Libro
verde sullÕapproccio della UE alla gestione della immigrazione economica
Riflessioni
e risposte ai quesiti della Commissione Europea
A
cura dellÕARCI
Introduzione
LÕARCI
esprime in questo documento le proprie valutazioni sulle proposte contenute nel
libro verde, sulla base di una esperienza di molti anni e di un lavoro
quotidiano con i migranti presenti in Italia.
Vogliamo
partire da una valutazione molto critica del ruolo che fino ad oggi ha svolto
la UE nel determinare un progressivo restringimento delle vie legali per
lÕammissione sul territorio dei paesi membri.
Ž
prevalsa una politica proibizionista volta a impedire nei fatti gli ingressi
legali, consegnando i migranti nelle mani dei trafficanti di clandestini, o
costringendoli ad escamotage per aggirare le leggi restrittive.
Sono
state parallelamente sviluppate politiche diæ controllo, di repressione e
respingimento, che in molti casi ledono pesantemente i diritti delle persone e
producono condizioni di discriminazioni inaccettabili.
LÕarmonizzazione
europea ¶ avvenuta solo a questo livello, di fatto costituendo un abbassamento
dei diritti dei migranti e quindi dei diritti di tutti coloro che vivono nella
UE.
Al
proibizionismo corrisponde un protezionismo fuori dalla storia, che pone
pesanti condizioni allÕingresso e al soggiorno degli stranieri, favorendo lo
sfruttamento e nuove forme di schiavitÿ.
Appare
altresã ingiustificato e inaccettabile il modello differenziato di legislazione
affermatosi in questi anni, che introduce una discriminazione
istituzionalizzata sulla base dellÕappartenenza nazionale e che ha prodotto un
sistema giuridico specifico per i migranti, con carceri speciali, minori
garanzie e tutele, veri Òmostri giuridiciÓ.
A
questo modello ed a questa cultura politica ci siamo finora opposti e
continueremo ad opporci in tutti i modi possibili.
Speriamo
perù che questo libro verde rappresenti una inversione di tendenza. A partire
dalla nostra esperienza sul campo, vogliamo dare il nostro contributo
allÕanalisi e alla riflessione ribadendo la necessità di introdurre regole
certe per lÕingresso e il soggiorno dei migranti, basate sul principio della
libertà di movimento delle persone.
Diciamo
subito che il documento ha una impostazione troppo utilitarista e non tiene
conto che dietro ogni lavoratore cÕ¶ una persona, con il suo carico di esperienze,
competenze, contraddizioni e con una propria storia. Alle persone vanno
riconosciuti tutti i diritti previsti dalle leggi, dalle Convenzioni
internazionali e dalle Costituzioni democratiche, sia in ambito lavorativo, che
in ambito sociale, culturale e civile, a prescindere dalla loro nazionalitÃ.
LÕassenza,
nel documento, di un adeguato corredo statistico, impedisce una corretta
lettura del fenomeno, la cui analisi rischia di avvenire al di fuori del
contesto reale.
Prevale,
anche dalla formulazione delle domande, la ÒrappresentazioneÓ del fenomeno
dellÕimmigrazione rispetto alla realtÃ.
La
nostra preoccupazione ¶ dunque che il documento proposto dalla Commissione,
seppur aperto a differenti ipotesi, non consenta di risolvere nessuno dei
problemi che hanno impedito fino ad oggi il raggiungimento di un accordo su
questa materia tra i paesi membri.
æ1.
A quale livello di armonizzazione dovrebbe mirare la UE?
1)
Fino a che punto andrebbe sviluppata una politica europea in materia di
immigrazione per lavoro e quale dovrebbe essere il grado di intervento
comunitario in materia?
LÕassenza
di una politica comunitaria in materia di immigrazione per lavoro ha creato
molti problemi a vari livelli.
Il
primo ¶ la progressiva chiusura dei canali di ingresso legale con pesanti
conseguenze per i diritti dei migranti, possibilità di sfruttamento e di
ricattabilità crescenti, e ampio ricorso al lavoro nero.
Il
secondo problema ¶ lÕadozione di soluzioni provvisorie da parte degli Stati
Membri, con il continuo ricorso alle regolarizzazioni e la necessità per i
migranti di procurarsi la Òdocumentazione che risponda alle richieste dei
governiÓ, con conseguenti episodi di corruzione e di ricatto. Questo fenomeno
produce anche spostamenti di irregolari in cerca di regolarizzazione, con
conseguenze disastrose in termini di unità familiare, stabilità del soggiorno e
certezza del diritto.
AllÕassenza
di canali di ingresso legale corrisponde la difficoltà a stabilizzare la
presenza di singoli e famiglie, sempre piÿ sottoposte a barriere burocratiche e
a condizioni difficili da rispettare anche per gli stessi cittadini europei. EÕ
stato calcolato che se gli italiani dovessero rispettare le condizioni poste
dalla legge sullÕimmigrazione per rinnovare il titolo di soggiorno, circa 8
milioni dovrebbero essere espulsi (sulla base sostanzialmente del reddito e
della disponibilità dellÕalloggio).
Per
questo ¶ necessario che la UE intervenga, stabilendo alcune regole comuni di
base, a garanzia dei meccanismi di ingresso legale, della stabilità del
soggiorno (sottraendoli agli umori dei partiti e dellÕopinione pubblica):
lÕintroduzione di una procedura di ingresso unica, il cui asse sia il
riconoscimento della necessità che domanda e offerta di lavoro si incontrino
sul territorio; la separazione tra permesso di soggiorno e condizioni di lavoro
e di reddito, svincolando il titolo di soggiorno per lunga durata a qualsiasi
limitazione; le procedure per lÕaccesso sul territorio nazionale e per il
rilascio del titolo di soggiorno devono essere governate da regole certe, che
diano garanzie di trasparenza e rendano meno difficili i rapporti tra cittadini
stranieri ed enti pubblici, sia nei paesi di provenienza (i consolati e le
ambasciate spesso sono inaccessibili per gli stranieri) che in Europa/Italia,
dove la discrezionalità delle Questure/Prefetture puù dar luogo a soprusi.
In
questo senso ¶ utile sottolineare che ogni limitazione allÕingresso di persone
straniere in cerca di lavoro si traduce in un aumento di clandestini e di
Òlavoro neroÓ e che i traffici di clandestini vengono incrementati e promossi
dalle regole restrittive e dai cosiddetti Ònumeri chiusiÓ o flussi programmati.
Quel che serve ¶ stabilire regole certe su come accedere legalmente in Europa.
2)
La normativa europea in materia di immigrazione dovrebbe mirare ad un quadro
giuridico globale che disciplini tutti i cittadini di paesi terzi che giungono
nell'Unione europea, o dovrebbe concentrarsi preferibilmente su gruppi
specifici di immigrati?
Considerato
il quadro generale a cui si fa riferimento al punto 1), risulta evidente la
necessità di stabilire un quadro di riferimento giuridico comune per quel che
riguarda lÕingresso delle persone straniere nello spazio europeo. Stabilire
norme specifiche per categorie comporterebbe lo sviluppo di un Òmercato
paralleloÓ a quello ufficiale consentito dagli interventi settoriali.
LÕesperienza italiana, soprattutto delle sanatorie di questi ultimi 15 anni,
dimostra infatti che se il governo consente lÕingresso o la regolarizzazione
solo a lavoratori di alcuni settori tutti gli altri sono costretti a
inventarsi, pagandole a caro prezzo, prove dellÕappartenenza a quella categoria
per poter rimanere legalmente sul territorio, e continueranno a lavorare Òa
neroÓ in un altro luogo. Definire quote speciali dÕingresso, o regole
particolari per categoria di lavoratori, porta i datori di lavoro e i
lavoratori a aggirare lÕostacolo, inventandosi falsi rapporti di lavoro. Piÿ
chiara e efficace sarebbe invece una legislazione generale che consenta
lÕingresso legale per ricerca di lavoro, consentendo un rapporto di fiducia e
di convenienza reciproca tra chi vuole emigrare e i paesi di accoglienza.
3)
Se si dovesse scegliere un approccio legislativo settoriale, quali gruppi di
migranti andrebbero scelti prioritariamente e perchÚ?
Alle
motivazioni già esposte nei punti precedenti a sostegno della necessità di un
approccio e di una risposta globale, aggiungiamo che: la scelta di risposte
parziali con ingressi settoriali, necessiterebbe di una capacità di analisi
dellÕintreccio tra i bisogni e le domande del mercato del lavoro e lÕofferta e
le potenzialità dei lavoratori stranieri, difficile da esercitare Òa distanzaÓ
e in una condizione di elevata volubilità del mondo del lavoro. LÕintreccio tra
domanda e offerta di lavoro puù funzionare molto meglio a livello locale, dove
¶ possibile attivare la rete di strumenti e relazioni già presente e operante.
4)
Sarebbe utile analizzare anche altri approcci, come ad esempio una procedura
europea accelerata? Quali altre opzioni potrebbero essere proposte?
Anche
per questa domanda vale quanto detto prima. Le procedure accelerate hanno senso
in un regime con approcci settoriali e/o parziali. Nel caso in cui, come da noi
auspicato, la UE si dotasse di un approccio globale per consentire ingressi
legali per ricerca di lavoro, la presenza di quote stabili di persone straniere
in cerca di lavoro, consentirebbe una risposta adeguata anche a esigenze
particolari, difficilmente prevedibili, del mondo del lavoro.
2.
Procedure di ammissione per l'occupazione retribuita
2.1.
Preferenza per il mercato del lavoro interno
5)
Come si puù garantire che il principio della Òpreferenza comunitariaÓ venga
applicato in modo efficace?
Il
principio della Òpreferenza comunitariaÓ ¶ inaccettabile perchÚ introduce una
discriminazione sulla base dellÕappartenenza nazionale che contrasta con i
principi di uguaglianza e di solidarietà alla base di ogni democrazia, della
Dichiarazione Universale dei Diritti Umaniæ e della Costituzione italiana. EÕ
inoltre applicabile solo formalmente perchÚ non risponde alla condizione del
mondo del lavoro e ai meccanismi di incontro tra domanda e offerta. EÕ un
principio che considera i lavoratori migranti non come persone, ma solo come
Òmanodopera disponibileÓ. Quanto avviene concretamente sul territorio indica la
necessità di meccanismi certi di ingresso legale, come già detto in precedenza.
Se il datore di lavoro cerca un lavoratore straniero, ¶ evidente che non ¶
interessato ad altre soluzioni.æ Non si capisce come, mentre il mondo del
lavoro si modifica velocemente in direzione di una flessibilità in cui prevale
il rapporto diretto tra lavoratore e datore di lavoro, con minori garanzie ed
un rapporto sempre meno mediato dallo Stato e da regole pubbliche, nel caso di
lavoratori stranieri si voglia far prevalere un protezionismo ingiusto, fuori
dal tempo e, nei fatti, inapplicabile.
6)
E' ancora pertinente l'attuale definizione di preferenza comunitaria? In caso
contrario, come andrebbe modificata?
Come
si ¶ già detto il concetto di preferenza comunitaria ¶ antistorico e
inapplicabile. Alimenta il lavoro Òin neroÓ, in attesa di trovare una strada
per aggirare lÕostacolo rappresentato dal Òdiritto di prelazioneÓ. Infatti il
datore di lavoro che ha già individuato sul territorio un lavoratore adeguato
alle sue esigenze difficilmente assumerà un altro lavoratore. Sarà quindi
costretto a dichiarare il falso per arrivare ad assumere il lavoratore
prescelto. La preferenza comunitaria ¶ con evidenza una scelta ideologica, non
applicabile e ingiusta, che per queste ragioni va contrastata.
7)
A quali altri migranti per motivi economici (a prescindere dai distacchi
intrasocietari) non si dovrebbe applicare la logica della preferenza
comunitaria?
Vale
quanto finora detto sulla preferenza comunitaria in generale.
8)
A prescindere dai residenti di lungo periodo, a quali categorie di cittadini di
paesi terzi Ð se ve ne sono Ð andrebbe accordato un trattamento preferenziale
rispetto ai lavoratori stranieri giunti solo di recente?
Il
trattamento preferenziale introduce elementi di discriminazione inaccettabili
anche nel caso di categorie di stranieri già presenti. Solo nel caso di
discriminazione positiva, stabilita per legge e per particolari categorie
svantaggiate, potrebbe essere utile introdurre tale trattamento, tenendo conto
che in tal caso il regime di discriminazione positiva dovrebbe essere regolato
su categorie non di appartenenza nazionale, ma su categorie sociali
individuabili sulla base di discriminazioni note e documentabili.
9)
Si dovrebbe concedere un diritto di priorità Рa precise condizioni Рai
cittadini di paesi terzi che hanno temporaneamente lasciato l'Unione europea
dopo avervi lavorato per un determinato periodo?
Vale
quanto su detto sul diritto di prioritÃ. Inoltre va anche considerato il fatto
che questo diritto contrasta, se non regolato come discriminazione positiva,
con le stesse regole del mercato.
10)
Semplificare la mobilità dei lavoratori di paesi terzi da uno Stato membro ad
un altro apporterebbe vantaggi all'economia dell'Unione e ai mercati nazionali
del lavoro? Come si potrebbe mettere in pratica tutto ciù in maniera efficace?
Con quali limitazioni/agevolazioni?
Per
quanto riguarda i cittadini di paesi terzi, ¶ opportuno prendere in
considerazione il principio di uguaglianza e di non discriminazione, che non
consente, anche in questo caso, di dare risposte parziali. Viene ancora una
volta proposta una idea utilitarista e mercantile delle persone che noi
respingiamo.
11)
Come possono, i servizi pubblici dell'occupazione (SPO) e il portale della
mobilita' occupazionale di EURES 11 , contribuire ad agevolare la migrazione
della manodopera proveniente da paesi terzi?
Anche
questa domanda sottintende una capacità di previsione e di analisi dellÕintreccio
tra domanda e offerta che non corrisponde alla realtÃ. Inoltre ¶ bene ribadire
che lÕipotesi di programmazione dei flussi in questo caso verrebbe aggirata con
la produzione di percorsi fittizi in funzione di ingressi legali e la parallela
crescita di rapporti di lavoro illegali.
2.2.
Sistemi di ammissione
12)
L'ammissione di cittadini di paesi terzi al mercato del lavoro della UE va
esclusivamente subordinata ad un effettivo posto di lavoro vacante o andrebbe
concessa agli Stati membri la possibilità di ammettere cittadini di paesi terzi
anche in assenza di tale requisito?
LÕandamento
della domanda di manodopera nel mercato del lavoro appare difficilmente
utilizzabile, se non nelle sue linee generali, per la programmazione dei flussi
e in particolare il meccanismo di ammissione basato sulla disponibilità di un
posto vacante non ¶ realistico. Esso infatti prevede una chiamata nominativa
diretta da parte del datore di lavoro, finalizzata allÕingresso di uno
specifico lavoratore che vive da unÕaltra parte del mondo. Si tratta cio¶ del
meccanismo del collocamento a distanza su base planetaria, che ha giÃ
dimostrato di non essere attuabile. Infatti, negli ultimi anni, la modifica del
processo di orientamento, formazione e avviamento al lavoro ¶ stata pesante e
strutturale. Utilizzare oggi il collocamento come sistema principale
dellÕavviamento al lavoro degli stranieri, con la complicazione che il
lavoratore si trova allÕestero, ¶ con tutta evidenza una strada poco
percorribile. Per queste ragioni lÕammissione solo in presenza di un posto di
lavoro vacante, non risponde alla necessità di favorire lÕemersione del lavoro
nero e la diminuzione della clandestinitÃ.
æ13)
Quale procedura va applicata ai migranti per motivi economici che non entrano
nel mercato del lavoro?
La
procedura deve garantire parità di trattamento con gli altri lavoratori, per
evitare che si produca un abbassamento del livello dei diritti di tutti i
lavoratori e un processo di discriminazione che creerebbe fratture nel mondo del
lavoro, chiusure identitarie e conflitti sociali di cui nessuno puù prevedere
gli sviluppi. LÕuguaglianza delle garanzie e delle retribuzioni eviterebbe
anche lÕintroduzione di una idea di Ògabbie salarialiÓ con livelli di tutela
inferiori che avrebbe un impatto devastante sul mondo del lavoro e sulle
relazioni sindacali.
14)
La prova della necessità economica ¶ da ritenersi un sistema efficace? Andrebbe
applicata in modo flessibile, tenendo conto, ad esempio, delle caratteristiche
regionali e settoriali, o delle dimensioni dell'impresa in questione?
Come
già detto la prova della necessità economica non ¶ da ritenersi per niente
efficace nellÕntreccio tra domanda e offerta di lavoro, e quindi nel processo
di ammissione, perchÚ basata su una non veritÃ, ossia che possa funzionare il
collocamento planetario!
15)
E' opportuno stabilire un periodo minimo in cui va pubblicato un annuncio di
lavoro prima che possa essere preso in considerazione un candidato proveniente
da un paese terzo?
Vogliamo
ribadire su questo punto che, maggiori sono gli ostacoli frapposti allÕingresso
legale dei migranti, maggiore sarÃæ la forza di attrazione dei percorsi di
accesso clandestino o che comunque portino alla irregolarità nel giro di poche
settimane (ingresso per turismo, per lavoro stagionale, eccÉ).
16)
In quale altro modo si puù efficacemente dimostrare che sia necessario assumere
un lavoratore proveniente da un paese terzo?
Bisogna
sottolineare il fatto che se un datore di lavoro chiama un lavoratore straniero
¶ evidente che non ne ha trovato un altro ÒnazionaleÓ, o che lo trova piÿ
ÒconvenienteÓ. Infatti la chiamata di un lavoratore straniero avviene
attraverso procedure lunghe, laboriose e costose ed ¶ quindi improbabile che un
datore avvii tale procedura se non ha prima verificato altre strade. La
dimostrazione della necessità di un lavoratore straniero discende dalla
richiesta che ne viene fatta da parte di un qualsiasi datore di lavoro. Rimane
in ogni caso la necessità di dare priorità al meccanismo di incontro tra
domanda e offerta, ossia la necessità di superare la chiamata a distanza.
17)
La prova della necessita' economica andrebbe ripetuta alla scadenza del
permesso di lavoro, nel caso in cui il contratto di lavoro Ð in virtu' del
quale il lavoratore straniero e' stato ammesso nell'Unione Ð e' stato/sara'
rinnovato?
Si
tratta di una domanda che presuppone una idea tutta strumentale della presenza
di lavoratori stranieri nella UE. Che una persona che lavora e vive nella UE
debba essere ripetutamente sottoposta a Òprove di utilità economicaÓ ¶ un
concetto da respingere. Subordina i diritti delle persone alle esigenze del
mercato in una condizione di nuova schiavitÿ. Sancisce lÕesistenza di una
Òcittadinanza inferioreÓ nella nostra societÃ, cittadinanza temporanea per
definizione e dipendente sempre dal rapporto di lavoro, che renderebbe piÿ
debole la democrazia per tutti
18)
Quali altri sistemi facoltativi potrebbero essere contemplati?
Ž
auspicabile lÕintroduzione di condizioni piÿ favorevoli che consentano
lÕingresso legale di stranieri nella UE, tuttavia ¶ evidente che queste
condizioni non possono rappresentare in alcun modo regole per scegliere gli
immigrati che ci piacciono. Se cosã fosse si introdurrebbe un principio di
discriminazione - già peraltro operante in singoli stati membri e in alcuni
provvedimenti della UE - poco coerente con le norme del diritto internazionale,
con la Carta di Nizza e con molte delle Carte Costituzionali dei paesi membri.æ
19)
Un sistema di selezione puù fungere da eventuale regola generale a livello UE
per ammettere i migranti per motivi economici al mercato del lavoro e quali
dovrebbero essere i requisiti pertinenti?
Fermo
restando il principio che condizioni piÿ favorevoli sono auspicabili in una
situazione di ÒproibizionismoÓ sugli ingressi di nuovi migranti, rimane il
giudizio negativo su una modalità di selezione che non tenga conto
dellÕefficacia, nonostante i limiti che puù avere, di un sistema di incrocio
tra domanda e offerta di lavoro che parta dal territorio.
20)
Come possono i datori di lavoro avere accesso ai CV dei candidati a livello UE
e come andrebbe rafforzato EURES in tale contesto?
Un
sistema di collocamento a distanza, anche se per alcune categorie privilegiate,
presenta gli stessi limiti di cui si ¶ già detto ed ¶ quindi da contrastare in
generale, a meno che esso non rappresenti comunque un miglioramento rispetto
alla condizione di chiusura totale dellÕattuale sistema.
21)
Andrebbe prevista la possibilità di concedere un "permesso per le persone
in cerca di occupazione"?
Questa
oggi ¶ lÕunica possibilità per cambiare radicalmente la legislazione vigente
nella UE in materia di ingressi e che costringe la gran parte dei migranti ad
entrare clandestinamente o comunque ad aggirare le leggi.
Come
si ¶ già detto infatti lÕincontro tra domanda e offerta di lavoro avviene in
maniera efficace e trasparente solo sul territorio e non a distanza.
Il
collocamento a distanza comporta, come dimostrano i dati sugli ingressi e sulle
sanatorie in Italia dal 1986 ad oggi, un periodo di presenza illegale e poi un
ritorno nel Paese dÕorigine per ottenere il visto dÕingresso, con grande spreco
di energie e risorse. Questo meccanismo rappresenta un ostacolo vero
allÕimmigrazione legale.
Una
normativa che consentisse di ottenere un visto e un permesso per ricerca di
lavoro in primo luogo diminuirebbe il numero dei Òmorti da frontieraÓ e inoltre
abbasserebbe i costi sostenuti dai governi per le espulsioni e per tutto
lÕapparato di controllo e repressione della clandestinitÃ, costi che oggi
rappresentano la voce piÿ alta di spesa in materia di immigrazione nei bilanci
degli stati e della UE (nel solo 2003 in Italia, secondo la Corte dei Conti, su
203 milioni di euro stanziati dal governo, 38 sono stati spesi per politiche di
sostegno e 165 per politiche di contrasto allÕimmigrazione).
Un
permesso di soggiorno per ricerca di lavoro dovrebbe durare almeno 6/12 mesi.
Inoltre si deve tener conto che oggi si accede al mondo del lavoro perlopiÿ con
lavori precari e temporanei. Le condizioni per il rinnovo e per stabilizzare la
presenza dovrebbero quindi non prescindere da questa realtÃ.
Infine
lÕintroduzione di questo tipo di permesso di soggiorno dovrebbe essere
accompagnato dal superamento delle quote e dei numeri chiusi, che rappresentano
soltanto un ostacolo alla libertà di movimento.
3.
Procedure di ammissione per il lavoro autonomo
22)
L'Unione europea dovrebbe disporre di norme comuni in materia di ammissione di
lavoratori autonomi di paesi terzi? Se si', quali dovrebbero essere le
condizioni?
Anche
in questo caso valgono le analisi fatte per il lavoro subordinato. Le
condizioni di ingresso piÿ sono rigide e lontane dalla realtÃ, piÿ spingono
verso ingressi clandestini o ad aggirare le leggi.
Vale
quindi la considerazione che regole specifiche comuni in materia di ingresso di
lavoratori autonomi, hanno un senso solo se consentono un miglioramento
dellÕattuale condizione di proibizionismo e se tengono conto della varietà dei
possibili lavoratori autonomi. Ad esempio ¶ bene prendere in considerazione il
fatto che buona parte dei nuovi lavori sono assimilati al lavoro autonomo ma
che nei fatti si tratta di lavoratori dipendenti (ad esempio nel caso
dellÕItalia i lavoratori cosiddetti atipici).
In
particolare va sottolineato che la capacità di Òfare impresaÓ di un lavoratore
straniero non dovrebbe essere penalizzata dallÕimposizione di regole e
condizioni diverse da quelle in vigore per un lavoratore italiano. Ponendo
infatti ostacoli concreti alla possibilità di ingresso come lavoratori autonomi
si produce una spinta allÕingresso clandestino, con il determinarsi, tra
lÕaltro, di unÕarea di commercio e lavoro parallela che ha influenze negative
per tutto il sistema economico.
23)
Dovrebbero essere previste eventuali procedure piÿ flessibili per l'ammissione
nell'Unione di lavoratori autonomi per un periodo inferiore a 12 mesi al fine
di portare a termine un contratto specifico concluso con un cliente
comunitario? Se sã, quali?
Su
questi punto ribadiamo quanto già detto. Aggiungiamo che una procedura adeguata
al tipo di contratto sarebbe auspicabile soltanto se introducesse condizioni
migliori per il lavoratori a progetto, per i contratti di collaborazione e per
ogni altro tipo di contratto atipico.
4.
Domande di permesso/i di lavoro e di soggiorno
24)
Dovrebbe esserci a livello UE un "permesso di lavoro-soggiorno"
combinato? Quali sarebbero i relativi vantaggi/svantaggi? O si dovrebbe invece
proporre una domanda unica (per entrambi i permessi di lavoro e di soggiorno)?
Ci sono altre alternative?
æ
LÕidea
di un unico permesso potrebbe sembrare una semplificazione e, a certe
condizioni, potrebbe esserlo. Tuttavia va notato che già oggi il legame tra
permesso di soggiorno e permesso per lavoro ¶ sostanzialmente indissolubile. I
casi in cui ad un permesso di soggiorno di lunga durata non corrisponde un
permesso per lavoro sono limitatissimi (ricongiungimento familiare, studio e,
nonostante si tratti di materia diversa dallÕimmigrazione, tutti quei permessi
che rientrano nella categoria del diritto dÕasilo). Di fatto quindi la
combinazione permessi di soggiorno/lavoro ¶ già operante. Oggi si tratta al
contrario di separare il diritto allÕingresso e al soggiorno dal permesso di
lavoro. La cosa ¶ possibile introducendo un permesso di soggiorno per ricerca di
lavoro, e prevedendo la possibilità di modificare nel tempo i motivi del
soggiorno (passaggio da una categoria di soggiorno ad un'altra), fino
allÕacquisizione di un diritto di soggiorno Òsenza condizioniÓ dopo un certo
numero di anni (soggiorno di lunga durata) di residenza in Europa.
5.
Possibilità di cambiare datore di lavoro/settore
25)
Dovrebbero essere previste limitazioni alla mobilità dei cittadini di paesi
terzi all'interno del mercato del lavoro dello Stato membro di residenza? In
caso affermativo, quali (relative al datore di lavoro, al settore, alla
regione, ecc.), in quali circostanze e per quanto tempo?
A
nostro parere non dovrebbero esistere limiti di alcun genere nella mobilitÃ
interna alla UE e ancor piÿ allÕinterno di singoli stati, nÚ tanto meno
dovrebbero esserci limiti alla mobilità intersettoriale. LÕidea di imporre dei
limiti non risponde a nessuna esigenza concreta ma piuttosto alla volontà di
introdurre un protezionismo fuori dalla storia e che non tiene conto della realtÃ
del mercato del lavoro. Inoltre va sottolineato che in molti casi porre limiti
alla mobilità vuol dire introdurre di fatto forme di dipendenza del lavoratore
dal datore di lavoro, intollerabili in democrazia e per un corretto rapporto
tra le parti.
26)
Chi dovrebbe essere titolare del permesso: il datore di lavoro, il lavoratore o
entrambiæ (permesso congiunto)?
Il
titolare del permesso di soggiorno deve essere necessariamente il lavoratore,
trattandosi di un documento dal quale dipende la sua vita nel paese di
residenza. In caso contrario si introdurrebbe una dipendenza assimilabile ad una
nuova forma di schiavitÿ, incompatibile con il diritto nazionale,
internazionale ed europeo.
6.
Diritti
27)
Quali diritti specifici dovrebbero essere concessi ai cittadini di paesi terzi
che lavorano temporaneamente nell'Unione?
Non
cÕ¶ alcun motivo accettabile che la persona a cui ¶ stato consentito lÕingresso
in un paese dellÕUE abbia Òdiritti inferioriÓ. La discriminazione su base
nazionale, anche se non vietata dalle direttive specifiche della UE, appare
ingiustificata e incompatibile con le idee di uguaglianza, libertà e
solidarietà che sono alla base di tutte le Costituzioni della UE e dello stesso
Trattato Costituzionale Europeo.
In tal
senso ¶ importante riconoscere parità di diritti ad ogni persona che risiede
nello spazio della UE, introducendo una nuova forma di cittadinanza europea,
legata alla residenza e non alla nazionalitÃ. Tutte le persone che vivono nella
UE infatti contribuiscono allo stesso modo alla costruzione del futuro delle
comunità locali. Con il loro lavoro, la loro presenza, le loro culture sono una
parte essenziale della UE, anche se hanno una nazionalità extra UE. Ad esse va
quindi riconosciuta parità di diritti, in quanto persone, con i cittadini degli
stati membri, a partire dal diritto di voto, senza il quale una parte
importante della popolazione rimane esclusa dal processo di produzione
democratica delle decisioni.
28)
Il godimento di determinati diritti dovrebbe essere subordinato ad un soggiorno
minimo?æ In caso affermativo, quali diritti e per quale periodo minimo?
In
generale non ci dovrebbero essere limitazioni al godimento dei diritti, se non
la certezza di un legame con il territorio, che puù essere dato dalla
residenza, cosã come già avviene per la gestione delle migrazioni interne ai
Paesi della UE. Si puù dunque affermare che le regole previste per le persone
di nazionalità di uno dei paesi membri dovrebbero valere anche per coloro che
provengono dallÕesterno della UE.
Non
deve essere invece prevista nessuna limitazione per gli interventi
assistenziali, sanitari, di tutela e protezione delle persone, riconducibili ai
diritti umani, che devono essere slegati dalla condizione giuridica ed estesi
anche agli irregolari. Particolare attenzione va inoltre riservata ad alcune
categorie, come le donne nel periodo pre e post parto, le persone vittime di
violenze, i minori e tutti quei casi che rimandano al diritto dÕasilo. Il
principio della differenziazione dei diritti a seconda della durata del
soggiorno contrasta con i valori che stanno alla base di ogni democrazia.
29)
Dovrebbero esservi incentivi Ð ad es., condizioni migliori per il
ricongiungimento familiare o per ottenere lo status di residente di lungo
periodo Ð per attirare determinate categorie di lavoratori di paesi terzi? In
caso affermativo, per quale motivo e di quali incentivi dovrebbe trattarsi?
In
generale andrebbero incentivati i progetti di immigrazione di lungo periodo, che
prevedono una stabilità delle personeæ e delle famiglie. Questa ¶ la condizione
per una politica di sviluppo delle comunità locali, di valorizzazione delle
potenzialità di tutti i residenti, di crescita armonica di una realtÃ
territoriale a cui ogni componente sociale deve sentire di appartenere a pieno
titolo, mentre una situazione di precarietà non consentirebbe una
partecipazione attiva.
LÕincentivo
piÿ efficace a stabilirsi in una realtà territoriale per una persona, una
famiglia o un gruppo ¶ quella di riconoscere una parità non formale di diritti
con gli altri membri della comunitÃ.
7.
Misure di accompagnamento: integrazione, rimpatrio e cooperazione con i paesi
terzi
30)
Quali misure di accompagnamento andrebbero previste per agevolare l'ammissione
e l'integrazione dei migranti per motivi economici, sia nell'Unione che nei
paesi d'origine?
La
condizione giuridica dei migranti nella UE, benchÚ molto diversificata nei
diversi paesi membri, ¶ caratterizzata da una minore possibilità di accesso ai
diritti, a cui corrisponde uno status sociale, politico e civile certamente
discriminato. Le misure di accompagnamento per lÕammissione e lÕintegrazione
dovrebbero tendere ad abbassare progressivamente il livello di discriminazione.
Queste misure dovrebbero riguardare soprattutto gli ambiti che piÿ
contribuiscono a determinare lÕesclusione sociale dei migranti: casa, lavoro e
formazione. In questi ambiti si dovrebbe intervenire per costruire condizioni
di parità reali e non formali tra migranti e autoctoni e per consentire una
integrazione nelle comunità locali che parta dal riconoscimento delle
potenzialità delle persone. Va evitato che alcuni di quelli che sono diritti
per i cittadini dei paesi membri si trasformino in doveri per i migranti. In Italia
ad esempio il diritto alla casa, sancito dalla Costituzione, per i migranti ¶
diventato un dovere, nel senso che il rinnovo del loro permesso di soggiorno ¶
legato alla qualità dellÕabitazione che deve corrispondere a determinati
parametri. Si ¶ calcolato che, se i cittadini italiani fossero sottoposti alle
stesse regole previste per i rinnovi dei permessi di soggiorno degli stranieri,
in 8 milioni dovrebbero essere espulsi.
La
formazione, linguistica o professionale, dovrebbe avvenire nella UE e non nei
paesi dÕorigine. LÕidea della formazione nei paesi dÕorigine risponde solo ad
una esigenza tutta ideologica di far arrivare in Europa persone utili e
pertanto già formate. In realtà in questo modo si spende di piÿ perchÚ non si
utilizzano le reti economiche, sociali e formative già disponibili e lÕattivitÃ
formativa ¶ meno efficace perchÚ scissa dal contesto in cui lo straniero
dovrebbe avviare una attività lavorativa.
Per
queste ragioni ogni progetto di formazione professionale o linguistica va
attuato nel territorio dÕarrivo. EÕ risaputo che una lingua si apprende meglio
e piÿ velocemente se si vive nel paese dove quella lingua ¶ parlata.
31)
In linea con le politiche dell'UE per lo sviluppo, cosa potrebbe fare l'UE per
incoraggiare la circolazione dei cervelli e prevenire le conseguenze
potenzialmente negative della fuga di cervelli?
Molto
spesso dietro al timore sulla Òfuga dei cervelliÓ si maschera la volontà di
stabilire regole per disincentivare lÕemigrazione. LÕemigrazione, con il suo carico
di storie, idee e intelligenze ¶ invece, come dimostrato anche dallÕesperienza
degli uomini e delle donne che dallÕEuropa sono partite in cerca di fortuna nel
XIX e XX secolo, uno dei principali motori delle sviluppo di un paese in
difficoltÃ. Infatti, sia attraverso le rimesse, che per molti paesi
rappresentano la voce dÕentrata di gran lunga principale, sia per la
circolazione di idee e persone, che rappresenta una ricchezza per la societÃ
dÕarrivo come per quella di partenza, si costruiscono le condizioni per un
cambiamento.
32)
I paesi in via di sviluppo dovrebbero ricevere una compensazione (da chi e in
che modo)æ per gli investimenti effettuati nel capitale umano che in seguito
partira' per lavorare nell'UE? Come si possono circoscrivere gli effetti
negativi?
Oggi
il trasferimento di risorse avviene dai paesi poveri a quelli ricchi, sia con
il meccanismo capestro degli interessi sul debito dei paesi poveri, sia con le
regole imposte dagli organismi economici internazionali. Tutto quello che va
nella direzione di invertire questo processo ¶ benvenuto. Ci sembra quindi
prioritario intervenire sulle macrovoci nellÕambito dei rapporti economici tra
stati. Tuttavia un intervento che valorizzi i percorsi di formazione e le
intelligenze che emigrano dai paesi poveri potrebbe svolgere un ruolo positivo,
anche culturalmente, a condizione che non si trasformi in un ostacolo
allÕemigrazione. Vale cio¶ sempre il ragionamento per cui bisogna impedire che
i diritti e i vantaggi si trasformino, nel caso di lavoratori stranieri, in
doveri o svantaggi.
33)
I paesi d'accoglienza e d'origine dovrebbero avere l'obbligo di garantire il
ritorno dei migranti per motivi economici giunti a lavorare nell'UE solo
temporaneamente? In caso affermativo, in che modo?
Non
appare necessario, se non per aumentare ostacoli e burocrazia, introdurre
obblighi di questo tipo. Sarebbe invece utile istituire un fondo attraverso il
quale possano essere garantite le risorse per i rientri volontari dei migranti
in difficoltà o delle persone decedute.
34)
Come si puù gestire il rimpatrio a vantaggio reciproco dei paesi d'accoglienza
e d'origine?
Le
iniziative di cooperazione decentrata, nelle quali siano promotori e
protagonisti i territori e le comunità locali, potrebbero trarre vantaggio
dallÕesperienza dei lavoratori migranti. Rimane fondamentale in questo
contesto, come negli altri su citati, la volontarietà del rientro.
35)
Si dovrebbe concedere ad alcuni paesi terzi un trattamento preferenziale in
termini di ammissione e in che modo?
Le
condizioni di accesso sul territorio dellÕUE non dovrebbero prevedere alcun
tipo di differenziazione. LÕimmigrazione ¶ infatti un fenomeno sociale che
riguarda certamente i rapporti tra stati, ma che ¶ determinato dalla volontÃ
delle singole persone di migliorare la propria vita. Per questo la
differenziazione positiva per alcuni, sulla base di accordi fra governi,
rappresenterebbe per altri una discriminazione inaccettabile.
36)
Questi trattamenti preferenziali potrebbero essere legati a dei contesti
particolari, quali ad esempio la politica europea di prossimita' o le strategie
di pre adesione?
Vale
il ragionamento svolto in precedenza. Ž evidente perù che una politica di
avvicinamento verso i paesi destinati ad aderire allÕUE ¶ cosa diversa dai
trattamenti preferenziali in tema di politiche dellÕimmigrazione.
Conclusioni
La
volontà espressa dalla Commissione di avviare, sulla base di questo libro
verde, una ampia consultazione sul tema dellÕammissione dei migranti per motivi
economici, rappresenta un passo avanti nella discussione politica finora
condotta dai governi della UE.
Quanto
era stato scritto nel documento di Tampere dellÕottobre 1999, non ha trovato
finora riscontro e questo libro verde potrebbe essere lÕoccasione per aprire un
confronto positivo con le parti sociali, i soggetti organizzati della societÃ
civile, gli esperti e i migranti in prima persona.
Ž
nostra convinzione che la Commissione dovrebbe favorire il protagonismo dei
migranti, nelle loro forme organizzate e non solo. Per questo ci sembra
indispensabile un coinvolgimento delle reti europee, ma soprattutto di Regioni
ed enti locali, che piÿ direttamente possono acquisire pareri e idee dalle
persone straniere che risiedono sul loro territorio.
Riguardo
ai contenuti del libro vorremmo in conclusione ribadire i punti centrali del
nostro ragionamento.
La
prima questione riguarda la necessità di armonizzare le politiche europee in
materia di ammissione dei migranti economici puntando ad una modifica
strutturale delle politiche nazionali ed europee fin qui adottate. Se la
discussione e il confronto rimangono ancorati ai presunti interessi dei singoli
governi, che riportano questa materia su un terreno proibizionista e
protezionista, non si farebbe un solo passo avanti.
Se
invece il confronto parte dalla necessità di aprire vie di accesso legali,
riconoscere uguaglianza e certezza dei diritti, dare stabilità al soggiorno, il
libro verde potrebbe avviare un processo positivo per la democrazia della UE.
In
questo senso ¶ utile ribadire che ogni condizione posta per lÕammissione, ogni
intervento settoriale e ogni preferenza a particolari categorie o aree
geografiche, non farebbero che introdurre ostacoli agli ingressi legali e
discriminazioni che non porterebbero alcun miglioramento nellÕattuale
condizione di esclusione sociale che vivono i migranti in Europa.