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Dear Jean, Joel, Farouk,

 

RAPPORTO INTEGRATIVO PER L’ANNO 2004

SULLO STATO DEL DIRITTO ALLA CASA IN ITALIA

 

 

 

PRESENTATO AL COMITATO DELLE NAZIONI UNITE

PER I DIRITTI ECONOMICI, SOCIALI E CULTURALI.

33A SESSIONE

Ginevra, 8-26 Novembre 2004

 

 

 

 

 

Realizzato in collaborazione con:

Unione Inquilini

International Alliance of Inhabitants

Centre of Housing Right and Eviction

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Segreteria nazionale Unione Inquilini

Via Cavour, 101- 00184 Roma- Italia

tel. ++39 064745711-483860 -67604442

e-mail: segr.naz@unioneinquilini.it

www.unioneinquilini.it

 


INDICE

 

 

1.            Introduzioone                                                                                                                          3

2.            Minacce di sfratto                                                                                                                   3

2.1.            Numero delle famiglie colpite dagli sfratti                                                                           3

2.2.      Breve descrizione della condizione sociale ed economica delle famiglie                                        4

2.3.      Origini e storia del caso ed informazioni essenziali sugli aspetti legali                                        5

2.3.1.   L’equo canone: la fine del blocco dei contratti                                                                                   5

2.3.2.   I patti in deroga: la diminuzione della durata legale dei contratti                                               5

2.3.3.            Sentenza n. 309/96 della Corte Costituzionale: meno protezione legale per gli inquilini                        5

2.3.4.   La nuova legge delle locazioni: libera negoziazione dei contratti                                                     6

2.3.5.   Il fallimento della L. 431/98: il ritorno dei canoni illegali e degli sfratti                                          6

2.3.6.   Perché gli sfratti violano la legalità                                                                                     6

2.3.7.      Le violazioni del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali                                   6

2.4.            Cause, ufficiali o meno, degli sfratti                                                                                       8

2.5.            Soggetti che chiedono gli sfratti                                                                                                          8

2.6.      Le risposte alla crisi degli sfratti                                                                                                   8

2.6.1.   Le risposte del Governo                                                                             8

2.6.2.      I Comuni danno risposte differenziate                                                                                        8

3.         Le discriminazioni degli immigrati nell’accesso all’abitazione                                                   9

3.1.            Le discriminazioni nell’accesso all’edilizia privata                                                             9

3.2.      Le discriminazioni nell’accesso all’edilizia sociale pubblica                                                           10

4.            Richieste al Comitato PIDESC dell’ONU                                                                                               10

 

Tavole

 

Tav. 1 - Tipologia delle famiglie in affitto                                                                                       3

Tav. 2 – Procedure di sfratto immobili ad uso abitativo (1983-2002)                                                    4

Tav. 3 – Classi di reddito delle famiglie in affitto – settore locativo privato e pubblico                                4

Tav. 4 – Distribuzione delle famiglie in affitto per tipologia urbana                                                 4

Tav. 5 – Incidenza dell’affitto sul reddito per tipologia di reddito                                                 4

Tav. 6 – Motivazioni degli sfratti per anno                                                                                        8

 

 

 


1.            Introduzione

 

Nel Dicembre 1992, in occasione della 7a sessione del Comitato ONU per i diritti economici, sociali e culturali, Habitat International Coalition e l'Unione Inquilini presentarono un Rapporto sullo stato del diritto alla casa in Italia, poiché nel rapporto periodico del governo italiano non veniva menzionata l'applicazione dell’art.11.1 del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali (PIDESC).

Su questa base il Comitato rivolse alla governo Italiana una serie di raccomandazioni tese a sottolineare l’importanza del diritto alla casa nel Patto, mostrando preoccupazione riguardo: le possibili ripercussioni sulla situazione degli affitti determinata dalla nuova legge n.359/92, che aboliva i controlli del sistema dell’equo canone, l’assenza di una adeguata politica abiativa pubblica, ed anche sul rischio di un aumento nel numero (già alto) degli sfratti come conseguenza della nuova legge.

Poiché lo status del Diritto alla Casa non è migliorato e la situazione economica e sociale generale è diventata più difficile per la popolazione a reddito medio-basso, gli autori di questo Rapporto hanno deciso di presentare un’integrazione in occasione della 33a sessione del Comitato ONU.

La condizione abitativa in Italia è infatti caratterizzata dalla totale assenza di una politica nazionale unitaria che ha condotto alla formazione di un mercato locativo non controllato, dove, anche per motivi speculativi, la domanda supera l’offerta, e il prezzo dei canoni di locazione è in aumento costante. D’altro canto, l’edilizia sociale pubblica è tra quelle meno sviluppate in Europa, ed è in ulteriore diminuzione a causa della politica di taglio degli investimenti e di privatizzazione del settore.

In particolare, questo Rapporto mostra le gravi violazioni del diritto alla casa prodotte da:

·        gli sfratti di oltre 200.000 famiglie, senza nessuna realistica possibilità di trovare altro alloggio;

·        la discriminazione dei cittadini immigrati dall’accesso all’edilizia sociale e da ogni altra agevolazione pubblica per la casa

 

Questo Rapporto intende indicare gli aspetti più importanti della questione abitativa e suggerisce alcune domande che il Comitato ONU sul PIDESC dovrebbe porre al Governo Italiano.

 

Sulla base delle risposte del governo italiano a queste domande, chiediamo al Comitato ONU di censurare l’Italia facendo pressione affinché cambi queste politiche che violano gli articoli 2 e 11 del PIDESC.

 

 

2.          Minacce di sfratto

 

2.1.            Numero di famiglie colpite dagli sfratti

 

La questione degli sfratti riguarda la categoria sociale degli inquilini, presente su tutto il territorio nazionale italiano. Le famiglie in affitto sono circa il 20% del totale.

 

Tav. 1 - Tipologia delle famiglie in affitto[1]

 

Tipologia rapporto locativo

n. famiglie

In alloggi privati

2.915.362

In alloggi pubblici

973.194

Altro (occupanti, comodato, ecc.)

324.395

Totale famiglie in affitto

4.212.951

 

Considerando che la maggior parte degli sfratti riguarda il settore locativo privato, che conta 2.915.362 famiglie, l'esperienza dello sfratto ne ha colpite 1.503.846, pari al 51,60%. Ben 365.956 famiglie, il 12,55% del totale, ha subito lo sfratto con l’intervento della forza pubblica.

Si deve inoltre sottolineare che i dati forniti dal Ministero dell'Interno sono fermi al 2002 e riguardano soltanto le procedure legali. Mancano i dati relativi agli anni 2003 e 2004, durante i quali più di 170.000 nuove procedure di sfratto sono state presumibilmente avviate, oltre agli innumerevoli sfratti eseguiti illegalmente o extragiudizialmente. Solo per fare un esempio: mentre il Ministero dell’Interno ha accertato circa 600 sfratti pendenti a Firenze, ne risultano in realtà circa 6000[2]. Le stime valutano in almeno 200.000 le famiglie (circa 600.000 persone) sotto sfratto esecutivo nel 2004.

 

Tav. 2 - Procedure di sfratto immobili ad uso abitativo (1983-2002)[3]

 

Tipologia provvedimento

1983-2002

Media annua

2002

Sfratti eseguiti

1.503.846

75.192

38.591

Sfratti eseguiti con ufficiale giudiziario      

365.956

18.298

19.310

Richieste di esecuzione

1.504.384

75.219

86.288

 

2.2.      Breve descrizione della condizione sociale ed economica delle famiglie

 

Il 35% degli inquilini ha un reddito annuo inferiore a 10.000 euro, mentre un ulteriore 28% è tra i 10.000 e i 20.000 Euro/anno.

 

Tav. 3 - Classi di reddito nelle famiglie in affitto – Settore locativo privato e pubblico[4]

                                                                       

A) Settore locativo privato   

A) Settore locativo pubblico

Reddito annuo (Euro)

n. famiglie

%

n. famiglie

%

< 10.000.00

1.470.919

35.0

370.000

37,0

10.000-20.000

1.181.919

28.0

330.000

33,0

20.000-30.000

837.489

19.9

200.000

20,0

30.000-40.000

420.000

10.0

80.000

8,0

>40.000

301.836

7.1

20.000

2,0

 

La maggior parte degli inquilini è concentrata nelle aree urbane, metropolitane e degradate.

 

Tav. 4 - Distribuzione delle famiglie in affitto per tipologia urbana[5]

 

Tipologia urbana

% famiglie inquiline

40.000-500.000 abitanti

25,3

aree metropolitane

35,6

aree urbane degradate

42,7

 

Secondo l'indagine condotta dal SUNIA[6] su un campione di oltre 11.000 rapporti locativi, il canone medio è 1.025 Euro/mese. Comparando i valori dei canoni con le fasce di reddito prese in esame emerge che, in generale, il livello di onerosità è estremamente alto per le fasce medio-basse (fino a 22.500 Euro/anno). Ad esempio, un monolocale costa ad una famiglia con reddito di 7.500 Euro/anno, l’81% del totale, mentre un appartamento con 4 stanze ne costerebbe fino al 185%. Senza arrivare a questi estremi, una famiglia che dispone di 22.500 Euro/anno ne spende mediamente dal 27% per affittare un monolocale fino al 62% per un alloggio di 4 stanze.

 

Tav. 5 - Incidenza affitto sul reddito per tipologia di reddito[7]

 

Reddito annuo

(Euro)

% incidenza affitto/reddito

monolocale

% incidenza affitto/reddito

bilocale

% incidenza affitto/reddito

trilocale

% incidenza affitto/reddito

quadrilocale

% incidenza affitto/reddito

> 4 stanze

< 7.500

81.0

127.0

147.0

185.0

226.0

7.500- 15.000

41,0

63,0

73,0

92,0

113,0

15.000-22.500

27,0

42,0

49,0

62,0

75,0

22.500-30.000

20,0

32,0

37,0

46,0

57,0

30.000-37.500.00

16,0

25,0

29,0

37,0

45,0

E’ accertato che la maggior parte degli sfratti é determinato da morosità, dovuta a crescenti e insostenibili costi di locazione. Le famiglie minacciate di sgombero hanno in genere un reddito medio-basso ed abitano nelle aree urbane più densamente popolate e degradate.

Nonostante gli sfrattati per morosità siano la parte sociale più povera, in genere sono anche i più emarginati: di solito non ricorrono alle organizzazioni sindacali, mentre le normative vigenti li escludono quasi sempre dai bandi per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica.

Bisogna aggiungere altre due tipologie di sgomberi, impossibili da trovare nelle statistiche ufficiali, ma che sono conosciute grazie alla stampa e all’attività delle organizzazioni di supporto:

 

·        Gli sgomberi di alloggi messi all’asta a causa del mancato pagamento dei mutui per l’acquisto, per fallimenti, debiti o altro Si tratta di sgomberi in aumento stante la crisi economica e la precarietà lavorativa.

·        Gli sgomberi di immobili occupati abusivamente da senzatetto, in genere immigrati, nomadi o poveri. Talvolta gli sgomberi degli stranieri portano all’estrema conseguenza del reimpatrio coatto. Vedi, ad esempio, la scheda sullo sgombero di via Adda (Milano)[8].

 

Il rischio di sgombero per occupazioni abusive riguarda molte decine di migliaia di famiglie: a Milano le occupazioni abusive di case popolari sono 2.650 (il 4,45% del totale degli alloggi pubblici), a Roma sono 9.040 (il 13,79%), a Napoli sono circa 7.000 (il 32,71%), ecc.. A questi dati bisogna aggiungere gli immobili destinati ad altro uso occupati dopo essere stati dismessi (fabbriche, depositi, ecc.).

 

2.3.      Origini e storia del caso ed informazioni essenziali sugli aspetti legali

 

2.3.1.  L'equo canone: la fine del blocco dei contratti

 

Nel luglio 1978 entrò in vigore la Legge 392, comunemente conosciuta come Legge dell’equo canone, che superava il blocco degli affitti e degli sfratti successivo alla seconda Guerra mondiale.

La 392 regolava i rapporti normativi ed economici tra proprietari ed inquilini, stabilendo il canone d'affitto in base alle caratteristiche oggettive dell’alloggio, e fissando la durata dei contratti in 4 anni.

Il fallimento della L. 392/78 è stato determinato da tre fattori concomitanti: mancata incidenza sul mercato illegale e sugli alloggi sfitti (oltre 4 milioni secondo il Censimento del 1991 e del 2001), il mancato sviluppo dell’edilizia residenziale pubblica, la minaccia dello sfratto per cessata locazione ogni quattro anni. Questi fattori hanno dato origine all’emergenza sfratti, con oltre 1.500.000 provvedimenti nel periodo 1983-2002. Senza contare l’illegalità di una parte consistente del mercato degli affitti: affitti in nero, richieste di caparre, anticipo degli affitti per la durata del contratto, richieste di contratti capestro (comodato, uso foresterie, ecc.), sfratti extragiudiziali e contra-legem.

 

2.3.2.  I patti in deroga : la diminuzione della durata legale dei contratti

 

Nel 1992 fu votata la legge n. 359, all’interno della quale l’articolo 11 stabiliva che proprietari e inquilini potessero stipulare contratti di locazione in deroga all’equo canone con l’assistenza delle organizzazioni di categoria. Di fatto la L. 359/92 (Patti in deroga) sanciva il passaggio da un regime di predominante “controllo pubblico” degli affitti a un regime di libero mercato, senza introdurre nessuna limitazione all’entità degli affitti. Veniva ridotta la durata contrattuale a 3 anni, con la possibilità di un rinnovo di ulteriori 2 anni. Gli effetti dell’applicazione dei patti in deroga sono stati devastanti per gli inquilini, in particolare per i soggetti economicamente deboli. Gli affitti sono aumentati dal 60% al 200% e la quasi totalità dei contratti in locazione in scadenza non sono stati rinnovati dalla proprietà, sono aumentate le richieste di sfratto per cessata locazione e per morosità.

 

2.3.3.            Sentenza n. 309/96 della Corte Costituzionale: meno protezione legale per gli inquilini

 

Con questo provvedimento la Corte ha ritenuto incostituzionale quella parte dell’articolo 11 della Legge 359 che rendeva obbligatoria l’assistenza delle associazioni dei proprietari e dei sindacati degli inquilini nella stipulazione dei patti in deroga. Gli effetti giuridici immediati dell’ordinanza hanno offerto la possibilità di scegliere se essere assistiti sindacalmente o meno nella stipulazione del contratto di locazione. Nella pratica, il quasi totale annullamento del controllo sindacale ha causato un ulteriore aumento dei canoni di locazione, soprattutto nelle 11 aree metropolitane (Roma, Milano, Napoli, Palermo, Bari, Bologna, Torino, Venezia, Genova, Firenze, Catania, Messina). Questo effetto ha prodotto il ritorno al mercato nero, l’introduzione di clausole vessatorie e di durate contrattuali inferiori al minimo previsto dalla legge 359/92.

 

2.3.4.  La nuova legge delle locazioni: libera negoziazione dei contratti

 

Con l'entrata in vigore della legge n. 431 del 9/12/1998 di riforma delle locazioni, è terminata dopo vent'anni la stagione del regime di equo canone ed è stata cancellata anche la legge istitutiva dei patti in deroga. Elementi caratterizzanti la nuova legge erano due possibilità contrattuali: da una parte la libera contrattazione del canone di affitto fra i privati, con l'obbligo di durata contrattuale di quattro anni più quattro; l'altra, che affida alla contrattazione fra le rappresentanze dei proprietari e degli inquilini i contenuti del contratto e l'ammontare dell'affitto, con durata contrattuale di tre anni più un eventuale rinnovo di altri due.

La nuova legge introduceva alcune norme per sconfiggere l'evasione fiscale ed il mercato nero delle locazioni: l'obbligo di registrazione e del contratto scritto; l'impossibilità per il proprietario e l'inquilino di usufruire di qualsiasi agevolazione fiscale se non si era in regola con tale registrazione; l'impossibilità per il proprietario di chiedere lo sfratto se non era in regola con gli obblighi fiscali e quelli di registrazione.

 

2.3.5.  Il fallimento della L. 431/98: il ritorno dei canoni illegali e degli sfratti

 

Questa legge è stata progressivamente smantellata nei suoi aspetti di controllo sindacale, lasciando inalterate le norme liberalizzatrici, grazie a una serie di sentenze della Corte Costituzionale[9].

 

La sentenza n. 482 del 9 novembre 2000, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'art. 6, comma 6, della L 431/98. In sintesi, il proprietario può ora chiedere all’inquilino un “maggior danno” nel caso di ritardi nell’esecuzione dello sfratto, almeno pari alla differenza tra canone percepito e canone di mercato.

 

La sentenza della Corte Costituzionale n. 333/2001 del 5 ottobre 2001 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 L. 431/98. Poiché ha abrogato la necessità del proprietario di dimostrare di essere in regola col fisco per esercitare l'azione di sfratto, si è trattato di un ulteriore incentivo agli sfratti e all'evasione fiscale. Si stima che più del 40% dei nuovi contratti non viene registrato, mentre l'irregolarità supera il 60% se si tiene conto anche della registrazione di un canone diverso da quello effettivo.

 

Infine, la sentenza della Corte Costituzionale n. 155/2004, pur respingendo la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della L. 185/2002 (Disposizioni concernenti proroghe in materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione), pone tuttavia uno stop alle proroghe.

 

2.3.6.  Perché gli sfratti violano la legalità

 

Questa situazione, che apparentemente rispetta la normativa vigente, in realtà viola profondamente i seguenti articoli della Costituzione Italiana:

w        art. 2:  la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, e il diritto alla casa è ricompreso nel diritto alla vita.

w        art. 3: compito della Repubblica è rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. A fronte della gravità del problema l’Italia, al contrario, diminuisce l’impegno pubblico nel settore abitativo.

w        art. 32: la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività. La minaccia di perdere l’alloggio, oppure il subire uno sfratto, sono motivi di sofferenza fisica e psichica.

w        art. 42: la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti, allo scopo di assicurarne la funzione sociale. La mancata proroga degli sfratti annulla la funzione sociale della proprietà immobiliare.

 

2.3.7.  Le violazioni del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali

 

L’art. 10 della Costituzione italiana stabilisce che l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. Poiché L’Italia ha ratificato il Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali con la legge 25 ottobre 1977, n. 881, questo è diventato una legge dello stato. In particolare, è norma di legge l’articolo 11 del Patto laddove “gli Stati riconoscono il diritto di ogni individuo ad un livello di vita adeguato per se e per la sua famiglia, che includa alimentazione, vestiario, ed alloggio adeguati, nonché al miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita. Gli Stati parti prenderanno misure idonee ad assicurare l'attuazione di questo diritto….”.

Su queste basi, nel dicembre 1992 una rete di associazioni coordinate dall’Unione Inquilini presentò un Rapporto sullo Stato del Diritto alla Casa in Italia[10] alla 7a sessione del Comitato ONU sui Diritti Economici, Sociali e Culturali[11]. 

Nelle sue Osservazioni finali Il Comitato manifestò numerose preoccupazioni:

 

(a) L'adozione della L 359/92 sembra aggravare la situazione degli inquilini economicamente svantaggiati. Questa Legge è un arretramento parziale rispetto alla L392/78 di 1978 che aveva introdotto il concetto di "equo canone";

 

(b) Questa situazione ha causato una certa paralisi nel mercato locativo, nel quale è stimata l’esistenza di circa 5 milioni di appartamenti non occupati. Le deroghe all'equo canone hanno aumentato la libertà locativa contribuendo agli aumenti degli affitti;

 

(c) A causa della scarsità di edilizia popolare, circa il 5 per cento dello stock abitativo totale, e poiché non è stato stabilito né proposto un fondo sociale adeguato, la condizione degli inquilini sta peggiorando. Il piano decennale di edilizia popolare, realizzato parzialmente alla scadenza del 1988, non è stato migliorato e rimane insufficiente;

 

(d) Un'ulteriore fonte di continua preoccupazione è la natura precaria dei contratti d'affitto, aggravata dai provvedimenti della L. 359/92, considerando che il 74 per cento degli sfratti è determinato dalla finita locazione, e chei una famiglia su tre è stata sfrattata dal 1983.

 

Perciò Il Comitato richiamò l’Italia al rispetto dell’art. 11 “il Governo italiano dovrebbe prendere tutte le misure adatte per migliorare la condizione degli inquilini ed assicurare il reperimento di soluzioni abitative a medio-termine per le categorie sociali più svantaggiate. (Il Comitato) spera di ricevere tutte le informazioni attinenti in occasione della presentazione da parte dell'Italia del suo terzo rapporto periodico."

 

La stessa rete associativa presentò nel dicembre 1993 una Dichiarazione Integrativa alla 9a Sessione del Comitato chiedendo:

 

1. Quali sono i passi che il Governo intende intraprendere per migliorare le condizioni degli inquilini. Particolarmente per fare fonte a:

 

w        l'aumento dei prezzi di canoni di locazione

w        la continua mancanza di abitazioni accessibili

w        l'incremento del numero degli sfratti non determinati dalla necessità del padrone di casa

w        l’aumento del numero dei senzatetto.

 

2. Quali soluzioni sono proposte per assicurare il diritto alla casa di tutti, fronteggiando l'impatto negativo dell'attuale situazione economica sulle popolazioni svantaggiate?

 

3. Qual'è la politica di edilizia sociale in Italia e come si concilia con i programmi di privatizzazione del patrimonio pubblico?

 

4. Quali passi intende compiere il Governo per regolare il mercato locativo?

 

5. Quanti alloggi di edilizia sociale sono stati costruiti dal 1991 e quante famiglie ne hanno beneficiato?

 

6. Quali soluzioni sono state proposte per ridurre il numero degli sfratti?

 

7. Come si concilia la procedura di sfratto per "cessata locazione" con il diritto alla sicurezza abitativa stabilito dall'articolo 8 del Commento Generale n. 4 del Comitato ONU (1990)?

 

8. Che tipo di politica esiste per assicurare ai lavoratori migranti e con regolare permesso di soggiorno un equo accesso alla casa?

 

9. Che parte del bilancio pubblico nazionale è dedicata alla politica abitativa? Perché i fondi Gescal sono solitamente utilizzati per altre questioni pur derivando da una tassa finalizzata all'edilizia popolare?

 

10. Considerando che questa parziale riforma ha anticipato la riforma globale del sistema locativo, che impianto legale vuole presentare il Governo al Parlamento?

 

Si tratta di domande a cui l’Italia ha risposto parzialmente, tant’è che, ancora il 18 dicembre 2003, il Comitato ha presentato una Lista di richieste, in concomitanza con la valutazione del quarto rapporto periodico, riguardante i diritti garantiti dagli articoli 1-15 del Patto Internazionae dei Diritti Economici, Culturali e Sociali (E/C.12/4/Add.13), che sarà discusso nel corso della 33a sessione del Comitato (Ginevra, 8-26 novembre 2004)

 

In particolare, il Comitato ha chiesto:

 

26. (Il Governo) spieghi quali sono le modalità di esecuzione degli sfratti.

 

27. Secondo il rapporto statale italiano, il numero esatto delle persone senza casa non può essere accertato. Tuttavia, uno studio ad hoc realizzato nel 2000 stima il loro numero in 17.000. (Il Governo) fornisca i dati, disaggregati per sesso, età ed origine etnica, delle persone senza casa ed indichi che misure sono state introdotte per fronteggiare questo problema.

 

Queste domande sono ancora senza risposta.

 

2.4.      Cause, ufficiali o meno, degli sfratti

 

Tav. 6 – Motivazioni degli sfratti per anno

 

Motivazioni sfratto

Anno 1983

Anno 2002

Cessata locazione

72,46%

30,48%           

Morosità

12,85%

67,88%           

Necessità del locatore

14,69%

1,64%

 

Con l’entrata a regime della L. 359/92, che hanno prodotto un aumento del monte canoni stimato di 3,5 miliardi Euro/anno, nel 1996 gli sfratti per morosità sono diventati più della metà: 52,40% del totale. L’entrata a regime della L. 431/98 ha ulteriormente aumentato il monte canoni annuo di 1 miliardo Euro/anno, con un nuovo balzo degli sfratti per morosità, che nel 2002 arrivano al 67,88% del totale.

L’aumento degli sfratti per morosità è determinato dagli altissimi canoni oltre che da una crescente crisi economica, unita con una diffusione dell’usura bancaria.

 

La necessità del locatore, addotta come motivo della richiesta di liberalizzazione dei contratti, è invece diminuita dal 14,69% del 1983 alla quota quasi insignificante del 1,64% nel 2002.

Le disdette per cessata locazione hanno due cause principali: la disdetta generalizzata dei contratti con canoni moderati (allo scopo di ricontrattarli a canoni più elevati), ma anche per modificare l’uso di tali immobili, che diventano residence, bed and breakfast, uffici ecc..

 

2.5.            Soggetti che chiedono gli sfratti

 

Sfratti locativi: la generalità dei proprietari del settore privato.

Sgomberi occupazioni abusive delle case popolari: Aziende Territoriali Edilizia Residenziale Pubblica, Istituti Autonomi Case Popolari, Comuni ed altri Enti.

 

2.6.           Le risposte alla crisi degli sfratti

 

2.6.1.     Le risposte del Governo

 

w        Proroghe: La protezione per gli inquilini sfrattati è scarsissima: nel corso degli anni vi sono state delle leggi di proroga delle esecuzioni riguardanti gli anziani ultrasessantacinquenni, o i portatori di gravi handicap, comunque solo con redditi bassissimi e solo per gli sfratti derivati da cessata locazione. Restavano esclusi gli sfratti per morosità. Dal giugno 2004 non è più nemmeno possibile la proroga del contratto. Di fatto i tribunali eseguono gli sfratti sulla base dalla disponibilità della forza pubblica ad intervenire per effettuare materialmente gli sgomberi; in alcune città, ma non dappertutto, questa viene disposta dai prefetti.

 

w        Fondo sociale: partito con uno stanziamento annuo di 753 miliardi di vecchie lire (circa 388 milioni di Euro), si è ridotto con le Leggi finanziarie 2003 e 2004 a 209 milioni di Euro. Il contributo all’affitto è stato perciò erogato solo al 5% delle famiglie inquiline. Per fare un raffronto, mentre in Europa la spesa media per l’alloggio e la lotta all’esclusione sociale è del 3,8% sul budget pubblico, in Italia è solo lo 0,2%.

 

w        Edilizia residenziale pubblica: mentre nel 1991 le case popolari erano 1.100.000, cioè il 6,3% del totale delle abitazioni, nel 2001 erano diminuiti a 973.194, cioè il 5,3 %. Tale numero è diminuito ulteriormente a causa del taglio degli investimenti nel settore abitativo sociale e a causa della normative sulla vendita degli alloggi popolari e di proprietà degli enti previdenziali. Perciò la domanda di case popolari inevasa è altissima: un’indagine[12] accertava che nel 2002 sono stati assegnati solo 9.273 alloggi, pari al 7,8% delle 117.853 domande presentate nei comuni ad alta tensione abitativa.

 

·        Per affrontare l'attuale situazione di emergenza sfratti, che colpisce oltre 200.000 famiglie, il governo ha approvato il Decreto Legge n.240 del 13/9/04 che è assolutamente inadeguato alla situazione e servirà unicamente ad aggravare il problema.

Infatti il Decreto Legge 240/04:

·          Permette la dilazione dell’esecuzione solo degli sfratti derivati da finita locazione, e riguarda gli inquilini con reddito annuo inferiore a 20.000 euro, o ultrasessantacinquenni o portatori di handicap, che ammontano a circa 26.000 famiglie, pari al 13% del totale, lasciando senza protezione l’87% delle oltre 200.000 famiglie minacciate di sfratto.

·          L’esecuzione di questi sfratti è rimandata soltanto fino al 31/12/2004, data entro la quale gli inquilini potranno proporre alla proprietà un nuovo contratto di locazione a breve termine (6-18 mesi, o tre anni con possibilità di rinnovo di ulteriori 2 anni) a canoni di mercato.

·          Il governo concede contributi per un ammontare fino a 5.000 euro ai proprietari che affittano con durata contrattuale a breve termine a regime di libero mercato, stanziando circa 110 milioni di euro tolti dal fondo sociale complessivo. Poiché il fondo sociale ha al momento una liquidità disponibile di soli 246 milioni di euro, probabilmente aumenterà il numero di famiglie che, impossibilitate a pagare gli affitti di mercato, si indebiteranno e saranno sfrattate per morosità.

 

2.6.2.     I comuni danno risposte differenziate

 

w        Le amministrazione di centro-destra, in generale non intervengono, lasciando che i singoli trovino soluzioni individuali, oppure incaricano il settore privato-sociale della soluzione dei casi più gravi.

w        Le amministrazioni di centro-sinistra, in generale, intervengono mediando con la proprietà Queste modalità hanno consentito di trovare delle soluzioni non traumatiche per i casi affrontati.

 

A causa dell’acuirsi della tensione abitativa dovuta al mancato intervento governativo in materia di sfratti, le nuove amministrazioni locali (giugno 2004) sono costrette a scegliere politiche più incisive.

 

Ad esempio: gli assessori alla casa di alcuni comuni di centro-sinistra (Bologna, Padova, Roma, ecc.) sono intervenuti a fianco delle associazioni di difesa per impedire gli sfratti locativi in assenza di alternative. Oppure, nel caso di occupazioni abusive, hanno proceduto a consultazioni preventive con i soggetti interessati proponendo di concordare la rilocazione[13]. Altri, prendendo esempio dal movimento dei comuni francesi, hanno dichiarato i loro “territori liberi dagli sfratti”.

 

 

3.      La discriminazione degli immigrati nell’accesso all’abitazione

 

3.1       Le discriminazioni nell’accesso all’edilizia privata

 

La condizione alloggiativa degli immigrati in Italia è marcata dalla discriminazione, sia nel  mercato locativo privato che nel settore sociale pubblico.

Oltre che con le difficoltà comuni ai cittadini italiani che cercano una casa in affitto nel libero mercato, gli immigrati devono fare i conti con alcune particolari “discriminazioni” [14] perché i proprietari di casa[15]:

·         non affittano a stranieri (specie se di colore o islamici) senza adeguate garanzie,

·         se affittano a stranieri pretendono un costo aggiuntivo (10-30%) e in molti casi, per i regolari, anche la stipula di una fideiussione bancaria;

·         se affittano a stranieri, specie nelle grandi città, l’affitto è in genere transitorio e in nero.

 

Perciò oltre 500.000 cittadini immigrati risultano senza casa[16]: il 15% è ospite di parenti mentre il 10% trova rifugio nei posti-letto a pagamento, nei centri di accoglienza (6%), nei dormitori pubblici (5%), nelle stazioni ferroviarie (5%), sui posti di lavoro (5%), in cascinali o baracche (5%), nelle carrozze ferroviarie (4%), nei centri sociali (4%), in edifici pericolanti (4%), in case occupate (3%), in alberghi (3%), nei parchi pubblici (3%), nelle carceri (2%), in centri di detenzione amministrativa (2%), sotto i ponti (2%), o in altre situazioni (15%).

 

3.2       Le discriminazioni nell’accesso all’edilizia sociale pubblica

 

Anziché rimediare a queste discriminazioni, il settore pubblico le accentua. Infatti, l’ art. 27 della Legge 30 luglio 2002, n.189 (legge Bossi-Fini) introduce nuovi limiti alle possibilità per i cittadini immigrati di accedere all’edilizia residenziale pubblica, alle agenzie sociali per la locazione, ai mutui agevolati per l’acquisto o il recupero, perché richiede:

·         la titolarità della carta di soggiorno (che si può richiedere soltanto dopo sei anni);

·         oppure un permesso di soggiorno almeno biennale (mentre prima bastava che lo straniero fosse soggiornante). Considerando che il permesso di soggiorno è legato al contratto di lavoro, e che la maggioranza di questi contratti è a tempo determinato, è quasi impossibile ottenere un permesso biennale;

·         lo svolgimento di regolare attività di lavoro (mentre in precedenza era sufficiente l’iscrizione alle liste di collocamento).

 

Conseguentemente, la grandissima maggioranza dei cittadini immigrati è esclusa dalla partecipazione ai bandi per l’assegnazioni di case popolari o da altre agevolazioni pubbliche per la casa.

Da notare che sono esclusi anche:

·        I cittadini che sono presenti sul territorio italiano il cui permesso di soggiorno è stato rinnovato più volte, però con durata inferiore al biennio;

·        I lavoratori immigrati che pagano regolarmente le tasse, compresa (fino al 1995) la GESCAL, tassa di scopo per finanziare le case popolari

 

Riteniamo che queste esclusioni di una particolare categoria di cittadini dal godimento del diritto alla casa violino il PIDESC:

·         l’art. 11, in quanto l’Italia ha peggiorato le politiche abitative;

·         l’art. 2.2, in quanto l’Italia ha aumentato le discriminazioni.

 

 

4.          Richieste al Comitato PIDESC dell’ONU

 

Considerando che, a tutt’oggi, il governo non ha emanato nessun provvedimento di proroga degli sfratti, né ha finanziato il settore abitativo sociale, né ha disposto l’aumento del fondo sociale per l’affitto, è prevedibile un aumento del numero degli sfratti locativi e degli sgomberi e, conseguentemente, della tensione sociale. Lo testimonia, ad esempio, la presa di posizione dell’Uppi, un’associazione di proprietari molto rappresentativa, che ha dichiarato[17] di voler fornire guardie giurate private contro le dimostrazioni antisfratto. Al di là di queste dichiarazioni, ci sono drammi personali e familiari che coinvolgono centinaia di migliaia di persone su tutto il territorio nazionale. La stampa riporta soltanto gli episodi più sensazionali (i casi di resistenza agli sgomberi, minacce di suicidio, accampamenti davanti ai municipi, occupazioni abusiva di edifici, ecc.), mentre la maggioranza dei casi non è nota (le famiglie separate, gli anziani o i malati che devono essere ricoverati, l'aumento del numero di senzatetto, ecc.).

 


Per queste ragioni proponiamo al Comitato ONU sul PIDESC di chiedere al governo italiano:

 

1. Quali sono i passi che il Governo intende intraprendere per migliorare le condizioni degli inquilini. Particolarmente per fare fonte a:

 

w        l'aumento dei prezzi di affitto

w        la continua mancanza di abitazioni a prezzi accessibili

w        l'incremento del numero degli sfratti

w        l'aumento del numero dei senzatetto

 

2. Quali soluzioni sono proposte per assicurare il diritto alla casa di tutti, fronteggiando l'impatto negativo dell'attuale situazione economica sulle popolazioni svantaggiate?

 

3. Qual'è la politica di edilizia sociale che l’Italia intende perseguire e come si concilia con i programmi di privatizzazione del patrimonio pubblico?

 

4. Perché il governo, dopo aver liberalizzato il settore locativo, non solo non ha aumentato, ma ha al contrario ridotto il fondo sociale per gli affitti?

 

5. A livello nazionale, regionale e locale:

·         quanti alloggi di edilizia sociale sono stati costruiti dal 2001?

·         quante famiglie ne hanno beneficiato?

·         quante famiglie svantaggiate sone state escluse dallo stanziamento dell’edilizia sociale?

 

6. Poiché il Decreto Legge 240/04 protegge soltanto il 13% delle famiglie minacciate di sgombero, quale soluzione è prevista per proteggere dallo sfratto senza la possibilità di trovare altro alloggio il restante l'87%?

 

7. La procedura secondo la quale vengono escluse le famiglie sfrattate per morosità è coerente con il diritto ad un alloggio adeguato come stabilito dall'articolo 8 del 4° Commento Generale del Comitato ONU (1990)?

 

8. L’esclusione dei cittadini immigrati da un accesso equo alle case popolari e da ogni altra agevolazione pubblica relativa all’abitazione rispetta il diritto a un alloggio adeguato come stabilito dal PIDESC?

 

9. Che tipo di politica esiste per assicurare ai lavoratori migranti e regolari un equo accesso alla casa?

 

10. Che parte del bilancio pubblico nazionale, regionale e comunale è dedicata alla politica abitativa?

 

11. Vogliate fornire i dati disaggregati per sesso, età, e origine etnica, sui senzatetto in Italia, e indicare quali misure sono state introdotte per fronteggiare questo problema.

 

Sulla base delle risposte del governo italiano a queste domande, chiediamo al Comitato ONU di censurare l’Italia e di fare pressione affinché cambi queste politiche che violano gli articoli 2 e 11 del PIDESC.

 

In particolare, il governo italiano dovrebbe:

1.      introdurre una normativa che preveda la proroga degli sfratti per qualsiasi motivo, finché l'inquilino non sia sato rialloggiato in maniera adeguata per quanto concerne posizione, prezzo e composizione dell’abitazione.

 

2.      Reintrodurre il controllo pubblico del settore locativo per rendere i canoni più accessibili e garantire la sicurezza abitativa per tutti;

 

3.      Promuovere la politica di edilizia sociale, stanzaindo almeno l'1% dei fondi pubblici statali, regionali e locali, per controbilanciare il settore locativo privato.

 

4.      Abrogare la normativa che esclude i cittadini migranti dall’accesso alle case popolari e dalle agevolazioni pubbliche all’abitazione, in particolare l’art. 27 della Legge 30 luglio 2002, n.189 (legge Bossi-Fini)

 



[3] Si tratta degli ultimi dati ufficiali (marzo 2004) http://pers.mininterno.it/dcds/

[5] Elaborazione Unione Inquilini su dati Istat www.unioneinquilini.it

[6] Sindacato degli Inquilini, www.sunia.it

[10] Habitat International Coalition, CICSENE Torino, ASPE Torino, DAR Genova, Agenzia Senza Confine Roma Italia-Razzismo Roma, Stop Razzismo Milano, Federazione Italiana Organizzazione Persone Senza Fissa Dimora (FIOPS) Roma

[11] Tutte le citazioni si trovano su http://www.bayefsky.com/bycategory.php/state/85

[12] La richiesta di alloggi pubblici espressa dai bandi ERP negli 82 comuni ad alta tensione abitativa (ANCI-Cresme 2002)

[13] Hotel Africa addio su http://www.peacereporter.net/it/canali/storie/0000europa/italia/040824tibutrino

Immigrati, Bologna sgombero extracomunitari irregolari a Ferrhote on http://www.meltingpot.org/articolo3394.html

[14] http://www.stranieriinitalia.it/news/case15ott2003.htm

[15] Sei mesi dopo (primo bilancio della legge Bossi-Fini), 2003, Ares 2000, http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2003/marzo/ares-bilancio-bossi-fini.html

[16] Il colore delle case, 1° Rapporto sulla condizione abitativa degli immigrati in Italia, Ares 2000, http://www.ares2000.net/ricerche/colorecase/ilcoloredellecase.htm


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