. dellUnione europea C 291 E 26 Novembre 2002, fino alla versione su cui stato raggiunto laccordo del Consiglio europeo, consultabile alla pagina di Maggio 2004 del sito web http://www.stranieriinitalia.com/briguglio). Una politica migratoria basata sulla conversione turismo-lavoro,  alleggerendo il problema delle domande di asilo abusive consentirebbe di invertire questo processo di erosione, dannosissimo per i richiedenti asilo bona fide.

[64] Costringono quindi, evidentemente, il sistema a restare lontano dalle condizioni di ottimalit paretiana.

[65] Il ripensamento sullopportunit dellimposizione di limiti numerici (v. nt. 61) non sembra al momento estendersi alla validit degli altri requisiti per lingresso dei lavoratori. Non quindi messa in discussione, in particolare, la condizione relativa alla preesistenza di una proposta di contratto da parte di un datore di lavoro condizione che, come discusso sopra, ha reso impraticabili, per i lavoratori stranieri, le vie di migrazione legale.

[66] COM(2001)386 in Gazzetta Ufficiale dellUnione europea C 332 E del 27 novembre 2002.

[67] Art. 29, c. 1.

[68] Art. 29, c. 4.

[69] Art. 5, c. 3, lett. b).

[70] Art. 6.

[71] Art. 5, c. 3, lett. h).

[72] Art. 10, c. 3.

[73] Art. 26.

[74] Art. 5, c. 2.

[75] Questa precisazione contenuta nel Commento agli articoli (art. 5, c. 2), che accompagna la proposta di direttiva.

[76] Salva la possibilit come detto nel 4 di condizionare al conseguimento di una certa anzianit di inserimento lavorativo e sociale la piena parificazione con il cittadino nazionale ai fini della fruizione delle misure di assistenza sociale.

[77] Parere del Comitato economico e sociale, G. U. dellUnione europea C 080 03 Aprile 2002.

[78] Parere approvato il 28 Maggio 2002, in Rapporto della Commissione per le libert e i diritti dei cittadini, la giustizia e gli affari interni, PE A5-0010/2003.

[79] Risoluzione legislativa del Parlamento europeo, del 12 Febbraio 2003, in G. U. dellUnione europea C 043 19 Febbraio 2004.

[80] Il documento, del 25 Novembre 2003, consultabile alla pagina di Luglio 2004 del sito web http://www.stranieriinitalia.com/briguglio.

[81] Contrariet espressa dai rappresentanti dei governi di Spagna, Italia, Olanda, Austria, Finlandia, Regno unito e Grecia.

[82] Il Governo italiano, anzi, come spiegato, ne ha promosso una, varata con la l. 189/2002, che ha cancellato la possibilit di ingresso per inserimento nel mercato del lavoro.

[83] Art. III-168, c. 5, nella numerazione attuale (provvisoria) del Trattato.