SENATO DELLA REPUBBLICA
—————— XIV LEGISLATURA ——————

668a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

MERCOLEDÌ 6 OTTOBRE 2004

(Pomeridiana)

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Presidenza del vice presidente SALVI,

indi del vice presidente FISICHELLA

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N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Alleanza Nazionale: AN; Democratici di Sinistra-l'Ulivo: DS-U; Forza Italia: FI; Lega Padana: LP; Margherita-DL-l'Ulivo: Mar-DL-U; Per le Autonomie: Aut; Unione Democristiana e di Centro: UDC; Verdi-l'Ulivo: Verdi-U; Misto: Misto; Misto-Comunisti Italiani: Misto-Com; Misto-Lega per l'Autonomia lombarda: Misto-LAL; Misto-Libertà e giustizia per l'Ulivo: Misto-LGU; Misto-MSI-Fiamma Tricolore: Misto-MSI-Fiamma; Misto-Nuovo PSI: Misto-NPSI; Misto-Partito Repubblicano Italiano: Misto-PRI; Misto-Rifondazione Comunista: Misto-RC; Misto-Socialisti democratici Italiani-SDI: Misto-SDI; Misto Popolari-Udeur: Misto-Pop-Udeur.

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RESOCONTO SOMMARIO

Presidenza del vice presidente SALVI

La seduta inizia alle ore 16,31.

Il Senato approva il processo verbale della seduta pomeridiana di ieri.

Comunicazioni all'Assemblea

PRESIDENTE. Dà comunicazione dei senatori che risultano in congedo o assenti per incarico avuto dal Senato. (v. Resoconto stenografico).

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE. Avverte che dalle ore 16,36 decorre il termine regolamentare di preavviso per eventuali votazioni mediante procedimento elettronico.

Seguito della discussione del documento:

(Doc. LVII, n. 4-bis) Nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2005-2008 (Relazione orale)

Approvazione della proposta di risoluzione n. 1

PRESIDENTE. Ricorda che nella seduta antimeridiana si è svolta la discussione ed hanno avuto luogo le repliche e passa alla votazione della proposta di risoluzione n. 1, accettata dal Governo.

MICHELINI (Aut). Dichiara il voto contrario del Gruppo delle Autonomie, considerato che nemmeno nell'incontro delle Commissioni bilancio di Camera e Senato, riunite questo pomeriggio, il ministro Siniscalco ha chiarito come riuscirà a coniugare il taglio delle spese per la pubblica amministrazione e l’incremento delle entrate tributarie. (Applausi dal Gruppo Aut. Congratulazioni).

VANZO (LP). La Lega Padana voterà a favore della proposta di risoluzione n. 1, riservandosi tuttavia di sollecitare l’ulteriore riduzione della spesa della pubblica amministrazione, in particolare per quanto riguarda il personale, mal distribuito sull’intero territorio nazionale. La Lega fornirà altresì il proprio contributo per la razionalizzazione del sistema fiscale. (Applausi del senatore Frau).

TAROLLI (UDC). Dichiara il voto favorevole dell’UDC, sottolineando l'innovazione del tetto del 2 per cento per l'incremento della spesa pubblica, criterio già adottato da anni in altri Paesi europei e finalmente introdotto in Italia. Non si comprende la pregiudiziale contrarietà manifestata dall'opposizione, dal momento che il riordino dei conti pubblici e il controllo dei flussi finanziari risponde all'interesse del Paese e non della sola maggioranza. (Applausi dal Gruppo UDC).

FILIPPELLI (Misto-Pop-Udeur). I senatori dell'Udeur voteranno contro la Nota di aggiornamento al DPEF, essendo entrambi i documenti basati su dati che saranno smentiti al momento della presentazione della manovra finanziaria. I tagli agli investimenti e alla spesa corrente avranno ripercussioni negative sui trasferimenti agli enti e alle amministrazioni pubbliche, con pesanti conseguenze soprattutto per lo sviluppo del Mezzogiorno; a ciò vanno aggiunti l’immissione nel mercato di parte del patrimonio pubblico e l’imposizione di nuove tasse, senza alcun approfondimento sulle cause che hanno portato al peggioramento delle entrate e sulla relazione tra questo e le politiche di sgravi e condoni fiscali.

GIARETTA (Mar-DL-U). Nel dichiarare il voto contrario a nome dei Gruppi DS-U, Verdi-U, Misto-Comunisti Italiani e Margherita, analogamente a quanto manifestato in occasione della votazione del DPEF, rileva il peggioramento complessivo del quadro macroeconomico e in particolare il dato dell'avanzo primario. La pesante manovra finanziaria che si preannuncia, dell'ordine di 24 miliardi di euro, produrrà pesanti effetti recessivi oppure, al contrario, porrà in discussione la credibilità dell'Italia sul piano internazionale, proprio per l'aleatorietà degli elementi fondanti la Nota di aggiornamento. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U, Verdi-U, Misto-Com e Aut. Congratulazioni).

GRILLOTTI (AN). Gli interventi del sottosegretario Vegas e l'audizione del Ministro del tesoro hanno non solo confermato il quadro macroeconomico delineato dal DPEF, ma consentito di chiarire le modalità applicative del tetto del 2 per cento. L'incremento del 3,5 per cento delle entrate fiscali deriva dalla revisione degli studi di settore, fermi ancora al 1999, mediante quindi una razionalizzazione della capacità contributiva di alcuni operatori economici. E' stato inoltre chiarito che la riduzione degli interessi deriva dall'accelerazione delle privatizzazioni e della dismissione del patrimonio pubblico, politiche che avrebbero dovuto ottenere il plauso dell'opposizione, in quanto consentono di ridurre il debito anche nel suo valore assoluto. La Nota delinea pertanto una nuova e razionale impostazione, che dovrebbe porre il Governo al riparo dalla necessità di approntare nuove manovre correttive se il ciclo economico dovesse restare stazionario, ma potrebbe distribuire risorse aggiuntive ove si realizzasse l'auspicata ripresa. Annuncia pertanto il voto favorevole del Gruppo. (Applausi dal Gruppo AN e del senatore Moncada).

AZZOLLINI (FI). La Nota aggiuntiva ha fornito all'opposizione lo spunto per anticipare una valutazione della legge finanziaria, mentre sarebbe stato preferibile attenersi all'oggetto della discussione, anche per evitare giudizi prematuri visto che attraverso audizioni si sta progressivamente chiarendo la filosofia ed i criteri applicativi del tetto di spesa. La Nota apporta modifiche migliorative rispetto alla spesa per interessi e conferma gli obiettivi di riduzione del debito e dell'indebitamento netto con un margine di sicurezza rispetto ai parametri di Maastricht. La politica economica del Governo si prefigge da un lato l'aggiustamento del quadro tendenziale di finanza pubblica tramite il contenimento al 2 per cento degli incrementi di spesa rispetto al 2004, dall'altro il rilancio degli investimenti e l'approntamento di misure di sostegno allo sviluppo. Si deve quindi realizzare una manovra rigorosa ma che non produca effetti recessivi, che contemperi il rigore e la tutela degli investimenti indispensabili alla ripresa, tenendo conto del contesto di scarsa crescita che caratterizza l'economia italiana ed europea. Annuncia pertanto il voto favorevole del Gruppo, nella convinzione che i sempre più precisi elementi di conoscenza forniti dal Ministero del tesoro consentiranno al Parlamento di apportare un positivo contributo alla migliore definizione della legge finanziaria. (Applausi dal Gruppo FI).

Il Senato approva la proposta di risoluzione n. 1.

PRESIDENTE. Poiché la competente Commissione non ha concluso l'esame del disegno di legge n. 3104, passa al successivo punto dell'ordine del giorno.

Discussione del disegno di legge:

(3106) Conversione in legge del decreto-legge 13 settembre 2004, n. 240, recante misure per favorire l’accesso alla locazione da parte di conduttori in condizioni di disagio abitativo conseguente a provvedimenti esecutivi di rilascio, nonché integrazioni alla legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Relazione orale)

PRESIDENTE. Autorizza i senatori Mugnai e Specchia a svolgere la relazione orale.

MUGNAI, relatore. Le Commissioni riunite hanno espresso una valutazione sostanzialmente positiva sull'impianto del decreto-legge, ma in considerazione della ristrettezza dei tempi e della delicatezza della materia si sono astenute dall'approvare specifici emendamenti, segnalando tuttavia all’Aula l'opportunità di perfezionare alcune disposizioni. Il provvedimento è urgente poiché in base ad una recente sentenza della Corte costituzionale con il 30 giugno 2004 è scaduto il termine ultimo di proroga all'esecuzione delle procedure di rilascio di immobili urbani per finita locazione; pertanto, nel rispetto del principio di sussidiarietà, il provvedimento coinvolge le autonomie locali nella soluzione di questo rilevante problema sociale, si propone di restituire certezza ai proprietari circa l'effettiva disponibilità dei propri beni, ma si fa carico dell'emergenza abitativa che potrebbe privare dell'alloggio 26.000 famiglie in condizioni disagiate. Illustra quindi dettagliatamente l'articolato, i cui aspetti salienti sono la previsione di provvidenze economiche a favore delle fasce socialmente più deboli; la possibilità per gli enti locali di stipulare contratti di locazione in qualità di conduttori garantendo così i diritti dei proprietari degli alloggi, nonché di adottare politiche abitative più rispondenti alle necessità delle diverse situazioni locali, avvalendosi a tal fine anche di appositi contributi statali; in alternativa a tale soluzione è anche prevista l'erogazione di contributi e di incentivi fiscali ai proprietari che concedono l'alloggio in locazione.

SPECCHIA, relatore. Dopo aver ascoltato le rappresentanze dei conduttori e dei proprietari, nonché la Conferenza permanente Stato-Regioni, il Governo ha adottato un provvedimento che rappresenta una grande svolta nel settore della locazione edilizia, benché le limitate risorse finanziarie disponibili non consentano di estendere i benefici previsti per i nuclei familiari che comprendano ultrasessantacinquenni o handicappati gravi anche ad ulteriori categorie sottoposte a procedure esecutive di rilascio, ad esempio le famiglie numerose monoreddito. I relatori hanno pertanto recepito in appositi emendamenti le proposte avanzate dalla maggioranza e dell'opposizione, anche quelle volte ad affidare ulteriori competenze ai Comuni, purché non stravolgenti l'originario testo del Governo. Ovviamente il decreto-legge, pur rappresentando un contributo importante, non potrà risolvere il problema della carenza abitativa particolarmente acuta in alcune grandi città; per risolvere i problemi delle fasce sociali più deboli è necessario avviare un piano per la costruzione di nuove case economiche popolari, che in Italia rappresentano una frazione eccessivamente ridotta del patrimonio abitativo. (Applausi dal Gruppo AN e del senatore Moncada).

PRESIDENTE. Dichiara aperta la discussione generale e rinvia il seguito dell'esame del disegno di legge ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge:

(3107) Conversione in legge del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione (Relazione orale)

PRESIDENTE. Autorizza i senatori Boscetto e Luigi Bobbio svolgere la relazione orale.

BOSCETTO, relatore. Mentre la legge Turco-Napolitano considerava l'espulsione con accompagnamento alla frontiera delle persone immigrate clandestinamente come un atto di carattere amministrativo incidente sulla libertà di circolazione e non su quella personale e pertanto non prevedeva alcuna convalida del provvedimento emesso dal questore, la legge Bossi-Fini ha ritenuto che la decisione del questore investa la libertà personale ed ha previsto coerentemente il provvedimento di convalida da parte di un giudice, il quale tuttavia poteva essere emesso anche a straniero già espulso, permettendo l'eventuale ritorno a seguito di non convalida. La sentenza n. 222 della Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità di tale norma: per questa ragione il provvedimento in esame prevede la sospensione del provvedimento di espulsione del questore fino al giudizio di convalida emesso dal giudice di pace competente territorialmente, che decide in un giudizio cui partecipano lo straniero e la difesa. Il disegno di legge recepisce anche l'indicazione contenuta nella successiva sentenza n. 223 della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità della previsione di arresto dello straniero che si trattenga ingiustificatamente sul territorio italiano dopo l'ordine di allontanarsi dal Paese impartitogli dal questore. Ricordato che a conclusione dell’ampia discussione in Commissione non si è addivenuti alla previsione del reato di immigrazione clandestina, dichiara la disponibilità all'esame di emendamenti migliorativi del testo. (Applausi dal Gruppo FI).

BOBBIO Luigi, relatore. Il provvedimento in esame non è una riforma della legge Bossi-Fini, la cui piena costituzionalità è stata riconosciuta dalla stessa sentenza n. 222 e da altri pronunciamenti della Corte costituzionale. Esso interviene infatti in ambiti specifici, in particolare a proposito del procedimento di espulsione e di accompagnamento dello straniero alla frontiera, del quale viene prevista la piena giurisdizionalizzazione avendo come antecedente di tipo processuale l'istituto del fermo di polizia giudiziaria: a fronte della necessità di una restrizione o limitazione temporanea della libertà personale, il conseguente provvedimento dell'autorità di pubblica sicurezza deve essere convalidato dall’autorità giudiziaria entro 48 ore. Il testo in esame quindi non crea ma elimina le discriminazioni, offrendo a chiunque si trovi sul territorio dello Stato le stesse garanzie. In tale contesto, la scelta del giudice di pace è stata motivata dalla rilevanza del fenomeno dell'immigrazione clandestina e dalla necessità di non scaricare ulteriori funzioni sulla magistratura togata ed è compatibile con le competenze e le attività affidate dall'ordinamento allo stesso giudice di pace in materia penale: esso infatti non è chiamato a comminare misure detentive - che gli sarebbero interdette dall'ordinamento - ma a convalidare in via giudiziaria un provvedimento amministrativo del questore. Ricorda infine che vengono introdotte garanzie processuali quali il contraddittorio, la presenza del difensore e dell'interprete, la difesa d'ufficio e, compatibilmente alle esigenze di copertura finanziaria, il gratuito patrocinio, nonché altri interventi di carattere tecnico e di coordinamento. (Applausi dal Gruppo FI).

TURRONI (Verdi-U). Avanza una pregiudiziale di costituzionalità, nella considerazione che il testo che dovrebbe modificare norme colpite dalle sentenze nn. 222 e 223 della Corte recano in realtà ulteriori palesi violazioni di principi e di diritti costituzionalmente garantiti. Sottolineato come non ricorrano i requisiti di straordinaria necessità e urgenza previsti dall'articolo 77 della Costituzione in quanto il provvedimento va oltre le pronunce della Corte ridisegnando parte della materia, rileva che l'attribuzione al giudice di pace di una nuova competenza esclusiva in materia di libertà personale, l'omissione dell'ipotesi di gratuito patrocinio per i non abbienti e la mancata previsione di forme di traduzione degli atti compiuti in sede di convalida nella lingua dello Stato dello straniero mettono in discussione il diritto alla difesa di cui all'articolo 24 della Costituzione. Peraltro, l'esplicita previsione del compito delle questure di fornire supporti e locali per assicurare la tempestività del procedimento di convalida sembra configurare una sorta di rito sommario in violazione dell'articolo 111 della Costituzione. Chiede che la votazione della questione pregiudiziale venga preceduta dalla verifica del numero legale. (Applausi dal Gruppo Verdi-U e del senatore Marino).

PRESIDENTE. Dispone la verifica. Avverte che il Senato non è in numero legale e sospende la seduta per venti minuti.

La seduta, sospesa alle ore 18,12, è ripresa alle ore 18,33.

Presidenza del vice presidente FISICHELLA

Il Senato respinge la questione pregiudiziale avanzata dal senatore Turroni.

PRESIDENTE. Dichiara aperta la discussione generale, rinviandone lo svolgimento ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge:

(2894) Disposizioni per l’attuazione della decisione 2002/187/GAI del Consiglio dell’Unione europea del 28 febbraio 2002, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità (Approvato dalla Camera dei deputati) (Relazione orale)

PRESIDENTE Autorizza il senatore Centaro a svolgere la relazione orale.

CENTARO, relatore. La decisione 2002/187/GAI del Consiglio dell'Unione Europea del 28 febbraio 2002, istitutiva di Eurojust quale organo di cooperazione penale in materia giudiziaria - di cui il disegno di legge reca disposizioni attuative - rappresenta il punto terminale di un processo volto al coordinamento delle indagini e delle azioni penali delle competenti autorità degli Stati membri, così da rendere più efficace la lotta alla criminalità, in considerazione della forme particolarmente complesse in cui si manifestano i traffici illeciti. Tale processo infatti ha preso le mosse con il Trattato di Amsterdam, cui è conseguita l'istituzione dei magistrati di collegamento, passando per la decisione del Consiglio dell'Unione del giugno 1998, istitutiva della Rete giudiziaria europea, fino a giungere ad una decisione del Consiglio del dicembre 2000, che ha istituito una unità provvisoria di cooperazione giudiziaria. Nel sottolineare il rilievo che assume Eurojust quale punto di partenza per arrivare ad un ufficio investigativo comune dell'Unione Europea, si rammarica per il fatto che tale organismo si affiancherà, anziché sostituirli almeno in parte, a quelli citati e ad altri nel frattempo istituiti, dando luogo ad una pluralità di soggetti che rischia di determinare farraginosità di procedure e sovrapposizioni di competenze. Nel merito del disegno di legge, l'articolo 2 reca il procedimento di nomina del membro nazionale prevedendone la scelta da parte del Ministro della giustizia fra i giudici e i magistrati del pubblico ministero con almeno vent'anni di anzianità, previa sottoposizione di una rosa di nomi al Consiglio superiore della magistratura per acquisirne le valutazioni. Dà conto quindi dei poteri attribuiti al membro nazionale soffermandosi in particolare su quelli di avviare indagini ed esercitare azione penale, sull'attività di coordinamento con le autorità competenti di altri Stati membri e sull'istituzione di squadre investigative comuni. Al fine del conseguimento dei propri obiettivi il membro nazionale può richiedere informazioni alle autorità giudiziarie presso le quali sono pendenti procedimenti nonché accedere a notizie di carattere riservato, il che appare indispensabile per un compiuto coordinamento. (Applausi dai Gruppi FI e AN).

PRESIDENTE. Dichiara aperta la discussione generale, rinviandone lo svolgimento ad altra seduta.

Discussione dei disegni di legge:

(1899) GUBETTI ed altri. – Modifica all’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio

(2287) DANIELI Paolo. – Riforma dell’istituto della legittima difesa

(Relazione orale)

PRESIDENTE. Autorizza il senatore Ziccone a svolgere la relazione orale.

ZICCONE, relatore. Il disegno di legge, nel testo approvato dalla Commissione dopo un approfondito dibattito, specifica i limiti della proporzionalità nel diritto di autodifesa previsti dall'articolo 52 del codice penale, anche attraverso l'uso di un'arma o di altro mezzo idoneo, indicando i requisiti della violazione del domicilio della vittima, del pericolo per la personale o altrui incolumità o della minaccia ai beni, qualora non vi sia desistenza e permanga il pericolo dell'aggressione. Tale normativa riflette la disciplina generalmente prevista negli altri Paesi europei. (Applausi dal Gruppo FI).

ZANCAN (Verdi-U). Solleva una pregiudiziale di costituzionalità, con riferimento alla tutela del diritto inviolabile alla vita di cui all'articolo 2 della Costituzione, così come esplicitato dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo del 1950. E’ inaccettabile che si possa considerare rispondente ad un criterio di proporzionalità all’offesa ricevuta, solo per la contestuale circostanza della violazione di domicilio, la difesa dei beni materiali attraverso l'uso di un’arma da fuoco e quindi con la possibilità di privare l’uomo del bene supremo della vita, tanto più se una simile regressione dei principi di civiltà viene introdotta per mere ragioni elettorali.

Il Senato respinge la questione pregiudiziale di costituzionalità avanzata dal senatore Zancan.

PRESIDENTE. Dichiara aperta la discussione generale e rinvia il seguito della discussione ad altra seduta.

Per la risposta scritta ad un’interrogazione

SODANO Calogero (UDC). Sollecita ancora una volta la risposta scritta all'interrogazione 4-03788, rivolta al Ministro dell’ambiente in ordine all’associazione Legambiente.

PRESIDENTE. La sollecitazione sarà trasmessa al Governo.

Sui lavori del Senato

PRESIDENTE. Avverte che, essendo tutti esauriti o rinviati gli argomenti previsti dal calendario dei lavori per la seduta antimeridiana di domani, tale seduta non avrà più luogo. Dà annunzio delle mozioni e delle interrogazioni pervenute alla Presidenza (v. Allegato B) e comunica l’ordine del giorno della seduta del 7 ottobre.

La seduta termina alle ore 19,12.

 



RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del vice presidente SALVI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,31).

Si dia lettura del processo verbale.

PACE, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del giorno precedente.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Congedi e missioni

PRESIDENTE. Sono in congedo i senatori: Agoni, Andreotti, Antonione, Baldini, Bosi, Cursi, Cutrufo, D’Alì, Degennaro, De Paoli, Mantica, Pasinato, Saporito, Scotti, Sestini, Siliquini, Travaglia, Vegas e Ventucci.

Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Brunale, Castellani, Franco Paolo e Pedrizzi, per attività della 6a Commissione permanente; Di Girolamo, Tomassini e Tredese, per attività della 12a Commissione permanente; Budin, Crema, Danieli Franco, De Zulueta, Gaburro, Giovanelli, Gubert, Manzella, Mulas, Nessa, Provera, Rigoni, Rizzi e Tirelli, per attività dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa; Forcieri, per attività dell'Assemblea parlamentare della NATO; D’Amico, D’Ippolito e Semeraro, per attività dell’Assemblea parlamentare OCSE; Asciutti, per attività di rappresentanza del Senato.

 

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. Le comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 16,36).

Seguito della discussione del documento:

(Doc. LVII, n. 4-bis)
Nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2005-2008 (Relazione orale)

Approvazione della proposta di risoluzione n. 1

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del Documento LVII, n. 4-bis.

Ricordo che nella seduta antimeridiana si è svolta la discussione ed hanno avuto luogo le repliche dei relatori e del rappresentante del Governo.

Ricordo altresì che il Governo ha accettato la proposta di risoluzione n. 1, a firma dei senatori Schifani, Nania, D’Onofrio, Pirovano, Crinò e Del Pennino.

Passiamo quindi alla votazione.

MICHELINI (Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELINI (Aut). Signor Presidente, la valutazione del Gruppo per le Autonomie sulla Nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-finanziaria 2005-2008 è negativa e pertanto il nostro voto sulla risoluzione n. 1 sarà contrario.

Le ragioni sono state esposte nel mio intervento svolto in sede di discussione generale, tenendo conto anche del fatto che il Governo nella sua replica non ha considerato nessuna delle obiezioni che abbiamo sollevato.

È da aggiungere che le questioni sorte intorno alla costruzione del bilancio della pubblica amministrazione per il 2005, incrementando le spese 2004 del 2 per cento ed aumentando le entrate tributarie del 3,5 per cento, come proposto con questa Nota di aggiornamento, rispetto alla missione che, secondo le norme di contabilità, il disegno di legge finanziaria ha di introdurre una manovra correttiva dei conti a legislazione vigente, non sono state ancora chiarite, nemmeno nell’incontro che le Commissioni bilancio di Camera e Senato hanno tenuto con il Ministro dell’economia e delle finanze proprio oggi pomeriggio.

In una situazione di sostanziale confusione nei documenti finanziari in fase di costruzione, non vi sono - a nostro giudizio - le condizioni perché quest’Aula possa approvare la Nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-finanziaria 2005-2008 al nostro esame. (Applausi dal Gruppo Aut. Congratulazioni).

VANZO (LP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VANZO (LP). Signor Presidente, la Lega Nord esprime una valutazione favorevole sulla Nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2005-2008, ritenendo indispensabile aver imboccato la strada del contenimento della spesa della pubblica amministrazione. Non mancheremo però di richiamare l’attenzione sulla necessità di snellire e rendere efficiente una dotazione di personale dell’apparato pubblico sovrabbondante nel suo insieme e mal distribuita se considerata rispetto a tutto il territorio nazionale.

Né ci esimeremo dal dare il nostro contributo per la cosiddetta manutenzione degli studi di settore, importante voce di aumento delle entrate fiscali, consci del fatto che se è vero che nell’ambito di alcune categorie professionali si è particolarmente avvertito il carovita successivo all’avvento dell’euro, è altresì reale il fatto che artigianato e piccola e media impresa rappresentano da sempre gli ammortizzatori e il volano della nostra economia.

Non consideriamo, infine, una contraddizione o peggio una burla per i cittadini italiani la già preannunciata riduzione delle tasse, purché sia lo Stato stavolta a risparmiare: ad ogni euro di tasse in meno per il cittadino deve corrispondere un euro di risparmio sulla spesa da parte dello Stato. Il federalismo è responsabilizzazione degli enti pubblici. Il federalismo è razionalizzazione delle risorse. (Applausi del senatore Frau).

TAROLLI (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TAROLLI (UDC). Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, la Nota di aggiornamento al DPEF 2005-2008 sembra un provvedimento minore, ma non è così, lo ha sottolineato anche il relatore di minoranza. La legge finanziaria per il 2005, innovando rispetto al passato, introduce un nuovo criterio per l’evoluzione della spesa pubblica. Si stabilisce, infatti, che rispetto al livello di spesa del 2004 l’incremento della spesa nel 2005 non potrà essere superiore al 2 per cento.

Questa regola è già applicata in diversi Paesi europei. In Italia se ne cominciò a parlare alla fine degli anni Ottanta, ma essa non fu mai assunta, come invece sta avvenendo con la finanziaria adottata dal Governo nei giorni scorsi, quale criterio dominante per controllare l’andamento della finanza pubblica.

L’obiettivo di tale innovazione è, in primo luogo, quello di frenare la spesa, quindi di contenerne l’aumento; in secondo luogo, di rendere tale innovazione un fattore capace di realizzare un circuito virtuoso nell’andamento dei conti pubblici.

Rispetto allo stato della nostra finanza pubblica che, lo ricordo, è alquanto problematico - e uso questo aggettivo quasi come eufemismo - credo che anche l’opposizione avrebbe dovuto considerare questa misura salutare e quindi da approvare e sostenere. Anche l’opposizione avrebbe dovuto condividerne gli obiettivi, perché una finanza sotto controllo e conti pubblici in regola fanno bene al Paese, non solo a questa maggioranza ma anche all’opposizione.

Pertanto, era logico aspettarsi un atteggiamento diverso, probabilmente più riflessivo, magari anche più problematico, ma di certo meno prevenuto di quello che invece abbiamo visto stamattina. Signor Presidente, che vantaggio ne avremmo se questa innovazione non fosse in grado di produrre gli effetti sperati?

È allora forse più conveniente concentrarsi sui punti critici e problematici. Intendo riferirmi alla necessità di irreggimentare non solo le spese finali, ma anche i momenti decisionali che stanno a monte, vale a dire le scelte politiche da cui originano le spese. Oppure sarebbe utile concentrarci sulla necessità che tale meccanismo produca i suoi effetti a partire del 1° gennaio, senza fasi iniziali di rodaggio, pena il vanificarsi dei suoi scopi; o ancora sulla necessità di ovviare al problema che il criterio uniforme e generalizzato del tetto posto alle unità previsionali di base possa provocare dei dissesti nei centri minori di spesa rispetto ai centri maggiori.

Se si applicasse questo criterio in modo più articolato probabilmente faremmo un migliore servizio al Paese. La Nota di aggiornamento si è allora resa necessaria a seguito di tale innovazione.

L’UDC, pertanto, non può che valutare positivamente il provvedimento e quindi, signor Presidente, voterà convintamente la proposta di risoluzione n. 1. (Applausi dal Gruppo UDC).

FILIPPELLI (Misto-Pop-Udeur). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FILIPPELLI (Misto-Pop-Udeur). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Documento di programmazione economico-finanziaria, presentato a luglio dal Governo, annunciava interventi per circa 24 miliardi di euro.

La manovra finanziaria avrebbe dovuto essere costituita da circa 7 miliardi di misure una tantum e da 17 miliardi d'interventi strutturali che avrebbero pesato anche sugli anni a venire, intendendo il Documento essere programmatico fino al 2008.

La Nota di aggiornamento che esaminiamo oggi ci arriva a ridosso della presentazione della legge finanziaria 2005 che, anziché programmare - con tutta l’approssimazione che può comportare l’esercizio dell’impostazione e quindi della previsione dei dati del futuro - dispone con un articolato preciso quelli che saranno gli interventi per il prossimo anno e quanti di questi saranno duraturi, piuttosto che temporanei.

Mentre la Nota di aggiornamento conferma sostanzialmente i dati e le previsioni espresse prima delle vacanze estive nel Documento che va ad integrare, la legge finanziaria purtroppo si discosta da questi e, in alcuni casi, in modo sostanziale. Purtroppo sulla legge finanziaria pesa anche la più volte annunciata riforma fiscale.

Ecco perché ora stiamo discutendo di dati relativi al DPEF, che non trovano già ora riscontro nella legge finanziaria e che saranno ulteriormente smentiti nel momento in cui verranno presentati i nuovi moduli fiscali.

I tagli alla spesa per quasi 10 miliardi di euro si distribuiscono tra tagli diretti agli "investimenti", per la parte che riguarda la spesa in conto capitale, e tagli alla spesa corrente, che affettando la spesa corrente, e quindi anche i trasferimenti agli enti pubblici e alle amministrazioni pubbliche finiranno per ridursi, in buona parte, in un'ulteriore riduzione degli investimenti. Oltretutto, con l'imposizione di questi vincoli di spesa, verranno penalizzati gli enti più virtuosi a vantaggio di quelli più, diciamo così, magnanimi.

L'immagine purtroppo è quella di un Paese che va impoverendosi e che non intende investire sul proprio futuro. Si mira ad impoverire ulteriormente il Sud, non quello che chiede solo assistenzialismo d'antica memoria, ma quello che reclama di potere investire per crescere e in questo di essere supportato dallo Stato.

Le entrate one off per circa 7 miliardi ripropongono anche il problema della gestione del patrimonio pubblico. Questo Governo ha scelto di vendere, in alcuni casi di liquidare, i gioielli di famiglia. Ha deciso di ridurre la consistenza del proprio patrimonio immobiliare per cederlo ai privati, da cui poi riprenderlo in affitto.

Chiunque può valutare come questa operazione pur avendo un impatto positivo sui conti immediati, avrà un riscontro negativo negli esercizi futuri di tutte quelle pubbliche amministrazioni coinvolte dall'operazione.

Così come la decisione del Governo di cedere una parte delle proprie strade statali, costruite e gestite sino ad ora coi soldi dello Stato, ad una società terza i cui conti verrebbero posti al di fuori di quelli della pubblica amministrazione, presenta solamente evidenti benefici contabili per i conti pubblici, ma nessun beneficio per i cittadini utenti.

Tutto viene quindi rinviato, secondo quanto viene annunciato nella relazione alla finanziaria, a un fantomatico disegno di legge collegato "per lo sviluppo" da approvarsi con ogni probabilità entro la fine dell'anno e verosimilmente con carattere di necessità e urgenza, cioè per mezzo di un decreto.

Ci sembrano provvedimenti gravi e poco ingegnosi sulla scia delle una tantum già adottate con gli scudi e i condoni fiscali. In realtà questa Nota di aggiornamento conferma una mancanza di chiarezza degli obiettivi e dei mezzi per raggiungerli.

Se davvero si vogliono tagliare le tasse lo si deve dire prima di prendere altre misure economiche perché l'impatto di un taglio annunciato pari a un punto percentuale di prodotto interno lordo avrà degli effetti devastanti e imprevedibili sui conti pubblici. Costringerà quindi il Governo a prendere nuove misure perché le mancate entrate dello Stato, pur significando un maggior reddito per le famiglie interessate, non saranno compensate da nuove e immediate entrate derivanti da imposte sui maggiori consumi.

Ammesso anche che si modifichi l'importo del taglio fiscale passando, come si ipotizza in seconda istanza, mediante un taglio graduale a una riduzione di mezzo punto anziché di un punto, avremmo una cifra vicina ai 6 miliardi di euro, ammontare che non viene nemmeno bilanciato dalle maggiori entrate previste dalla legge finanziaria.

Manca, secondo noi, una seria programmazione, non solo a ragione della gravità dei conti pubblici italiani e della ovvia eredità del debito pubblico del passato (che comunque nel loro peso e nella loro complessità sono a tutti ben evidenti) ma per l'incertezza della politica economica che vede divisa la stessa maggioranza di Governo.

Da una parte, sembra esserci Berlusconi; dall'altra, c'è, a suo dire, il partito delle tasse che però fa parte della sua stessa maggioranza e lo ha appoggiato al Governo sino ad ora.

Quello che è certo è l'assenza di una serie di analisi delle cause del peggioramento delle entrate pubbliche e di come queste siano largamente da porre in relazione con le politiche sinora adottate di sgravi e di condoni fiscali.

Stiamo quindi discutendo di una Nota che verrà certamente sconfessata dalla legge finanziaria nella sua versione definitiva, che verrà a sua volta modificata da un collegato di cui al momento non si conoscono non i contenuti, ma nemmeno l'impostazione.

Per queste ragioni annuncio il voto fermamente contrario dei senatori Popolari-Udeur.

GIARETTA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIARETTA (Mar-DL-U). Signor Presidente, signor Sottosegretario, rendo questa dichiarazione di voto contrario sulla proposta di risoluzione presentata dalla maggioranza a nome dei Gruppi dei Democratici di Sinistra, dei Verdi, dei Comunisti Italiani e, naturalmente, della Margherita.

Abbiamo già illustrato, in occasione del dibattito sul Documento di programmazione economico-finanziaria, presentato - con molto ritardo - nell’estate scorsa, i motivi per cui ritenevamo quel Documento inadeguato ad affrontare la gravità della situazione che si presenta.

Oggi, in questa scarna Nota di aggiornamento del Governo, si ritocca in senso più favorevole e più ottimista il quadro macroeconomico. Per la verità, non vengono illustrate le motivazioni per cui, a soli due mesi di distanza, si ritiene di fare questa operazione. Certamente servirà al Ministro per creare, nell’arco triennale, una qualche maggiore disponibilità di finanza pubblica, ma è una disponibilità che rischia di essere fittizia.

Questi ritocchi, non riescono però a nascondere la triste realtà che emerge dalla tabella che reca Nota di aggiornamento. L’avanzo primario del bilancio programmatico dello Stato passa dal 3,1 per cento del PIL, come era nel consuntivo 2003, a solo l’1,3 per cento del bilancio assestato 2004; si è, cioè, quasi del tutto erosa quella eredità - l’avanzo primario - che avanza al netto della spesa per interessi, che è un indice importante di robustezza del bilancio.

Sotto la vostra guida, questa riserva preziosa è stata quasi del tutto annullata. Ora però ci interessa, più che la fondatezza dell’ipotesi di variazioni marginali che la Nota contiene, la fondatezza del quadro macroeconomico di finanza pubblica che ha già prospettato il Documento di programmazione economico-finanziaria a luglio. Oggi, infatti, abbiamo uno strumento di lettura in più: la legge finanziaria.

La pesante manovra da 24 miliardi di euro - la cui pesantezza naturalmente è il segno del fallimento della gestione di bilancio di questi anni - rischia, secondo noi, di non avere, con le previsioni di cui alla legge finanziaria, le gambe per camminare. Così come è impostata, è prigioniera di un paradosso cui avete imprudentemente costretto il Paese.

Se si realizzerà quella previsione, questa avrà un effetto pesantemente recessivo, molto più di quanto è stimato dal Governo. Se invece non si realizzerà, metterà a rischio gli equilibri di bilancio e perciò la credibilità dell’Italia nella comunità finanziaria.

Dico questo perchè i tre cardini su cui si fonda la manovra appaiono molto malcerti e aleatori. Il tetto del 2 per cento, presentato con grande capacità comunicativa al Paese, credo non serva a nascondere dietro ambiziosi paragoni anglossassoni un espediente molto modesto.

Non c’è nulla di nuovo, signor Presidente e signor Sottosegretario: sono strade già percorse in passato. Tutti gli anni, quando si imposta il bilancio dello Stato, viene inviata alle varie amministrazioni statali una circolare della Ragioneria generale che afferma che per formare il bilancio si deve rispettare un tetto. Quindi, si tratta di un’iniziativa che non è figlia dell’innovazione, ma piuttosto della disperazione, della difficoltà di far quadrare i conti.

Si è parlato di un taglio trasversale. Il termine "taglio" lo usiamo noi, perché di questo si tratta quando lo Stato si aspetta di ricavare da questo strumento 9,5 miliardi di euro nel complesso dell’amministrazione pubblica. Oggi il ministro Siniscalco ha detto che, in fondo, è un taglio delle speranze, cioè delle previsioni; no: è un taglio delle attese, dei diritti anche consolidati dei cittadini.

Se si operasse davvero un taglio trasversale ponendo il tetto del 2 per cento, sarebbe la rinuncia della politica ad ordinare le cose, ad individuare le priorità del Paese. L’attuale Governo non ha il coraggio di fare neppure questo. Quindi, in realtà, si interviene in modo differenziato, tant’è che, naturalmente, si deve intervenire molto più pesantemente sulla parte discrezionale della spesa, che spesso però è la parte che qualifica la spesa medesima.

Dalla tabella che oggi il Ministro ha consegnato nell’audizione congiunta con la Commissione bilancio della Camera dei deputati per le procedure informative preliminari all’esame dei documenti di bilancio ricaviamo dati preoccupanti: possiamo evincere che sarà tagliato il 34 per cento degli investimenti fissi discrezionali del Ministero delle infrastrutture, il 20 per cento degli investimenti del Ministero della difesa, il 38 per cento di quelli del Ministero delle politiche agricole, il 33 per cento degli investimenti del Ministero dei beni culturali.

Altro che ritocco! Altro che tetto impositivo! Una riduzione pesantissima delle risorse in settori fondamentali per il rilancio dell’economia.

Il secondo cardine è rappresentato dai 7 miliardi di dismissioni dell’attivo patrimoniale. Vorremmo chiedere al Ministro la realizzabilità di questa previsione. Se non sappiamo ancora oggi dei 19,5 miliardi previsti per il 2004 quanti ne sono stati realizzati (certamente molto pochi), non sappiamo come si otterranno quei 2 miliardi di nuovi introiti previsti dalla manovra dell’estate scorsa con adempimenti amministrativi di cui non abbiamo ancora notizia, non essendo nemmeno esplicitato quanto costerà l’operazione dal punto di vista del riaffitto degli immobili che in molti casi sarà reso necessario.

Infine, il terzo cardine: la cosiddetta manutenzione fiscale, cioè un aumento delle tasse: 7,5 miliardi di euro che escono dalle tasche delle famiglie e delle imprese non per finanziare più sviluppo o più servizi, ma per pagare gli effetti degli errori della conduzione della politica di bilancio degli anni precedenti; 7,5 miliardi di euro di pressione fiscale in più.

Naturalmente, c’è il rischio che questa previsione non si realizzi. Non contestiamo che si cerchi di introdurre strumenti per combattere l’evasione e l’elusione fiscale, solo che sono strumenti spuntati; infatti, dopo tre anni di condoni la loro credibilità rischia di essere azzerata: siamo alla quinta edizione del concordato triennale. Il Governo ci spieghi perché quest’anno il concordato dovrebbe dare un gettito superiore a quello dei precedenti, che hanno prodotto risultati deludenti.

Si parla di quantificazione fiscale concordata, ma in realtà si aumenta la discrezionalità dell'Amministrazione fiscale contro i princìpi dello Statuto del contribuente. Si interviene in modo estemporaneo sulla fiscalità della casa. Inoltre, manca tutto l'orizzonte della politica dello sviluppo. Dove starà questo orizzonte?

Non abbiamo ancora capito se ci sarà un provvedimento collegato, un maxiemendamento, un decreto-legge … (Richiami del Presidente). Signor Presidente, le chiedo ancora qualche secondo, dal momento che svolgo una dichiarazione di voto a nome di più Gruppi.

Quel che sappiamo è anticipato dalle agenzie di stampa. A tre anni dalla presentazione della delega fiscale e ad un anno e mezzo dalla sua approvazione in Parlamento il Governo non è ancora in grado di dichiarare qui, come sarebbe stato suo dovere, in che modo intende intervenire sulle aliquote fiscali.

Sappiamo che l'intervento - se ci sarà - sarà ridotto a 6 miliardi di euro, quando sono previsti 7,5 miliardi di euro in più, ottenuti con un aggravio della pressione fiscale. I cittadini sanno benissimo che se anche avranno un leggero decremento della pressione fiscale centrale, dovranno pagare una tassa - perché di fatto lo è - per l'assicurazione della casa, che dovranno pagare di più la fiscalità locale; stanno già pagando di più benzina e riscaldamento, perché l'intervento del Governo sulle accise non c'è stato.

Quindi, non ci sarà rilancio dei consumi, ma la riduzione viene effettuata danneggiando il sostengo agli investimenti e alle imprese. Affinché ripartisse veramente l'economia, occorrerebbe fiducia delle famiglie nelle imprese, occorrerebbe un quadro di certezze insieme a politiche appropriate. Non c'è la certezza e non ci sono le politiche, mentre occorrerebbero parole di verità che in questa legge finanziaria mancano.

Non sapete dare al Paese ciò di cui il Paese avrebbe bisogno. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U, Verdi-U, Aut e Misto-Com. Congratulazioni).

GRILLOTTI (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRILLOTTI (AN). Signor Presidente, in apertura del mio intervento mi si consenta di ringraziare il Presidente della Commissione bilancio e i colleghi in essa presenti per il lavoro svolto.

Alla prima lettura del DPEF abbiamo avuto tutti dei dubbi interpretativi sul suo testo, ma avendo seguìto il dibattito, l'intervento del sottosegretario Vegas e l'audizione del ministro Siniscalco oggi, chi ancora afferma di non poter condividere la Nota di aggiornamento fa finta di non capire, perché essa è stata chiaramente spiegata.

La Nota di aggiornamento, confermando le previsioni del DPEF - quindi, sul macrosistema economico non ha influito - ha solo dato tre elementi nuovi di valutazione. Il primo è il famoso tetto del 2 per cento per il contenimento della spesa pubblica.

Adesso, è chiaro a tutti cosa significa questo 2 per cento, perché il sottosegretario Vegas ha risposto, a chi ha voluto capire, che nella relazione tecnica collegata alla finanziaria vi sono i numeri di riferimento che diventano identificabili con il famoso "cento" che non si capiva. Adesso il problema è risolto e sappiamo cosa significa il 2 per cento.

Il secondo elemento è l'aumento del 3,5 per cento delle entrate: anche qui è stato spiegato che probabilmente si tratta di rivedere 130 o 140 studi di settore fermi all'adeguamento del 1999, quindi semplicemente di aggiornare una capacità reddituale ferma a cinque anni fa, il che non significa sicuramente un regalo per nessuno ma si tratta di un intervento di razionalizzazione della capacità contributiva di alcuni settori.

Infine, ultimo elemento è la previsione di una riduzione del costo per il pagamento degli interessi. Tutti hanno cercato di capire come fosse possibile ottenere una cosa del genere, ma anche questo punto è stato chiaramente spiegato: in relazione alle operazioni di privatizzazione e liberalizzazione previste nel DPEF originale per 25 miliardi all'anno, il ministro Siniscalco ha affermato che il Governo intende accelerare questo tipo di dismissioni creando un'entrata.

Pensavo che anche l'opposizione plaudisse ad una operazione del genere, non per il tentativo di anticiparla o di quantificarla, ma perché con ciò è stato messo in chiaro che si va finalmente nella direzione di ridurre il debito pubblico nel suo valore assoluto e non soltanto nel suo rapporto con il PIL, che non risolverebbe alcun problema. Non possiamo non essere d'accordo sul fatto che si sia spostato l'asse nel tentativo di ridurre il valore assoluto del debito.

Con l'inizio della discussione della finanziaria si delineano altri elementi di valutazione i quali ci inducono a ben sperare. Con il blocco dell'aumento di spesa in base alla regola del 2 per cento, ad esclusione di alcuni comparti nei quali si ritiene politicamente non corretto intervenire, mi pare che emerga una nuova impostazione che non ci metterà più nella condizione di dover varare manovre correttive.

Se si farà una manovra correttiva sarà per ridistribuire fondi. Questa impostazione è sicuramente migliore della precedente. Prima si parlava di tagli della spesa: ebbene siamo a ottobre, mancano due mesi alla fine dell'anno, e molte disponibilità a bilancio non sono state utilizzate e non saranno utilizzate per mancanza di tempo materiale.

L'attuale meccanismo è assolutamente migliore rispetto al blocco dell'aumento della spesa fino ad oggi praticato, con previsioni di risorse in bilancio magari non utilizzate e non utilizzabili che costringono a varare manovre di correzione o a prevedere tagli per rientrare nei parametri di Maastricht. La filosofia socio-economica che sottende l'impostazione della finanza pubblica nell'interesse generale non è mai stata migliore di quest'anno, non perché sia uguale alle scelte economiche del resto del mondo o degli altri Paesi d'Europa, ma perché ci mette nella condizione di ben sperare.

Prima speravamo nella ripresa per avere a disposizione le risorse necessarie a finanziare gli interventi che avevamo previsto, oggi siamo nelle condizioni di dire che se la ripresa non ci sarà i conti saranno salvi; se la ripresa dovesse esserci avremo più soldi per tutti. Mi pare una scelta razionale e doverosa in una situazione finanziaria come quella in cui versa lo Stato italiano.

Alleanza Nazionale voterà pertanto a favore della proposta di risoluzione n. 1. (Applausi dal Gruppo AN e del senatore Moncada).

AZZOLLINI (FI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AZZOLLINI (FI). Signor Presidente, Forza Italia esprime il proprio voto favorevole all'approvazione della proposta di risoluzione n. 1, relativa alla Nota di aggiornamento del Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2005-2008.

Ribadisco che nella dichiarazione di voto mi atterrò all'oggetto della Nota di aggiornamento. Molti colleghi, in particolare dell'opposizione, hanno in qualche modo avviato il dibattito sulla legge finanziaria ma, a mio parere, non è questa la sede idonea, cioè la sede stabilita dalle normali procedure parlamentari. Tra l'altro, in questo caso, è particolarmente utile attenersi al solo documento in esame perché le audizioni, il dibattito, l'approfondimento della relazione che accompagna la legge finanziaria stanno chiarendo con puntualità quali sono i principi ispiratori e le misure concrete che ispirano la nuova manovra finanziaria del Governo.

Pertanto è utile, prima di azzardare giudizi assolutamente privi di supporti concreti di conoscenza, soffermarsi sul documento oggi all’esame del Senato.

Innanzitutto la Nota di aggiornamento, rispetto al quadro programmatico recato dal Documento di programmazione economico-finanziaria, introduce modifiche esclusivamente con riguardo alla spesa per interessi e modifiche di carattere migliorativo.

La manovra del Governo pone evidentemente l’accento anche sulla riduzione dell’onere per il servizio del debito che, come sappiamo, in Italia è abbastanza rilevante, e di certo non a causa dell’azione di questo Governo. Essa conferma gli obiettivi di riduzione del debito e soprattutto quelli di contenimento dell’indebitamento netto in misura di sicurezza all’interno dei parametri di Maastricht. Questo è il dato positivo.

La Nota di aggiornamento si sofferma, altresì, sia pure in maniera sommaria, sul criterio ispiratore della manovra di finanza pubblica di quest’anno ed in particolare su due questioni: la prima, relativa al contenimento dell’incremento al 2 per cento del livello di spesa 2004; la seconda, concernente la necessità di accompagnare la manovra di rientro nei parametri di finanza pubblica con una manovra di misure di sostegno all’economia e allo sviluppo.

È un aspetto di grande importanza perché in questo momento, al di là delle polemiche, occorre riconoscere un dato di fondo. Abbiamo due necessità che di solito sono contrastanti: da un lato, contenere l’indebitamento e farlo rientrare nei parametri di finanza pubblica, realizzando un aggiustamento del quadro tendenziale di finanza pubblica; dall’altro, sostenere la ripresa e lo sviluppo.

È ovvio che queste due misure hanno necessità di una manovra rigorosa e al contempo attenta a non cadere nella stagnazione o peggio ancora in fenomeni di recessione. È questo il principio che motiva il contenimento al 2 per cento dell’incremento del livello di spesa 2004 ed è anche il motivo per cui si punta all’affiancamento di questa manovra con misure di sostegno allo sviluppo.

Naturalmente è facile fare polemica su questo. I tagli purtroppo sono tagli e d’altra parte le misure allo sviluppo necessitano di maggiori risorse. In un’Europa e in un’Italia che crescono poco naturalmente non è facile accompagnare una manovra rigorosa di rientro dall’indebitamento. Il Governo e l’attuale maggioranza si muovono entro queste strette dimensioni che siamo tenuti ad osservare e che siamo convinti di osservare.

Il contenimento al 2 per cento dell’incremento del livello di spesa 2004, che ancora oggi sulla stampa e nei giorni scorsi all’interno del nostro dibattito ha determinato la naturale necessità di una spiegazione e polemiche pretestuose perché ancora prive del supporto di conoscenza, comincia ad essere delineato con maggiore chiarezza.

Già nei giorni scorsi, e oggi nell’audizione del Ministro dell’economia, sono stati forniti ai parlamentari elementi di conoscenza sempre più puntuali e precisi. Su di essi si svilupperà il dibattito in Parlamento e, come al solito, in una corretta dialettica tra Governo e Parlamento la finanziaria che verrà approvata sarà quella migliore possibile. In ciò, credo, stia la forza della legge finanziaria e l’interesse del Parlamento a condividere gli obiettivi del Governo e a fornire il proprio contributo per una migliore definizione degli stessi.

Per tale ragione saranno i prossimi giorni a definire meglio la questione del 2 per cento, sarà la presentazione delle misure di sostegno e sviluppo a completare la manovra, tenendo conto della necessità di accompagnare il rigore al mantenimento dei livelli di consumo e di investimento necessari per promuovere la ripresa. Mentre questo quadro si va delineando, noi siamo convinti che il contenuto della Nota di aggiornamento sia senza dubbio da valutare positivamente.

In conclusione, formulo un auspicio al Governo, e cioè di fornire sempre al Parlamento con puntualità i documenti che sono citati nella Nota di aggiornamento. Mi riferisco alla sezione II della Relazione previsionale e programmatica, che ancora non è disponibile.

Naturalmente il Governo ha già assunto l'impegno di farlo al più presto, e comunque in termini compatibili con la discussione alla Camera, e successivamente al Senato, sulla legge finanziaria; ciò ci tranquillizza nell’esprimere un voto favorevole sulla risoluzione n. 1. (Applausi dal Gruppo FI).

PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta di risoluzione n. 1, presentata dai senatori Schifani, Nania, D'Onofrio, Pirovano, Crinò e Del Pennino.

È approvata.

L'esame della Nota di aggiornamento è così concluso.

Dovremmo ora passare all’esame del disegno di legge n. 3104; non avendo la Commissione competente concluso i propri lavori, passiamo al successivo punto all’ordine del giorno.

Discussione del disegno di legge:

(3106) Conversione in legge del decreto-legge 13 settembre 2004, n. 240, recante misure per favorire l’accesso alla locazione da parte di conduttori in condizioni di disagio abitativo conseguente a provvedimenti esecutivi di rilascio, nonché integrazioni alla legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Relazione orale)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 3106.

I relatori, senatori Mugnai e Specchia, hanno chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni, la richiesta s'intende accolta.

Ha pertanto ha facoltà di parlare il relatore, senatore Mugnai.

MUGNAI, relatore. Signor Presidente, il provvedimento in esame perviene in Aula nella sua formulazione originaria, essendo parso più opportuno, per l’estrema ristrettezza dei tempi e la delicatezza della materia, demandare direttamente all'Assemblea nel suo plenum ogni deliberazione al riguardo, ivi inclusa l'adozione di eventuali modifiche ed integrazioni da apportare al testo base.

A tale proposito, pare doveroso preliminarmente sottolineare come dalla discussione in Commissione, fermo restando il giudizio di sostanziale positività della impalcatura complessiva del decreto, per meglio perseguire gli scopi prefissati, sia emersa l’opportunità di ottimizzare alcune delle soluzioni adottate, in particolare per quanto concerne i termini di efficacia dei benefìci, l’individuazione dei soggetti preposti e gestire la fase operativa di assistenza, previa verifica della sussistenza, in capo ai richiedenti, dei requisiti per poter usufruire delle agevolazioni previste, il mantenimento, da parte dei potenziali beneficiari, di status già acquisiti in relazione ad altre provvidenze di legge ed infine altri profili più marginali di natura procedurale e sostanziale, avuto riguardo al più generale quadro normativo di riferimento.

Ciò doverosamente premesso e passando più direttamente all’illustrazione nel dettaglio del provvedimento in esame, si deve in primis osservare come il decreto oggetto di conversione sia la necessaria conseguenza dell'essere scaduto, in data 30 giugno 2004, il termine ultimo di proroga dell'esecuzione delle procedure di rilascio d'immobili urbani per finita locazione da ritenersi l'ultima legittimamente possibile, tenuto altresì conto dell'orientamento espresso dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 155 del 2004.

Nell'ambito del principio di sussidiarietà, il decreto de quo opportunamente prevede anche un coinvolgimento, accanto al Governo nazionale, di quelle autonomie locali e territoriali direttamente interessate alle problematiche sociali legate alla delicata questione abitativa.

Se da un lato, infatti, è necessario restituire fiducia e certezza circa l'effettiva disponibilità dei propri beni ai proprietari di immobili, troppo a lungo mortificati in tal senso da un interminabile regime di proroghe legali; dall'altro, si deve tener conto comunque che circa 26.000 famiglie potrebbero trovarsi senza un alloggio dove risiedere ed ancorché tale dato non sia tale, se spalmato sul territorio nazionale, da determinare una vera e propria emergenza abitativa, ciò nonostante trattasi di un problema sociale di sicura rilevanza al quale il Governo non poteva rimanere estraneo. (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente).

Si prevede quindi che il Governo si farà carico di particolare incombenze di carattere economico onde garantire le fasce socialmente più deboli, parimenti rispettando il diritto costituzionalmente garantito della proprietà. Scopo del provvedimento in esame è quindi quello di rendere più agevole la locazione di una consistente quota d'immobili liberi ma non locati, proprio di fronte al timore dei proprietari degli stessi di perderne a tempo indeterminato la disponibilità.

Per raggiungere tale obiettivo viene pertanto data facoltà agli enti locali, nonché direttamente ai proprietari di immobili, di procedere alla stipulazione di contratti che garantiscano entrambe le parti, dando in particolare agli enti locali la possibilità di impostare politiche abitative confacenti alle rispettive situazioni locali, all'uopo determinando sia la durata dei contratti, sia come avvalersi dei contributi statali a tal scopo concessi.

Laddove poi non vi sia da parte dei comuni l'intenzione di stipulare direttamente contratti, è prevista una forma di incentivo ai proprietari di immobili affinché i medesimi li concedano in locazione, sia sotto il profilo di agevolazioni fiscali, sia mediante il versamento di un contributo variabile da 3.000 a 5.000 euro in conto canoni, con ulteriori facoltà per quanto concerne sia il prolungamento dei contratti di locazione ormai scaduti e oggetto di procedure di rilascio, sia di rinnovi di quelli in scadenza per periodi transitori di durata variabile tra un anno e diciotto mesi.

In sintesi, rimandando per il resto all'articolo normativo, sarà sufficiente in questa sede ricordare come all'articolo 1 si precisano quali siano i soggetti beneficiari delle misure di favore introdotte, individuati nei conduttori sottoposti a procedure esecutive di rilascio ultrasessantacinquenni, ovvero che abbiano all'interno del proprio nucleo familiare portatori di handicap gravi che non dispongano di altra abitazione o di redditi sufficienti ad accedere alla locazione di una nuova unità immobiliare, abbiano usufruito del regime di sospensione ai sensi dell'articolo 80, comma 22, della legge 23 dicembre 2000, n. 288, e successive proroghe e differimenti, e versino nelle condizioni reddituali previste da detta legge.

L'articolo 2 contempla le misure da adottare per perseguire le finalità poste a base del decreto-legge, ovverosia le tipologie contrattuali da aggiungersi a quelle già previste dalla legge 9 dicembre 1998, n. 431, la facoltà per i soggetti beneficiari ai sensi dell'articolo 1 di stipulare con i rispettivi proprietari un nuovo contratto di locazione della durata minima di un anno e massima di diciotto mesi e, infine, la possibilità per gli enti locali di stipulare essi stessi nella veste di conduttori contratti di locazione, rendendosi al contempo garanti del puntuale pagamento del canone, del puntuale rilascio dell'immobile alla scadenza pattiziamente prevista, nonché del risarcimento dei danni eventualmente subiti dall'immobile durante la locazione, con possibilità di concedere in via amministrativa a soggetti inclusi nelle categorie protette ex articolo 1 il godimento di tali beni mediante concessione, la cui durata massima sia pari a quella del contratto stipulato.

Le forme contrattuali, che variano a seconda che a stipulare sia l'ente locale, ovvero direttamente il soggetto privato incluso nelle categorie protette, sono disciplinate ai commi 3, 4, 5 e 6, prevedendosi durate variabili da due a quattro anni con differenti possibilità di proroga pattiziamente convenuta.

Le modalità di erogazione dei contributi sono viceversa determinate al comma 7, ove si prevede l'utilizzo degli ex Istituti autonomi per le case popolari per l'attività di coordinamento e intermediazione tra locatori e conduttori, attraverso l'istituzione di uno "sportello emergenza sfratti". L'erogazione dei contributi avverrà con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, riconoscendosi un compenso dell'1 per cento agli ex IACP per lo svolgimento dei compiti loro affidati.

La disciplina degli incentivi è contenuta nell'articolo 3, ove si prevede sia l'assegnazione di un contributo a favore degli enti locali per ciascun contratto stipulato a parziale copertura dell'onere derivante dalla sottoscrizione del contratto stesso; di tale somma è altresì previsto il versamento a favore dei proprietari privati in conto canoni non ancora corrisposti da parte dei soggetti indicati all'articolo 1.

Al comma 3 si prevede, in favore dei proprietari degli immobili locati ai sensi del comma 2 dell'articolo 2, il versamento in un’unica soluzione di un contributo che varia da 3.000 a 5.000 euro, mentre nei successivi commi del medesimo articolo è disciplinato il meccanismo delle agevolazioni di natura fiscale da concedere ai proprietari di alloggi per tutte le tipologie contrattuali previste dall'articolo 2.

L'articolo 4 individua l'entità del contributo statale, pari a 5.000 euro per i comuni con popolazione pari o superiore a 500.000 abitanti, 4.000 euro per comuni con popolazione compresa tra 100.000 e 500.000 abitanti e 3.000 euro per comuni con popolazione pari o inferiore a 100.000 abitanti.

La copertura finanziaria è disciplinata dal successivo articolo 5, mentre nell'articolo 6 si prevede un regime transitorio, fino al 31 ottobre 2004, per favorire la sottoscrizione delle tipologie contrattuali previste nel provvedimento in esame, differendo sino a tale data il termine per l'esecuzione delle procedure di rilascio per finita locazione di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 200.

L'articolo 7 introduce poi alcune modifiche alla legge 9 dicembre 1998, n. 431, con particolare riferimento all'articolo 4, comma 3, permettendo che siano inclusi, nell'ambito delle ipotesi previste dal provvedimento in esame, anche i contratti di locazione di natura transitoria altrimenti esclusi, per un’anomalia che contraddistingueva la suddetta legge n. 431 del 1998, nonché recepisce, al comma 2, quanto concordato in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni in data 20 maggio 2004 in tema di nuovi criteri per il riparto delle risorse assegnate al Fondo nazionale di sostegno.

L'articolo 8, infine, fissa il termine per l'efficacia delle disposizioni previste dagli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 6 del decreto, ai fini dei contributi e delle agevolazioni fiscali previste, al 31 dicembre 2004.

Ripeto, ad avviso del relatore, l'impalcatura normativa del provvedimento in esame appare sufficientemente chiara e tale da far presumere che siano ampiamente conseguibili gli scopi perseguiti dal legislatore, se del caso ottimizzando alcune delle soluzioni proposte così come rappresentato all'inizio della presente relazione.

CONTESTABILE (FI). Perfetta.

PRESIDENTE. Senatore Contestabile, adesso però anche il collega Specchia dovrà dire la sua; quindi, la relazione del senatore Mugnai è perfetta, ma riguarda evidentemente una parte del provvedimento.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Specchia.

SPECCHIA, relatore. Signor Presidente, il presidente Contestabile occupa giustamente tutti i posti.

Signor Presidente, colleghi, onorevole rappresentante del Governo, come ho avuto modo di dire in Commissione, questo provvedimento è stato licenziato dal Consiglio dei ministri dopo che vi sono stati incontri con le parti, parlo dei conduttori e dei proprietari di case, con la Conferenza Stato-Regioni e con gli enti locali.

Sono stati avanzati rilievi e il provvedimento nel suo testo finale ha subìto alcune modifiche che riguardano, tra l’altro, le parti relative alla spesa e alla copertura finanziaria.

La Conferenza Stato-Regioni ha rinnovato taluni appunti, condizionando agli stessi il suo parere positivo. Ulteriori rilievi sono emersi anche dagli incontri che abbiamo avuto in Commissione con i diversi soggetti interessati alla materia (le associazioni degli inquilini e della proprietà, l’ANCI) e dagli interventi dei colleghi di opposizione.

D’altra parte, quanto ci ha detto il vice ministro Martinat, quanto il collega Mugnai ed io abbiamo esposto e quanto emerge dal contenuto del decreto-legge rendono evidente che si sta attuando una grande svolta nella materia. Questo non solo per quanto ha sancito la Corte costituzionale, non solo per gli impegni più volte assunti da questo e dal precedente Governo di non continuare con la proroga degli sfratti pura e semplice, ma anche perché, in effetti, i tempi erano maturi per fare qualcosa di più, questa volta con il decreto-legge al nostro esame finalmente si compie, come dicevo, una grande sterzata.

Ovviamente quando si interviene in una materia dove sono necessarie risorse finanziarie bisogna anche considerare il momento che viviamo e la disponibilità di risorse siffatte. Pertanto, a quei colleghi che vorrebbero ampliare le categorie interessate al provvedimento, che ora riguarda soltanto coloro che hanno più di sessantacinque anni, le famiglie con handicappati gravi e tutti coloro che si trovano in condizioni di disagio economico e comunque con risorse insufficienti per locare un’abitazione, rispondo che certamente non posso essere contrario.

Certo, vi sono famiglie monoreddito, famiglie numerose, famiglie disagiate pur non avendo ultrasessantacinquenni e handicappati gravi, però, bisogna fare i conti con le risorse finanziarie disponibili e quindi il Governo con il decreto-legge proposto fa quello che è possibile in questo momento.

Come ha sottolineato il senatore Mugnai, recependo le istanze - non tutte - che sono emerse nei dibattiti, negli incontri con le categorie e le associazioni, nelle proposte e nei suggerimenti dei colleghi, già come relatori abbiamo predisposto alcuni emendamenti che sostanzialmente recepiscono proposte correttive avanzate in Commissione da colleghi di maggioranza e di opposizione.

Si tratta però di modifiche che non stravolgono il testo al nostro esame, che apportano correzioni, che prorogano date e che aggiustano, come dicevo prima, alcune questioni; tra l'altro, accettano la richiesta dei Comuni di avere loro quella competenza che, secondo il decreto-legge, verrebbe assegnata agli Istituti autonomi per le case popolari.

Come i colleghi ricorderanno, già nella relazione che svolsi in Commissione mi permisi di sostenere che quel punto andava modificato perché, conoscendo bene la situazione di molti IACP, sapevo e so che gli stessi non sarebbero nelle condizioni di assolvere al compito che il decreto-legge intende loro affidare.

Pertanto, anche questa parte viene modificata e quindi vi è una disponibilità, ma senza - ripeto - stravolgere il provvedimento. Nel corso dell’esame degli emendamenti avremo modo di verificare tutto questo, soprattutto i colleghi avranno modo di verificare la disponibilità dei relatori e del Governo.

Chiudo il mio intervento con una sottolineatura, perché credo che in situazioni come questa vadano fatte anche sottolineature più generali: il provvedimento non ha certamente la pretesa di risolvere il problema della mancanza di case, soprattutto in alcune realtà italiane; non ha nemmeno la pretesa di risolvere il problema della casa per tutti coloro che possono essere interessati oggi al provvedimento. È certamente, però, un contributo importante. Bisognerà fare poi qualcosa di più nella direzione verso la quale ha iniziato a muoversi questo provvedimento, ma soprattutto, quando vi saranno le disponibilità finanziarie necessarie, verso interventi sostanziali da parte dello Stato e delle Regioni per costruire più case economiche e popolari.

Infatti, se facciamo un raffronto tra l’Italia e le altre Nazioni a noi vicine, vediamo che vi è un divario abissale tra la disponibilità di case di edilizia economica e popolare, per esempio in Francia, in Germania, eccetera, e quella che vi è in Italia. C’è un rapporto che ci vede soccombenti, certamente in condizioni di difficoltà.

Ci vogliono, quindi, molte più case economiche e popolari per metterle a disposizione delle fasce deboli, ma chiedere questo oggi, ovviamente, sarebbe come chiedere la luna nel pozzo, perché obiettivamente non sono disponibili adeguate risorse finanziarie. Lo stesso sarebbe chiederlo oggi alle Regioni.

Mi auguro comunque che in futuro si arrivi a questo, perché allora risolveremo il problema più complessivamente, dando una risposta a migliaia e migliaia di famiglie che oggi vivono in condizioni disagiate dal punto di vista dell’alloggio, senza dover gravare su un’altra categoria di cittadini, quella dei proprietari, ai quali alcune volte si chiedono anche sacrifici.

Questa la riflessione che ho inteso svolgere. In occasione della discussione e dell’esame degli emendamenti, cercheremo comunque di migliorare il provvedimento. (Applausi dal Gruppo AN e del senatore Moncada).

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale che, come convenuto, avrà luogo nella seduta antimeridiana di martedì prossimo.

Rinvio pertanto il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge:

(3107) Conversione in legge del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione (Relazione orale)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 3107.

I relatori, senatori Boscetto e Bobbio, hanno chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni, la richiesta si intende accolta.

Ha pertanto ha facoltà di parlare il relatore, senatore Boscetto.

BOSCETTO, relatore. Signor Presidente, colleghi senatori, stiamo discutendo la conversione del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione.

Come è noto, la Corte costituzionale è intervenuta su due punti della legge Bossi-Fini: il primo riguarda la convalida del provvedimento di espulsione emesso dal questore.

Come si sa, la legge Turco-Napolitano non prevedeva alcun meccanismo di convalida, anche perché si rimaneva nella logica che l’espulsione con accompagnamento alla frontiera fosse un provvedimento di carattere amministrativo, che incideva sulla libertà di circolazione e non su quella personale.

A seguito di precedenti sentenze della Corte costituzionale, ci si è resi conto che, invece, la Corte riteneva che l’espulsione dello straniero impingesse nel concetto di libertà personale e non semplicemente in quello di libertà di circolazione. Fu allora un provvedimento di questa maggioranza che definì che l’espulsione stabilita dal questore dovesse essere convalidata attraverso il provvedimento di un giudice.

In un primo tempo, si era pensato che fosse sufficiente un atto di convalida del pubblico ministero; poi invece si ritenne più corretto rendere competente il giudice. Tuttavia, si stabilì un procedimento nelle grandi linee di carattere cartaceo, secondo il quale il provvedimento del questore era immediatamente esecutivo. Lo straniero, in mancanza di documenti, quindi palesemente clandestino, veniva accompagnato alla frontiera ed espulso.

In un termine breve, stabilito dalla legge, il giudice convalidava o meno il provvedimento del questore: quindi, ad esplusione avvenuta. Lo straniero poi, ove non fosse intervenuta la convalida, vedeva caducato il provvedimento nei suoi confronti e quindi poteva tornare nel nostro Paese.

Ritenemmo che questo paradigma fosse sufficiente a garantire la libertà personale, perché il fatto di essere condotto fuori dal Paese ma di poter ritornare a seguito della mancata convalida da parte del giudice, in un mondo in grande movimento come il nostro, non ci sembrava tale da comportare una lesione di tale libertà.

Se c’è un paradigma arresto-carcerazione provvisoria-convalida (o meno) del provvedimento di arresto ed eventualmente rimessione in libertà, si pensava che il fatto di espellere lo straniero, permettendogli però l’eventuale ritorno a seguito della mancata convalida, fosse sufficiente per rendere concrete le garanzie di cui all’articolo 13 della Costituzione.

Ci fu un dibattito dottrinario su questo punto, che trovò i costituzionalisti divisi. Quando la Corte costituzionale si pose il problema, riaffermò che bisognava collegarsi non alla libertà di circolazione, bensì a quella personale. Tuttavia, disse che la convalida, sostanzialmente cartacea, e l’allontanamento dal Paese, pur con la possibilità di rientro (ove la convalida non fosse stata giudicata corretta ovvero non fosse stata posta in essere da parte del giudice), non erano sufficienti a porre in essere le garanzie della norma costituzionale, perché il fatto stesso dell’espulsione andava direttamente ad incidere sulla libertà personale. Queste, in sintesi, furono le motivazioni della Corte.

Da una parte, quindi, vi era una posizione del legislatore (e cioè la nostra) che rispondeva ad una certa logica e, dall’altra, vi era la riaffermazione netta e precisa, da parte della Corte costituzionale, di una linea di rispetto dell’articolo 13 della Costituzione in termini diretti.

Che cosa abbiamo dovuto fare? O meglio, cosa ha fatto il Governo attraverso il decreto-legge? Seguendo anche gli indirizzi contenuti nella sentenza della Corte, l’Esecutivo ha stabilito che lo straniero che sia stato raggiunto da un provvedimento di espulsione del questore veda sospeso tale provvedimento fino al giudizio di convalida del giudice.

Questo non è più un giudizio sostanzialmente cartaceo, ma implica una camera di consiglio, con la partecipazione dello straniero e di un difensore, e una discussione, al termine della quale il giudice decide se convalidare o meno il provvedimento del questore e, quindi, se mandare avanti il provvedimento medesimo, risultato sospeso, oppure annullarlo. Tutto ciò deve accadere nelle 48 ore, pena l’inefficacia.

Sono state mosse critiche all’impiego del giudice di pace invece del giudice ordinario, di cui parlerà più diffusamente il senatore Bobbio. Abbiamo ritenuto che l'attribuzione di questa competenza al giudice non vada a ledere alcuna norma, né di carattere costituzionale, né di altro tipo e di altro genere, e che l'appesantire il lavoro della magistratura ordinaria con tale competenza fosse in qualche modo una scelta negativa, di tal che troviamo investiti di essa i giudici di pace.

Ci sono altri aspetti evidenziati in emendamenti che illustreremo quando passeremo a quella fase della discussione.

L'altro punto importante, riguardante un'altra sentenza della Corte costituzionale, si riferisce al fatto dell'intimazione del questore dopo la permanenza dello straniero negli appositi centri ai fini dell'identificazione. Lo straniero, infatti, trascorso un determinato periodo di tempo stabilito dalla legge in detti centri, subisce l'intimazione ad allontanarsi dal Paese e qualora questa intimazione non venga rispettata scattano determinate sanzioni.

Si pensava che il collegare a queste sanzioni l’arresto fosse una misura congrua; la Corte costituzionale - a nostro parere, dobbiamo dirlo, il modo corretto - ha osservato che, siccome il limite di pena previsto dalla normativa di sistema e della normativa specifica del codice di procedura penale non permette l'imposizione di misure coercitive, l'arresto finiva per diventare un qualcosa di ultroneo e di fine a se stesso, quindi di non razionale e di costituzionalmente compatibile.

Si è provveduto nel decreto-legge eliminando la pena per questa prima fase della mancata ottemperanza all'ordine del questore. Ci sono degli emendamenti che, invece, hanno aumentato la pena mutando l'arresto in reclusione fino a quattro anni e quindi prevedendo la possibilità di imporre da parte del magistrato misure coercitive.

Questi sono gli elementi fondamentali del decreto-legge. Seguono norme di regolamentazione dell'attività dei giudici di pace riguardanti anche il loro compenso.

Riteniamo che questa normativa, congrua in se stessa, trovi un utile completamento nei diversi emendamenti che sono stati presentati e su cui ha lavorato la Commissione. Riteniamo che il testo uscito dalla Commissione, con gli emendamenti presentati dalla stessa, sia soddisfacente e abbia migliorato il decreto-legge e che quindi la legge di conversione si avvii ad essere una buona normativa.

Sono stati approvati dalla Commissione anche alcuni emendamenti che allargano, in misura comunque non eccessiva, il contesto perché questa non è una legge di riforma della legge Bossi-Fini, ma un provvedimento che tende ad eliminare quelle problematiche delle quali ho parlato apportando qualche relativo ma importante completamento.

La sostanza di queste modifiche vede soprattutto l'aggravamento delle pene per quanto riguarda la permanenza illecita nel nostro territorio, mentre non si è addivenuti alla previsione del reato di immigrazione clandestina del quale pure, in sede di Commissione, si è discusso.

Affidiamo pertanto ai colleghi senatori questo provvedimento pronti ad esaminare ulteriori emendamenti, eventualmente per migliorarlo ancora. (Applausi dal Gruppo FI).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Bobbio Luigi.

BOBBIO Luigi, relatore. Signor Presidente, colleghi, in aggiunta a quanto esaurientemente già esposto dal senatore Boscetto, vorrei soffermarmi su alcuni specifici passaggi più attinenti alla materia processuale, che è coinvolta dal provvedimento.

Prendo spunto dagli ultimi riferimenti del collega relatore per ribadire che il disegno di legge in esame non è e non vuole essere assolutamente una riforma della legge Bossi-Fini. È stato affermato correttamente che si prendono le mosse dalla sentenza della Corte costituzionale n. 222 del 2004 che afferma, insieme ad altre sentenze intervenute, la piena costituzionalità dell'impianto della legge Bossi-Fini.

Questa premessa è di non poco conto, posto che chiarisce, se ve ne fosse bisogno, che ci stiamo muovendo nell'ambito di un quadro legislativo di piena e affermata costituzionalità. Ciò vuol dire che bisogna valutare la materia di cui oggi iniziamo a occuparci con specifico riferimento alla tematica sollevata, affrontata e in un certo senso risolta dalla citata sentenza della Corte costituzionale.

In particolare, come ha detto il senatore Boscetto, interessa sottolineare il nucleo centrale del provvedimento: la sentenza ha censurato in particolare l'articolo 13, comma 5-bis, del testo unico sull'immigrazione, nella parte in cui non prevedeva che il giudizio di convalida del provvedimento, emesso dal questore, di accompagnamento dello straniero alla frontiera si svolgesse in contraddittorio prima dell'esecuzione e con le garanzie della difesa.

Si tratta quindi di un ambito molto specifico, di un peculiare aspetto della legge di riferimento che, nel disegnare il procedimento e il provvedimento di espulsione e/o di accompagnamento dello straniero alla frontiera, ad avviso della Corte - credo si possa condividere il rilievo - aveva in qualche maniera pretermesso di affrontare in maniera corretta ed esauriente un aspetto fondamentale.

L'aspetto fondamentale è quello che trova riferimento nell'articolo 13, terzo comma, della Costituzione, relativo al tema delle restrizioni della libertà personale. La norma che deve specificamente interessare in questa vicenda legislativa recita: "In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria" con necessità di convalida e perdita di efficacia in caso di mancata convalida.

Tutto ciò non è privo di rilievo sotto alcuni aspetti. In primo luogo, vanno evidenziate, come cornice della discussione, quelle che a nostro avviso sono le linee di tendenza del disegno di legge nello specifico aspetto dell'introduzione della competenza del giudice di pace nella materia cui abbiamo appena fatto cenno.

La prima linea di tendenza è la piena giurisdizionalizzazione del provvedimento di accompagnamento o di espulsione, nei sensi disegnati dalla Costituzione e delineati dalla sentenza della Corte costituzionale. La seconda linea di tendenza muove sostanzialmente su un profilo di individuazione di competenza aggiuntiva e quindi di ripartizione delle competenze all’interno del sistema giudiziario.

Ciò che va richiamato, e che ritengo utile al dibattito, è che il disegno di legge al nostro esame disegna un procedimento rispondente ai dettami dell’articolo 13, terzo comma, della Costituzione e che trova un antecedente di tipo processuale chiaro e perfettamente corrispondente nell’istituto, previsto dal codice di procedura penale, del fermo di polizia giudiziaria. In entrambi i casi, del fermo e del provvedimento in esame, ci muoviamo nel rispetto, più volte proclamato, dei requisiti prefissati dall’articolo 13 della Costituzione.

Siamo di fronte ad un caso di necessità ed urgenza; ci muoviamo nell’ambito della necessità di una restrizione o limitazione temporanea della libertà personale; abbiamo una previsione di legge (questa) che interviene a regolare la materia con quei presupposti in presenza di un provvedimento dell’autorità di pubblica sicurezza (il questore), che adotta un provvedimento provvisorio che deve essere convalidato - e qui è il cuore del disegno di legge - nelle forme normali previste dalla legge e da questo provvedimento, vale a dire entro le quarantotto ore.

Ciò consente, in primo luogo - e in ciò mi rifaccio alle osservazioni svolte in Commissione da alcuni colleghi dell’opposizione - di chiarire subito che questo disegno di legge non contribuisce, come si è contestato, ad individuare cittadini di serie A e di serie B, laddove peraltro resterebbe da chiarire preliminarmente che ai sensi della Costituzione e delle leggi vigenti il cittadino è il cittadino italiano. Talune garanzie, però, debbono essere estese a chiunque si trovi sul territorio dello Stato, sia pure illegalmente, come l’immigrato clandestino.

Quindi, l’argomento può essere ribaltato in senso contrario. Possiamo dire che questo disegno di legge formalmente e doverosamente estende anche agli stranieri, ancorché non cittadini e illegalmente presenti nel territorio italiano, alcune di quelle garanzie fondamentali che la Costituzione detta nell’interesse dei cittadini italiani.

Si è anche detto che questo provvedimento delineerebbe una dicotomia tra giudizi di serie A e di serie B. Mi riesce ben difficile condividere questa opinione. E' palese infatti che il concetto d'inserimento nell’ambito della giurisdizione di questo procedimento e la piena cittadinanza del giudice di pace - e sarebbe assurdo che qualcuno si ostinasse ancora a negarlo - nell’ordine giudiziario, con la sua conseguente totale paragonabilità al giudice togato, non consentono di affermare che siamo in presenza di un giudizio di serie A o di serie B a fronte di altri - non si sa bene quali - giudizi di serie A.

Si tratta di una giurisdizionalizzazione doverosa, che viene ad incidere su quello che ieri un collega dell’opposizione, il senatore Zancan, ha voluto qualificare come un provvedimento imperfetto perché privo della misura giudiziaria, ma che a mio avviso costituisce un provvedimento perfetto, così come il fermo di polizia giudiziaria rappresenta un provvedimento perfetto.

Quindi, perché la scelta del giudice di pace? Questo disegno di legge si muove in una direzione ben precisa e muove da premesse e necessità chiare: da un lato, l’incontestabile entità del fenomeno dell’immigrazione clandestina, che ormai presenta numeri impressionanti; dall’altro, la necessità della giurisdizionalizzazione del procedimento di espulsione e di accompagnamento e la coesistente necessità di non scaricare ulteriormente sul giudice togato una giurisdizionalizzazione che pure la Corte costituzionale legittimamente, doverosamente e in maniera cogente richiede.

Da qui la scelta del giudice di pace. Dobbiamo però fare un'altra valutazione, che muove dalla premessa di qual è la competenza del giudice penale in materia di pace: quali sono i limiti dell'agire del giudice di pace in materia penale prefissati dalla legge attualmente in vigore.

Questo disegno di legge vìola quei canoni di competenza del giudice penale in materia penale? La risposta, da relatore, non può che essere negativa: l'attuale disegno di legge è assolutamente compatibile con le competenze, i ruoli, le attività affidati al giudice di pace in materia penale dal nostro attuale ordinamento.

Si potrebbe rispondere che il giudice di pace in materia penale si vede negare dalla legge la competenza in materia di libertà personale. Ciò è al tempo stesso vero e non vero, esatto e inesatto.

È inesatto nella misura in cui il giudice di pace in materia penale può pur sempre disporre la misura degli arresti domiciliari, e questo è già un dato di fatto che innegabilmente riguarderebbe la materia della libertà personale, seppur per un tempo non eccedente i quarantacinque giorni.

Tuttavia, va detto che in questa materia - ed è bene essere chiari - non ci muoviamo in un ambito di misure detentive, che sono quelle chiaramente interdette al giudice di pace, ma ci muoviamo in un ambito di convalida giudiziaria di un provvedimento amministrativo (quello del questore), di limitazione temporanea della libertà personale, sul quale questo provvedimento di convalida va ad incidere non secondo lo schema del giudice togato che convalida ed emette misura cautelare, ma secondo lo schema del giudice di pace, che convalida e spiana la strada - se mi permettete un’espressione poco tecnica - all’effettiva eseguibilità del provvedimento amministrativo di limitazione della libertà personale. Quindi, come si vede, il sistema tiene perfettamente.

Così come va detto - e mi avvio a concludere - che vengono introdotti degli aspetti di tipo più marcatamente processuale, che sono di garanzia: l'esigenza del contraddittorio, l'esigenza della rappresentanza da parte di uno o più difensori. Si introduce il tema della difesa d'ufficio e - perché no, se la Commissione bilancio darà un parere favorevole - del gratuito patrocinio; si introduce la necessità - se la Commissione bilancio darà parere favorevole - della presenza dell'interprete.

Tutto questo a norma e a mente delle garanzie previste dal nostro ordinamento, delle norme del codice di procedura penale espressamente richiamate, o richiamabili ad hoc per maggior chiarezza, dalla normativa in tema di competenza penale del giudice di pace.

Io credo che tutto questo dovrebbe in qualche maniera sgombrare il campo da ogni perplessità che taluno dei colleghi possa eventualmente nutrire in materia. Altri - li ha già illustrati il senatore Boscetto - sono interventi di carattere strettamente tecnico o in qualche misura, seppur non in senso parlamentare, di coordinamento, e riguardano la modifica di alcune basi di pena, l'introduzione dell'obbligatorietà dell'arresto, l'introduzione del rito direttissimo.

Sono, in generale, taluni aggiustamenti che, a mio avviso, da un lato consentono di raggiungere un già buon livello di efficienza applicativa del testo di legge di riferimento (appunto, la legge Bossi-Fini), e dall'altro allineano in maniera - ritengo - definitiva, a questo punto, la stessa legge di riferimento alla trama disegnata alla nostra Carta costituzionale. (Applausi dal Gruppo FI).

TURRONI (Verdi-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TURRONI (Verdi-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per illustrare una questione pregiudiziale.

Il disegno di legge in esame, che riguarda la conversione in legge del decreto 14 settembre 2004, n. 241, che reca disposizioni urgenti in materia di immigrazione, tende a rimediare alle illegittimità costituzionali dichiarate con le sentenze della Corte nn. 222 e 223, ma costituisce in realtà una palese violazione di alcuni princìpi e diritti costituzionalmente garantiti.

Noi Verdi intendiamo appunto presentare una pregiudiziale di costituzionalità per sottolineare come questo decreto, in realtà, non risponda a quanto la Corte costituzionale ha stabilito nelle sue sentenze, ma aggravi una situazione che già ci preoccupa.

Con la sentenza n. 222 del 2004, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'articolo 13, comma 5-bis, del testo unico sull'immigrazione (introdotto dal decreto-legge n. 51 del 2002, "Disposizioni urgenti recanti misure di contrasto all'immigrazione clandestina e garanzie per soggetti colpiti da provvedimenti di accompagnamento alla frontiera", convertito, con modificazioni, nella legge n. 106 del 2002), nella parte in cui non prevede che il giudizio di convalida debba svolgersi in contraddittorio prima dell'esecuzione del provvedimento di accompagnamento alla frontiera, con le garanzie della difesa.

Con la sentenza n. 223 del 2004, invece, la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 5-quinquies, del succitato Testo unico, inserito dalla cosiddetta legge Bossi-Fini (la n. 189 del 2002), nella parte in cui stabilisce che è obbligatorio l'arresto per "il reato" di essersi trattenuto sul territorio italiano oltre i cinque giorni previsti nell'ordine di espulsione del questore (comma 5-ter del medesimo articolo 14).

Il motivo che origina la decretazione di urgenza è l'adeguamento della disciplina sull'immigrazione alle sentenze della Corte costituzionale. In realtà, non sembrano ricorrere i requisiti di straordinaria necessità ed urgenza previsti dall'articolo 77 della Costituzione. Il decreto, infatti, va ben oltre le pronunce della Consulta, ridisegnando parte della materia, a cominciare dalla competenza sul procedimento di convalida dell'espulsione amministrativa e dall'inasprimento della disciplina nei confronti dello straniero. Si scavalca, così, ancora una volta il procedimento normale di formazione delle leggi.

Ancora, l'articolo 1, comma 1, del decreto in esame attribuisce al giudice di pace competenza esclusiva in materia di libertà personale, dal momento che assegna loro la convalida dell'accompagnamento alla frontiera e del trattenimento dello straniero nei centri di permanenza temporanea.

È dubbio che le modalità e i termini per il procedimento di convalida dell'espulsione, così come configurati dal novellato comma 5-bis per un reato contravvenzionale, cioè il mancato rinnovo del permesso di soggiorno, possano garantire il rispetto del dettato costituzionale in materia di libertà personale e di diritti inviolabili dell'uomo (articoli 13 e 2 della Costituzione).

La Corte, già con la sentenza n. 105 del 2001, nel cercare un ragionevole contemperamento tra sicurezza pubblica e rispetto delle garanzie fondamentali degli individui nell'attuale quadro migratorio, ha ricordato al legislatore che, libero di scegliere gli strumenti più adeguati nell'affrontare tali problematiche, doveva tenere presente il quadro di garanzie costituzionali in tema di libertà personale e tutela giurisdizionale, valevoli per tutti gli individui, cittadini e stranieri, "non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani".

La stessa Consulta, con la sentenza sopracitata (la n. 105 del 2001), ha affermato come sia "la forza del precetto costituzionale dell'articolo 13 a imporre una accezione piena del controllo che spetta al giudice della convalida: un controllo che non può fermarsi ai margini del procedimento di espulsione, ma deve investire i motivi che hanno indotto l'amministrazione procedente a disporre quella peculiare modalità esecutiva dell'espulsione - l'accompagnamento alla frontiera - che è causa immediata della limitazione della libertà personale dello straniero e insieme fondamento della successiva misura del trattenimento".

Ora, sembra legittimo dubitare che giudici onorari, cui nell'intenzione del Costituente dovrebbe essere riservata la competenza della cosiddetta giustizia minore, possano effettivamente garantire quel "nucleo incomprimibile" del diritto di difesa, di cui all'articolo 24 della Costituzione, richiamato dalla Corte con la sentenza n. 222, e assicurare un controllo effettivo e non meramente "cartolare" sul provvedimento che riguarda la libertà.

Tanto più che il giudizio di convalida, pur prevedendo la presenza necessaria del difensore, non contempla l'ipotesi del patrocinio gratuito per i non abbienti, né la presenza di un interprete e la traduzione degli atti compiuti in sede di convalida nella lingua ufficiale dello Stato dello straniero: ciò che permetterebbe allo straniero di esercitare più compiutamente il diritto alla difesa. A questo proposito abbiamo presentato degli emendamenti.

Vi è di più: il nuovo comma 5-ter dell'articolo 13 del Testo unico sull'immigrazione assegna alle questure il compito di fornire il supporto occorrente e la disponibilità di un locale idoneo al fine di assicurare la tempestività del procedimento di convalida dei provvedimenti di espulsione amministrativa.

Questo sembra configurare una sorta di rito sommario di espulsione, con buona pace del principio di terzietà e imparzialità del giudice di cui all'articolo 111 della Costituzione. Ieri sera ho illustrato ai colleghi l’importanza delle caratteristiche che hanno questi luoghi per le persone che vi si recano, soprattutto se sono nelle condizioni in cui si vengono a trovare questi uomini che vengono sottoposti a tale giudizio e alla conseguente espulsione.

Questi sono solo alcuni dei punti che fanno ritenere tale decreto non conforme al dettato costituzionale in materia di diritti inviolabili e di garanzie di tutela giurisdizionale. Un decreto che non sembra in linea nemmeno con le pronunce della Corte sopra richiamate e più in generale con la giurisprudenza della Corte.

Per questi motivi si chiede di non procedere all'esame del disegno di legge n. 3107. (Applausi dal Gruppo Verdi-U e del senatore Marino).

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della questione pregiudiziale.

Verifica del numero legale

TURRONI (Verdi-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato non è in numero legale.

(La seduta, sospesa alle ore 18,12, è ripresa alle ore 18,33).

Presidenza del vice presidente FISICHELLA

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 3107

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.

Metto ai voti la questione pregiudiziale, avanzata dal senatore Turroni.

Non è approvata.

Dichiaro aperta la discussione generale che, come convenuto, avrà luogo nella seduta antimeridiana di martedì prossimo.

Rinvio pertanto il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge:

(2894) Disposizioni per l’attuazione della decisione 2002/187/GAI del Consiglio dell’Unione europea del 28 febbraio 2002, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità (Approvato dalla Camera dei deputati) (Relazione orale)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2894, già approvato dalla Camera dei deputati.

Il relatore, senatore Centaro, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni, la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.

CENTARO, relatore. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il disegno di legge in esame dà attuazione alla decisione 2002/187/GAI del Consiglio dell’Unione Europea, che è il punto terminale di un procedimento che muove le mosse dal Trattato di Amsterdam e che pone, al centro del terzo pilastro, cioè della cooperazione giudiziaria, la necessità di un rapporto di collegamento tra le autorità dei vari Stati nazionali competenti per le investigazioni sotto sia il versante della polizia, sia della magistratura, per ottenere il coordinamento indispensabile in un momento in cui la criminalità è sempre più transnazionale.

Vi sono traffici illeciti, i cui reati si verificano in territori di Stati diversi, e viene sentita come di particolare importanza e necessità una struttura che colleghi le attività dei vari Governi, evitando quindi sovrapposizioni e duplicazioni che possono solo dare effetti negativi nell’efficacia delle indagini.

Bisogna trarre le mosse dal Trattato di Amsterdam, a seguito del quale viene poi emessa la decisione del Consiglio dell’Unione Europea del 22 aprile 1996, che istituisce i magistrati di collegamento: un primo momento di cooperazione, perché le loro funzioni sono solo intese a facilitare e ad accelerare, attraverso l’istituzione di contatti diretti con i servizi competenti e le autorità giudiziarie, tutte le forme di cooperazione giudiziaria in materia sia civile, sia penale.

Si passa poi all’istituzione, attraverso la decisione del Consiglio dell’Unione del 1998, della cosiddetta rete giudiziaria europea, un altro passo avanti rappresentato da una serie di funzionari o di magistrati che devono facilitare il contatto tra le varie autorità e coordinarne l’attività. Si perviene, quindi, al Consiglio europeo di Tampere il 15 ed il 16 ottobre 1999, istitutivo di Eurojust; in particolare, al punto 46 delle relative conclusioni.

Successivamente, con una decisione del Consiglio del 2000, viene istituita una unità provvisoria di cooperazione giudiziaria che è, in realtà, quello che poi dovrà essere formalmente e successivamente ampliato nei compiti e nella sua attività complessiva l'Eurojust, in attesa che tutti gli Stati dell’Unione ratifichino il Trattato ed istituiscano al loro interno le figure dei componenti nazionali e relativi assistenti.

Successivamente, attraverso il Trattato di Nizza del 1° febbraio 2003, si ha menzione di Eurojust nel Trattato dell’Unione, agli articoli 29 e 31. Seguono una serie di ulteriori decisioni del 2002 e del 2003, che presiedono all’istituzione formale, ma anche all’indicazione della sede, prevista all’Aja.

Si tratta, quindi, di un organismo volto alla cooperazione tra autorità giudiziaria e ad un’attività di coordinamento, ad assicurare la circolarità dei dati e delle notizie, ad un’attività di impulso, ma anche di acquisizione dei dati necessari per svolgere e facilitare le funzioni anzidette, che si affianca a quelli precedentemente menzionati.

Questo è uno dei punti dolenti che intendo porre in rilievo, giacché bisogna considerare come l'Eurojust, ritenuta un punto di partenza per arrivare ad un ufficio investigativo comune nell’Unione Europea, alla cosiddetta Procura europea, sconti già la presenza dei magistrati di collegamento, della rete giudiziaria europea, dell’OLAF (Organismo per la lotta alla frode), in particolare in maniera finanziaria, con cui dovrà collaborare, ma con cui evidentemente intersecherà l’attività.

Quindi, già fin dall’inizio assistiamo, tutto sommato, alla presenza di una pluralità di soggetti con una farraginosità complessiva che, a mio avviso, andrebbe semplificata, eliminando dalla scena alcuni soggetti e sostituendoli, solo in maniera assoluta, con Eurojust, proprio in funzione di quello che dovrà essere successivamente il punto di approdo della cooperazione giudiziaria.

A questo punto, è utile ricordare rapidamente i compiti attribuiti, che sono quelli elencati nel Trattato dell’Unione Europea e si differenziano, per la valenza nei confronti dell’autorità cui si rivolgono, tra quelli del componente nazionale e quelli del collegio di Eurojust.

Mentre il membro nazionale può chiedere che l’autorità giudiziaria competente valuti l’opportunità di svolgere determinate attività (ad esempio avviare l’azione penale), il collegio può chiederle, e mentre il rifiuto nei confronti del componente nazionale non ha necessità di motivazione, la ha nei confronti del collegio, a meno che non vengano in discussione problemi riguardanti la sicurezza nazionale e il segreto delle indagini, quindi ragioni che impediscano l’esplicitazione di queste indicazioni.

Come dicevo, il membro nazionale, in particolare, può chiedere di valutare se avviare un’indagine o esercitare un’azione penale in ordine a fatti determinati (esercitando quindi un’attività di impulso), porre in essere un coordinamento con le autorità competenti di altri Stati membri interessati e istituire squadre investigative comuni.

Queste ultime hanno particolare valenza, dal momento che oggi il sistema delle rogatorie appare quanto mai superato per i tempi di risposta occorrenti e, soprattutto, perché la rogatoria viene svolta dal magistrato, il quale non conosce bene la documentazione e riceve impulso da altra autorità, non potendo pertanto mettere a disposizione dell’esecuzione dell’attività il bagaglio di esperienze e conoscenze indispensabile per ottenere risultati. Come dicevo, la frontiera è quella delle squadre investigative comuni che possono essere istituite dal componente nazionale.

Vi è poi la problematica dell’informazione reciproca delle autorità giudiziarie, che poi deve sfociare nella valutazione di una sorta di dismissione preventiva della giurisdizione, cioè della valutazione se altra autorità giudiziaria di altro Stato membro sia più adatta e competente ai fini della istruzione del processo. Infatti, poiché come ho detto, spesso questi traffici si snodano attraverso il territorio di più Stati, può darsi che una determinata autorità - essendosi svolta la gran parte dell’attività illecita nel territorio di sua competenza - possa essere la più adatta. Piuttosto che evitare le duplicazioni, è utile che si svolga questa attività di coordinamento.

Si aggiungano l’assistenza nelle attività d'indagine, anche mediante l’indizione di riunioni, e la cooperazione tra componenti degli Stati membri. Naturalmente, ha particolare importanza l’obbligo di ricevere dalle autorità giudiziarie degli Stati membri la notizia dell’avvio sul territorio nazionale di indagini e di procedimenti che attengono ai reati gravi (criminalità organizzata, terrorismo, pedofilia, tratta delle persone e così via). (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente). Gli stessi compiti appartengono al collegio di Eurojust.

Al fine di ottenere, comunque, le informazioni necessarie, di particolare valenza è la possibilità di richiedere informazioni alle autorità giudiziarie che hanno procedimenti pendenti; notizie che devono essere fornite al membro nazionale di Eurojust anche facendo un’eccezione alla disciplina del segreto investigativo.

Lo stesso dicasi per la possibilità di accedere alle notizie contenute nel casellario giudiziario e dei carichi pendenti, nell'anagrafe delle sanzioni amministrative e anche nei sistemi di informazione Schengen, oltre che nei registri delle notizie di reato e negli altri registri istituiti presso gli uffici giudiziari.

Si ha, cioè, la possibilità dell'acquisizione di quel bagaglio conoscitivo, nella gran parte segreto, assolutamente indispensabile perché si possa coordinare compiutamente tra più autorità giudiziarie una indagine attraverso una diffusione di notizie anche riservate ma indispensabile a comprendere la portata dell'attività illecita e il suo dipanarsi attraverso territori diversi.

Il dibattito alla Camera si è incentrato sulla problematica relativa al procedimento di nomina del componente nazionale di Eurojust. La nomina avviene con un decreto del Ministro della giustizia, il componente nazionale viene scelto tra i giudici o i magistrati del pubblico ministero che abbiano almeno venti anni di anzianità. Si è escluso la terza ipotesi, contenuta nel Trattato, cioè la nomina di funzionari delle forze di polizia, perché questa possibilità attiene a quegli ordinamenti in cui costoro possano, in virtù delle leggi del rispettivo Stato di provenienza, svolgere funzioni giudiziarie; poiché così non è nel nostro ordinamento, sono state indicate le uniche due figure dei magistrato del pubblico ministero e del giudice.

Ai fini della nomina il Ministro, prima di emanare il decreto, sottopone una rosa di nomi al Consiglio superiore della magistratura per ottenerne una valutazione; segue la messa fuori ruolo del magistrato, se già non lo è, e, nel caso già lo sia, una comunicazione della diversa natura del fuori ruolo; segue, altresì, la possibilità di impartire delle direttive in virtù di questo rapporto funzionale della natura amministrativa attribuito a questa figura del componente nazionale di Eurojust da parte del Ministro della giustizia.

Non intendo soffermarmi in questo momento sulla problematica e sul confronto dialettico relativo alla natura amministrativa o giurisdizionale di questo soggetto giuridico, che è oggetto del più importante confronto tra i colleghi della Camera.

Devo anche aggiungere che il parere del Consiglio superiore della magistratura espresso in questa occasione critica la metodologia di nomina sul presupposto dell'attribuzione di funzioni giurisdizionali a questo soggetto e quindi della necessità di una vincolatività del parere espresso dal Consiglio superiore della magistratura che oggi viene richiesto dalla legge ma che secondo il testo non ha alcun valore vincolante nel modo più assoluto.

Il parere del Consiglio superiore della magistratura, inoltre, si riferisce ad un’ulteriore attribuzione al membro nazionale di Eurojust contenuta nell'elencazione del Trattato (che è stata inserita, però, nel corso dei lavori della Commissione) poiché in ogni caso le attribuzioni dovevano essere assolutamente calate anche nella legge di attuazione della decisione del Consiglio europeo.

Il membro nazionale di Eurojust può contare su una serie di assistenti che possono essere giudici, magistrati del pubblico ministero e funzionari amministrativi in numero complessivo non superiore a tre e uno di costoro può sostituirlo. In sede di esame da parte della Commissione si è chiarito che l'assistente del membro nazionale con potere di sostituirlo non può che essere un giudice o un magistrato del pubblico ministero.

Il chiarimento è utile, diversamente potrebbe verificarsi, ad una interpretazione assolutamente letterale e contraria alla ratio della norma, che, in assenza di espressa indicazione, sia sostituito da un funzionario amministrativo, cosa che contraddice le caratteristiche e i presupposti della nomina del membro nazionale e attribuisce i notevoli poteri di richiesta di informazioni e di coordinamento complessivo a persona di qualifica diversa.

Il membro nazionale dura in carica quattro anni e può essere prorogato per ulteriori due anni. Per certi versi questa indicazione è la stessa di quella contenuta nella riforma dell'ordinamento giudiziario all'esame di questo ramo del Parlamento, che prevede la temporaneità degli uffici direttivi con durata di quattro anni prorogabili di due.

Seguono poi previsioni che riguardano l'inquadramento all'interno dell'apparato complessivo dell'Unione Europea dei componenti e degli assistenti di Eurojust perché, essendo l'organismo menzionato espressamente nel Trattato dell'Unione e collegato al Consiglio dell'Unione, deve essere incardinato nell'organigramma complessivo.

Infine, seguono le indicazioni relative alla copertura. L'entrata in vigore della legge il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ritengo debba essere particolarmente raccomandata: è importante che si passi rapidamente da una situazione di provvisorietà, qual è quella attualmente esistente, ad una situazione a regime dell'istituto che ci auguriamo possa dare i propri frutti nella cooperazione giudiziaria e nella lotta alla criminalità organizzata. (Applausi dai Gruppi FI e AN).

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale che, come convenuto, avrà luogo nella seduta antimeridiana di martedì prossimo.

Rinvio pertanto il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

Discussione dei disegni di legge:

(1899) GUBETTI ed altri. – Modifica all’articolo 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio

(2287) DANIELI Paolo. – Riforma dell’istituto della legittima difesa

(Relazione orale)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge nn. 1899 e 2287.

Il relatore, senatore Ziccone, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.

ZICCONE, relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge d'iniziativa del senatore Gubetti ed altri, che incorpora analogo disegno di legge presentato dal senatore Paolo Danieli, affronta una questione molto dibattuta per decenni, che ha trovato periodicamente l'opinione pubblica molto divisa per la problematicità della questione. Si tratta di individuare con esattezza i confini del cosiddetto diritto di autotutela nella legittima difesa.

La questione è ovviamente delicata anche per il fatto di intervenire su temi di parte generale del diritto penale che, come è noto, sono spesso collegati a teorie generali e ad aspetti sistematici dell'ordinamento, per cui la riflessione è d'obbligo e bisogna intervenire con molta attenzione.

La questione riguarda il modo in cui si possono difendere alcuni beni e i limiti entro i quali questi beni possono essere difesi. Tali beni possono essere l’incolumità personale oppure, come avviene normalmente, i beni patrimoniali.

Questo provvedimento nasce anche dalla constatazione di un’incertezza, ripetuta e costante, della giurisprudenza. Infatti, sono note ipotesi in cui soltanto alla fine di un iter processuale lungo e faticoso, pervenuto alla pronunzia della Corte di Cassazione, colui il quale è stato aggredito in casa propria, anche attraverso minacce di violenza fisica e che si è difeso con strumenti ritenuti inadeguati e non proporzionati in un primo tempo, ha poi ottenuto questo riconoscimento. Il tutto, però, alla fine di un processo costato sacrifici, fatica e patema d’animo alla vittima.

Il presunto disegno di legge interviene sostanzialmente per precisare i limiti della proporzionalità. Come è noto, infatti, la legittima difesa è consentita soltanto entro i limiti della proporzione rispetto alla offesa, come richiede espressamente l’articolo 52 del codice penale.

Si tratta di un’aggiunta al suddetto articolo che, in un secondo comma, indicato e contenuto nel presente disegno di legge, stabilisce che nell’ipotesi in cui l’aggressione ai beni dell’incolumità fisica o a quelli patrimoniali avvenga con la contemporanea violazione del domicilio (una situazione che presenta pericoli e produce turbamento con sensazione di paura e sconvolgimento della vittima) sono permesse reazioni con la certezza che queste non assoggetteranno la vittima che si è difesa a procedimento penale, come invece qualche volta è avvenuto. Ad esempio, è previsto che possa essere usata un’arma o altro mezzo idoneo quando si è aggrediti in casa propria, previa violazione di domicilio, e ci si difende per la minaccia attuale e incombente della propria o altrui incolumità.

Viene poi inserita un’altra ipotesi, che ha suscitato maggiori discussioni in Commissione e che alla fine ha trovato una soluzione equilibrata tra le varie tesi contrastanti emerse nel corso del dibattito, relativamente ai beni patrimoniali. In relazione ad essi, la difesa è consentita, nel senso che la reazione si considera comunque proporzionata, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione.

Si tratta di termini molto tecnici che, da un lato, servono ad escludere alcune situazioni che potrebbero suscitare reazioni allarmate per un eccesso del principio della legittima autotutela e del diritto di difesa e, dall’altro, costituiscono indicazioni che non sono quelle ovvie di un pericolo incombente e forte per la propria incolumità individuale. In questa ipotesi, infatti, nessuno ha mai messo in discussione che l’aggredito possa reagire anche con la violenza fisica.

La prima ipotesi (cosa vuol dire "non vi è desistenza?") è l'ipotesi che qualche volta si è presentata nella pratica (e queste situazioni meritano, secondo il disegno di legge, il permanere nella punizione), quella in cui, ad esempio, il ladro che si è introdotto a tarda sera o durante la notte nell'appartamento di una persona, vedendo che il proprietario si è accorto della sua presenza, scappi o si appresti a fuggire.

In questa ipotesi è chiaro che la reazione dell'aggredito, per il solo fatto di essere stato soggetto passivo di una violazione di domicilio, con un'arma, o con la violenza non è consentita perché ancora oggi si ritiene non proporzionata una eventuale offesa all'incolumità fisica dell'aggressore spinti dall'esigenza di bloccarlo, di punirlo o di vendicarsi.

L'altra ipotesi è il pericolo di aggressione che non corrisponde all'aggressione attuale, perché altrimenti la norma sarebbe quasi inutile. Si indica una situazione nella quale non è esclusa la possibilità dell'aggressione ed è quindi giustificata la reazione, secondo l'esperienza e secondo la sensibilità comuni, così come è negli altri Paesi europei.

Con questo disegno di legge ci avviciniamo quindi alla disciplina degli altri Paesi europei, che è stata sempre, rispetto all'ordinamento italiano, di maggior tutela dell'aggredito rispetto all'aggressore.

Nell'ipotesi in cui c'è questo pericolo di aggressione è giustificata la reazione del soggetto impaurito e che teme per la propria incolumità anche nell'ipotesi in cui - ripeto - l'aggressione è soltanto un pericolo, una possibilità, ma non è nella fase di attuazione. Infatti in quest’ultima fase, nell'ipotesi in cui l'aggressore, il rapinatore o il ladro abbia già sparato, evidentemente l'uso dell'arma da parte dell’aggredito non avrebbe più alcun valore.

Queste sono le ragioni per le quali questo disegno di legge è stato approvato dalla Commissione, con i contenuti che ho illustrato; esso è stato il frutto di una elaborazione approfondita per la necessità di introdurre alcune limitazioni e per evitare che potesse esserci la sensazione di una sorta di libertà di uso dell'arma. Così non è; eventuali modifiche saranno introdotte con emendamenti che sono già stati annunciati da parte di vari parlamentari. (Applausi dal Gruppo FI).

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, mi rincresce per i colleghi dover intervenire a quest'ora, ma il disegno di legge in titolo è di così straordinaria importanza e delicatezza che mi sembra sin da subito lo si debba approcciare anche sul piano costituzionale.

Desidero pertanto sollevare un'eccezione di costituzionalità con riferimento all'articolo 2 della Carta costituzionale ("La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo"), in rapporto al testo dell'articolo 1 del disegno di legge, ove si prevede che sia proporzionale, e quindi lecito, l'uso della violenza quando l'aggressione riguardi i beni propri o altrui e quando non vi è desistenza o vi è pericolo di aggressione.

In buona sostanza, si dice che è proporzionale l'utilizzo della violenza, anche armata, rispetto ad un'aggressione di meri beni, che non sia desistita da parte dell'aggressore. Non mi si può dire che la locuzione finale "pericolo di aggressione" si riferisce alla persona perché la lettera a) prevede che vi sia proporzione quando è in discussione la propria o l'altrui incolumità. Allora, dalla distinzione, dalla separazione delle due lettere si intende che nella lettera a) si ha riferimento alla propria e altrui incolumità, e nella lettera b) si ha invece riferimento all'incolumità dei beni non desistita, anzi continuata ad aggredire.

Allora, signori colleghi, non mi importa affatto che un voto pregiudiziale liquidi la pregiudiziale di costituzionalità, ma qui mi sembra che dobbiamo affrontare con estrema serietà (e quindi la pregiudiziale mi serve anche come sottolineatura dell’importanza della questione) se sia lecito, ovverosia se sia a priori proporzionale difendere con la violenza anche armata l’aggressione ai beni se avviene in un contesto di violazione del domicilio.

La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, all’articolo 2 (rivisitazione e attuazione, com’è noto ai colleghi, dell’articolo 2 della nostra Costituzione), comma 1, recita: "Il diritto di ogni persona alla vita è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale, pronunziata da un tribunale (…)". Interessa il comma 2: "La morte non si considera inflitta in violazione di questo articolo quando risulta da un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario (…)".

Allora, la norma della Convenzione europea sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950 recepisce e sussume quei due fondamentali articoli del nostro codice penale, il 54 e il 52, che sono uno straordinario portato della nostra dottrina giuridica.

Ricordo ai signori colleghi che gli articoli 52 e 54 sono passati indenni negli anni, nel tempo, attraverso le pronunzie e le eccezioni di incostituzionalità e hanno resistito grazie a un concetto di proporzione che è veramente vanto della dottrina e dell’insegnamento giurisprudenziale italiano.

Ora, questa norma del disegno di legge al nostro esame stravolge l’articolo 52 di cui sopra, perché dice che vi è proporzione presunta nei confronti di chi, violando il domicilio, aggredisce i beni.

Allora, la questione serissima è la seguente: può essere messa in gioco la vita umana da un’aggressione dei beni? È tutto questo compatibile con la nostra Carta costituzionale? Possiamo noi dire che se il ladruncolo è sulla pianta di ciliegio e malavverte o non sente il richiamo a desistere può essere abbattuto?

Possiamo dire che il ladro il quale, trovato all’interno di un domicilio, non alza le braccia e non scappa immediatamente può essere abbattuto in forza di una legge che quindi non rende più inviolabile il diritto alla vita, che è il primo dei diritti della persona umana, così come rivisitato, esplicitato e concretizzato nella Convenzione di Roma del 1950?

Possiamo accettare che venga modificato quello straordinario principio di civiltà costituito dal rapporto di proporzione tra l’offesa e la difesa, rapporto che non può mai fare l'enorme salto qualitativo tra i beni (i "luppini" di verghiana memoria) e la vita umana o il pericolo della vita umana o la lesione di un’altra persona? Possiamo accettare tutto questo e non ritenere che tutto questo abbatta uno dei diritti fondamentale della nostra Carta costituzionale, ovverosia il diritto all’inviolabilità della persona?

Possiamo veramente per demagogiche, "pancistiche" ed elettorali ragioni andare così indietro nella nostra civiltà? Possiamo dire che tutto questo è lecito, è consentito, è televisivamente utile? Il televisivamente utile ci interessa né poco, né punto.

Qui noi abbiamo di fronte un salto di qualità tra due beni che non sono mai comparabili e mai messi in rapporto di proporzione: la vita e la cosa, la vita umana e l’utilità, la vita umana e il bene. I beni, per carità, sono certamente rispettabilissimi, la casa, la ricchezza, il denaro e quant’altro, ma quando c’è in gioco la vita, quando si attenta alla vita, allora, signori colleghi, stiamo veramente attenti.

Qui noi mettiamo addirittura in dubbio ciò che dice la Carta costituzionale all’articolo 2, ovverosia che i diritti dell’uomo sono inviolabili e tra questi c’è prima di tutto il diritto alla vita, alla sua integrità fisica.

Per queste ragioni, chiedo ai colleghi di non voler disdegnare la questione pregiudiziale da me proposta, che affido al giudizio dell’Aula.

PRESIDENTE. Poiché nessuno chiede di intervenire, metto ai voti la questione pregiudiziale, presentata dal senatore Zancan.

Non è approvata.

Dichiaro aperta la discussione generale che, come convenuto, avrà luogo nella seduta antimeridiana di martedì prossimo.

Rinvio pertanto il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

Per la risposta scritta ad un'interrogazione

SODANO Calogero (UDC). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SODANO Calogero (UDC). Signor Presidente, desideravo sollecitare per l’ennesima volta - credo la quinta - la risposta da parte del Ministro dell’ambiente all’interrogazione 4-03788, da me presentata nel febbraio del 2003. Sono passati quasi due anni e ancora il Ministro non risponde.

Solleciterò tale risposta in ogni futura seduta, a partire da quella di domani, signor Presidente, però la prego di attivarsi, dato che i funzionari hanno fatto tutto quello che hanno potuto, compreso l’invio di telegrammi al Ministro.

Desidero anche sapere le ragioni della non risposta. Se ci sono altre vie da percorrere, compresa quella di non uscire dall’Aula finché il ministro Matteoli non mi avrà dato una risposta, sono disposto a percorrerle.

PRESIDENTE. Non uscire dall’Aula sarebbe un problema, senatore Sodano: la dovremmo chiudere dentro. Vi sarà, pertanto, un ennesimo sollecito al Ministro dell’ambiente affinché altrettanto sollecitamente risponda a questa sua interrogazione.

Sui lavori del Senato

PRESIDENTE. Avverto che, essendo stati esauriti o rinviati gli argomenti previsti dal calendario dei lavori per la seduta antimeridiana di domani, tale seduta non avrà più luogo.

Mozioni e interrogazioni, annunzio

PRESIDENTE. Comunico che sono pervenute alla Presidenza mozioni e interrogazioni, pubblicate nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno
per la seduta di giovedì 7 ottobre 2004

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica domani, giovedì 7 ottobre, alle ore 16, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

La seduta è tolta (ore 19,12).



Allegato A

DOCUMENTO

Nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2005-2008 (Doc. LVII, n. 4-bis)

PROPOSTA DI RISOLUZIONE

(6-00064) n. 1 (06 ottobre 2004)

Approvata

SCHIFANI, NANIA, D'ONOFRIO, PIROVANO, CRINO', DEL PENNINO

        Il Senato,

            esaminata la Nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2005-2008;

            rilevato l’impegno del Governo a conseguire gli obiettivi di finanza pubblica con strumenti adeguati rispetto alla situazione economica nazionale;

            approva la Nota di aggiornamento con i relativi obiettivi e impegna il Governo ad operare affinché le politiche di riforme strutturali da intraprendere siano orientate al rilancio dello sviluppo e dell’occupazione, con particolare riferimento al Mezzogiorno e alle aree sottoutilizzate del Centro Nord garantendo così la protezione degli strati più deboli della società e il miglioramento della competitività dell’economia italiana nel contesto economico internazionale .



Allegato B

Commissione parlamentare per le questioni regionali, variazioni nella composizione

Il Presidente del Senato ha nominato membro della Commissione parlamentare per le questioni regionali il senatore Monti, in sostituzione del senatore Pirovano, dimissionario.

Disegni di legge, assegnazione

In sede referente

2ª Commissione permanente Giustizia

Sen. Iovene Antonio ed altri

Modifiche all' articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, in materia di estensione delle ipotesi di sequestro e confisca dei beni per taluni delitti contro la pubblica amministrazione e loro uso sociale (3050)

previ pareri delle Commissioni 1° Aff. cost.

(assegnato in data 06/10/2004 )

7ª Commissione permanente Pubb. istruz.

Sen. Bevilacqua Francesco

Riordino delle attività di danza (1655)

previ pareri delle Commissioni 1° Aff. cost., 2° Giustizia, 5° Bilancio, 12° Sanita', Commissione parlamentare questioni regionali

(assegnato in data 06/10/2004 )

11ª Commissione permanente Lavoro

Sen. Tofani Oreste

Modifica alla legge 11 gennaio 1979, n. 12 in materia di consulenti del lavoro (3117)

previ pareri delle Commissioni 1° Aff. cost., 2° Giustizia

(assegnato in data 06/10/2004 )

Governo, trasmissione di documenti

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 27 settembre 2004, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 1-bis, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47, la relazione sull'attività del Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle attività connesse al programma di ricostruzione di cui al Titolo VIII della legge 14 maggio 1981, n. 219 recante "Intervento statale per l'edilizia a Napoli" (Atto n. 558).

Detta documentazione è stata trasmessa, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, secondo periodo, del Regolamento, alla 13a Commissione permanente.

 

Mozioni

NIEDDU, MURINEDDU, DETTORI, CADDEO, PASCARELLA, PIZZINATO, VICINI, GIOVANELLI, GASBARRI, LONGHI, ROTONDO, BATTAGLIA Giovanni, AYALA, BATTAFARANO, PILONI - Il Senato,

tenuto conto che numerose marinerie di pescatori del Sulcis, in Sardegna, hanno posto in essere manifestazioni intese ad ottenere il pieno riconoscimento di accordi già sottoscritti e di impegni assunti con autorità militari e regionali, uscendo in mare nelle aree assoggettate a servitù militare durante esercitazioni militari programmate;

premesso che nelle acque sud-occidentali della Sardegna l'esercizio della pesca è periodicamente interrotto a causa dello svolgimento di esercitazioni militari nel poligono di Capo Teulada e che tali esercitazioni sono ritenute necessarie per conseguire il livello di addestramento delle Forze armate;

considerato che nell'area interdetta dalle esercitazioni militari esplicano un'attività di piccola pesca numerose marinerie residenti in circa 20 comuni limitrofi, nella quale sono coinvolti centinaia di pescatori, e pertanto tale attività rappresenta un'importante componente dell'economia produttiva cui quei territori non possono rinunciare;

tenuto conto che vi è dunque l’inderogabile necessità di conciliare le esigenze addestrative delle Forze armate con il diritto a mantenere attiva e in grado di produrre un reddito sufficiente l'attività di pesca, e che tale possibilità è stata individuata in passato con la stipula di un Protocollo di intesa tra il Ministero della difesa e la Regione autonoma della Sardegna prevedendo specifici indennizzi agli operatori economici per lo sgombero di specchi d'acqua interessati dalle esercitazioni militari, ai sensi dell'art. 15 della legge 24 dicembre 1976, n. 898, per un numero massimo di 120 giorni all'anno;

preso atto che lo strumento del Protocollo d'intesa necessita di un aggiornamento che tenga conto della possibilità di consentire la riduzione delle limitazioni all'esercizio della pesca nelle aree interdette, anche consentendo l'uso di attrezzi passivi per la pesca in tali zone, e dell’emanazione di una norma interpretativa che dia forza di legge all'attribuzione degli indennizzi includendovi tra l'altro anche una quota per i proprietari delle barche da pesca,

impegna il Governo a riunire immediatamente intorno ad un tavolo tecnico presso il Ministero della difesa i soggetti interessati in rappresentanza dei pescatori, della Regione Sardegna e delle autorità militari, al fine di individuare i contenuti di un accordo nei termini sopra esposti.

(1-00298)

DATO, DI SIENA, D'ANDREA, MONTAGNINO, MANCINO, MANZIONE, Bettoni Brandani, COLETTI, DETTORI, GIARETTA, SCALERA, LEGNINI - Il Senato,

premesso che:

la crisi in cui versa la FIAT continua a determinare viva preoccupazione nei territori dove sono presenti i suoi siti produttivi;

la joint-venture tra la General Motors e la stessa FIAT, denominata Powertrain, in aggiunta ai problemi connessi con le difficoltà industriali e finanziarie della FIAT, sconta anche le potenziali scelte di divisione che le due società potrebbero assumere, con conseguenze imprevedibili sugli impianti interessati;

al momento non esiste un tavolo di confronto tra FIAT, organizzazioni sindacali, amministrazioni dei territori coinvolti e Governo nazionale per individuare ogni soluzione atta ad evitare che l'ultimo presidio industriale multinazionale possa perdersi o ridursi a modeste dimensioni di mero assemblaggio di pezzi;

a Termoli, in provincia di Campobasso, è presente un sito produttivo della FIAT - Powertrain dove lavorano, tra addetti diretti e indotto, tremila unità, senza far riferimento agli altri occupati molisani del settore auto impiegati nell'area di Pozzilli-Venafro per diverse centinaia di persone;

la Powetrain ha presentato un contratto di programma per investimenti pari a 434 milioni di euro da effettuare nell'impianto di Termoli per innovazioni ed ammodernamenti, e il medesimo sito resta in attesa di rimborso dei danni, quantificati in circa 125 milioni di euro, per l'alluvione del 25.1.2003;

la Giunta regionale dopo quattro mesi ha approvato il contratto di programma il 22 giugno 2004 e l'ha trasmesso al competente Ministero delle attività produttive;

il Molise, colpito dal terremoto del 31.10.2002, è ancora in attesa dei fondi per la ricostruzione, per la messa in sicurezza del territorio e per favorire la ripresa economica e produttiva delle aree interessate, all'interno delle quali l'unico sito occupazionale vero è rappresentato dalla Fiat-Powertrain di Termoli,

impegna il Governo:

ad affrontare la vertenza FIAT al fine di evitare l'accentuarsi della crisi industriale e finanziaria dell'azienda anche attraverso misure tempestive e provvedimenti efficaci diretti;

a sottoscrivere e dare conseguente corso al contratto di programma della Powertrain con riferimento al sito produttivo di Termoli, con l'obiettivo di difendere i livelli occupazionali contrastando ipotesi di riduzione di personale che sancirebbero un duro colpo alle aspettative di ripresa del territorio e dell'intera regione;

a sostenere la FIAT-Powertrain a consolidare la presenza in Italia, nel Mezzogiorno ed in Molise con investimenti innovativi che garantiscano una prospettiva di medio-termine fermando la costante fuoriuscita di personale che ha visto diminuire significativamente il numero degli addetti nello stabilimento di Termoli;

ad intraprendere ogni iniziativa perché si sottoscriva il contratto di programma, difendendo il lavoro ed il futuro di migliaia di famiglie.

(1-00299)

Interrogazioni

DEMASI - Ai Ministri dell'ambiente e per la tutela del territorio, delle attività produttive e della giustizia - (Già 4-07360)

(3-01759)

SODANO CALOGERO - Al Ministro dell'interno - Per sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza degli ultimi sbarchi di clandestini a Lampedusa, che hanno messo in crisi il centro di accoglienza dell'isola e che hanno prodotto nel tempo una forte contrazione del turismo, con il conseguente danno all'economia;

se sia inoltre a conoscenza del fatto che nella città di Agrigento sono ospitati presso l'ex Ospedale S. Giovanni di Dio oltre 60 extracomunitari per i quali a tutt'oggi non c'è nessun decreto di esplunsione;

considerato inoltre:

il momento di grave incertezza e pericolosità che il Paese vive per il dilagante rischio di attentati terroristici, che induce non a dimenticare la solidarietà ma ad anteporre ad essa la sicurezza dei cittadini;

che i servizi segreti stranieri avrebbero paventato possibili e probabili infiltrazioni di terroristi nei giornalieri sbarchi di clandestini;

che nella citata struttura gli extracomunitari vivono senza alcun tipo di controllo;

che la struttura è destinata ad ospitare un complesso alberghiero,

si chiede di conoscere se e quali provvedimenti si intenda adottare per ripristinare urgentemente un clima di sicurezza e di controllo del territorio e se, a tal fine, non si ritenga utile rafforzare con unità aero-navali il presidio delle nostre coste.

(3-01760)

Interrogazioni con richiesta di risposta scritta

DE ZULUETA, FALOMI, OCCHETTO - Al Ministro delle comunicazioni - (Già 3-01523)

(4-07403)

SODANO TOMMASO - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che:

Francesco Iacomino, 33 anni, è stato abbandonato ancora agonizzante sul ciglio di una strada, ad Ercolano, nel Napoletano, dopo essere precipitato da un’impalcatura di un cantiere dove probabilmente lavorava in nero; trovato nelle prime ore del mattino del 4 ottobre 2004 è stato soccorso, ma è morto durante il trasporto in ospedale;

sembrerebbe che Francesco Iacomino stesse lavorando nel canterie delle ex officine Fiore di Ercolano, dove attualmente sono in corso attività di dismissioni degli impianti prima della realizzazione di un complesso universitario. Stava facendo una saldatura quando è scivolato giù dall'impalcatura, facendo un volo di quindici metri;

secondo un'indagine dell'Istat del 2002 ben tre milioni e 437.000 lavoratori italiani risulterebbero "non regolari" e lavorerebbero in nero;

i tassi di lavoratori in nero, sempre secondo l'Istat, sarebbero del 30% in Calabria, del 25% in Campania e del 20% in Sicilia sul totale degli occupati; mentre risulterebbero il 9,5 % al Nord- Ovest e il 10,3% al Nord-Est; il Centro sarebbe al 13,3%,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga che la morte dell'operaio Francesco Iacomino rappresenti la tragica conferma dell'esistenza della piaga del lavoro in nero e dello stilicidio di vite umane che esso causa;

se non valuti che il lavoro non regolare favorisca oggettivamente attività illegali;

se non valuti che l'INPS debba rafforzare la sua azione ispettiva presso le aziende per verificare il rispetto della legge;

se non ritenga di avviare, alla luce delle centinaia di morti che si verificano ogni anno in Italia, un'indagine ministeriale per monitorare il fenomeno del lavoro nero e per individuare misure efficaci di contrasto.

(4-07404)

COSTA - Al Ministro delle attività produttive - Premesso:

che i settori calzaturiero e tessile nel Salento versano in una situazione di grave crisi che mette a rischio 25.000 posti di lavoro;

che il sistema industriale del tessile, abbigliamento e calzature ha rivestito per decenni un ruolo propulsivo per l’ampliamento e lo sviluppo dell’intera economia regionale, contribuendo direttamente allo sviluppo del sistema produttivo locale e generando ricadute di rilievo sulla crescita del reddito, dell’occupazione e dell'intero territorio salentino;

che l’evoluzione attuale appare contrassegnata da persistenti e crescenti segnali di difficoltà frutto di mutamenti strutturali di medio e lungo periodo nell’organizzazione dei mercati mondiali, che si aggiungono alle difficoltà di ordine meramente congiunturale, contribuendo ad aggravare la situazione presente;

che in questa area le difficoltà delle imprese hanno già determinato ricadute particolarmente negative in termini occupazionali che rischiano di divenire ancora più sfavorevoli;

che, come per il settore meccanico con riferimento alla situazione della FIAT, la cassa integrazione non può rappresentare una misura definitiva, bensì solo temporanea, all’emorragia di posti di lavoro;

che molto spesso tali misure assistenziali non hanno portato nel lungo termine alcuna prospettiva per il futuro di questa economia e dei lavoratori stessi, per alcuni dei quali è difficile trovare una ricollocazione nel mondo del lavoro anche per una sorta di sbarramento dell’età anagrafica,

l'interrogante chiede di sapere quali siano gli intendimenti del Governo in ordine all'adozione di provvedimenti mirati atti ad agevolare il rilascio di finanziamenti che consentano agli imprenditori una ripresa degli investimenti e un rilancio dell'intero settore.

(4-07405)

BALBONI - Al Ministro della giustizia - Premesso che:

da informazioni pervenute dagli ambienti giudiziari sembra siano sempre più numerosi i procedimenti penali pendenti presso la Procura della Repubblica di Ferrara che si concludono con richiesta di archiviazione per intervenuta prescrizione;

la grande maggioranza di queste archiviazioni riguarderebbero procedimenti di competenza del Procuratore Capo dott. Severino Messina;

molti dei reati caduti in prescrizione per inattività della Procura, ed in particolare del dott. Messina, riguarderebbero fattispecie di una certa gravità e che suscitano allarme sociale, come ad esempio lesioni personali volontarie, truffa, furto, omessa assistenza familiare, ecc;

crescono in tal modo il disagio e la sfiducia tra le persone offese dal reato, costrette all'ulteriore mortificazione di veder prosciogliere i (presunti) responsabili senza che l’Autorità giudiziaria si sia preoccupata di svolgere alcuna attività (sia pure soltanto un semplice atto di interruzione della prescrizione),

si chiede di sapere, per quanto di competenza, quali risulti al Ministro in indirizzo siano:

a) il numero dei procedimenti penali pendenti presso la Procura della Repubblica di Ferrara che si sono conclusi con richiesta di archiviazione per intervenuta prescrizione dal 1° gennaio 2000 ad oggi;

b) il numero dei reati che non sono stati perseguiti per inattività della Procura nonostante fossero identificati o facilmente identificabili i responsabili;

c) il numero delle richieste di avocazione presentate presso la Corte di Appello di Bologna per segnalare l’inattività della Procura di Ferrara;

d) la percentuale, sul totale dei procedimenti archiviati, di competenza del dott. Messina;

se il Ministro intenda assumere ulteriori iniziative per assicurare l’effettivo espletamento dell’azione penale da parte della Procura di Ferrara.

(4-07406)

COSTA - Al Ministro delle politiche agricole e forestali - Premesso:

che è ormai sempre più preoccupante la crisi che ha colpito il settore del tabacco a livello nazionale e nel Salento;

che la lunga crisi della tabacchicoltura stenta ad individuare soluzioni che impediscano lo smantellamento di tutto il settore;

che è preoccupante la crisi occupazionale che sta colpendo molte famiglie di lavoratori delle imprese tabacchicole nel Salento;

che è di questi giorni la notizia di numerosi sit-in di protesta contro l'intenzione preannunciata dalla multinazionale anglo-americana del settore di procedere alla chiusura di due dei cinque stabilimenti italiani, con la motivazione di adeguare la capacità produttiva avvicinandola alle reali esigenze del mercato,

l’interrogante chiede di sapere quali siano gli intendimenti del Governo in ordine ad un urgente intervento per trovare dei solleciti rimedi alla crisi del settore del tabacco.

(4-07407)

MALABARBA, SODANO Tommaso - Al Ministro della giustizia - Premesso che:

in un articolo pubblicato sul settimanale "Panorama" del 30 settembre 2004, dal titolo "Troppo rosse quelle tute blu", vengono trattate le vicende interne alla fabbrica della Piaggio di Pontedera (Pisa);

nel suddetto articolo viene riportato che undici lavoratori iscritti alla Fiom sarebbero sotto osservazione della Digos di Pisa ("operai duri e puri, le cui vite sono ora passate al setaccio dagli investigatori della Digos di Pisa");

in particolare, oggetto delle indagini sarebbero gli appartenenti alla corrente della Fiom denominata "Cambiare rotta", e guidata da Giuseppe Corrado;

alle dichiarazioni dei diretti interessati, che hanno escluso qualsiasi loro coinvolgimento in attività illecite, sono seguite quelle di analogo tenore delle organizzazioni sindacali, che peraltro hanno anche evidenziato l’impegno sindacale degli stessi a difesa dei diritti dei lavoratori;

è del tutto evidente che se fossero effettivamente in corso indagini nei confronti degli undici lavoratori appartenenti a "Cambiare rotta" l’informazione sarebbe giunta al giornalista di Panorama direttamente dalla Digos,

si chiede di sapere:

se corrisponda al vero quanto riportato nell’articolo del settimanale "Panorama";

in caso affermativo, sulla base di quali elementi la Digos di Pisa stia effettuando indagini nei confronti degli appartenenti a "Cambiare rotta", considerando che gli stessi non sono coinvolti in alcuna attività illecita;

se non si ritenga grave che la Digos di Pisa proceda ad indagini nei confronti dei suddetti lavoratori esclusivamente in relazione al loro impegno nell’attività sindacale.

(4-07408)

FABRIS - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso:

che, secondo quanto appreso dalla stampa, la Banca Popolare di Lodi e Credieuronord, la banca della Lega, hanno sottoscritto un "protocollo d'intesa" sull'aggregazione dei due gruppi bancari;

che tale operazione, da realizzarsi subordinatamente al rilascio delle autorizzazioni delle competenti autorità di vigilanza, sarà attuata in due fasi;

che la prima fase, da perfezionarsi entro il 2004, comprenderà la conclusione dell'atto di cessione del ramo d'azienda bancaria di Credieuronord alla Banca Popolare di Lodi e la trasformazione di Credieuronord in holding di partecipazioni in forma di società per azioni con la denominazione di Euronord Holding Spa;

che la seconda, da attuarsi nel corso del 2005 qualora si verifichino le condizioni di stabilità patrimoniale, implicherà la fusione per incorporazione della Euronord Holding Spa in Reti Bancarie Holding Spa, sub-holding quotata del gruppo Bipielle;

che, in buona sostanza, detta operazione consentirà al gruppo Bipielle di ampliare la propria rete commerciale e favorire la diffusione dell'azionariato di Reti Bancarie Holding;

che il valore economico di Credieuronord, ai fini del completamento dell'operazione, è stato stimato dalle parti in 2,8 milioni di euro;

considerato:

che tale operazione di cessione e di trasformazione societaria ha suscitato la rabbia di numerosissimi risparmiatori tuttora soci di Credieuronord;

che, in particolare, i soci creditori della banca Credieuronord, la banca della Lega Nord che, come si è detto, sarà ceduta a Banca Popolare di Lodi per 2,8 milioni di euro, non sono in alcun modo disposti ad accettare detta cessione e che, riunitisi in un comitato promosso da alcuni soci torinesi e divenuto via via più grande, intendono intervenire all'assemblea degli azionisti al fine di recuperare i soldi spariti dalla cassa sociale;

che per gli oltre 4.000 correntisti - che, a quanto consta all'interrogante, alla nascita di Credieuronord avevano risposto con entusiasmo all'appello di Umberto Bossi, che incitò da Pontida: "Occorre che i nostri risparmi finiscano sui conti della nostra banca popolare" -, oramai, il caso Credieuronord continua a rivelare nel tempo connotati sempre più dolorosi;

che, in particolare, sul bilancio della banca leghista pesano circa 13 milioni di euro di crediti inesigibili e i soci creditori continuano a chiedersi come mai dopo sei mesi il capitale sia sceso da 6,5 milioni di euro a 2,8 milioni, considerando pure che un recente aumento di capitale veniva sottoscritto solo pochi mesi fa da tutti gli esponenti della Lega, più o meno noti, parlamentari e non;

che, secondo fonti giornalistiche, sembrerebbe che più volte i soci creditori della banca popolare Credieuronord abbiano chiesto una rendicontazione delle operazioni fatte che, tuttavia, non è mai stata data,

si chiede di sapere:

se e come sia stata esercitata in tale contesto l'alta vigilanza in materia di tutela del risparmio e di esercizio della funzione creditizia da parte del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio, presieduto dal Ministro competente;

come sarà tutelata la posizione giuridica dei numerosissimi soci creditori della banca Credieuronord nell'ambito dell'operazione di cessione del ramo di azienda bancaria di Credieuronord alla Banca Popolare di Lodi;

se e quali provvedimenti intenda assumere il Governo per sanare una situazione tanto grave e rovinosa per numerossimi cittadini, traditi anche nella loro fede politica dall'incapacità e dall'approssimazione di chi li ha indotti nell'esperienza fallimentare della banca Credieuronord.

(4-07409)

SODANO TOMMASO - Al Ministro per i beni e le attività culturali - Premesso che:

nel Consiglio comunale di lunedì 19 luglio 2004 la maggioranza che amministra Cerreto Sannita (Benevento) ha deciso di far ritornare nelle mani di un privato un monumento storico del paese, l’antica tintoria dei "pannilana" (manifatture dell’epoca), conosciuta col nome di "Tinta" (1700);

il sindaco neoeletto, deputato di F.I., Antonio Barbieri, secondo quanto risulta all’interrogante, già in campagna elettorale aveva promesso che il rudere sarebbe ritornato al proprietario, facendo venir meno il diritto di prelazione che la precedente amministrazione, guidata da Francesco Gagliardi, aveva esercitato nella passata consiliatura, attraverso la delibera n. 5 del 19/5/2003. Detta delibera prevedeva l’acquisizione dell’immobile "Tinta" da parte dell’ente comunale, come bene di interesse storico ed architettonico, definizione che mal si conciliava con la volontà di un privato di tenerlo per non si sa quali scopi e/o fini;

l’attuale sindaco Barbieri negli anni ’80 e ’90, quando era già primo cittadino di Cerreto Sannita, ad avviso dell’interrogante aveva dimenticato il valore della "Tinta" e non si era mai adoperato per tutelarla e assicurarla al patrimonio pubblico. Adesso la restituisce ad un privato, giustificando la rinuncia al diritto di prelazione attraverso una mancanza di fondi comunali per poter mettere in sicurezza la struttura,

si chiede di sapere:

se non si ritenga che la volontà di donare a privati i "gioielli" storici di Cerreto sia il primo attacco che la neoamministrazione fa al territorio e alla storia del paese;

se non si ritenga che tale decisione non sia nient’altro che il primo passo di questa maggioranza a favore dell’interesse privato su beni di interesse storico, che possono essere volano di sviluppo economico e sociale per un territorio come quello di Cerreto;

se non appaia evidente, infine, che l’attuale amministrazione Barbieri, al di là delle giustificazioni di facciata, abbia preferito al pubblico un interesse di parte, sicuramente poco chiaro, mal definito e che non si concilia con la tutela della collettività.

(4-07410)

Interrogazioni, già assegnate a Commisssioni permanenti, da svolgere in Assemblea

L’interrogazione 3-01522, del senatore Forcieri, precedentemente assegnata per lo svolgimento alla 8a Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni), sarà svolta in Assemblea, in accoglimento della richiesta formulata in tal senso dall’interrogante.