Oggetto : protesta contro il governo italiano per violazione del diritto comunitario

 

Signor Presidente Barroso

 

Ci permettiamo di segnalarLe i fatti che riportiamo di seguito, che, a nostro parere giustificano sanzioni contro il comportamento del Governo italiano.

 

Nel corso della prima settimana di ottobre 2004, pi di 1000 persone sono sbarcate da imbarcazioni precarie sullĠisola di Lampedusa, nel sud della Sicilia, aumentando cos“ il numero di candidati allĠimmigrazione e asilanti giˆ detenuti nel cosiddetto Ç centro di prima accoglienza È, aperto dalle autoritˆ italiane sullĠisola.

 

Venerd“ 1 ottobre, il governo italiano ha ordinato lĠespulsione di 90 di questi stranieri con un aereo speciale per la Libia. Sabato 2 ottobre, 3 nuovi voli hanno portato pi di 300 migranti a Tripoli.

 

Domenica 3 ottobre, due aerei messi a disposizione dallĠAlitalia e due aerei militari hanno consentito lĠallontanamento da Lampedusa di altri 400 stranieri.

 

Gioved“ 7 ottobre, 4 aerei militari rispediscono gli ultimi Ç indesiderati È, che molti testimoni hanno visto imbarcarsi con le manette ai polsi. I due primi aerei sono partiti alle 14, gli altri due alle 15 e 15. In totale, secondo quanto dichiarato dal Ministro dellĠInterno Giuseppe Pisanu alla Camera dei deputati lĠ8 ottobre, pi di mille stranieri sono stati espulsi dallĠItalia verso la Libia in soli 4 giorni. Sembra che queste espulsioni siano avvenute con la copertura di un Accordo recentemente concluso tra i due Paesi in materia di lotta allĠimmigrazione clandestina, Accordo che non figura nella lista degli Accordi di riammissione firmati dallĠItalia con paesi terzi.

 

Molti elementi lasciano pensare che queste espulsioni siano state effettuate in condizioni che non permettevano il rispetto di un certo numero di prescrizioni previste dal diritto internazionale.

 

 

 

Durante il soggiorno di queste persone allĠinterno del Ç centro di prima accoglienza È di Lampedusa, ai rappresentanti dellĠUNHCR, malgrado le richieste ripetute e la legittimitˆ di un loro intervento in presenza di potenziali richiedenti asilo tra i detenuti,  stato impedito lĠaccesso per molti giorni in un luogo nel quale erano detenuti centinaia di uomini, donne e bambini. Solo dopo che la maggior parte di loro erano giˆ in viaggio per la Libia il responsabile del centro ha consentito lĠaccesso ai rappresentanti dellĠONU. Gioved“ 7 ottobre, il consigliere regionale Lillo Miccich (Verdi), che aveva chiesto di visitare il centro alle 13.00, si  visto rispondere solo alle 17.00, quando numerosi espulsioni erano giˆ state effettuate. Di fronte al tentativo di questĠultimo di entrare nellĠaeroporto per ritardare la partenza degli stranieri espulsi, le forze dellĠordine lo hanno violentemente respinto, spingendolo a terra. Parallelamente, solo dopo la fine delle operazioni di espulsioni, due senatrici italiane, accompagnate da esponenti della Ç Rete antirazzista siciliana È, hanno potuto ottenere lĠautorizzazione a visitare il centro, oramai quasi vuoto. Oltre alle condizioni materiali deplorevoli nelle quali le due senatrici hanno trovato gli stranieri detenuti che hanno incontrato nel centro, hanno potuto costatare che nessuna informazione era stata data a questi, sia sulle ragioni del trattenimento che sullĠeventuale accesso alla procedura per la domanda dĠasilo. Gli stranieri presenti nel centro, tenuti in condizioni igienico sanitarie e ambietali poco dignitose, erano privi di ogni contatto con lĠesterno, se non per telefono. Per i minori presenti non erano previste misure specifiche, e molti di questi erano stati classificati come adulti in seguito a verifiche sommarie, quanto inesistenti, sulla loro etˆ. I visitatori hanno ottenuto tutti testimonianze concordi sul fatto che, ne per il trattenimento ne per lĠespulsione degli Ç indesiderabili È, sono state prese in considerazioni le situazioni individuali delle persone, ma che la decisione si basava sulla logica Ç quanti ne arrivano, tanti vengono espulsi È, privando gli interessati di ogni diritto alla difesa, sia per quanto riguarda il ricorso ad un interprete e ad un avvocato, che per la possibilitˆ di un ricorso effettivo contro lĠespulsione.

 

1.     Trattamenti inumani e degradanti

Le testimonianze raccolte dai pochi testimoni che hanno potuto accedere al centro durante o immediatamente dopo le operazioni di respingimento, sono sufficientemente concordi e precise da far pensare che le condizioni nelle quali erano stati reclusi gli stranieri durante il periodo incriminato, rientrano nella definizione di Ç trattamenti inumani e degradanti È vietati dallĠart.4 della Carta europea dei diritti fondamentali, cos“ come dallĠart.3 della Convenzione europea di salvaguardia dei diritti umani e delle libertˆ fondamentali. Infatti sono costitutivi di questo tipo di trattamenti : il sovraffollamento (pi di 1000 persone in un centro che ne pu˜ accogliere meno di 200), le pessime condizioni igieniche, una infrastruttura inadatta alle necessitˆ minime della vita quotidiana (le persone essendo obbligate a dormire per terra, allĠaperto, senza lenzuola o coperte), lĠuso di metodi coercitivi per costringere le persone ad imbarcarsi sullĠaereo (sono state usate le manette in plastica), ai quali si aggiunge lĠimpossibilitˆ di comunicare con il mondo esterno (sia per problemi di lingua che per lĠassenza di una cabina telefonica), lĠincertezza legata allĠassenza di informazioni sulla sorte delle persone detenute, la paura dellĠespulsione, eccÉ Tutti elementi che emergono dai rapporti fatti dai visitatori del centro di Lampedusa il 7, 8 e 9 ottobre.

 

2.     Espulsioni collettive

LĠarticolo 4 del protocollo 4 della Carta Europea dei Diritti Umani e lĠarticolo II-19-1 della Carta dei Diritti Fondamentali, impediscono le espulsioni collettive. Secondo la Corte Europea dei Diritti Umknai (caso Andric c/Svezia nĦ45917/99, caso Conka c/Belgio nĦ51564/99, v. allegato 2), si intende per espulsioni collettive Ç ogni misura che costringa degli stranieri, in quanto appartenenti ad un gruppo, a lasciare un paese, tranne nel caso in cui tale misura sia presa in seguito e sulla base di un esame ragionevole e obiettivo della situazione particolare di ognuno degli stranieri che formano il gruppo È. Ora, nonostante le autoritˆ italiane abbiano a pi riprese sostenuto di aver proceduto ad un esame individuale della situazione di ciascuno degli stranieri accolti nel periodo in oggetto nel centro di Lampedusa e che ognuno di questi  stato identificato, le circostanze del loro soggiorno al centro, cos“ come riportate dalle testimonianze, e soprattutto lĠestrema rapiditˆ con la quale lĠespulsione di un gran numero di migranti  stata organizzata, rendono questa tesi difficilmente credibile. Da un lato il centro di Lampedusa, centro di prima accoglienza di persone appena sbarcate sullĠisola, non  abitualmente predisposto ne equipaggiato per mettere in atto le procedure di identificazione. Gli stranieri sono peraltro informati, fin dal loro arrivo, che lĠidentificazione non avverrˆ sul posto, ma negli altri centri dove saranno trasferiti. DallĠaltro non si capisce come sarebbe stato possibile, per lĠamministrazione italiana, procedere ad un esame individuale, ragionevole e obiettivo, dei dossier e delle situazioni di un migliaio di persone detenuti nellĠisola di Lampedusa, in pochi giorni se non, addirittura, in poche ore. Molte associazioni italiane, cos“ come membri del parlamento italiano hanno peraltro interpellato ufficialmente, al momento dei fatti, il governo italiano per conoscere le modalitˆ dellĠesame delle situazioni individuali delle persone espulse, nonchŽ la lista delle stesse, recante nazionalitˆ e stato civile completo. Ad oggi non  stata ottenuta alcuna risposta.

 

Dalle testimonianze emerge che il principale metodo di identificazione sia in realtˆ limitato ad un esame molto sbrigativo degli stranieri, effettuato sulla base della loro presunta origine (Ç a vista È, per cos“ dire), e delle indicazioni fornite da due persone designate come interpreti. Di questo tri( ??), emergerebbe che la maggior parte delle persone identificate come Ç dĠorigine sub sahariana È, sarebbero state trasferite in centri di accoglienza siciliani, mentre gli altri, identificati in gran parte come Ç egiziani È, sarebbero stati trattenuti a Lampedusa in attesa dellĠimbarco per la Libia. Questi ultimi sono stati peraltro allontanati dal territorio italiano in gruppi di almeno 100 persone per ogni aereo, poichŽ tra lĠ1 e il 7 ottobre, pi di 1000 persone sono state espulse. I ponti aerei sostenuti con la Libia durante quei giorni, hanno permesso quindi una espulsione Ç per gruppi È di stranieri.

 

3. Principio di non respingimento

Questo metodo estremamente sommario di Ç identificazione È degli stranieri arrivati a Lampedusa ha delle conseguenze dirette sul rispetto del principio di non respingimento, cos“ come previsto dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 e dallĠart. 33 del Trattato Europeo : Ç nessuno degli Stati firmatari espellerˆ o respingerˆ, in qualsiasi modo, un rifugiato verso le frontiere di un territorio dove la sua vita o la sua libertˆ sono minacciate a causa della sua razza, della sua religione, della sua nazionalitˆ, della sua appartenenza ad un gruppo sociale o alle sue opinioni politiche È. Questo principio di non respingimento  stato, a pi riprese, riaffermato dallĠUnione Europea come asse centrale della protezione dei rifugiati, sia nella Carta europea dei diritti fondamentali, allĠepoca del Consiglio Europeo di Tampere, o nel testo della Comunicazione della Commissione Europea del 21 marzo 2001. Questo principio, se non implica obblighi per gli stati sullĠaccoglimento della domanda dĠasilo, impone in ogni caso lĠobbligo di procedere ad un esame individuale, ragionevole e obiettivo delle domande. Come si  appena visto (vedi punto 2), questo esame  stato manifestamente impossibile. Ne risulta che persone che avrebbero potuto chiedere legittimamente la protezione che lĠItalia, ratificando la Convenzione di Ginevra e i successivi protocolli, si  impegnata ad assicurare, hanno potuto essere respinti senza che la loro eventuale domanda fosse presa in considerazione. Il fatto che i rappresentanti dellĠACNUR presenti sul luogo non abbiano potuto avere accesso al centro che dopo la partenza della maggior parte dei potenziali richiedenti asilo (vedi sopra) costituisce in tal senso un aggravante.

 

4. Respingimento verso un paese che non presenta le garanzie minime per la protezione delle persone.

 

In conformitˆ allĠart. II-19-2 della Carta Europea dei diritti fondamentali, Ç nessuno pu˜ essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato dove esiste un serio rischio che egli venga sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti. È. Scegliendo di espellere collettivamente degli stranieri verso la Libia, paese che non ha firmato la Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, lĠItalia si  assunta il rischio di non rispettare le prescrizioni sia di queste disposizioni, che della Convenzione europea dei diritti umani e delle libertˆ fondamentali, nonchŽ lĠinsieme dei testi internazionali di difesa dei diritti umani. Infatti la Libia  stata pi volte segnalata per essersi resa responsabile di gravi violazioni dei diritti umani : cos“ riporta il rapporto di Amnesty International Ç Time to make human rights a reality È, (AI MDE 19/02/2043). DĠaltronde le testimonianze concordano nel dire che la Libia utilizza la pratica di rafles de migrants che si trovano sul suo territorio per chiuderli in campi di detenzione militari particolarmente inumani. Le condizioni carcerarie sono palesemente insostenibili, vengono riportate un gran numero di sevizie di ogni genere, e ogni tentativo di evasione o di ribellione viene risolto con esecuzioni sommarie. Nel suo rapporto, Amnesty International rende conto di gravi violazioni dei diritti umani da parte dello Stato libico, in particolare nei confronti di immigrati e richiedenti asilo, che sono vittime di detenzioni arbitrarie, di processi inesistenti o iniqui, di uccisioni, di sparizioni o torture nei campi di detenzione. Prova ne  la testimonianza di centinaia di Burkinab, recentemente espulsi verso il paese d“ origine, e che assicurano di essere stati detenuti in condizioni inumane, comprendenti tra lĠaltro privazione dĠacqua, di cibo e di cure. Numerosi immigrati eritrei e nigeriani riportano gli stessi fatti dopo essere stati privati dei loro documenti e dei loro beni, e espulsi verso i rispettivi paesi dĠorigine. Di recente lĠorganizzazione internazionale Human Rights Watch si  vista rifiutare dalle autoritˆ lĠaccesso di suoi rappresentanti in Libia, per una visita pianificata da tanto tempo, nel corso della quale intendeva indagare sul trattamento riservato ai migranti e ai richiedenti asilo in quel paese. Secondo HRW, Ç i richiedenti asilo e i migranti che vivono o transitano in Libia, soprattutto se vengono dallĠAfrica sub sahariana, subiscono violenze da parte della polizia, detenzioni arbitrarie e condizioni di detenzione deplorevoli. I respingimenti e le espulsioni verso paesi come la Somalia e lĠEritrea, dove gli espulsi corrono seri rischi, sono frequenti È (comunicato HRW, 7 dicembre 2004).

 

 

Espellendo senza alcun riguardo diverse centinaia di persone in Libia, tra le quali si possono trovare persone bisognose di protezione internazionale, lĠItalia si assume la co responsabilitˆ per le violazioni dei loro diritti fondamentali, violazioni delle quali quweste persone potrebbero essere vittime.

 

In considerazione di quanto fin qui riportato,. le espulsioni collettive fatte dal governo italiano allĠinizio del mese di ottobre presentano indubbiamente il carattere di violazione grave dei diritti umani e del diritto dĠasilo, senza che le persone che sono state vittime siano in condizioni di esercitare il ricorso eventualmente previsto, in particolare davanti alla Corte europea dei diritti umani.

Gli Stati membri e lĠUE hanno sempre proclamato la loro adesione al rispetto della libertˆ e dei diritti fondamentali, in particolare il diritto dĠasilo. Ne sono testimonianza i diversi strumenti quali la Convenzione di Ginevra del 1951, la Convenzione europea di salvaguardia dei diritti umani e delle libertˆ fondamentali del 1950, cos“ come la Carta europea dei diritti fondamentali del 2000. Oggi, benchŽ lĠUE abbia affermato a pi riprese la propria volontˆ di creare uno spazio di Ç sicurezza e di giustizia È europeo, ci si pu˜ legittimamente chiedere di quale sicurezza e di quale giustizia hanno beneficiato i migranti e i richiedenti asilo che sono arrivati a Lampedusa allĠinizio di ottobre del 2004.

Come associazioni impegnate a tutela dei diritti umani e per i principi di uguaglianza, noi non possiamo non reagire di fronte alle ingiustizie messe in atto dal governo italiano in relazione ai suoi obblighi internazionali ed europei.

 

In qualitˆ di garante dei Trattati, la Commissione vigila, con la Corte di Giustizia delle Comunitˆ Europee, sul rispetto dei diritti comunitari in tutti gli Stati membri. Respingendo, tra il 2 e il 9 ottobre, pi di 1000 migranti potenziali richiedenti asilo nel quadro delle espulsioni collettive verso la Libia, le autoritˆ italiane si sono rese colpevoli di violazioni del diritto dĠasilo, come riconosciuto dal Trattato di Amsterdam, nonchŽ dalla Convenzione Europea dei diritti umani e delle libertˆ fondamentali, della quale lĠUnione Europea si  impegnata a rispettare i principi e della Carta Europea dei diritti fondamentali, integrata nel Trattato Costituzionale firmato il 29 ottobre 2004, i cui principi sono di riferimento ai lavori della Corte di Giustizia Europea (vedi allegato 1).

In nome degli impegni internazionali ed europei presi dagli Stati membri dellĠUE, vi chiediamo di condannare lĠItalia per le infrazioni di seguito riportate:

á        Violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio: tenuto conto del tempo trascorso tra lĠarrivo dei migranti e il loro respingimento, si pu˜ affermare che queste persone (pi di 1000 in totale) non hanno visto esaminare le loro domande individualmente, non hanno potuto avere accesso allĠassistenza di un avvocato e ancor meno di un interprete. Inoltre, la decisione di respingerli presa dal governo italiano non ha consentito alcuna possibilitˆ di ricorso da parte dei diretti interessati.

á        Violazione del divieto di infliggere trattamenti inumani e degradanti, come riportato nellĠart.4 della Carta europea dei diritti fondamentali e allĠart.3 della Convenzione europea per il rispetto dei diritti umani e delle libertˆ fondamentali.

á        Violazione del divieto di praticare espulsioni collettive come riportato allĠart.4 del protocollo n.4 della Convenzione europea per il rispetto dei diritti umani e delle libertˆ fondamentali e allĠart.19 della Carta europea dei diritti fondamentali. Attraverso un esame superficiale delle domande, il governo italiano ha proceduto ad espulsioni collettive vietate dallĠinsieme della legislazione internazionale in materia.

á        Violazione del principio di non respingimento come prescritto dallĠart.33 dellĠAtto Unico Europeo del 1986. Questo principio impone lĠesame individuale delle domande, e vieta il respingimento degli interessati verso paesi dove esiste un Òserio rischio contro lĠintegritˆ fisica di queste personeÓ (richiamato allĠart. 19/2 della Carta europea).

 

Noi associazioni chiediamo alla Commissione Europea di agire da un lato affinchŽ nessun Stato membro dellĠUE possa non ottemperare ai propri impegni e obblighi in materia di immigrazione e asilo, dallĠaltro perchŽ il respingimento e le espulsioni collettive siano cancellate definitivamente dalle politiche migratorie dellĠUE.

 

Per queste ragioni, preghiamo la Commissione di volersi occupare di questo caso, segnatamente avviando un procedimento dĠinfrazione per lĠaccertamento della violazione del diritto comunitario da parte dellĠItalia, e per il riconoscimento della responsabilitˆ italiana per i danni subiti dagli espulsi.

 

Crediamo che i diritti fondamentali quali il diritto alla difesa, la protezione contro i trattamenti inumani e degradanti, il divieto delle espulsioni collettive e il principio di non respingimento dei rifugiati siano parte integrante del diritto comunitario e che lĠassenza di un intervento della Commissione verrebbe interpretata come mancanza di responsabilitˆ nella difesa di tali principi


 

Annexe 1 :

 

 

 

La Charte des droits fondamentaux dans le contexte europŽun :Un paramtre de rŽfŽrence pour les tribunaux

 

"Il nous semble intŽressant de nous y rŽfŽrer [ˆ la Charte], Žtant donnŽ qu'elle constitue l'expression, au plus haut niveau, d'un consensus politique ŽlaborŽ dŽmocratiquement sur ce qui doit aujourd'hui tre considŽrŽ comme le catalogue des droits fondamentaux, garantis par l'ordre juridique communautaire. "

Avocat gŽnŽral Mischo, (Affaire 20/00)

 

MalgrŽ sa jeunesse, la Charte europŽenne des droits fondamentaux a dŽjˆ influencŽ les tribunaux europŽens. Une nouvelle jurisprudence est en train de se constituer jour aprs jour. Des informations parfaitement actualisŽes sur les derniers dŽveloppements sont disponibles sur le site Internet de la Cour de justice des CommunautŽs europŽennes (CEJ).

RŽgulirement ŽvoquŽe dans les dŽlibŽrations des Avocats gŽnŽraux, la Charte ne peut qu'influencer les conclusions de la CEJ. Au dŽbut de l'annŽe 2002, deux ans aprs la proclamation de la Charte (dŽcembre 2002), les Avocats gŽnŽraux l'avaient citŽe dans 14 des 23 affaires qu'ils ont eu ˆ juger dans le domaine des droits de l'homme.

Le Tribunal de premire instance s'est Žgalement appuyŽ sur la Charte. Dans un important jugement datant du 3 mai 2002, il a modifiŽ les rgles rŽgissant l'accs des particuliers aux tribunaux europŽens, sur la base de l'article 47 qui garantit aux particuliers dont les droits ont ŽtŽ violŽs, "le droit ˆ un recours effectif devant un tribunal".

Le 11 juillet 2002, la Cour europŽenne des Droits de l'Homme a Žgalement Žtabli un prŽcŽdent en faisant rŽfŽrence ˆ la Charte dans un arrt sur le droit des transsexuels de se marier.

Les Avocats gŽnŽraux

Les Avocats gŽnŽraux ont fait rŽfŽrence ˆ la Charte dans plusieurs affaires importantes, parmi lesquelles:

Affaire C 340/99: il s'agissait d'un litige opposant la poste italienne et une sociŽtŽ privŽe de services de livraison concernant le droit de la poste ˆ percevoir des droits postaux pour des services qu'elle n'assure pas. L'Avocat gŽnŽral Alber a fait rŽfŽrence ˆ l'article 36 de la Charte sur l'accs ˆ des services d'intŽrt Žconomique gŽnŽral.

Affaire 173-99: le syndicat BECTU contestait la faon dont le gouvernement britannique avait transposŽ dans son droit national certains aspects de la directive europŽenne sur le temps de travail. BECTU reprŽsente les employŽs du secteur des mŽdias - dont beaucoup sont engagŽs en vertu d'un contrat de travail de courte durŽe. Un arrtŽ du gouvernement britannique prŽvoyait que les employŽs devaient travailler au minimum 13 semaines, sans interruption et auprs du mme employeur, pour avoir droit ˆ des congŽs annuels payŽs. L'Avocat gŽnŽral Tizzano s'est appuyŽ sur la Charte (article 31) afin d'assurer la "confirmation du fait que le droit ˆ des congŽs annuels payŽs constitue un droit fondamental".

Affaire C-122/99 et C-125/99: affaires jointes relatives au statut des fonctionnaires travaillant pour le Conseil europŽen. 'D', soutenu par la Sude, avait formŽ un pourvoi contre une dŽcision du Conseil lui refusant le droit ˆ l'allocation de foyer octroyŽe aux couples mariŽs. D revendiquait le mme droit que les partenaires mariŽs, sur la base du fait que le couple qu'il forme avec un autre citoyen suŽdois du mme sexe Žtait enregistrŽ en Sude. Ses arguments ont cependant ŽtŽ refusŽs. L'Avocat gŽnŽral Mischo a fait rŽfŽrence ˆ l'article 9 de la Charte pour confirmer la diffŽrence entre le mariage, d'une part, et des unions entre individus de sexe identique d'autre part. Il a ainsi interprŽtŽ la clause comme n'empchant pas une union entre individus du mme sexe d'avoir un statut identique au mariage, mais a confirmŽ la diffŽrence entre les deux formes d'union. Cette interprŽtation s'aligne sur la jurisprudence existante de la CEJ et de la Cour europŽenne des Droits de l'Homme. (CEDH).

Affaire C-377/98: le gouvernement des Pays-Bas demandait une annulation de la directive 98/44/CE relative ˆ la protection juridique des inventions biotechnologiques imposant aux Etats membres de protŽger ces innovations au moyen de leur droit national des brevets. La directive prŽcise les inventions issues de variŽtŽs vŽgŽtales, de races animales ou du corps humain n'Žtant pas brevetables. Les Pays-Bas demandaient une annulation de la directive pour plusieurs motifs, contraire selon eux au principe de "subsidiaritŽ " et de sŽcuritŽ juridique. Ils avanaient en outre que la directive violait les obligations en vertu du droit international ainsi que le droit fondamental au respect de la dignitŽ de l'tre humain. L'Avocat gŽnŽral Jacobs a reconnu que tous ces principes constituaient des droits fondamentaux. Toutefois, dans son arrt, il a fait rŽfŽrence ˆ des clauses de la charte Žtablissant le droit ˆ la dignitŽ humaine et au respect du consentement libre et ŽclairŽ des donneurs d'ŽlŽments du corps humain et des bŽnŽficiaires de soins mŽdicaux. La Charte renforce encore la valeur de ces droits spŽcifiques, a-t-il dŽclarŽ, et tout instrument communautaire qui les viole serait illŽgal.

Affaire C-353/99: l'Avocat gŽnŽral LŽger a fait rŽfŽrence ˆ l'article 42 de la Charte, qui Žtablit le droit d'accs aux documents du Conseil et de la Commission - dŽjˆ reconnus par le traitŽ d'Amsterdam - comme un droit fondamental.

Les Avocats gŽnŽraux avaient dŽjˆ interprŽtŽ des clauses de la Charte, notamment dans l'affaire 'D' ci-dessus. Dans l'affaire C-20/00, l'Avocat gŽnŽral Mischo avait donnŽ sa propre interprŽtation de l'article 17 relatif au Droit de propriŽtŽ, conformŽment ˆ la jurisprudence de la CEDH.

Les conclusions des Avocats gŽnŽraux ne lient pas la CEJ mais suggrent des solutions juridiques susceptibles de l'influencer. Ces conclusions ne font parfois rŽfŽrence ˆ la Charte que de manire marginale, mais dans certains cas, les Avocats gŽnŽraux l'utilisent pour interprŽter les droits fondamentaux, en rappelant toutefois qu'elle n'a pas force contraignante. L'absence de statut juridique de la Charte ne signifie cependant pas qu'elle est sans effet. Les trois Avocats gŽnŽraux Tizzano, LŽger et Mischo ont dŽclarŽ que "la Charte a indŽniablement placŽ les droits qui en font l'objet au plus haut niveau des valeurs communes aux ƒtats membres ".

Il ne s'agit pas de la considŽrer comme "une simple ŽnumŽration sans consŽquence de principes purement moraux". L'Avocat gŽnŽral Tizzano l'a qualifiŽe de "paramtre de rŽfŽrence substantiel pour tous les acteurs - Etats membres, institutions, personnes physiques et morales- de la scne communautaire."

Tribunal de premire instance

Le Tribunal de premire instance a rendu son premier arrt sur l'accs des individus aux tribunaux europŽens dans l'affaire opposant la Commission europŽenne ˆ une sociŽtŽ d'armement ˆ la pche, JŽgo-QuŽrŽ. Celle-ci contestait un rglement de l'UE interdisant l'utilisation de filets de pche dont le maillage est infŽrieur ˆ une certaine dimension. La Commission europŽenne estimait que l'action devait tre considŽrŽe comme irrecevable, soutenant que le rglement a une portŽe gŽnŽrale. Le Tribunal n'a cependant pas trouvŽ cet argument satisfaisant, car les individus et les entreprises ne pourraient alors contester les mesures gŽnŽrales ayant un impact direct sur leur situation. Il a jugŽ que le concept d' 'intŽrt individuel' ne devait plus limiter ˆ des cas exceptionnels le droit des individus ˆ contester des rglements europŽens. Faisant rŽfŽrence ˆ l'article 47 de la Charte, ainsi qu'ˆ la Convention des Droits de l'Homme, il a redŽfini le concept de la manire suivante: Une personne doit tre considŽrŽe comme individuellement concernŽe par une disposition communautaire de portŽe gŽnŽrale qui la concerne directement si la disposition en question affecte, d'une manire certaine et actuelle, sa situation juridique en restreignant ses droits ou en lui imposant des obligations. Le nombre et la situation d'autres personnes Žgalement affectŽes par la disposition ou susceptibles de l'tre ne sont pas, ˆ cet Žgard, des considŽrations pertinentes

Dans un arrt prŽcŽdent du 30 janvier 2002, le Tribunal de premire instance avait fait pour la premire fois rŽfŽrence ˆ la Charte des Droits fondamentaux dans une affaire impliquant un opŽrateur autrichien de tŽlŽphonie mobile et la Commission europŽenne. L'entreprise s'est plainte auprs de la Commission au sujet des redevances fixŽes par le gouvernement autrichien pour la concession de tŽlŽphonie mobile, mais sa plainte a ŽtŽ rejetŽe. Au moment de dŽterminer le cadre juridique, le Tribunal a ŽvoquŽ les articles 41 et 47 de la Charte, Žtablissant le droit des personnes ˆ un traitement impartial de leur affaire, et le droit ˆ un recours effectif en cas de violation de leurs droits.

En faisant ces rŽfŽrences explicites ˆ la Charte, le Tribunal a confirmŽ le droit ˆ un traitement impartial et ˆ un recours juridique et a reconnu l'impact juridique de la Charte, dont la valeur politique ne peut pas tre ignorŽe par les tribunaux europŽens.


 

Annexe 2 : arrt Conka c/ Belgique

 

 

TROISIéME SECTION 
 AFFAIRE CONKA c. BELGIQUE (Requte no 51564/99)
 
 ARRĉT 
STRASBOURG 5 fŽvrier 2002 
   En l'affaire Conka c. Belgique,

 

IV.  SUR LA VIOLATION ALLƒGUƒE DE L'ARTICLE 4 DU PROTOCOLE No 4 Ë LA CONVENTION

  56.  Les requŽrants dŽnoncent une violation de l'article 4 du Protocole no 4 ˆ la Convention, aux termes duquel :

 Ç Les expulsions collectives d'Žtrangers sont interdites. È

  D'aprs eux, le terme Ç expulsion collective È doit s'entendre de toute Ç mise en Ïuvre collective de mesures d'Žloignement du territoire È. Distinguer la dŽcision prŽalable de la mise en Ïuvre de l'expulsion conduirait ˆ vider la disposition de tout contenu, dans la mesure o les lŽgislations de tous les Etats membres imposeraient aujourd'hui l'existence formelle d'une dŽcision individuelle prŽcŽdant la mesure d'expulsion, de telle sorte qu'ˆ distinguer la dŽcision de sa mise en Ïuvre, plus aucune expulsion collective ne serait plus condamnable de nos jours, ce qui priverait l'article 4 du Protocole no 4 de tout effet utile.

  S'agissant en particulier des dŽcisions d'expulsion prises ˆ l'encontre des requŽrants, ceux-ci estiment qu'elles traduisent une volontŽ affirmŽe des autoritŽs de procŽder ˆ un traitement collectif de la situation d'un groupe de particuliers, en l'occurrence les Tsiganes de Slovaquie. Ils en veulent pour preuve certains documents officiels, parmi lesquels des lettres adressŽes le 24 aožt 1999 par le directeur gŽnŽral de l'Office des Žtrangers au ministre de l'IntŽrieur et au Commissaire gŽnŽral aux rŽfugiŽs et aux apatrides, dans lesquelles le directeur gŽnŽral annonce un traitement rapide des demandes d'asile Žmanant de ressortissants slovaques, afin de donner un signal dissuasif clair ˆ l'attention de nouveaux requŽrants potentiels. Les requŽrants se rŽfrent aussi ˆ une Ç Note d'orientation gŽnŽrale relative ˆ une politique globale en matire d'immigration È, approuvŽe le 1er octobre 1999 par le Conseil des ministres et dans laquelle figure notamment le passage suivant : Ç Un projet de rapatriement collectif est actuellement examinŽ, tant pour donner un signal aux autoritŽs slovaques que pour Žloigner ce grand nombre d'illŽgaux dont la prŽsence ne peut plus longtemps tre tolŽrŽe È (paragraphe 31 ci-dessus). De mme, le 23 dŽcembre 1999, le ministre de l'IntŽrieur aurait dŽclarŽ, en rŽponse ˆ une question parlementaire : Ç En raison de la concentration de demandeurs d'asile de nationalitŽ slovaque ˆ Gand, un rapatriement collectif en Slovaquie a ŽtŽ organisŽ È (paragraphe 23 ci-dessus).

  De l'avis des requŽrants, ces ŽlŽments rŽvlent un dispositif gŽnŽral destinŽ ˆ traiter collectivement un groupe de particuliers, depuis la prise de dŽcision jusqu'ˆ la mise en Ïuvre de l'expulsion. A cet Žgard, il serait significatif que le processus ait ŽtŽ baptisŽ Ç opŽration Golf È par les autoritŽs. Ds lors, quelle que soit l'apparence formelle des dŽcisions produites, il ne saurait tre affirmŽ en l'espce qu'il y a eu Ç un examen raisonnable et objectif de la situation particulire de chacun des Žtrangers qui forment le groupe È.

  57.  A ce grief, le Gouvernement oppose une exception tirŽe de ce que les requŽrants n'ont pas attaquŽ devant le Conseil d'Etat, notamment par la voie d'un recours en suspension d'extrme urgence, les dŽcisions constitutives de la violation allŽguŽe par les intŽressŽs, ˆ savoir celles du 29 septembre 1999.

  La Cour constate que ce recours co•ncide avec celui que le Gouvernement invoque au titre de l'article 13 de la Convention combinŽ avec l'article 4 du Protocole no 4. En consŽquence, il y a lieu de joindre l'exception au fond et de renvoyer, quant ˆ celui-ci, ˆ l'examen du grief tirŽ d'une violation de ces dispositions.

  58.  Quant au fond du grief tirŽ d'une violation du seul article 4 du Protocole no 4, le Gouvernement se rŽfre ˆ la dŽcision d'irrecevabilitŽ rendue par la Cour dans l'affaire Andric c. Sude ((dŽc.), no 45917/99, 23 fŽvrier 1999) pour estimer qu'il n'y a pas d'expulsion collective lorsque la situation de l'Žtranger requŽrant a fait l'objet d'un examen individuel et objectif lui permettant d'avancer ses arguments contre l'expulsion. Or, bien que les ordres de quitter le territoire du 29 septembre 1999 se soient substituŽs aux prŽcŽdents, tant l'Office des Žtrangers que le Commissariat gŽnŽral aux rŽfugiŽs et aux apatrides, qui est un organe indŽpendant, impartial et quasi juridictionnel, auraient donnŽ aux requŽrants la possibilitŽ d'exposer leur cas. La dŽcision concernant Mme Conkov‡ comporterait trois pages de motivation circonstanciŽe, tapŽe en petits caractres et expliquant en quoi l'intŽressŽe ne s'exposait pas ˆ des traitements contraires ˆ l'article 3 de la Convention dans son pays d'origine. Quant ˆ M. Conka, il n'aurait mme pas daignŽ se prŽsenter devant le Commissaire gŽnŽral, alors pourtant que celui-ci l'avait džment convoquŽ.

  L'examen de l'opportunitŽ d'Žloigner les intŽressŽs se serait encore poursuivi ˆ la police de Gand, puisque certains demandeurs dŽboutŽs auraient ŽtŽ nŽanmoins autorisŽs ˆ quitter librement le commissariat, notamment pour des motifs humanitaires et administratifs. L'examen individuel se serait mme poursuivi pour certains, dont les Žpoux Čonka, jusqu'au pied de l'avion, puisque le versement des montants de l'aide sociale pour tout le mois d'octobre aurait ŽtŽ effectuŽ pour chaque chef de mŽnage au prorata exact de la composition de chaque famille, au franc prs. Bref, il aurait ŽtŽ largement satisfait aux exigences de l'article 4 du Protocole no 4.

  59.  La Cour rappelle sa jurisprudence d'aprs laquelle il faut entendre par expulsion collective, au sens de l'article 4 du Protocole no 4, toute mesure contraignant des Žtrangers, en tant que groupe, ˆ quitter un pays, sauf dans les cas o une telle mesure est prise ˆ l'issue et sur la base d'un examen raisonnable et objectif de la situation particulire de chacun des Žtrangers qui forment le groupe (Andric, dŽcision prŽcitŽe). Cela ne signifie pas pour autant que lˆ o cette dernire condition est remplie, les circonstances entourant la mise en Ïuvre de dŽcisions d'expulsion ne jouent plus aucun r™le dans l'apprŽciation du respect de l'article 4 du Protocole no 4.

  60.  En l'espce, les demandes d'asile des requŽrants ont fait l'objet de dŽcisions de rejet prises le 3 mars 1999 et confirmŽes le 18 juin 1999. MotivŽes et accompagnŽes d'un ordre de quitter le territoire du mme jour, les dŽcisions du 3 mars 1999 ont ŽtŽ rendues ˆ la suite d'un examen de la situation personnelle des intŽressŽs, sur la base de leurs dŽpositions. Quant aux dŽcisions du 18 juin 1999, elles se fondent, elles aussi, sur des motifs tirŽs de la situation personnelle des requŽrants et renvoient ˆ l'ordre de quitter le territoire du 3 mars 1999, dont les recours urgents avaient suspendu les effets.

  61.  La Cour note toutefois que les mesures de dŽtention et d'Žloignement litigieuses ont ŽtŽ prises en exŽcution d'un ordre de quitter le territoire datŽ du 29 septembre 1999, lequel Žtait fondŽ uniquement sur l'article 7, alinŽa 1, 2o, de la loi sur les Žtrangers, sans autre rŽfŽrence ˆ la situation personnelle des intŽressŽs que le fait que leur sŽjour en Belgique excŽdait trois mois. En particulier, le document ne faisait aucune rŽfŽrence ˆ la demande d'asile des requŽrants ni aux dŽcisions des 3 mars et 18 juin 1999 intervenues en la matire. Certes, ces dŽcisions Žtaient, elles aussi, accompagnŽes d'un ordre de quitter le territoire, mais ˆ lui seul, celui-ci n'autorisait pas l'arrestation des requŽrants. Celle-ci a donc ŽtŽ ordonnŽe pour la premire fois par une dŽcision du 29 septembre 1999, sur un fondement lŽgal Žtranger ˆ leur demande d'asile, mais suffisant nŽanmoins pour entra”ner la mise en Ïuvre des mesures critiquŽes. Dans ces conditions, et au vu du grand nombre de personnes de mme origine ayant connu le mme sort que les requŽrants, la Cour estime que le procŽdŽ suivi n'est pas de nature ˆ exclure tout doute sur le caractre collectif de l'expulsion critiquŽe.

  62.  Ces doutes se trouvent renforcŽs par un ensemble de circonstances telles que le fait que prŽalablement ˆ l'opŽration litigieuse les instances politiques responsables avaient annoncŽ des opŽrations de ce genre et donnŽ des instructions ˆ l'administration compŽtente en vue de leur rŽalisation (paragraphes 30 et 31 ci-dessus) ; que tous les intŽressŽs ont ŽtŽ convoquŽs simultanŽment au commissariat ; que les ordres de quitter le territoire et d'arrestation qui leur ont ŽtŽ remis prŽsentaient un libellŽ identique ; qu'il Žtait trs difficile pour les intŽressŽs de prendre contact avec un avocat ; enfin, que la procŽdure d'asile n'Žtait pas encore terminŽe.

  63.  Bref, ˆ aucun stade de la pŽriode allant de la convocation des intŽressŽs au commissariat ˆ leur expulsion, la procŽdure suivie n'offrait des garanties suffisantes attestant d'une prise en compte rŽelle et diffŽrenciŽe de la situation individuelle de chacune des personnes concernŽes.

  En conclusion, il y a eu violation de l'article 4 du Protocole no 4 ˆ la Convention.

 


 

Annexe 3

 

TŽmoignages relatifs au traitement rŽservŽ aux migrants de la part des autoritŽs libyennes.

 

*Le Pays* (Ouagadougou)

ACTUALITƒS

18 Octobre 2004

Propos Recueillis Par HervŽ Yameogo

 

Le vendredi 15 octobre 2004, le Burkina Faso a accueilli plus d'une centaine de nos compatriotes rapatriŽe de la Libye. Ils ont ŽtŽ reus au stade du 4 aožt o ils ont ŽtŽ recensŽs avant que chacun ne rentre chez lui. Nous leur avons rendu visite pour en savoir plus sur leur OdyssŽ forcŽe.

Nicolas Yoani : (SecrŽtaire gŽnŽral de la communautŽ burkinab en Libye): " Nous ne devons pas pleurer sur notre sort"Ce rapatriement est une politique libyenne visant maintenant ˆ purifier son pays. Je dis purifier parce qu' en 1999 les Libyens ont fait savoir que l'Afrique c'est Libye et que la Libye c'est l'Afrique. Nous sommes alors partis dans ce pays pour y travailler. Et aujourd'hui on nous dit que la Libye est victime d'une invasion d'immigrŽs clandestins. On ne sait pas ce que a veut dire. Tous ce que nous savons c'est que nous avons ŽtŽ victimes, sinon les otages des ambitions politiques de certains pour se libŽrer de je ne sais quoi. Mais ce qui est sžr c'est que les membres de cette communautŽ ont acquis une certaine expŽrience dans ce pays-lˆ. Maintenant il s'agit de savoir comment utiliser cela pour le dŽveloppement du Burkina Faso. Nous sommes des adultes et nous ne devons pas pleurer sur notre sort surtout que nous sommes conscients de ce qui se passe. Nous devons au contraire nous battre pour relever notre pays. Parmi nous, il y a des gens qui ont exercŽ dans plusieurs secteurs d'activitŽs. Et cela est un atout pour le Burkina.

Moi j'ai passŽ trois ans et demi lˆ-bas mais il y en a qui y ont fait 4 ans ou dix ans de sŽjour. Il faut dire que les Libyens ont ŽtŽ clairs en nous rapatriant. Ils ont dit qu'ils exigent maintenant certaines conditions pour rentrer en Libye. Il y a d'abord le passeport qu'il faut avoir auprs de l'ambassade de Libye au Burkina; ensuite une fois arrivŽ en Libye il faut tre muni d'un contrat de travail; enfin il faut tre enregistrŽ au niveau de l'administration Libyenne. Tous ceux qui ne sont pas en possession de ces diffŽrents papiers ont ŽtŽ priŽs de quitter le pays. C'est ce qui nous a ŽtŽ dit officiellement ˆ travers notre ambassade.Nous avons ŽtŽ rapatriŽs par un cargo. Il avait ˆ son bord 161 Burkinab ˆ ma connaissance, dont 85 prisonniers et le reste composŽ de gens qui Žtaient obligŽs de partir parce que ne remplissant pas les conditions. Je voudrais remercier ambassade du Burkina en Libye qui nous a beaucoup soutenus afin que nous puissions emporter nos bagages. Personne ne se plaint d'avoir laissŽ une aiguille lˆ-bas ˆ Tripoli. Nous lui manifestons notre gratitude pour tout ce qu'il a fait et continue de faire pour nos compatriotes qui y sont toujours...

Yannick Tougma: " Les Libyens sont racistes"

Je ne suis pas satisfait de mon sŽjour en Libye. La vie y est dure. Beaucoup de nos frres Žtaient dŽsoeuvrŽs et parcouraient les rues dans la misre. Il y en qui ont logŽ dans des enclos parce qu'ils n'avaient pas les moyens pour louer un appartement. Et les Libyens sont racistes.

Ousseni Boly: " La Libye est un grand espoir pour l'Afrique"

Je suis parti en Libye en 1999. Gr‰ce ˆ Dieu je gagnais bien ma vie. Vu l'ouverture de la Libye pour l'Union africaine, beaucoup de gens s'y sont ruŽs. Mais c'Žtait des gens qui Žmigraient sans un visa parce que le Guide de la RŽvolution libyenne le leur avait permis. La Libye Žtait sous embargo et ne contr™lait pas les entrŽes de ces gens qui foulait son sol. Aujourd'hui il n' ya plus d'embargo ; les EuropŽens ne veulent plus les Africains chez eux. La Libye doit contr™ler l'immigration sur son sol. Elle n'a pas chassŽ les gens dŽfinitivement. Elle a seulement dit de partir et revenir dans les conditions et les normes pour avoir de bons boulots car il y aura l'installation de grandes sociŽtŽ en 2005. La Libye est un grand espoir pour toute l' Afrique. Je pense que les Africains doivent nourrir de nouvelles idŽes pour l'exploitation du potentiel de ce pays. Je remercie les autoritŽs burkinab. Je remercie le Guide de la rŽvolution libyenne de s'tre toujours mis ˆ la disposition de l'Afrique. Mais il faut qu'il veille ˆ la sŽcuritŽ des Noirs chez lui. Sa population n'Žpouse pas forcŽment sa vision ˆ l'Žgard des Noirs africains.? Nous aimerions que notre ambassade soit mieux dotŽe pour protŽger les compatriotes qui rŽsident en Libye. Quand nous avons des problmes avec la police libyenne par exemple l'ambassadeur ne peut pas nous voir quand il le dŽsir. Cela n'est pas normal. Il faut que la Libye respecte les droits de l'homme. Il serait bon de rŽflŽchir dans le cadre de l'Union africaine, sur la possibilitŽ de crŽation des agences de recrutement pour aller y travailler.

Issoufou OuŽdraogo (Ex prisonnier en Libye): " On nous privait d'eau en prison"

Nous avons ŽtŽ refoulŽs ˆ cause de la couleur de notre peau. Le racisme sŽvit en Libye. Nous n'y sommes pas aimŽs. Nous sommes payŽs en deˆ de notre dž . Ils nous demandent des papiers sans crŽer les conditions qui puissent nous permettre de les Žtablir sur place en Libye. Notre rapatriement n'a pas ŽtŽ fait dans l'ordre. Il y en a qui ont ŽtŽ extirpŽs de leur maison sans bagage. Certains sont sortis directement de la prison pour tre rapatriŽs. D'autres n'avaient rien, mme pas de chaussures. C'est gr‰ce ˆ la solidaritŽ des uns et des autres qu'ils ont pu s'habiller convenablement. En prison, nous Žtions pas bien traitŽs. On nous privait d'eau et de nourriture et il n'y avait pas de soins pour les malades. On a ŽtŽ dŽpossŽdŽ de nos papiers (passeport, carte d'identitŽ...)

Dramane Bakoan: " Ce retour n'a pas ŽtŽ volontaire"

J'ai fait un an et demi en Libye. Ce rapatriement n'a pas ŽtŽ volontaire. Les autoritŽs libyennes se sont servies de ce terme pour faire croire ˆ face du monde que nous quittons leur pays de bon grŽ.

Il y avait une telle pression que nous Žtions obligŽs de partir. Des gens ont ŽtŽ arrtŽs dans la rue pour tre rapatriŽsPiouss Kouarabou (Ex prisonnier en Libye): " Je n'ai plus rien"Je pense que ce qui nous est arrivŽ est de la faute du prŽsident libyen. Il nous a fait venir travailler comme des esclaves durant l' embargo qui pesait sur son pays. Et une fois l'embargo levŽ, il nous jette ˆ la porte. Moi j'ai ŽtŽ saisi sur mon lieu de travail par des policiers. Ils m'ont retirŽ tous les papiers et mme les 700 F CFA que j'avais sur moi. PrŽsentement je n'ai rien sur moi. Je ne sais pas comment rentrer au village. Je n'ai ni sou ni papier.

 

_http://fr.allafrica.com/stories/200410210199.html

 

*Mamadou SangarŽ( SP-CSBE : " les rapatriŽs de Libye n'Žtaient pas des dŽlinquants"*

 

*Le Pays* (Ouagadougou)

INTERVIEW

21 Octobre 2004

PubliŽ sur le web le 21 Octobre 2004

Propos Recueillis Par HervŽ Yameogo

 

Aprs avoir recueilli les propos de nos compatriotes rapatriŽs de la Libye le 15 octobre 2004, nous donnons la parole au SecrŽtaire permanent du Conseil supŽrieur des Burkinab ˆ l'Žtranger (CSBE), Mamadou SangarŽ, pour avoir une version officielle de la situation.

 

*Aviez-vous ŽtŽ saisi auparavant par les autoritŽs libyennes du rapatriement des Burkinab qui sont rentrŽs ˆ Ouaga le 15 octobre 2004 ?*

Oui, nous avons ŽtŽ saisi du projet de rapatriement des Burkinab par notre ambassade ˆ Tripoli. Le 20 juillet 2004, les autoritŽs libyennes ont initiŽ une rencontre avec l'ensemble des ambassadeurs des pays de l'Afrique subsaharienne pour Žchanger avec eux et leur donner l'information selon laquelle elles voudraient rapatrier toute personne en situation irrŽgulire. Notre ambassade nous a fait parvenir l'information. Et depuis lors nous suivions l'Žvolution de cette affaire.

 

*Cela veut-il dire que c'est une mesure qui ne concerne pas seulement le Burkina?*

C'est tout a fait cela. ‚a ne concerne pas seulement le Burkina Faso. Tous les ambassadeurs des pays subsahariens ont pris part ˆ cette rencontre. Cela veut dire qu'ils sont concernŽs au mme titre que le Burkina. Naturellement, chaque pays a cherchŽ avec les autoritŽs libyennes, les possibilitŽs et les meilleures conditions de l'organisation de ce rapatriement. Chaque pays ayant des lois et rglement, il est important que les gens qui s'y rendent veillent ˆ tre en conformitŽ avec ces lois. Chaque pays a aussi ses ambitions Žconomiques et sŽcuritaires. Et parfois, il peut arriver qu'on ait du mal ˆ contr™ler un certain nombre de situations. Je pense que ce qui est mis en exergue ici, c'est le fait que des gens soient en situation irrŽgulire.

 

*Savez-vous pour quelle raison certains de nos compatriotes rapatriŽs ont fait la prison en Libye ?*

Le mot prison est un peu fort dans leur cas. Lorsque nous avons reu l'information disant qu'il y a des dŽtenus qui font partie de notre contingent (161 personnes dont 2 femmes), a nous a un peu troublŽ. Nous pensions ˆ des dŽlinquants ou ˆ des gens qui se seraient rendus coupables de crimes, d'infractions, etc.. Mais nous nous sommes rŽjouis de constater ˆ leur arrivŽe ici au Burkina que ce n'Žtait pas le cas. Toute chose qui renforce notre fiertŽ et notre satisfaction quant au comportement de nos compatriotes ˆ l'Žtranger. En fait, il s'agit simplement des gens qui ont fait l'objet de raffle lors de contr™les de routine. Cette opŽration Žtait envisagŽe par les autoritŽs libyennes dans la logique du rapatriement. Lorsqu'on vous interpelle et que vous tes en situation irrŽgulire on vous amne dans des lieux de dŽtention et aprs on vous achemine vers chez vous. Voilˆ un peu la nuance : ce n'Žtait pas des prisonniers. Au niveau national, nous avions mme mis un dispositif de sŽcuritŽ en place pour que ces personnes qui Žtaient indiquŽes comme des prisonnires soient traitŽes spŽcialement. Mais ˆ leur arrivŽe, l'ambassade nous a rassurŽ que ce n'Žtait pas des dŽlinquants. ImmŽdiatement, nous avons levŽ le dispositif. Elles ont tous ŽtŽ traitŽes alors ˆ la mme enseigne que les autres.

 

*Que fait d'une manire gŽnŽrale votre institution ˆ l'Žgard des Burkinab vivant ˆ l'Žtranger?*

Le Conseil supŽrieur des Burkinab de l'Žtranger est un service du ministre des Affaires Žtrangres. Le SecrŽtariat permanent du Conseil ˆ travers ses attributions, n'est que la cheville ouvrire du gouvernement et dans cette logique oeuvre pour le bien-tre de nos compatriotes vivant ˆ l'Žtranger. Je m'explique : le Burkina est un pays de migration. Les gens s'en vont, parfois de faon ordonnŽe ou de faon dŽsordonnŽe. Ils peuvent tre confrontŽs ˆ des problmes. Sachant cela, le gouvernement a mis sur pied cette structure qu'est le Conseil supŽrieur des Burkinab ˆ l'Žtranger pour pouvoir suivre nos compatriotes lˆ o ils vont dans la mesure, naturellement, des moyens dont il dispose. Mais un grand effort doit tre encore fait pour rapprocher l'administration centrale de nos compatriotes qui sont ˆ l'Žtranger. Et cela est matŽrialisŽ ˆ travers les missions consulaires que nous organisons chaque annŽe en direction de ces personnes-lˆ, et qui constituent pratiquement l'administration centrale en miniature. Puisque ces missions sont composŽes des reprŽsentants de la sŽcuritŽ, de la justice, du ministre des affaires Žtrangres, qui se dŽplacent ˆ l'Žtranger pour dŽlivrer le maximum de pices et autres documents burkinab afin de permettre ˆ nos compatriotes de se mettre ˆ jour vis-ˆ-vis des lois des pays d'accueil.Mais, il y a des situations qui nous dŽpassent dans la mesure ou chaque pays ˆ sa rŽglementation. Lorsque par exemple l'accs ˆ un pays requiert l'acquisition d'un visa et que vous y allez de faon clandestine, il est certain que ce cas est trs difficile ˆ gŽrer. Toutefois, tant que la possibilitŽ s'offre ˆ nous de sauver un compatriote en lui dŽlivrant tel ou tel document, nous le faisons.

 

*Avez-vous un appel ˆ lancer ?*

Aujourd'hui, les migrations internationales sont de plus en plus complexes. Cela prŽoccupe tous les pays du monde, tant le pays de dŽpart, le pays de transit que le pays d'accueil. Si je prends le cas de l'Europe, les politiques sont beaucoup plus restrictives en matire d'immigration. Cela veut dire qu'il faut qu'on essaie d'Žvoluer vers une Žmigration beaucoup plus ordonnŽe. OrdonnŽe en ce sens que le candidat ˆ l'Žmigration doit tre averti de ce qu'il doit remplir comme conditions, de ce qui l'attend lˆ-bas et du devoir qu'il a de se mettre en rgle vis-ˆ-vis des lois et rglements de son pays d'accueil. Ce n'est pas toujours Žvident. Malheureusement, il y a des gens qui vont en ordre dispersŽ, certes ˆ la recherche d'un mieux-tre. C'est normal. Mais nous pensons que pour que le mieux-tre qu'ils cherchent puisse tre utile ˆ eux et ˆ pays, il faut organiser l'Žmigration. Ce n'est ni un encouragement , ni un empchement ˆ partir. Mais nous disons qu'il faut que ce soit fait de faon ordonnŽe de sorte que nos compatriotes qui Žmigrent ne soient pas confrontŽs ˆ des problmes lˆ-bas et soient parfois obligŽs de revenir dans des conditions un peu difficiles.Pour ce faire, la presse est d'un apport trs prŽcieux. Elle est un partenaire important qui peut contribuer ˆ porter l'information et ˆ mener la sensibilisation partout Burkina ; puisque c'est un phŽnomne qu'il faut gŽrer tant en amont qu'en aval. En amont, il faut que les gens sachent o ils vont et comment ils doivent y aller. En aval, une fois arrivŽs ˆ l'Žtranger, qu'ils sachent comment se comporter et ce qu'il faut faire. Voilˆ tant de choses pour lesquelles nous comptons beaucoup sur les mŽdias du Burkina pour pouvoir nous aider dans ce sens. C'est, naturellement, un travail de longue haleine mais je pense qu'au fil du temps, on pourra se rŽjouir un jour de voir que c'est une migration bien spŽcialisŽe qui sera beaucoup plus rentable.

 

 

*This Day* (Lagos)

NEWS

October 23, 2004

Posted to the web October 25, 2004

By Ndubuisi Francis

 

Lagos

 

No fewer than 1000 Nigerian deportees have arrived the country from Libya in the past one week as the North African country is said to be clamping down on aliens without valid resident documents. The deportees started arriving the Murtala Muhammed Airport, Lagos in chartered flights from the beginning of the week, according to Immigration sources.

THIS DAY gathered that the deportees were mostly Nigerians who had taken unconventional routes to enter European countries but got holed up in Libya.

According to Immigration sources, the deportees were from various states of the country, some of whom may have been stranded in Libya for months and even years.Some of the deportees at the international wing of the Murtala Airport, Lagos yesterday declined interviews when approached by newsmen.Investigations revealed that while most of them were said to have either left for their various states or tried to put up with relations in Lagos since arriving the country, some of those still at the airport were those deported yesterday or without the necessary funds to travel home or to acquaintances in Lagos. It was gathered yesterday that even when some of the deportees had managed to make some savings while there, they were not allowed by the Libyan authorities to take their funds and belongings before deportation.

The deportation of Nigerians from Libya is not a new phenomenon. It has in fact been intensified in the past few years.

 

*Libya Deports Hundreds of Nigerians*

http://allafrica.com/stories/printable/200410250340.html

*Vanguard* (Lagos)

NEWS

October 23, 2004

Posted to the web October 25, 2004

By Kenneth Ehigiator & Adaku Icheku

 

HUNDREDS of Nigerians were yesterday deported home by the Libyan government in a chartered aircraft.The deportees, mainly youths, were brought into the country in batches, with the first batch arriving the NAHCO shed of the Murtala Muhammed Airport, Ikeja, Lagos late Thursday night. Although the exact number of deportees is not immediately known, Weekend Vanguard learnt that it runs over a thousand. Efforts to ascertain the number of the deportees from the relevant authorities also proved fruitless, as officers said to be armed with the figure were not available for comments.

Some of the deportees advanced varied reasons for their deportation from Libya. While some said they were brought back home because of President Olusegun Obasanjo's continued assurance of the Libyan government that Nigeria's economy was now comfortable for Nigerians, others quoted the Libyan government as acting under pressure from the European Union. According to them, the EU is accusing the Libyan authorities of allowing immigrants without necessary papers to use Libya as a launch pad to crossing into Europe through the Meditarranean sea.

At NAHCO shed yesterday, only a few of the deportees were seen on ground, as several others had already left for their various homes across the country.