Le tensioni tra terrorismo, diritto e giustizia

 

Un dato sociologico piuttosto banale ma che sempre bene ribadire che il rapporto tra societ e criminalit caratterizzato da uno strettissimo dinamismo parallelo.

Cos una societ arretrata viene caratterizzata da forme arcaiche di criminalit, mentre a societ avanzate e complesse corrispondono forme sempre pi articolate di aggressione ai beni umani.

Per farvi fronte, il legislatore deve adottare mezzi di contrasto normativi e giudiziari che devono seguirne e mutuarne necessariamente la complessit, senza indulgere a semplificazioni pericolose sul piano delle garanzie, che potrebbero far scivolare gli ordinamenti pi avanzati verso lingiustizia e larbitrio.

Viceversa, un esempio di come il nostro legislatore possa esprimere, in momenti di particolare emotivit connessa ad eventi straordinariamente traumatici, norme irragionevoli, vacuamente semplificatorie, di mero effetto simbolico e pertanto di difficile applicazione (a meno di non piegare il diritto ad esigenze metagiuridiche conducenti a risultati opposti rispetto a quelli di giustizia) dato dalla modifica dellart. 270 bis c.p. allindomani della tragedia dell11 settembre 2001.

Questa norma punisce le associazioni con finalit di terrorismo anche quando gli atti di violenza sono rivolti contro uno stato estero, unistituzione e un organismo internazionale. Ma anche quando i soggetti incriminati rivolgano le loro attivit verso stati e istituzioni straniere, la norma implica che si prefiggano lo scopo di colpire lordinamento socio-giuridico italiano, poich come sostenuto da autorevoli interventi della Cassazione lart. 270 bis non applicabile alle associazioni con finalit di eversione dellordine democratico di uno stato estero che rivolgano contro questo la loro attivit, in considerazione sia del tenore letterale della norma, sia del fatto che il giudice italiano non pu esprimersi sul sistema politico-istituzionale di uno stato estero, per le evidenti implicazioni politiche che ci comporta.

Sotto il profilo internazionale, poi, va evidenziato non vi alcun accordo sulla definizione di terrorismo, per gli intrecci che tale concetto presenta con le guerre di liberazione e con i movimenti di guerriglia contro paesi invasori o nellambito di guerre civili.

Non aiuta, per altro, la Convenzione delle Nazioni Unite del 9 dicembre 1999 sulla repressione del finanziamento al terrorismo, che considera violazione lattivit di ogni persona che, con qualsiasi mezzo, direttamente o indirettamente, illecitamente e deliberatamente, fornisce o raccoglie fondi con lintenzione di vederli utilizzati o sapendo che saranno utilizzati, anche in parte, per commettere un atto che costituisce una violazione in base e secondo la definizione di uno dei trattati adottati dalle Nazioni Unite () ovvero ogni altro atto destinato a uccidere o ferire gravemente un civile o ogni altra persona che non partecipa direttamente alle ostilit in una situazione di conflitto armato, quando per sua natura o per contesto, questo atto volto a intimidire una popolazione ovvero a costringere un governo o una organizzazione internazionale a compiere o ad astenersi dal compiere un qualunque atto, poich il tenore della convenzione prettamente politico e deve essere poi recepito nelle normative dei singoli stati, con tipizzazione delle situazioni incriminate e successiva verifica sotto il profilo probatorio.

Pertanto, in ipotesi di reclutamento di militanti destinati ad essere impiegati in operazioni belliche in teatri di guerre civili in corso, appare veramente arduo, in assenza di dati probanti recanti un ragionevole grado di concretezza circa attentati realmente programmati e strutturati, ritenere reclutatori e reclutati certamente destinati ad operazioni terroristiche, attesa la complessit della situazione irachena.

Nel caso di specie non vi era alcun elemento che facesse ritenere gli imputati terroristi o aspiranti kamikaze, risultando i soggetti indagati esclusivamente a recarsi in Iraq a combattere contro le truppe anglo-americane di occupazione (il collegamento con Al Qaeda veniva riferito da un pentito per sentito dire), e tanto il G.u.p. di Milano ha legittimamente osservato.

Fuorviante sembra poi la notazione del G.i.p. di Brescia (che ha diversamente interpretato il materiale probatorio a lui giunto per competenza, riarrestando due indagati scarcerati a Milano) sul fatto che la norma va interpretata alla luce dellart. 12 delle preleggi sulla volont del legislatore (di talch se il Parlamento ha voluto punire il terrorismo internazionale, la valutazione del giudice non conta), poich tale volont legislativa va armonizzata con i principi costituzionali e con i principi dellordinamento in tema di responsabilit personale, rispetto ai quali necessariamente soccombe in caso di contrasto.

Altre polemiche poi ha suscitato il mancato nulla osta allespulsione da parte del medesimo giudice, con autorevoli commenti apparsi sulla stampa che ne hanno rimarcato la (presunta) contraddittoriet (cfr. P.Ostellino, Il Paese del Rovescio, sul Corriere della Sera del 4 febbraio 2005), partendo, in realt, da assunti ideologici.

In realt non cՏ nessuna contraddizione tra le due decisioni: luna riguarda il merito dellaccusa di terrorismo, su cui vi lappello del P.M. di Milano, e pertanto finch non si forma una decisione irrevocabile, laccusa resta in piedi; laltra una decisone obbligata e prevista dalla legge Bossi-Fini (art. 13 comma 3 sexies) secondo la quale in caso di procedimenti per gravi reati (tra cui quello di associazione finalizzata al terrorismo) lautorit giudiziaria non pu concedere il nulla osta allespulsione.

Le valutazione che vanno tratte da questa vicenda sono di due tipi.

La prima che mentre non ancora decollato il mandato di cattura europeo, osteggiato proprio dal nostro paese, lart. 270 bis c.p. e certe interpretazioni estreme non supportate da elementi probatori adeguati rischia di introdurre surrettiziamente una sorta di mandato di cattura globale, in contrasto con i fondamentali principi costituzionali e ordinamentali di garanzia. Sotto questo punto di vista, non sono condivisibili alcune note di stampa (cfr. A. Panebianco, Jihad: le sentenze sbagliate portano leggi speciali, su Corriere della Sera magazine n. 5 del 3 febbraio 2005), poich lart. 270 bis del codice penale gi espressione di legislazione penale speciale, da stato deccezione, e lunica tutela costituita dal prudente apprezzamento interpretativo del giudice.

La seconda che le garanzie processuali appaiono essere sempre pi nel nostro sistema a geometria variabile e orientabili a seconda di imputazioni e imputati: massimo grado per gli imputati eccellenti (politica, finanza, alta criminalit organizzata), azzerate per la devianza marginale e gli immigrati minori (meglio ancora se accusati di contatti con larea dellintegralismo islamico bollati come aspiranti kamikaze).

Chi prova a distaccarsi da questo schema (processando rappresentanti di poteri forti o assolvendo in casi di devianza non garantita) si espone a linciaggi mediatici e alle ispezioni del ministro Castelli.

Dovrebbe allora essere ricordato, dal ministro come da molti autorevoli opinionisti, che secondo lart. 3 della Costituzione la legge uguale per tutti i cittadini senza distinzioni di razza o religione, e che le garanzie processuali non sono enfatizzabili per sfuggire al processo quando serve, o azzerabili per condanne scontate, per ma un mezzo ordinario e tendenzialmente uguale per tutti, che serve a dare credibilit e affidabilit sociale alla decisione del giudice.

Soprattutto non devono essere a geometria variabile o politicamente orientabili a seconda delle convenienze e delle opportunit.

 

Roberto Oliveri del Castillo, segretario di Magistratura democratica - Bari