Cassazione Civile, Sez. I, 04 maggio 2004, n. 8423
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Rosario DE MUSIS - Presidente -
Dott. Giammarco CAPPUCCIO - Consigliere -
Dott. Mario ADAMO - Consigliere -
Dott. Fabrizio FORTE - Consigliere -
Dott. Stefano PETITTI - Rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
R.E.T.G.L., domiciliato in ROMA presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE PIAZZA CAVOUR, rappresentato e difeso dall'avvocato ROSA
EMANUELA LO FARO, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
PREFETTURA DI CATANIA, in persona del Prefetto pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope
legis;
- controricorrente -
contro
MINISTERO DELL'INTERNO;
- intimato -
avverso il provvedimento del Tribunale di CATANIA, depositato il
01/03/02;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
06/11/2003 dal Consigliere Dott. Stefano PETITTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Ennio Attilio SEPE che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
Con provvedimento in data 26 febbraio 2002, il Tribunale di Catania, in
composizione monocratica, rigettava il ricorso proposto da R.E.T.G.L. avverso il
decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal
Prefetto di Catania in data 17 gennaio 2002, ai sensi dell'art. 13, comma 2,
lettera a), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 296, per essere egli
entrato nel territorio dello Stato italiano sbarcando clandestinamente lungo le
coste etnee.
Il ricorrente, premettendo di esser fuggito dal suo paese per
motivi politici e religiosi e di aver saputo con ritardo della possibilitÌÊ di
chiedere asilo politico, aveva lamentato
l'illegittimitÌÊ del provvedimento impugnato sotto diversi profili ed in
particolare per la violazione dell'art. 19 del d. lgs. n. 286 del 1998, per la
violazione dell'art. 10 della Cost., per la violazione delle Convenzioni di
Ginevra e di Dublino ed infine per la violazione dell'art. 13 legge n. 39 del
1990, essendo egli "in attesa di motivare la propria domanda innanzi alla
Questura di Catania".
Il Tribunale rilevava che la Prefettura opposta,
costituitasi in giudizio, aveva eccepito l'infondatezza del ricorso,
sottolineando come il ricorrente (sbarcato in Italia il 4 gennaio 2002 e alla
data dell'emissione del decreto ancora presente nel territorio italiano solo
perch̩, per impedimento del vettore aereo, non era stato possibile dare
esecuzione al decreto di respingimento nei suoi confronti giÌÊ adottato) solo
dopo la notifica del ricorso aveva presentato richiesta di asilo politico, peraltro, del tutto irrituale nelle forme (la stessa
era stata avanzata via fax da avvocato che assumeva essere procuratore del
ricorrente e che analoga istanza presentava per altri 46 connazionali) e
assolutamente immotivata nel contenuto.
CiÌÓ premesso, il Tribunale riteneva,
in primo luogo, che non dovesse essere approfondito il motivo di ricorso avente
ad oggetto la dedotta violazione della disciplina relativa ai rifugiati politici
(Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, ratificata con legge 24 luglio 1954,
n. 722, decreto legislativo 30 dicembre 1989, n. 416, convertito con
modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 30), posto che la condizione del
ricorrente, per come risultante dagli atti, non era quella del rifugiato
politico, cosÌÂ come unanimemente intesa in giurisprudenza.
Il Giudice del
merito riteneva altresÌÂ infondate le censure avanzate dal ricorrente al
provvedimento impugnato per violazione del "diritto di asilo", in dispregio dell'art. 10 della Costituzione, in quanto, posto
che il ricorrente stesso aveva presentato istanza di asilo (nelle forme esattamente indicate dalla Prefettura)
successivamente alla notifica del decreto di espulsione, non poteva esservi dubbio alcuno sulla legittimitÌÊ del
provvedimento alla data della sua emanazione.
NÌ©, ad avviso del Tribunale, la
illegittimitÌÊ del provvedimento poteva derivare dalla richiesta successivamente
in tal senso avanzata dall'attuale ricorrente, non contenendo la stessa (anche
cosÌÂ come successivamente proposta dal richiedente personalmente in data 20
gennaio 2002) alcun elemento dal quale desumere l'esistenza in capo al
ricorrente stesso del diritto d'asilo previsto dalla
Costituzione a favore dello straniero "al quale sia impedito nel suo paese
l'effettivo esercizio delle libertÌÊ democratiche garantite dalla Costituzione
italiana" (art. 10, comma 3), diritto al quale va riconosciuta la dignitÌÊ di
diritto soggettivo sempre che il soggetto che lo invochi dimostri (o almeno
specificatamente deduca) di trovarsi nelle condizioni previste dal su richiamato
art. 10, cosa che doveva escludersi in considerazione dell'assoluta mancanza di
motivazione della richiesta, essendosi, nel caso di specie, il ricorrente
limitato ad affermare di essere militante del partito di opposizione chiamato
"J.V.P. N.P."; il che non consentiva neanche di ritenere operante il divieto di
espulsione, previsto dall'art. 19 d. lgs. n. 286 del
1998, a favore dello straniero che, nel suo stato d'origine, "possa esser
oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di
cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o
sociali", anche in considerazione del fatto che, nelle prime dichiarazioni rese
subito dopo lo sbarco, il ricorrente aveva affermato di essere venuto in Italia
per trovare lavoro, al pari della sorella giÌÊ entrata in questo
Paese.
Avverso tale provvedimento R.E.T.G.L. propone ricorso per cassazione,
notificato alla Prefettura di Catania e al Ministero dell'Interno, sulla base di
tre motivi; resiste con controricorso la Prefettura di Catania, mentre il
Ministero dell'Interno non ha svolto attivitÌÊ difensiva.
Diritto
Deve preliminarmente essere dichiarata la inammissibilitÌÊ del ricorso
notificato al Ministero dell'Interno, giacch̩, come questa Corte ha
ripetutamente affermato, "nei giudizi promossi con ricorso contro il decreto di
espulsione la legittimazione passiva appartiene in
via esclusiva, personale e permanente all'autoritÌÊ che ha emesso il
provvedimento, e cio̬ al prefetto" (Cass., 5 aprile 2002, n. 4847; Cass., 6
febbraio 2003, n. 1748).
Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione
e falsa applicazione dell'art. 13, comma 9, d. lgs. n. 286 del 1998, e dell'art.
24 Cost., in riferimento all'art. 360, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ.. Bench̩, in
sede di ricorso contro il decreto prefettizio di espulsione, il ricorrente avesse chiesto espressamente al giudice di
essere sentito con l'assistenza di un interprete, come risulta sia dal ricorso
che dai verbali di causa, il giudice ha ritenuto di poter decidere sulla base
della documentazione in atti e delle dichiarazioni rese dal ricorrente stesso
all'autoritÌÊ amministrativa.
Il motivo ̬ infondato.
Premesso che ̬
indubitabile che, ai sensi dell'art. 13, comma 9, d. lgs. n. 286 del 1998
(abrogato dall'art. 12 della legge 30 luglio 2002, n. 189, ma applicabile
ratione temporis al caso di specie), nel procedimento introdotto con il ricorso
avverso il decreto di espulsione il giudice deve
procedere all'audizione dell'interessato, ̬ altrettanto indubbio che l'onere
posto a carico dell'organo giudicante in tanto puÌÓ ritenersi violato, in quanto
della fissazione della udienza di trattazione del ricorso non venga dato avviso
allo straniero e al difensore da questi nominato (Cass., 4 marzo 2003, n. 3154;
Cass., 26 novembre 2003, n. 18031). La mancata audizione dell'interessato, del
resto, non ̬ causa di nullitÌÊ del provvedimento poichÌ© il giudice ̬ tenuto a
decidere in ogni caso entro dieci giorni dalla data del deposito del ricorso,
sicchÌ© la decisione puÌÓ essere validamente presa anche in assenza del ricorrente
(v. Cass., 11 gennaio 2002, n. 298).
Nella specie, dallo stesso ricorso si
evince che il procuratore dello straniero ha partecipato al procedimento,
svolgendo istanze e contestando le difese dell'amministrazione convenuta, il che
consente di ritenere che la comunicazione dell'avviso di fissazione dell'udienza
in camera di consiglio sia stata tempestivamente effettuata. Nel ricorso,
inoltre, non viene dedotto che l'avviso di fissazione della udienza allo
straniero interessato non sia stato notificato e neanche che lo straniero sia
stato impedito dal partecipare alla udienza in camera di consiglio.
Con il
secondo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt.
10 e 19 d. lgs. n. 286 del 1998 e dell'art. 10 Cost..
La Prefettura e la
Questura di Catania con i provvedimenti amministrativi, posti in essere
avrebbero violato le norme che prevedono il principio del "non respingimento" e
del divieto di espulsione previsto dall'art. 19.
L'art. 10, n. 4, infatti, vieta il respingimento dei richiedenti asilo, dei rifugiati e di coloro che devono essere
protetti per motivi umanitari. L'art. 19, a sua volta, prevede il divieto di espulsione e di respingimento verso uno Stato in cui
lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso,
di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali o sociali. La Prefettura di Catania ha considerato irrituale la
domanda formulata dallo straniero, esprimendo con ciÌÓ un giudizio di merito
sulle circostanze di tempo di luogo e sulla fondatezza della stessa in diritto e
non avrebbe quindi concesso ai richiedenti alcuna possibilitÌÊ di motivare e
documentare le loro volontÌÊ. Sebbene nel nostro ordinamento giuridico ancora non
esista una normativa sull'asilo politico e sullo
status di rifugiato, ciÌÓ nondimeno la dichiarazione della manifesta infondatezza
delle richieste di status di rifugiato non puÌÓ essere fatta nÌ© dalle Questure nÌ©
dalle Prefetture, perch̩ non ̬ prevista dalla Risoluzione del Consiglio d'Europa
1995, n̩ dalla legge ordinaria italiana. La mancata attuazione dell'art. 10,
comma terzo, Cost. non potrebbe poi in alcun modo essere d'ostacolo alla sua
forza cogente.
Con il terzo motivo, il ricorrente deduce violazione della
legge 28 febbraio 1990, n. 39 - eccesso di potere per difetto di motivazione,
per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti, difetto di presupposti,
errore di motivazione, illogicitÌÊ manifesta, in relazione all'art. 360, n. 5,
c.p.c.. Il giudice del merito avrebbe dovuto annullare il provvedimento
impugnato, in quanto la richiesta di asilo era giÌÊ
stata formulata per ben 11 cingalesi con telegramma dal loro procuratore. La
domanda di asilo, in quanto diritto non
strettamente personale, non esclude infatti la rappresentanza: si tratta di un
diritto personale relativo, che puÌÓ essere esercitato dal procuratore in nome e
per conto. L'autoritÌÊ di polizia non ha permesso al procuratore e allo straniero
di spiegare e provare attraverso documentazione, n̩ durante le operazioni di
rimpatrio n̩ successivamente quanto da essi avanzato; ha soltanto valutato
negativamente, nonostante la propria incompetenza, ogni e qualsiasi richiesta
formulata dai predetti soggetti. Al contrario, le motivazioni della domanda non
devono essere formulate in via immediata, ben potendo essere esternate nel
momento in cui viene compilato il modello c/3. Non vi sono termini che
precludano la generica previsione "istanza motivata" prevista dalla
normativa.
Il secondo e il terzo motivo, che possono essere esaminati
congiuntamente, stante la evidente connessione, sono infondati, avendo il
Tribunale di Catania correttamente respinto l'impugnazione se pur dispiegando
motivazione che deve, come appresso, essere integrata.
Ai fini della
decisione della presente controversia, occorre premettere che l'art. 10, comma
terzo, Cost., prevede che "Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese
l'effettivo esercizio delle libertÌÊ democratiche garantite dalla Costituzione
italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della
Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge".
Nella vigenza
dell'art. 5 del decreto legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con
modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 39, il quale, al comma 2,
stabiliva che contro i provvedimenti di diniego del riconoscimento dello status
di rifugiato ̬ ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale del luogo
del domicilio eletto dall'interessato e in mancanza di una normativa di
attuazione del precetto costituzionale, le Sezioni Unite di questa Corte hanno
ritenuto che non possano trovare applicazione al richiedente asilo le disposizioni che disciplinano il riconoscimento dello status
di rifugiato politico. CiÌÓ sulla base di talune concorrenti argomentazioni: il
precetto costituzionale e la normativa sui rifugiati politici non coincidono dal
punto di vista soggettivo; la categoria dei rifugiati politici ̬ meno ampia di
quella degli aventi diritto all'asilo, in quanto la
convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, ratificata con legge 24 luglio 1954,
n. 722, prevede quale fattore determinante per la individuazione del rifugiato,
se non la persecuzione in concreto, un fondato timore di essere perseguitato,
cio̬ un requisito che non ̬ considerato necessario dall'art. 10, terzo comma,
Cost.; tale convenzione non prevede un vero e proprio diritto di asilo in favore dei rifugiati politici (Cass., S.U.,
26 maggio 1997, n. 4674).
Nella medesima pronuncia si ̬ altresÌ rilevato che
alla diversitÌÊ di requisiti ai quali sono subordinate le due situazioni
soggettive corrisponde anche una diversitÌÊ di trattamento, nel senso che allo
straniero il quale chiede il diritto di asilo
null'altro viene garantito se non l'ingresso nello Stato, mentre il rifugiato
politico, ove riconosciuto tale, viene a godere, in base alla Convenzione di
Ginevra, di uno status di particolare favore. Alla luce di tale considerazione
si ̬ quindi affermato che le controversie che riguardano il diritto di asilo, di cui all'art. 10, terzo comma, Cost.,
rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di un diritto
soggettivo al quale non ̬ applicabile la disciplina sullo status di rifugiato,
la quale invece espressamente prevede la giurisdizione del giudice
amministrativo.
Una successiva pronuncia (Cass., S.U., 17 dicembre 1999, n.
907), intervenuta dopo che l'art. 47 d. lgs. n. 286 del 1998 aveva abrogato gli
articoli 2 e seguenti del decreto - legge n. 416 del 1989, ha poi affermato che
la qualifica di rifugiato politico, secondo le previsioni della Convenzione di
Ginevra del 28 luglio 1951, che garantisce ad ogni rifugiato il libero e facile
accesso ai tribunali nel territorio degli stati contraenti, con conseguente
sostanziale parificazione del rifugiato al cittadino ai fini della delibazione
relativa alla sussistenza della giurisdizione, costituisce come quella di avente
diritto all'asilo - dalla quale si distingue,
perch̩ richiede, quale fattore determinante, un fondato timore di essere
perseguitato, cio̬ un requisito che non ̬ considerato necessario dall'art. 10,
terzo comma, Cost. - uno status, un diritto soggettivo, con la conseguenza che
tutti i provvedimenti, assunti dagli organi competenti in materia, hanno natura
meramente dichiarativa e non costitutiva, per cui le controversie riguardanti il
riconoscimento del diritto di asilo o la posizione
di rifugiato rientrano nella giurisdizione dell'autoritÌÊ giudiziaria ordinaria.
In tale occasione si ̬ quindi affermata la sussistenza della giurisdizione del
giudice ordinario in relazione alla domanda proposta avverso il diniego dello
status di rifugiato politico da parte della apposita Commissione costituita
presso il Ministero dell'Interno.
Chiarito, dunque, che la posizione del
richiedente asilo ̬ una posizione di diritto
soggettivo, occorre ora chiedersi se, a parte il caso in cui l'interessato
proponga una specifica domanda di accertamento dinnanzi al giudice ordinario,
allorquando la domanda sia rivolta all'autoritÌÊ amministrativa al momento
dell'ingresso nel territorio dello Stato ovvero successivamente, e in
particolare dopo l'adozione nei confronti dello straniero di un provvedimento di
espulsione, la domanda stessa debba o meno
presentare determinati requisiti e segnatamente, se l'istanza, come disposto
dall'art. 1, comma 5, del decreto - legge n. 416 del 1989 per la richiesta dello
status di rifugiato, debba essere motivata e accompagnata dalla richiesta di un
permesso di soggiorno temporaneo.
In proposito, si deve rilevare che, pur non
avendo trovato attuazione l'art. 10, terzo comma, Cost., nella legislazione
nazionale non mancano formulazioni normative tali da indurre a ritenere che la
domanda di asilo debba essere assistita dalle
medesime formalitÌÊ previste per la richiesta del riconoscimento dello status di
rifugiato. In particolare, la legge 23 dicembre 1992, n. 523, recante Ratifica
ed esecuzione della convenzione sulla determinazione dello Stato competente per
l'esame di una domanda di asilo presentata in uno
degli Stati membri delle ComunitÌÊ europee, con processo verbale, fatta a Dublino
il 15 giugno 1990, all'articolo 1 reca le seguenti disposizioni: "Ai fini della
presente convenzione si intende per: a) straniero chi non ̬ cittadino di uno
Stato membro; b) domanda di asilo: domanda con cui
uno straniero chiede ad uno Stato membro la protezione della convenzione di
Ginevra invocando la qualitÌÊ di rifugiato ai sensi dell'articolo 1 della
summenzionata convenzione, modificata dal protocollo di New York; c) richiedente
l'asilo: straniero che ha presentato una domanda di
asilo in merito alla quale non ̬ ancora stata presa
una decisione definitiva; d) esame di una domanda di asilo: l'insieme dei provvedimenti relativi all'esame di una domanda di
asilo, delle decisioni o delle sentenze ad essa
afferenti, adottati dalle autoritÌÊ competenti, ad eccezione delle procedure di
determinazione dello Stato competente per l'esame della domanda di asilo in virtÌÕ delle disposizioni della presente
convenzione". GiÌÊ alla luce di tali norme, non pare dubitabile che il
legislatore nazionale, nel recepire la suindicata Convenzione, abbia considerato
la domanda di asilo come finalizzata al
riconoscimento dello status di rifugiato.
Che il legislatore nazionale
consideri la domanda di asilo in modo indistinto
rispetto al riconoscimento dello status di rifugiato emerge poi chiaramente
dalla successiva evoluzione legislativa. Il testo unico approvato con d. lgs. n.
286 del 1998, infatti, nel disciplinare l'istituto del respingimento, all'art.
10, comma 4, dispone che "le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 e quelle dell'art.
4, commi 3 e 6, non si applicano nei casi previsti dalle disposizioni vigenti
che disciplinano l'asilo politico, il
riconoscimento dello status di rifugiato ovvero l'adozione di misure di
protezione temporanea per motivi umanitari". A sua volta, l'art. 19, comma 1,
del medesimo decreto legislativo stabilisce che "In nessun caso puÌÓ disporsi
l'espulsione o il respingimento verso uno stato in
cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzioni per motivi di razza, di
sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso
un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione". Nel dare
attuazione a tali disposizioni, poi, l'art. 11, comma 1, lettera a), del d.P.R.
31 agosto 1999, n. 384, dispone che "il permesso di soggiorno ̬ rilasciato,
quando ne ricorrano i presupposti, per i motivi e la durata indicati nel visto
d'ingresso o dal testo unico, ovvero per uno dei seguenti motivi: a) per
richiesta di asilo, per la durata delle procedure
occorrenti".
Ancor piÌÕ esplicitamente, la legge 30 luglio 2002, n. 189, al
capo secondo, sotto la rubrica "Disposizioni in materia di asilo", con gli articoli 32 e 33 ha introdotto modificazioni e nuove
disposizioni nel corpo del decreto - legge n. 416 del 1989. In particolare, ̬
stato introdotto l'art. 1-bis, il quale, nel disciplinare i casi di
trattenimento, dispone, al primo comma, che il richiedente asilo non puÌÓ essere trattenuto al solo fine di esaminare la domanda di
asilo presentata. Esso puÌÓ, tuttavia, essere
trattenuto per il tempo strettamente necessario alla definizione delle
autorizzazioni alla permanenza nel territorio dello Stato in base alle
disposizioni del testo unico di cui al d. lgs. n. 286 del 1998, tra l'altro, per
verificare gli elementi su quali si basa la domanda di asilo, qualora tali elementi non siano immediatamente disponibili. Ai
sensi del comma 2, il trattenimento deve essere sempre disposto: a) a seguito
della presentazione di una domanda di asilo
presentata dallo straniero fermato per avere eluso o tentato di eludere il
controllo di frontiera o subito dopo, o, comunque, in condizioni di soggiorno
irregolare; b) a seguito della presentazione della domanda di asilo da parte di uno straniero giÌÊ destinatario di un
provvedimento di espulsione o respingimento. Il
comma 5 del medesimo articolo stabilisce poi che allo scadere del periodo
previsto per la procedura semplificata di cui all'art. 1-ter e qualora la stessa
non si sia ancora conclusa, allo straniero ̬ concesso un permesso di soggiorno
temporaneo fino al termine della procedura stessa.
L'art. 1-ter, a sua volta,
sotto la rubrica "procedura semplificata" dispone, al comma 1, che nei casi di
cui alle lettere a) e b) del comma 2 dell'art. 1-bis ̬ istituita la procedura
semplificata per la definizione della istanza di riconoscimento dello status di
rifugiato secondo le modalitÌÊ di cui ai commi da 2 a 6, disciplinando, poi, ai
commi 2 e 3 gli adempimenti ai quali deve provvedere il questore non appena
ricevuta la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato, presentata,
rispettivamente, ai sensi dell'art. 1-bis, comma 2, lettera a), e dell'art.
1-bis, comma 2, lettera b). Al comma 5, inoltre, l'art. 1-ter stabilisce che lo
Stato italiano ̬ competente all'esame delle domande di riconoscimento dello
status di rifugiato di cui al presente articolo, ove i tempi non lo consentano,
ai sensi della Convenzione di Dublino ratificata ai sensi della legge 23
dicembre 1992, n. 523. Per lo svolgimento della procedura semplificata ̬ altresÌÂ
prevista la costituzione di commissioni territoriali per il riconoscimento dello
status di rifugiato (art. 1-quater), che, per l'esame delle domande di asilo presentate ai sensi dell'art. 1-bis, comma 2,
lettere a) e b), ̬ integrata da un componente della Commissione nazionale per il
diritto di asilo, cosÌÂ venendo denominata la
Commissione nazionale per il riconoscimento dello status di rifugiato giÌÊ
prevista dall'art. 2 del regolamento di cui al d.P.R. 15 maggio 1990, n.
136.
Da ultimo, il decreto legislativo 7 aprile 2003, n. 85, di attuazione
della direttiva 2001/55/CE relativa alla concessione della protezione temporanea
in caso di afflusso massiccio di sfollati e alla cooperazione in ambito
comunitario, all'art. 7, sotto la rubrica "istanze di asilo", dispone che "l'ammissione alle misure di protezione temporanea
non preclude la presentazione dell'istanza per il riconoscimento dello status di
rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra.
Le disposizioni alle quali
si ̬ fatto cenno assumono un rilevante significato al fine di stabilire se,
anche in riferimento alla domanda di asilo, debbano
o meno trovare applicazione l'art. 1, comma 5, del decreto - legge n. 416 del
1989 (disposizione, questa, non abrogata dall'art. 47 del d. lgs. n. 286 del
1998, che alla lettera e ha invece abrogato gli articoli 2 e seguenti del
medesimo decreto - legge), nonch̩ l'art. 1, comma 2, del d.P.R. 15 maggio 1990,
n. 136. Il primo prescrive che "lo straniero che intende entrare nel territorio
dello Stato per essere riconosciuto rifugiato deve rivolgere istanza motivata e,
in quanto possibile, documentata all'ufficio di polizia di frontiera" e
stabilisce che "il Questore (...) rilascia, su richiesta, un permesso di
soggiorno temporaneo valido fino alla definizione della procedura di
riconoscimento". Il secondo prevede che "la Questura raccoglie i dati sulla
identitÌÊ del richiedente la qualifica di rifugiato e i documenti prodotti o
comunque acquisiti anche d'ufficio, redige un verbale delle dichiarazioni
dell'interessato e, sempre che non risultino i motivi ostativi di cui all'art.
1, comma 4, del decreto legge sopra richiamato (n. 416 del 1989), invia entro
sette giorni tutta la documentazione istruttoria alla commissione di cui
all'art. 2, rilasciando al richiedente un permesso di soggiorno temporaneo
valido sino alla definizione della procedura".
Il Collegio ritiene che al
quesito ora posto debba essere data risposta affermativa, giacch̩ le indicazioni
che emergono dal diritto positivo, innanzi richiamato, convergono nel senso di
accomunare i due istituti sotto il profilo procedimentale, pur lasciando
inalterati i connotati sostanziali che li differenziano. Del resto, conferma in
tal senso si trae dalla sentenza di questa Corte 8 aprile 2002, n. 5055 che,
pronunciandosi sul ricorso proposto da uno straniero avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti pur se aveva
presentato domanda di asilo, lo ha rigettato
argomentando proprio sulla riconducibilitÌÊ della domanda di asilo proposta dalla disciplina posta dall'art. 1, comma 5, del decreto
- legge n. 416 del 1989.
Nella citata pronuncia (ma per analoghe affermazioni
v. anche Cass., 4 giugno 2002, n. 8067), la Corte ha rilevato che, in coerenza
con il dettato dell'art. 10 comma 3, Cost., il testo unico sulla disciplina
dell'immigrazione e sulla condizione giuridica dello straniero, approvato con d.
lgs. 25 luglio 1998, n. 286, interamente recependo le previsioni della legge 6
marzo 1998, n. 40, ha inteso escludere l'esercizio dei poteri di respingimento
ed espulsione degli stranieri che versino nelle
condizioni "previste dalle disposizioni vigenti che disciplinano l'asilo politico, il riconoscimento dello status di
rifugiato, ovvero l'adozione di misure di protezione temporanea per motivi
umanitari" (art. 10, comma 4, T.U.), in nessun caso essendo consentita una
misura che importi il rinvio del respinto o dell'espulso verso uno Stato che lo
esponga a persecuzione in ragione delle sue condizioni personali e delle sue
idee (art. 19, comma 1, T.U.).
In riferimento alla condizione ostativa alla
espulsione, costituita dallo status di rifugiato,
la Corte, dopo aver ricordato che essa differisce da quella dell'avente diritto
all'asilo ex art. 10, comma 3, Cost., in ragione
della esigenza di accertare l'ulteriore requisito del pericolo di persecuzione
(Cass., S.U., 17 dicembre 1999, n. 907), ha rilevato che il riconoscimento dello
status in discorso tuttora si consegue attraverso la procedura di cui all'art.
1, comma 5, del decreto - legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39 (norma non abrogata dall'art.
47 del d. lgs. n. 286 del 1998, che, alla lettera e ha invece abrogato gli artt.
2 e seguenti del citato decreto - legge). In base alla conservata disposizione,
dunque, lo straniero deve presentare all'Ufficio di Polizia istanza motivata e
sulla sua base "il Questore (....) rilascia, dietro richiesta, un permesso di
soggiorno temporaneo valido fino alla definizione della procedura di
riconoscimento".
Tutti i provvedimenti assunti al proposito, e con
particolare riguardo a quelli occorsi nell'ambito della procedura afferente
l'invocato status di rifugiato, ha osservato la Corte, non possono che avere
natura dichiarativa - accertativa avendo essi ad oggetto il riconoscimento di un
diritto soggettivo, con la conseguenza che le controversie relative al diniego
di tale riconoscimento ed al permesso di soggiorno ad esso strumentale rientrano
nella giurisdizione dell'autoritÌÊ giudiziaria ordinaria.
In tal quadro ̬
chiaro che il divieto di espulsione, e
l'illegittimitÌÊ del decreto del Prefetto che abbia ad essa provveduto, sono
conseguenza, nel caso dello straniero che deduca le condizioni per poter
beneficiare dello status di rifugiato, della presentazione della motivata
istanza all'Ufficio di Polizia e della correlata richiesta di fruire di permesso
di soggiorno temporaneo in pendenza della relativa procedura di riconoscimento,
da un canto restando escluso il rilievo delle mere affermazioni dell'interessato
di trovarsi nelle condizioni per un esito favorevole della procedura e,
dall'altro, ben potendo il Giudice ordinario, adito in opposizione al decreto di
espulsione, annullarlo in ragione della documentata
pendenza della procedura e dell'ingiustificato diniego del (o ritardo nella
concessione del) permesso temporaneo da parte del Questore.
Altro ̬, di
contro, l'istituto del divieto di respingimento od espulsione (art. 19 d. lgs. n. 286 del 1998), in base al quale in
nessun caso l'espulso puÌÓ essere inviato in uno Stato nel quale egli puÌÓ patire
persecuzioni: si tratta di una misura di protezione umanitaria ed a carattere
negativo che non conferisce, di per s̩, al beneficiario alcun titolo di
soggiorno in Italia ma solo il diritto a non vedersi reimmesso in un contesto di
elevato rischio personale. E sarÌÊ il Giudice a valutare in concreto la
sussistenza delle allegate condizioni ostative alla espulsione od al respingimento.
Applicando quindi al caso di specie
i principi suindicati, che il Collegio condivide, deve rilevarsi che, essendo
mancata e tuttora mancando da parte del ricorrente la prova (o anche la semplice
allegazione) dell'avvenuta presentazione di una istanza di concessione del
permesso di soggiorno in pendenza della domanda di asilo, nessun ostacolo alla espulsione
poteva essere costituito dalla sola proposizione della domanda stessa. E di
converso, ̬ altrettanto evidente che, a contestare le valutazioni in fatto
operate dal Giudice di merito sulla insussistenza delle condizioni di
persecuzione ostative al respingimento ex art. 19 d. lgs. n. 286 del 1998 non
vale in alcun modo addurre il menzionato "fatto" della proposizione della
domanda di asilo, dovendo soltanto essere censurata
per vizi argomentativi la valutazione in proposito espressa dal primo Giudice. E
il ricorso non contiene alcuna censura idonea ad evidenziare la sussistenza di
un vizio di motivazione nell'iter argomentativo seguito nel provvedimento
impugnato per escludere la sussistenza del pericolo di persecuzioni.
In
conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Sussistono, tuttavia, in
considerazione della natura della presente controversia, giusti motivi per
compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimitÌÊ.
P.Q.M
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese.
CosÌÂ deciso addÌÂ 6
novembre 2003.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IN DATA 4 MAG.
2004.