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RAPPORTO INTEGRATIVO
PER L’ANNO 2004 SULLO STATO DEL DIRITTO ALLA CASA IN ITALIA PRESENTATO AL COMITATO DELLE NAZIONI
UNITE PER I DIRITTI ECONOMICI, SOCIALI E
CULTURALI. 33A SESSIONE Ginevra, 8-26 Novembre 2004 Realizzato in collaborazione con: Unione Inquilini International Alliance of Inhabitants Centre of Housing Right and Eviction Segreteria nazionale Unione Inquilini Via Cavour, 101- 00184 Roma- Italia tel. ++39 064745711-483860 -67604442 e-mail: segr.naz@unioneinquilini.it INDICE 1. Introduzioone 3 2. Minacce di sfratto 3 2.1.
Numero delle famiglie
colpite dagli sfratti 3 2.2. Breve descrizione della condizione sociale
ed economica delle famiglie 4 2.3. Origini e storia del caso ed informazioni
essenziali sugli aspetti legali 5 2.3.1. L’equo
canone: la fine del blocco dei contratti 5 2.3.2. I patti in deroga: la diminuzione
della durata legale dei contratti 5 2.3.3. Sentenza n.
309/96 della Corte Costituzionale: meno protezione legale per gli inquilini 5 2.3.4. La nuova legge delle
locazioni: libera negoziazione dei contratti 6 2.3.5. Il fallimento della L. 431/98:
il ritorno dei canoni illegali e degli sfratti 6 2.3.6. Perché gli
sfratti violano la legalità 6 2.3.7.
Le violazioni del Patto
Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali 6 2.4.
Cause, ufficiali o meno,
degli sfratti 8 2.5. Soggetti che chiedono gli sfratti 8 2.6. Le risposte alla crisi degli sfratti 8 2.6.1. Le
risposte del Governo 8 2.6.2.
I Comuni danno risposte
differenziate 8 3. Le
discriminazioni degli immigrati nell’accesso all’abitazione 9 3.1.
Le
discriminazioni nell’accesso all’edilizia privata 9 3.2. Le discriminazioni nell’accesso
all’edilizia sociale pubblica 10 4. Richieste al Comitato PIDESC
dell’ONU 10 Tavole Tav.
1 - Tipologia delle famiglie in affitto 3 Tav. 2 – Procedure di sfratto immobili ad uso
abitativo (1983-2002) 4 Tav.
3 – Classi di reddito delle famiglie in affitto – settore locativo privato e
pubblico 4 Tav.
4 – Distribuzione delle famiglie in affitto per tipologia urbana 4 Tav.
5 – Incidenza dell’affitto sul reddito per tipologia di reddito 4 Tav.
6 – Motivazioni degli sfratti per anno 8 1. Introduzione Nel Dicembre
1992, in occasione della 7a sessione del Comitato ONU per i diritti economici,
sociali e culturali, Habitat International Coalition e l'Unione Inquilini
presentarono un Rapporto sullo stato del diritto alla casa in Italia, poiché
nel rapporto periodico del governo italiano non veniva menzionata
l'applicazione dell’art.11.1 del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali
(PIDESC). Su questa base
il Comitato rivolse alla governo Italiana una serie di raccomandazioni tese a
sottolineare l’importanza del diritto alla casa nel Patto, mostrando
preoccupazione riguardo: le possibili ripercussioni sulla situazione degli
affitti determinata dalla nuova legge n.359/92, che aboliva i controlli del
sistema dell’equo canone, l’assenza di una adeguata politica abiativa pubblica,
ed anche sul rischio di un aumento nel numero (già alto) degli sfratti come
conseguenza della nuova legge. Poiché lo
status del Diritto alla Casa non è migliorato e la situazione economica e
sociale generale è diventata più difficile per la popolazione a reddito
medio-basso, gli autori di questo Rapporto hanno deciso di presentare
un’integrazione in occasione della 33a sessione del Comitato ONU. La condizione
abitativa in Italia è infatti caratterizzata dalla totale assenza di una
politica nazionale unitaria che ha condotto alla formazione di un mercato
locativo non controllato, dove, anche per motivi speculativi, la domanda supera
l’offerta, e il prezzo dei canoni di locazione è in aumento costante. D’altro
canto, l’edilizia sociale pubblica è tra quelle meno sviluppate in Europa, ed è
in ulteriore diminuzione a causa della politica di taglio degli investimenti e
di privatizzazione del settore. In
particolare, questo Rapporto mostra le gravi violazioni del diritto alla casa
prodotte da: ·
gli sfratti di
oltre 200.000 famiglie, senza nessuna realistica possibilità di trovare altro
alloggio; ·
la
discriminazione dei cittadini immigrati dall’accesso all’edilizia sociale e da
ogni altra agevolazione pubblica per la casa Questo Rapporto intende indicare gli
aspetti più importanti della questione abitativa e suggerisce alcune domande
che il Comitato ONU sul PIDESC dovrebbe porre al Governo Italiano. Sulla base delle risposte del governo italiano a
queste domande, chiediamo al Comitato ONU di censurare l’Italia facendo pressione
affinché cambi queste politiche che violano gli articoli 2 e 11 del PIDESC. 2. Minacce di sfratto 2.1. Numero di famiglie colpite dagli
sfratti La questione degli sfratti
riguarda la categoria sociale degli inquilini, presente su tutto il territorio
nazionale italiano. Le famiglie in affitto sono circa il 20% del totale. Tav. 1 - Tipologia delle famiglie in
affitto[1]
Considerando che la maggior parte degli sfratti riguarda
il settore locativo privato, che conta 2.915.362 famiglie, l'esperienza dello
sfratto ne ha colpite 1.503.846, pari al 51,60%. Ben 365.956 famiglie, il
12,55% del totale, ha subito lo sfratto con l’intervento della forza pubblica. Si deve inoltre sottolineare che i dati forniti dal
Ministero dell'Interno sono fermi al 2002 e riguardano soltanto le procedure
legali. Mancano i dati relativi agli anni 2003 e 2004, durante i quali più di
170.000 nuove procedure di sfratto sono state presumibilmente avviate, oltre
agli innumerevoli sfratti eseguiti illegalmente o extragiudizialmente. Solo per
fare un esempio: mentre il Ministero dell’Interno ha accertato circa 600
sfratti pendenti a Firenze, ne risultano in realtà circa 6000[2].
Le stime valutano in almeno 200.000 le famiglie (circa 600.000 persone) sotto
sfratto esecutivo nel 2004. Tav. 2 - Procedure di
sfratto immobili ad uso abitativo (1983-2002)[3]
2.2. Breve
descrizione della condizione sociale ed economica delle famiglie Il 35% degli inquilini ha un reddito
annuo inferiore a 10.000 euro, mentre un ulteriore 28% è tra i 10.000 e i
20.000 Euro/anno. Tav. 3 - Classi di reddito nelle
famiglie in affitto – Settore locativo privato e pubblico[4]
La maggior parte degli inquilini è
concentrata nelle aree urbane, metropolitane e degradate. Tav. 4 -
Distribuzione delle famiglie in affitto per tipologia urbana[5]
Secondo l'indagine condotta dal SUNIA[6]
su un campione di oltre 11.000 rapporti locativi, il canone medio è 1.025
Euro/mese. Comparando i valori dei canoni con le fasce di reddito prese in
esame emerge che, in generale, il livello di onerosità è estremamente alto per
le fasce medio-basse (fino a 22.500 Euro/anno). Ad esempio, un monolocale costa
ad una famiglia con reddito di 7.500 Euro/anno, l’81% del totale, mentre un
appartamento con 4 stanze ne costerebbe fino al 185%. Senza arrivare a questi
estremi, una famiglia che dispone di 22.500 Euro/anno ne spende mediamente dal
27% per affittare un monolocale fino al 62% per un alloggio di 4 stanze. Tav. 5 - Incidenza affitto sul reddito per tipologia di
reddito[7]
E’ accertato
che la maggior parte degli sfratti é determinato da morosità, dovuta a
crescenti e insostenibili costi di locazione. Le famiglie minacciate di
sgombero hanno in genere un reddito medio-basso ed abitano nelle aree urbane
più densamente popolate e degradate. Nonostante gli
sfrattati per morosità siano la parte sociale più povera, in genere sono anche
i più emarginati: di solito non ricorrono alle organizzazioni sindacali, mentre
le normative vigenti li escludono quasi sempre dai bandi per l’accesso
all’edilizia residenziale pubblica. Bisogna aggiungere altre due tipologie di sgomberi,
impossibili da trovare nelle statistiche ufficiali, ma che sono conosciute
grazie alla stampa e all’attività delle organizzazioni di supporto: ·
Gli sgomberi
di alloggi messi all’asta a causa del mancato pagamento dei mutui per
l’acquisto, per fallimenti, debiti o altro Si tratta di sgomberi in aumento
stante la crisi economica e la precarietà lavorativa. ·
Gli sgomberi
di immobili occupati abusivamente da senzatetto, in genere immigrati, nomadi o
poveri. Talvolta gli sgomberi degli stranieri portano all’estrema conseguenza
del reimpatrio coatto. Vedi, ad esempio, la scheda sullo sgombero di via Adda
(Milano)[8]. Il rischio di sgombero per occupazioni
abusive riguarda molte decine di migliaia di famiglie: a Milano le
occupazioni abusive di case popolari sono 2.650 (il 4,45% del totale degli
alloggi pubblici), a Roma sono 9.040 (il 13,79%), a Napoli sono
circa 7.000 (il 32,71%), ecc.. A questi dati bisogna aggiungere gli immobili
destinati ad altro uso occupati dopo essere stati dismessi (fabbriche,
depositi, ecc.). 2.3. Origini e
storia del caso ed informazioni essenziali sugli aspetti legali 2.3.1. L'equo
canone: la fine del blocco dei contratti Nel luglio 1978 entrò in vigore la Legge 392, comunemente
conosciuta come Legge dell’equo canone, che superava il blocco degli affitti e
degli sfratti successivo alla seconda Guerra mondiale. La 392 regolava i rapporti normativi ed economici tra
proprietari ed inquilini, stabilendo il canone d'affitto in base alle
caratteristiche oggettive dell’alloggio, e fissando la durata dei contratti in
4 anni. Il fallimento della L. 392/78 è stato determinato da tre
fattori concomitanti: mancata incidenza sul mercato illegale e sugli alloggi
sfitti (oltre 4 milioni secondo il Censimento del 1991 e del 2001), il mancato
sviluppo dell’edilizia residenziale pubblica, la minaccia dello sfratto per
cessata locazione ogni quattro anni. Questi fattori hanno dato origine
all’emergenza sfratti, con oltre 1.500.000 provvedimenti nel periodo 1983-2002.
Senza contare l’illegalità di una parte consistente del mercato degli affitti:
affitti in nero, richieste di caparre, anticipo degli affitti per la durata del
contratto, richieste di contratti capestro (comodato, uso foresterie, ecc.), sfratti
extragiudiziali e contra-legem. 2.3.2. I
patti in deroga : la diminuzione della durata legale dei contratti Nel 1992 fu votata la legge n. 359, all’interno della
quale l’articolo 11 stabiliva che proprietari e inquilini potessero stipulare
contratti di locazione in deroga all’equo canone con l’assistenza delle
organizzazioni di categoria. Di fatto la L. 359/92 (Patti in deroga) sanciva il
passaggio da un regime di predominante “controllo pubblico” degli affitti a un
regime di libero mercato, senza introdurre nessuna limitazione all’entità degli
affitti. Veniva ridotta la durata contrattuale a 3 anni, con la possibilità di
un rinnovo di ulteriori 2 anni. Gli effetti dell’applicazione dei patti in
deroga sono stati devastanti per gli inquilini, in particolare per i soggetti
economicamente deboli. Gli affitti sono aumentati dal 60% al 200% e la quasi
totalità dei contratti in locazione in scadenza non sono stati rinnovati dalla
proprietà, sono aumentate le richieste di sfratto per cessata locazione e per morosità. 2.3.3. Sentenza
n. 309/96 della Corte Costituzionale: meno protezione legale per gli inquilini Con questo provvedimento la Corte ha ritenuto
incostituzionale quella parte dell’articolo 11 della Legge 359 che rendeva
obbligatoria l’assistenza delle associazioni dei proprietari e dei sindacati
degli inquilini nella stipulazione dei patti in deroga. Gli effetti giuridici
immediati dell’ordinanza hanno offerto la possibilità di scegliere se essere
assistiti sindacalmente o meno nella stipulazione del contratto di locazione.
Nella pratica, il quasi totale annullamento del controllo sindacale ha causato
un ulteriore aumento dei canoni di locazione, soprattutto nelle 11 aree
metropolitane (Roma, Milano, Napoli, Palermo, Bari, Bologna, Torino, Venezia, Genova,
Firenze, Catania, Messina). Questo effetto ha prodotto il ritorno al mercato
nero, l’introduzione di clausole vessatorie e di durate contrattuali inferiori
al minimo previsto dalla legge 359/92. 2.3.4. La
nuova legge delle locazioni: libera negoziazione dei contratti Con l'entrata in vigore della legge n. 431 del 9/12/1998
di riforma delle locazioni, è terminata dopo vent'anni la stagione del regime
di equo canone ed è stata cancellata anche la legge istitutiva dei patti in
deroga. Elementi caratterizzanti la nuova legge erano due possibilità
contrattuali: da una parte la libera contrattazione del canone di affitto fra i
privati, con l'obbligo di durata contrattuale di quattro anni più quattro;
l'altra, che affida alla contrattazione fra le rappresentanze dei proprietari e
degli inquilini i contenuti del contratto e l'ammontare dell'affitto, con
durata contrattuale di tre anni più un eventuale rinnovo di altri due. La nuova legge introduceva alcune norme per sconfiggere
l'evasione fiscale ed il mercato nero delle locazioni: l'obbligo di
registrazione e del contratto scritto; l'impossibilità per il proprietario e
l'inquilino di usufruire di qualsiasi agevolazione fiscale se non si era in
regola con tale registrazione; l'impossibilità per il proprietario di chiedere
lo sfratto se non era in regola con gli obblighi fiscali e quelli di
registrazione. 2.3.5. Il
fallimento della L. 431/98: il ritorno dei canoni illegali e degli sfratti Questa legge è stata progressivamente smantellata nei suoi
aspetti di controllo sindacale, lasciando inalterate le norme liberalizzatrici,
grazie a una serie di sentenze della Corte Costituzionale[9]. La sentenza n. 482 del 9 novembre 2000, che ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell'art. 6, comma 6, della L 431/98. In
sintesi, il proprietario può ora chiedere all’inquilino un “maggior danno” nel
caso di ritardi nell’esecuzione dello sfratto, almeno pari alla differenza tra
canone percepito e canone di mercato. La sentenza della Corte Costituzionale n. 333/2001 del 5
ottobre 2001 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 L.
431/98. Poiché ha abrogato la necessità del proprietario di dimostrare di
essere in regola col fisco per esercitare l'azione di sfratto, si è trattato di
un ulteriore incentivo agli sfratti e all'evasione fiscale. Si stima che più
del 40% dei nuovi contratti non viene registrato, mentre l'irregolarità supera
il 60% se si tiene conto anche della registrazione di un canone diverso da
quello effettivo. Infine, la sentenza della Corte Costituzionale n. 155/2004,
pur respingendo la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma
1, della L. 185/2002 (Disposizioni concernenti proroghe in materia di sfratti,
di edilizia e di espropriazione), pone tuttavia uno stop alle proroghe. 2.3.6. Perché
gli sfratti violano la legalità Questa
situazione, che apparentemente rispetta la normativa vigente, in realtà viola
profondamente i seguenti articoli della Costituzione Italiana: w
art. 2: la Repubblica riconosce e garantisce i
diritti inviolabili dell'uomo, e il diritto alla casa è ricompreso nel diritto
alla vita. w
art. 3:
compito della Repubblica è rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale
che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. A fronte della gravità
del problema l’Italia, al contrario, diminuisce l’impegno pubblico nel settore
abitativo. w
art. 32: la
Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e
interesse della collettività. La minaccia di perdere l’alloggio, oppure il
subire uno sfratto, sono motivi di sofferenza fisica e psichica. w
art. 42: la
proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i
modi di acquisto, di godimento e i limiti, allo scopo di assicurarne la
funzione sociale. La mancata proroga degli sfratti annulla la funzione sociale
della proprietà immobiliare. 2.3.7. Le violazioni del Patto
Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali L’art. 10
della Costituzione italiana stabilisce che l'ordinamento giuridico italiano si
conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
Poiché L’Italia ha ratificato il Patto Internazionale sui diritti economici,
sociali e culturali con la legge 25 ottobre 1977, n. 881, questo è diventato una
legge dello stato. In particolare, è norma di legge l’articolo 11 del Patto
laddove “gli Stati riconoscono il diritto di
ogni individuo ad un livello di vita adeguato per se e per la sua famiglia, che
includa alimentazione, vestiario, ed alloggio adeguati, nonché al miglioramento
continuo delle proprie condizioni di vita. Gli Stati parti prenderanno misure
idonee ad assicurare l'attuazione di questo diritto….”. Su queste
basi, nel dicembre 1992 una rete di associazioni coordinate dall’Unione
Inquilini presentò un Rapporto sullo Stato del Diritto alla Casa in Italia[10]
alla 7a sessione del Comitato ONU sui Diritti Economici, Sociali e Culturali[11]. Nelle sue
Osservazioni finali Il Comitato manifestò numerose preoccupazioni: (a) L'adozione della L 359/92 sembra aggravare la situazione
degli inquilini economicamente svantaggiati. Questa Legge è un arretramento
parziale rispetto alla L392/78 di 1978 che aveva introdotto il concetto di
"equo canone"; (b) Questa situazione ha causato una certa paralisi nel
mercato locativo, nel quale è stimata l’esistenza di circa 5 milioni di
appartamenti non occupati. Le deroghe all'equo canone hanno aumentato la libertà
locativa contribuendo agli aumenti degli affitti; (c) A causa della scarsità di edilizia popolare, circa il 5
per cento dello stock abitativo totale, e poiché non è stato stabilito né
proposto un fondo sociale adeguato, la condizione degli inquilini sta
peggiorando. Il piano decennale di edilizia popolare, realizzato parzialmente
alla scadenza del 1988, non è stato migliorato e rimane insufficiente; (d) Un'ulteriore fonte di continua preoccupazione è la
natura precaria dei contratti d'affitto, aggravata dai provvedimenti della L.
359/92, considerando che il 74 per cento degli sfratti è determinato dalla
finita locazione, e chei una famiglia su tre è stata sfrattata dal 1983. Perciò Il
Comitato richiamò l’Italia al rispetto dell’art. 11 “il Governo italiano dovrebbe prendere tutte le misure adatte per
migliorare la condizione degli inquilini ed assicurare il reperimento di
soluzioni abitative a medio-termine per le categorie sociali più svantaggiate.
(Il Comitato) spera di ricevere tutte le informazioni attinenti in occasione
della presentazione da parte dell'Italia del suo terzo rapporto
periodico." La stessa rete associativa presentò nel dicembre
1993 una Dichiarazione Integrativa alla 9a Sessione del Comitato chiedendo: 1. Quali sono i passi che il Governo
intende intraprendere per migliorare le condizioni degli inquilini.
Particolarmente per fare fonte a: w
l'aumento dei prezzi di canoni di locazione w
la continua mancanza di abitazioni accessibili w
l'incremento del numero degli sfratti non determinati dalla necessità
del padrone di casa w
l’aumento del numero dei senzatetto. 2. Quali soluzioni sono proposte per
assicurare il diritto alla casa di tutti, fronteggiando l'impatto negativo
dell'attuale situazione economica sulle popolazioni svantaggiate? 3. Qual'è la politica di edilizia
sociale in Italia e come si concilia con i programmi di privatizzazione del
patrimonio pubblico? 4. Quali passi intende compiere il
Governo per regolare il mercato locativo? 5. Quanti alloggi di edilizia sociale sono
stati costruiti dal 1991 e quante famiglie ne hanno beneficiato? 6. Quali soluzioni sono state proposte
per ridurre il numero degli sfratti? 7. Come si concilia la procedura di
sfratto per "cessata locazione" con il diritto alla sicurezza
abitativa stabilito dall'articolo 8 del Commento Generale n. 4 del Comitato ONU
(1990)? 8. Che tipo di politica esiste per
assicurare ai lavoratori migranti e con regolare permesso di soggiorno un equo
accesso alla casa? 9. Che parte del bilancio pubblico
nazionale è dedicata alla politica abitativa? Perché i fondi Gescal sono
solitamente utilizzati per altre questioni pur derivando da una tassa
finalizzata all'edilizia popolare? 10. Considerando che questa parziale
riforma ha anticipato la riforma globale del sistema locativo, che impianto
legale vuole presentare il Governo al Parlamento? Si tratta di domande a cui l’Italia ha risposto
parzialmente, tant’è che, ancora il 18 dicembre 2003, il Comitato ha presentato
una Lista di richieste, in concomitanza con la valutazione del quarto rapporto
periodico, riguardante i diritti garantiti dagli articoli 1-15 del Patto
Internazionae dei Diritti Economici, Culturali e Sociali (E/C.12/4/Add.13), che
sarà discusso nel corso della 33a sessione del Comitato (Ginevra, 8-26 novembre
2004) In particolare, il Comitato ha chiesto: 26. (Il Governo) spieghi quali sono le
modalità di esecuzione degli sfratti. 27. Secondo il rapporto statale
italiano, il numero esatto delle persone senza casa non può essere accertato.
Tuttavia, uno studio ad hoc realizzato nel 2000 stima il loro numero in 17.000.
(Il Governo) fornisca i dati, disaggregati per sesso, età ed origine etnica,
delle persone senza casa ed indichi che misure sono state introdotte per fronteggiare
questo problema. Queste domande sono ancora senza risposta. 2.4. Cause, ufficiali o meno,
degli sfratti Tav. 6 – Motivazioni degli sfratti per anno
Con l’entrata a regime della L. 359/92, che hanno
prodotto un aumento del monte canoni stimato di 3,5 miliardi Euro/anno, nel
1996 gli sfratti per morosità sono diventati più della metà: 52,40% del totale.
L’entrata a regime della L. 431/98 ha ulteriormente aumentato il monte canoni
annuo di 1 miliardo Euro/anno, con un nuovo balzo degli sfratti per morosità,
che nel 2002 arrivano al 67,88% del totale. L’aumento degli sfratti per morosità è determinato dagli
altissimi canoni oltre che da una crescente crisi economica, unita con una
diffusione dell’usura bancaria. La necessità del locatore, addotta come motivo della
richiesta di liberalizzazione dei contratti, è invece diminuita dal 14,69% del
1983 alla quota quasi insignificante del 1,64% nel 2002. Le disdette per cessata locazione hanno due cause
principali: la disdetta generalizzata dei contratti con canoni moderati (allo
scopo di ricontrattarli a canoni più elevati), ma anche per modificare l’uso di
tali immobili, che diventano residence, bed and breakfast, uffici ecc.. 2.5. Soggetti che
chiedono gli sfratti Sfratti
locativi: la generalità dei proprietari del settore privato. Sgomberi
occupazioni abusive delle case popolari: Aziende Territoriali Edilizia
Residenziale Pubblica, Istituti Autonomi Case Popolari, Comuni ed altri Enti. 2.6.
Le risposte alla crisi degli sfratti 2.6.1. Le risposte del Governo w
Proroghe: La
protezione per gli inquilini sfrattati è scarsissima: nel corso degli anni vi
sono state delle leggi di proroga delle esecuzioni riguardanti gli anziani
ultrasessantacinquenni, o i portatori di gravi handicap, comunque solo con
redditi bassissimi e solo per gli sfratti derivati da cessata locazione.
Restavano esclusi gli sfratti per morosità. Dal giugno 2004 non è più nemmeno
possibile la proroga del contratto. Di fatto i tribunali eseguono gli sfratti
sulla base dalla disponibilità della forza pubblica ad intervenire per
effettuare materialmente gli sgomberi; in alcune città, ma non dappertutto,
questa viene disposta dai prefetti. w
Fondo sociale:
partito con uno stanziamento annuo di 753 miliardi di vecchie lire (circa 388
milioni di Euro), si è ridotto con le Leggi finanziarie 2003 e 2004 a 209
milioni di Euro. Il contributo all’affitto è stato perciò erogato solo al 5%
delle famiglie inquiline. Per fare un raffronto, mentre in Europa la spesa
media per l’alloggio e la lotta all’esclusione sociale è del 3,8% sul budget
pubblico, in Italia è solo lo 0,2%. w
Edilizia
residenziale pubblica: mentre nel 1991 le case popolari erano 1.100.000, cioè
il 6,3% del totale delle abitazioni, nel 2001 erano diminuiti a 973.194, cioè
il 5,3 %. Tale numero è diminuito ulteriormente a causa del taglio degli
investimenti nel settore abitativo sociale e a causa della normative sulla
vendita degli alloggi popolari e di proprietà degli enti previdenziali. Perciò
la domanda di case popolari inevasa è altissima: un’indagine[12]
accertava che nel 2002 sono stati assegnati solo 9.273 alloggi, pari al 7,8%
delle 117.853 domande presentate nei comuni ad alta tensione abitativa. ·
Per affrontare
l'attuale situazione di emergenza sfratti, che colpisce oltre 200.000 famiglie,
il governo ha approvato il Decreto Legge n.240 del 13/9/04 che è assolutamente
inadeguato alla situazione e servirà unicamente ad aggravare il problema. Infatti il Decreto Legge 240/04: ·
Permette la
dilazione dell’esecuzione solo degli sfratti derivati da finita locazione, e
riguarda gli inquilini con reddito annuo inferiore a 20.000 euro, o
ultrasessantacinquenni o portatori di handicap, che ammontano a circa 26.000
famiglie, pari al 13% del totale, lasciando senza protezione l’87% delle oltre
200.000 famiglie minacciate di sfratto. ·
L’esecuzione
di questi sfratti è rimandata soltanto fino al 31/12/2004, data entro la quale
gli inquilini potranno proporre alla proprietà un nuovo contratto di locazione
a breve termine (6-18 mesi, o tre anni con possibilità di rinnovo di ulteriori
2 anni) a canoni di mercato. ·
Il governo
concede contributi per un ammontare fino a 5.000 euro ai proprietari che
affittano con durata contrattuale a breve termine a regime di libero mercato,
stanziando circa 110 milioni di euro tolti dal fondo sociale complessivo.
Poiché il fondo sociale ha al momento una liquidità disponibile di soli 246 milioni
di euro, probabilmente aumenterà il numero di famiglie che, impossibilitate a
pagare gli affitti di mercato, si indebiteranno e saranno sfrattate per
morosità. 2.6.2. I comuni danno risposte differenziate w
Le
amministrazione di centro-destra, in generale non intervengono, lasciando che i
singoli trovino soluzioni individuali, oppure incaricano il settore
privato-sociale della soluzione dei casi più gravi. w
Le
amministrazioni di centro-sinistra, in generale, intervengono mediando con la
proprietà Queste modalità hanno consentito di trovare delle soluzioni non
traumatiche per i casi affrontati. A causa
dell’acuirsi della tensione abitativa dovuta al mancato intervento governativo
in materia di sfratti, le nuove amministrazioni locali (giugno 2004) sono
costrette a scegliere politiche più incisive. Ad esempio:
gli assessori alla casa di alcuni comuni di centro-sinistra (Bologna, Padova,
Roma, ecc.) sono intervenuti a fianco delle associazioni di difesa per impedire
gli sfratti locativi in assenza di alternative. Oppure, nel caso di occupazioni
abusive, hanno proceduto a consultazioni preventive con i soggetti interessati
proponendo di concordare la rilocazione[13].
Altri, prendendo esempio dal movimento dei comuni francesi, hanno dichiarato i
loro “territori liberi dagli sfratti”. 3. La discriminazione degli
immigrati nell’accesso all’abitazione 3.1
Le discriminazioni nell’accesso
all’edilizia privata La condizione
alloggiativa degli immigrati in Italia è marcata dalla discriminazione, sia
nel mercato locativo privato che nel
settore sociale pubblico. Oltre che con le
difficoltà comuni ai cittadini italiani che cercano una casa in affitto nel
libero mercato, gli immigrati devono fare i conti con alcune particolari
“discriminazioni” [14]
perché i proprietari di casa[15]: ·
non affittano a stranieri (specie se di colore o
islamici) senza adeguate garanzie, ·
se affittano a stranieri
pretendono un costo aggiuntivo (10-30%) e in molti casi, per i regolari, anche
la stipula di una fideiussione bancaria; ·
se affittano a
stranieri, specie nelle grandi città, l’affitto è in genere transitorio e in
nero. Perciò oltre
500.000 cittadini immigrati risultano senza casa[16]:
il 15% è ospite di parenti mentre il 10% trova rifugio nei posti-letto a
pagamento, nei centri di accoglienza (6%), nei dormitori pubblici (5%), nelle
stazioni ferroviarie (5%), sui posti di lavoro (5%), in cascinali o baracche
(5%), nelle carrozze ferroviarie (4%), nei centri sociali (4%), in edifici
pericolanti (4%), in case occupate (3%), in alberghi (3%), nei parchi pubblici
(3%), nelle carceri (2%), in centri di detenzione amministrativa (2%), sotto i
ponti (2%), o in altre situazioni (15%). 3.2 Le discriminazioni nell’accesso
all’edilizia sociale pubblica Anziché
rimediare a queste discriminazioni, il settore pubblico le accentua. Infatti,
l’ art. 27 della Legge 30 luglio 2002, n.189 (legge Bossi-Fini) introduce nuovi
limiti alle possibilità per i cittadini immigrati di accedere all’edilizia
residenziale pubblica, alle agenzie sociali per la locazione, ai mutui
agevolati per l’acquisto o il recupero, perché richiede: ·
la titolarità della carta di
soggiorno (che si può richiedere soltanto dopo sei anni); ·
oppure un permesso di soggiorno
almeno biennale (mentre prima bastava che lo straniero fosse soggiornante).
Considerando che il permesso di soggiorno è legato al contratto di lavoro, e
che la maggioranza di questi contratti è a tempo determinato, è quasi
impossibile ottenere un permesso biennale; ·
lo svolgimento di regolare attività
di lavoro (mentre in precedenza era sufficiente l’iscrizione alle liste di
collocamento). Conseguentemente, la
grandissima maggioranza dei cittadini immigrati è esclusa dalla partecipazione
ai bandi per l’assegnazioni di case popolari o da altre agevolazioni pubbliche
per la casa. Da notare che sono
esclusi anche: ·
I cittadini che sono
presenti sul territorio italiano il cui permesso di soggiorno è stato rinnovato
più volte, però con durata inferiore al biennio; ·
I lavoratori immigrati
che pagano regolarmente le tasse, compresa (fino al 1995) la GESCAL, tassa di
scopo per finanziare le case popolari Riteniamo che
queste esclusioni di una particolare categoria di cittadini dal godimento del
diritto alla casa violino il PIDESC: ·
l’art. 11, in quanto l’Italia ha
peggiorato le politiche abitative; ·
l’art. 2.2, in quanto
l’Italia ha aumentato le discriminazioni. 4. Richieste al Comitato
PIDESC dell’ONU Considerando
che, a tutt’oggi, il governo non ha emanato nessun provvedimento di proroga
degli sfratti, né ha finanziato il settore abitativo sociale, né ha disposto
l’aumento del fondo sociale per l’affitto, è prevedibile un aumento del numero
degli sfratti locativi e degli sgomberi e, conseguentemente, della tensione
sociale. Lo testimonia, ad esempio, la presa di posizione dell’Uppi,
un’associazione di proprietari molto rappresentativa, che ha dichiarato[17]
di voler fornire guardie giurate private contro le dimostrazioni antisfratto.
Al di là di queste dichiarazioni, ci sono drammi personali e familiari che
coinvolgono centinaia di migliaia di persone su tutto il territorio nazionale.
La stampa riporta soltanto gli episodi più sensazionali (i casi di resistenza
agli sgomberi, minacce di suicidio, accampamenti davanti ai municipi,
occupazioni abusiva di edifici, ecc.), mentre la maggioranza dei casi non è
nota (le famiglie separate, gli anziani o i malati che devono essere
ricoverati, l'aumento del numero di senzatetto, ecc.). Per queste ragioni proponiamo al Comitato ONU sul PIDESC di chiedere al
governo italiano: 1. Quali sono i passi che il Governo
intende intraprendere per migliorare le condizioni degli inquilini.
Particolarmente per fare fonte a: w
l'aumento dei prezzi di affitto w
la continua mancanza di abitazioni a prezzi accessibili w
l'incremento del numero degli sfratti w
l'aumento del numero dei senzatetto 2. Quali soluzioni sono proposte per
assicurare il diritto alla casa di tutti, fronteggiando l'impatto negativo
dell'attuale situazione economica sulle popolazioni svantaggiate? 3. Qual'è la politica di edilizia
sociale che l’Italia intende perseguire e come si concilia con i programmi di
privatizzazione del patrimonio pubblico? 4. Perché il governo, dopo aver
liberalizzato il settore locativo, non solo non ha aumentato, ma ha al
contrario ridotto il fondo sociale per gli affitti? 5. A livello nazionale, regionale e
locale: ·
quanti alloggi di edilizia sociale sono stati costruiti dal 2001? ·
quante famiglie ne hanno beneficiato? ·
quante famiglie svantaggiate sone state escluse dallo stanziamento
dell’edilizia sociale? 6. Poiché il Decreto Legge 240/04
protegge soltanto il 13% delle famiglie minacciate di sgombero, quale soluzione
è prevista per proteggere dallo sfratto senza la possibilità di trovare altro
alloggio il restante l'87%? 7. La procedura secondo la quale
vengono escluse le famiglie sfrattate per morosità è coerente con il diritto ad
un alloggio adeguato come stabilito dall'articolo 8 del 4° Commento Generale
del Comitato ONU (1990)? 8. L’esclusione dei cittadini
immigrati da un accesso equo alle case popolari e da ogni altra agevolazione
pubblica relativa all’abitazione rispetta il diritto a un alloggio adeguato
come stabilito dal PIDESC? 9. Che tipo di politica esiste per
assicurare ai lavoratori migranti e regolari un equo accesso alla casa? 10. Che parte del bilancio pubblico
nazionale, regionale e comunale è dedicata alla politica abitativa? 11. Vogliate fornire i dati
disaggregati per sesso, età, e origine etnica, sui senzatetto in Italia, e
indicare quali misure sono state introdotte per fronteggiare questo problema. Sulla base delle risposte del governo
italiano a queste domande, chiediamo al Comitato ONU di censurare l’Italia e di
fare pressione affinché cambi queste politiche che violano gli articoli 2 e 11
del PIDESC. In particolare, il governo italiano
dovrebbe: 1. introdurre una normativa che preveda la proroga degli
sfratti per qualsiasi motivo, finché l'inquilino non sia sato rialloggiato in
maniera adeguata per quanto concerne posizione, prezzo e composizione dell’abitazione. 2. Reintrodurre il controllo pubblico del settore locativo per
rendere i canoni più accessibili e garantire la sicurezza abitativa per tutti; 3. Promuovere la politica di edilizia sociale, stanzaindo
almeno l'1% dei fondi pubblici statali, regionali e locali, per
controbilanciare il settore locativo privato. 4. Abrogare la normativa che esclude i cittadini migranti
dall’accesso alle case popolari e dalle agevolazioni pubbliche all’abitazione,
in particolare l’art. 27 della Legge 30 luglio 2002, n.189 (legge Bossi-Fini) [1] Dati Censimento 2001 thttp://www.istat.it/Popolazion/index.htm [3] Si tratta degli ultimi dati ufficiali (marzo 2004) http://pers.mininterno.it/dcds/ [4] Elaborazione Federcasa su dati Censimento 2001 http://www.federcasa.it/documenti/archivio/federcasa_i%20numeri%20della%20casa.PDF [5] Elaborazione Unione Inquilini su dati Istat www.unioneinquilini.it [6] Sindacato degli Inquilini, www.sunia.it [9] Consulta On-line http://www.giurcost.org/decisioni/index.html [10] Habitat International Coalition, CICSENE Torino, ASPE Torino, DAR Genova, Agenzia Senza Confine Roma Italia-Razzismo Roma, Stop Razzismo Milano, Federazione Italiana Organizzazione Persone Senza Fissa Dimora (FIOPS) Roma [11] Tutte le citazioni si trovano su http://www.bayefsky.com/bycategory.php/state/85 [12] La richiesta di alloggi pubblici espressa dai bandi ERP negli 82 comuni ad alta tensione abitativa (ANCI-Cresme 2002) [13] Hotel Africa addio su http://www.peacereporter.net/it/canali/storie/0000europa/italia/040824tibutrino Immigrati, Bologna sgombero extracomunitari irregolari a Ferrhote on http://www.meltingpot.org/articolo3394.html [14] http://www.stranieriinitalia.it/news/case15ott2003.htm [15] Sei mesi dopo (primo bilancio della legge Bossi-Fini), 2003, Ares 2000, http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2003/marzo/ares-bilancio-bossi-fini.html [16] Il colore delle case, 1° Rapporto sulla condizione abitativa degli immigrati in Italia, Ares 2000, http://www.ares2000.net/ricerche/colorecase/ilcoloredellecase.htm |
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