CIR

 

CONSIGLIO ITALIANO PER I RIFUGIATI

Ente morale - Onlus

 

Presidente

GIOVANNI B. CONSO

 

Vice Presidente

ANNEMARIE DUPREĠ

 

Direttore

CHRISTOPHER HEIN

 

Membri del

Comitato Direttivo

 

ACLI

 

ARCI

 

AWR

 

CARITAS ITALIANA

 

CENTRO ASTALLI

 

CGIL

 

CISL

 

COMUNITAĠ S.EGIDIO

 

FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE

 

FONDAZIONE FRANCO VERGA

 

FONDAZIONE MIGRANTES (CEI)

 

UIL

 

UNIONE FORENSE PER LA TUTELA DEI DIRITTI DELLĠUOMO

 

MASSIMO GHIRELLI

 

MASSIMO SARAZ

 

BRUNO TRENTIN

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Accesso allĠoccupazione del richiedente asilo alla luce del D.L. del 10 settembre 2003 n. 276 (Legge Biagi)

 

 

1. Considerazioni Generali

 

1.1.    Il diritto al lavoro  un diritto umano, viene menzionato non solo nella Dichiarazione Universale sui Diritti Umani articolo 23, ma anche nel Patto per i Diritti Economici, Sociali e Culturali del 1966, ratificato dallĠItalia e quindi legge dello Stato. LĠarticolo 6 comma 1 del Patto stabilisce che ogni persona ha il diritto al lavoro. LĠarticolo del Patto stabilisce che eccezioni a questa regola possono essere fatte solamente se previste dalla legge e quando lo scopo esclusivo dellĠeccezione  la salvaguardia del bene comune  in una societˆ democratica. Il diritto al lavoro  peraltro consacrato dallĠarticolo 4 della Costituzione italiana come diritto fondamentale della persona.

1.2.    Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale la normativa interna deve essere interpretata in modo che sia compatibile con gli obblighi assunti dallĠItalia in sede internazionale, innanzitutto con i trattati sottoscritti e ratificati dallĠItalia nonchŽ con il dettato costituzionale.

1.3.    La negazione del diritto al lavoro del richiedente asilo trova unĠunica giustificazione nel fatto che lo status giuridico del richiedente non  ancora definito e il suo diritto di soggiorno  provvisorio in attesa della definizione dello status. Infatti la ragione della presenza del richiedente asilo non  il lavoro bens“ la dichiarata necessitˆ di ottenere protezione dallo Stato italiano

1.4.    In cambio lo Stato deve garantire condizioni di vita dignitose al richiedente per tutto il periodo della procedura , incluso quello necessario della definizione di un eventuale ricorso giurisdizionale. LĠabbandono sociale del richiedente pu˜ costituire, tra lĠaltro, una violazione dellĠarticolo 3 della Convenzione europea sui Diritti Umani in quanto Òtrattamento inumanoÓ (vedi giurisprudenza Corte di Strasburgo).

 

 

 

 

 

 

 

 


1.5.           Sulla base della normativa vigente la protezione sociale del richiedente asilo, da parte dello Stato, consiste esclusivamente nellĠerogazione di un contributo in denaro per un periodo limitato di 45 giorni. Programmi aggiuntivi di accoglienza e assistenza non comprendono la totalitˆ dei richiedenti asilo presenti e non comportano un diritto soggettivo della persona ad ottenere tale assistenza.

1.6.           Il fatto che lĠamministrazione pubblica, nella fattispecie la Commissione Centrale per il riconoscimento dello status di rifugiati, non rispetta, nella prassi, i termini della legge, che prevede la definizione dello status entro 45 giorni dalla presentazione della domanda (D.P.R. 136/90), non  in alcun modo attribuibile al richiedente.

La responsabilitˆ ricade esclusivamente sul Ministero dellĠInterno presso cui  istituita la Commissione Centrale, e quindi sul Governo complessivamente.

1.7.           Seguendo la normativa di numerosi altri Stati dellĠUnione Europea la proposta di legge sul diritto dĠasilo e la protezione umanitaria, attualmente in dibattito alla Camera dei Deputati, sulla base del Testo Unificato, prevede, allĠarticolo 8 comma 7: ÒQualora la Commissione Territoriale non pervenga alla decisione sulla domanda dĠasilo entro sei mesi dalla sua presentazione, il richiedente asilo, ha il diritto a svolgere attivitˆ lavorativa fino alla conclusione della procedura di riconoscimentoÓ.

Trattandosi di un testo unificato tra proposte presentate tanto dalla maggioranza quanto dallĠopposizione, si pu˜ parlare, ancor prima dellĠapprovazione di tale legge di un indirizzo politico espresso da un ramo del Parlamento.

1.8.           La Direttiva UE sugli standard minimi per lĠaccoglienza dei richiedenti asilo, approvata il 27 gennaio 2003 prescrive, allĠarticolo 11, che gli Stati membri devono definire un periodo di tempo durante il quale il richiedente asilo non ha accesso al mercato del lavoro, prescrivendo comunque che il periodo massimo sia un anno. LĠItalia dovrˆ recepire tale direttiva nella normativa nazionale entro febbraio 2005.

 

2.   Il diritto al lavoro del richiedente asilo sulla base della normativa attuale

 

2.1.           La Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status di rifugiato prevede il diritto al lavoro subordinato allĠarticolo 17 e del lavoro autonomo allĠarticolo 18. Tale diritto viene garantito al rifugiato riconosciuto. La Convenzione non si pronuncia in alcun modo sullo status del richiedente asilo. UnĠestensione in via interpretativa dei diritti di cui agli articoli 17 e 18 a beneficio dei richiedenti asilo non  mai stata proposta, diversamente dallĠarticolo 33 (principio di non refoulement) che per la sua stessa natura deve essere applicato non solo nei confronti del rifugiato riconosciuto ma anche nei confronti del richiedente asilo.

2.2.           LĠItalia conosce fin qui una netta distinzione tra normative sui rifugiati e richiedenti asilo, da una parte, e sullĠimmigrato e straniero non comunitario in generale, dallĠaltra.

Per quanto riguarda il richiedente asilo lĠunica legge in vigore allo stato attuale  lĠarticolo 1 della Legge 39/90 (Legge Martelli) e decreti attuativi.

LĠarticolo 1 comma 7 della Legge Martelli prevede il rilascio di un permesso di soggiorno dietro istanza di asilo. Nulla  detto sui diritti inerenti a tale titolo di soggiorno tranne il diritto, appunto, di ricevere, in certe condizioni, un contributo in denari per 45 giorni.

La normativa sullĠasilo, quindi, nŽ include, nŽ esclude lĠoccupazione remunerata del richiedente asilo.

Non sorprende perci˜ che, alla luce di tale vuoto normativo, alcuni Uffici Provinciali del Lavoro, abbiano ammesso i richiedenti asilo allĠiscrizione nelle liste di collocamento. DĠaltra parte, alcune Questure stampano sul permesso di soggiorno per richiedenti asilo Òdivieto di lavoroÓ.

2.3.           Nella prassi prevalente si considera che il richiedente asilo non abbia il diritto di lavoro perchŽ il suo titolo di soggiorno non viene menzionato nŽ allĠarticolo 5 (permesso di soggiorno), nŽ nel Titolo III (Òdisciplina del lavoroÓ) del Testo Unico sullĠimmigrazione (D.L. 286/98), modificato dalla Legge 189/02 (Legge Bossi/Fini).

 

Forse non  realistico contestare questa interpretazione, visto che la legge organica sul diritto dĠasilo dovrˆ chiarire questa materia e dovrˆ essere approvata in tempi relativamente brevi. EĠ comunque da chiedersi se sia legittimo che un ragionamento  basato sulla normativa riferita agli immigrati possa valere per la definizione dello status giuridico del richiedente asilo definito in tuttĠaltra normativa.

 

Si pu˜ comunque argomentare che il vuoto normativo sopra menzionato dovrebbe indurre allĠapplicazione diretta del dettato costituzionale e del Patto sui Diritti Economici e Sociali, ragionamento che porterebbe al diritto di lavoro del richiedente asilo in quanto ÒpersonaÓ, non in quanto a Òcittadino stranieroÓ.

 

 

3.   Le modalitˆ occupazionali della Legge Biagi

 

3.1.           Campo di applicazione

 

LĠarticolo 2 lettera j definisce come ÒlavoratoreÓ: Òqualsiasi persona che lavora o  in cerca di primo lavoroÓ.

Tale definizione prescinde quindi dalla cittadinanza e dal tipo di permesso di soggiorno della persona.

 

3.2.           Finalitˆ

 

Il D.L. 276/03 ha lo scopo di realizzare un sistema efficace e coerente del mercato del lavoro e migliorare le capacitˆ di inserimento professionale dei disoccupati e di quanto sono in cerca di prima occupazione con particolare riferimento alle fasce deboli del mercato del lavoro.

 

3.3.           Fasce deboli e lavoratori svantaggiati

 

Il Decreto non definisce meglio le Òfasce deboliÓ. In cambio definisce il Òlavoratore svantaggiatoÓ in riferimento alla normativa comunitaria, nonchŽ nazionale (articolo 2 lettera k).

Il riferimento alla normativa nazionale  alla Legge n. 381 del 8.11.1991 sulle cooperative sociali, ove, allĠarticolo 4 le Òpersone svantaggiateÓ vengono definite in modo molto restrittivo: invalidi, tossicodipendenti, alcolisti, ex degenti di istituti psichiatrici e simili.

Tutta diversa la definizione nella normativa comunitaria, nella fattispecie, il Regolamento CE n. 2204/02 del 5.12.2002, relativo allĠapplicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di Stato in favore dellĠoccupazione. LĠarticolo 2 lettera f definisce il Òlavoratore svantaggiatoÓ, in netta distinzione dal Òlavoratore disabileÓ, nel modo seguente: Ò qualsiasi persona appartenente ad una categoria che abbia difficoltˆ ad entrare, senza assistenza, nel mercato del lavoro, vale a direqualsiasi persona che soddisfi almeno uno dei criteri seguenti:

i)                      qualsiasi giovane che abbia meno di 25 anni o che abbia completato la formazione a tempo pieno da non pi di due anni e che non abbia ancora ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente;

ii)                     qualsiasi lavoratore migrante che si sposti o che si sia spostato allĠinterno della Comunitˆ o divenga residente nella Comunitˆ per assumervi un lavoro;

iii)                   qualsiasi persona appartenente ad una minoranza etnica di un Stato membro che debba migliorare le sue conoscenze linguistiche, la sua formazione professionale o la sua esperienza lavorativa per incrementare le possibilitˆ di ottenere unĠoccupazione stabile;

iv)                   qualsiasi persona che desideri intraprendere o riprendere unĠattivitˆ lavorativa e che non abbia lavorato, nŽ seguito corsi di formazione, per almeno due anni, in particolare qualsiasi persona che abbia lasciato il lavoro per la difficoltˆ di conciliare vita lavorativa e vita familiare;

v)                     qualsiasi persona adulta che viva sola con uno o pi figli a carico;

vi)                   qualsiasi persona priva di un titolo di studio di livello secondario superiore o equivalente, priva di un posto di lavoro o in procinto di perderlo;

vii)                  qualsiasi persona di pi di 50 anni priva di un posto di lavoro o in procinto di perderlo;

viii)                qualsiasi disoccupato di lungo periodo, ossia una persona senza lavoro per 12 dei 16 mesi precedenti, o per 6 degli 8 mesi precedenti nel caso di persone di meno di 25 anni;

ix)                    qualsiasi persona riconosciuta come affetta, al momento o in passato, da una dipendenza ai sensi della legislazione nazionale;

x)                     qualsiasi persona che non abbia ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente da quando  stata sottoposta a una pena detentiva o a unĠaltra sanzione penale;

xi)                    qualsiasi donna di unĠarea geografica al livello NUTS II nella quale il tasso medio di disoccupazione superi il 100% della media comunitaria da almeno due anni civili e nella quale la disoccupazione femminile abbia superato il 150% del tasso di disoccupazione maschile dellĠarea considerata per almeno due  dei tre anni civili precedenti;

 

Si pu˜ dedurre che la grande maggioranza dei richiedenti rientra in una di queste clausole e quindi pu˜ essere a diritto considerato un Òlavoratore svantaggiatoÓ.

 

Questa conclusione  importante in quanto la Legge Biagi menziona in diversi aspetti la categoria del Òlavoratore svantaggiatoÓ.

 

3.4.           Cooperative sociali

 

La norma sulle cooperative sociali (articolo 14)  inserita nel capo 2 (tutele sul mercato e disposizioni speciali con riferimento ai lavoratori svantaggiati).

LĠarticolo 14 fa riferimento alla Legge n. 381 del 8.11.1991 distinguendo comunque tra Òlavoratori svantaggiatiÓ e Òlavoratori disabiliÓ.

Alla luce del citato Regolamento CE, la Legge n. 381 deve essere interpretata cos“ da includere le tipologie del Òlavoratore svantaggiatoÓ secondo il detto Regolamento.

Il lavoro in cooperativa non presuppone un contratto di lavoro dipendente, bens“ un lavoro in modalitˆ di socio. In mancanza di una menzione di tale tipologia occupazionale nel Testo Unico Immigrazione si deduce che anche uno straniero rientri nei benefici della normativa sulle cooperative sociali sempre e quando sia a) regolarmente soggiornante e b) un lavoratore svantaggiato.

 

Riteniamo quindi che i richiedenti asilo possano far parte di cooperative sociali e intraprendere attivitˆ occupazionali nei settori previsti dalla normativa specifica: agricole, industriali, commerciali o di servizi.

 

3.5.           Apprendistato

 

Gli articoli da 47 a 53 regolano le diverse modalitˆ di contratti di apprendistato: a) per lĠespletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione (articolo 48), riservato a giovani e adolescenti che abbiano compiuto 15 anni, per una durata non superiore a 3 anni e finalizzata al conseguimento di una qualifica professionale; b) apprendistato professionalizzante (articolo 49) per giovani tra i 18 e i 29 anni, per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e lĠacquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali; c) per lĠacquisizione di un diploma o per percosi di alta formazione (articolo 50), per persone tra i 18 e i 29 anni.

 

In assenza di una normativa specifica e considerando la non menzione dellĠapprendistato nel Testo Unico Immigrazione  giˆ adesso opinione prevalente e prassi consolidata che il richiedente asilo possa partecipare a corsi di formazione professionale.

Riteniamo che contratti di apprendistato in tutte e tre le modalitˆ previste dalla Legge Biagi possano includere i richiedenti asilo nellĠottica della loro formazione comunque utile tanto nel caso di una permanenza pi lunga in Italia con status di rifugiato o umanitario, quanto nel caso di un ritorno in patria.

 

3.6.           Contratto di Inserimento

 

Anche lĠinserimento lavorativo, nonchŽ tirocini estivi di orientamento sono compresi nel Titolo VI che complessivamente tratta dellĠavviamento al mercato del lavoro. Il contratto di inserimento, mediante un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del lavoratore, un determinato contesto lavorativo riguarda oltre alle persone tra i 18 e i 29 anni anche altre categorie di lavoratori a rischio di emarginazione occupazionale,  ovvero lavoratori svantaggiati nel senso pi ampio.

Per tale motivo e di nuovo alla luce di una mancata menzione nel Testo Unico Immigrazione riteniamo che anche il contratto di inserimento ai sensi degli articoli da 54 a 59 sia accessibile al richiedente asilo.

 

A maggior ragione questo ragionamento  valido anche per tirocini estivi di orientamento (articolo 60) riservati a giovani iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di ogni ordine e grado con fini orientativi  di addestramento pratico.

Tale tirocinio non deve avere durata superiore a tre mesi e lĠeventuale erogazione di una borsa lavoro non deve superare 600 Euro mensili.

 

3.7.           Prestazioni Occasionali

 

Secondo lĠarticolo 70, prestazioni occasionali di lavoro accessorio sono attivitˆ lavorative rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro per una durata complessiva non superiore a  30 giorni lĠanno e con un compenso complessivo non superiore a 3.000,00 Euro lĠanno.

LĠarticolo 71 comma 1 lettera d menziona esplicitamente lavoratori extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia, nei 6 mesi successivi alla perdita del lavoro.

I settori presso i quali tali prestazioni possono essere svolte vanno dai piccoli lavori domestici, ai badanti, allĠinsegnamento privato supplementare e collaborazioni con enti pubblici e associazioni per lavori di emergenza o solidarietˆ.

Riteniamo senzĠaltro che tali lavori occasionali siano accessibili ai richiedenti asilo.

Loro devono comunicare la disponibilitˆ ai servizi per lĠimpiego delle provincie o ai Òsoggetti accreditatiÓ (agenzia di somministrazione e di intermediazione di lavoro)

 

3.8.           Collaborazioni a progetto

 

Gli articoli dal 61 al 69 trattano dei rapporti di collaborazione su base di progetti specifici o programmi di lavoro. Si tratta sostanzialmente di un concetto pi ristretto alla tradizionale collaborazione coordinata e continuativa. La Legge Biagi colloca tale tipo si contratto tra quello del lavoro subordinato e quello autonomo .

In questo capo della Legge non cĠ menzione alcuna del lavoratore svantaggiato o a rischio di esclusione sociale. Non si applicano quindi le considerazioni sulle altre tipologie contrattuali di cui sopra. La questione se un richiedente asilo sia legalmente intitolato a svolgere un lavoro a progetto deve riferirsi alle considerazioni generali: in mancanza di un esplicito divieto il diritto al lavoro deve considerarsi come diritto della persona in generale.

Il Testo Unico Immigrazione menziona solamente il lavoro dipendente, il lavoro autonomo e il lavoro stagionale e stabilisce le rispettive regole per lĠingresso, rilascio del visto specifico e rilascio del permesso di soggiorno.

Nulla  detto sullĠoccupazione ÒatipicaÓ che include elementi del lavoratore autonomo o subordinato.

Si deve considerare che il contratto di lavoro a progetto  sempre un contratto a tempo determinato e determinabile e di solito stipulato per un periodo di tempo limitato visto il vincolo con un progetto o un programma di lavoro specifico.

La provvisorietˆ del permesso di soggiorno del richiedente asilo non dovrebbe essere di per se un argomento contrario allĠabilitˆ del richiedente per il lavoro a progetto.

Riteniamo quindi che alla luce delle considerazioni generali il richiedente asilo dovrebbe avere il diritto al lavoro a progetto ammettendo che gli argomenti in favore sono pi deboli rispetto alle altre modalitˆ occupazionali previste dalla Legge Biagi. Sarebbe auspicabile ottenere al pi presto una giurisprudenza su questa materia e vogliamo suggerire che il progetto Integ.r.a. se ne faccia promotore.

 

 

 

Dott. Christopher Hein

Direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati