PER UNA BUONA POLITICA DELLIMMIGRAZIONE

Contributo al Programma del Forum Fratelli dItalia- DS

 

 


 

Le migrazioni internazionali

 

Le migrazioni internazionali sono un fenomeno strutturale i cui effetti coinvolgono lintero pianeta e incidono profondamente sugli assetti sociali, economici e politici degli Stati moderni.

Molti sono i fattori che pesano sulle dinamiche migratorie: lestensione del modello economico basato sul mercato e sulla competizione, la concentrazione dei capitali nelle aree pi sviluppate, il differenziale di reddito tra nazioni e aree geografiche, per citarne solo alcuni.

Negli ultimi due decenni alcuni fattori specifici hanno favorito unintensificazione dei processi di mobilit delle persone. Sono aumentate le differenze di opportunit lavorative e di salario tra le aree sviluppate e quelle sottosviluppate.

E sorta una nuova questione demografica che si esplicita in un progressivo calo demografico nei paesi ricchi mentre si registra un aumento della pressione demografica nelle aree povere.

Il mercato mondiale del lavoro permeato da un grande paradosso: da una parte si registra nei paesi industrializzati unimportante domanda di lavoro a fronte di una esiguit dellofferta mentre nei paesi poveri si registra unesuberanza dellofferta di lavoro a fronte di una esiguit della domanda di lavoro.

In questo quadro le migrazioni sono fattore di compensazione dei dislivelli di sviluppo.

Nellera della globalizzazione e la crisi del modello dello stato nazionale, le migrazioni dalle aree di sottosviluppo verso le aree industrializzate modificano la fisionomia delle societ moderne.

Di fatto le migrazioni pongono un dilemma che costituisce la sfida per le classi dirigenti del pianeta: riusciranno persone portatrici di religioni e culture diverse a convivere nelle stesse aree geografiche, riusciranno a costituire societ complesse dove il valore e la pratica del riconoscimento delle differenze si concili con il rispetto di principi e valori universali?


Limmigrazione in Italia

 

Nel caso dellItalia limmigrazione diventata una realt consolidata e la presenza degli immigrati ha raggiunto 2.800.000 ovvero il 5% della popolazione ed una risorsa preziosa per il sistema paese. Il loro contributo alleconomia di circa il 6,2% del PIL.

Senza gli immigrati settori dellagricoltura, delledilizia e la chimica entrerebbero in crisi. La loro funzione nella riproduzione sociale e nel welfare decisiva per garantire i servizi sociosanitari. Senza il lavoro degli immigrati molte donne italiane non avrebbero potuto conciliare lavoro e gestione familiare. Senza lingresso di nuovi immigrati il sistema pensionistico sconter ulteriori problemi di sostenibilit finanziaria considerando linvecchiamento della popolazione e la denatalit. Infatti, si va creando in Italia un vuoto demografico nel segmento della popolazione tra i 20 ed i 40 anni e si prevede una perdita annua di 250.000 unit nei prossimi ventanni. Un vuoto che certamente accresce la domanda di immigrazione.

Quindi oltre ad essere necessaria, limmigrazione si rende persino indispensabile per lo sviluppo futuro del paese. E Ciononostante si stenta ancora ad accettarla e la si guarda con diffidenza come un fenomeno da cui difendersi invece di governarlo valorizzandolo.

La sindrome di assedio ha percorso le scelte politiche dei governi europei negli ultimi anni e i partiti di estrema destra hanno fatto del discorso xenofobo il perno della loro strategia di consenso. Ma limmigrazione non fenomeno da cui difendersi; semmai unopportunit per la crescita e un leva per lo sviluppo. Come afferma  Koffi Annan lItalia per garantirsi il mantenimento del tasso di sviluppo raggiunto ha bisogno di almeno 200.000 nuovi ingressi di immigrati lanno. 

Lo sviluppo futuro dellItalia e la competitivit della sua economia devono attingere nei giacimenti di risorse nascoste che sono le donne, i giovani e gli immigrati. Ma per essere colta pienamente come opportunit necessaria una gestione razionale e non ideologica delle migrazioni che solo una politica di sinistra pu fare.

 

Nonostante ci il Governo delle destre ha perseguito una politica dellimmigrazione pi improntata allideologia che non alla gestione pro-attiva del fenomeno. Secondo la maggioranza di centrodestra la legge Bossi-Fini avrebbe risolto il problema dellimmigrazione, soprattutto  di quella clandestina.

 

Alla prova dei fatti, il centrodestra si dimostrato incapace di uscire dallideologismo e ha  fatto scelte sbagliate e dannose non solo per gli immigrati,  ma per lintera comunit nazionale. La Bossi-Fini  si rilevata essere non solo  lesiva dei diritti degli stranieri e di alcuni principi fondamentali della nostra Costituzione, ma anche una legge fatta male. Il tema della cancellazione della Bossi-Fini e di  una svolta in materia di immigrazione dunque aperto.

 

Abbiamo bisogno di una politica che rifugga dalle soluzioni miracolistiche come dalla demagogia e dal populismo. Abbiamo bisogno di una politica che consideri limmigrazione un fenomeno normale e non  una  costante emergenza. Abbiamo bisogno di una politica che si confronti non solo sul tema del controllo delle frontiere e dei flussi di ingresso, ma soprattutto sul come vivono assieme  gli italiani e gli  immigrati. 

 

Si avverte quindi la necessit di nuove leggi,  ma soprattutto si avverte la necessit di  una nuova cultura, di un nuovo modo di guardare al tema dellimmigrazione da parte delle classi dirigenti del paese.


Valori e riferimenti di una politica dellimmigrazione

 

Non cՏ tema come quello dellimmigrazione che chiama in causa la coerenza fra principi, valori e pratiche politiche dellagire quotidiano. Un tema che evoca la necessit di ricercare un costante equilibrio, pena la rottura dei legami di convivenza nella nostra societ, tra etica delluguaglianza e rispetto delle diversit.

Le linee guida di una buona politica sullimmigrazione sono state ribadite dal Consiglio europeo di Tampere (ottobre 1999), che per la prima volta ha tenuto in considerazione tre questioni essenziali ed interconnesse:

  1. la gestione delle migrazione in una fase di depressione demografica;
  2. il miglioramento delle politiche di integrazione dei migranti nellUE;
  3. la necessit di una cooperazione con i paesi di origine;

Il Consiglio a Tampere ha ritenuto altres che la lotta contro limmigrazione illegale e la tratta di esseri umani non debbano tradursi in una politica meramente repressiva nei confronti dei migranti irregolari bens rivolgersi contro i trafficanti e i datori di lavoro che sfruttano tale situazione.

Quindi combattere la clandestinit e non solo i clandestini!

Gli stessi valori e principi espressi dal Centrosinistra sono stati poi confermati dalla Direttiva Europea 43/2000 che attua il concetto di parit di trattamento fra tutte le persone senza alcuna discriminazione.

La stessa Carta dei Diritti Fondamentali dellUnione (2000), le cui disposizioni si applicano a chiunque vive sul territorio dellUnione Europea senza alcuna distinzione, ribadiscono questi valori che sono le pari opportunit, il rispetto dei diritti umani, la tutela della dignit delle persone, il rispetto delle diversit, la lotta contro il razzismo e le discriminazioni e infine la partecipazione alla vita pubblica.

Il centrosinistra deve quindi portare avanti il proprio progetto per il governo del fenomeno delle migrazioni mettendo in evidenza la propria differenza strategica e di visione rispetto al centrodestra. Un approccio da sinistra che poggia sulla volont di non subire passivamente o di difendersi dallimmigrazione ma di valorizzarla.

Siamo convinti chՏ attorno alla capacit di dare risposte e di prospettare soluzioni alla questione dellimmigrazione che si definisce il profilo ed il carattere della sinistra moderna e democratica.


Una strategia europea di gestione

 

Le migrazioni, si detto, sono una questione di dimensione globale che nessun paese pu risolvere da solo. Nessun paese da solo pu far fronte alla pressione migratoria e soprattutto lItalia che, per la sua posizione geografica nel cuore del Mediterraneo, pi esposta di altri paesi.

Servono strategie di coordinamento e politiche congiunte di diversi stati. LUE deve giocare un ruolo importante nella gestione delle migrazioni.

Il trattato di Amsterdam fiss al primo maggio 2004 la scadenza del processo di comunitarizzazione delle politiche di immigrazione e di asilo, ponendo l'Europa come area di immigrazione dopo gli anni di immigrazione zero e riconoscendo implicitamente l'esigenza di allargare l'accesso al suolo europeo.

Il vertice di Laeken (2001) aveva fotografato la situazione di stallo. Responsabili consapevoli della frenata sono i governi degli Stati membri che hanno deciso di concentrarsi su alcuni obiettivi minimi: armonizzazione e rafforzamento dei sistemi comuni di controllo dei flussi, coordinamento dei sistemi nazionali di asilo, varo di programmi comuni per la lotta alle discriminazioni e al razzismo.

Finora per, lunico ambito in cui le politiche europee hanno realizzato progressi quello delle politiche di controllo e di contrasto dellimmigrazione clandestina. Listituzione di una Agenzia europea per la gestione delle frontiere rappresenta un passo in avanti in un campo che, fino a pochi anni fa, era monopolio dei singoli Stati.

Comunque, le politiche di contrasto alle migrazioni clandestine non si esauriscono con la militarizzazione delle frontiere europee. Lidea di una Europa Fortezza, chiusa in s stessa non solo illusoria ma anche contraria allinteresse dellUE. Lesperienza ha dimostrato che le politiche restrittive, anche quando sono imperniate sulle misure pi draconiane, da sole non bastano a contenere un esodo che scaturisce da squilibri strutturali, e finiscono semmai per esacerbare il problema.

Quindi non bastano il controllo delle frontiere e la lotta contro le migrazioni clandestine ed controproducente un approccio meramente poliziesco che considera le migrazioni come questione di ordine pubblico. Nessuna agenzia europea da sola pu fermare le migrazioni se non vengono affrontate le cause che le determinano. Accanto alla regolazione dei flussi, le politiche debbono incentrarsi sugli immigrati gi presenti e sulla loro integrazione.

Oggi pi che mai servono politiche atte a garantire una convivenza civile e pacifica tra immigrati ed indigeni. E vanno considerate anche le cause che determinano le migrazioni a partire dal sottosviluppo delle aree di provenienza.

Le conclusioni di Tampere, tuttora valide, rimandavano alla promozione di forme di partenariato con i paesi di origine, alla definizione di un regime europeo comune in materia di asilo, di equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi e di gestione dei flussi migratori. Finora quelle conclusioni sono rimaste lettera morta.

Comunque una buona politica di gestione delle dinamiche migratorie deve porsi lobbiettivo di gestire in modo efficiente i flussi, di migliorare le politiche di integrazione, di cercare il dialogo e la cooperazione con i paesi di origine nellambito di un approccio globale.


Gestione efficiente dei flussi migratori

 

Lesigenza di lottare contro le migrazioni clandestine spesso ha fatto smarrire gli effetti benefici che le migrazioni comportano.

Finora le politiche in materia di immigrazione sono state centrate su politiche di controllo dei flussi o chiusura delle frontiere. Sono politiche difensive dettate da ragioni di gestione del consenso elettorale e non dallesigenza di valorizzare la migrazione come risorsa decisiva per il futuro.

Va sottolineato che i flussi irregolari sono andati aumentando a partire dagli anni 70 in seguito al varo di politiche restrittive da parte di molti paesi, le cui economie peraltro hanno continuato ad avere bisogno di manodopera generica per i segmenti marginali dei sistemi produttivi nazionali.

Quindi le migrazioni clandestine sono una conseguenza delle politiche di chiusura delle frontiere e del varo di leggi volte a limitare il diritto alla mobilit delle persone. 

Limmigrazione una risorsa decisiva per il futuro dellEuropa. E perci riduttivo guardare alle migrazioni come un fenomeno negativo, anche quando sono irregolari.

Pertanto si richiede una maggiore flessibilit nella determinazione dei flussi oltre a interventi di natura socio-economica da attuare in collegamento con i paesi di origine.

Quindi oltre allesigenza di un coordinamento delle politiche a livello europeo, servono anche la stipula di accordi bilaterali in materia di immigrazione.

In Italia, tale discussione si deve incrociare con il  tema della messa a punto di strumenti che migliorino e razionalizzino i meccanismi per la gestione degli ingressi e delle modalit di incontro tra domanda e offerta di lavoro superando il cosiddetto mismatch che contraddistinto le politiche degli ultimi anni.

In questo quadro si pone quindi il problema del superamento di alcune rigidit del meccanismo finora sperimentato delle quote e lindividuazione di misure che facilitano la possibilit di assumere lavoratori stranieri per imprese e famiglie. Si impone quindi il tema del ripristino dell listituto dello sponsor e del  visto di ingresso per ricerca di lavoro .


Cooperazione e dialogo con i paesi terzi

 

Poich le migrazioni molto spesso non sono una libera scelta ma scaturiscono dallesigenza dei migranti di sopravvivere e di migliorare le loro condizioni di vita. E del tutto evidente che quel che vanno cercando i migranti non si pu trovare nei loro paesi di origine. In tal senso le migrazioni richiamano le condizioni di sottosviluppo e di povert dei paesi di emigrazione.

Pertanto ogni politica volta a gestire seriamente le dinamiche migratorie deve tener conto delle cause intrinseche che le determinano ovvero il divario dei livelli di sviluppo tra aree di emigrazione ed aree di immigrazione, questione che, a sua volta, pone il problema di sviluppare i paesi di origine.

Insomma, ormai evidente a tutti il nesso tra migrazioni e sviluppo e quindi vanno individuate nuove strategie di cooperazione con i paesi di emigrazione cos come vanno valorizzati i migranti come attori di sviluppo.

In tal senso uninnovazione della cooperazione allo sviluppo deve partire dalla riforma della legislazione di settore. La legge 49/87 sulla cooperazione ha fatto il suo tempo. Oggi vi lesigenza di definire un nuovo quadro normativo pi adeguato e funzionale agli obbiettivi di maggiore giustizia nella re-distribuzione  delle ricchezze e di lotta alla povert nei paesi in ritardo di sviluppo.

La nuova cooperazione allo sviluppo dovr cimentarsi in un approccio basato su partenariato e co-sviluppo con i paesi in ritardo di sviluppo cos come dovr includere i temi della migrazione e degli scambi cultuali. Oggi limmigrazione una componente importante di una buona politica estera di pace..

Una cooperazione che apre spazi per una partecipazione diretta dei migranti ai progetti per lo sviluppo dei paesi di provenienza diventa una leva importante per colmare le deficienze strutturali.

I migranti sono gli attori parzialmente protagonisti dei processi di globalizzazione. La loro valorizzazione come attori di sviluppo e come anelli di congiunzione tra aree di provenienza ed aree di residenza per la moltiplicazione degli scambi economici e commerciali significa sistematizzare il contributo fondamentale che essi gi danno. Basti pensare alla consistenza dei volumi delle loro rimesse che, comՏ noto, hanno superato di gran lunga il livello dellAiuto Pubblico allo Sviluppo oppure il peso che comporta nel riequilibrio della bilancia dei pagamenti dei paesi di emigrazione.

Serve quindi un approccio generale ed equilibrato che consenta di affrontare le cause profonde dei movimenti migratori ma anche di definire forme di partenariato anche in materia di migrazione a cominciare dalla definizione di interessi comuni con i paesi di emigrazione. In tal senso, vanno promosse iniziative per aiutare i paesi di origine dei migranti a potenziare le loro capacit di gestione delle migrazioni.


Politiche attive di integrazione sociale 

Lintegrazione non un fatto spontaneo e se vogliamo promuoverla rendendola efficiente servono delle politiche specifiche. Lintegrazione sociale non per, soltanto, un pacchetto di diritti fruibili, esercizio dei doveri e delle responsabilit, ma anche capacit della democrazia di mantenere fede al suo ideale inclusivo ed alla sua promessa di uguaglianza. Unintegrazione degli immigrati serve a concretizzare il potenziale economico degli immigrati stessi, garantisce sicurezza e assicura la coesione sociale nel rispetto delle diversit. Ci contribuisce alla realizzazione degli obiettivi stabiliti dal Consiglio europeo di Lisbona di creare uneconomia dinamica e competitiva in grado di assicurare una crescita sostenuta in un contesto di maggiore coesione sociale.

Unattenzione particolare va data alle nuove minoranze costituite dai figli dellimmigrazione che spesso conoscono solo lItalia che il loro paese. Oggi i figli degli immigrati sono circa 500.000 e si prevede un raddoppiamento entro 10 anni. Quindi un milione di nuovi italiani portatori di culture e religioni diverse che dovranno convivere nella societ italiana. E necessario investire su di loro che sono il nostro futuro. In questa ottica necessario attrezzarsi per trasmettere valori condivisi, tutelare e far dialogare le diversit.

La scuola una di quelle sedi dove si pu e si deve lavorare per il raggiungimento di questo traguardo. Una scuola che sappia non solo trasmettere conoscenza ma anche socializzare valori per i suoi cittadini decisiva per la coesione. Pertanto, la scuola deve sapersi adattare, re-inventare se stessa attraverso nuovi approcci didattici, nuovi programmi scolastici, nuove professionalit del corpo docente sui temi dellintercultura. Insomma un nuovo sistema scolastico coerente con il nuovo pluralismo culturale.

Inoltre, va data maggiore attenzione alle politiche di genere in quanto le donne sono soggetti decisivi per lintegrazione sociale delle famiglie degli immigrati. Purtroppo limmigrazione al femminile spesso confinata tra le mura domestiche. Anche nel mercato del lavoro la figura della lavoratrice immigrata ancora legata al lavoro domestico, alla cura delle persone e allassistenza alle famiglie. Le donne e le famiglie immigrate devono essere sostenute e valorizzate in quanto sono soggetti strategici per lintegrazione sociale. Occorre agevolare i ricongiungimenti familiari.

In sostanza una politica attiva dintegrazione  dovrebbe comprendere:


Cittadinanza e partecipazione degli immigrati alla vita pubblica

 

Poich gli immigrati non sono solo braccia allora la loro presenza nella societ richiama il loro rapporto con lo Stato. La fedelt allo Stato e il rispetto delle sue regole presuppongono un patto chiaro di diritti e doveri.

Serve un patto tra lo Stato, nelle sue diverse articolazioni, e i cittadini immigrati: un patto di cittadinanza e di lealt repubblicana. Quindi la cittadinanza una questione che riguarda la sfera dello Stato che se ne deve fare carico. Il patto di cittadinanza debbono prima di tutto mirare a definire diritti e doveri dei cittadini a cominciare dalla concessione dei diritti di cittadinanza.

Se gli immigrati lavorano, pagano le tasse ma non possono partecipare alle decisioni che riguardano il destino collettivo della comunit allora si pone un problema reale di deficit democratico.

Il riconoscimento del diritto di voto attivo e passivo alle elezioni amministrative diventa la chiave di volta della cittadinizzazione degli immigrati. La cittadinizzazione degli immigrati il migliore antidoto contro le fratture sociali e per la coesione sociale.

E necessario altres definire meccanismi di partecipazione alla vita pubblica e di conseguenza necessario affrontare la questione della rappresentanza. Va sostenuto lassociazionismo degli immigrati a partire dalla valorizzazione delle loro iniziative volto al mantenimento delle loro identit.

Tuttavia anche le forze politiche devono aprire le loro porte per favorire la partecipazione e la rappresentanza degli immigrati.

La sfida quella di associare i quadri immigrati e promuoverli anche come classe dirigente. Costruire una classe dirigente di origine immigrata decisivo per il dialogo e la convivenza civile.

La decisione del centrosinistra di far partecipare gli immigrati alle Primarie stata una scelta politica importante e va perseguita.


Politiche di coesione sociale

 

La globalizzazione comporta processi di mobilit dei capitali ma anche delle persone. In tal senso, la mobilit delle persone contribuisce allo scardinamento dello stato-nazione.

La costruzione di una convivenza civile e democratica tra persone diverse un traguardo importante per il futuro di una societ pacificata.

Per raggiungere questo traguardo vanno promosse tutte le misure atte a concretizzare il valore delluguaglianza e il riconoscimento delle differenze.

In una democrazia pluralista ed aperta, nella sfera civile che vanno attuati questi principi allinterno di una nuova concezione della cittadinanza, una cittadinanza civica come garanzia di una coesione sociale.

Laltra idea guida della convivenza la laicit dello Stato e delle istituzioni intesa come spazio pubblico democratico entro cui i cittadini si scambiano i loro argomenti ed attivano procedure consensuali di decisione.

Una concezione della laicit in cui sono decisivi il dialogo tra Stato e comunit religiose per garantire il diritto alla libert di culto e il pluralismo religioso.

Una laicit che, pur garantendo la neutralit dello Stato, non si tramuti in laicismo, ovvero la negazione delle libert religiose.

Qui si pone anche la questione cruciale dello status delle altre confessioni religiose a cominciare dallIslam. Tema cruciale che deve essere consapevolmente assunto dalle istituzioni, in quel quadro di diritti e doveri e di rispetto delle regole.

 A tal proposito pu essere utile la definizione di un quadro istituzionale che definisca strategie e meccanismi di adattamento dellIslam nel contesto italiano.

E necessario predisporre le condizioni per il varo di una Intesa tra Stato e comunit islamiche in Italia.

La creazione di una Consulta Islamica presso la presidenza del Consiglio pu essere propedeutico al raggiungimento di una intesa.


Politiche di prossimit e governo locale

 

E a livello locale che si esplicitano e prendono forma i modelli di convivenza tra italiani e immigrati. Scuola, sanit, casa, presenza degli alunni stranieri necessitano politiche di prossimit e quindi devono vedere protagonisti i livelli locali.

Servono politiche in grado di garantire che i modelli di insediamento non creino ghetti. Le politiche abitative diventano fondamentali nel garantire la coesione sociale.

Siamo convinti che le politiche di coesione sociale siano politiche di buon governo. Infatti, nel promuovere inclusione sociale si aiutano le citt, le nostre citt, a diventare pi belle e pi ricche. Non solo perch non si pagano i costi della devianza in termini di sicurezza e di interventi disperati e velleitari di recupero, ma perch le relazioni sociali promuovono ricchezza e sviluppo di una comunit.

Il senso di comunit cresce se forte il senso della legalit e della coesione fra gli individui che vi abitano, italiani o stranieri che siano.

Ecco allora il significato di un patto territoriale di convivenza per risolvere i tanti problemi che ancora vivono gli immigrati nelle citt. Il patto si articola sui seguenti punti:

      riforma degli statuti comunali per riconoscere il diritto alla partecipazione politica degli immigrati regolarmente residenti sul territorio;

      valorizzare le professionalit degli immigrati anche con incarichi di governo delle funzioni urbane;

      promuovere partnership con soggetti pubblici e privati affinch a tutti i residenti sul territorio sia data lopportunit di apprendere o di migliorare la conoscenza della lingua italiana e dei principi fondamentali della organizzazione politica e sociale dello Stato italiano e della comunit locale;

      promuovere in ogni citt la lotta leconomia del sommerso ed il lavoro nero: ogni amministrazione comunale promuove progetti per lemersione del lavoro nero, per il contrasto dellabusivismo, per garantire spazi per lesercizio del lavoro ambulante e autonomo degli immigrati;

      superare le discriminazioni nellaccesso alla casa: affitti esosi per abitazioni fatiscenti, resistenze di molti proprietari ad affittare la casa a stranieri. I comuni si impegnano anche tramite listituzione di agenzie a partecipazione pubblica e privata a favorire, a parit di condizioni con gli italiani, laccesso alla casa;

      partecipare al Programma nazionale per laccoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati  promosso dallANCI, OIM e Ministero dellInterno;

      garantire assistenza ai minori stranieri non accompagnati;

      garantire lesercizio della libert religiosa anche dando spazi per luoghi di culto;

      individuare appositi spazi per le comunit e lassociazionismo degli immigrati.


Ristrutturare il quadro giuridico-normativo

 

Una buona politica in materia di immigrazione ha bisogno di un quadro normativo coerente.

E necessaria una vera e propria ristrutturazione della legislazione italiana soprattutto dopo che la destra con la Bossi-Fini abbia destrutturato il quadro normativo rendendo precaria ed incerta la condizione giuridica degli immigrati e compromettendo seriamente ogni possibilit di unintegrazione completa.

Serve un quadro normativo coerente che dia certezza di diritti e doveri. Gli interventi normativi propedeutici ad una politica organica e coerente riguardano:

      Nuova legge che cancelli la Bossi-fini e innovi la Turco-Napolitano;

      Varo di una legge sul diritto di voto;

      Riforma della legge sulla cittadinanza;

      Promozione di una legge ad hoc in materia di asilo politico;

      Promozione di una legge sulle libert religiose;

      Riforma della legge sulla cooperazione integrando il binomio migrazione e sviluppo per uno nuovo co-sviluppo;