RAPPORTO SUPPLEMENTARE
AL RAPPORTO DEL GOVERNO ITALIANO SULLAPPLICAZIONE DEL
PATTO INTERNAZIONALE SUI DIRITTI ECONOMICI, SOCIALI E CULTURALI (1966)
IN DISCUSSIONE PRESSO IL COMITATO DELLE NAZIONI UNITE
GINEVRA, 8 - 26 NOVEMBRE 2004
PREMESSA
LIST OF THE
SUPPLEMENTARY REPORT WORKING GROUP MEMBERS
LIST OF THE NGOs AND
ASSOCIATIONS MEMBERS OF THE COMITATO PER LA PROMOZIONE E PROTEZIONE DEI DIRITTI
UMANI
EXECUTIVE SUMMARY
1. IMPLEMENTATION
OF THE RECOMMENDATIONS SET FORTH IN THE VIENNA DECLARATION AND PROGRAMME OF
ACTION OF 1993.
(See
list of issues, n.1, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003).
2. NATIONAL
HUMAN RIGHTS INSTITUTION IN CONFORMITY WITH THE PARIS PRINCIPLES, GENERAL
ASSEMBLY RESOLUTION 48/134, ANNEX. (See list of issues, n.2,
E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003).
3. ENFORCEMENT
OF THE COVENANT IN THE DOMESTIC LEGAL ORDER AND RELEVANT CASE LAW.
(See
list of issues, n.3, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003).
4. POSITION
OF ITALY ON THE DRAFT OPTIONAL PROTOCOL TO THE INTERNATIONAL COVENANT .
(See list of issues, n.4, E/C.12/Q/ITA/2, 18
December 2003).
5. LEGAL
RESPONSABILITY OF ENTERPRISES IN THE FULFILMENT OF ECONOMIC, SOCIAL AND
CULTURAL RIGHTS.
6. PARTECIPATION
OF NON-GOVERNMENTAL ORGANIZATIONS IN THE PREPARATION OF THE REPORT.
(See list of issues, n.5, E/C.12/Q/ITA/2, 18
December 2003).
7. INTERNATIONAL
COOPERATION (ART. 2, PARA. 1).
(See
list of issues, n.7, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003).
See
list of issues, n.18, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003: On
what grounds divorce is permitted in the State party.
10. Protection of the family, mothers and
children (art. 10).
See list of issues, n.19, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003: Forms
of discrimination against children born out of wedlock.
11. Protection of the family, mothers and
children (art. 10).
See list of issues, n.20, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003: Family
violence.
12. Protection of the family, mothers and
children (art. 10).
See list of issues, n.21, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003: Trafficking
in women and children, child
prostitution, child pornography.
13. Protection of the family, mothers and
children (art. 10).
See
list of issues, n.22, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003: Asylum-seekers
and entitlement to family reunification.
See list of issues, n.28, E/C.12/Q/ITA/2, 18
December 2003: There is very little information in the State
partys report on the right to health. How medical security and health care are
being provided to all sectors of the Italian society, including the most
vulnerable groups of people, in accordance with the Committees
general comment No. 14 (2000) on the right to the highest attainable standard
of health?
15.Right to education (arts. 13 and 14)
See list of issues, n.30, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003: Children
of immigrants, refugees and asylum-seekers equal access to free and compulsory
education.
16.
Right to education (arts. 13 and 14): disabled
children
17. Right to education (arts. 13 and 14). See
list of issues, n.31, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003: Please
explain why, despite the considerable budgetary allocations to education, there
is a decrease in the number of school population, especially at pre-primary,
primary and lower secondary schools.
Is the drop in the birth rate the sole reason for this decrease? Please indicate whether school
attendance by children of immigrants has reversed this trend.
See list of issues n.32, E/C.12/Q/ITA/2, 18
December 2003: How serious is the problem of dropouts in the
State party, especially at the secondary level of education, and what effective
measures have been taken to combat it?
See
list of issues, n.34E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003: The State
partys report states that the rights of linguistic and religious minority
groups are respected in education.
Please explain how these minority rights are actually
being implemented.
ALLEGATI
ALLEGATO 1. PROPOSTA DI LEGGE Istituzione
Nazionale Indipendente per i diritti umani. Issue n.2
ALLEGATO 2. DIRITTO ALLA SALUTE: Note,
bibliografia e approfondimenti. Issue n. 28
ALLEGATO 3. DIRITTO ALLA SALUTE: Salute e
Ambiente: il caso dei rifiuti solidi.
PREMESSA
The working group for the
preparation of this supplementary non-governmental
report to the fourth periodic Report submitted
by Italy under art. 16 and 17 of the International
Covenant on Economic, Social and Cultural Rights (E/C.12/4/Add.13)
si costituito a febbraio 2004 grazie alliniziativa del VISVolontariato
Internazionale per lo Sviluppo, una delle organizzazioni non governative
aderenti alla rete Comitato per la Promozione e Protezione dei diritti umani.
The Comitato per la Promozione
e Protezione dei diritti umani una rete composta attualmente da 45 ONG e Associazioni italiane (see this report pages 6-10), costituitasi nel 2001 per promuovere
l'adempimento, ancora oggi non ottemperato da parte dell'Italia, della
risoluzione dellAssemblea generale delle NU 48/134 del 1993, che invita gli
Stati membri a creare istituzioni nazionali per la promozione e la protezione
dei diritti umani che rispondano ai criteri di pluralismo ed indipendenza.
Dalla fine del 2003, il Comitato si inoltre impegnato a
livello internazionale per lattuazione dei diritti economici, sociali e
culturali con la partecipazione prima alla
Coalizione internazionale di ONG per lapprovazione di un Protocollo
Aggiuntivo al Covenant e poi alla procedura desame
del quarto Rapporto Governativo italiano.
In the light of the recommendation
of the Committee to produce a single consolidated submission representing a broad
consensus by a high number of NGOs (GE.00-43093 E, n.6), we decide to join our
efforts using the networking experience of the Comitato per la Promozione e
Protezione dei diritti umani (da ora in poi Comitato) and to invite some
external NGOs and associations particolarmente rilevanti e competenti a
prendere parte al gruppo di lavoro.
This
report is worked out by 18 of Associations and NGOs, which have participated
to the working group, ciascuna fornendo un
contributo fondato sulle proprie competenze specifiche, and then discussed and approved by
the Assembly of all the 45
Comitato members.
This
report does not aim to analyse exaustively all the issues relating to the
promotion and protection of economic, social and cultural rights, but to offer the Committee uno
spunto di riflessione su alcune questioni particolarmente rilevanti e sulle
quali possiamo vantare una lunga esperienza diretta.
La stessa dizione rapporto supplementare, preferita a quella di rapporto
parallelo o alternativo, vuole significare
lidea di un lavoro che si sofferma su alcune questioni specifiche nella
consapevolezza della rilevanza di tutte le questioni non trattate per motivi di
tempo e sulle quali ci ripromettiamo di lavorare prossimamente.
Le problematiche inerenti ai
diritti degli immigrati e dei richiedenti asilo e il diritto alla salute
risultano particolarmente estese. Ci stato voluto al fine di sopperire alle
lacune del Rapporto governativo nelle materie.
Vogliamo sottolineare che il
documento il primo rapporto supplementare ci risulti sia stato scritto dalle
NGOs italiane sui diritti economici, sociali e culturali. Non ci risulta
infatti che le NGOs italiane, cos attive in materia di diritti civili e
politici e di diritti dei bambini e degli adolescenti, abbiano
prima dora partecipato allesame dei rapporti governativi periodici da parte
del Committee.
Tenendo dunque conto che si tratta
della prima esperienza non governativa in materia e che solo ora le NGOs
italiane cercano di colmare un ritardo che anche culturale;
tenendo inoltre conto dei limiti di tempo
che hanno indubbiamente inficiato lesaustivit del rapporto (in particolare su
alcuni importantissimi temi quali lavoro, povert, anzianit,
disabilit, housing), il documento costituisce il risultato di un
notevole processo di riflessione e ricerca, discussione, aggregazione e
crescita del non profit italiano.
The Commettee generalmente
utilizza il contenuto dei rapporti supplementari delle NGOs per compilare la
list of issues cui i Governi sono tenuti a rispondere nel corso del processo di
esame del Rapporto governativo. Il nostro lavoro iniziato quando la list of issues era gi stata formulata dal
Committee
e dunque in un fase avanzata della procedura di esame del Rapporto Governativo.
Nevertheless we hope our contribution may be usefully taken into account by the Committee.
N.B.
Per facilitare la lettura degli
esperti del Committee abbiamo evidenziato reference to articoli del Patto, list
of issues e Rapporto del Governo.
LIST OF THE
SUPPLEMENTARY REPORT WORKING GROUP MEMBERS
Cooordinatrice Rapporto: Carola
Carazzone VIS- Volontariato Internazionale per lo Sviluppo
Parte
I
Carola
Carazzone - Volontariato
Internazionale per lo Sviluppo (Vis)
Vanna
Palumbo - Comitato
per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani
Maria
Augusta Anelli - Fondazione Internazionale Lelio Basso
Marta
Cioffi Comitato
per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani
Enrico
Calamai Comitato
per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani
Manfred
Bergman- Casa
dei Diritti Sociali
Giuseppe
Piras- Esperto in Diritti economici e sociali
Maria
Paola Tini
Comitato per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani
Parte
II
Maurizio
Gressi Comitato
per la
Promozione e Protezione dei Diritti Umani
Sergio
Briguglio- Esperto
di politica dellImmigrazione- www.stranieriinitalia.com/briguglio
Fulvio
Vassallo- Associazione
Studi Giuridici Immigrazione (Asgi)
Gianfranco
Schiavone - Associazione
Studi Giuridici Immigrazione
Lorenzo
Trucco - Associazione
Studi Giuridici Immigrazione
Massimo
Pastore - Associazione
Studi Giuridici Immigrazione
Gianluca
Vitale - Associazione
Studi Giuridici Immigrazione
Silvia
Canciani - Associazione
Studi Giuridici Immigrazione
ASGI:
via Aquileia, 22-33100 Udine - Tel.0432.504406 Fax 0432.506125-
www.stranieri.it/Asgi
Patrizia Sterpetti Womens
International League for Peace and Freedom
(Wilpf)-Italia
Adriano Casellato- Esperto in Immigrazione
Angela
Oriti Medici
senza Frontiere (Msf)
Donatella
Panzieri
- Antigone
Parte
III
Alessandro
Genovesi
CGIL Confederazione Generale Italiana dei Lavoratori
Laura
Baldassarre - Unicef Italia
Chiara
Curto - Unicef
Italia
Arianna Saulini- Save the Children Italia
Carola
Carazzone - Volontariato
Internazionale per lo Sviluppo (Vis)
Federica
Giannotta
- Terre des Hommes Italia (Tdh)
Milena
Carone Unione
Donne in Italia (Udi)
UDI:
via dellArco di Parma 15 00186 Roma - Tel. 06/6865884 udinazionale@tin.it-
Emma Pizzini- Iismas
IISMAS
- Istituto
Internazionale Scienze Mediche Antropologiche e Sociali. Via Anagnina 325 -
00040 Morena - ROMA - Tel.06/58543780 - Fax 06/58543782 www.iismas.it Carlo Bracci Medici contro la
Tortura
Adele Bottiglieri Cittadinanza Attiva
Sara Ceci- Legambiente
Nunzio Civino - Legambiente
Legambiente: Via Salaria 403 - 00199- Roma - Tel.: 06-86268 1 - Fax:
06- 862174 legambiente@legambiente.com;
www.legambiente.com
Sandro Li Bianchi- Co.No.Sci (Coordinamento
Nazionale degli Operatori per la salute nelle Carceri italiane). Via Flaminia
3-00196, Roma Tel. 06/367181-Fax 06/36718333; E-mail.conosci2000@hotmail.com
Donatelli
Panzieri - Antigone
Angela
Oriti Medici
senza Frontiere (MSF)
Antonia Sani- Womens
International League for Peace and Freedom (WILPF)- Italia
Patrizia Sterpetti Womens International League for
Peace and Freedom (WILPF)-Italia
Valentina
Roversi Arci-Solidariet
Lazio
Mariangela
De Basista - Arci-Solidariet
Lazio
Carlo
Chiaramonte - Arci-Solidariet Lazio
Hanno
curato le traduzioni:
Marta
Cioffi, Anita Fisicaro, Sancia Gaetani, Daniela Lanzano.
LIST OF THE NGOs AND
ASSOCIATIONS MEMBERS OF THE COMITATO PER LA PROMOZIONE E PROTEZIONE DEI DIRITTI
UMANI
Contact person: Coordinatrice Maria
Paola Tini ( Fondazione Internazionale Lelio Basso)
www.comitatodirittiumani.org
Promotori
Calamai
Enrico
Carl Daniela
Gressi Maurizio
Palumbo Vanna
Marchesi
Antonio
Agenzia per la pace - Via della Viola, 1-
06122 Perugia; Tel. 075-5736890
Contact Person: Flavio Lotti ( Pres.)
Agesci Via Pasquale Paoli,
18 - 00186 Roma; Tel. 06/681661 Fax 06/68166236; E-mail: comitato@agesci.it; www.agesci.com
Contact Person: Mirella Casagrande
Antigone Via Dogana Vecchia, 5 - 00186 Roma;
www.associazioneantigone.it
Contact Person: Patrizio Gonnella; Donatella Panzieri
Archivio Disarmo P.zza Cavour, 17- 00193 Roma; Tel.
06/36000344 Fax 06/36000345;
E-mail: archidis@pml.it;
www.archiviodisarmo.it
Contact Person: Fabrizio Battistelli; Ornella Cacci
Archivio Immigrazione Via Tibullo, 11 - 00193 Roma; Tel.
06/6876897;
E-mail: archivioimmigrazione@inwind.it
; www.archivioimmigrazione.org
Contact Person: Massimo Ghirelli (Pres.)
Arci Via dei Monti di
Pietralata, 16 - 00157 Roma; Tel. 06/41609507- 06/41609267; Fax: 06/4515875;
E-mail: ufficiostampa@arci.it;
www.arci.it
Contact Person: Sergio Giovagnoli; Valentina Roversi
Associazione Eleonora Pimentel -via Camaldolilli, 24 -
80128 Vomero, Napoli; Tel. 081-5795163
Contact Person: Ester
Basile ( Pres.)
Assopace Via Salaria, 89
00198 Roma; Tel.06/8841958 Fax 06/8841749;
E-mail: assopace.nazionale@assopace.org;
www.assopace.org
Contact Person: Davide Berruti ( Pres.)
ATD-Quarto Mondo c/o Fondazione Labos
Viale Liegi, 14 00198 Roma; E-mail:labos@fondazione-labos.org; www.atd-quartmonde.org
Contact Person: Gianfranco Giro ( Pres.); Calvaruso Claudio
Auser Via Nizza, 154
- 00198 Roma; Tel.06/8440771 Fax 06/844407777; E-mail: nazionale@auser.it; www.auser.it
Contact Person: Luigi De Vittorio (
vice Pres.)
Banca Etica Via Rasella,
14 -00187 Roma; Tel. 06/42014305; www.bancaetica.com
Contact Person: Maurizio Spedaletti
Casa dei Diritti Sociali Via dei Mille,
6 00185 Roma; Tel. 06/4464613 Fax: 06/44700229; www.dirittisociali.org
Contact Person: Giovanni Russo ( Pres.); Manfred Bergman
Cgil - Corso d'Italia, 25 -
00198 Roma; Tel. 06/84761 Fax 06/8476278; E-mail:immigrazione@mail.cgil.it; www.cgil.it
Contact Person: Umberto Saleri
Cipax Via Ostiense, 152 -
00154 Roma; Tel. 06/57287347 E-mail cipaxroma@virgilio.it;
www.romacivica.net/cipax
Contact Person: Giorgio Piacentini ( Pres.); Gianni Novelli
Cipsi Via Baldelli,
41 - 00146 Roma; Tel. 06/5414894 Fax 06/59600533; E-mail pr.roma@cipsi.it; www.cipsi.it
Contact Person: Nicola Perrone
Cittadinanza Attiva - Via Flaminia, 53 -
00196 Roma; Tel.06/3671811; www.cittadinanzattiva.it
Contact Person: Vittorio Ferla; Adele
Bottiglieri
Comitato Milanese per i Diritti
Umani Via S. Giusto, 31 - 20153 Milano; E-mail: dirittiumani@libero.it
Contact Person: Vittorio Barbanotte
Comitato Internazionale
Sviluppo dei Popoli (CISP) Via Germanico, 198 -
00192 Roma; Tel. 06/3215498 E-mail cisp.inf@cisp-ngo.org;
www.cisp-ngo.org
Contact Person: Maura Viezzoli
Consiglio Italiano Rifugiati ( CIR) Via del
Velabro, 5/a - 00186 Roma; Tel. 06/692000114 Fax 06/69200116; E-mail: cirstampa@cir-onlus.org; www.cir-onlus.org
Contact Person: Alessandra
Napoletano, Daniela Floridia
Consorzio Italiano di
Solidariet (ICS) via Salaria 89 00198
Roma;
Tel. 06/85355081- Fax 06785355083; www.mir.it/ics
Contact Person: Maria Silvia Olivieri
Donne in Nero c/o uff. P.E.
Luisa Morgantini Via IV Novembre, 143 Roma; Tel. 06/69950217- Fax 06/69950200; www.donneinnero.org
Contact Person: Nadia Cervoni
Federazione Chiese Evangeliche (FCEI) Via Firenze, 38
- 00184 Roma; Tel. 06/4825120- fax 06/4828728
E-mail:srm@fcei.it; www.fedevangelica.it
Contact Person:
AnneMarie Dupr
Fondazione Centro Astalli Via del
Collegio Romano 1, 00186 Roma; Tel. 06/69700306- E-mail: astalli@jrs.net fondazione.astalli@jrs.net; www.centroastalli.it/fondazione
Contact Person: Padre Francesco De
Luccia ( Pres.); Donatella Parisi
Fondazione Internazionale Don
Luigi di Liegro Via del Mortaro, 26
00187 Roma; Tel. 06/69920486- Fax 06/69920486; E-mail info@fondazionediliegro.it; www.fondazionediliegro.it
Contact Person: Luigina Di Liegro (
vice Pres.)
Fondazione Internazionale Lelio Basso Via Dogana
Vecchia, 5 - 00186 Roma;Tel. 06/68801468- fax 06/6877774; E-mail: filb@iol.it; www.internazionaleleliobasso.it
Contact Person: Linda Bimbi; Maria
Paola Tini
Giovani per un Mondo Unito Via Capo
DAcqua, 2 00047 Marino(Roma); Tel.06/40793173- Fax.06/9384129; www.mondounito.net
Contact Person: Massimo Melchiorre
Gruppo Martin Buber Via Nomentana,
55 00161 Roma; Tel.06/47922197- E-mail: martinbuber@katamail.com
Contact Person: Giorgio Gomel
Intersos Via Nizza 154 -
00198 Roma; Tel. 0678537431- Fax 06785374364;
www.intersos.org
Contact Person: Enrico Tavazzani
Istituto Cooperazione Economica Internazionale (ICEI)Via Breda, 54 -
20126 Milano; Tel. 02/25785763- Fax 02/2552270; www.icei.it
Contact Person: Alfredo Somoza;
Bianca Dacomo
La Gabbianella Via Cesare
Balbo, 4 - 00184 Roma; Tel.067483381- Fax 06/483381
E-mail:la.gabbianella@tiscalinet.it; www.lagabbianella.it
Contact Person: Paola Gumina
Lega Internazionale per i Diritti
e la Liberazione dei Popoli Via Dogana Vecchia, 5
00186 Roma
E-mail: lidlip@mclink.it
Contact Person: Luciano Ardesi
Libera Via Campania , 31 -
00187 Roma; Tel. 06/42820065- Fax. 06/42003214; E-mail:libera@libera.it; www.libera.it
Contact Person:
Davide Pati
Medici contro la Tortura Via dei Mille,
6- 00185 Roma
Contact Person: Carlo Bracci ( Pres.)
Medici senza Frontiere-Italia ( MSF) Via Volturno,
58 - 00185 Roma; Tel. 06/44869221- Fax. 06/44869220; www.msf.it
Contact Person:Loris
De Filippi; Angela Oriti
Movimondo Via di Vigna
Fabbri, 39 - 00179 Roma; Tel. 06/7844211; www.movimondo.org
Contact Person: Elena Abbati
Pax Christi Via Quintole
per le Rose, 31 -50029 Tavarnuzze (FI); www.paxchristi.it
Contact Person: Antonio DellOlio (
Pres.)
Ponte della Memoria Via
Castelfidardo, 26 - 00185 ROMA Tel.06/42012333-Fax 06/4743318
E-mail:segsrl@flashnet.it
Contact Person: Giovanni Miglioli
Progetto Continenti Via Baldelli,
41 - 00146 Roma; Tel.06/59600319-Fax 06/59600533; E-mail:continenti@iol.it; www.progettocontinenti.org
Contact Person: Giuseppe Florio (
Pres.)
Save the Children - Italiavia Firenze 38 00184 Roma
tel. 06 480700 fax 06 48070057; www.savethechildren.it
Contact Person: Pippo Costella; Roberta Cecchetti; Arianna
Saulini
Terre des Hommes- Italia Viale Monza, 57
- 20127 Milano; Tel.02/28970418- Fax : 02/26113971 ; E-mail : info@tdhitaly.org; www.tdhitaly.org
Contact Person: Raffaele Salinari ( Pres.); Antonella
Bucci ( Roma)
Ucsei Lgtevere dei Vallati,
14 00186 Roma; Tel.06/68804062-Fax 06/68804063;E-mail:ucsei@ucsei.org; www.ucsei.it
Contact Person: Rosetta Pellegrini
Uil Via Lucullo, 6
- 00187 Roma; Tel.06/47531-Fax 06/4753332,E-mail:internazionale4@uil.it; www.uil.it
Contact Person: Andrea Costi
Unicef-Italia Via Vittorio
Emanuele Orlando 83, 00185 Roma; Tel.06/47809212-Fax06/47809270; www.unicef.it
Contact Person: Laura Baldassarre
VIS- Volontariato Internazionale per lo Sviluppo Via Appia
Antica, 126 - 00179 Roma; Tel.06/51629200-Fax 06/51629299; E-mail: vis@volint.it; www.volint.it
Contact Person: Antonio Raimondi; Carola Carazzone; Elena Perla
Simonetti
Womens International League for
Peace and Freedom ( WILPF) Via della Lungara, 19 - 00165 Roma
Contact Person: Antonia Sani; Patrizia Sterpetti
e con la collaborazione di Amnesty
International, Focsiv e Mani Tese.
EXECUTIVE SUMMARY
Selezione di raccomandazioni e domande
PART I
GENERAL
FRAMEWORK WITHIN WHICH THE COVENANT IS IMPLEMENTED
1. IMPLEMENTATION OF THE
RECOMMENDATIONS SET FORTH IN THE VIENNA DECLARATION AND PROGRAMME OF ACTION OF
1993 (see list of issues, n.1, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003)
The Comitato
per la promozione e protezione dei diritti umani (Comitato)
notes with concern that over the last decade since the World Conference, too
little has been done in Italy to further develop the promotion and protection
of economic, social and cultural rights in a long
term integrated and coherent strategy and approach. Such general
evaluation easily emerges from the comprehensive reading of the Italian Report:
in its pages no reference can be found to Vienna Declaration (1993) or to the
subsequent General Comment n. 9 (1998).
Many
recommendations of the Vienna Declaration and Programme of Action, adopted by
the World Conference on Human Rights of 25
June 1993 (A/CONF.157/23, 12 July 1993), still remain not
implemented by Italy.
In
particular we regret the unfulfilment of or the
silence on the Vienna Declaration recommendations on four particularly
important issues:
a) Mainstreaming
education to human rights as indivisible and interdependent fundamental rights.
In the Vienna Declaration (A/CONF.157/23, 12 July
1993, par.33, 36, 78, 79, 80, 81, 82), la comunit internazionale stated
limportanza fondamentale delleducazione ai diritti umani al fine di
promuovere la loro cultura universale e, in
particolare, di prevenirne le violazioni.
Nel dicembre del 1994, proclamando il Decennio
delle Nazioni Unite per lEducazione ai Diritti Umani (1995-2004), lAssemblea
Generale defin leducazione ai diritti umani: un processo permanente
attraverso il quale la gente, a qualunque livello di sviluppo e in tutti gli
strati della societ, impara il rispetto e la dignit degli altri nonch i modi
e i metodi per garantire tale rispetto in tutte le societ.
Il diritto alleducazione ai diritti umani trova, come noto, un solido fondamento in numerosi
strumenti del diritto internazionale dei diritti umani, among others: lart.26.2 della Dichiarazione Universale, lart.13
del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, lart.7
della Convenzione sulleliminazione di ogni forma di discriminazione razziale,
lart.10 della Convenzione sulleliminazione di ogni forma di discriminazione
nei confronti delle donne, gli articoli 29 e
42 della Convenzione sui diritti dei bambini e degli adolescenti.
We note
with concern that in Italy human rights education still remains an optional subject both
in primary and secondary schools and in University curricula.
In fact in Italian Universities, even in Faculties of Law, human rights are still an optional subject (see this report, pag 18 e
22); as to primary and secondary Italian schools human rights may sometime be taught by
personally sensitive teachers within the teaching of history and civic
education (see par. 268, E/C.12/4/Add.13), which is obviously too little. The Comitato
considers also the steps for human rights education in these schools,
illustrated in the paragraphs 265-270 of the
State Party report (E/C.12/4/Add.13), absolutely insufficient.
The Comitato
remains concerned at the inconsistency of the Human
Right education strategy
with the Vienna recommendations and the legal duties under the international
instruments mentioned above, particularly in terms of: mainstreaming human
rights at all levels of formal and informal education, non selectivity of the
consideration of human rights issues, training of trainers, financial and human
resources.
b)
Justiciability and self-executing capability of economic, social and cultural
rights, as described by the Committe in the General Comment n. 9
(E/C.12/1998/24, CESCR, particularly par. 9, 10 and 11) and General Comment 3
(CESCR, 14/12/1990).
In the
Vienna Declaration (A/CONF.157/23, 12 July 1993, par. 5, 32, 75, 98), the
international community stated the fundamental importance of universality, indivisibility and interdependence
of all human rights and freedoms (civil,
cultural, economic, political and social rights and freedoms) to promote and protect the whole dignity of the
human being, particularly in the perspective of
globalization.
The Vienna
Declaration also reaffirmed the major importance of ensuring the objectivity
and non-selectivity of the consideration of human rights issues, especially in
the aim of international human development of all the persons and all the peoples of the world. Nevertheless, while
the justiciability of civil and political rights is generally taken for
granted, regrettably too often violations of economic, social and cultural
rights are not yet considered enjoying a
corresponding right to effective legal remedies. And the silence of the Governmental Report on this crucial
subject may well be a sign of this trend.
We do
believe that the justiciability of economic, social and cultural rights is
absolutely necessary to ensure the real fulfilment of these rights and to
guarantee the universality, indivisibility and interdependence of all human
rights and freedoms.
This,
especially in the present era of globalization and in the deepening of
inequalities between rich and poor Countries and between rich and
poor people within the same country (as all annual reports on Human Development
edited by UNDP have been pointing out).
The Comitato
remains concerned on the inconsistency of Italian Report with the Vienna
recommendations and legal duties under the international instruments,
particularly on two of the key-issues in terms of justiciability and
self-executiness of economic, social and cultural rights: the Optional Protocol
to the Covenant and the legal responsability of enterprises regarding all human rights.
On the issue
of the draft Optional Protocol to the Covenant, please see this report on page 22-23; while on the
issue of legal responsability of enterprises,
please see this report on
page 23-24.
c)
Effective recognition and fulfilment
of the right to development.
As
enshrined in art.55 and 56 of the UN Charter,
peace and well-being in the world community are based on the respect for the
principle of equal human rights and fundamental freedoms and self-determination
of peoples. In the Declaration on the Right to Development, the General
Assembly, in its resolution 41/128 of 4 December 1986, recognised the right to
sustainable human development as a universal and inalienable right and an
integral part of fundamental human rights.
The Vienna
Declaration strongly reaffirmed the fundamental importance of the human right
to a sustainable human development, as
established in the Declaration on the Right to Development, and called for an
effective international cooperation, for the
realization of the right and the elimination of the obstacles to the human
development of all peoples (A/CONF.157/23, 12 July 1993, par. 10, 11, 72, but
also 4, 8, 9, 13, 14, 25, 66). In
the Italian Government Report however no hint can be found on such issue nor
any concern.
After
Vienna and over all the last decade, international organizations, NGOs,
individuals have done a lot to narrow the traditional
gap between development policies and actions and human rights policies
and actions.
Development
and human rights have had for a long time distinct traditions and strategies,
but now we all know that human rights can add value to the agenda for
development and that human rights and human development, united in a broader
alliance, each can bring new energy and strength to the other.
The
weakness of an effective human rights education in Italy, as well as the misunderstood question of justiciability and
self-executeness of economic, social and cultural rights and the lack of an
Italian Indipendent National Institution to
promote and protect all human rights for all
constitute obstacles in the pursuing of coherent, integrated and long
term strategy and actions of international cooperation for human development.
As to the
weaknesses of Italian international cooperation and its
position on the recognition of the right to development in a legally binding
international instrument, please see this report on page 26-27.
d)
Need for a National Human Rights Independent
Institution.
After the
recommendations set forth in the Vienna Declaration (A/CONF.157/23, 12 July
1993, par.34, 36, 74, 85, 86, 69), as solemnly
affirmed in the Resolution n. 48/134 adopted by the UN General Assembly
in 1993, with the vote of Italian delegates, many
countries in the world have established National Independent Institutions to
promote and protect all human rights. But also here there is a heavy silence in
the Italian Government Report.
Italy
lacks an independent human rights institution and still remains inconsistent
with the legal obligations mentioned above and also with the recommendation of
the General Comment n. 10: The role of national human rights institutions in
the protection of economic, social and cultural rights (E/C.12/1998/25,
CESCR).
On the
need of an Italian National Independent Institution to promote and protect all
human rights please see
this report on page 15-18. In questa sede, the Comitato
wants to remember that the lack of an Italian National
Independent Institution to promote and protect all human rights constitutes an
obstacle to mainstream human rights education,
to undertake justiciability and self executiness of
economic, social and cultural rights and to pursue
the
mutually reinforcing interrelationship between development, democracy
and human rights in a long term international cooperation strategy.
A serious problem in Italy
is the fulfilment of the engagements taken at
international level and their enforcement at national and local level.
Lautorizzazione alla ratifica latto giuridico
con il quale il Parlamento italiano consente allesplicazione di effetti
giuridici nellordinamento interno di obbligazioni assunte sul piano
internazionale attraverso la stipula di Accordi, Trattati, Convenzioni.
Normalmente la legge di ratifica prevede la piena
ed intera esecuzione di tale Atto internazionale e per far ci talvolta in
essa sono contenute, oltre alle formule rituali, anche specifiche provisions
volte ad esempio ad eliminare ostacoli che si frappongono al pieno fulfilment
di uno o pi dei principi ovvero ad introdurre disposizioni qualora lordinamento
interno fosse in qualche punto carente.
Nel caso del Covenant, la legge di autorizzazione
alla ratifica, legge 25 ottobre 1977, n. 881, con cui stato anche attuato il
Patto sui diritti civili e politici ed il Protocollo facoltativo allo stesso,
il legislatore italiano non ha ritenuto di introdurre alcuna specifica
disposizione e pertanto le disposizioni del Patto, dalla loro entrata in vigore
il 15 ottobre 1978, sono pienamente vincolanti per lItalia.
Probabilmente lo sarebbe comunque laddove si invocasse
larticolo 10 della Costituzione, secondo il quale lordinamento giuridico
italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente
riconosciute.
I principi contenuti nel Covenant, come quelli del
coevo Patto sui diritti civili e politici, in
quanto sviluppo e forma giuridicamente vincolante della Dichiarazione
universale dei diritti umani, sono di rango equivalente ai principi
costituzionali.
Nonostante quanto appena ricordato e considerato
anche il lungo tempo trascorso dallentrata in vigore delle provisions quasi
30 anni- che lItalia ha avuto per dare piena applicazione alle stesse, si nota
una quasi totale mancanza di conoscenza di tale strumento da parte di giudici
ed avvocati. Sono stati infatti pochissimi i casi in cui i giudici, nel
decidere una controversia, si sono basati ed hanno fatto riferimento anche alle
rilevanti corresponding disposizioni del Patto (see page 19-20).
Se pur vero che in larga misura pu dirsi che
lordinamento italiano gi contiene e tutela i diritti enunciati nel Patto, non
sembra vi sia stata alcuna specifica attenzione a leggere tali diritti alla
luce delle disposizioni del Patto: una prova esemplare la mancanza di
statistiche attendibili ed orientate al rispetto del Patto anche per rispondere
in modo preciso e documentato alle richieste di dati e informazioni
formulate dal Committee.
Del resto lo stesso Rapporto, spesso generico e
poco documentato, ad essere un segno di scarsa attenzione ai Diritti Umani,
quali emergono dalla riflessione e dalle provisions internazionali. Si possono
vedere, come esempio, i paragrafi del Rapporto: 1-5, 28, 48.4, 251, 279.
Come intende il
Governo dare continuit alla programmazione di lungo periodo per la promozione
e protezione dei diritti economici, sociali e culturali, as forseen by the
Vienna Declaration ( A/CONF. 157/23, 12 July 1993, par.71)?
Il Comitato auspica
lelaborazione of a long term, integrated and coherent national strategy able
to promote and protect all human rights in their indivisibility and
interdependence, beyond the frequency of turnovers which characterizes Italian political arena.
Il Comitato auspica che il Governo italiano,
nellelaborare una propria programmazione
di lungo termine, partecipi attivamente alla costruzione di una posizione
comune avanzata e consapevole dellUnione Europea su tutte le questioni di
particolare rilevanza in materia di diritti umani, siano esse di competenza
nazionale o sottoposte al principio di sussidiariet comune.
Il Comitato regrets che il Governo
italiano nel recente periodo abbia invece rinunciato ad un contributo critico
originale su tali questioni, utilizzando in pi occasioni il richiamo ad una
posizione europea in via di definizione, per evitare
di assumere pubblicamente una posizione politica propria, in particolare
su alcune importantissime questioni quali: the
Optional Protocol to the Covenant, the legal responsability of enterprises,
immigrazione.
Perch il
Governo non riesce ad individuare parametri corretti per la rilevazione
statistica e a fornire statistiche attendibili per consentire di valutare il
grado di adempimento alle provisions del Covenant, come anche degli altri
strumenti internazionali dei diritti umani?
Il Comitato invita il Governo italiano a individuare e predisporre, in relazione ai
singoli aspetti del Patto, parametri e misuratori per una riconosciuta,
corretta e comparabile rilevazione statistica, in grado anche di mostrare gli
sforzi compiuti per incrementare il tasso di adempimento alle provisions del
Patto, come anche degli altri strumenti internazionali.
Il Comitato chiede inoltre che ogni deliberazione legislativa o amministrativa
adottata venga accompagnata dalla valutazione di impatto sui D.U.
2. A NATIONAL HUMAN
RIGHTS INSTITUTION IN CONFORMITY WITH THE PARIS PRINCIPLES, GENERAL ASSEMBLY
RESOLUTION 48/134, ANNEX (see list of issues, n.2, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December
2003)
In Italia non esiste tuttora una Istituzione
nazionale indipendente di promozione e protezione dei diritti umani come
prevista dai cd. principi di Parigi, Risoluzione n. 48/134 del 1993
dellAssemblea Generale delle Nazioni Unite e come auspicata da questo Committee nel
General Comment 10: The role of national human rights institutions in the
protection of economic, social and cultural rights (E/C.12/1998/25, CESCR). E ancora una volta si costretti a rilevare il
silenzio su tale inadempimento del Rapporto governativo in esame.
Tale Istituzione, laddove esistente, avrebbe tra laltro il compito di promuovere e assicurare
larmonizzazione e limplementazione della legislazione nazionale, delle
pratiche e dei meccanismi regolativi con gli strumenti internazionali dei
diritti umani dei quali lo Stato parte (principio 3b).
Ad essa, inoltre, come espresso nei principi 3f) e
3g) spetterebbe il rilevante ed incisivo ruolo di assistere nella formulazione
di programmi di insegnamento e di ricerca sui diritti umani e prendere parte
alla loro esecuzione nelle scuole, universit e circoli professionali e di
pubblicizzare i diritti umani incrementando la consapevolezza collettiva
attraverso linformazione e leducazione.
La mancanza di una Istituzione nazionale siffatta (gi rilevata, in analogo contesto, dal Comitato ONU per i diritti dellInfanzia)[1]
evidenzia ancor di pi la situazione di vuoto in cui
si trovano in Italia il rispetto e prima ancora la stessa conoscenza dei
diritti umani fondamentali.
Come prova in Italia lelevato numero di richieste
di intervento da parte dei cittadini nella recente esperienza del Personal Data
Protection Authority (Garante per la tutela dei dati personali, istituito nel
1997, listituzione di Istituzioni di garanzia
risponde al livello
di attesa da parte dei cittadini di un
interlocutore cui rivolgersi in modo diretto ed efficace.
A questo si aggiunga che non appare completamente
risolto lo spazio di garanzie riconosciuto ai non cittadini, che siano
legalmente residenti o non (see
pages 27-39).
Il fattore linguistico e quello economico sono ulteriori aspetti che rendono loro pi
difficile laccesso pieno alla giustizia.
Sul piano amministrativo, ad eccezione del
ricordato Garante per la tutela dei dati personali cui conferito per legge il
compito di promuovere e proteggere in modo indipendente il diritto fondamentale
alla dignit e riservatezza delle persone (privacy), non esistono altre
strutture incaricate di un controllo indipendente sul rispetto dei diritti
umani.
Vi sono proposte legislative nellattuale
parlamento per listituzione di un Garante nazionale dei bambini e adolescenti
e lormai ventennale tentativo di istituire il difensore civico nazionale, ma
finora non hanno avuto esito alcuno.[2]
(see page 45-54).
Proprio in relazione alla mancanza di una
Istituzione nazionale indipendente di promozione e protezione dei diritti umani
come prevista dai cd. principi di Parigi e dalla Risoluzione n. 48/134 del 1993
dellAssemblea Generale delle Nazioni Unite, il
Comitato
ha predisposto, e nel dicembre 2002 presentato pubblicamente, inviandone copia
anche alle competenti Commissioni Parlamentari, una proposta di legge in
allegato 1. Ha quindi iniziato una difficile opera di sollecitazione per far in
modo che la proposta sia discussa ed approvata dal Parlamento.
La proposta di legge modellata sui principi della
Risoluzione 48/134 e dei principi di Parigi, di cui accoglie anche la parte
facoltativa, relativa alla possibilit di ricevere reclami e segnalazioni e
decidere sui casi sottoposti.
Quella proposta una
istituzione autorevole, indipendente ed efficace, con funzioni di formazione e
informazione, coordinamento, controllo e impulso legislativo della complessa
materia dei diritti umani, diritti che sono innanzitutto universali,
indivisibili, interdipendenti; che coinvolgono ambiti sempre nuovi, dai diritti
civili e politici a quelli economici, sociali e culturali, a quelli ambientali.
La competenza dellistituzione, costituita e composta con caratteri di pluralismo e rappresentativit, si esplica sia in politica interna che in politica estera, poich lo Stato italiano, come ogni altro Stato, responsabile delle violazioni dei diritti umani; sia allinterno del proprio territorio che allestero; sia nei confronti di chi possiede la cittadinanza italiana che di chi non la possiede.
Larticolato provvede quindi ad istituire e disciplinare le funzioni, la composizione, le attribuzioni e i poteri affidati alla Commissione italiana per la protezione e la promozione dei diritti umani.
La Commissione, costituita come organismo autonomo ed indipendente avente lo scopo di proteggere e promuovere i diritti fondamentali della persona, enunciati dalla Costituzione e generalmente riconosciuti dal diritto internazionale, opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione. Alla stessa, in quanto organismo indipendente, garantita autonomia contabile, organizzativa, patrimoniale, finanziaria e gestionale. La Commissione composta da undici membri, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, per adeguare la composizione alla Risoluzione delle Nazioni Unite del 1993, in modo che sia assicurata la rappresentanza pluralistica delle forze della societ civile coinvolte nella promozione e nella protezione dei diritti umani, in particolare con poteri che rendano effettiva la collaborazione.
La designazione sar quindi effettuata, con modalit da stabilirsi successivamente, dalle associazioni ed organi rappresentativi delle categorie individuate nei Principi di Parigi (Presidenti delle Camere, delle Organizzazioni non governative maggiormente rappresentative nellattivit nazionale ed internazionale a difesa dei diritti umani e a protezione contro la discriminazione, delle Organizzazioni sindacali, del Consiglio superiore della magistratura, del Consiglio nazionale forense, dellOrdine nazionale dei medici e dellOrdine nazionale dei giornalisti, del Consiglio universitario nazionale).
I componenti della Commissione (che durano in carica cinque anni) eleggono nel loro ambito un presidente ed un vice presidente.
Ulteriore garanzia di indipendenza riguarda la prevista incompatibilit con qualunque altro tipo di incarico e limpossibilit di revocare il mandato al Presidente e ai componenti della Commissione.
Per lintera durata dellincarico, il presidente ed i componenti della Commissione non possono, pena la revoca dalla carica, esercitare attivit professionale e di consulenza, n essere amministratori o dipendenti di enti pubblici o privati. Se dipendenti di pubbliche amministrazioni, essi sono collocati in aspettativa. Oltre che per la naturale scadenza del mandato o per decesso, lincarico di componente cessa esclusivamente in caso di dimissioni o sopravvenuta accertata mancanza dei requisiti e delle qualit richiesti per la nomina.
Tra i compiti attribuiti alla Commissione si segnalano quelli di: 1- promuovere la cultura dei diritti umani, avvalendosi di tutti gli strumenti idonei; 2- creare un foro permanente di pubblico confronto e discussione nel settore della tutela dei diritti umani; 3- istituire, al proprio interno, un osservatorio per il monitoraggio del rispetto dei diritti umani in Italia e allestero; 4- formulare, anche di propria iniziativa, proposte al Governo sulla materia; 5- promuovere la firma di accordi internazionali in materia di diritti umani; 6- cooperare con analoghi organismi internazionali o istituzioni di altri paesi; 7- ricevere da singoli soggetti (o da associazioni) segnalazioni relative a specifiche violazioni o limitazioni dei diritti umani e adottare i conseguenti provvedimenti; 8- promuovere ladozione di codici di condotta da parte delle categorie professionali; 9- predisporre annualmente una relazione sullattivit svolta e sulla situazione relativa allattuazione ed al rispetto dei diritti umani in Italia ed allestero.
I poteri attribuiti alla Commissione sono articolati in poteri di: accertamento, controllo e denunzia.
In primo luogo, prevista una generale facolt di richiedere informazioni e documenti a soggetti pubblici e privati, fatti salvi i casi di segreto professionale dufficio o di Stato, previsti dai relativi articoli del codice di procedura penale. Inoltre, si stabilisce che la Commissione, qualora ne ricorra la necessit, possa disporre accessi, ispezioni e verifiche dei luoghi e, in mancanza della collaborazione del/dei soggetto/i tenuti a farli, effettuare, previa autorizzazione del Presidente del tribunale competente per territorio, in relazione al luogo in cui le stesse devono essere effettuate.
Quanto a specifiche ipotesi di denuncia, la Commissione pu istruire un vero e proprio procedimento, al termine del quale pu adottare provvedimenti intesi a far cessare il comportamento censurato. La procedura relativa, nel rispetto del principio di trasparenza, avr particolare riguardo alle modalit con cui assicurare le necessarie garanzie a tutela della vittima. La procedura che si svolge davanti alla Commissione ha natura giustiziale ma non giurisdizionale e pertanto, qualora dovessero riscontrarsi ipotesi di reato, queste sarebbero di competenza degli organi giudiziari.
La Commissione ha inoltre il potere di nominare il proprio personale e di adottare norme interne di regolamentazione, in particolare per la disciplina degli uffici e per gli aspetti finanziari, oltre che per definire le procedure della sua azione.
Oltre alle fattispecie di reato previste dallordinamento qualora dai casi lamentati si riscontrasse la lesione di diritti penalmente tutelati, la Commissione ha il potere di imporre sanzioni amministrative pecuniarie a coloro che violino gli obblighi di informazione e documentazione. Le sanzioni amministrative sono modulate secondo importi pecuniari differenziati, in base alla circostanza che i soggetti obbligati possano rifiutare di fornire informazioni e documenti ovvero possano fornire informazioni non veritiere. Sanzioni sono inoltre previste nel caso di inosservanza dei provvedimenti adottati dalla Commissione per far cessare il comportamento lamentato.
Va menzionato al riguardo che gi da alcuni anni esistono in Parlamento delle proposte di legge che sono rivolte a dare attuazione in Italia alla Risoluzione 48/134.
Da ultimo si pu menzionare il disegno di legge A.S. n. 2666 presentato, il 19 dicembre 2003, da numerosi senatori del centro destra, primo firmatario il Sen. Pianetta, Presidente della Commissione straordinaria per i Diritti Umani del Senato.
Questo testo, pur provenendo da parlamentari presenti nella Commissione Diritti umani e pur avendo recepito molte parti della proposta di legge del Comitato, non sembra in grado di soddisfare ai principi della Risoluzione 48/134 in primis per la mancanza del fondamentale requisito dellindipendenza. La Commissione, infatti, come recita larticolo 1 del disegno di legge n. 2666, ҏ istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il che ne fa un organismo consultivo del Governo e non una Istituzione indipendente.
Inoltre, si prevede, allarticolo 2, che due suoi componenti siano nominati dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
La composizione della Commissione inoltre poco comprensibile se si ha riguardo alle categorie di persone indicate dai Principi di Parigi: tra i componenti di nomina parlamentare, si fa riferimento a tre personalit degli organismi internazionali di tutela dei diritti umani ed altre tre delle associazioni religiose maggiormente rappresentative.
Perch il
Governo italiano non ha ancora ritenuto di dare attuazione agli obblighi
assunti nel 1993 con la Risoluzione n. 48/134 dellAssemblea Generale delle
Nazioni Unite, presentando un proprio disegno di legge?
Prch il
Governo, anche nella scorta della recente presentazione del Disegno di Legge
2666, primo firmatario Sen. Enrico Pianetta, non assume un impegno per la
sollecita discussione ed approvazione di un progetto di legge che sia
pienamente conforme alle caratteristiche indicate dall'Assemblea delle Nazioni
Unite e dai Principi di Parigi, in particolare in merito al requisito
dellindipendenza della istituzione?
A tal fine,
Il Comitato auspica che il Governo prenda tempestivamente in esame e sostenga liter
parlamentare della propria bozza di disegno di
legge "Istituzione di una Commissione italiana per la promozione e la
tutela dei Diritti Umani".
3.
ENFORCEMENT OF THE COVENANT IN THE DOMESTIC LEGAL ORDER AND RELEVANT CASE LAW
(see list of issues, n.3, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003)
La ratifica contestuale con la legge 25 ottobre 1977, n.
881, del Covenant on economic, social and cultural
rights e del Covenant on civil and political rights e del Protocollo
facoltativo a questultimo, ha creato occasioni
di confusione tra gli operatori del diritto (ad esempio, in una sentenza del
Tribunale di Lagonegro del 1984 si cita erroneamente il Patto internazionale
relativo ai diritti civili e politici anzich il Patto internazionale dei
diritti economici, sociali e culturali). Tuttavia nelle motivazioni delle
sentenze i giudici nella quasi totalit dei casi hanno fatto riferimento ad uno
dei due Patti in particolare e non soltanto genericamente alla legge di
ratifica, e nei casi restanti comunque possibile stabilire a quale Patto
lorgano giudicante volesse riferirsi esaminando il testo della decisione.
Dunque la giustificazione contenuta nel Rapporto par.28
(E/C.12/4/Add.13), ossia che non sarebbe possibile risalire a quali sentenze
citino effettivamente il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e
culturali, in quanto esse farebbero genericamente riferimento alla sola legge
di ratifica, del tutto inconsistente e priva di fondamento, ed invece
denuncia la totale mancanza di approfondimento del Governo italiano nella
stesura del Rapporto.
Infatti, si agevolmente verificato in quali casi la
giurisprudenza abbia effettivamente richiamato il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali o
il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici: questultimo, ad
esempio, applicato prevalentemente in ambito penale, ove si richiamano i
principi a tutela dellimputato contenuti nellart. 14.
Queste considerazioni emergono sulla base di una apposita
ricerca condotta tra le sentenze e le ordinanze della Suprema Corte di
Cassazione e della Corte Costituzionale, ed anche tra alcune sentenze di merito
di particolare rilevanza che sono state riportate nelle raccolte
giurisprudenziali.
Nel periodo preso in esame (1980 2003) sono state
rinvenute solo 16 sentenze che richiamano espressamente il Covenant, invocando
il rispetto dei diritti ivi sanciti negli artt. 1-15, e di queste ben 13 in
materia di diritto del lavoro citano lart. 7.
Tale netta predominanza non casuale: infatti i manuali
universitari e di preparazione alle carriere in magistratura o avvocatura
annoverano the Covenant tra le fonti internazionali del diritto del lavoro, il
che comporta che esso conosciuto e normalmente utilizzato nellambito della labour jurisprudence.
Le sentenze in materia di diritto del lavoro, suddivise
per Organo emanante, sono le seguenti: Corte Cost n. 103/1989; Cass., sez.
lav., 18-08-2003, n. 12076; Cass. civ., sez. Lavoro, 05-06-2001, n. 7617 -
Pres. Santojanni Md - Rel. Amoroso G - P.M. Sepe Ea (diff.) - Lovaglio c. Ist.
Poligrafico Zecca Stato; Cass. civ., sez. Lavoro, 08-07-1994, n. 6448 - Pres.
De Rosa M - Rel. Vidiri G - P.M. Tondi C (Conf.) - Iodice ed altri c. S.I.P. -
Societ Italiana per l'esercizio Telefonico; Cass. civ., sez. Unite,
29-05-1993, n. 6031 - Pres. Brancaccio A - Rel. Genghini M - P.M. Di Renzo M
(Conf) - Cirio, Bertolli, De Rica S.p.A. c. Strino; Cass. civ., sez. Unite,
29-05-1993, n. 6030 - Pres. Brancaccio A - Rel. Genghini M - P.M. Di Renzo M
(Conf) - Snam S.p.A. c. Ballali; Cass. civ., sez. Lavoro, 18-09-1991, n. 9695 -
Pres. Ruperto C - Rel. Berni Canani U - P.M. Visalli I (Parz diff) - Agueni ed
altri c. Banca Nazionale del Lavoro; Cass. civ., sez. Lavoro, 07-02-1991, n.
1245 - Pres. Ruperto C - Rel. Putaturo M - P.M. Cecere C (Conf) - S.p.A. RAI c.
Scoti Patriarca; Cass., 18-11-1987, n. 8464; Cass. civ., sez. Lavoro,
25-03-1986, n. 2116 - Pres. Menichino G - Rel. Arena A - P.M. Di Rienzo M
(Conf) Enna c. C.I.S.; Tribunale
Lagonegro, 17-07-1984 - Enel c. De Gennaro; Pretura Cosenza, 28-04-1983 - De
Marco c. Cassa rurale artig. Cosenza; Pretura Portoferraio, 15-04-1980
Grunzel.
Sicuramente
pi rilevanti sono le due sentenze della Corte Costituzionale n. 404/1988 e n. 559/1989 che, sulla base anche dei principi contenuti nellart.
11 del Covenant, hanno dichiarato lillegittimit costituzionale la
prima di alcuni articoli della legge 27 luglio 1978, n. 392 sulle locazioni di
immobili urbani nella parte in cui non prevedeva tra i successibili nella
titolarit del contratto di locazione, in caso di morte del conduttore, il
convivente more uxorio, il coniuge separato e lex convivente con prole
naturale e la seconda dell'art. 18, primo e secondo comma, della legge della
Regione Piemonte 10 dicembre 1984, n. 64 che disciplina le assegnazioni degli
alloggi di edilizia residenziale pubblica, nella parte in cui non prevedeva la
cessazione della stabile convivenza come causa di successione nella
assegnazione ovvero come presupposto della voltura della convenzione a favore
del convivente affidatario della prole.
Non pu non rilevarsi che le due
sentenze hanno in comune lo stesso Giudice relatore, il quale di norma anche
il materiale estensore della sentenza, a testimonianza del fatto che il Patto
non comunemente conosciuto tra i magistrati e che la sua applicazione
spesso subordinata alla preparazione personale dei singoli giudici.
Infine
la sentenza della Corte Costituzionale n. 376/2000, richiamando anche i
principi di protezione ed assistenza da accordarsi alla famiglia specialmente
quando essa abbia la responsabilit del mantenimento e dell'educazione di figli
a suo carico sanciti dallart. 10 del Patto, ha dichiarato l'illegittimit
costituzionale dell'art. 19 del
Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, L.286/98 nella
parte in cui non estendeva il divieto di espulsione al marito convivente della
donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio.
Gi in the Concluding Observations to the third
State Party report (E/C.12/1/Add.43, n.9), the Committee noted
with concern that only very few court rulings refer explicitly to the Covenant.
Appare
di tutta evidenza che 16 pronunce nellarco di quasi 30 anni sono del tutto
insufficienti a sostenere che il Covenant abbia
trovato ampia applicazione nella giurisprudenza italiana, che anzi sembra non
considerare proprio il Patto alla stregua delle altre legally binding
provinsions into force in Italy.
Questo
desolante risultato non dovuto solo alla scarsa preparazione dei magistrati
in materia, ma anche alla disinformazione riscontrabile tra chi esercita la
professione forense: infatti anche se in Italia vige il principio Jura novit
Curia,
ci non toglie che chi ha interesse a far valere un diritto in giudizio
tenuto ad illustrare allorgano giudicante anche il fondamento giuridico delle
proprie pretese.
Ci
implica che la scarsa applicazione del Patto vada attribuita
anche al fatto che gli avvocati lo utilizzano raramente per ottenere il
rispetto dei diritti ivi sanciti, che essi
cercano di tutelare attraverso lapplicazione di altre norme oppure,
nellipotesi peggiore, rinunciano ad agire in giudizio per farli rispettare
ritenendo che tale diritti non siano immediately justiciable.
Corrisponde
comunque a verit che molti dei principi contenuti nel Patto sono stati gi trasfusi
nella legislazione nazionale, ordinaria e costituzionale, e pertanto essi
trovano quotidiana applicazione nei nostri Tribunali. Sarebbe per stato utile
che il Rapporto Governativo in esame, nellunico
paragrafo in cui si risponde alla relativa Consideration, al par. 28,
E/C.12/4/Add.13, avesse esplicitato le fonti di ricerca e avesse altres
illustrato quali norme italiane applicano i diritti sanciti dagli artt. 1-15
del Patto.
Il Comitato raccomanda la predisposizione di una banca dati gratuita e accessibile
attraverso i siti web pubblici e in collegamento con i maggiori motori di
ricerca per una veloce e puntuale individuazione delle fonti di diritto
internazionale e delle leggi di ratifica ed entrata in vigore, in particolare
dei trattati internazionali in materia di diritti umani.
Anche una nostra indagine sulle raccolte di codici (codice civile, codice di procedura civile, codice penale e codice di procedura penale), solitamente consultate dagli operatori giuridici e giudiziari nazionali, dimostra che il Covenant poco conosciuto in quanto raramente riportato per esteso ed in lingua italiana. Lindagine stata effettuata sui maggiori codici in uso delle Case Editrici: Giuffr, Simone, Cedam, La Tribuna, Zanichelli, Giappichelli, Utet. La raccolta Giuffr, nella quale presente una sezione Atti internazionali, contiene il solo Patto Internazionale per i diritti civili e politici con relativo protocollo. Quella della casa editrice Simone non contiene atti internazionali, quella della casa editrice La Tribuna contiene come convenzione internazionale solo la CEDU. Per quanto invece attiene ai Codici specifici in Diritti Umani e in Diritto e Organizzazioni Internazionali solo le case editrici Cedam e Simone riportano anche il Covenant in lingua italiana.
Il Comitato raccomanda una
maggiore attenzione nella redazione dei codici, con particolare riguardo alle
sezioni internazionali, attraverso linclusione per esteso e in lingua italiana
del Covenant e degli strumenti fondamentali del diritto internazionale dei
diritti umani.
Sembra inoltre necessario che il Patto formi
pienamente parte di quel tessuto di norme fondamentali la cui conoscenza
indispensabile per lesercizio di professioni legali e della magistratura.
Il loro studio, a differenza di quanto accade
tuttora, dovrebbe divenire parte integrante dei programmi formativi per corsi
di laurea che diano accesso alle gi citate professioni ed anche della
formazione dei funzionari e dirigenti del settore pubblico, in primis del Ministero dellInterno,
della Giustizia e degli Affari Esteri, che dispongono di scuole di alta
formazione.
Infatti la Dichiarazione e il Programma dAzione di
Vienna del 1993 spronano gli Stati ad un maggiore impegno nella promozione dei
diritti umani anche attraverso una pi ampia educazione e la diffusione dellinformazione
pubblica nel settore.
Dalla nostra analisi appositamente effettuata sui
piani di studio delle 47 Facolt di Giurisprudenza italiane si rileva che solo
nei corsi di laurea di 17 facolt presente linsegnamento dei diritti umani.
Sono stati analizzati i corsi universitari triennali (Scienze Giuridiche,
Servizi Giuridici, Scienze per operatori dei servizi giuridici), le lauree
quadriennali in Giurisprudenza (vecchio ordinamento) e i corsi di laurea
biennali specialistici in Giurisprudenza. Gli insegnamenti di Tutela
Internazionale dei diritti umani Protezione Internazionale dei diritti
umani Diritti delluomo Garanzia dei diritti fondamentali sono
presenti nei piani di studio delle 17 facolt di Giurisprudenza come materia
opzionale (a scelta dello studente) o come modulo negli insegnamenti di Diritto
Internazionale II o Avanzato, Diritto Internazionale Pubblico II o Diritto
Civile II, o negli insegnamenti fondamentali di Diritto Pubblico e Diritto
Costituzionale. Solo il corso di laurea in Diritto e Organizzazione
Internazionale presso la Facolt di Giurisprudenza di Siena e il biennio di
specializzazione in Studi Giuridici, Internazionali ed Europei presso la
Facolt di Giurisprudenza di Trieste prevedono linsegnamento di Tutela
Internazionale dei diritti umani e Diritto Internazionale Pubblico II con
modulo in diritti umani, come materia fondamentale.
Lanalisi dei programmi delle Scuole di
specializzazione post-laurea per le professioni legali rivela una totale
mancanza dellinsegnamento dei diritti umani.
Perch
linsegnamento dei diritti umani, ad esclusione di due sole Facolt, non
ancora materia obbligatoria nelle Facolt di Giurisprudenza italiane?
Il Comitato raccomanda linsegnamento dei diritti umani come materia obbligatoria
almeno in tutti i corsi di laurea e nelle Scuole di specializzazione che diano
accesso alle professioni legali e agli uffici dei funzionari e dirigenti del
settore pubblico.
4. POSITION OF ITALY ON
THE DRAFT OPTIONAL PROTOCOL TO THE INTERNATIONAL COVENANT (see list of issues,
n.4, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003).
As
strongly affirmed in the Vienna Declaration (A/CONF.157/23, 12 July 1993, par.
5, 32, 75, 98), the principle of universality, indivisibility and
interdependence of all human rights and freedoms (civil, cultural, economic,
political and social rights and freedoms) to promote and protect the whole
dignity of the human being, particularly in the perspective of the global
world, is deeply interrelated to the principle of non-selectivity of human
rights.
On this
base the Vienna Programme of Action recommended the elaboration and adoption of
an Optional Protocol to the Covenant on economic, social and cultural rights as
well as to other Covenants.
Come noto,
tale impegno assunto a Vienna rimane, ad oggi, disatteso, mainly because of the
perplexities of some States concerning the issue of justiciability of economic,
social and cultural rights and the issue of interference with national sovereignity.
Sullinconsistenza
dellobiezione inerente the justiciability of economic, social and cultural
rights, basti richiamare in questa sede the General Comment n. 9 of this Committee
(E/C.12/1998/24, CESCR, particularly par. 9, 10 and 11) and please see also this report on
page 12.
On the issue of the interference with the national sovereignity, ci limitiamo a ricordare che il principio di sussidiariet rispetto alle giurisdizioni nazionali, oltre a rispettare la sovranit dei singoli Stati, incoragger daltro canto lo sviluppo di una giurisprudenza a livello nazionale sulle materie oggetto del Covenant.
Come noto inoltre, il Protocollo, che sarebbe in
ogni caso di natura opzionale, non crea nuovi obblighi in capo agli stati parte
del Covenant, quanto piuttosto un nuovo meccanismo di monitoraggio sugli
obblighi che gi vincolano gli stati parte del Covenant.
The Comitato auspica ladozione di un Optional
Protocol to the Covenant, simile nel suo impianto a quello che gi esiste da
quasi trenta anni per il Patto Internazionale per i Diritti Civili e Politici,
in quanto determinante per assicurare pieno ed equo riconoscimento ai diritti
economici, sociali e culturali tra i meccanismi di garanzia dei Diritti Umani
delle Nazioni Unite. Non dimentichiamo infatti che ben quattro dei sette
trattati internazionali sui diritti umani delle Nazioni Unite (core treaties) dispongono attualmente
di Optional Protocols.
Il Comitato auspica dunque ladozione di un Protocollo Opzionale che consenta a singoli individui e a gruppi di individui di denunciare al Committee eventuali violazioni dei diritti fondamentali economici, sociali e culturali.
Il Comitato si augura che tale Protocollo preveda entrambi le procedure (communication procedure, che darebbe la facolt a singoli individui, o a gruppi di individui, di rivolgersi to the Committee nel caso si ritenessero vittime di una violazione di un diritto contenuto nella Convenzione and inquiry procedure, che permetterebbe to the Committee di iniziare unindagine di propria iniziativa nel caso di gravi e sistematiche violazioni dei diritti contenuti nel Covenant).
Il Comitato auspica, inoltre, che the
Committee abbia
anche il potere di stabilire , se necessario, misure ad interim per proteggere la vittima
o le vittime delle violazioni denunciate.
In the aim
of the adoption of an Optional Protocol to the Covenant, and in such
perspectives and views, in January 2004 the Comitato joined
the International Coalition of NGOs for the adoption of an Optional Protocol to
ICESCR.
During the
contacts with members of Italian Government (Department of Foreign Affairs) for
our lobbying and advocacy activities, in coordination with the International
Coalition of NGOs, some perplexities could be noticed from the part of
Governments Representatives, concerning the issue of justiciability, which is
still felt as interfering directly with the sovereignity of the State. As
nothing is possible to read about all this subject in the Italian Government
Report and the written reply risulta in aperto contrasto con il General Comment
n.9, we take advantage of this opportunity to ask a question and address a
recommendation..
Chiediamo al
Governo italiano di motivare la propria posizione in merito alladozione di un
Optional Protocol to the Covenant. In particolare in merito alla questione
della giustiziabilit dei diritti economici, sociali e culturali.
Il Comitato invita il Governo ad attivarsi per sostenere fattivamente ladozione di
un Protocollo Opzionale al Covenant e a farsene promotore presso la comunit
internazionale e lUnione Europea.
5.
LEGAL RESPONSABILITY OF ENTERPRISES IN THE
FULFILMENT OF ECONOMIC, SOCIAL AND CULTURAL RIGHTS
Il Comitato ha deciso di portare lattenzione su
questo tema cruciale, anche se non indicato nella list of issues, per cominciare
a porre la questione sul tavolo.
Da non poco tempo NGOs and Associations impegnate
nei diritti umani hanno manifestato la necessit che anche le imprese
multinazionali e le altre imprese siano soggette alla normativa internazionale
a tutela e difesa dei diritti umani: non solo gli Stati ma anche altri attori,
in particolare le grandi imprese, con attivit che superano i confini dei loro
Stati di provenienza, sono soggetti di diritto internazionale. Dalle loro
attivit infatti possono derivare gravissime, estese e reiterate violazioni dei
diritti umani.
Quali potenti soggetti economici, queste imprese
possono esercitare - in positivo ma anche in negativo - una notevole influenza sulle decisioni
politiche e quindi avere un impatto sui diritti umani di milioni di persone: le
imprese possono violare i diritti umani attraverso le modalit di reclutamento
dei loro dipendenti o attraverso l'impatto che i loro processi produttivi hanno
sui lavoratori, le comunit e l'ambiente; le imprese possono anche essere
coinvolte nei pi gravi abusi attraverso la complicit con governi o autorit
politiche repressivi.
Eppure le multinazionali in quanto istituzioni
private pretendono di non essere soggette alla legislazione internazionale. Ma
tale principio non dovr pi essere invocato.
Le Norme delle Nazioni Unite sulla Responsabilit delle Imprese
Transnazionali ed Altre Imprese riguardo ai Diritti Umani (in seguito Norme), approvate il 13 agosto 2003 dalla
Sottocommissione delle Nazioni Unite per la Promozione e la Protezione dei
Diritti Umani, tagliano corto sulla pretesa delle multinazionali e di ogni
impresa di essere esonerate da qualsiasi responsabilit, appunto perch
soggetti di diritto privato.
Successivamente a tale delibera anche i Governi,
riuniti dalla Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite di Ginevra, hanno
confermato il 20 aprile 2004, per consensus, il fondamentale principio della
Responsabilit Sociale dellImpresa e delle Norme come strumento per valutarla.
Il significato delle Norme sta nel fatto che
riuniscono in un quadro coerente una vasta serie di obblighi degli attori
economici non-statali in materia di diritti umani, obblighi contenuti
attualmente nei vari strumenti del diritto internazionale, negli standard
volontari e nei codici delle imprese. Le Norme non creano nuovi obblighi
giuridici ma riassumono e riaffermano in un unico documento gli obblighi
esistenti previsti dal diritto internazionale e applicabili alle piccole e
grandi imprese.
Tuttavia lo Stato italiano non sembra averne ancora
colto limportanza: nel progetto Corporate Social Responsability/ Social
commitment (CSR/SC) presentato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali il 14
novembre 2003, laccenno alle Norme, come strumenti di riferimento,
relegato in nota e liquidato con il pretesto che a quella data esse fossero in
fase di definizione.
N ci rassicura la seguente risposta fornita dalla
Sottosegretaria per gli Affari Esteri
M. Boniver ad una interpellanza urgente, presentata da trentasette
senatori, che poneva lo stesso
quesito: LItalia con gli altri partner europei condivide gli obiettivi
della normativa approvata dalla Sottocommissione di Ginevra; tuttavia auspica
un loro ulteriore approfondimento[]. Non vorremmo che la richiesta di
approfondimento fosse un pretesto per porre nel dimenticatoio il pi avanzato
strumento di regolazione dellattivit delle imprese per quanto riguarda le
violazioni dei diritti umani.
Qual la
posizione del Governo italiano in merito alle Norme?
Il Comitato auspica che lItalia prenda una chiara ed esplicita posizione favorevole
alle Norme, provvedendo alla pi ampia loro diffusione e
considerandole un punto di riferimento per la valutazione di performance di Responsabilit delle imprese.
Il Comitato chiede al Governo italiano di farsi anche promotore delle Norme presso la comunit internazionale affinch il loro contenuto venga al pi
presto tradotto in uno strumento
di diritto internazionale legalmente vincolante.
Il Comitato chiede inoltre che il Governo fin da subito le diffonda e le applichi
sia alle imprese nazionali o estere, che facciano attivit nel nostro paese,
sia a quelle italiane che facciano attivit in paesi stranieri.
Il Comitato raccomanda che il Governo richieda ad ogni impresa multinazionale e non
di presentare per ogni nuova attivit la valutazione del suo impatto sui
diritti umani, dichiarando altres le precauzioni prese per evitare ogni
violazione.
6. PARTECIPATION
OF NON-GOVERNMENTAL ORGANIZATIONS IN THE PREPARATION OF THE REPORT (see list of
issues, n.5, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003)
A differenza di quanto scritto dal Governo italiano
al par.1 del suo Rapporto (E/C.12/4/Add.13), non ci risulta che il Comitato Interministeriale per i
diritti umani, set up by the Minister of Foreign Affairs in 1978 con il compito
di predisporre i rapporti del Governo in relazione alladempimento degli
obblighi contenuti nei Patti internazionali e nelle Convenzioni delle Nazioni
Unite in materia di diritti umani, abbia predisposto alcuna procedura formale
trasparente per assicurare la consultazione
periodica delle NGOs e associazioni.
Manca infatti la costruzione con esse di un dialogo
permanente, costruttivo e partecipato, anche al fine della preparazione dei
rapporti periodici che lItalia tenuta a presentare ai Committees delle Nazioni Unite.
A differenza di quanto scritto dal Governo italiano
allo stesso par.1 del Rapporto (E/C.12/4/Add.13), non ci
risulta che il testo del Rapporto, n in bozza n in versione definitiva, sia stato
inviato alle NGOs
per commenti e osservazioni.
Vogliamo anzi rilevare che fino alla
fine di giugno 2004, il testo non era disponibile, n in inglese n in
italiano, sul
sito del Ministero degli Affari Esteri. E cos le nostre ONG hanno avuto
accesso alla versione inglese del Rapporto dal sito ONU, www.unhchr.ch/tbs/doc.nsf.
Quanto alla versione italiana, dopo averla richiesta, il Comitato lha ricevuta il 2 luglio
dal Ministero degli Affari Esteri ed ha provveduto a diffonderla alle ONGs.
The late submission of the written
replies to the list of issues as well as the
late submission of the updating of the State Party report (already regretted
during the exam of the third State Party Report, see Concluding observations
E/C.12/1/Add.43, n.2 and 8) contribute to make our task more difficult and to
postpone the opportunity to build a constructive dialogue.
We remain also concerned at the
un-fulfilment of the recommendation of the Committee to
distribute the Concluding observations to the third State Party report widely
(E/C.12/1/Add.43, n.36).
Quali sono le
procedure che il Comitato Interministeriale per i diritti umani ha adottato per
la consultazione delle NGOs e Associazioni di cui al par.1 del Rapporto e in
quali occasioni esse sono state consultate? Esistono i verbali degli incontri?
Il Comitato invita il Governo ad adottare procedure pubbliche di consultazione
periodica con NGOs e Associazioni attive in materia, istituendo appositi tavoli
per favorire un dialogo partecipato, costruttivo e permanente.
Il Comitato raccomanda la verbalizzazione degli incontri come best practice per la
costruzione di un dialogo proficuo e consapevole.
7. RIGHT
TO DEVELOPMENT AND INTERNATIONAL COOPERATION (see artt. 2, para 1, 11, 15, 22
and 23 of the Covenant and list of issues, n.7, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December
2003)
Le Nazioni Unite nel settembre del 2000, con
l'approvazione unanime della Dichiarazione del Millennio, hanno gettato le basi
per un nuovo patto globale tra gli Stati per sradicare la povert e la
malnutrizione, per fermare le epidemie e i virus, per garantire istruzione,
sanit, acqua potabile per tutti. Per raggiungere questi obiettivi, enshrined negli art. 55 e 56 della UN Charter, occorre
l'impegno congiunto di tutti i paesi, di quelli poveri
o impoveriti e di quelli ricchi.
L'impegno pi volte ribadito nelle sedi nazionali e
internazionali del graduale raggiungimento di
una quota di risorse da destinare alla cooperazione allo sviluppo pari allo
0,7% dei PIL ha incontrato il consenso dei paesi dell'UE che, come obiettivo
intermedio, si sono impegnati nel summit di Barcellona (marzo 2002) per il raggiungimento dello
0,39% entro il 2006. Alcuni paesi della UE hanno gi raggiunto l'obiettivo
dello 0,7%, altri, dopo la conferenza di Monterrey, hanno fissato date e tappe
intermedie per il suo raggiungimento.
Quanto all'Italia, se non porr rapido
rimedio alla tendenza cui avviata, l'attuale 0,16% di PIL destinato allAiuto
Pubblico allo Sviluppo (APS) potrebbe ulteriormente ridursi ( Vedi anche pages 12-13 di
questo Rapporto). Ci trova, peraltro, conferma nei tagli alla spesa annunciati dal Governo per il
rientro dell'Italia nei parametri europei sottoposti al controllo ECOFIN
(luglio 2004). Se questa ipotesi trovasse conferma si bloccheranno molte
iniziative ed accordi gi intrapresi. In particolare:
- lintera
quota per il fondo globale per la lotta all'Aids, la tubercolosi e la malaria
(100 milioni);
- la quota
2004 del Programma OMS per la lotta alla polio (4,5 milioni);
- la
ricostruzione in Afghanistan (40 milioni);
- la
partecipazione italiana al Fondo di ricostruzione per l'Iraq (30 milioni);
- tutte le iniziative a favore
dell'Africa Sub sahariana.
Ed inoltre
verranno tagliati:
- gli
interventi d'emergenza in Darfur (Sudan);
- i fondi
destinati ai contributi alle ONG (50 milioni equivalenti al 70%).
.
Il quadro degli strumenti normativi e legislativi
non ha subito aggiornamenti di rilievo in tema di cooperazione internazionale
dopo lapprovazione della legge sulla cooperazione allo sviluppo 49/87,
addirittura precedente alla caduta del muro di Berlino.
Qualsiasi tentativo di riforma strutturale in
proposito paralizzato da una crisi sistemica della cooperazione italiana allo
sviluppo, caratterizzata da una crescente burocratizzazione gestionale, dai
tempi lunghi per lapprovazione dei progetti, per lerogazione dei fondi e il
successivo esame ed approvazione dei rendiconti, che si associa alla riduzione
delle risorse finanziarie ed umane.
Le numerose pezze che hanno cercato di tamponare
una crisi ormai pi che decennale hanno ulteriormente complicato un quadro che
necessita di una riforma strutturale, complessiva, coerente ed integrata.
In questa situazione non si stenta a capire perch
il Rapporto passi sotto silenzio largomento e il punto sulla attuazione degli
impegni assunti con gli altri stati a proposito della cooperazione allo
sviluppo.
Eppure, e nonostante ci, l'Italia ha una grande
ricchezza di relazioni internazionali, una vasta e competente rete di ONG, di
soggetti della societ civile organizzata e di volontari che operano in molte
parti del mondo, ricorrendo all'utilizzo di tutti quegli strumenti e quelle
risorse pubbliche e private provenienti, in particolare, da campagne di
auto-finanziamento e dalla rete degli Enti Locali, soggetto emergente, questo
ultimo, di una nuova forma di decentramento delle attivit di cooperazione
internazionale.
Qual la
posizione del Governo Italiano sul riconoscimento del diritto allo sviluppo
umano e sostenibile e dei correlati legal
duties and obligations per tutti gli Stati in
uno strumento di diritto internazionale legally binding?
Qual la
posizione del Governo Italiano in merito allimprocrastinabilit di una riforma
strutturale della cooperazione italiana allo sviluppo?
Nell'esprimere
forte preoccupazione per la contraddizione tra
gli impegni pubblicamente assunti e le relative
erogazioni economiche, il Comitato auspica che da parte delle
Nazioni Unite venga al Governo italiano un efficace richiamo alla puntuale
osservanza degli impegni pubblicamente assunti.
Il Comitato auspica inoltre che il Governo Italiano riconosca il diritto allo
sviluppo umano e sostenibile sancito nella Declaration on the Right to
Development, adopted by the General Assembly in its Resolution 41/128 of 4
December 1986, come diritto umano fondamentale in linea con i principi
contenuti nel General Comment 3 (CESCR, 14/12/1990, par 8) e si adoperi presso
la comunit internazionale per il suo riconoscimento in uno strumento di
diritto internazionale legalmente vincolante.
8. NON-DISCRIMINATION
(ART. 2, PARA.2) extent to which migrant workers and refugees are enjoying
their economic, social and cultural rights; how applicants for refugee status
are afforded economic, social and cultural rights (see list of issues, n.9,
E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003).
Nelle Written Replies, infatti, le difficolt
create dal meccanismo procedurale per lottenimento dello status di rifugiato
sono celate cosi come lo sono le mancanza di normative in materia.
Lo stesso dicasi per i lavoratori immigrati: le
loro difficolt nellottenimento dei rinnovi dei permessi di soggiorno, le
discriminazioni nellassistenza sociale e la rigidit dei requisiti minimi per
lottenimento del rinnovo dei documenti o per la richiesta della carta di
soggiorno non rispondono alla flessibilit dellattuale mercato di lavoro.
Il fenomeno dellimmigrazione in Italia
caratterizzato da una notevole lacuna legislativa organica che ha impedito la
piena applicazione della Convenzione di Ginevra del 1951 e di altre norme sui
diritti umani.
LItalia ha ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 con la Legge n.277 del 24 luglio 1954 a cui appose una riserva, la cosiddetta riserva geografica in base alla quale il Governo Italiano riconosceva lo status di rifugiato ai soli individui provenienti da paesi europei dando agli altri la possibilit di usufruire di uneventuale protezione sotto mandato Acnur.
La mancanza legislativa stata solo parzialmente colmata con lemanazione della Legge n.39 del 1990 la cosiddetta Legge Martelli.
Questa ritir la riserva geografica e deline delle disposizioni pi precise in materia di asilo. Furono introdotte le norme procedurali per il riconoscimento dello status di rifugiato senza tuttavia entrare nei dettagli del suo meccanismo e senza affrontare la posizione giuridica dei rifugiati dopo il loro riconoscimento.
Nel 1998, il Testo Unico n. 286 (Turco-Napolitano 40/98) in materia di immigrazione, modifica in parte la Legge Martelli senza intervenire per sulla procedura relativa al diritto di asilo che tuttora disciplinata dallart. 1 della legge Martelli.
La Legge n.189 dell11 luglio 2002, la cosiddetta legge Bossi-Fini, entrata in vigore il 10 settembre 2002 modifica il Testo Unico del 1998 in diversi punti. Essa non contiene una riforma organica del diritto dasilo quanto piuttosto introduce alcune modifiche e restrizioni alle vigenti disposizioni dellart. 1 della Legge Martelli; anche in questo caso le nuove disposizioni non sono ancora applicabili a causa della mancanza di un regolamento di attuazione.
Nel suo complesso, la riforma apportata dalla legge 30 luglio 2002, n.189, cosiddetta BossiFini, risulta caratterizzata, non dalla
preoccupazione presentata nella issue, ma dalla preoccupazione di affrontare il
fenomeno dell'immigrazione soprattutto come una questione di ordine pubblico,
ponendo in primo luogo lesigenza di allontanare gli immigrati irregolari e di
contrastare il traffico di clandestini. La nuova legge -oltre ad inasprire
lapparato sanzionatorio- riduce fortemente la possibilit di ingresso legale
per lavoro, accentuando la precariet dei lavoratori migranti, costretti di
fatto allingresso clandestino o a limitate possibilit di ingresso per lavoro
stagionale. E non si pu certo passare sotto silenzio che tale legge ha
suscitato molte critiche e ricorsi presso la Corte Costituzionale, che ha gi
pronunciato giudizi di incostituzionalit su alcune delle sue disposizioni (art
13 comma 3 T.U. viola art 13 Costituzione Italiana; Art 14 comma 5 quinquies
viola art.3 e 13 della Costituzione Italiana - 15 luglio 2004: Sentenza Corte
Costituzionale n. 222/2004; n. 223/2004) e ad altri in procinto di
pronunciare.
Aspetto centrale della nuova
disciplina, entrata in vigore a settembre del 2002, il nuovo "contratto
di soggiorno", la cui concessione legata all'esistenza di un contratto
di lavoro, con la conseguenza che lo status giuridico dell'immigrato dipende
dalla esistenza e persistenza del rapporto di lavoro. Quindi, dalla
volont del datore di lavoro.
Il Comitato notes with
concern that legare la possibilit di soggiorno legale alla stipula ( e alla
permanenza) di un contratto di lavoro tanto rigido, che levoluzione del
mercato tende a superare, significa esporre gli immigrati ad ogni sorta di
pressioni, che possono tradursi anche in comportamenti ricattatori a danno dei
soggetti pi deboli ( come le donne o gli immigrati pi anziani).
La conseguenza pi evidente che ne deriva, anche tra
gli immigrati regolarmente residenti, la diffusione ulteriore delle diverse
tipologie di lavoro informale, fino al vero e proprio lavoro nero.
La legge 189/2002 sancisce una pericolosa
precarizzazione di tutti gli immigrati, anche di quelli in regola da anni nel
nostro paese. Con questultima legge si allontana la prospettiva della
stabilizzazione dei permessi di lunga durata (carta di soggiorno), dimezzando i
tempi di durata del permesso di soggiorno dopo il primo rinnovo ( da quattro a
due anni) ed allungando i tempi richiesti per conseguire la carta di soggiorno
( da cinque a sei anni) con requisiti di reddito sempre pi difficili da
provare.
In questa situazione latmosfera per gli immigrati si
va facendo pi difficile n si riscontrano mezzi, strumenti, istituzioni di
garanzia a tutela dei loro diritti violati.
2. Norme
disattese:crescenti discriminazione razziale e xenofobia
The lack of a National Independent Institution
in Italy and the consequent lack of an independent body in charge of collecting
data and elaborating a national
strategy, as well as the un-fulfilment of the Vienna and the more recent Durban
Programmes of Action, constitute major obstacles to the fulfilment of economic,
social and cultural rights of migrants, refugee and asylum seekers.
Non si riscontrano neppure istituzioni pubbliche
effettivamente operanti sul terreno del contrasto alla discriminazione razziale
ed alla xenofobia, a parte il nuovo Comitato governativo, istituito presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Anche a livello locale la situazione non migliore
ed un bilancio degli organismi preposti ad affrontare le problematiche
dellintegrazione degli immigrati nel nostro paese appare decisamente
sconfortante. Molti Consigli territoriali sullimmigrazione non si riuniscono da
tempo, la Commissione per le politiche di integrazione (art. 46 T.U.286/98)
sembrerebbe ormai estinta, i nuovi comitati interministeriali, come quello
previsto dallart. 2 bis del T.U. modificato dalla "Bossi Fini" si
limitano a concertare le misure di espulsione e di contrasto dellimmigrazione
clandestina, ma non si occupano di integrazione, n rendono pubblici i loro
lavori.
A tutto ci non si pu dimenticare di aggiungere che lItalia non ha ancora ratificato la Convenzione ONU del 1990 sulla protezione dei lavoratori migranti e delle loro famiglie. La situazione dei migranti lavoratori, in condizione di irregolarit (categoria specificamente prevista da quella convenzione) rimane pertanto caratterizzata dalla massima precariet.
In realt, la presenza di lavoratori clandestini sul nostro territorio sembra spesso tollerata; i controlli delle autorit competenti, come gli ispettorati del lavoro , sono molto scarsi, ed il caporalato stabilmente presente tanto nelle piazze dei comuni del ricco Nord, quanto alla periferia dei centri agricoli del meridione.
Di particolare disagio la condizione dei
richiedenti asilo, nel periodo di attesa, spesso molto lungo (fino a due anni),
per la decisione sulla richiesta di asilo. Di recente a Roma, nel quartiere
Tiburtino, a Caserta e a Palermo esploso linsopportabile disagio dei
richiedenti asilo costretti di fatto alla pi totale precariet a causa dei
ritardi della Commissione centrale che ha accumulato un arretrato di oltre 17.000
istanze (circa diciotto mesi), e della totale mancanza di assistenza pubblica.
La legge italiana proibisce la stipula di un
contratto di lavoro e il ricongiungimento familiare per quei richiedenti asilo
che sono ancora in attesa di conoscere la decisione della Commissione centrale,
con la conseguenza che la maggior parte di loro, spesso isolata dal contesto
familiare di provenienza, rimane totalmente priva di un contributo pubblico di
assistenza; costretta al lavoro nero e a subire ogni tipo di ricatti per
ottenere beni primari come il cibo o lalloggio.
Esemplare a tale riguardo la vicenda dei profughi
sudanesi giunti a Lampedusa, a partire dal 2001, immediatamente destinatari, ad
Agrigento, di provvedimenti di espulsione o di trasferimenti forzati in altre
parti di Italia, come a Crotone, in strutture di detenzione amministrativa, e
poi abbandonati al loro destino nelle campagne di Caserta, nelle citt
siciliane, o costretti a spostarsi a Roma, nella speranza di un esame pi
rapido delle loro istanze di asilo. O anche la vicenda dei profughi dal Darfur:
soltanto adesso i media cominciano a parlare di genocidio nel Darfur, ma
intanto la Commissione centrale,
ha respinto numerose istanze presentate da questi richiedenti asilo, senza attribuire alcun rilievo
a fatti documentati dalle grandi
agenzie umanitarie internazionali ed ormai del tutto evidenti. In alcune
interviste da parte della Commissione Centrale, durate appena pochi minuti,
agli occhi dei Commissari ha assunto maggior rilievo lattivit politica svolta
dai richiedenti asilo giunti in Italia e i loro collegamenti con le
associazioni che li avevano accolti ed assistiti nel nostro paese. Altissima,
in questi casi, la percentuale dei dinieghi, anche nei riguardi di richiedenti
asilo ai quali erano stati amputati gli arti inferiori[3].
La normativa nazionale contro gli atti di discriminazione razziale ha avuto una applicazione molto limitata e, dopo lattuazione delle direttive comunitarie, prima con le leggi di delega e quindi con i decreti legislativi n. 215 e 216 del 2003, le prospettive sembrano ancora peggiori, dal momento che non si realizzata la inversione dellonere della prova, che incombe ancora sulla vittima degli atti discriminatori.
Mancano, come si diceva, agenzie indipendenti che possano denunciare i casi di discriminazione, evitando alle vittime il rischio di una successiva ritorsione, e non sono stati neppure costituiti gli osservatori regionali contro la discriminazione razziale, previsti dalla legge 40 del 1998.
Ma laspetto pi grave che si rileva nella
trasposizione delle direttive comunitarie contro la discriminazione e la
xenofobia nel nostro paese costituito dalla clausola omnibus presente nei
decreti di attuazione.
Come si legge nella normativa interna di
attuazione, Il presente decreto legislativo non riguarda le differenze di
trattamento basate sulla nazionalit e non pregiudica le disposizioni nazionali
e le condizioni relative all'ingresso, al soggiorno, all'accesso
all'occupazione, all'assistenza e alla previdenza dei cittadini dei Paesi terzi
e degli apolidi nel territorio dello Stato, ne' qualsiasi trattamento, adottato
in base alla legge, derivante dalla condizione giuridica dei predetti soggetti.
Nel rispetto dei principi di proporzionalit e ragionevolezza, nell'ambito del
rapporto di lavoro o dell'esercizio dell'attivit' di impresa, non
costituiscono atti di discriminazione ai sensi dell'articolo 2 quelle
differenze di trattamento dovute a caratteristiche connesse alla razza o
all'origine etnica di una persona, qualora, per la natura di un'attivit'
lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, si tratti di
caratteristiche che costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini
dello svolgimento dell'attivit' medesima. Non costituiscono, comunque, atti di
discriminazione ai sensi dell'articolo 2 quelle differenze di trattamento che,
pur risultando indirettamente discriminatorie, siano giustificate
oggettivamente da finalita' legittime perseguite attraverso mezzi appropriati e
necessari.
Mentre la Convenzione ONU sui diritti dei
lavoratori migranti e il Piano di azione della Conferenza di Durban
sollecitavano i diversi paesi firmatari a modificare le legislazioni interne
che risultassero in contrasto con il divieto di discriminazione razziale, la clausola appena richiamata
viola gli standard internazionali e afferma la intangibilit della legislazione
interna in materia di condizione giuridica degli immigrati, anche quando questa
risulta direttamente o indirettamente discriminatoria.
In questo modo si chiude quasi completamente la possibilit di perseguire tanto il cosiddetto razzismo istituzionale, spesso nella forma di atti o comportamenti posti in essere da pubblici ufficiali, riconducibili al concetto di discriminazione indiretta, quanto le sempre pi diffuse discriminazioni verificate soprattutto nellambito dei rapporti di lavoro.
Le forme di razzismo istituzionale sono le pi diverse. In alcune occasioni sono state avallate dallautorit giudiziaria che intervenuta in sede di controllo di legittimit degli atti della pubblica amministrazione. Ad esempio, la legge non stabilisce esplicitamente (pur non vietandolo) che al detenuto straniero debba comunque essere rilasciato o rinnovato un permesso di soggiorno. Eppure si e assestata, in questi ultimi anni, una prassi (messaggio del Ministero dellinterno alla Questura di Vercelli del 4 Settembre 2001) secondo la quale listanza di rinnovo del permesso non puo essere accolta perche resa superflua dal provvedimento dellAutorita giudiziaria in forza del quale lo straniero e detenuto. Recentemente, pero, una sentenza della Corte di Cassazione Penale (Sez. I, n. 30130/2003) ha stabilito che laccesso allaffidamento in prova al servizio sociale e alle altre misure alternative extra-murarie e precluso allo straniero privo di permesso di soggiorno, dal momento che comporterebbe la permanenza illegale di uno straniero nel territorio dello Stato. Il mantenimento della prassi citata rischia cos, alla luce di questa sentenza, di rendere impraticabili i percorsi di recupero sociale del detenuto straniero.
Con quali
risorse finanziarie (indicare quali) il governo affronta le questioni della
discriminazione razziale e della xenofobia?
Per quali motivi
il governo continua ad opporsi in sede UE ad una decisione quadro in materia di
razzismo?
Il sistema della
detenzione amministrativa, che presenta aspetti gravemente lesivi dei diritti
economici, sociali e culturali degli stranieri irregolari e che stato creato
per predisporre lidentificazione ai fini del rimpatrio degli stranieri
destinatari di provvedimenti di espulsione, ha assunto una chiara valenza
punitiva. In che modo il Governo
ritiene che tale sistema possa ancora rispondere al fine per cui stato
istituito?
Il Comitato chiede inoltre di:
Ratificare la Convenzione ONU del 1990 sui diritti dei lavoratori
migranti e delle loro famiglie.
Evitare modifiche della Costituzione
(minacciate dopo gli interventi della Corte Costituzionale che ha gi
dichiarato incostituzionali alcune norme della legge "Bossi-Fini"),
che possano pregiudicare il principio di parit di trattamento affermato non
solo dalla stessa, ma anche dalle Convenzioni internazionali, compresa la
Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati e la Convenzione ONU del 1990 sui
diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie.
Riportare alla
legge, senza utilizzare regolamenti di attuazione che risultano spesso in
contrasto con la legge e soprattutto con la Costituzione italiana, tutta la
normativa sulla condizione giuridica dell'immigrato in Italia.
Rivedere le
attuali norme sul contrasto in mare della immigrazione clandestina, norme che
sono responsabili di centinaia di morti e della criminalizzazione delle ong che intervengono in difesa dei profughi.
Istituire in
ogni regione, con sedi decentrate a livello provinciale, centri per il
monitoraggio della discriminazione, gi previsti a livello regionale dalla
legge Turco Napolitano del 1998 e mai attivati.
Trasformare
lattuale agenzia governativa contro la discriminazione razziale alle
dipendenze del Ministero del Welfare in una agenzia centrale effettivamente
indipendente, composta esclusivamente da rappresentanti del Parlamento e delle
Ongs umanitarie.
3.
Discriminazioni nel mercato del lavoro
a)
Incertezza dei tempi per rilascio e rinnovo del permesso
Bench la legge stabilisca, per il rilascio o il
rinnovo del permesso di soggiorno, un termine di venti giorni dalla richiesta,
la corrispondente disposizione (art. 5, co.9 Testo Unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dellimmigrazione e norme sulla condizione dello
straniero, approvato con D.Lgs. 25.7.1998, n. 286 e successive modificazioni)
ha un carattere meramente ordinatorio, non essendo assistita da alcuna sanzione
ne da un principio di silenzio-assenso. In pratica, il lavoratore/trice
proveniente da Paesi che non fanno parte dellUnione europea , gi costretto a
lunghe, costose ed umilianti file per poter presentare la domanda di rinnovo
del permesso di soggiorno ai Commissariati ed alle Questure, resta per molti
mesi privo di un documento indispensabile - oltre che per poter circolare
liberamente ed eventualmente recarsi nel Paese di origine- sia per la stipula di un
contratto di lavoro sia per il godimento dei diritti associati alla titolarit
del permesso (ad esempio, la possibilit di chiedere il ricongiungimento con i
familiari residenti allestero o liscrizione in un corso di studio o di
formazione).
b) Casi di impossibilit di accesso a mezzi leciti di sostentamento
In diversi casi e previsto dalla legge che lo
straniero possa soggiornare legalmente in Italia per motivi legati alla tutela
di diritti costituzionalmente garantiti o al rispetto di obblighi
internazionali. Rientrano in questambito il soggiorno per richiesta di asilo
(art. 1 L.39/1990), il soggiorno per lesercizio del diritto di difesa (art. 17
T.U.), quello che consegue alle situazioni di inespellibilit della donna
incinta o che abbia partorito recentemente (art. 19, co.2 T.U.) e il soggiorno
del genitore autorizzato dal Tribunale per i minorenni a tutela dello sviluppo
del minore soggiornante in Italia (art. 31, co.3). Per questi casi e escluso,
o non e stabilito esplicitamente, che lo straniero ammesso al soggiorno legale
possa svolgere attivit lavorativa, senza per che siano tassativamente
previste misure atte a garantire che gli siano assicurati adeguati mezzi di
sostentamento.
c) Discriminazione
nellaccesso al lavoro
La normativa attuale impone, per lingresso legale
in Italia per motivi di lavoro, la dimostrazione di una preventiva promessa di
assunzione da parte di un datore di lavoro (art. 22 T.U.).
Limpossibilita di dar luogo a forme legali di incontro diretto tra domanda e
offerta di lavoro costringe, nei fatti, i lavoratori stranieri che aspirino a
migrare in Italia a ricorrere ad un periodo di
soggiorno illegale che consenta loro di porre le basi per la costituzione di un
rapporto di lavoro, altrimenti irrealizzabile. Questa situazione alimenta da anni
il bacino di immigrazione illegale, che viene periodicamente svuotato da
provvedimenti di sanatoria. Si tratta di un fenomeno tuttaltro che marginale:
nel periodo 1988-2002 i permessi di soggiorno per lavoro (non stagionale)
rilasciati in seguito a un ingresso formalmente successivo alla promessa di
assunzione sono stati circa 285.000 (in media, circa 19.000 per anno); quelli
rilasciati in seguito a provvedimenti di sanatoria, circa 1.360.000 (in media,
circa 90.000 per anno). La condizione di illegalit forzata e quindi un
elemento strutturale dellimmigrazione per lavoro in Italia, con conseguenze
dirette in termini di compressione dei diritti dei migranti.
La materia dei rapporti di lavoro degli immigrati
presenta molteplici aspetti di discriminazione.
I requisiti previsti per il rinnovo del permesso di
soggiorno del lavoratore subordinato straniero (e, in base allart. 30, co.3
T.U., dei suoi familiari) sono molto rigidi. In particolare, necessaria, ai
fini del rinnovo, lesistenza di un contratto di lavoro (art. 5, co.5 T.U.).
Una certa elasticit e prevista in caso di perdita del posto di lavoro per
licenziamento o dimissioni: in questo caso, ove il permesso di soggiorno vada a
scadenza prima che siano trascorsi sei mesi dalla perdita del posto, il
lavoratore ottiene un limitato rinnovo mirato a consentirgli un periodo di
ricerca di nuova occupazione di durata complessiva non inferiore, appunto, a
sei mesi (art. 22, co.11 T.U.). Salva questa modesta forma di tutela, quindi,
la perdita delloccupazione pu facilmente tradursi per il lavoratore straniero
(e, conseguentemente, per i suoi familiari) nella perdita della facolt di
soggiornare in Italia.
La condizione e ulteriormente aggravata per i lavoratori
che abbiano stipulato un contratto a termine (invece che a tempo
indeterminato). La legge italiana non consente per questo tipo di contratti
licenziamenti o dimissioni, se non in casi eccezionali (art. 2119 c.c.). Non si
applicano quindi le disposizioni di tutela di cui allart. 22, co.11 T.U..
Inoltre, la necessit di presentare la domanda di rinnovo almeno sessanta
giorni prima della scadenza del permesso preclude la possibilit che a sostegno
della richiesta sia esibito un nuovo contratto a tempo determinato con lo
stesso datore di lavoro (vietato dallart. 5 D. Lgs. 368/2001). Stante allora
la difficolt di reperire, a rapporto di lavoro in corso, una possibilit di
impiego con un diverso datore di lavoro, lunica possibilit per il lavoratore
e quella di ottenere la trasformazione del rapporto di lavoro a termine in
rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Si vede allora come, a dispetto del principio di
parit di diritti tra lavoratore straniero legalmente soggiornante e lavoratore
italiano, sancito dalla Convenzione OIL n. 143/1975 e dallart. 2, co.3 T.U.,
la rigidit delle disposizioni sul rinnovo del permesso di soggiorno finisca
con lincatenare il lavoratore al proprio posto di lavoro. La libera scelta
delloccupazione, sancita per il cittadino dallart. 4 Cost., e gravemente
sacrificata per il lavoratore immigrato, che perde cos anche gran parte della
propria forza contrattuale nei confronti del datore di lavoro.
Le modifiche apportate al T.U. dalla L.189/2002
("Legge Bossi-Fini") hanno poi appesantito la posizione del datore di
lavoro che intenda stipulare un contratto di lavoro con un lavoratore
straniero: e previsto che il datore debba garantire il reperimento di un
alloggio, per il lavoratore, che soddisfi i requisiti previsti dalle leggi
regionali sulledilizia residenziale pubblica e che debba coprire le eventuali
spese di rimpatrio per lo stesso lavoratore.
Questi requisiti costituiscono un deterrente per il
datore di lavoro e, di conseguenza, un fattore di esclusione del lavoratore
straniero che sia rimasto privo di occupazione dalla possibilit di rientro nel
mercato del lavoro.
Questa forma di discriminazione rende
paradossalmente improponibile, nei fatti, laccesso del lavoratore straniero
alle forme flessibili di contratto di lavoro recentemente introdotte o
potenziate dalla L. 30/2003 e dal D. Lgs. 276/2003 (soprattutto la
somministrazione di lavoro e il lavoro intermittente), mirate ad alleggerire
gli oneri per il datore di lavoro e a diminuire cosi lo squilibrio esistente,
nel mercato del lavoro, tra la condizione degli occupati
e quella dei non occupati.
e) Ostacoli allo svolgimento di una professione.
A dispetto
del principio di parita tra lavoratore straniero legalmente soggiornante e
lavoratore italiano (Convenzione OIL, n. 143/1975 e art. 2, co. 3 T.U.), lo
svolgimento di una professione da parte del lavoratore straniero legalmente
soggiornante e in possesso dei titoli abilitanti richiesti per quella
professione e consentito dalla legge solo entro i limiti numerici fissati
annualmente dal Governo in relazione agli ingressi di nuovi immigrati in Italia
per motivi di lavoro autonomo (art. 37, co.3 T.U.). Tali limiti comprensivi
di tutte le attivit autonome sono stati, in questi anni, estremamente bassi
(circa tremila per anno), e senza che fosse stabilito esplicitamente un
criterio di precedenza per i lavoratori gi legalmente soggiornanti in Italia.
f) Discriminazioni nellassistenza sociale
Lart. 41, co.1 T.U. sancisce formalmente la parit di
diritti, ai fini del godimento delle misure di assistenza sociale, tra
cittadino italiano e straniero legalmente soggiornante con un permesso di
durata non inferiore a un anno. Lart. 80, co.19, L. 388/2000 (legge
finanziaria per il 2001) ha per limitato drasticamente la portata di questa
disposizione, stabilendo, per la maggior parte delle provvidenze economiche
previste dalla legislazione in materia di assistenza sociale, che la parit
riguarda i soli titolari di carta di soggiorno. Questa limitazione ha creato,
in particolare, un grave circolo vizioso ai danni del lavoratore straniero per
il quale sopravvenga, mentre e ancora titolare di un semplice permesso di
soggiorno per lavoro, una condizione di invalidit civile (ad esempio, in
seguito a un incidente stradale). Tale condizione, precludendogli la
prosecuzione dellattivit lavorativa, gli rende impossibile il rinnovo del
permesso di soggiorno (art. 5, co. 5 T.U.). La mancanza di un reddito per s e
per i propri familiari, poi, anche nellipotesi in cui il lavoratore abbia gi
maturato i sei anni di soggiorno legale in Italia, gli impedisce di ottenere la
carta di soggiorno (art. 9, co. 1 T. U.). La condizione di indigenza sarebbe
superabile, se solo lo straniero potesse ottenere la pensione di invalidit,
per la quale e certamente in possesso dei requisiti soggettivi. Ma tale
pensione e riservata, appunto, tra gli stranieri, ai titolari di carta di
soggiorno. Lacquisizione della condizione di invalidit diventa cos motivo di
perdita della facolt di soggiornare in Italia.
In materia di
discriminazione sul lavoro, come si pensa di conciliare la flessibilit
introdotta dalla legge 30/2003 ("Legge Biagi") con la rigidit, prevista
dalla legge 189/2002 "Bossi-Fini", dei permessi di soggiorno e dei
contratti di lavoro, da cui i lavoratori stranieri dipendono attualmente?
Per facilitare
l'accesso al lavoro si raccomanda la modifica della disciplina dei flussi, dei
visti e dei permessi, in modo da consentire un ingresso per ricerca di lavoro e
una pi lunga permanenza in caso di licenziamento e in modo da diminuire le
attuali odiose forme di ricatto ai danni dei migranti.
4. Discriminazioni ai danni degli stranieri in detenzione
Un terzo della popolazione
detenuta nelle carceri italiane di nazionalit straniera, secondo dati della
fine del 2003 : 17.467, pari al 32,2%. (Dati ufficiali)
Per gli stranieri si registra un ricorso alla
custodia cautelare in carcere
proporzionalmente pi ampio che per gli italiani . Dei
detenuti stranieri quasi il
60% ( 59,7%) sono in attesa di
giudizio , mentre per gli italiani
la percentuale circa il venti per cento in
meno (39,5%) . (Dati ufficiali).
Limitato fra i detenuti stranieri il ricorso al
difensore di fiducia, di difficile accesso per motivi economici. Ma sono in
realt le difficolt linguistiche e di comunicazione che, mentre riducono il
ricorso a difensori dufficio, indeboliscono di fatto le garanzie di difesa in
sede istruttoria e processuale. Per il detenuto straniero, non disponendo di un
supporto legale valido, alcune possibilit rimangono ignote.
A parit di imputazione e di condanna la permanenza
in carcere dei detenuti stranieri mediamente pi lunga di quella degli
italiani, sia in fase di custodia cautelare che dopo la sentenza. Questa
differenza si attribuisce alla difficolt di accedere a misure alternative alla detenzione
o agli arresti domiciliari per
mancanza di un domicilio certificato.
Ma
diverso anche latteggiamento della
magistratura di sorveglianza , che risulta pi chiuso rispetto alla concessione di percorsi penali alternativi al
carcere per detenuti stranieri,
anche in presenza di soluzioni di alloggi temporanei offerti dalla societ
civile.
Il Regolamento di esecuzione al D.L.230/99, sul Riordino della disciplina penitenziaria? del 2000 affronta esplicitamente il problema dellesecuzione penale e del trattamento in carcere dei detenuti stranieri , imponendo alle istituzioni carcerarie di tenere conto delle difficolt linguistiche e delle differenze culturali. Vi si prevede la promozione di contatti con le autorit consolari dei paesi dorigine e si sollecita lintervento di figure di mediazione culturale (art.35 del regolamento), che consentano una tutela giuridica e la comunicazione allesterno della propria condizione : non semplici mediatori linguistici, ma punti di riferimento complessi e multifunctional. Sono ancora molto scarse le presenze dei mediatori, molto frequenti perci sono tuttora le situazioni in cui i detenuti rimangono isolati, senza possibilit di usufruire di colloqui con i familiari , di fare telefonate nel paese dorigine a causa di difficolt burocratiche , quali il reperimento dellinterprete o le difficolt di accertare effettivi vincoli di parentela con i titolari delle utenze telefoniche indicate.
In molti istituti si verifica che le ASL ( in assenza di regole certe di applicazione della normativa sulla
sanit in carcere) non distribuiscano
terapia metadonica a stranieri tossicodipendenti detenuti, se non gi in
carico al SERT( Servizi Territoriali Tossicdp.).
Da ricordare che la maggioranza degli episodi di autolesionismo , che
si verificano in carcere , riguardano detenuti stranieri . Ci a testimonianza del disagio insostenibile
nel quale molti di essi versano. (Vedi in proposito
lapprofondimento in questo rapporto, a pag. 64)
Come
si pensa di garantire la parit di trattamento degli immigrati in carcere -e
nei centri di permanenza temporanea- in particolare per quanto concerne
l'accesso al patrocinio gratuito e alle misure alternative alla pena ?
The Comitato auspica laccelerazione dellattuazione del Regolamento di esecuzione
del 2000 in particolare per gli articoli relativi a detenuti e internati
stranieri.
In particolare
chiede di conoscere se vi sia una formazione specifica degli operatori sanitari
riguardo alle esigenze di tali detenuti/e.
5.
Discriminazione dei richiedenti asilo
In Italia manca ancora una legge organica
sullasilo. Il relativo Disegno di Legge attualmente in fase di definizione,
mentre il Regolamento di attuazione della citata Legge 189/2002 (cosiddetta
Bossi-Fini) contiene due articoli atti a disciplinare la procedura di asilo. La
legge di riferimento rimane perci la Legge 39/1990 (legge Martelli) con il
relativo regolamento di attuazione, DPR 15 maggio 1990.
Desta anche forte preoccupazione la lacunosa attuazione delle Direttive Comunitarie in materia di diritti dei richiedenti asilo: l'attuazione della Direttiva dellUnione Europea n. 9 del 2003 impone la predisposizione di nuove norme che rendano uniformi gli standard europei in materia di procedure per i richiedenti asilo, garantendo soprattutto leffettivit del diritto di ricorso riconosciuto al richiedente asilo dopo il diniego della sua istanza. Questa Direttiva comunitaria contiene previsioni che risultano in totale contrasto con quanto previsto dalla legge "Bossi-Fini", e ancora di pi con il suo regolamento di attuazione, che consente laccompagnamento immediato in frontiera anche in presenza di un ricorso non ancora esaminato dal giudice(questo riguarda gli stranieri entrati irregolarmente non i richiedenti asilo ed stato di recente modificato a seguito della sentenza della Corte costituzionale).
Inoltre la primaria distinzione
semplicistica da tempo in uso tra migranti economici e migranti politici, implica
una procedura differenziata per accedere al territorio italiano, che ignora
tutte le situazioni intermedie, estremamente frequenti, inducendo molte persone
vittime di oppressione politica a candidarsi allimmigrazione come migranti
economici per evitare gravi conseguenze quali lincriminazione immotivata di
parenti rimasti in patria: il caso di moltissimi marocchini sopraggiunti in
Italia durante la reggenza di re Hassan II e il Ministero dellInterno diretto
da Driss Basri. Se, quindi, le statistiche hanno annoverato tassi bassissimi di
richiedenti asilo di nazionalit marocchina nellarco degli Anni Novanta, ci
non significa affatto che si trattasse solo di migranti economici.
Altri fattori che hanno
scoraggiato persone perseguitate o perseguibili politicamente dal classificarsi
come richiedenti asilo sono le lunghezze della procedura per il riconoscimento
per lo status di rifugiato e limpossibilit nel frattempo di svolgere attivit
lavorativa.
a)
Le
richieste di asilo e la risposta italiana
Le richieste di riconoscimento dello status di
rifugiato politico presentate in Italia seguono la procedura ordinaria prevista
dal decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n. 136 e dalla
Convenzione di Dublino del 15 giugno 1990.
In Italia chi presenta domanda di asilo dovrebbe vederla esaminata entro un termine molto breve. Questa la ragione per cui le norme non prevedono che il permesso di soggiorno rilasciato per richiesta di asilo consenta di poter svolgere ad esempio attivit lavorativa. Per il mantenimento dei richiedenti asilo privi di mezzi di sussistenza erogabile da parte delle Prefetture un contributo di circa 17 euro al giorno fino ad un massimo di quarantacinque giorni (tre tranches da quindici giorni).
La realt per profondamente diversa: il richiedente asilo, salvo le procedure accelerate, v. da ultimo il caso dell'imbarcazione Cap Anamur, attende pi di un anno per vedere esaminata la propria domanda. Da ci deriva che, durante questo periodo, non gli sia consentito lavorare n avere accesso gratuitamente allassistenza sanitaria. In pi allo stato attuale il contributo, per carenza di stanziamenti, spesso non viene erogato.
Le norme prevedono che al richiedente asilo venga rilasciato un permesso di soggiorno rinnovabile ogni tre mesi fino al termine della procedura che termina con laudizione davanti alla Commissione Centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato.
La Commissione tenuta a pronunciarsi nei quindici giorni dal ricevimento della domanda (Articolo 3, comma 3 del D.Pr. 15.5.1990,n. 136 ).
Al termine dellaudizione individuale, cui il richiedente asilo ha diritto, la Commissione pu :
Nel corso del 2002 le richieste di asilo in Italia sono state 9.608, mentre nel 2001 erano state 17.600 e nel 2000 pi di 18.000.
Se consideriamo che la Commissione Centrale
respinge annualmente il 90 per cento delle richieste di asilo, si pu giungere
facilmente alla conclusione che lItalia non rispetta il fondamentale diritto
della persona umana allasilo e costringe decine di migliaia di richiedenti
asilo alla clandestinit, determinando problemi anche agli altri paesi europei
verso i quali si rivolgono flussi sempre pi consistenti di potenziali
richiedenti asilo respinti, espulsi o resi clandestini dallItalia. LItalia rimpatria persone che non hanno avuto neppure la
possibilit di presentare la domanda di asilo, pur avendo manifestato la
volont di chiedere asilo in Italia. Con i provvedimenti adottati nel
settembre del 2002, nel marzo e nel maggio del 2003, con una ordinanza del
Presidente del Consiglio, si persino consentito che la Commissione Centrale,
competente a decidere sulle domande di asilo, operasse anche senza la
collegialit prevista dalla legge, spostandosi nei centri di detenzione dove
sono internati molti richiedenti asilo.
Queste persone finiscono per essere internate, in carcere o uccise, come si teme che sia successo nel caso della famiglia siriana o di un gruppo di kurdi rimpatriati nel 2001 direttamente in Turchia, e come avviene anche per molti cingalesi disertori o tamil, riconosciuti dal console cingalese e rimpatriati con un volo charter direttamente nel paese dal quale erano fuggiti. Nel 2002 lItalia ha effettuato 5 voli charter verso lo Sri Lanka per rimpatriare persone molte delle quali, rinchiuse nei centri di detenzione pugliesi, avevano manifestato lintenzione di chiedere asilo, senza riuscire a formalizzare la domanda, o per lassenza di interpreti o per il giudizio sommario da parte delle autorit di polizia circa la strumentalit della richiesta. Altri voli charter sono stati eseguiti nel 2003 e nel 2004.
Il caso pi recente concerne il rimpatrio dei richiedenti asilo della Cap Anamur, effettuato dal Ministero dellInterno nonostante per molti di loro la Commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato avesse raccomandato la non espulsione dal territorio italiano.
b) Situazione dellaccoglienza e dellassistenza
La situazione dellaccoglienza in Italia
piuttosto drammatica: il Programma Nazionale Asilo (PNA), sistema decentrato
per laccoglienza e lintegrazione gestito dallAssociazione Nazionale Comuni
Italiani (ANCI) copre attualmente solo circa il 10% delle richieste di
accoglienza. Ci vuol dire che in Italia una percentuale altissima di
richiedenti asilo dorme in strada e versa in condizioni di assoluta precariet
e marginalit sociale.
Il Programma nazionale asilo (PNA) avrebbe dovuto dare una risposta ai gravissimi problemi derivanti dalla lunghezza delle procedura e dalla quasi totale assenza di interventi pubblici di assistenza rivolti ai richiedenti asilo. Non sembra per che le recenti scelte del Governo italiano e della Commissione mista appositamente istituita, che hanno concordato il finanziamento di una trentina di progetti sparsi per lItalia, corrispondano alle attese.
Innanzitutto lo stanziamento complessivo irrisorio, considerato anche il numero di richiedenti asilo ancora in attesa di una definizione della loro pratica: il numero dei posti offerti su base annua (circa 1500) non raggiunge neppure un decimo dei soggetti che vi avrebbero diritto. Il programma si concentra poi su alcune regioni, penalizzandone fortemente altre che pure, come la Sicilia, sono uno snodo importante nellingresso degli immigrati richiedenti asilo in Italia.
Dopo le decisioni della Commissione nazionale competente a decidere sulle richieste avanzate da parte degli enti locali e delle associazioni, solo un progetto stato finanziato in Sicilia, sembrerebbe nella provincia di Ragusa, che, tra laltro, riceve un numero di richiedenti asilo nettamente inferiore rispetto alle provincie della Sicilia Occidentale, come Palermo, Trapani ed Agrigento.
Queste scelte amministrative della Commissione che
ha deciso sulle richieste di finanziamento del PNA ed il ridotto impegno
politico finanziario sul terreno dellaccoglienza dei richiedenti asilo e
protezione umanitaria sono
direttamente responsabili del fallimento di molti sforzi da parte delle
associazioni umanitarie, come pure di un grave degrado della condizione di vita
dei richiedenti asilo e della mancata
protezione umanitaria delle loro famiglie, spesso costrette a mendicare
sulla strada, ad accettare lavori ad alto rischio e ad abitare in strutture
fatiscenti, con grave rischio anche per la salute, e la vita, dei soggetti pi
deboli, anziani, donne e bambini.
Un caso emblematico,
fra i tanti altri, delle condizioni di vita dei richiedenti asilo stato
quello, a Roma, del cosiddetto Hotel Africa, un gruppo di edifici occupati
dal 2001 (di propriet delle FS) nei pressi della Stazione Tiburtina, dove sono
vissuti circa 600 richiedenti asilo di nazionalit sudanese, eritrea, somala,
libica, irachena, palestinese: con dignit si sono dovuti adattare a vivere in
un posto senza riscaldamento, con scarsa illuminazione, (fatto che costringeva
al ricorso di candele, che causarono un terribile incendio il 28/1/2004 ore
23.00), scarse condutture dacqua, irregolare raccolta delle immondizie.
Il comune di Roma stato in grado di fornire delle
strutture di accoglienza di questi richiedenti asilo solo il 18 agosto 2004.
c) Temporary Detention Centres
Gravissime violazioni dei diritti economici,
sociali e culturali sanciti dal Covenant si riscontrano allinterno dei
Temporary Detention Centres (TDC).
In moltissimi casi i potenziali richiedenti asilo
sono stati trattenuti per settimane nei centri di permanenza temporanea, o in
centri di transito, comunque strutture chiuse ed inaccessibili per gli
operatori delle organizzazioni non governative, senza poter presentare domanda
di asilo, oppure anche dopo avere presentato domanda di asilo, prima della loro
identificazione.
The system
of TDCs has been set up in 1998 by law n.40 and confirmed by the new law on
immigration n.189 in 2002. The system, as thought in 1998, has been mainly
confirmed except for the detention period, which has been extended from 30 to a
maximum of 60 days.
The
temporary detention system has been set up in order to allow Italian
authorities to repatriate those foreign citizens (extra EU) caught by police
forces in the state-territory because not legally present in Italy. Foreign
citizens detained in such centres can spend up to 60 days in detention; such
period is needed by Italian authorities to identify the person through his/her
diplomatic authorities in Italy and to issue the necessary documents in order
to proceed to the repatriation.
The
extension of the detention period is not the only modification introduced by
law n.189. In fact, under the provisions of law n.40 foreign citizens in
temporary detention centres were mainly issued an invitation
to leave the country within 15 days; instead, an order
to leave the country was issued to a limited number of cases related to public
order and state security reasons. On the other hand, under the provisions of
law 189, the order to leave the country has become
the main option.
MSF-Mission
Italie is the first independent organisation that was authorised, by Ministry
of Interior, to enter all TDCs and undertake a comprehensively evaluation study
on the system. MSF-Mission Italie has been monitoring the condition of
assistance, reception and respect of rights in the centres in Puglia and
Sicily. After almost three years of monitoring structural conditions, health
assistance, respect of rights and procedures, garments, food, interpretation,
social and psychological counselling supply, respect of asylum procedures,
management, MSF expresses deep concern on the conditions in the TDCs.
TDC system
is infact now working as an informal extension of penal detention since, on
average, 60/70% of the population is actually coming from state prisons; in
particular procedures, in particular asylum, are breached on a regular basis;
police forces hold an excessive power and non competent role in the running of
the centres; cultural mediation/interpretation is supplied with very low
quality in terms of staff and time availability (often such service is supplied
only for hearings with the judge); chart of rights and duties is provided to
the detainees, in an understandable language, just in some centres.
MSF will
ask the closing of 3 centres: Lametia Terme, Trapani and Turin because of their
very bad conditions.
Migliaia di richiedenti asilo non hanno accesso ai
principali diritti economici, sociali e culturali (durante lattesa del
riconoscimento dello status di rifugiato, che dura pi di un anno, loro
precluso laccesso al lavoro, a un alloggio adeguato e ad adeguate opportunit
culturali) e sono costretti in condizioni di vita di assoluta indigenza: cosa
si propone di fare il Governo Italiano rispetto a questa realt che mostra
incontestabilmente una grave inosservanza della legislazione in materia?
Quali iniziative
il Governo intende assumere, anche in sede comunitaria ed internazionale perch
sia concretamente riconosciuto ai richiedenti uno status di dignit che faccia
premio delle sofferenze da loro subite?
Le norme che sono in preparazione in Europa per
evitare che una richiesta di asilo possa essere presentata in pi di un Paese
dellUnione, anche sotto la spinta del dopo 11 settembre, tendono ad assimilare
i richiedenti asilo ai migranti creando una sorta di criminalizzazione
preventiva dei primi.
Ad esempio previsto che i dati contenuti nella
banca dati EURODAC (che contiene le impronte digitali sia dei richiedenti asilo
sia delle persone fermate nellatto di entrare illegalmente
in uno dei Paesi dellU.E.) oltre che accessibili dagli uffici incaricati di
verificare lidentit dei richiedenti asilo ai fini dellammissione alla
procedura di riconoscimento prevista dalla Convenzione di Dublino, siano resi
accessibili alle forze di polizia dei vari Paesi incaricate di combattere il
terrorismo ed i crimini collegatinonch di prevenire combattere i reati.
Come il Governo
italiano intende assicurare che, accanto alle esigenze di sicurezza, siano
adeguatamente e corrispondente garantiti i diritti umani fondamentali ?
Il Comitato chiede inoltre al Governo di:
Assicurare ai
richiedenti asilo una procedura di esame equa e dignitosa, garantendo agli
stessi la possibilit di lavoro, istruzione e cure mediche anche nel corso
della procedura per loro ed i familiari.
Creare una rete
di centri di accoglienza, non di detenzione, per richiedenti asilo in attesa di
una risposta sulla procedura e garantire loro mediazione psicologica, diritto
alla comprensione della lingua straniera, difesa legale e possibilit di
comunicazione con l'esterno
Attivare servizi
di informazione per richiedenti asilo ai posti di frontiera. Sono servizi gi
previsti dall'attuale normativa, ma mai effettivamente realizzati.
Premettiamo
le fonti di diritto che riguardano questa issue e i loro contenuti essenziali
che rispondono alla domanda. Il divorzio fu introdotto in Italia nel 1970 con
la Legge n.898/1970, modificata dalla legge n.74/1987. Lordinamento italiano
ammette esclusivamente il cessare degli effetti civili del matrimonio.
A
proposito delle cause del divorzio, questa legge precisa che il giudice
pronuncia lo scioglimento del matrimonio quando, esperito inutilmente un
tentativo di conciliazione, accerta che la comunione materiale e spirituale tra
i coniugi non pu essere mantenuta o ricostituita per lesistenza di una delle cause previste dallart.3 della
medesima legge.
Lart.3
asserisce che la cessazione degli effetti civili del matrimonio pu essere
domandata da uno dei coniugi quando:
1. dopo
il matrimonio, laltro coniuge venga condannato con sentenza passata in
giudicato (anche per fatti commessi in precedenza): a) allergastolo o ad una
pena superiore ad anni quindici, per delitti non colposi; b) a qualsiasi pena
detentiva per i delitti di incesto (art.564 c.p.), violenza carnale (art.519
c.p.), atti di libidine violenti (art.521 c.p.), ratto a fine di libidine
(art.523 c.p.), ratto di persona minore di anni quattordici o inferma, a fine
di libidine o di matrimonio (art.524 c.p.), induzione, costrizione,
sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione; c) a qualsiasi pena per
omicidio volontario di un figlio o tentato omicidio a danno del coniuge o di un
figlio; d) a qualsiasi pena detentiva per lesioni personali (art.582 c.p.),
violazione degli obblighi di assistenza familiare (art.570 c.p.),
maltrattamenti in famiglia e verso fanciulli (art.572 c.p.), circonvenzione di
persone incapaci (art.643 c.p.), in danno del coniuge o dei figli;
2. a)
laltro coniuge sia stato assolto per vizio totale di mente dai delitti di cui
al n.1 lettere b) e c) quando il giudice accerta linidoneit del convenuto a
mantenere o ricostituire la convivenza familiare; b) sia stata pronunciata con
sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale tra i coniugi o sia
stata omologata la separazione consensuale o sia intervenuta separazione di
fatto iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970. Le separazioni
devono essersi protratte ininterrottamente da almeno tre anni; c) quando il
procedimento penale promosso per i delitti di cui al n.1 lettere b) e c) si sia
concluso con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, quando
il giudice ritiene che nei fatti commessi sussistano gli elementi costitutivi e
le condizioni di punibilit dei delitti stessi; d) il procedimento penale per
incesto si sia concluso con sentenza di proscioglimento o di assoluzione che
dichiari non punibile il fatto per mancanza di pubblico scandalo; e) laltro
coniuge, cittadino straniero, abbia ottenuto allestero lannullamento o lo
scioglimento del matrimonio o abbia contratto allestero nuovo matrimonio; f)
il matrimonio non sia stato consumato; g) sia passata in giudicato la sentenza
di rettificazione di attribuzione di sesso.
Quanto
alla separazione il Codice civile ammette la separazione personale dei coniugi,
che pu essere consensuale o giudiziale (art.150 c.c.). Lart. 151 c.c.
stabilisce che la separazione pu esser chiesta quando si verificano fatti tali
da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave
pregiudizio alla educazione della prole.
Bearing
in mind gli effetti che divorzio e separazione possono avere sui diritti dei
bambini e degli adolescenti, il Commitee lamenta che la legge italiana
n.77/2003 di "Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea
sullesercizio dei diritti dei minori, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996"
escluda dai procedimenti interessati dallapplicazione della Convenzione di
Strasburgo i procedimenti di separazione e divorzio (see Allegato A, Elenco
dei procedimenti interessati dallapplicazione della Convenzione, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n.210 del 10 settembre 2003).
The Committee also exhorts
Italy to promote the resort of mediation or others processes of alternative
dispute resolution to avoid proceedings before a judicial authority affecting
children, as foreseen by article 13 of the European Convention on the exercise
of childrens rights (Strasbourg, 25.1.1996).
Come
affermato dal Commitee per i diritti del Fanciullo nelle Osservazioni conclusive
indirizzate allItalia (punti 25 e 26) formulate al termine della XXXII
Sessione, il principio del diritto allascolto, sancito nella Convenzione sui
diritti dellInfanzia del 1989 e ribadito nella Convenzione di Strasburgo
sullesercizio dei diritti dei minori, in tali casi non trova applicazione in
Italia.
In
tale sede infatti il Comitato per i diritti del Fanciullo ha raccomandato allItalia di
garantire adeguatamente il diritto dei bambini ad essere ascoltati, nei
procedimenti aventi diretto impatto su di loro ed in particolare nei
procedimenti di separazione e divorzio, adozione, affidamento o relativamente
allistruzione.
Per quale motivo il governo italiano ha
limitato lapplicazione della Convenzione di Strasburgo sullesercizio dei
diritti dei minori (1996) ai soli procedimenti elencati nella legge italiana di
ratifica n.77/2003 e non lha, invece, estesa, a procedimenti pi significativi
per il minore, quali quelli di separazione e divorzio e di adozione?
Why doesnt
italy promote the provision of mediation or of other means of alternative
dispute resolution to resolve disputes or avoid them, especially when they
affect children, as foreseen by article 13 of the European Convention on the
exercise of childrens rights?
Il Comitato
raccomanda la piena e completa applicazione della Convenzione di Strasburgo
sullesercizio dei diritti dei minori (1996), in particolare il diritto dei
minori di essere ascoltati nei procedimenti civili, penali ed amministrativi
aventi diretto impatto su di loro, in particolar modo quelli di separazione e
divorzio, adozione, affidamento.
The Comitato also exhorts Italy to put into effect article 13 of
the European Convention on the exercise of childrens rights, which affirms in
order to prevent or resolve disputes or to avoid proceedings before a judicial
authority affecting children, parties shall encourage the provision of
mediation or other processes to resolve disputes and the use of such processes
to reach agreement in appropriate cases to be determined by parties.
A proposito di
questa violazione dei diritti di bambini ed adolescenti, come ogni altra violazione, il Comitato raccomanda all'Italia la pi sollecita
approvazione di una legge istitutiva di un Garante Nazionale di bambini ed
adolescenti.(Vedi questo rapporto a pag.16).
10. Protection of the
family, mothers and children (art. 10). See list of issues,
n.19, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003: Forms of
discrimination against children born out of wedlock.
Larticolo
30 della Costituzione della Repubblica Italiana (1948) recita: E dovere e
diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati al
di fuori dal matrimonio.
Nei
casi di incapacit dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro
compiti.
La
legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e
sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
La
legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternit.
Se
al comma 1 riconosciuta leguaglianza tra figli legittimi e figli naturali
(ovvero tra figli nati allinterno del vincolo matrimoniale e figli nati al di
fuori), al comma 3 si cerca di contemperare tale principio con i diritti dei
membri della famiglia legittima, il che equivale a svuotarlo del suo
significato.
Il
fatto stesso che la condizione di figlio naturale riconosciuto si acquisti in seguito
ad apposito atto da rendersi in forma pubblica (atto di riconoscimento),
nellatto di nascita, in un testamento o tramite dichiarazione davanti ad un
ufficiale dello stato civile, mentre quella di figlio legittimo si basa su un
sistema di presunzioni, anche se non assolute (cio che ammettono prova
contraria), indice del permanere di una forma di discriminazione nei riguardi
dei figli naturali.
Un
primo passo in avanti stato fatto con la legge n.151 del 1975 Riforma del
diritto di famiglia, che mira ad adeguare le norme dellordinamento italiano
ai principi costituzionali e alla mutata coscienza sociale.
In
seguito alla riforma del 1975, il codice civile (1942) stato innovato e
attualmente prevede che il figlio naturale possa essere riconosciuto dal padre
e/o dalla madre, sia congiuntamente che disgiuntamente, e che il riconoscimento
non possa essere rifiutato ove risponda allinteresse del figlio (art.250
c.c.). Esso, inoltre, una volta effettuato irrevocabile e retroattivo
(art.256 c.c.).
Lart.261
c.c. stabilisce che il riconoscimento comporta da parte del genitore
lassunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti
dei figli legittimi.
Nelle
Osservazioni conclusive il Comitato per i diritti dei bambini auspica
a riguardo la ratifica da parte dellItalia della Convenzione europea sullo
status legale dei bambini nati al di fuori del matrimonio (Strasburgo, 1975),
che il nostro Paese ha firmato nel 1981 e che afferma alcuni principi basilari,
quali il fatto che a ciascun bambino sia legalmente garantito per lo meno il
vincolo con la madre per il solo fatto della nascita (art.2), mentre il diritto
ad avere un padre sia garantito attraverso il riconoscimento volontario da
parte di questultimo o una sentenza dellautorit giudiziaria (art.3).
Lart.258
c.c. afferma che il riconoscimento non produce effetti se non riguardo al
genitore da cui fu fatto, ci significa che non crea alcun rapporto giuridico
tra il figlio naturale riconosciuto ed i parenti del genitore che ha effettuato
il riconoscimento, a parte nonni e bisnonni.
I
figli naturali riconosciuti non possono, cio, acquisire legalmente gli zii ed
i cugini. Al contrario, se il giudice con provvedimento di legittimazione
attribuisce al bambino nato fuori dal matrimonio lo status di figlio legittimo,
questultimo acquisisce i normali legami di parentela con tutti i parenti dei
genitori (lo stesso accade in seguito a matrimonio dei genitori per il figlio
naturale) (art.280 c.c.).
Nellordinamento
italiano ci sono dunque degli ambiti in cui ancora prevale il cosiddetto favor
legittimitatis a discapito dello status di figlio naturale: uno di essi
riguarda linserimento del figlio naturale riconosciuto nella famiglia
legittima del genitore che ha effettuato il riconoscimento, inserimento che
avviene solo su autorizzazione del giudice, qualora ci non sia contrario
allinteresse del minore, ed subordinato al consenso dellaltro coniuge e dei
figli legittimi che abbiano compiuto sedici anni e siano conviventi (art.252 c.c.).
La
legge n.328/2000 Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di
interventi e servizi sociali da considerarsi discriminatoria in quanto
individua nel Comune la titolarit degli interventi assistenziali rivolti ai
cittadini (e tra di loro, i figli legittimi), ma attribuisce alle Regioni la
facolt di affidare ad altri Enti locali le funzioni assistenziali che erano
delle Province nei confronti dei minori nati al di fuori del matrimonio.
Tuttavia
il campo in cui si riscontrano le maggiori differenze di trattamento tra figli
legittimi e naturali quello successorio, diversamente da quanto conclude il
Governo nella Written
Reply rispetto a questa issue.
Nonostante,
in seguito alla legge n.151/1975:
lart. 566 c.c., , affermi che al padre e alla madre
succedono i figli legittimi e naturali, in parti uguali;
lart.542 comma 2 precisi che la divisione tra tutti i
figli, legittimi e naturali, effettuata in parti uguali;
lart. 565 indichi che nella successione legittima leredit
si devolve, nellordine, al coniuge, ai discendenti legittimi e naturali, agli
ascendenti legittimi, ai collaterali, agli altri parenti e allo Stato;
lart. 536 individui tra le persone cui la legge riserva
una quota di eredit o altri diritti nella successione, dopo il coniuge e i
figli legittimi, i figli naturali;
lart.573 c.c. precisa che le disposizioni relative alla successione
dei figli naturali si applicano [solo] quando la filiazione stata
riconosciuta o giudizialmente dichiarata. e lart. 537 afferma che la quota
del patrimonio riservata ai figli, siano essi legittimi o naturali, la
medesima e consta dei 2/3 del patrimonio e va divisa tra tutti i figli in parti
uguali, ma, allultimo comma, precisa che i figli legittimi possono commutare
in denaro o beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali che
non vi si oppongano e che nel caso di opposizione decide il giudice.
Il
recente passaggio di competenze anche in materia dinfanzia e adolescenza dallo
Stato centrale alle Regioni (con la modifica del Titolo V della Costituzione),
inoltre, ci porta a segnalare come leggi e politiche regionali potrebbero
introdurre delle norme discriminanti nei confronti dei figli naturali. A titolo
di esempio citiamo gli atti della Regione Lazio a Sostegno della Famiglia ( la
legge n.32/2001 e la delibera n. 862 del 28/6/2002):
la
legge n.32/2001 qualifica espressamente la famiglia come societ naturale
fondata sul matrimonio e istituzione privilegiata per la nascita, la cura e
leducazione dei figli (art.1);
la
delibera n. 862/2002, nello stanziare dei fondi regionali a sostegno delle
famiglie che versano in condizioni di particolare disagio socio economico, fa
esclusivo riferimento a nuclei di coppie che abbiano contratto matrimonio o che
abbiano intenzione di contrarlo entro determinati termini (DGR n. 862 del
28/07/2002, Allegato A: linee guida per la erogazione degli assegni una
tantum da destinare alle famiglie del Lazio e criteri per la formazione dei
punteggi validi per la immissione nelle graduatorie)
Come il Governo pensa di evitare che il
passaggio di competenze anche in materia di diritti dei bambini e degli
adolescenti dallo Stato centrale alle regioni (in seguito alla modifica del
titolo v della Costituzione) introduca, attraverso leggi e politiche regionali,
delle norme discriminanti nei confronti dei figli naturali (vedi esempio
regione Lazio p.)?
Il Comitato
auspica la ratifica della Convenzione europea sullo status legale dei bambini
nati al di fuori del matrimonio (Strasburgo, 1975), che lItalia ha firmato nel
1981.
Il Comitato
raccomanda leliminazione di ogni residua forma di discriminazione tra figli
legittimi e naturali in materia successoria e in materia di politiche regionali
per linfanzia e ladolescenza.
A proposito di
questa violazione dei diritti di bambini ed adolescenti, come ogni altra violazione, il Comitato raccomanda all'Italia la pi sollecita
approvazione di una legge istitutiva di un Garante Nazionale di bambini ed
adolescenti.(Vedi questo rapporto a pag.16).
11. Protection of the
family, mothers and children (art. 10). See list of issues,
n.20, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003: Family
violence.
Non esiste una definizione universalmente accettata di violenza
domestica: di norma essa consiste in un concetto ampio che comprende i
maltrattamenti fisici, le vessazioni sessuali, psicologiche ed economiche,
perpetrate nei confronti delle donne e dei bambini da parte di un membro di un
gruppo familiare, sia che la violenza avvenga
allinterno che al di fuori delle mura domestiche.
a) Donne.
La violenza in famiglia nei confronti delle donne un fenomeno
assolutamente non irrilevante, non solo in Italia, ma in tutte le parti del
mondo. Non pu essere passato perci sotto silenzio questo fenomeno, finora
poco analizzato e certo sottostimato, ma che si comincia a conoscere, non solo
a livello quantitativo ma soprattutto a livello qualitativo, non solo a livello
internazionale ma anche nazionale.
Nel 2000, in La violenza domestica contro le donne e le bambine,
pubblicato in Innocenti Digest n.6 dellUNICEF Innocenti Research Centre di
Firenze, si stimava che tra il 20 ed il 50% delle donne del mondo avesse subito
qualche vessazione da parte di un membro della famiglia. E ci poteva essere
affermato nonostante le difficolt di disporre di dati statistici, a causa
degli ostacoli psicologici e sociali legati alla denuncia del fenomeno.
In Italia una ricerca condotta nel 1998 dallISTAT (Istituto Italiano
di Statistica), Molestie e violenze sessuali nellindagine dellIstat:
metodologia, organizzazione, principali risultati, concludeva infatti che i
dati giudiziari su denunce penali di violenze e/o maltrattamenti in famiglia
non sono assolutamente rappresentativi per evidenziare lincidenza reale del
fenomeno.
Una conoscenza pi approfondita, ormai ventennale, viene
dallesperienza dei 94 Centri Antiviolenza, attivi sullintero territorio
nazionale, promossi dallUdi, Unione Donne in Italia. Luniverso di tali centri
molto vario: qualit dei servizi, relazioni con le donne, rapporti con il
governo della citt, le stesse origini di un centro sono differenti da citt a
citt. Ma tutti forniscono dati, analisi e progetti, una fonte di conoscenza
unica e particolare, anche se ovviamente relativa solo alle donne che si
rivolgono ai loro sportelli.
Dal tasso di richiesta di aiuto evidente sia linsufficienza dei
servizi a garanzia della protezione delle donne, sia il permanere di
comportamenti e forme squilibrate nelle relazioni fra i due sessi. Le violenze
denunciate presso i Centri sono violenze ordinarie, continuative, su donne che non
sono speciali o patologiche; si tratta di una violenza che entra nel
tessuto della societ, nelle famiglie, nelle relazioni, insomma una violenza
normale,
dove quella cosiddetta in famiglia non una accanto alle tante, ma la
norma, con le sue eccezioni. E gli uomini violenti sono i cosiddetti uomini
normali.
Nella maggioranza dei casi non appartengono alla sfera del disagio sociale o
comportamentale e si smentisce cos un altro luogo comune culturale, che vedeva
luomo violento collocato in una zona di emarginazione o povert materiali o
culturali, oppure con diagnosi di psicopatologie varie.
Le ultime indagini interessanti in Italia sono quelle condotte
allinterno del programma Urban Italia, che ha avviato la Rete Antiviolenza
fra le citt Urban per contrastare il fenomeno della violenza contro le donne.
La Rete fu promossa dal Ministero della Pari Opportunit nel 1997 e ha
coinvolto 8 citt: Venezia (capofila), Catania, Foggia, Lecce, Napoli Palermo,
Reggio Calabria, Roma. Con la partecipazione multidisciplinare di Universit,
istituti di ricerca, esperti, operatori sociali e sanitari, amministrazioni
centrale e locali, stato ideato e portato a termine, in un triennio, un
percorso riproducibile di comprensione e soprattutto di consapevolezza. Non
sono tanto i dati, infatti, lobiettivo
di questa ricerca-azione, quanto la verifica degli stereotipi di base,
della ineluttabilit della violenza maschile da un lato e della sua
giustificazione da parte femminile dallaltro.
Ne sono nati singoli rapporti locali di ricerca e un Rapporto
nazionale, pubblicato in un volume: Progetto Urban, Dentro la violenza:
cultura, pregiudizi, stereotipi, Rapporto nazionale Rete antiviolenza Urban.
Franco Angeli, Milano, 2002.
Sarebbe da parte delle istituzioni una strada da continuare, non
permettendo che cada il silenzio su questa non riconosciuta grave violazione
che meriterebbe ulteriori iniziative specifiche al di l della nuova recente
Legge 154/01 " Misure contro la violenza nelle relazioni familiari",
giustamente citata dal Governo nella Written Reply.
LONU considera la violenza contro le donne come il crimine pi
diffuso nel pianeta. CՎ ormai infatti un patrimonio di conoscenze e dati che
non potrebbero essere pi allarmanti. Tuttavia lo "scatto di
coscienza" solo parziale, solo particolare. E lo stesso citato Rapporto
ne una verifica per quello che riguarda le citt Urban. Le sottovalutazioni
interessate e le culture giustificazioniste sono tuttora molto forti e
costituiscono laltra faccia dellemergenza. Ed proprio perch la gravit del
fenomeno fa tanto fatica ad essere compresa che essa non spinge le istituzioni
a produrre politiche di contrasto permanenti e coerenti.
Il Comitato
auspica una campagna di sensibilizzazione
sulla "violenza in famiglia" nei confronti delle donne, che
coinvolga soggetti esperti delle istituzioni nazionali e del governo delle
citt, tutti gli operatori sociali, le scuole e lopinione pubblica, per
lanciare l'obiettivo di ricerca di contenuti e modelli alternativi, nonch
azioni concrete da parte delle istituzioni per contrastare il fenomeno.
b) Bambini
Per quanto riguarda la prevenzione e la tutela dei children vittime di
violenza domestica, lItalia ha compiuto dei passi avanti, in particolare con
listituzione di una Commissione nazionale per il coordinamento dellazione in
relazione al maltrattamento, allabuso e allo sfruttamento sessuale dei bambini
e ladozione della legge n.66/1966 e della legge n.154/2001.
In particolare questultima, intitolata Misure contro la violenza
nelle relazioni familiari introduce:
- nel codice di procedura penale il provvedimento
dellallontanamento dellimputato dalla casa familiare e la prescrizione
allimputato di non avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla
persona offesa (art.282 bis c.p.p.);
- nel codice civile e di procedura civile gli ordini di
protezione contro gli abusi familiari (artt.342 bis e ter c.c. e 736 bis
c.p.c.);
estendendo
le disposizioni in essa contenute, in quanto compatibili, alla condotta
pregiudizievole tenuta da un componente del nucleo familiare diverso dal
coniuge o dal convivente.
Tuttavia il Comitato per i diritti del fanciullo, in occasione della sua XXXII
Sessione (gennaio 2003), nelle Osservazioni conclusive indirizzate allItalia
(punti 37 e 38) si mostrato preoccupato per la mancanza di dati esaustivi
relativi ai maltrattamenti sui minori e per il fatto che la legislazione
italiana in materia non assicura la stessa tutela ai bambini di 14 anni e a
quelli di 16, a seconda della relazione con labusante, e ha auspicato
ladozione di adeguate campagne di sensibilizzazione in materia con il
coinvolgimento dei bambini stessi e la modifica della legislazione
relativamente ai differenti trattamenti legati allet delle vittime.
Per quale motivo la legislazione italiana
in materia non assicura la stessa protezione dalla violenza ai bambini di 14
anni e a quelli di 16, ma concede loro una tutela diversa a seconda della
relazione esistente con labusante?
Il Comitato
raccomanda la modifica della legislazione relativamente alle differenti forme
di tutela legate allet dei bambini vittime di violenza,
Il Comitato auspica
inoltre ladozione di adeguate campagne di sensibilizzazione in materia con il
coinvolgimento dei bambini stessi e la raccolta di dati esaustivi relativi ai
maltrattamenti sui minori.
A proposito di
questa violazione dei diritti di bambini ed adolescenti, come ogni altra violazione, il Comitato raccomanda all'Italia la pi sollecita
approvazione di una legge istitutiva di un Garante Nazionale di bambini ed
adolescenti.(Vedi questo rapporto a pag.16).
12. Protection of the
family, mothers and children (art. 10). See list of issues, n.21,
E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003: Trafficking
in women and children, child prostitution, child pornography.
Trafficking in women and
children
The recent Law 228 /8 August 2003 Measures against
trafficking in human beings introduced new instruments to fight against
trafficking in human beings. This law provides for:
Penalties for perpetrators
(reclusion from 8 up to 20 years for perpetrators in general, and longer
reclusion if victims are minors or if perpetrators are involved in criminal
networks. All the penalties are increased (of 1/3 or ½) when the victims
are below 18);
Specific legal definition of
reduction into slavery and trafficking in human beings;
Victims rehabilitation through the
creation of a new fund to finance specific programmes. Specific attention will
be paid to the victims first assistance (housing, health care, etc);
Prevention: this law gives to the
Ministry of Foreign Affairs the power to define cooperation policies on this
issue, and to organise international meetings and information campaigns also in
countries of origin.
Law n.40/1998 (article 18) provides a specific
permission to stay for reasons of protection for victims of trafficking.
Article 18 does not ask for previous cooperation whit judicial system, but many
Questure (Police Departments in charge of issuing the
permission to stay for reasons of protection) do it. Victims of trafficking who
are entitled to receive the article 18 permission to stay participate to an
assistance and social re-integration programme. These measures are reinforced
by Law 228/03, including first assistance and long-term reintegration.
Secondo
i dati diffusi dalla Direzione centrale Immigrazione e Polizia delle frontiere
del Ministero dellInterno al 31 ottobre 2003 risultavano essere stati
rilasciati 3757 permessi di soggiorno per protezione sociale ai sensi dellart.
18 t.u. immigrazione.
Nel
2003 sono stati rilasciati 848 permessi di soggiorno per protezione sociale a
donne provenienti da Nigeria (222), Romania (180), Moldavia (939, Ucraina (65),
e Albania (64). (Fonte: Ministero dellInterno, Dipartimento Pubblica
Sicurezza, Direzione Centrale della Polizia Criminale).
The Comitato regrets that the effective
instrument of article 18 procedure has been used just in favor of women,
victims of trafficking for sexual exploitation.
Infact, in a very few cases it has been used for
children, and never for male children or victims of trafficking for purposes
different from sexual exploitation (i.e child labour, begging, exploitation in
illegal activities).
Linasprimento delle sanzioni penali per i
trafficanti e della normativa di contrasto alla tratta da sola non
sufficiente. Ancora, troppo spesso in Italia la tratta considerata sinonimo
solo di tratta di donne per sfruttamento nella prostituzione.
La frontiera culturale allora quella di un diritto riservato per i
minori, di una tutela specifica per i bambini e gli adolescenti vittime di
tratta anche per fini diversi dallo sfruttamento sessuale.
As strongly
recommended by the Committee on the Rights of the
Child in its Concluding Observation on Italy (CRC/C/15/Add.198, 31/01/2003),
the Comitato auspica la predisposizione da parte del governo di misure specifiche per
i minorenni vittime di tratta, anche per fini diversi da quello di sexual
exploitation
Linasprimento delle sanzioni penali, si diceva,
non sufficiente. Per debellare la tratta necessario lavorare
contemporaneamente su due fronti: proteggere le vittime e prevenire il
fenomeno, con azioni che vadano ad incidere sulle cause profonde del fenomeno
non solo nei Paesi di origine ma anche in quelli di destinazione.
The Comitato auspica pertanto la predisposizione da parte del governo di misure
specifiche per affrontare il cosiddetto lato della domanda, e in particolare la
questione dei clienti di vittime di tratta per fini di sfruttamento sessuale.
The Comitato auspica inoltre that Italy as soon as possible
ratifies and implements the Optional Protocol to Prevent, Suppress and Punish
Trafficking in Persons, Especially Women and Children, supplementing the United
Nations Convention against Transnational Organized Crime, entered
internationally into force the 25th December 2003, in accordance
with its article 17.
The Comitato auspica, come gi raccomandato dal Committee in the Concluding Observations (E/C.12/1/Add.43,
n.28), that Italy devise a comprehensive, coordinated and concerted national
strategy to combat trafficking in women and children, sexual abuse of minors
and child pornography.
There is a tendency, in Italy, to confuse a child
victim of trafficking with a separated child (unaccompanied migrant child). The
consequences are very significant because the two different identifications are
directly related with two different measures of protection. A child victim of
trafficking is protected by article 18 - Permission to stay for reasons of
social protection (Law 286/98), while separated
children fall under the provisions of the Bossi-Fini Law(Law 189/02). The
difficulties for family reunification created by the Bossi Fini Law increases
the risk of a high number of adolescents irregular migrants.
The Bossi-Fini Law also provides that children could
obtain a residence permit for studying or working at 18 years old only if they
have been on the Italian territory for the last three years and they have been
part of a social integration project. This increases the risk of the irregular
migration of children of lower age.
How will Italian
Government combine the protection offered by the provisions of article 18,
confirmed by the recent Law 11 August 2003 Measures against trafficking in
persons n 286 article 13 (Establishment of a special programme of
assistance towards victims of crimes under article 600 and 601 of the penal
code), and the
restrictions created by Law 189/2002 Bossi-Fini on the issuing of residence
permits, especially when the child is very close to be 18 years old?
A proposito di
questa violazione dei diritti di bambini ed adolescenti, come ogni altra violazione, il Comitato raccomanda all'Italia la pi sollecita
approvazione di una legge istitutiva di un Garante Nazionale di bambini ed
adolescenti.(Vedi questo rapporto a pag.16).
Child prostitution
The phenomenon of child prostitution intersects with
both the complex world of prostitution in general, but also with child
trafficking.
In Italy, Nigerian girls started arriving at the end
of the 1980s, followed in the early 1990s by large numbers of Albanian girls.
More recently, girls began to arrive from Eastern European (from the former
U.S.S.R., Moldavia, Romania, Poland, and Hungary). The different cultural
backgrounds of the girls involved has necessitated different approaches for
each individual ethnic group. The public perception of child prostitution in
Italy is informed by the presence of girls walking the streets of almost all
towns. However, in addition, there is a significant problem of male child
prostitution, and girls working in clubs, night clubs or private apartments,
although people are generally unaware of its existence. What is evident is the
higher incidence of certain nationalities in the streets, while Italian girls
are seldom seen on the streets.
The Comitato has already noted with concern
that art.18 has never been applied to male children, since male child
prostitution still remain a hidden phenomenon and probably a taboo in Italian
culture.
( Source:" The rights of children in Italy.
Perspective in the Third Sector. Supplementary Report to United
Nations" del Gruppo di Lavoro per la CRS).
Which are the plans
of Government to promote research and actions to combat child prostitution?
The Comitato recommends to launch
information campaigns on the criminal offence of having sexual intercourse with
subjects under 18 years of age, on the existence of child trafficking for
sexual purposes and on the slave-like conditions in which victims are kept.
The Comitato auspica to stimulate
research and action on hidden child prostitution and exploitation in
apartments, night clubs and private clubs.
Child pornography
Analysing the extent of the child pornography problem
in numeric terms is a hard task given the lack of up-to-date data and detailed
studies. In evaluating the dimensions of child pornography, two aspects must be
considered:
The number of children and adults who
have been abused during the production of child-pornographic material
The gamut of child pornography itself.
Sexual abuse, in all its forms, is a hugely complex
social problem that requires a high level of professional expertise. It is also
extremely difficult to provide a detailed answer as to the size of the problem
on the Internet as it is not the subject of statistical analysis.
The most indicative figures available regarding the
child pornography phenomenon in Italy are therefore those available from the
Italian Public Prosecutors Office, from penal institutions and the Police.
The data regarding article 600, 3, r of the Criminal
Code, show that with a total of 255 cases under investigation it is the crime
that is prosecuted most often. This article punishes those who exploit children
in order to produce child pornographic material, those who trade in it, those
who distribute, publish or advertise it telematically or those who pass it on
free of charge.
Other data providing useful information is that
provided by the Department of Penitentiary Administration of the Ministry of
Justice that show how many people have been found guilty of crimes under
article 600 ,3 and 4 of the Italian Criminal Code. Even so, we know that the
data is subject to many variables, such as the fact that crimes under article
600,4 may simply be punishable by a fine and not necessarily by imprisonment.
Results of operations carried out by the Telematic Police since the
coming into force of Law 269/98 as of 30 September 2003 |
|
Searches |
1,625 |
Number of people reported currently at liberty |
1,683 |
Investigated people subject to restrictive measures |
101 |
Total number of web sites monitored |
85,699 |
Total number of web sites discarded |
24,242 |
Data gathered directly by Stop-it, the project of Save
the Children Italy against child pornography, can be added to that supplied by
the Public Authorities, and this makes it possible to deduce the percentage of
child-pornographic sites registered on Italian servers. During Stop-its first
10 working months, of all those reports made by them to the competent authorities,
some 9.9% of those on Italian servers contained child pornographic material
(see the diagram below).
Even if is very difficult to gather precise and
reliable figures regarding the extent of the child pornography problem in Italy,
it is however easy to deduce how this phenomenon is likely to increase with the
use of Internet and result in even greater risks.
Which are the
activities and programmes carried out by the public istitutions and the police
services to identify the victimes of child pornography so that it could be
possible to stop the abuse and provide the victims with rehabilitation
programmes?
The Comitato would recommend to intensify
controls on the telematic network in order to challenge the spread and the
exchange of pornographic material using children.
A proposito di
questa violazione dei diritti di bambini ed adolescenti, come ogni altra violazione, il Comitato raccomanda all'Italia la pi sollecita
approvazione di una legge istitutiva di un Garante Nazionale di bambini ed
adolescenti.(Vedi questo rapporto a pag.16).
13. Protection of the
family, mothers and children (art. 10). See
list of issues, n.22, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003: Asylum-seekers
and entitlement to family reunification.
Ai fini del ricongiungimento familiare, il lavoratore
straniero deve dimostrare, tra le altre cose, la disponibilit di un alloggio
che rientri nei parametri minimi previsti dalle leggi regionali per gli alloggi
di edilizia residenziale pubblica (art. 29, co. 3 T.U.). Allo stesso tempo,
per, l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica previsto, a
parit di condizioni con il cittadino italiano, per i soli titolari di permesso
di soggiorno di durata almeno biennale e con regolari attivit di lavoro
subordinato o autonomo in corso ( art. 40, co.6 T.U.). Sono cosi esclusi i
lavoratori stranieri che abbiano ottenuto il permesso di soggiorno in relazione
alla stipula di un contratto a termine; per costoro, infatti, la durata del
permesso di soggiorno non pu essere superiore a un anno (art. 5, co. 3-bis
T.U.). Tuttavia, questi stessi lavoratori, purch dotati di un contratto di
durata non inferiore a un anno, possono chiedere il ricongiungimento familiare
(art. 28, co. 1 T.U.). Per loro, quindi, e a dispetto dellart. 31 Cost., i
parametri fissati dalle leggi regionali a tutela del benessere delle famiglie,
giocano paradossalmente il ruolo opposto di ostacoli al godimento del diritto
fondamentale allunit familiare.
b) Richiedenti asilo e ricongiungimento familiare.
I richiedenti asilo prima della decisione della Commissione centrale non hanno diritto al ricongiungimento familiare, che viene negato anche ai richiedenti lo status di protezione umanitaria o temporanea. Il ritardo nella approvazione dei regolamenti di attuazione della legge Bossi- Fini, nella parte che disciplina la nuova procedura di asilo sta comportando una situazione di paralisi nelle attivit amministrative che riguardano i richiedenti asilo.
LItalia, come gi evidenziato, deve dare ancora attuazione alle direttive comunitarie sul ricongiungimento familiare, che dedica una attenzione particolare solo ai rifugiati, ma non ai richiedenti asilo, e alle altre direttive sulle procedure e sullo status di rifugiato.
Lassenza di dati normativi certi, sia a livello
nazionale che a livello comunitario, consegna i richiedenti asilo al potere
discrezionale delle Questure e del Ministero degli interni, e i familiari di
questi soggetti, quando giungono in Italia irregolarmente (come avviene quasi
sempre) sono spesso costretti a lunghi periodi di clandestinit, anche per la
difficolt di documentare i rapporti familiari, in caso di un successivo e
separato ingresso dei diversi membri della famiglia.
Applicants
for refugee status within the scope of 1951 Geneva Convention are admitted to
reunification with their family members for the time their application is
handled,, as provided by 1990 Dublin Convention and the following EU regulation
no. 343/2003, February 18th, 2003.
Italian
legal system does not provide different or more specific norms in order to
enable asylum seekers to trace or to factually reach their family members. The
practice shows that reunification is very difficult to apply when family
members are in other EU Member States, due to lack of coordination among
offices of different states and difficulties for the police to perform the
necessary activities to grant entry clearance in another State. Procedures seem
not be set and organised in order to make the right to family an effective
right when an applicant's family members live outside Italy.
Subsidiary
protection is granted by law only in case of emergencies (art.20, Statute no.
286, July 28th, 1998, UE directive 2001/55/CE, July 20th,
2001 and implementation decree April 7th, 2003 no. 85).
Extraordinary statutes may be adopted in connection with war events and the
following mass movements (e.g. 1999 war in Kosovo/Yugoslavia). Emergency
decrees signed by Italy's Prime Minister allowed the entry of thousends of
asylum seekers, partly claiming to have family members residing in Italy
(P.M.decree March 26th, 1999 and Ministry of Internal Affairs order
no. 2967 of March 26th). Provisional residence permit allow asylum
seekers and their family members to access limited health care treatments and
welfare benefits. After emergency ceases, asylum seekers and their family
members are granted a long-term residence permit, if they can prove to dispose
of adequate housing and sufficient income.
Ancora una volta
il Comitato chiede al Governo italiano di
assumere coerenti impegni ed adeguate sollecite iniziative per assicurare piena
e completa attuazione alle norme esistenti, evitando situazioni di
discriminazioni, gravi abusi e violazioni dei diritti fondamentali.
Come si prevede
di conciliare la tutela dellunit familiare dei richiedenti asilo con la norma
prevista dalla legge "Bossi-Fini" (art.1 bis legge 28/02/90 n.39 come
modificata dalla legge 189 del 30/07/2002)che prevede lintrattenimento in
centri non idonei a garantire unit familiare in quanto non attrezzati a
ricevere famiglie (i singoli individui sono suddivisi secondo il sesso) e che
concerne la maggior parte dei casi ( es. straniero privo visto di ingresso, o
privo di passaporto o in caso di non pronta disponibilit degli elementi su cui
si basa la domanda di asilo)?
Il Comitato
raccomanda di sollecitare ladozione di una normativa organica sullasilo e che
nella discussione in corso relativamente allintroduzione di tale
normativa si prevedano delle
procedure idonee ad assicurare il diritto allunit familiare per i richiedenti
asilo.
Non trovandosi alcun cenno sul diritto alla salute
nel Rapporto Governativo, il Comitato ha deciso di impegnarsi su questo argomento
con un contributo esteso ed approfondito, sia sulle violazioni del diritto alla
salute nel nostro paese che sulle difficolt del sistema sanitario nazionale.
Il
diritto alla salute, intesa non solo come prevenzione e cura delle malattie, ma
anche come necessit delluomo di vivere in un ambiente salubre, che rispetti
il suo equilibrio psicofisico, sancito dallarticolo 32 della Costituzione
Italiana (1948)1 . Si sottolinea come
nellarticolo si parli dindividuo, e non solo di cittadino italiano, ma di
chiunque si trovi allinterno dei confini della Repubblica Italiana, operando
secondo una logica di tutela e prevenzione collettiva. Il diritto alla salute
riconducibile alla categoria dei diritti inviolabili enunciati allart.2
della Dichiarazione Universale dei
Diritti dellUomo (adottata dall'Assemblea Generale delle
Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948)2, qualificato come il pi
importante dei diritti sociali poich rende possibile il godimento dei diritti
di libert.
La
salute, infatti, rappresenta non solo un diritto primario dellindividuo, ma
anche un interesse preminente della collettivit, che predispone a questo scopo
adeguati interventi per la sua protezione, anche di carattere preventivo. In
questa prospettiva il concetto di diritto alla salute non si limita
esclusivamente al diritto ai trattamenti sanitari terapeutici, ma si estende al
diritto ad un ambiente salubre e non inquinato (vedi Allegato 3), alluso di
beni di consumo ed alimentari che non siano nocivi o pericolosi, a condizioni
di lavoro che rispettino i parametri di sicurezza e di misure igieniche
richiesti dalla legge.
Il progressivo cambiamento ed ampliamento del
concetto di salute ha modificato e sta ancora richiedendo ulteriori cambiamenti
al Sistema Sanitario Nazionale italiano (SSN), che sempre pi si avvicina e si
integra con i servizi assicurati dal cosiddetto Welfare State.
Il SSN viene istituito in Italia nel 1978, dalla
legge n. 883/1978"Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale" 3,
che oltre definirne i principi di base (TITOLO I - Il servizio sanitario
nazionale - Capo I Principi ed obiettivi - Art. 1 I principi), ne delinea anche
le competenze (Art. 2 obiettivo
8).
Il SSN nellambito delle sue competenze dovrebbe
perseguire:
a) il
superamento degli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del
paese;
b) la sicurezza del lavoro, con la
partecipazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni, per prevenire ed
eliminare condizioni pregiudizievoli alla salute e per garantire nelle
fabbriche e negli altri luoghi di lavoro gli strumenti ed i servizi necessari;
c) le scelte responsabili e consapevoli di procreazione e la tutela
della maternit e dell'infanzia, per assicurare la riduzione dei fattori di
rischio connessi con la gravidanza e con il parto, le migliori condizioni di
salute per la madre e la riduzione del tasso di patologia e di mortalit
perinatale ed infantile;
d) la promozione della salute nell'et evolutiva, garantendo
l'attuazione dei servizi medico-scolastici negli istituti di istruzione
pubblica e privata di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola materna, e
favorendo con ogni mezzo l'integrazione dei soggetti handicappati;
e) la tutela
sanitaria delle attivit sportive;
f) la tutela della salute degli anziani, anche al fine di prevenire e
di rimuovere le condizioni che possono concorrere alla loro emarginazione;
g) la tutela della salute
mentale privilegiando il momento preventivo e inserendo i servizi psichiatrici
nei servizi sanitari generali in modo da eliminare ogni forma di
discriminazione e di segregazione pur nella specificit delle misure
terapeutiche, e da favorire il recupero ed il reinserimento sociale dei
disturbati psichici;
h) lidentificazione e la eliminazione delle cause degli inquinamenti
dell'atmosfera, delle acque e del suolo.
Di conseguenza, lattenzione dei Piani Sanitari Nazionali (PSN) si va
focalizzando sempre di pi sulla necessit di promuovere interventi di
prevenzione primaria, identificando stili di vita e situazioni sociali che
possano determinare situazioni di maggior rischio per linstaurarsi di
situazioni patologiche4. In tale ottica occorre prestare attenzione
a tutte quelle dinamiche sociali che creano situazioni di svantaggio e quindi
di maggiore probabilit di danno alla salute. Problematiche legate alla
famiglia, all'inserimento lavorativo e alle condizioni di lavoro, gli stati di
disabilit, lemarginazione sociale, la povert, limmigrazione, il disagio
giovanile e tanti altri temi sociali assumono importanza strategica per gli
interventi di programmazione della sanit pubblica che intendano mirare alla
prevenzione ancorch alla cura e all'assistenza.
Attualmente, il SSN organizzato in aziende sanitarie locali (ASL) e in aziende ospedaliere che intendono
dispensare il diritto alla salute con criteri aziendali. Il modello generale di funzionamento del SSN quello di un
sistema in cui la funzione di produzione dei servizi programmaticamente
subordinata alla funzione di committenza esercitata dalle ASL nei confronti di
erogatori pubblici o privati, accreditati secondo i medesimi, uniformi criteri,
in esecuzione del mandato fondamentale della tutela della salute della
popolazione.
Lelemento pi innovativo che emerge dalla lettura dello
scenario istituzionale il forte richiamo alle esigenze di intersettorialit
sia nella programmazione degli interventi per la salute sia nella
organizzazione del Servizio Sanitario (SS). Tali esigenze si esprimono almeno a
tre livelli:
1. lelaborazione di politiche per la salute con lobiettivo di
contrastare i suoi determinanti pi ampi, che richiede programmi estesi ben
oltre il campo di intervento dei Servizi sanitari e pone, quindi, il problema
del raccordo fra programmazione sanitaria e programmazione territoriale, con
particolare riguardo a quella ambientale;
2.
lintegrazione fra politiche sanitarie e politiche sociali, particolarmente per
quanto riguarda gli interventi per i soggetti "fragili", che da un
lato rinvia alla definizione di strumenti di raccordo fra le competenze del
Sistema Sanitario Regionale (SSR) e quelle proprie degli Enti locali, mentre
dallaltro richiama i temi della sussidiariet orizzontale, con la sempre pi
marcata ed organizzata presenza di associazioni no-profit e del volontariato;
3. lorganizzazione del sistema dei Servizi sanitari
secondo reti integrate, che si fondano necessariamente sul principio della
collaborazione fra i servizi e fra le Aziende sanitarie.
LOrganizzazione Mondiale
della Sanit (OMS) ha riconosciuto il diritto alla salute in vari momenti, che
si possono far risalire concettualmente al 1977, quando lAssemblea dellOMS
invit gli Stati Membri a perseguire la politica della Salute per tutti6, cui segu,
sulla stessa linea, la Dichiarazione di Alma Ata (Conferenza internazionale
sullassistenza sanitaria primaria del 1978)7. Una revisione dei
fondamenti della politica della salute nelle nazioni europee, culminata nel
1984 con ladozione, da parte degli Stati Membri, di strategie regionali di Health
For All
(HFA),
articolate in 38 obiettivi specifici ed un set di indicatori di valutazione per
il monitoraggio continuo dei progressi compiuti verso il raggiungimento degli
obiettivi fissati 8.
Laspetto pi originale
ed innovativo della strategia HFA consisteva in un approccio ai problemi
sanitari meno orientato alle terapie ed alla ospedalizzazione e maggiormente
rivolto all'assistenza primaria, alla prevenzione delle malattie ed alla promozione
della salute. Limportante ruolo svolto dalla promozione della salute
allinterno della politica di HFA ha evidenziato la necessit di definirne pi
chiaramente le strategie.
In occasione della 1 Conferenza Internazionale per la Promozione della
Salute, tenutasi ad Ottawa, viene emessa una Carta (La Carta di Ottawa per la
Promozione della Salute, 1986) con lobiettivo salute
per tutti entro l'anno 2000.
La Carta di Ottawa amplia
il concetto di promozione della salute, definendolo come "il processo
che consente alla persone di controllare e di migliorare la propria
salute"9. Nelle successive
Conferenze internazionali e in altri incontri sono stati ulteriormente chiariti
limportanza e il significato delle strategie chiave della promozione della
salute, che comprendono la politica pubblica per la salute (Adelaide, 1988) e
gli ambienti favorevoli alla salute (Sundsvall, 1991).
Durante la 4 Conferenza
Internazionale sulla Promozione della Salute, tenutasi a Jakarta nel 1997,
viene stilata una dichiarazione (The Jakarta Declaration on leading health
promotion into the 21st century)10 che approfondisce, completa e differenzia i
presupposti della Carta di Ottawa. Per la prima volta si fa riferimento alla repressione delle
donne quale una delle principali cause della povert nonch alla povert quale minaccia
fondamentale alla salute.
Altrettanto importanti sono state:
-
la
Conferenza
Europea sulle Politiche sanitarie: Opportunit per il futuro, tenutasi a
Copenaghen, Danimarca, nel dicembre 1994 nel corso della quale viene stilata la
Dichiarazione di Copenaghen11.
-
la
Conferenza Europea dellOMS del luglio 1996, nel corso della quale viene
adottata la Carta di Lubiana sulle riforme della sanit12, che
indica i principi fondamentali di riferimento per la costruzione dei sistemi
sanitari europei,ove si fa riferimento anche alla gestione delle liste di
attesa.
Nel maggio 1998, lAssemblea Mondiale della Sanit
ha adottato un progetto denominato: Health 21:21 obiettivi di salute per il 21
secolo13,
articolato in 21 obiettivi di salute.Tale progetto conclude simbolicamente
quello precedente Salute per tutti nell'anno 2000 promosso nel 1984, raccogliendone
l'eredit.
I principi di Salute per tutti e lorientamento
strategico della Carta di Ottawa costituiscono lossatura del Progetto Citt
Sane dellOMS, finalizzato al miglioramento della qualit della vita nei
centri urbani.
Il diritto alla salute rappresenta un obbligo
legale internazionale degli Stati atto a promuovere e proteggere la salute
delle loro popolazioni. LOMS ha
dato prova di chiaroveggenza vigilando affinch la salute venisse riconosciuta
quale diritto fondamentale dell'uomo nel testo dellatto costitutivo dellOMS
nel quale si legge che il godimento del miglior stato di salute raggiungibile
costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano senza distinzione
di razza, religione, opinioni politiche, condizione economica o sociale. Per quel che riguarda la
salute, la Dichiarazione Universale Dei Diritti dell'Uomo14, pi
sfumata rispetto al Trattato istitutivo dell'OMS (art.25) 15.
La Dichiarazione Universale dei diritti
dellUomo infatti non garantisce un diritto alla salute per se, ma un diritto alla salute connesso al
diritto ad un adeguato standard di vita.
A tuttoggi, un solo strumento internazionale sui diritti delluomo, il
Protocollo di San Salvador del 1988, adottato nel quadro dell'Organizzazione
degli Stati Americani, proclama
realmente un diritto alla salute, sempre che quest'espressione sia
interpretata nell'articolo pertinente a significare il possesso del pi
alto grado di salute fisica e mentale e di benessere sociale.
Esistono
attualmente numerosi strumenti internazionali attinenti ai diritti dell'uomo
che si riferiscono alla salute e ai problemi a essa correlati. I pi importanti
tra essi sono:
Þ il Patto Internazionale
sui diritti Economici, Sociali e Culturali del 1966 (Art. 10-11-12)17
Þ la Convenzione
sull'Eliminazione di ogni forma di discriminazione femminile del 1979, entrata
in vigore il 3 settembre 1981, (Parte III, Art. 10-h; art.11co.2-f; 14 co2-b) 18
Þ la Convenzione sui Diritti
dellInfanzia, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20
novembre 1989, ratificata dall'Italia con legge del 27 maggio 1991 n. 176
depositata presso le Nazioni Unite il 5 settembre 1991. (Parte I Articolo
6-23-24-25-26-31-33-39)19.
3. Una transizione complessa
3.a Transizione
demografica
I cambiamenti demografici dei paesi occidentali, descritti come seconda
transizione demografica20 hanno concorso allo sviluppo di un nuovo
regime demografico caratterizzato da una fecondit stabile sotto il livello di
sostituzione, da un consistente invecchiamento della popolazione e, in una
prospettiva pi lunga, da un declino della dimensione demografica complessiva.
Ẻ opinione diffusa che i cambiamenti demografici avvenuti ed in corso
siano in larga parte il risultato di cambiamenti sociali, le cui radici
risiederebbero principalmente nel progressivo cambiamento dei valori e delle
norme verso un modello pi individualistico, di cui i diritti individuali ed il
self-fulfilment sono elementi chiave21. Naturalmente, sebbene i
trend demografici e le loro cause siano simili, questo non significa che non vi
siano differenze tra i paesi europei e che si possa parlare di uniformit
demografica22 23.
Man
mano che il tasso di natalit decresce, aumenta il rapporto tra il numero
dadulti e quello dei bambini, e i problemi sanitari pi comuni diventano
quelli degli adulti, piuttosto che quelli dei bambini 24 25.
La
persistenza della diminuzione della fecondit, dovuta sostanzialmente alla
tendenza a dilazionare il matrimonio (incremento dellet al matrimonio) e/o a non sposarsi
affatto (laicizzazione della societ: aumento dei matrimoni civili e
delle convivenze more uxorio), caratterizza la nuova transizione demografica. Il calo di popolazione
che ne deriva viene contrastato dall'aumento della sopravvivenza in et
avanzata (invecchiamento della popolazione) e dall'incremento della fecondit
fuori dal matrimonio. Pertanto nella nuova transizione demografica, il ruolo
determinante per il riequilibrio naturale della popolazione viene giocato dalla
fecondit extraconiugale e, nei Paesi a forte immigrazione extracomunitaria,
dai flussi migratori che, mantenendo sostanzialmente inalterati gli standard di
fecondit del Paesi dorigine, danno un contributo considerevole ai livelli di
natalit del Paese ospitante.
In
molti paesi, compresa lItalia, la popolazione sarebbe diminuita senza
limmigrazione. LItalia, nel 2003 ha fatto registrare una crescita dell8,4
dovuta alla crescita dell8,9 del movimento migratorio e un saldo naturale di
-0,5. Il confronto con gli altri paesi dell'UE evidenzia come l'Italia sia
seconda solo alla Germania per quanto concerne la dinamica naturale negativa e
come il nostro Paese si collochi sopra la media europea per tassi di incremento
migratori, grazie alla forza di attrazione dei flussi internazionali del
Centro-Nord. Questultimo ha evidenziato un'incidenza dei flussi migratori
netti sulla popolazione (6,4) tra le pi alte dell'UE26. A fronte di una dinamica naturale che, nel lungo periodo
si prospetta fortemente negativa, al contrario la dinamica migratoria prevista
positiva. Il saldo tra nuovi ingressi e uscite cresce nellarco previsionale
da 111mila unit a 124mila. In conseguenza dei flussi migratori previsti,
composti circa all80% da cittadini non italiani, il numero degli stranieri
residenti in Italia aumenter di poco pi di 1 milione di unit tra il 2001 ed
il 2010, con un incremento medio annuo del 6%.
La popolazione italiana al 31 dicembre 1996 ammontava a 57,5
milioni di persone, quasi il 17% di queste, per un totale di circa 9,5 milioni,
aveva superato i 65 anni det. La dinamica della crescita della popolazione
anziana in Italia , per intensit e velocit, una delle pi significative nel
mondo intero. Al 31 dicembre 2002 la popolazione complessiva risultava pari a
57.321.070 unit, mentre alla stessa data del 2001 ammontava a 56.993.742
residenti 27
28 . La popolazione italiana destinata
ad aumentare gradualmente da 57,8 milioni di residenti nel 2001 a 58,6 milioni
nel 2011, ad un tasso di incremento annuo dell1,3. La crescita raggiunger un
plateu nel 2012, ma dopo tale anno avr inizio un lento e progressivo declino
che porter la popolazione fino a 56,9 milioni nel 2031, ad un ritmo del 1,4
ogni anno. Per il futuro il numero di nati
destinato a scendere sotto le 500mila unit nel 2011 e sotto le 400mila nel
2040, mentre col tempo scender sotto le 356mila unit. Nelle previsioni ISTAT,
il numero annuale dei decessi aumenterebbe fino a superare le 600mila unit nel
2010 per poi arrivare ad oltre 660mila nel 2030. Laumento dei morti
strettamente influenzato dalla struttura per et della popolazione che gi oggi
si presenta fortemente invecchiata, e si giustifica inoltre con la futura
presenza di ulteriori quote crescenti di popolazione in et anziana, nonostante
la popolazione sia nel complesso soggetta a condizioni di sopravvivenza pi
favorevoli di quelle attuali.
Infatti, mentre la proporzione di giovani decresce continuamente,
aumenta sensibilmente lincidenza delle classi di et sopra i 65 anni e,
allinterno di questa grande classe di et, aumenta il peso dei grandi anziani
(80 anni). Se nel 2010 si attende che 1 italiano su 5 avr pi di 65 anni, nel
2030 si superer il rapporto 1 su 4. La quota degli anziani sopra gli 80 anni,
subir un incremento altrettanto rapido: da circa il 6% nel 2010 ad oltre il 9%
nel 2030, vale a dire circa 1 italiano su 10. Viceversa, la quota di giovani
(fino a 14 anni di et) scender al 14,1% nel 2010, e all11,6% nel 2030.
In questo quadro, lindice di vecchiaia, che misura appunto il
rapporto numerico tra anziani e giovani, cresce costantemente, passando da 127
anziani per 100 giovani nel 2000, a 146 nel 2010, a 242 nel 2030 ed alla
riguardevole cifra di 301 nel 2050.
3.b Transizione epidemiologica
Non
si pu non considerare che se cresciuta laspettativa di vita e sono
diminuite alcune cause di mortalit, altre si affacciano prepotentemente e
nuove tipologie di malattia stanno assumendo contorni preoccupanti, mentre la
globalizzazione della informazione fa vivere paure, qualche volta anche
immotivate. Questo insieme di fenomeni che sommandosi tra loro stanno cambiando
criticamente il profilo demografico in tutte le aree mondiali e con ci il peso
specifico delle patologie incidenti sulle singole classi di et costituisce ci
che stato chiamato la transizione epidemiologica. La combinazione di
unelevata attesa di vita (tra le pi alte del mondo) e di unelevata
denatalit sta facendo aumentare il rapporto tra il numero dadulti e quello
dei bambini, ovviamente al netto dai correttivi dellimmigrazione, e i problemi
sanitari pi comuni diventano quelli degli adulti, piuttosto che quelli dei bambini.
Nei
Paesi sviluppati sintravedono segnali di ritorno delle malattie ritenute
segnaletiche della transizione epidemiologica in cui oggi versano i PVS. Questi
cambiamenti si accompagnano, interagendo, ad un rapido invecchiamento della
popolazione mondiale e ad un altrettanto rapido intensificarsi della mobilit
tra le aree non sviluppate e quelle sviluppate.
Assumono
rilevanza gli scenari di possibile riduzione della premorienza e la domanda di
alleggerimento delle disabilit legate alla espansione delle malattie
cronico-degenerative e del disagio psichico, senza sottovalutare il peso
crescente che le cause violente stanno assumendo in particolare nelle et
adolescenziali e della giovinezza. Questo intreccio di transizione
epidemiologica e transizione demografica porr nella maggior parte delle
regioni del mondo dei seri problemi ai sistemi sanitari e forzer decisioni
molto difficili circa la pi opportuna allocazione delle risorse disponibili.
Ne consegue che divenuto pertanto impossibile garantire tutto a
tutti. Di fatto, le risorse a disposizione, un tempo assunte come variabile
indipendente, debbono oramai essere contenute allinterno di dimensioni
sostenibili da parte delle economie nazionali.
Per garantire
il principio costituzionale del diritto alla salute non basta pi estendere
lassistenza sanitaria a tutta la popolazione, limitandosi a fornire a tutti la
stessa possibilit di accesso alle cure. Irrinunciabile ma non adeguata alle
nuove esigenze di salute, una politica legata prevalentemente allintervento
terapeutico successivo allinsorgere della malattia che non consente, infatti,
di superare le disuguaglianze sociali nella mortalit e nella morbilit, n di
migliorare le condizioni complessive di salute della collettivit. Il contributo
dei SS allaumento della speranza di vita osservata nei paesi occidentali negli
ultimi decenni pari ad appena il 15%. Oggi i fattori biologici sono in grado
di spiegare solo una quota esigua, inferiore al 5%, delle patologie, la maggior
parte delle quali sono condizionate in maniera significativa da fattori di
carattere sociale e comportamentale.
A conclusione
di tale analisi, per
far fronte in maniera efficace alle esigenze di salute del cittadino nel terzo
millennio, proponiamo al Governo una forte direzione
unitaria delle sue politiche sanitarie. E a tal fine raccomandiamo:
- in primo
luogo, di perseguire obiettivi di integrazione dei servizi socio-sanitari,
adottando ununica strategia programmatoria per la promozione della salute in
un contesto territoriale il pi possibile circoscritto, a livello distrettuale
ad esempio, offrendo risposte consone, a seguito di una valutazione
multidimensionale del bisogno;
- in secondo
luogo, di potenziare le strategie sul versante della prevenzione ed educazione
alla salute, promuovendo nuovi modelli di vita e di lavoro.29
Anche
in Italia progressivamente maturata una nuova consapevolezza in tema di
tutela della salute.
A partire dai primi anni 90, il sistema socio-sanitario italiano, al pari di quello di molti paesi industrializzati, stato caratterizzato da profondi cambiamenti e da rilevanti innovazioni. Il 1999 e i primi mesi del 2000 hanno segnato due tappe fondamentali nel processo di trasformazione del SSN con il decreto n. 229/1999 (riforma ter), che definisce il completamento e una parziale ridefinizione degli interventi di riordino avviati a partire dal 1992, e con il decreto n. 56/2000 (di attuazione dellart. 10 della legge 133/1999) che prevede un completo decentramento alle Regioni delle responsabilit di finanziamento della sanit pubblica con la contestuale attivazione di procedure di monitoraggio dei livelli essenziali e uniformi di assistenza sanitaria da parte dello Stato.
A
fronte delle innovazioni istituzionali, assume particolare importanza,
soprattutto nellattuale fase di transizione verso un sistema di federalismo
sanitario,
lintroduzione di nuovi meccanismi di governo del settore sanitario.
La legge n. 883/1978, istituisce il SSN.
Le riforme successive del SSN riaffermano i valori di fondo del SS,
poi, riconfermati nel riordino degli anni 90, dai D.Lgs. n.502/92 e n.517/93
emanati in attuazione della legge-delega n.421/92.
Il
D.Lgs. n.502/92, come modificato
dal D.Lgs. n. 517 del 1993 fornisce le prime indicazioni sul distretto dopo la
riforma del SSN, basata sui principi di regionalizzazione ed aziendalizzazione.
La
successiva produzione normativa in materia di assistenza socio-sanitaria
mantiene l'integrazione come obiettivo.
Il
processo di rinnovamento diventa ancora pi ampio nel D.Lgs. 229/99, recante Norme
per la razionalizzazione del SSN, in attuazione dell'art.1 della legge n.
419/98", cosiddetta "riforma ter".
La legge quadro 328/2000 sul sistema integrato di
interventi e servizi sociali
ribadisce la centralit del territorio per la realizzazione, attraverso
i piani di zona, della rete di servizi sociali e il loro coordinamento e la
loro integrazione con gli interventi sanitari. Il concetto di rete integrata di
servizi acquista una maggiore specificazione nel Piano nazionale degli
interventi e dei servizi sociali 2001-2003.
Il riordino rende diverso il dibattito sui
contenuti esigibili del diritto alla salute: nasce in questa fase il concetto
di livelli di assistenza, come ambito di tutela che il SSN si impegna ad
erogare in modo uniforme a tutti i cittadini sul territorio, nel rispetto dei
valori di fondo previsti dalla legge 833/78.
Attraverso la Legge Costituzionale n 3/2001 si
introducono modifiche alla seconda parte del Titolo V della Costituzione,
venendo a realizzarsi cos la pi ampia riforma della Carta dalla sua entrata
in vigore. Inoltre con la riforma costituzionale, si apre una nuova fase nel
processo di trasformazione in chiave federalista delle istituzioni.
La complessit di tale transizione legislativa e
istituzionale richiede una rigorosa e continua attenzione alla programmazione e
gestione, al monitoraggio e alla valutazione, affinch il sistema
socio-sanitario possa via via diventare pi efficace e produttivo di quanto non
lo sia ora, come risulta dal Rapporto OMS (Report on World Health 2000. For a
more effective sanitary system) ricordato dalla Written Reply del Governo alla issue 28.
4.
Disuguaglianze sociali e geografiche
Bench in Italia le condizioni di salute della popolazione,
negli ultimi decenni, siano indubbiamente migliorate, diseguaglianze marcate
delle condizioni di salute continuano a persistere e talora ad allargarsi. Sono
presenti grossi rischi di perdita dellequit di fronte alla salute, per il
possibile venir meno delle opportunit di accedere ai servizi senza
discriminazioni di reddito, di genere, di etnia, di condizione lavorativa, di
cultura etc., od anche, per la necessit di razionare e razionalizzare
lofferta sanitaria, vale a dire porre dei limiti allofferta del nuovo ed
escludere una parte di ci che era stato precedentemente garantito. Una tale
situazione fa sorgere problemi di natura politica e, prima ancora, etica legati
ai criteri di selezione; riveste particolare importanza il problema se
lesclusione debba riguardare gruppi di popolazione, con rischio reale di
escludere forse i benestanti, ma sicuramente gli emarginati, oppure gruppi di
prestazioni. Permangono difficolt nellaccesso quotidiano ai servizi, per
insufficienti informazioni sulle prestazioni, insufficiente conoscenza delle
strutture erogatrici, delle liste di attesa, delle tariffe, dei percorsi. Lo
sviluppo delle attivit dassistenza sanitaria collettiva e della rete per
lassistenza distrettuale e territoriale ancora insufficiente. Linsieme di
questi fenomeni comporta che vi siano differenze sostanziali fra ASL e fra aree
geografiche inter/intra-regionali, in termini daccessibilit, livello
dutilizzazione dei servizi, risultati finali e costi della medesima funzione,
attribuibili in parte alla peculiarit e complessit dellofferta ed a
tradizioni locali radicate ed, in parte, alle strategie assistenziali ed ai comportamenti
professionali degli operatori, ed il conseguente consolidarsi di consistenti
diseconomie di sistema. Le diseguaglianze italiane nella salute si presentano
con attributi molto simili a quelle osservate negli altri paesi sviluppati
occidentali31: legate
a disuguaglianze sociali relative; regolari (ad ogni posizione della scala
sociale corrisponde una salute pi sfavorevole di quella della posizione
immediatamente superiore, qualsiasi sia lindicatore utilizzato); stabili o
crescenti nel tempo; correlate con differenze negli stili di vita pericolosi
per la salute e con differenze nelluso dellassistenza sanitaria 32.
Per
quanto riguarda il ruolo del SS sono documentati svantaggi sociali sia
nellaccesso alla prevenzione primaria e alla diagnosi precoce, sia
nellaccesso a cure tempestive e appropriate. Per quanto riguarda la
prevenzione primaria di carattere sanitario si possono citare le diseguaglianze
nella prevenzione della carie dentaria33 e nella pratica delle
vaccinazioni obbligatorie nei bambini tra i 12 e i 24 mesi, che diminuisce
spostandosi dal nord al sud dItalia34; nel campo della prevenzione
secondaria, il minore ricorso allo screening dei tumori femminili delle donne
meno istruite35. Rispetto allaccesso alle cure merita ricordare le
diseguaglianze nella sopravvivenza per tumori, in particolare per quelle sedi
che dispongono di trattamenti efficaci36. Altri indizi di
discriminazione sono ricavabili dallesame dellaccesso al trapianto di rene37
o al by-pass coronarico38 o alle cure per lAids, o del ricorso ad
una ospedalizzazione inappropriata che risultano a vantaggio delle persone di
pi alto stato sociale in studi su base geografica della citt di Roma39.
Le
principali condizioni minaccianti lequit nel diritto di accesso che derivano
dalla organizzazione dei nuovi SS nazionali, regionali e locali riguardano tre aree importanti:
- le possibili discriminazioni che si introducono con le nuove norme di sperimentazione gestionale di assistenza indiretta, o di assistenza mista pubblico-privato.
- Le disuguaglianze geografiche nella disponibilit di servizi per gli anziani e i malati mentali nel momento in cui molti di questi servizi, di competenza dellassistenza sociale, col trasferimento dellassistenza alle comunit locali, diventano oggetto di scelte discrezionali di queste amministrazioni.
- Infine antiche e nuove disuguaglianze possono emergere nellutilizzo dei servizi specialistici; mentre laccesso alla medicina di base largamente ugualitario, la frequenza di utilizzo della specialistica e soprattutto della specialistica qualificata non proporzionale al bisogno e cambia con la posizione sociale.
Per molti anni si pensato che lunit del Paese e
laffermazione di diritti uguali per tutti fossero valori assoluti, poi ci si
accorti che anche la diversit e il suo riconoscimento sono valori che in un
contesto come il nostro sarebbe sbagliato omologare. Questa convinzione
lunico fondamento possibile del federalismo, ma mancata soprattutto la
discussione sui modi per rendere compatibili il federalismo da una parte e il
sistema sanitario nazionale dallaltra. Ẻ fuori dubbio che un autentico
regionalismo deve prevedere per le regioni non solo la responsabilit della
spesa, e quindi lobbligo di rispondere in proprio di eventuali sforamenti, ma
anche la possibilit di attingere a risorse proprie, fonti dutilit
indispensabili anche per finanziare servizi specifici che le regioni intendono
rendere disponibili alla popolazione.
Si chiede al
Governo:
-
di basare la programmazione regionale e
lattivit di promozione della salute sulla possibilit e capacit del livello
centrale di valutarne lefficacia. Pertanto, partendo dalla rilevazione dei
bisogni di salute e dallindividuazione degli interventi fra quelli che in
letteratura si sono dimostrati di provata efficacia; dalla definizione di
criteri, standard ed indicatori, che permettono di valutare gli esiti della
realizzazione degli interventi; dallo sviluppare, un nuovo tipo di assistenza
basata su un approccio multidisciplinare, volto a promuovere i meccanismi di
integrazione delle prestazioni sociali e sanitarie rese sia dalle
professionalit oggi presenti, sia da quelle nuove da creare nei prossimi
anni.
-
di promuovere, essendo la salute dipendente
da determinanti sociali multipli, le azioni per ridurne le diseguaglianze
attraverso un ampio ventaglio di politiche sociali, di cui solo alcune
rientrano nella sfera di competenza del settore sanitario.
-
di porre il SSR, cui spetta in primis la
tutela della salute della popolazione, di assolvere al compito di catalizzare
lo sviluppo di politiche daltri settori in grado di agire sui determinanti non
sanitari dello stato di salute e di valutarne limpatto. Il riferimento alle
politiche sociali che riguardano la famiglia, linfanzia e il sostegno alla
maternit, periodi critici del ciclo della vita, quando laccumulo di rischio
particolarmente dannoso anche se manifesto solo a posteriori, la terza e la
quarta et, lintegrazione sociale dei gruppi pi svantaggiati.
5.
Particolari fasce di popolazione
Persone povere
Le evidenze scientifiche dimostrano che lo
stato di salute delle persone povere, poco istruite o socialmente escluse,
peggiore rispetto a quelle socio-economicamente avvantaggiate46. La
deprivazione si associa ad una scarsa disponibilit di risorse essenziali per
la salute come unabitazione confortevole e una nutrizione adeguata. La
deprivazione, inoltre, fa decrescere la partecipazione sociale e la fiducia
civica e si associa con maggior frequenza ad abitudini di vita sfavorevoli per
la salute, come luso di tabacco, dalcol e di unalimentazione incongrua. Come
indicano la osservazione e la letteratura scientifica internazionale, i pi
poveri ed i meno educati hanno un accesso pi difficoltoso a prestazioni
sanitarie di qualit e presentano esiti dellassistenza peggiori.
Leffetto sfavorevole sulla salute della bassa posizione sociale della
persona si farebbe molto pi intenso nelle regioni meridionali. Gi di per s
le regioni meridionali presentano i peggiori indicatori di salute rispetto al
resto del paese, in sostanza su tutte le dimensioni della salute che sono state
considerate, quella soggettiva della salute percepita, quelloggettiva della
morbosit, quella funzionale della disabilit, quella comportamentale degli
stili di vita (con leccezione del fumo tra le donne). Ma si poteva pensare che
questo profilo sfavorevole del meridione fosse da attribuire al fatto che nel
sud la popolazione pi spesso disoccupata, meno istruita, pi povera. A
parit di condizioni sociali sfavorevoli degli individui, il contesto sociale
economico ambientale e culturale del sud di per s e in congiunzione con la
deprivazione individuale in grado di influenzare sfavorevolmente la salute.
Tenuto
conto del principale messaggio che le differenze geografiche e sociali nella
salute mandano alle politiche redistributive, vale a dire che, se si considera
il livello di salute come un prerequisito per il benessere delle persone e per
lo sviluppo dei gruppi e delle comunit, allora occorre investire per ridurre
quelle differenze sociali nella salute che nascono dagli svantaggi relativi
nella dotazione di risorse materiali, culturali e relazionali che interessano
lintera popolazione italiana.
Si chiede perci al Governo:
-
di attuare tutte quelle misure volte ad
ottenere una completa integrazione sociale dei cittadini e, per quel che riguarda la sanit, garantire loro
una reale fruibilit dei servizi e delle prestazioni, di pensare a una organizzazione
adeguata, a una capacit comunicativa efficiente, a una compatibilit
culturale, alla formazione specifica del personale.
-
di garantire percorsi di tutela a quella
parte di popolazione che per vari motivi si trova a vivere ai margini del sistema,
in condizioni di fragilit sociale, economica e culturale.
-
di sollecitare, nel rispetto della Legge
328/2000 che ne prevede espressamente lesistenza, la piena funzionalit della
Commissione Governativa sullesclusione sociale, nominata per legge dal
Ministro47. Purtroppo la
Commissione che ha funzionato fino al 2001, anno del cambio di Governo, si
autodimessa per incompatibilit con lattuale Governo e impossibilit ad
operare. E stata rinominata con altri esperti nello stesso anno; da allora, per,
non ha prodotto nulla nellambito della grave marginalit adulta, tema
scomparso dalla sua agenda (in verit la Commissione non operativa in alcun
ambito dellesclusione sociale).
Persone immigrate
Il diritto alla salute, bench principio costituzionalmente garantito per tutti, fatica ad affermarsi nei confronti degli immigrati, anche perch la complessa produzione legislativa nazionale e regionale rivela una disomogeneit di applicazione sul territorio nazionale. A 20 anni dallinizio del movimento migratorio, sono molte le questioni aperte. Alla prima fase dellaccoglienza, strutturatasi in vario modo sul territorio italiano, deve oggi accompagnarsi leffettiva presa in carico dei bisogni della popolazione immigrata, da intendere non solo come possibilit di accesso ai servizi sanitari, ma anche e soprattutto come capacit di interpretare in termini culturali il disagio psico-sociale cui limmigrato spesso soggetto, per lindividuazione di iniziative e provvedimenti contro ogni forma di esclusione sociale40. Lobiettivo generale del SS pubblico riconoscibile nelle disposizioni vigenti41 quello dellaccessibilit ai servizi sanitari pubblici, quindi la loro organizzazione in funzione di una reale fruibilit per tutti i pazienti, compresi gli stranieri.
Perch il sistema di accesso alle cure, predisposto nel 1998 (T.U. 286/1998) a favore degli stranieri irregolari attraverso il rilascio del codice STP, non attuato in molte province e perch non esiste un sistema di formazione/informazione adeguata su questo tema allinterno delle strutture sanitarie?
In questambito, garantire laccesso ha fatto emergere comunque alcune aree critiche per la salute:
condizioni patologiche con particolare riferimento a quelle infettive e al disagio psichico, importanti non tanto per la consistenza numerica o per patologie importate dai paesi di provenienza, quanto per la scarsa preparazione e dimestichezza delloperatore sanitario nel gestire malattie, stati d'animo, condizioni sociali e relazionali inconsuete;
condizioni fisiologiche come la gravidanza e comunque tutto l'ambito materno infantile con, ad esempio, tassi di mortalit perinatale significativamente pi alti tra i figli di straniere immigrate;
condizioni sociali come la prostituzione, che vede come protagonisti spesso obbligati, donne e uomini stranieri, o anche la detenzione.
Sono stati riscontrati, inoltre, su tutto il territorio nazionale molti casi di espulsione e diniego al rilascio del permesso di soggiorno nei confronti di cittadini stranieri affetti da gravi patologie e in trattamento terapeutico presso strutture sanitarie italiane, nella pi totale assenza di rispetto dellart. 35, co.3 del Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero42.
Lespulsione di
stranieri con gravi patologie rende impossibile per loro il trattamento
terapeutico cui hanno accesso per legge (art.35, III comma, T.U. 286/1998) i
cittadini stranieri anche se non in regola con le norme relative allingresso e
al soggiorno. Come il Governo intende risolvere questa contraddizione?
Si chiede al
Governo che venga adeguatamente esplicitato il senso dellart. 35, III comma e
che siano a tal fine apportate alcune modifiche alla legge 189/2002 in sede di
regolamento di attuazione. Gli stranieri affetti da gravi patologie non
diagnosticate, non diagnosticabili o non curabili adeguatamente ed
effettivamente nel loro Paese di origine:
1.
devono essere considerati categoria
inespellibile (come attualmente lo sono le donne in stato di gravidanza);
2.
devono poter ottenere un permesso di
soggiorno che consenta loro di dimostrare immediatamente il loro particolare
status qualora fermati e sottoposti a controllo, considerato peraltro che la
legge attuale prevede laccompagnamento immediato in frontiera per tutti i casi
di espulsione;
3.
potranno avere altres facolt di
lavorare in modo da contribuire alla spesa pubblica e quindi al pagamento delle
cure cui sono sottoposti.
Persone detenute
Il diritto alla salute non sufficientemente
tutelato allinterno delle carceri italiane.
L'organizzazione
sanitaria per l'erogazione delle prestazioni a favore del cittadino stata
disegnata compiutamente dalla legge 833/78 che ha istituito il SSN. Nel settore
penitenziario non dato riscontrare un fenomeno analogo 43 44 45. Il sovraffollamento (31 dicembre 2003: n. detenuti 54.237 a fronte di
capienza n. 41943) e le conseguenti precarie condizioni igienico-sanitarie, la
mancanza di movimento, lo stato inadeguato di molte delle strutture edilizie carcerarie costituiscono le conseguenze
della mancata attuazione di una normativa che, viceversa, assicura alle persone
detenute livelli di prestazioni analoghi a quelli dei cittadini in stato di
libert. Lassistenza sanitaria in carcere risulta lacunosa per mancanza di
personale sufficiente e di attrezzature aggiornate. Medici e soprattutto
infermieri non riescono ad assicurare i turni di notte in molti istituti. In
meno della met degli istituti una Guardia Medica assicurata per 24 ore. Scarsa risulta la dotazione di farmaci,
carenti le visite specialistiche anche per i malati pi gravi , difficoltosi i
ricoveri esterni e gli interventi durgenza. Rispetto ai circa 17.000 detenuti
tossicodipendenti, va segnalato che dal 1luglio 2003 i fondi necessari al
funzionamento dei Presdi Sanitari per le tossicodipendenze sono passati dal
Ministero di Giustizia al Fondo Sanitario Nazionale. In realt avvenuta una
presa in carico da parte dei Servizi Territoriali Tossicodiopendenti (SerT) di
un numero di detenuti tossicodipendenti (tdp) molto inferiore alla percentuale
di tdp che entrano in carcere, infatti i detenuti affidati ai SerT sono quasi
esclusivamente quelli che hanno problemi acuti in atto (astinenza) e cui viene somministrato
metadone. Rispetto ai detenuti
affetti da virus HIV va segnalato che il taglio dei fondi rende difficile
lacquisto dei farmaci retrovirali; inoltre i tempi burocratici per ottenere il
differimento di pena si prolungano eccessivamente rispetto al degrado delle
condizioni fisiche dei malati.
Va segnalato che nel 60% degli istituti non vi alcuna iniziativa di
prevenzione per virus HIV, n
viene distribuito alcun materiale informativo di carattere sanitario.
Solo nel 27,7% degli istituti si consegnano opuscoli di educazione
sanitaria.
Circa 10.000 detenuti soffrono di forme di disagio mentale legate a tossicodipendenza
ed etilismo; circa 10.000 sono colpiti da malattie infettive, soprattutto
epatiti; tornano scabbia,
sifilide, tubercolosi , che sembravano appartenere al passato.
Dal 1995 ad oggi si registrato un costante aumento delle morti in
carcere e in maggior parte di persone giovani : circa la met dei 500 morti
aveva meno di quarantanni. Solo nel 2003 i suicidi in carcere sono stati 67,
di cui due minorenni .
Il Ministero della Giustizia ha progressivamente ridotto i fondi per la sanit penitenziaria: 16 milioni di euro in meno nel 2003, pari al 30% dello stanziamento del 2002, a sua volta gi ridotto del 20% del 2001. In concreto ci comporta la non attivazione di importanti strutture quali il Presidio nuovi giunti , che dovrebbe fornire un primo sostegno alle persone appena arrestate e spesso pi fragili ed esposte a gesti di autolesionismo o al suicidio; quali le Sezioni a custodia attenuata per i tossicodipendenti.
Si chiede al
Governo:
-
di realizzare uno spazio collaborativo tra
listituzione Sanit (Regioni, comuni, A.S.L. e servizi medici) e le forze del
volontariato e non profit che operano in questo ambito; partendo dal
presupposto che, lattivit della medicina in carcere proprio per le
peculiarit del luogo e della esigenza di sicurezza, manifesta e pu continuare
a manifestare una difficolt strutturale a garantire una globalit e unitariet
di prestazioni preventive, curative e riabilitative nei confronti dei cittadini
detenuti.
-
di rispettare larticolo 5 della Legge
419/98 riordino della medicina penitenziaria tappa fondamentale nel percorso di riforma avviato dal
Governo, per costruire un sistema penitenziario che sappia coniugare sicurezza,
diritti individuali e recupero sociale dei detenuti.
-
di ricercare, vista la scarsa
consapevolezza dellutente del proprio disagio, strategie dintervento che
oltrepassino lambito delloperativit classica e tendano ad incoraggiare ed
amplificare in modo particolare le valenze umane dellazione medica che deve
prevedere, al di l dellempatia, la familiarizzazione con le problematiche
detentive dellutente le quali normalmente acuiscono e aggravano la malattia.
Persone sofferenti
psichiche (inserire nota 48).
La chiusura degli
Ospedali Psichiatrici (OP), gi prevista dalla legge 180/78 e mai attuata
stata risancita dalle leggi finanziarie degli ultimi anni (l. 724/94, l.
662/96, l. 449/97). In particolare con la l. 724/94 si stabilisce la definitiva
chiusura entro il 31.12.1996.
La giusta decisione di
procedere alla completa dismissione degli OP non pu assolutamente comportare
il permanere dellabbandono dei sofferenti psichici della nuova utenza, in
particolar modo dei "nuovi cronici", che hanno bisogno di una
assistenza continua e protratta nel tempo, e che hanno gli stessi diritti alla
cura e ad una assistenza civile ed umana, nel pieno rispetto di leggi nazionali
e regionali in materia.
La drammatica situazione della salute mentale in
Italia evidenziata dai seguenti dati:
da una parte servizi pubblici territoriali di
salute mentale ridotti in prevalenza a svolgere solo attivit ambulatoriale e
non dotati di centri diurni di riabilitazione e di strutture residenziali,
soprattutto per i sofferenti psichici pi gravi, nonostante quanto
espressamente previsto da normative nazionali e regionali in materia; e
dallaltra, insieme al permanere ancora degli OP, si affermata una nuova, pi
estesa e grave realt rappresentata da migliaia di sofferenti psichici
detenuti, in gran parte giovani, costretti a vivere da anni in situazioni
altrettanto terribili e disumane.
Una parte rilevante dei sofferenti psichici vive in
casa con il solo sostegno dei familiari, i quali a causa delle gravi
inadeguatezze dei servizi pubblici di salute mentale devono assumersi un carico
di responsabilit improprie e di sofferenze intollerabili. Quando la malattia
del congiunto o di pi congiunti si prolunga negli anni la famiglia finisce per
essere essa stessa coinvolta con conseguenze negative sulle condizioni di vita
e di lavoro e sullo stesso equilibrio psichico di tutti i suoi componenti.
Purtroppo, in aperto contrasto con questa
dimensione nuova e complessa della sofferenza psichica, in quasi tutte le
regioni si sta procedendo, in base anche ad una non corretta applicazione della
Legge Finanziaria 1997, alle dismissioni degli OP come una questione separata
da una programmazione generale nel campo della salute mentale, la quale deve,
invece, riguardare linsieme dei servizi e delle strutture intermedie (centri
diurni di riabilitazione e strutture residenziali) da istituire sul territorio
per la vecchia e la nuova sofferenza, cos come previsto dal Progetto obiettivo
"Tutela della salute mentale 1994-96".
Lesperienza di questi anni ha confermato, invece,
che insieme al permanere degli O.P. vi stata una crescita del privato, al di
fuori di ogni regola e controllo, per la mancanza di scelte precise e coerenti
da parte delle Istituzioni competenti a vari livelli, che dovevano essere volte
ad attivare DSM
dotati di servizi e delle strutture intermedie necessarie per garantire una
presa in carico effettiva dei sofferenti psichici, in particolare di quelli pi
gravi, nonch a regolamentare con legge lattivit del privato nel campo della
salute mentale.
Di fatto, si creata in questi anni, una sorta di
duopolio perverso nel campo della salute mentale con precise aree di
competenza: il servizio pubblico ridotto in modo prevalente a svolgere attivit
meramente ambulatoriali e a gestire le situazioni di crisi, anche se non in
modo esclusivo, negli S.P.D.C.;
lattivit della lunga e media degenza affidata solo al privato sia
convenzionato che apertamente abusivo.
La riforma dello Stato sociale, la nuova Legge
finanziaria e i Progetti obiettivo "Tutela della salute mentale 1997-99 e
1998-2000" possono rappresentare fondamentali momenti di una svolta nel
campo della salute mentale, soprattutto da parte del Governo nazionale e del
Parlamento.
Si chiede al Governo:
-
lattuazione di quanto previsto dallart. 1
comma 24 della Legge Finanziaria 1997: "le Regioni entro il 31 gennaio
1997 provvedono alladozione di appositi strumenti di pianificazione
riguardanti la tutela della salute mentale, in attuazione di quanto previsto
dal Progetto obiettivo Tutela della salute mentale 1994-96".
-
di predisporre e portare avanti in modo
concertato e coerente ai vari livelli istituzionali (nazionale, regionali,
locali) un progetto complessivo per i pazienti degli ex O.P. e per la
"nuova cronicit", con precise scelte riguardanti lindividuazione
dei servizi e delle strutture intermedie da istituire, il personale occorrente,
sia pubblico che del privato sociale, con i problemi connessi alla sua
formazione, lentit dei finanziamenti necessari, gli strumenti di controllo,
le penalizzazioni finanziarie ed i poteri sostitutivi.
-
di promuovere unindagine conoscitiva da parte delle Commissioni
parlamentari Affari sociali della Camera dei deputati e Sanit del Senato sulle
strutture private sia convenzionate che abusive operanti sul territorio
nazionale e di definire, poi, i parametri nazionali di accreditamento per le
strutture di salute mentale.
-
di dotare, per rispondere alla diversit
dei bisogni psichiatrici, garantendo in pari tempo la necessaria continuit
terapeutica, i DSM di
autonomia organizzativa e gestionale, compresa la definizione di un proprio
budget e di una quipe multidisciplinare con il compito di programmare e
coordinare lattivit dei servizi e delle strutture in cui si articola: centri
di salute mentale per lattivit di prevenzione, per lassistenza ambulatoriale
e domiciliare, strutture residenziali, centri diurni di riabilitazione,
servizio di diagnosi e cura. Nellambito di tale attivit i familiari del
sofferente psichico devono essere attivamente coinvolti e associati al progetto
terapeutico personalizzato.
Persone disabili.
Lattuale sistema di certificazione della disabilit
da modificare. Una preziosissima
fonte di dati per stimare il numero di disabili in Italia potrebbe essere
costituita dalla certificazione dellhandicap come previsto dall'art. 4
della legge n. 104/92. Presso ogni ASL sono istituite apposite Commissioni che rilasciano varie
tipologie di certificazione finalizzate allaccertamento dellinvalidit e
dello stato di handicap, alla certificazione della diagnosi nellalunno in
situazione di handicap, alla definizione dellinsieme di interventi
assistenziali nei confronti dellanziano non autosufficiente, alla
determinazione delle capacit residue della persona con disabilit e delle sue
potenzialit lavorative. Per tali certificazioni purtroppo non sono stati
ancora adottati criteri di rilevazione n strumenti di registrazione uniformi;
inoltre, esse non sono quasi mai riportate su supporto informatico, n
tantomeno, mai stata prevista una rilevazione statistica a livello nazionale.
Al momento, quindi, quest'informazione non utilizzabile.
La
Legislazione condiziona la realizzazione di una effettiva tutela delle
politiche sociali, in particolare, lindividuazione dei LEP, al cui interno vanno individuati
quelli che in particolare intendono tutelare le persone non autosufficienti (LIVEAS art.22 L.
n328/2000. Ad oggi, la piena ed efficace realizzazione della tutela delle persone non autosufficienti appare
seriamente pregiudicata. La legge
n 328/2000, al fine di poter predisporre politiche di sostegno delle persone
non autosufficienti, ha individuato metodi e strumenti finalizzati allo scopo,
allinterno di un disegno quadro per la realizzazione del sistema integrato di
interventi e servizi sociali49.
Si chiede al Governo come intende mettere in pratica il
metodo individuato per la realizzazione di tali obiettivi, incentrato sulla
consultazione tra Enti locali, e Organi centrali dello Stato, anche mediante
lutilizzo di organi collegiali, quali la Conferenza unificata ex articolo 8
del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Poich Presso il Ministero della Pubblica Istruzione e il
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sono stati costituiti degli
osservatori o dei gruppi tecnici che hanno, fra le loro finalit, anche la revisione
dei sistemi di certificazione. Si chiede al Governo uno sforzo di coordinamento
per far dialogare le varie tipologie di certificazione in modo da portare a un
sistema coordinato di accertamento della disabilit fornendo cos dati utili.
Persone
anziane.
A
dieci anni dalla sua emanazione a livello nazionale, possibile tracciare un
bilancio del progetto "Obiettivo anziani" che prevedeva lAssistenza
Domiciliare Integrata (ADI) come parte della pi ampia rete di servizi agli
anziani. LADI rappresenta uno degli strumenti che meglio rispondono
allesigenza di integrazione socio-sanitaria degli interventi in favore di
anziani e disabili e, in campo solidaristico, delle politiche sociali di
sostegno ai soggetti soli 50. L'integrazione tra componente sanitaria
e componente sociale, caratteristica peculiare dell'ADI51, si
rivelata, nel corso del tempo, uno degli aspetti pi critici: oltre alle
difficolt organizzative ed istituzionali, legate ai rapporti tra ASL ed
amministrazioni locali, sono emersi anche problemi legati ai meccanismi di
finanziamento. Ẻ inoltre cambiata la tipologia dell'utenza, che richiede
non pi un semplice sostegno, ma la cura di patologie complesse. Uno degli
strumenti prioritari individuati dal D.Lgs.229 consiste nel Programma delle
attivit territoriali, il piano di salute distrettuale che contiene lanalisi
dei bisogni di salute del territorio e la mappa dei servizi, nonch la
valutazione della corrispondenza tra domanda e offerta52. LADI e
pi in generale la rete integrata dei servizi rivolti ai non autosufficienti,
si colloca dunque a pieno titolo in questo contesto della medicina del
territorio. Lart. art. 3 Septies del D.Lgs.229/9953 da una
definizione di prestazioni sociosanitarie, rimandando allatto di indirizzo e
coordinamento54 la descrizione delle specifiche prestazioni ed i
criteri di finanziamento delle stesse in relazione alle competenze delle ASL e
dei Comuni. Gli italiani che hanno bisogno di assistenza sono oggi 2,7 milioni,
il 5% della popolazione, di cui il 73,2% anziani. LOCSE rivela che in Italia
il 2,8% degli ultra-65quenni non autosufficienti sono assistiti a domicilio,
rispetto al 5,5% della GB, al 6,1% della Francia, al 9,6% della Germania.
I consumi sanitari degli anziani nel nostro Paese
assorbono oltre il 30% delle risorse pubbliche, ma per gli anziani non
autosufficienti lItalia investe solo l1,6% del PIL, contro una media europea
del 2,3%. Da questi dati si desume la necessit di potenziare i servizi di
assistenza per garantire il raggiungimento ed il mantenimento di una buona qualit
della vita. In particolare, auspicabile incrementare servizi mirati al
mantenimento o recupero dellautosufficienza, lassistenza domiciliare
integrata sanitaria e socio-assistenziale, compresa lospedalizzazione a
domicilio, gli interventi a sostegno delle famiglie (con il riconoscimento del
lavoro di cura anche da un punto di vista economico, lutilizzo dei congedi
parentali, i servizi di sollievo).
Tenuto conto
della definizione dellADI (cfr. nota 47), si chiede al Governo:
-
di attuare le misure necessarie alla
realizzazione dellADI non come semplice servizio, ma come sistema che prevede
lintegrazione di risorse finalizzata alla realizzazione del concetto di
domiciliarit.
-
di chiarire se l'assistenza a domicilio si
debba configurare come un servizio sanitario aggiuntivo o piuttosto alternativo
rispetto ad altri interventi.
-
di chiarire il significato specifico
dell'ADI rispetto alle precedenti forme di cura domiciliare.
Lavoratori
In
tema dinterventi sulle condizioni di lavoro, risulta
che alcune professioni presentano un prematuro deterioramento delle principali
capacit professionali e degli indicatori di salute, fatto che suggerisce la
necessit sia di politiche di prevenzione del disagio ergonomico e
organizzativo nei posti di lavoro (un posto di lavoro e unorganizzazione del
lavoro disegnati per lavoratori giovani e da adattare alle caratteristiche
funzionali dei lavoratori che invecchiano), sia di politiche di prevenzione e
promozione della salute dei lavoratori per il mantenimento delle capacit
funzionali dei lavoratori, sia di politiche di mobilit che offrano alternative
occupazionali adeguate alle capacit residue di professioni particolarmente
usurate55.
Poich
nel nostro paese non cՏ nessun esempio dindagine su scala nazionale che
esplori ladeguatezza delle condizioni di lavoro, in particolare nei confronti
di una popolazione lavorativa che invecchia; e, a nostro parere, la dimensione
delle disuguaglianze, sociale e geografica al tempo stesso, quella che
permette di identificare le principali priorit dintervento,
si chiede al Governo un sistema dindagine
statistica che valorizzi questa dimensione delle diseguaglianze per i fenomeni
che si osserveranno in modo da identificare le priorit dintervento, quelle in
pratica dove massimo il potenziale di salute che le politiche sono in grado
di guadagnare per il benessere e dello sviluppo della societ italiana.
6. Gap nellattuazione del SSN
La
questione dellaccesso alle strutture sanitarie presenta una duplice realt: da
una parte ci sono una serie di strutture e prassi positivamente consolidate
ormai presenti nella quasi totalit delle aziende osservate, dallaltra emerge
con sempre maggiore presenza il nodo delle liste di attesa:
il permanere diffuso del fenomeno delle prenotazioni bloccate per uno o pi
esami diagnostici in circa la met degli ospedali (uguale percentuale nel 2002)
e in poco meno della met dei poliambulatori (era il 60% nel 2002);
lesistenza di tempi di attesa non accettabili soprattutto per le prestazioni
di diagnostica per immagini: ecografia nel primo trimestre di
gravidanza,ecografie mammarie e mammografie al di fuori dei programmi di
screening, eco addominali, esami TAC, RMN, urodinamica, ecc., ma si aspetta sino a tre mesi o pi
anche per prestazioni di radioterapia, per le quali quasi la met dei cittadini
residenti nelle regioni meridionali non trova strutture nel luogo di residenza56.
tempi di attesa sempre pi critici presso i poliambulatori (il gruppo di
poliambulatori osservato nel 2003 ha attese che superano anche di 5 volte
quelle rilevate per gli stessi esami nel gruppo di poliambulatori del 2002)
57;
Si chiede al Governo:
-
lattuazione del DPCM 16 aprile 2002 (GU n. 122 del 27-5-2002)
Linee guida sui criteri di priorit per l'accesso alle prestazioni diagnostiche
e terapeutiche e sui tempi massimi di attesa. In particolare,
-
di individuare e sperimentare soluzioni
efficaci e perseguibili rispetto alle diverse problematiche che motivano la
formazione e laumento delle liste di attesa, allo scopo di garantire a tutti i
cittadini tempi definiti per accedere alle prestazioni sanitarie e soprattutto
tempi adeguati al problema clinico;
-
di attivare sistemi incentivanti rivolti ai
MMG ed ai medici
specialisti per migliorare laccesso
alle prestazioni sanitarie; e
-
una maggiore diffusione ed efficacia dei
Centro Unico di Prenotazione (CUP), come strumento di standardizzazione e
razionalizzazione della rappresentazione dell'offerta di prestazioni, essendo
rispondente anche al principio della trasparenza e della accessibilit e
facilita la libert di scelta al cittadino.
LEA
e LIVEAS. Negli ultimi anni
una legislazione parallela in campo sanitario e in
campo sociale ha posto le basi per la definizione di un sistema di livelli
essenziali ed uniformi dassistenza sociale e sanitaria58 59. I LEA definendo finalmente i livelli essenziali di
assistenza sanitaria e socio sanitaria60 avrebbero dovuto
individuare le prestazioni da ricondurre dentro le diverse tipologie precisando
i criteri di finanziamento.
Ritardi
e incongruenze si registrano per quanto riguarda la implementazione della legge
quadro 328/2000 sullassistenza nel quadro del nuovo assetto istituzionale. In
particolare, si registrano interpretazioni restrittive delle legge da parte di
alcune Regioni. Sia la normativa ordinaria (in particolare la recente legge
quadro sullassistenza) che quella costituzionale (art.117) garantiscono
livelli di prestazioni sociali essenziali, e non semplicemente minimi. La
distinzione non va intesa in senso nominalistico, ma sostanziale. I livelli
essenziali, infatti, si pongono su un punto pi avanzato di tutela e protezione
di quanto siano quelli minimi, avendo lobbiettivo di assicurare uno standard
di prestazioni, sia quantitative che qualitative, in grado di fornire la piena
fruizione di diritti costituzionalmente garantiti. Accanto allindividuazione
dei Lep, risulta essenziale determinare nella maniera pi precisa possibile le
categorie dei beneficiari.
I LIVEAS, in teoria, hanno un ruolo fondamentale nella riforma del
welfare italiano, ma il fatto che a livello di governo centrale non vi sia
stata una definizione pi chiara e precisa, pone oggi numerosi problemi sia sul
piano della omogeneit/uniformit, sia in termini di reale applicazione. Ci a
causa della genericit e vaghezza della normativa stessa. La stessa normativa
nazionale fa riferimento ai Livelli usando terminologie differenti, risultando
poco chiara61. Con la L. 328/00, si cercato di dare una risposta ed
una definizione chiara ed esaustiva ai Livelli essenziali delle prestazioni
sociali che, invece, risultata vaga. Si rimandato al Piano Sociale
Nazionale, a sua volta risultato generico.
Si chiede al Governo:
-
di dare ununivoca definizione dei LIVEAS
poich, come proposti dalla L. 328/2000, assumono valenza e significato
diverso.
-
di attuare unattenta e costante azione di
monitoraggio del Decreto sui LEA sanitarie di ampliare, successivamente, lazione di monitoraggio oltre le
indicazioni contenute nell'intesa Stato/Regioni del novembre 2001, comprendendo
non solo aspetti legati alla spesa sanitaria e alla manutenzione delle liste di
prestazioni da escludere dai LEA, ma soprattutto azioni di monitoraggio sociale
sui risultati di salute raggiunti.
-
Di creare luoghi stabili di consultazione,
di approfondimento e di analisi dei bisogni sociali del Paese; un atteggiamento
che riteniamo sia coerente con lo spirito e il senso della stessa Legge 328/00
e dei provvedimenti attuativi sinora emessi (in primo luogo, il Piano Sociale
Nazionale).
La
preponderanza dellofferta ospedaliera, che
supera lo standard di 5 posti letto per 1.000 abitanti nella maggior parte
delle citt62, ha comportato il persistere di una
cultura che, ponendo lospedale al centro del sistema sanitario, oltre che dare
luogo a fenomeni duso improprio del ricorso al ricovero, ha generato un
ritardo nello sviluppo di forme dassistenza alternative, pi appropriate
rispetto ai bisogni dellutenza e pi convenienti sotto il profilo economico.
Per converso lo sviluppo delle attivit dassistenza sanitaria collettiva e
della rete per lassistenza distrettuale e territoriale ancora insufficiente.
63 Il quadro generale che si pu desumere dai
dati disponibili indica:
-
i costi dell'assistenza ospedaliera (48,07% dei costi complessivi)
sono pi elevati di quanto sarebbe auspicabile;
-
il totale complessivo di posti letto (5,05 per 1000 ab.)
leggermente superiore a quanto previsto, ma si rileva eccesso di posti per
acuti e carenza di posti di riabilitazione e per entrambe le tipologie si
riscontra carenza di posti letto di day hospital64;
-
il tasso di ospedalizzazione (217,04 per 1000 ab.) molto pi
elevato di quanto previsto dalla normativa vigente, anche se il dato potrebbe
risentire, come gi detto, delle modalit di raccolta ed elaborazione dei dati
sui ricoveri65;
-
il peso medio dei ricoveri degli anziani circa doppio rispetto
ai bambini66.
I problemi economici, le liste di attesa, il
sottoutilizzo e l'utilizzo improprio di risorse nel sistema, impongono una
reinterpretazione del rapporto territorio-ospedale. Oggi necessario
indirizzare chiaramente una nuova e razionale offerta di prestazioni sul
territorio, che configuri l'intervento ospedaliero come assistenza extra
territoriale sempre pi riservato alle patologie acute. una linea che inverte
il tradizionale sistema di offerta sanitaria fondata prioritariamente
sull'ospedale, a favore di una linea che identifica il territorio quale
soggetto attivo che intercetta il bisogno sanitario e si fa carico in modo
unitario delle necessit sanitarie e socio-assistenziali dei cittadini. Il
gradimento dei cittadini verso lassistenza di base, consiglia di recuperare a
pieno questa risorsa riportandola al centro della risposta sanitaria. Ci in
raccordo con le altre presenze nel territorio. Lobiettivo prioritario la
realizzazione di un processo di riordino che garantisca un elevato livello di
integrazione tra i diversi servizi sanitari e sociali, realizzato con il
supporto del medico dell'assistenza sanitaria di base. La mancanza di
tempestivit rappresenta, spesso un fattore critico da cui derivano
aggravamenti dello stato di salute ed oneri assistenziali evitabili.
Rappresentativa a questo proposito la capacit di implementare quella
tipologia di dimissione ospedaliera che detta protetta, poich
opportunamente programmata e che prevede una stretta integrazione tra ospedale
e territorio. La dimissione protetta indubbiamente un elemento decisivo per
la corretta gestione assistenziale del paziente, come ben evidenziato dal
fenomeno dei ricoveri ripetuti67. Anche la dipartimentalizzazione
dei servizi pu offrire maggiori garanzie di continuit assistenziale, in
quanto tende a rendere pi funzionale il percorso del paziente68.
Sulla base della comprovata necessit di fare dellintegrazione
interistituzionale uno strumento imprescindibile per incidere sui determinanti
della salute; dellinnegabile ruolo delle politiche dellambiente, del lavoro,
dei trasporti, del territorio, dellistruzione, nel controllo dei fattori di rischio
per la salute da un lato, e del Distretto, come unico ambito in cui la domanda
di salute della popolazione di riferimento trova le pi opportune possibilit
di realizzazione, in particolare nellottica della continuit ed integrazione
dellassistenza, dallaltro,
si chiede al
Governo il potenziamento del Distretto, particolarmente inteso sotto il profilo
del perfezionamento della sua organizzazione (in conformit ad un Programma
delle attivit territoriali condiviso con il Comitato dei Sindaci e le parti
sociali) e della messa a disposizione defficaci strumenti gestionali. Il
potenziamento rappresenta, infatti, un indirizzo strategico funzionale e
complementare alla realizzazione della continuit e dellintegrazione.
Lattivit
di prevenzione non riguarda in esclusiva soggetti
o ambiti particolari, ma deve essere posta in essere in maniera diffusa e
sinergica dai vari attori che operano nello scenario regionale ed aziendale. In
tal senso vanno utilizzate le funzioni dindirizzo tecnico e scientifico dellAgenzia
di Sanit Pubblica (ASP) rispetto alla definizione e valutazione degli
obiettivi da raggiungere, e quelle di programmazione ed attuazione degli
interventi da parte delle strutture dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL
di tutte le altre articolazioni organizzative territoriali che operano nel
campo e con finalit specifiche. Gli obiettivi devono riguardare la prevenzione
comunitaria dei problemi collettivi di salute, la promozione individuale di
stili e comportamenti sani e dabitudini adeguate al mantenimento della salute
negli ambienti di vita e di lavoro e linformazione e comunicazione del
rischio.
Si chiede al Governo di porre in essere unattivit di
prevenzione in maniera diffusa e sinergica tra vari attori che operano nello
scenario regionale ed aziendale. In tal senso, utilizzare le funzioni
dindirizzo tecnico e scientifico dellAgenzia di Sanit Pubblica (ASP)
rispetto alla definizione e valutazione degli obiettivi da raggiungere, e
quelle di programmazione ed attuazione degli interventi da parte delle
strutture dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL di tutte le altre
articolazioni organizzative territoriali che operano nel campo e con finalit
specifiche. Gli obiettivi devono riguardare la prevenzione comunitaria dei
problemi collettivi di salute, la promozione individuale di stili e
comportamenti sani e dabitudini adeguate al mantenimento della salute negli
ambienti di vita e di lavoro e linformazione e comunicazione del rischio.
Farmaci.
Nel 2003 la spesa farmaceutica lorda pubblica diminuita del 2,3% rispetto al
2002 mentre la spesa farmaceutica netta del SSN ha inciso complessivamente per
il 13,8% sulla spesa sanitaria totale69.
Le principali iniziative di contenimento della spesa adottate a livello regionale riguardano: la
conferma dei ticket da
parte delle regioni che li avevano applicati nel corso del 2002. Tuttavia nel
2003, a differenza del 2002, la compartecipazione a carico dei cittadini ha
riguardato esclusivamente la quota fissa per confezione o ricetta e il numero
massimo di confezioni prescrivibili per ricetta. Il primo anno di
sperimentazione del nuovo Prontuario farmaceutico nazionale si conclude con
lindividuazione di un prezzo di riferimento per categorie terapeutiche
omogenee (cut-off), secondo quanto indicato dalla L. 178 dell8.8.200270.
I farmaci a totale carico dellassistito71
vengono invece venduti a prezzo libero ma sorvegliato da parte del CIPE e del
MS. Alcuni farmaci riclassificati in classe C, per i quali gi in atto o si
annuncia una revisione della rimborsabilt da parte del SSN in seguito alle
forti pressioni esercitate dalle organizzazioni di tutela72 hanno
messo a dura prova i bilanci familiari. LIntesa dei Consumatori gi nel
febbraio 2003 denunciava che la riforma del prontuario farmaceutico nazionale,
varata dal MS, di cui al D.M. 27.9.2002, poneva a carico dei cittadini numerosi
farmaci passati nella fascia a pagamento, con aumenti pesanti di prezzo, dal 10
al 100%, con picchi addirittura del 200%. Leffetto del decreto sul prezzo dei
farmaci ha causato un aumento 16,4% sulla spesa dei farmaci acquistati dalle
famiglie. I dati dellOSMED73 pubblicati sul sito del MS74,
non coincidono con le rassicuranti rilevazioni ISTAT che attribuiscono al
capitolo servizi sanitari e spese per la salute un modesto incremento dello
0,1% mensile, dello 0,6% su base annua. Il nostro paese continua ad essere agli
ultimi posti nelle graduatorie internazionali sulla utilizzazione di farmaci
per la terapia del dolore75.
Presidi,
protesi ed ausili continuano a presentarsi, il pi delle volte, inadeguati,
sia nella qualit che nella quantit, con iter burocratici per il rilascio
complessi. In relazione alla forte domanda di prestazioni sanitarie di
riabilitazione, lammissione nella struttura avviene con linserimento
dellutente in una specifica lista di attesa che ha uno scorrimento cronologico
con chiamata da parte del servizio. Il servizio prestato dalle strutture
pubbliche o accreditate in regime ambulatoriale gratuito per gli esenti
ticket, mentre per gli altri si applica la normativa generale sulla
partecipazione alla spesa il cui aggiornamento deve essere verificato presso
lASL di residenza. Il costo delle prestazioni sanitarie di riabilitazione
fornite da strutture accreditate o totalmente private in regime di degenza
dipende dal tipo di trattamento e dalla richiesta di un servizio alberghiero
particolare. Il costo del servizio erogato dalle strutture private varia a
seconda della tipologia delle prestazioni riabilitative richieste. La maggior parte delle prestazioni di medicina fisica e
riabilitazione sono incluse nei LEA quando siano presenti le condizioni
cliniche per le quali le prestazioni stesse abbiano dimostrato la propria
efficacia e quando siano erogate sulla base di protocolli validati; talune
prestazioni, quali la laserterapia antalgica, lelettroterapia antalgica,
lultrasuonoterapia e la mesoterapia, possono essere incluse nei Lea
disposizione regionale. Rimangono a carico del SSN tutte le prestazioni
riabilitative erogate in regime di ricovero o presso strutture di
riabilitazione extraospedaliera residenziale o semiresidenziale, ambulatoriale
e domiciliare nellambito di un programma complessivo di riabilitazione di una
grave disabilit. La concessione di protesi dirette al recupero funzionale
di soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali
disciplinata dal Regolamento emanato con DM 27 agosto 1999, n, 33276.
Oncologia.
Mancano strutture di tipo hospice e unit di radioterapia. In questo
momento ci sono nel nostro paese 67 hospice, per complessivi 658 posti letto,
praticamente tutti concentrati nelle regioni del centro-nord, a sottolineare,
una volta di pi, la situazione drammatica nella quale versano le strutture
assistenziali nel meridione. Mancano allincirca 50 unit di radioterapia nelle
regioni meridionali
Unit
spinali. In Italia lincidenza di lesioni midollari post-traumatiche, stimata in studi a valenza regionale,
di circa 20/25 nuovi casi annui per milione di abitanti lincidenza della
lesione midollare sulla popolazione italiana. Nel 2000 una rilevazione dei dati
sanitari, epidemiologici e gestionali ha confermato una sostanziale carenza di
dati sistematici in Italia sulla mielolesione77. Il MS valuta in 60/70mila le persone
colpite da mielolesione in Italia. Let media delle persone colpite da
mielolesione varia, per oltre l80%, in un range che va dai 10 ai 40 anni. Da uno studio eseguito dal GISEM
(Gruppo Italiano Studio Epidemiologico sulle Mielolesioni), si possono
estrapolare alcuni dati interessanti che fotografano il problema lesione
midollare78. Nel Sud la situazione drammatica: in queste regioni
si muore ancora di paraplegia. Nel nostro Paese, nonostante79 nel
recente PSN per la prima volta si parli esplicitamente di centri specifici,
Unit Spinali Unipolari,deputati alla cura e riabilitazione della mielolesione,
ancora largamente carente una cultura riabilitativa adeguata e le iniziative
positive, che pure cominciano ad esserci, sono caratterizzate da forti
contraddizioni. In questo momento non si pu contare, nel nostro paese, neanche
su una unit spinale per regione80.
In questo momento, non si pu contare nel nostro paese, neanche su una unit
per regione e solo nel recente PSN per la prima volta si parla esplicitamente
di centri specifici - Unit Spinali Unipolari - deputati alla cura e
riabilitazione della mielolesione, ed ancora largamente carente una cultura
riabilitativa adeguata e le iniziative positive, che pure cominciano ad
esserci, sono caratterizzate da forti contraddizioni.
Si chiede al
Governo di mettere a punto e finanziare, su tutto il territorio nazionale, un
piano per la realizzazione di almeno una unit spinale per regione.
Terapia
del dolore. Il trattamento del dolore da cancro rappresenta un grave
problema di salute pubblica in tutto il mondo e si calcola che ogni anno siano
10 milioni i nuovi casi di cancro e 6 milioni le morti per questa malattia.
LOMS ha evidenziato che la maggior parte dei casi di dolore oncologico
potrebbe essere trattata applicando le opportune terapie che derivano
dallevoluzione delle conoscenze mediche. Nonostante le indicazioni fornite
dallOMS i pazienti affetti da dolore severo non sempre sono curati con le
opportune terapie farmacologiche e ci costituisce una negazione del diritto degli
individui di alleviare la propria sofferenza. La lotta al dolore non ancora
una priorit nel nostro Paese. Ẻ evidente che la sensibilit intorno al
tema sta crescendo. Al fine di facilitare la prescrizione e limpiego dei
farmaci oppiacei e di supportare gli operatori sanitari stata emanata la
legge n.12/200179, corredata da diversi decreti applicativi81
82, ma la strada ancora lunga e i progressi piuttosto lenti83.
In tre anni dalla approvazione
delle nuove norme, la prescrizione di farmaci oppiacei cresciuta di poco, e
ancora oggi i medici di famiglia, spesso, non ritirano nemmeno i ricettari
speciali indispensabili per la prescrizione. Aumentano le quantit prescritte
di analgesici oppiacei (+33,2% rispetto al 2002). Nonostante ci, lincremento
delle prescrizioni registrato nel 2003 attribuibile per la maggior parte al
fentanile transdermico (+50,3%) e in maniera ancora limitata alla morfina
(+11,1%)84 85. Uno sguardo al panorama europeo offre una visione
piuttosto pessimistica dellItalia, la quale si colloca al penultimo posto,
come utilizzatore di farmaci oppiacei, tra i paesi europei oggetto di analisi, con un mercato pari allo 0,3%
della spesa farmaceutica lorda complessiva dellanno 200286. In base
agli ultimi dati, i reparti di cure palliative sono, a tuttoggi, 206, la gran
parte dei quali concentrati nelle regioni del centro-nord, poco meno del 10% al
sud. Per quanto riguarda le strutture ospedaliere, lo sforzo sostenuto per
attivare la rete di ospedale senza dolore non stato, finora, supportato
dagli investimenti di risorse finanziarie indispensabili.
Riguardo la terapia del dolore, tra le
tante ipotesi di lavoro nellimmediato, si chiede al Governo di vagliare le tre
proposte che rivestono priorit assoluta:
garantire la copertura della assistenza al dolore,
tanto per quanto riguarda il cancro che le patologie croniche, allinterno dei
livelli essenziali di assistenza;
rendere obbligatoria la rilevazione e la misurazione
del dolore, e quindi anche la sua cura, allinterno della cartelle clinica di
ogni paziente assistito;
rendere obbligatoria la formazione sulla terapia del
dolore per i medici di famiglia, gli specialisti pi direttamente interessati e
gli infermieri nellambito dei programmi di ECM.
QUALIT DI SERVIZIO SANITARIO PER LA QUALIT DELLA VITA.
Nell'ultimo
decennio, si assistito al crescente affermarsi della centralit della
valutazione della qualit della vita87 percepita dall'individuo
affetto da una patologia, sia come misura di esito nella valutazione dei
trattamenti, sia come dimensione eticamente imprescindibile per migliorare il
rapporto medico-paziente e conferire adeguata visibilit alle opinioni ed ai
vissuti del paziente stesso.
Il tema dello sviluppo della qualit nei servizi alla persona uno degli aspetti pi significativi di un
sistema di welfare moderno, che sinterroga sulle strategie e che ricerca nuovi
strumenti gestionali e operativi per realizzare interventi e prestazioni di
buon livello, capaci di rispondere in maniera efficace ai bisogni di salute e
di benessere sociale della popolazione. Da alcuni anni questa tematica ha
assunto una valenza strategica nel quadro delle riforme della sanit italiana.
Sostenuta, da un lato, dalla necessit di assicurare adeguati livelli di
assistenza, dalla necessit di contenere la spesa sanitaria de-ospedalizzando
le cure e dalla volont di coniugare efficacia delle cure ed efficienza del
sistema, la qualit in sanit si troppo spesso risolta nella mera
applicazione di modelli organizzativi e/o gestionali gi esistenti. Tuttavia la
complessit del SS non pu essere risolta nella sola dimensione
organizzativo-formale.
L'attenzione
crescente per la qualit della vita si coniuga con la necessit di un rigoroso
controllo delle prestazioni erogate da una pluralit d'attori sociali, non pi
solo quelli della pubblica amministrazione, ma anche dell'universo del cos
detto terzo settore e del settore privato. Partendo dal presupposto
imprescindibile che la Qualit una caratteristica essenziale ed indispensabile
dell'assistenza sanitaria ed un attributo normale di ogni attivit
assistenziale, assieme al volume e ai costi. La buona qualit dell'assistenza
sanitaria un diritto di ogni paziente e di ogni comunit ed una priorit
per tutti gli stati membri, specialmente in una situazione di risorse limitate
e di restrizioni economiche88 89.
Si chiede quindi al Governo:
di tenere conto di due importanti documenti internazionali:
OMS, Ufficio della Regione Europea,
obiettivo 16, da i "Ventuno obiettivi di salute per il ventunesimo
secolo": introduzione alla strategia della "salute per tutti"
nella regione europea90. .
Consiglio d'Europa, Comitato dei Ministri,
Raccomandazione n. r (97) 17 del Comitato dei Ministri agli stati membri:
"sullo Sviluppo e l'attivazione di sistemi di miglioramento della qualit
(smq) dell'assistenza sanitaria"91.
In particolare nei punti in cui si chiede ai Governi degli Stati membri:
a) di misurare sistematicamente i risultati in termini di salute delle
cure mediche, attraverso l'utilizzo di indicatori internazionali di qualit di
modo che si ottengano dei risultati in grado di permettere adeguati confronti,
e che vadano a costituire uno strumento nuovo ed indispensabile per lo sviluppo
continuo della qualit dell'assistenza ai pazienti.
b) di creare, ove appropriate, politiche e
strutture che forniscano supporto allo sviluppo e all'attivazione di
"Sistemi di Miglioramento della Qualit" (SMQ), sistemi per garantire
e migliorare di continuo la qualit dell'assistenza sanitaria a tutti i
livelli, in base alle linee-guida presenti nell'Appendice del documento.
Di rispettare la Carta di Lubiana, soprattutto l dove si parla di dare
attenzione alle opinioni e alle scelte dei cittadini, in quanto possono
contribuire tanto alla definizione dei servizi sanitari quanto al contenuto
dell'assistenza sanitaria92.
15. Right to education
(arts. 13 and 14). See list of issues, n.30, E/C.12/Q/ITA/2, 18
December 2003: Children of immigrants, refugees and
asylum-seekers equal access to free and compulsory education.
Italian
Constitution, article 34, declares "Italian schools are open to everybody,
citizens or foreigners". According to that norm and the latest
International provisions, Law 40/1998 on immigration and the condition of
foreigners in Italy, states that "children of Italians and foreigners
enjoy equal access to free and compulsory education and equal school treatment.
a) Minorenni figli di immigrati
There is
an increasingly high number of foreign students in Italian
schools today.
In the
school year 2002/2003, 232.766 students of foreign nationality attended Italian
schools, which means a percentage of 2,96% on the total number of students
(7.590.891). They were just 30.000 in school year 1992/93, but also compared
with previous year 2001/2002 there was a significant growth of 50.000
students.
(Source: Ministry of Public Education, University and Research- MIUR).
Foreign
children come from very different experiences; some are second generation
children, born in Italy, but from immigrated parents, others arrived only
recently, either alone (unaccompanied) or with their families, and others have
come to join their family here.
The
percentage of foreign students is higher in the North of the country (66,6%),
while is lower in the South (7%) and in the Islands (3,1%).
Analysing
the data it is interesting to note that even if obviously the highest number of
foreign students are in the city, such as Milan (24.498) or Rome (12.990) or
Turin (10.710), but the highest percentage is in the medium towns, for example
in Prato it is 7,85%, in Mantova 7,65%, Reggio Emilia 7,15%, Modena 7,01.
In most regions there is a higher percentage in the municipal
districts than in the capital of
the district.
In Italian
schools there are now represented 189 nationalities. For example in Bergamo
there are 110 nationalities, 109 in Padua, and 106 in Perugia.
Most foreign students come from Albania (40.482 ),
Marocco (33.774 ), Former Yugoslavia (21.762 ), Romania (15.509), China (13.447
), Ecuador (7.273) (Elaboration from MIUR: Alunni con cittadinanza
non italiana - Scuole statali e non statali - a.s. 2002/2003by
Caritas/Migrantes, XIII Rapporto sull'immigrazione 2003).
The quick
development has created, and is still creating, a number of problems, partly
due to the very recent nature of intensive immigration, and partly due to
uneven distribution of migration across the country.
Quanto all'accesso, la legge 40 del 1998, la legge Turco-Napolitano, e il relativo regolamento di attuazione (DPR 394/1999), accordano ai minori figli di immigrati laccesso al sistema della istruzione pubblica a parit di condizione con i minori italiani, anche nelle situazioni di irregolarit nel soggiorno.
Nei fatti, per, questo diritto fortemente compresso dal contesto ambientale in cui i minori stranieri sono costretti a vivere e da alcune prassi amministrative. Per esempio, nelle scuole comunali dellinfanzia di Roma e Milano i genitori - contrariamente a quanto previsto dallart. 45 DPR 394/1999 sono tenuti a presentare, nella documentazione di rito, il permesso di soggiorno.
Per ci
che riguarda l'integrazione, considering the percentage of foreign students in
the different school levels in the year 2002/2003, we notice that the highest
one is in primary school:
Nursery
school |
Primary
school |
Middle
Sec. school |
Secondary school |
20,77% |
42,2% |
24,3% |
13,2% |
In questa situazione il nodo cruciale per il successo della integrazione e del percorso di apprendimento la qualit delliniziale accoglienza dei minori stranieri nelle scuole italiane. E' l che si deve concentrare la cura della gestione didattica e amministrativa della scuola.
Sarebbe perci bene che informazioni come quelle ottenute da una ricerca del MIUR nel 2001 sulle specifiche politiche nelle scuole italiane per linserimento e lintegrazione di alunni stranieri ( con i corrispondenti finanziamenti previsti a questo scopo) fossero aggiornati e proseguiti. Siamo invece informati dalla Written Reply a questa issue della loro interruzione.
Che cosa si fa nelle scuole per favorire laccoglienza e lintegrazione degli stranieri?
Come il Governo utilizza attualmente i fondi stanziati per questa attivit?
The Comitato recommends to ensure that the educational system actively promotes integration of foreign
children by providing special resources and implementing appropriate
programmes.
b) Minorenni
figli di richiedenti asilo
Anche i figli dei richiedenti asilo vivono una condizione di particolare disagio, e non solo con riferimento al loro inserimento nelle istituzioni scolastiche. La situazione di totale precariet dei loro genitori comporta infatti anche per loro una forte mobilit e una pi difficile integrazione. Non si riesce mai a seguire in uno stesso luogo, salvo forse che a Roma, il percorso di integrazione di un gruppo di richiedenti asilo e delle loro famiglie, perch durante la procedura cambiano citt pi volte.
Come tenere conto di tale situazione negativa per lo sviluppo dell'educazione dei figli dei richiedenti asilo?
c) Minorenni
figli di genitori immigrati irregolari
Il diritto ad accedere ai corsi di studio
positivamente garantito al minore straniero, a prescindere dalla regolarit del
suo soggiorno, dallart. 45 DPR 394/1999.
La posizione del minore straniero iscritto ad un corso
di studi per, ove egli sia figlio di genitori irregolarmente soggiornanti,
assolutamente precaria: bench sia vietata lespulsione dei minori, salvo che
per gravi motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato, e stabilito,
ovviamente, il diritto del minore di seguire il genitore o laffidatario
espulsi (art. 19, co. 2).
Una forma di tutela e offerta dalla disposizione di
cui allart. 31, co. 3 T.U., in base alla quale il Tribunale per i minorenni
pu autorizzare, in deroga alle altre disposizioni di legge, il soggiorno dello
straniero quando questo si renda necessario per tutelare lo sviluppo
psico-fisico del minore soggiornante in Italia.
In questi anni, tuttavia, lorientamento dei Tribunali
stato molto disomogeneo, con incerta rilevanza della condizione di iscrizione
del minore stesso ad un corso di studi ai fini dellaccoglimento dellistanza
relativa al soggiorno del genitore.
Paradossalmente, quindi, a causa della accresciuta
visibilit, lessere iscritto a scuola pu tradursi, per il minore, in un
maggior rischio di allontanamento dal territorio dello Stato.
d) Unaccompanied migrant children
Il minore straniero non accompagnato, al pari di
qualunque altro minore straniero, non espellibile se non per gravi motivi di
ordine pubblico o sicurezza dello Stato (art. 19, co. 2 T.U.). Quando ne sia
segnalata la presenza sul territorio dello Stato, per, si d luogo ad una
procedura finalizzata ad accertare se sia effettuabile il suo rimpatrio
assistito in condizioni di sicurezza (art. 33, co. 2-bis T.U.). Nelle more
della decisione relativa al rimpatrio, al minore per il quale non sia disposto
laffidamento rilasciato un permesso di soggiorno per minore eta
(art. 28, co. 1 DPR 394/1999).
Una Circolare del Ministero dellInterno (13 Novembre
2000) ha disposto che tale permesso non sia utilizzabile per lo svolgimento di
attivit lavorativa. Questa disposizione, discriminando il minore straniero
nelle condizioni descritte rispetto al coetaneo nazionale (ma anche rispetto al
coetaneo straniero titolare di un permesso di soggiorno per motivi familiari o
per affidamento) appare in contrasto con il principio di non discriminazione
sancito dalla Convenzione ONU di New York del 1989 sui diritti del fanciullo
(ratificata con L. 176/1991).
Dati i tempi estremamente lunghi delle procedure di
accertamento, frequente il caso di titolare di permesso di soggiorno per
minore et che raggiunga la maggiore et mentre ancora in attesa della
decisione relativa al rimpatrio assistito. La Circolare del Ministero dellInterno
del 13 Novembre 2000 esclude la possibilit di conversione del permesso per
minore et in un permesso per motivi di studio o di lavoro.
Anche in questo caso si configura una discriminazione
ai danni del titolare di permesso per minore et, dal momento che previsto
che il minore titolare di un permesso per motivi familiari o per affidamento
possa fruire invece di tale conversione (art. 30, co. 5 e art. 32, co. 1 T.U.).
16.
Right to education (arts. 13 and 14): Disabled children
Uno degli aspetti pi qualificanti del rispetto del
diritto allo studio quello relativo allintegrazione degli alunni portatori
di handicap, che in Italia ha raggiunto a partire dagli Anni Settanta non pochi
risultati. Purtroppo per il corrente anno scolastico 2004-2005 stato disposto
un drastico ridimensionamento di questo intervento a causa dei tagli negli
organici del personale docente previsti per motivi economici. In particolare:
- non pi previsto il limite massimo di alunni
nelle classi dove sia presente un alunno disabile (questo numero era fino
allanno scolastico 2003/2004 limitato ad un massimo di 20);
- non pi previsto il massimo di un alunno con
handicap certificato in una stessa classe: dal 2004/2005 potranno essere
presenti pi alunni con handicap certificati;
- le certificazioni dei casi particolarmente gravi
di handicap sono state rese particolarmente restrittive;
- i posti per gli insegnanti di sostegno previsti
per il 2004-2005 saranno diminuiti di 800 unit.
(fonte: dati forniti dalla CGIL scuola regionale dellEmilia Romagna nel mese di
aprile 2004, pubblicato nel sito della CGIL Scuola Nazionale)
Il Comitato sottolinea la necessit di aumentare gli insegnanti di sostegno in tutte
le classi, in particolare nella scuola secondaria dove attualmente un alunno
disabile pu disporre di un insegnante di sostegno soltanto per quattro ore
settimanali.
17.Right
to education (arts. 13 and 14). See list of issues, n.31,
E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003: Why,
despite the considerable budgetary allocations to education, there is a
decrease in the number of school population, especially at pre-primary, primary
and lower secondary schools. Is the drop in the birth rate the sole reason for
this decrease? Please indicate whether school attendance by children of immigrants
has reversed this trend.
See list of issues,
n.32, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003: How
serious is the problem of dropouts in the State party, especially at the
secondary level of education, and what effective measures have been taken to
combat it?
a) Decrease
Piuttosto che sulla
diminuzione della popolazione scolastica intendiamo porre laccento sulla
progressiva diminuzione dellimpegno di spesa per finanziare la scuola pubblica
in Italia. I dati forniti dal MIUR (Ministero Istruzione Universit Ricerca)
relativi ad una diminuzione netta degli alunni si sono dimostrati non sempre
attendibili alla luce di un Raffronto tra gli Organici di fatto dei docenti,
nella Scuola primaria, Secondaria di Io e IIo grado del 2003/2004, il
monitoraggio del MIUR, il Decreto L.vo 59 sugli Organici 2004/2005 . La
ricerca, corredata da tabelle relative a Lazio, Toscana, Puglia,
Emilia-Romagna, Sicilia stata condotta dalla Segreteria Regionale della CGIL
Scuola dellEmilia Romagna nellaprile 2004.
Dalla fonte citata si
apprende che unindagine effettuata nelle regioni Emilia- Romagna,
Friuli-Venezia-Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte e Veneto ha evidenziato un
incremento della domanda di tempo pieno pari a 40.403 alunni, con un taglio di
3.241 posti e un aumento complessivo di 48.000 alunni .
In Emilia Romagna la
Direzione Regionale ha dovuto rettificare il numero degli iscritti.
I dati delle ultime
iscrizioni (mese di marzo 2004) hanno fatto registrare un aumento di 10.000
studenti, con un pi di 5.717 alla
secondaria superiore di II grado, a fronte di un taglio in questordine di
scuola , di 326 posti.
( Recentemente- settembre 2004- il MIUR ha dovuto ammettere un aumento
di 50.000 alunni nel presente anno scolastico!!).
Appare evidente che in queste
condizioni non si pu garantire la qualit della scuola pubblica, poich non
saranno soddisfatte le richieste di tempo pieno e tempo prolungato in aumento-
come risulta- in tutte le Regioni del Centro Nord. Tra l'altro non potr
essere garantito il rispetto del Decreto Ministeriale n.331/98 che prevede un
numero massimo di alunni per classe e conseguentemente non saranno
rispettate le norme sulla
sicurezza (Decreto Ministeriale dei Lavori Pubblici del 18.12.75, Legge
N23/96, Legge 626/ 94 ). Nel rapporto governativo, infatti, rilevabile una
riduzione progressiva della spesa per listruzione (dal 16% degli Anni Settanta
al 4% di oggi) che lascia alle Regioni liniziativa di attivare reti di imprese
che dovrebbero offrire ai giovani, in alternativa ad un percorso formativo
nella scuola, prospettive di esperienze lavorative; quindi, da un diritto
violato nascerebbe un incentivo allo scambio fra un sistema formativo e una
sorta di avviamento professionale attualizzato con le nuove tecnologie.
b) Dropouts
Nel campo del diritto allo studio i
dati riportati dal documento governativo (par. 252, 278) registrano una realt
alla quale il Governo tenta di portare rimedio con interventi che, in effetti
ripropongono una logica pre-costituzionale. La dispersione scolastica,
soprattutto nella secondaria superiore non di per s una novit. Le vie
indicate dagli ultimi governi per contrastare gli abbandoni nella secondaria
superiore non differiscono molto fra loro: scuola fino a 18 anni per chi
destinato a raggiungere livelli alti nelle gerarchie sociali, per tutti gli
altri un percorso pi arricchito di formazione professionale. Il precedente
Governo di centro sinistra aveva
innalzato lobbligo in prospettiva di un biennio comune ( lobbligo elevato a 15
anni venne introdotto con la Legge 9/99);la riforma della scuola approvata con
la Legge 30 del 2000 prevedeva appunto un biennio comune, seguito tuttavia da
tre anni di obbligo scolastico da una parte e obbligo formativo dallaltra,
sulla base della Legge 144/99, che prevede vari percorsi, come l'apprendistato,
per un numero anche inferiore a tre anni. Lattuale Governo ha di nuovo abbassato il percorso comune,
limitandolo alla scuola media e ha trasformato lobbligo in un confuso
diritto-dovere, abrogando sia la legge 30 del 2000 che la legge 9 del 1999.
Il diritto di tutti allo studio - per entrambi i
governi - non ha dunque rappresentato un obiettivo da realizzarsi col tentativo
di rendere un percorso scolastico fino a 18 anni appetibile e praticabile per tutti, creando per tutti quelle condizioni previste dagli
standard internazionali e dallart. 3 della Costituzione, ma risulta violato
con la riproposizione del doppio canale, addirittura nel sistema scolastico,
come previsto nella Legge 53/2003 del Ministro Letizia Moratti.
As to foreign students, the causes of the
drop-outs are still different for Italian students and foreign students, in
fact:
Causes of
drop-out by Italian and foreign students (2001)
Causes |
Italian
pupils % |
Foreign pupils % |
Schools results not reached |
57,6 |
47,9 |
Lack of
student commitment |
54,6 |
24,4 |
Lack of interest of the family |
32,3 |
23,0 |
Frequency Inconstant |
24,4 |
24,9 |
Inadequate Teaching methodology |
9,7 |
24,0 |
Lack of integration |
4,3 |
18,2 |
SOURCE: MIUR, Immigrazione,
Dossier Statistico 2002, Roma, pag.184
One of the
greatest problems for foreign students lies in their poor
educational background, as a result of social disadvantage. The rate of
educational backwardness among immigrant children is about 30% in the
elementary school and 56% in the middle school: age group 11-14.
Mother-tongue
cultural intermediaries to help children learn Italian are not yet widely
available and their presence depends on the resources available and commitment
of the local authority.
Il Comitato raccomanda la presenza di un numero sufficiente di mediatori culturali
al fine di aiutare bambini e adolescenti stranieri ad imparare litaliano per
integrarsi presto nella scuola e nella societ italiana.
Serious concerns for the high-rate
of dropouts in upper secondary education were expressed also by the Committee
on the Rights of the Child, in its Concluding Observation on Italy
(CRC/C/15/Add.198, 31/01/2003):educational outcomes for children depend on
their cultural and socio-economic background, and on other factors such as
gender (more girls than boys do obtain a degree in secondary education),
disability, and ethnic origin.
Il
Comitato si unisce
al Committee on the Rights of the Child to recommend that: Italy strengthen
its efforts to curb the rate of dropout in upper secondary education and take
all necessary measures to eliminate the inequalities in educational achievement
between girls and boys and between children from different social, economic or
cultural groups and to guarantee to all children quality education.
Recent school reforms have introduced mandatory training until 18 years
of age. If this regulation were enforced effectively, it would help children
plan for their future professional and personal life. The reforms should be
accompanied by the appointment of a tutor from the Employment Centre to support
children who do not intend to continue their studies and help them to obtain a
professional qualification which will enhance their career opportunities in the
labour market.- Da verificare, Unicef valuta
la stessa cosa in maniera opposta alla Sani.
The Comitato recommends to reinforce and coordinate the tasks and action to be carried out by the
Labour Inspection Agencies and the sanctioning system, as well as School Inspection
Services and to promote measures designed to ensure access to free and
high-quality education for all children.
Gypsy
children in Italian schools.
The number
of children and adolescents from the gypsy community
in the compulsory school age is around 30,000, 19,000 of whom should be
attending primary school, while 11,000 should be attending the scuola media.
However, although Roma and Sinti children are Italian citizens in all respects,
only about 5,100 of them attend primary school and
about 1,700 attend middle schools. The data provided by the Ministry of Public
Education confirm that the rate of school truancy or non-attendance is very
high, 73.2% for elementary schools and 84.6% for middle schools. The decision
to introduce gypsy children into mainstream classes (implemented during the
school year 1965-66) has not resolved the problems, as it has been evidenced by
their sporadic attendance rate and low school performance.
Life in nomadic camps cannot be easily fitted around schooling. Children are
reluctant to go to school partly because they fear they may lose their cultural
identity and partly because they do not recognise the usefulness of school, as
theirs is essentially an oral culture. In consequence, the Italian school
system is not currently capable of providing an effective education for these
children who are often defined as too lively and sometimes do not speak good
Italian. Supportive initiatives are still
limited, in spite of the C.M. no. 207 of 1986 that introduced mandatory education
for gypsy children. Furthermore, given the hostility of the school environment,
their poor results and the fear of failing, these children develop an attitude
of mistrust of both teachers and other children in schools.
(Source:" The rights of
children in Italy. Perspective in the Third Sector. Supplementary Report to
United Nations" del Gruppo di Lavoro per la CRS).
Is there any plan of action at national or local level
to ensure that gypsy children have the opportunity to
participate fully and effectively in school?
Is
there any data on the dropouts disaggregated by nationality, and specifically
by gipsy children?
The Comitato recommends to ensure gypsy children have the opportunity to participate fully and
effectively in school by developing support and action plans which take account
of their culture.
See list of issues,
n.34, E/C.12/Q/ITA/2, 18 December 2003: The State partys report states that
the rights of linguistic and religious minority groups are respected in
education. How these minority rights are actually being
implemented.
a) Rights of religious minority
groups
In materia di difesa dei diritti delle minoranze il
rapporto governativo elenca una serie di iniziative nel campo dellintercultura
ma non considera affatto il problema delle tutela del diritto alla libert di
coscienza delle minoranze.
Per minoranze intendiamo non soltanto i gruppi
portatori di diverse culture e religioni ma anche coloro che, cittadini del
nostro paese, non professano la religione praticata dalla maggioranza.
Il Nuovo Concordato (Legge 121/85) ha introdotto
nella scuola pubblica (statale e
degli Enti Locali) il principio della facoltativit della scelta dellinsegnamento
della religione cattolica. Si passati cos, dal regime di obbligatoriet di
questo insegnamento (Concordato fra Governo Mussolini e Vaticano 1929) a un
regime di libera scelta, in conformit della Costituzione del 1948 che non
prevede alcuna religione di Stato.
Permangono tuttavia gravi violazioni della libert
di coscienza prevista negli artt. 8 e 19 della Costituzione.
Queste, le principali:
LInsegnamento
della Religione Cattolica (IRC), in contrasto col principio di facoltativit,
stato sottoposto a un meccanismo per il quale chi non sceglie lIRC tenuto
tuttavia a dichiarare di non sceglierlo.
LIRC
stato introdotto con il Nuovo Concordato per ben due ore settimanali nella
scuola dellinfanzia, quando la stessa Chiesa cattolica non ritiene di dover
ammettere al catechismo bambini di et inferiore a 6 anni.
la
collocazione dellIRC, rimasta allinterno dellorario scolastico obbligatorio,
ha dato origine a uninfinit di problemi a tuttoggi insoluti. Nonostante tre
sentenze della Corte Costituzionale che sanciscono il diritto al pieno rispetto
della scelta dello studente che non si avvale dellIRC, in realt si assiste a
un assoluto non rispetto di tale diritto. Le materie alternative (se richieste)
non vengono attivate per mancanza di spazi e di denaro, gli studenti che non si
avvalgono dellIRC non vengono fatti uscire dalla scuola, nonostante ne abbiano
diritto, n vengono predisposti spazi dove essi possano dignitosamente
trascorrere quellora. Insomma nella maggior parte dei casi essi si aggirano
tra il banco dei bidelli e i bagni. Spesso, specialmente nella scuola
elementare e media, vengono mandati in altre classi dove giungono da intrusi e
sono costretti a seguire altre lezioni, quando non vengono addirittura invitati
a rimanere nella loro classe per ascoltare un insegnamento rifiutato, ma che, a
detta dei capi di istituto, certo male non fa.
(Elaborazioni di dati desunti da numerose
indagini compiute dal "Comitato Nazionale Scuola e Costituzione" a
partire dallanno scolastico 1986-87)
Dispiace a questo proposito constatare che la
risposta del Governo alla issue 34, mentre espone con chiarezza il nuovo
accordo fra Stato italiano e Chiesa sullinsegnamento della religione cattolica
nelle scuole, non si cura di fatto di verificarne limplementazione.
A questo proposito, lo stesso Comitato ONU per i
diritti del fanciullo, alla fine della procedura d'esame dell'ultimo Rapporto
del Governo italiano sull'attuazione della Convenzione dei diritti del
fanciullo, ha espresso la propria preoccupazione per il fatto che i genitori,
in particolare quelli di origine straniera, non sempre siano consapevoli del
fatto che linsegnamento religioso non obbligatorio. Pertanto alla luce degli
articoli 2, 14 e 29 della CRC, il Comitato ONU, nelle proprie Osservazioni
finali, raccomanda che lo Stato parte vigili sul fatto che i genitori, in
particolar modo i genitori di origine straniera, al momento di compilare le
relative domande, siano consapevoli del fatto che la frequenza
dellinsegnamento della religione cattolica non obbligatoria.
Il Comitato auspica che l'insegnamento della religione cattolica sia collocato fuori
dell'orario scolastico obbligatorio.
b) Rights of linguistic and
religious minority groups
Interventi positivi volti a garantire agli immigrati Rom la fruibilit dei diritti sociali, culturali ed economici sono stati attuati dagli enti locali, principalmente Comuni, e da alcune Regioni. Si assiste, invece, ad una totale mancanza di politiche specifiche da parte del Governo Nazionale, che non ha mai individuato un organo con funzione di coordinamento che sia riferimento per le varie amministrazioni pubbliche a livello centrale, regionale e locale, per le associazioni e gli enti del privato sociale che da anni cercano di garantire il pieno inserimento delle comunit dei Rom e delle comunit dei Rom e Sinti nel tessuto socio-economico italiano.
A ci si aggiunge che nella stesura della legge per
la tutela delle minoranze linguistiche (cfr. L. 482/99), conforme alla Carta
Europea delle Lingue Regionali o Minoritarie, redatta dal Consiglio dEuropa
durante la conferenza di Strasburgo del 5 novembre 1992, i Rom e i Sinti,
inseriti nella prima bozza del testo legislativo, sono stati esclusi da quello
definitivo.
Come risulta dai dati inseriti nel rapporto
governativo, alcuni Enti Locali, il Comune di Roma in particolare, hanno
investito ingenti risorse per finanziare progetti di scolarizzazione rivolti a
minori e adolescenti Rom/Sinti. Una volta acquisita la licenza media, per, la
possibilit di proseguire il percorso formativo diviene reale solo in pochi casi.
Occorre precisare che i ragazzi Rom appartenenti alle famiglie immigrate agli
inizi degli anni settanta e che oggi desidererebbero poter frequentare corsi di
formazione professionale sono in massima parte nati e cresciuti in Italia e
hanno sostanzialmente perso ogni rapporto con il paese di provenienza dei loro
genitori, ma non hanno la possibilit di acquisire la cittadinanza italiana a
causa del regime di jus sanguinis ancora vigente in materia nel nostro paese.
Sul territorio romano le comunit Rom sono
insediate allinterno di campi, alcuni dei quali attrezzati dal Comune, altri
sorti spontaneamente in aree periferiche della citt. La soluzione del campo
sembrava inizialmente ben rispondere allesigenza di vita comunitaria propria
delle popolazioni Rom, ma a distanza di 30 anni dai primi insediamenti una
grossa parte dei rom giunti in Italia diventata stanziale ed ha, quindi,
modificato le proprie esigenze. Anche in questo caso, il governo centrale non
stato in grado di adottare misure adeguate ad assicurare standard abitativi
dignitosi e ha delegato la soluzione delle urgenze abitative agli enti
territoriali, soprattutto i comuni, che ospitano queste comunit sul proprio
territorio, ma che nelle maggior parte dei casi non hanno gli strumenti per
affrontare una simile problematica.
In sintesi, in Italia si assiste ad una
immigrazione di popolazione Rom di lunga data, con un elevato numero di persone
nate e cresciute sul territorio nazionale che, non avendo la possibilit di
regolarizzare la propria posizione, si vedono negati diritti fondamentali quali
listruzione, il lavoro e la casa.
Come il Governo
italiano intende sanare la situazione della popolazione Rom esclusa dalle
tutele riservate alle minoranze linguistiche adottate in conformit alla Carta
Europea delle Lingue Regionali o Minoritarie, redatta dal Consiglio dEuropa
nel 1992?
La Commissione
esorta il Governo italiano a presentare in parlamento un disegno di legge che
emendi la vigente Legge 482/99 reinserendo, come previsto nella proposta
iniziale, il riferimento alle comunit Rom e Sinti e alla loro lingua Roman.
Come il Governo
italiano intende risolvere la problematica di quegli adolescenti rom, nati e
cresciuti in Italia, ma figli di genitori immigrati e privi di regolare permesso
di soggiorno, che si vedono preclusa la possibilit di accedere ai corsi di
formazione professionale?
La Commissione
esorta le autorit italiane ad adottare provvedimenti volti a consentire ai
minori stranieri, figli di genitori non regolari, laccesso alla formazione
professionale.
ALLEGATI
ALLEGATO 1. PROPOSTA DI LEGGE Istituzione
Nazionale Indipendente per i diritti umani. Issue n.2
ALLEGATO 2. DIRITTO ALLA SALUTE: Note,
bibliografia e approfondimenti. Issue n. 28.
ALLEGATO 3. DIRITTO ALLA SALUTE: Salute e
Ambiente: il caso dei rifiuti solidi.
[1]The Committee on the Rights of the Child, in its Concluding observations on Italy
(CRC/C/15/Add.198, 31/01/2003), expressed its concern for the fact that there
is no central independent
mechanism to monitor the implementation of the Convention which is empowered to
receive and address individual complaints of children at the regional and
national levels.
Therefore the Committee recommends that the State party complete its
efforts to establish a national independent ombudsman for children if possible
part of a National Independent Human Rights Institution (See General Comment
No.2 on the role on independent human rights institutions), and established in
accordance with the Paris Principles relating to the status of national
institutions for the promotion and protection of human rights (General Assembly
resolution 48/134) to monitor and evaluate progress in the implementation of
the Convention. It should be accessible to children, empowered to receive and
investigate complaints of violations of child rights in a child-sensitive
manner, and equipped with the means to address them effectively. The Committee
further recommends that appropriate linkage between the national and regional
institutions be developed.
[2] Nel
corso dellattuale legislatura sono stati presentati diversi disegni di legge
per listituzione di un Garante Nazionale per linfanzia, qui di seguito
riportiamo i riferimenti dei disegni di legge (dei quali riportiamo soltanto i
primi firmatari): n. 315 del
31/5/2001 dellon. Mazzuca,
n. 3667 del 10/2/2003 dellon. Buontempo, n.4242 del 30/7/2003 dellon.
Burani Procaccini, n. 2461 del 31/7/2003 del Sen.Gubert, n.2469 del 1/8/2003
del Sen. Rollandin); o Difensore civico del minore o dellinfanzia: n. 695
del 12/6/2001 dellon. Turco; n. 818 del 13/6/2001 dellon. Molinari; n. 1228
del 5/7/2001 dellon. Pecoraro Scanio, n.1916 del 10/1/2003 del Sen. Ripamonti;
o Pubblico tutore n. 1999 del 20/11/2001 dellon. Pisicchio. Queste diverse
definizioni sono utilizzate per definire uno stesso organismo nazionale a
tutela e promozione dei diritti dellinfanzia e delladolescenza.
[3] Non ci si pu certo stupire in proposito
che l'Italia sia l'unico paese in Europa a non rendere disponibili i dati delle
richieste d'asilo e delle relative decisioni prese dalle autorit competenti (
UNHCR, Asylum Levels and Trends in Industrialized Countries, 1 Quarter 2004).