La posizione geografica dellItalia fa di questo paese una delle principali porte dentrata per via marittima nellUnione europea, per dei migranti e dei richiedenti asilo di provenienze sempre pi lontane. Questa posizione lha condotta a prendere, nel corso degli ultimi anni, delle iniziative in merito alla gestione delle sue frontiere e di trattamento dei richiedenti asilo che, addossate ad un dispositivo legislativo complesso ed instabile, non rispondono sempre allesigenza del rispetto dei diritti della persona. Tendenza che rientra nel quadro pi generale degli orientamenti presi dallUnione europea dalla fine degli anni 90 nellambito della lotta contro limmigrazione illegale. Questultimi si riflettono non soltanto in un rinforzo dei controlli alle frontiere esterne dellEuropa, e in particolare delle frontiere marittime, e dellallontanamento degli stranieri indesiderabili (charters collettivi), ma anche in alcune restrizioni allaccesso dei candidati allasilo in Europa, e nello sviluppo di relazioni di collaborazione con i paesi di partenza e soprattutto di transito per incitarli a collaborare strettamente alla politica migratoria europea, cio impedendo ai migranti e ai richiedenti asilo di proseguire il loro cammino verso lEuropa. Il perimetro del Mediterraneo naturalmente uno dei terreni privilegiati di questa politica, che lItalia sperimenta con i suoi vicini dellAfrica del nord a scapito, spesso, dei migranti e degli esuli che ne sono loggetto.

 

Nel corso del 2004, diversi avvenimenti hanno illustrato in modo lampante i metodi vigorosi scelti dallItalia per gestire gli arrivi dei migranti sulle sue coste organizzando il loro respingimento in massa e quasi immediato, al momento in cui il paese tentava a fatica di adottare un dispositivo legislativo coerente in materia dasilo. Se lItalia ha saputo dare via ad un sistema daccoglienza degno per i richiedenti asilo nel quadro dun programma nazionale daccoglienza, questultimo lontano dal soddisfare i bisogni ed esclude un largo numero di richiedenti. Al posto di cercare di generalizzarlo, la riforma della normativa sullasilo intrapresa dal 2002, e che dovrebbe entrare interamente in vigore nel corso del 2005, si basa sullaccelerazione delle procedure e sulla creazione di centri didentificazione nei quali numerosi richiedenti rischiano di ritrovarsi rinchiusi come prima accoglienza. Lesperienza dellItalia in materia di centri di ritenzione per stranieri  - i CPTA, che esistono sin dal 1998 - non tuttavia molto probante e numerose sono le critiche contro le condizioni di trattamento dei loro ospiti. Ciononostante, bench lefficacia della reclusione rispetto agli obiettivi dichiarati pubblicamente (migliorare il tasso despulsione) non sia dimostrata, il legislatore ha recentemente raddoppiato la durata massima del mantenimento nei CPTA.

 

E in questo contesto che si inserisce la missione che la FIDH ha effettuato in Italia nel mese di dicembre 2004. Intervenendo dopo la visita della Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sui Lavoratori migranti, nel Giugno 2004[1], e quella di una delegazione del Comitato europeo per la prevenzione della tortura del Consiglio dEuropa, del mese di novembre 2004[2], la missione non intendeva trattare linsieme della politica migratoria in Italia, n il dettaglio delle condizioni materiali nei centri di ritenzione per stranieri. Oltre allo studio che ha fatto sullo stato del diritto italiano relativo allaccoglienza degli immigrati, allasilo e allallontanamento degli stranieri, la missione ha effettuato uninchiesta sulle condizioni concrete di trattamento dei richiedenti asilo e dei migranti in situazione irregolare. Questa inchiesta consiste:

 

-       nella visita di quattro CPTA (centri di permanenza temporanea e daccoglienza), e di un CDA (centro di prima accoglienza),

-       nella visita di diversi luoghi daccoglienza associativi per richiedenti asilo,

-       nella visita dellhotel Africa Tiburtina, squatt considerato come uno dei pi importanti della capitale, situato alluscita di Roma, dove sono riuniti molti richiedenti asilo,

-       nellincontro con numerose associazioni e persone coinvolte nella difesa dei migranti e dei richiedenti asilo (lista negli allegati), e un rappresentante della delegazione italiana dellAlto Commissariato delle Nazioni Unite,

-       in alcune interviste ai maggiori responsabili dei ministeri dellInterno e degli Affari  Esteri.

 

La missione ha inoltre ricostruito, a partire dalle informazioni raccolte, lo svolgimento di tre avvenimenti che hanno lasciato il segno nel 2004: si tratta dellaffare del Cap Anamur, nel mese di luglio, di quello delle espulsioni di massa organizzate dallisola di Lampedusa verso la Libia, in ottobre e, lo stesso mese, quello dei tredici Curdi, passeggeri clandestini del cargo Lydia Oldendorff, ai quali stato impedito di presentare le richieste dasilo al loro arrivo in Italia. Questi avvenimenti illustrano da una parte la ricerca, dellItalia, di un posizionamento fermo nel dibattito europeo sullimmigrazione, dallaltra le contraddizioni tra la sua legislazione interna e i suoi impegni internazionali, e le pratiche delle sue responsabilit politiche.

 

 

 

1- LITALIA E GLI STRANIERI

 

LItalia fa parte, con la Spagna e la Grecia, dei paesi dellUnione europea nei quali limmigrazione un fenomeno recente. Importante paese demigrazione durante pi dun secolo, lItalia non ha conosciuto linversione del suo saldo migratorio a profitto dellimmigrazione che alla fine degli anni 70. Ci spiega in parte perch non ha una tradizione in materia dimmigrazione e dasilo, e perch la creazione di una legislazione e di procedure in questo ambito siano ancora incoerenti.

Ma da una trentina danni lItalia conosce un tale calo della natalit da non poter pi assicurare il rinnovo delle generazioni e da rischiare unimportante diminuzione della sua popolazione nel corso dei prossimi decenni. Di fronte a questa scadenza, limmigrazione presentata - a detta di molti esperti - come unesigenza demografica ed economica. Ma, come nella maggior parte dei paesi dellEuropa, una parte considerabile dellopinione pubblica e della classe politica dimostrano  unopposizione determinata a una crescita troppo importante dei flussi migratori. Assistiamo cos al paradosso seguente: dallinizio degli anni 90, i governi italiani che si sono succeduti si sono impegnati  con maggiore o minore determinazione - ad indurire le condizioni dentrata e di soggiorno, effettuando in parallelo a intervalli regolari delle operazioni di regolarizzazione di massa degli immigrati senza permesso di soggiorno. La pi recente ha avuto luogo nel 2003 e ha riguardato 705.403 persone, cio il 90% delle richieste. Da parecchi anni, lItalia mette anche in atto una politica di quote, secondo le nazionalit e delle competenze, che negozia con i paesi di provenienza.

 

La popolazione immigrata

 

Secondo le statistiche del Ministero dellInterno, lItalia contava il 31 Dicembre 2003, 2.193.999 immigrati regolari, di cui 6.768 beneficiari dellasilo, tra i quali 228 riammessi nellambito della Convenzione di Dublino, 10.550 richiedenti asilo, e 3.936 residenti per motivi umanitari. Alla fine del 2003, il numero degli stranieri irregolari era stimato a 105.957 (contro i 150.746 stimati nel 2002). Sempre nel 2003, 65.000 stranieri sono stati realmente allontanati di cui 24.202 ricondotti alla frontiera, e 9.901 riammessi nel paese di provenienza in virt di accordi particolari.

 

Alla fine del 2003, gli immigrati in situazione regolare rappresentavano circa il 4,2% della popolazione italiana. Le nazionalit pi rappresentate tra gli immigrati sono i Marocchini, l11,4% del totale e gli Albanesi (11,2%). Seguono tra le nazionalit pi rappresentate i Rumeni, i Filippini e i Cinesi. Nel 2002-03, gli Europei extra-comunitari hanno rappresentato il 32,3% degli arrivi, gli Africani il 26,5%, gli Asiatici il 18,5%, e gli Americani del centro e del sud l11,8%. Il 58,7% degli stranieri sono concentrati nel Nord del paese. Si stima dunque che il numero dei rifugiati costituisca meno dell1% della popolazione straniera residente regolarmente in Italia.

 

Lintegrazione degli immigrati in situazione regolare lontana dallessere un fatto acquisito. Lo prova, ad esempio, la forte componente straniera nella popolazione carceraria (il 30,1% del totale, cio 16.788 su 55.670). I Marocchini rappresentano il 21,7% dei detenuti stranieri. I paesi del Magreb considerati nel loro insieme ne rappresentano il 43,6%. Gli Europei dellest costituiscono il 33,6% della popolazione carceraria. I delitti pi frequenti alla base della detenzione sono la prostituzione (8 30%) e la droga (13%). Vi si aggiungono quelli che sono legati alla legislazione sul soggiorno degli stranieri: utilizzo di falsi documenti didentit, ed ora mantenimento in situazione irregolare sul territorio italiano. Questa forte proporzione di stranieri tra i detenuti accresce quasi automaticamente il volume del soggiorno irregolare, nella misura in cui qualsiasi straniero espellibile alla sua uscita di prigione resta in Italia senza permesso di soggiorno se non realmente allontanato.  

 

Se i flussi migratori che generano una forte popolazione di irregolari restano altrettanto importanti nonostante lindurimento della legislazione, perch  - da un lato - in Italia il lavoro clandestino generalizzato in tutti settori delleconomia, e pi particolarmente nellagricoltura. Secondo numerosi specialisti, lagricoltura italiana sinistrata, a causa di un calo della manodopera, e perderebbe una gran parte della sua competitivit se non impiegasse un numero cos alto di stranieri e in situazione illegale di soggiorno, o senza diritto al lavoro. In certe regioni molto agricole come la Sicilia, questi ultimi sono praticamente sicuri di trovare lavoro, e quasi tutte le serre siciliane impiegano quasi esclusivamente degli stranieri sprovvisti di titolo di lavoro, richiedenti asilo compresi. Durante le operazioni di regolarizzazione di massa, diversi residenti dei CPTA interrogati dalla missione, cos come numerosi membri di associazioni, ci hanno segnalato che il fatto che gli operai paghino i loro datori di lavoro perch questi facciano loro un contratto di lavoro una pratica corrente nellagricoltura cos come in altri settori.

 

La richiesta dasilo in Italia

 

Le statistiche disponibili non sono n sufficienti n concordanti, n abbastanza precise da andare al di l di una valutazione a grandi linee dellevoluzione della presenza di richiedenti asilo in Italia nel corso degli ultimi anni. Un esame dellattivit della Commissione centrale incaricata dellesame delle richieste (vedi tavola) fa tuttavia apparire che il numero delle richieste dasilo presentate davanti a questa istanza, 24.800 nel 1999, era diminuito di pi della met nel 2001 per rimontare leggermente nel 2003 (11.323). Questa cifra piazza lItalia, rispetto ai suoi partners dellUnione europea, in diciannovesima posizione su venticinque per la percentuale di domande dasilo rispetto al numero di abitanti[3], e relativizza gli argomenti spesso utilizzati per giustificare la necessit di riformare la procedura dasilo al fine di far fronte a una pressione presentata come eccessiva.

 

Queste statistiche relative alle richieste dasilo esaminate non mostrano un fenomeno difficilmente quantificabile, legato allapplicazione del regolamento detto Dublino[4]che fa pesare la responsabilit dellesame di una domanda dasilo presentata in uno Stato membro dellUE sul primo paese attraverso il quale il richiedente penetrato nello spazio comunitario. Per via della sua posizione geografica, a volte lItalia non di fatto che un paese di transito obbligatorio per degli stranieri in cerca di protezione che preferiscono rendersi in un altro paese dellUE. Sebbene alcuni, avendo tentato di depositare una richiesta altrove, siano costretti per via del regolamento di Dublino a ritornare in Italia, una quantit senza dubbio considerabile sceglie, dopo aver superato la frontiera italiana, di attraversare il paese evitando di farsi identificare per scappare al meccanismo Dublino. Al Ministro dellInterno, si fatto comunque notare che il sistema di Dublino fortemente penalizzante per lItalia, che accetta in generale senza difficolt di riprendere le richieste dasilo in seguito alla domanda di altri Stati membri, ma non lo fa generalmente giocare in senso inverso, per rinviare uno straniero nel paese da dove certo che sia transitato prima di venire in Italia. Bench non ci sia stato possibile ottenere una stima in cifre delle incidenze dellapplicazione del regolamento di Dublino sul volume delle richieste dasilo, certo che le autorit italiane ritengono il fenomeno significativo e considerano che il regolamento di Dublino debba essere rivisto per assicurare una ripartizione pi equa dei richiedenti asilo nellUnione europea.

 

 

Attivit della Commissione centrale per il riconoscimento dello statuto di rifugiato, 1999-2003

 

Anno

1999

2000

2001

2002

2003

Domande dasilo registrate

24 800

17 776

10 889

7 281

11 323

Accettate

802

1 643

2 103

1 270

726

Rifiutate

7 443

22 649

11 130

15 755

10 491

Non esaminate

19

103

76

 

83

Total delle domande esaminate

8 266

24 415

13 309

17 193

11 217

Fonte : rapporto della Corte dei conti, dicembre 2004

 

 

Gestione ufficiale e associativa dellimmigrazione e dellasilo.

 

Le autorit di tutela: la gestione dellimmigrazione affidata a due dipartimenti del Ministero dellInterno: il Dipartimento delle libert civili, dellimmigrazione e dellasilo, di recente creazione (3 anni) e al quale fanno capo 16 prefetti, e il Dipartimento della sicurezza pubblica che responsabile delle procedure di allontanamento. Il Ministero degli Affari Esteri (la Direzione Generale per gli Italiani allestero e le Politiche Migratorie) anchesso coinvolto, tramite le relazioni diplomatiche con i paesi di provenienza e la firma di accordi di riammissione (v. p.XXX). In materia dasilo questa direzione generale competente per i rapporti con lAlto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR), tramite la sua missione di Ginevra. Ma le relazioni operative con la delegazione di Roma dell'ACNUR sono gestite dal Ministero dellInterno. Il Ministero degli Affari Esteri ugualmente presente nella Commissione centrale (Commissione nazionale nel 2005) desame delle richieste dasilo, con uno o pi funzionari.

 

Le associazioni: coloro che intervengono su un piano non governativo sulla questione delle migrazioni e dellasilo sono numerosi. Per quanto riguarda le Nazioni unite, in Italia che l'ACNUR ha, dallinizio degli anni 90, il pi importante programma dassistenza di tutta lEuropa (lItalia anche il paese dove i contribuenti privati al finanziamento dellACNUR sono i pi numerosi). Ci avvenuto nel periodo in cui lItalia, avendo tolto la condizione geografica che limitava fino a quel momento lapplicazione della convenzione di Ginevra sui rifugiati alle sole persone originarie dellEuropa (vedi sotto), ha conosciuto un aumento in proporzioni importanti degli arrivi dei richiedenti asilo.  Nello stesso momento, e per le stesse ragioni, stato fondato il CIR, collettivo dorganizzazioni[5] che dispone di un budget annuale di circa 2 milioni di euro, essenzialmente alimentato da fondi pubblici (Commissione europea, Fondo volontario per le vittime della tortura dellONU, Commissione delle Nazioni unite per i diritti delluomo, lo Stato italiano). Lattivit del CIR consiste principalmente in alcuni progetti di aiuto materiale e giuridico ai rifugiati. Parallelamente la sezione italiana di Amnesty International ha aperto una sezione rifugiati. Medici Senza Frontiere Italia conduce da qualche anno unimportante attivit in materia di assistenza ai richiedenti asilo, e di vigilanza sui centri di ritenzione.   Il rapporto che lassociazione ha pubblicato nel gennaio 2003 sui CPTA[6] le valso il divieto di accesso ai centri, salvo quando i suoi impiegati e i suoi volontari sono espressamente richiesti dalle persone che vi sono rinchiuse.

 

La Federazione delle chiese evangeliche, Caritas, la Comunit San Egidio, il Jesuit Refugee Service fanno parte delle numerose associazioni confessionali impegnate nellaiuto ai migranti e ai richiedenti asilo. Anche i sindacati vi partecipano da qualche anno.  Bisogna aggiungere al paesaggio associativo i numerosi gruppi locali che forniscono, a livello di un comune o di un quartiere, unassistenza attiva agli stranieri senza permesso di soggiorno e ai richiedenti asilo. Dal 2002, le ONG intervengono sempre pi nellambito giudiziario, man mano che le leggi sullimmigrazione e le disposizioni sullasilo si induriscono, e le reti davvocati e di giuristi si impegnano nella difesa degli stranieri.  

 

Lirrigidimento della politica italiana dimmigrazione

 

LItalia non ha una legislazione specifica in materia dimmigrazione che dal 1990. Questa legge detta Martelli, modificata nel 1998, prevede anche laccesso al territorio dei richiedenti asilo (v. sotto: il dispositivo legale dellasilo). Questa legge stata riformata in profondit nel 2002 con la legge detta Bossi-Fini del 30 luglio 2002. Il nuovo dispositivo, di cui certi elementi non erano ancora entrati in vigore alla fine del 2004, marcato da un netto irrigidimento: introduzione del delitto di presenza irregolare, rinforzo delle modalit di espulsione, prolungamento della durata di mantenimento degli stranieri nel centri di ritenzione (CPTA, vedere oltre), proibizione di ritorno sul territorio per 10 anni per gli stranieri espulsi, creazioni di centri che privano i richiedenti asilo della loro libert di circolazione (CDI, vedere oltre). Per certi versi il dispositivo presenta lacune o contraddizioni, in quanto messo in opera attraverso una sovrapposizione di regolamenti e circolari talvolta prive di coerenza. Come spesso accade, un tale irrigidimento ha per conseguenza la fabbricazione di stranieri sprovvisti di permesso di soggiorno, il cui mantenimento sul territorio tuttavia facilitato da una relativa disorganizzazione amministrativa che si unisce ad una grande tolleranza riguardo allimpiego non dichiarato.

 

Il contesto italiano inoltre caratterizzato dallimportanza delle frontiere marittime, che hanno portato le autorit a mettere in atto, in direzione dei potenziali migranti irregolari, dei dispositivi operativi di dissuasione interni ed esterni la cui compatibilit con le prescrizioni internazionali in materia di diritti fondamentali, e in particolare sul diritto dasilo, talvolta discutibile. Questa tendenza pu spiegare la moltiplicazione degli incidenti nel corso dei due ultimi anni che illustreremo con i tre casi che si sono verificati nel 2004.

 

 

 

II- IL CONTESTO LEGALE DELLASILO

 

Non esiste in Italia un dispositivo legale sullasilo propriamente detto. Un progetto di legge organica in discussione dal 2002, che doveva mettere fine a questa situazione atipica in seno allUnione europea, stato ritirato dal calendario parlamentare nel dicembre 2004 per non aver ottenuto il consenso tra i suoi promotori. Eppure lItalia fa parte dal 1954 della convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, anche se ha tolto la condizione geografica che riservava la concessione dello statuto di rifugiato alle persone originarie dei paesi europei soltanto nel 1990.  Oltre alla convenzione di Ginevra[7], il diritto dasilo in Italia trae i suoi fondamenti dallarticolo 14 della Dichiarazione universale dei diritti delluomo del 1948[8], e dallarticolo 10.3 della Costituzione italiana[9]. In assenza della legge organica sullasilo, degli elementi relativi allasilo sono inseriti nei testi legislativi e normativi che riguardano limmigrazione.

 

La procedura dasilo non organizzata che a partire dal 1990, dallarticolo 1 della legge 39/90, detta legge Martelli. Questa, parzialmente modificata dalla legge 40/98 detta Turco-Napolitano del 1998, stata integrata nella legge 189/02 detta Bossi-Fini del 2002. E questo testo che era in vigore alla data della missione, completato da dei decreti di applicazione, e soprattutto dal decreto presidenziale del 15 maggio 1990, nellattesa di vari decreti dapplicazione della riforma del 2002 che, bench siano conosciuti e talvolta applicati in anticipo, non erano ancora stati ufficialmente adottati pi di due anni dopo la promulgazione della legge. Ciononostante lessenziale del dispositivo avviato da questa riforma dovrebbe essere operativo nel corso del 2005, sulla base dellentrata in vigore del decreto presidenziale del 16 settembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 dicembre 2004.

 

Pi fattori contribuiscono a far regnare una relativa confusione quanto al diritto applicabile ai richiedenti asilo in Italia: da un alto, la sovrapposizione tra il dispositivo ancora in vigore, datato di pi di dieci anni, e lanticipazione, nella pratica, di alcune misure previste dalla riforma del 2002 non entrate formalmente in applicazione; dallaltro, i dibattiti attorno a quella che doveva essere la futura legge organica, finalmente aggiornata; infine, linterferenza della legislazione relativa allespulsione e al respingimento degli stranieri sulla situazione dei richiedenti asilo. Lo statuto ibrido di certi centri dove sono collocati gli stranieri (vedere p. XXX) lespressione pi caratteristica di questa mescolanza di generi.

 

A questa combinazione di fattori si aggiunger a breve la necessaria presa in considerazione degli obblighi comunitari. LItalia, come i suoi partners dellUE, , in effetti, tenuta a trasporre le disposizioni delle direttive europee adottate nel corso del periodo 2001-2004 nellambito dellarmonizzazione della politica dasilo. Ci riguarda soprattutto le regole di procedura per listruire le domande e le condizioni daccoglienza dei richiedenti asilo (V.P. XXX).

 

La procedura dasilo fino alla legge Bossi-Fini

 

Tenendo conto del periodo ponte durante il quale si svolta la missione, la procedura qui descritta quella che era essenzialmente in vigore alla fine del 2004 ma destinata ad essere sostituita nel corso del 2005 allentrata in applicazione integrale del dispositivo Bossi-Fini (v. oltre : la riforma Bossi-Fini).

 

Uno straniero che chiede lasilo in Italia pu, secondo il dispositivo previsto dalla legge Martelli, progressivamente modificato dallentrata in vigore dei testi dapplicazione della legge Bossi-Fini, ottenere il riconoscimento dello statuto di rifugiato, con riferimento allarticolo 1 della convenzione di Ginevra o ottenere la concessione di una protezione umanitaria, se considerato che esiste nel suo pese un pericolo di carattere generalizzato che gli impedisce di farvi ritorno. La decisone presa dalla Commissione centrale per il riconoscimento dello statuto di rifugiato, organismo composto di funzionari del Ministero dellInterno e degli Affari Esteri in presenza, a titolo consultativo, dei rappresentanti dell'ACNUR. Indipendentemente dai casi previsti dalla legge, la Corte di cassazione ha inoltre riconosciuto dal 1997 la competenza dei tribunali ordinari nel valutare lopportunit di accordare lasilo costituzionale con riferimento alla Costituzione italiana (art. 10.3, v. sopra).

 

Durante la procedura, il richiedente asilo, nellambito della procedura ordinaria (v. pi sotto) messo in possesso dun documento provvisorio di soggiorno valido tre mesi, rinnovabile fino alla decisione della Commissione, riceve un sussidio di un montante di 17 euro al giorno durante 45 giorni, e pu in alcuni casi beneficiare di unassistenza comprensiva di alloggio nellambito di un programma nazionale di accoglienza (v. oltre). Gli vietato di esercitare unattivit dipendente.

 

In caso di rifiuto della sua richiesta, il richiedente asilo riceve un ordine despulsione, che gli ingiunge di lasciare lItalia entro 15 giorni, a meno che non sia accompagnato da una decisione desecuzione immediata. Pu tuttavia esercitare un ricorso, che non sospensivo salvo il caso in cui ne faccia espressamente richiesta. In realt era raro, alla fine del 2004, che le misure dallontanamento fossero messe in esecuzione di forza. Invece, la legge fa ormai del mantenimento sul territorio al di l di quattro mesi a partire dal momento della notifica dellordine despulsione un delitto passibile di una pena dimprigionamento che va da sei mesi a un anno.

 

I dati forniti dalla Commissione centrale (v. tavola p. XXX) non mostrano, a una prima lettura, i tassi di risposte positive accordate rispetto al numero di richiedenti asilo presentate nello stesso anno. In effetti, il ritardo accumulato nellesame delle domande provoca uno scarto tra la data della risposta e la data alla quale la domanda stata trasmessa alla Commissione, che pu sorpassare lanno. Secondo le ONG che intervengono abitualmente sulle questioni dasilo e di rifugiati, il tasso di rifiuto annuale sarebbe del 90% circa. Esse ne concludono che un gran numero di questi rifiutati, che non possono pensare di ritornare nel paese dorigine e non sono di fatto allontanati, sono costretti a cadere nella clandestinit in Italia o a rendersi illegalmente in altri paesi europei[10] (con il rischio di essere respinti in applicazione del regolamento di Dublino V.P. XXX).

 

Se la risposta della Commissione favorevole, il richiedente asilo riceve un certificato di rifugiato, o un permesso di soggiorno a titolo umanitario a seconda dei casi. Le cifre della commissione centrale non permettono di determinare la ripartizione tra statuto di rifugiato e titoli accordati alla protezione umanitaria sul totale delle domande accolte positivamente.

 

Le carenze del dispositivo daccoglienza

 

Il dispositivo daccoglienza dei richiedenti asilo oggetto di numerose critiche. Se ne rimproverano la lentezza - i richiedenti asilo attendono tra i dodici e i ventiquattro mesi la risposta della Commissione centrale e le conseguenze che ne derivano sulla situazione dei richiedenti. Tranne la debole proporzione di quanti hanno la fortuna di essere alloggiati nellambito del Piano nazionale daccoglienza (PNA, v. oltre), stimata dalle associazioni a meno del 10%[11] , la maggior parte sono lasciati a loro stessi senza risorse una volta sorpassati i 45 giorni durante i quali versato loro un sussidio, non hanno accesso allassistenza sanitaria, e sono senza possibilit di sovvenire ai loro bisogni.

 

IL PNA e lo SPRAR Il programma nazionale di accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati (Programma Nazionale Asilo, PNA) stato creato nel 2001 su iniziativa del Ministero dellInterno, del ACNUR e dellANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) con un cofinanziamento del FER (Fondo Europeo per i Rifugiati). Impegna numerose ONG a livello nazionale e locale e consiste in un programma decentralizzato di alloggio in strutture a misura duomo, spesso in appartamento, accompagnato nel caso si tratti di una domanda dasilo, da unassistenza giuridica per lo svolgimento della procedura dasilo, e da unassistenza sociale. Dopo tre anni di funzionamento, il PNA stato sostituito nel 2004 da un nuovo programma chiamato SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), con un aumento dei fondi messi a disposizione. La legge affida ormai allANCI (associazione dei comuni) il potere di gestire i fondi ai quali si aggiunge l8/1000(tassa prelevata dalle imposte sul reddito). In totale, lo SPRAR riguarda circa 90 comuni, per un totale di 2.550 posti.

 

La qualit delle condizioni di accoglienza organizzate nellambito del PNA fa apparire al contrario in modo eclatante le disparit di trattamento tra i richiedenti asilo. In quanto, come abbiamo visto, questo piano, con i suoi 1.500 letti, non copre che una parte infima dei bisogni. Oltre al fatto che il budget attribuito al PNA notoriamente insufficiente, inoltre ripartito in modo molto diseguale sul territorio italiano, privilegiando certe zone a discapito in particolare della Sicilia che riceve per un numero importante di richiedenti asilo. Le carenze del dispositivo, bench certamente palliate da un gran numero di soluzioni daccoglienza di tipo caritativo, che offrono o no un alloggio stabile (per esempio la Caritas, Jesuit Refugee Service, numerose missioni religiose locali) o di tipo militante (squatt autogestiti, centri sociali), o da programmi dalloggio direttamente gestiti o sovvenzionati da alcune municipalit. La missione ha visitato due di questi luoghi daccoglienza : il centro sociale Laboratorio Zeta a Palermo, citt dove esistono pi strutture di questo tipo, e il centro Hourria di Caltanissetta. Questi luoghi sono in genere gestiti autonomamente dai residenti con laiuto di volontari o da associazioni confessionali come la Casa di Gingia a Roma gestita dal JRS (Jesuit Refugee Service). Alcuni di questi centri ricevono un aiuto dalle municipalit o dalle regioni, in genere sottoforma di fornitura gratuita dacqua, delettricit e di cibo. Cos, la Missione Speranza-Carit di Paletto che accoglie 300 migranti richiedenti asilo ospitata in un antica caserma ceduta dai poteri pubblici.

 

Ma resta comunque un deficit importante di soddisfazione dei bisogni dei richiedenti asilo, che i diversi interlocutori della missione, tuttavia, non sono stati in grado di quantificare. Le condizioni di vita degli occupanti dello squatt della stazione in disuso Tiburtina a Roma (V.P.XXX), come numerosi altri luoghi dalloggio improvvisati che esistono su tutto il territorio italiano, sono unillustrazione che chiarisce le pecche del sistema daccoglienza dei richiedenti asilo. In alcune regioni, soprattutto nel sud Italia , i richiedenti nel corso della procedura sono costretti a lavorare in nero in condizioni di sfruttamento, di fatica e di precariet estreme per sopravvivere e talvolta nutrire una famiglia. In effetti bisogna ricordare che vietato loro di lavorare legalmente, qualunque sia la durata della procedura. Il diritto al lavoro dei richiedenti asilo una rivendicazione delle associazioni, come quelle raggruppate nel CIR, che difendono la concessione dellautorizzazione di esercitare unattivit dipendente dopo tre mesi di presenza se a questa data il richiedente non ha ricevuto la risposta della Commissione. Il Ministero dellInterno, interrogato dalla missione su questo punto, ci ha lasciato intendere che non si sarebbe opposto ad aprire laccesso al lavoro dopo sei mesi dattesa.

 

Alle condizioni daccoglienza carenti e alla lentezza della procedura si aggiungono delle preoccupazioni di ordine amministrativo : dunque molto complicato per un richiedente asilo fare trasferire il suo dossier da una regione allaltra, dato che i cambiamenti dindirizzo possono richiedere pi di sei mesi per essere registrati. Le difficolt a percepire il sussidio delle prime tre settimane, o persino per farsi rinnovare il titolo di soggiorno provvisorio sono tali che certi preferiscono conservare un indirizzo di domicilio, anche se molto lontano rispetto al luogo dabitazione piuttosto che chiedere il trasferimento. Sono perci costretti, per compiere delle pratiche semplici, ad effettuare dei tragitti lunghi e costosi, talvolta per ritornare dallItalia del nord in Sicilia, che spesso il luogo di arrivo nel paese.

 

Le disparit del sistema di accoglienza hanno delle incidenze dirette sullaccesso alla procedura. Non contestato da nessuno che le condizioni psicologiche nelle quali si trova il richiedente asilo, la stabilit della sua vita quotidiana, la possibilit di beneficiare di una copertura sanitaria e sociale e del ricorso a unassistenza giuridica influiscono per molti tra quanti hanno questa fortuna sullottenimento di una risposta positiva. Coloro che non godono di questi vantaggi si presentano con un forte handicap davanti alla Commissione centrale per il riconoscimento dello statuto di rifugiato. Al di l delle difficolt materiali ricorrenti che si trovano ad affrontare, gli abbandonati a se stessi del dispositivo daccoglienza soffrono di conseguenza di una discriminazione nel trattamento delle loro domande.

 

La riforma Bossi-Fini

 

Bench la procedura dasilo organizzata dalla legge Martelli fosse stata fortemente criticata da coloro che pensavano che non garantisse sufficientemente i diritti dovuti alle persone che richiedevano protezione in Italia, gli iniziatori della riforma introdotta dalla legge Bossi-Fini nel 2002 ne hanno invece denunciato il carattere lassista, poich secondo loro permetteva troppo spesso agli stranieri in situazione irregolare di servirsene per evitare una misura dallontanamento dal territorio. Questa considerazione fa eco ad un discorso molto diffuso in seno ai membri dellUnione europea molti dei quali, nel corso di questo ultimo periodo, hanno indurito le loro legislazioni in materia dasilo in nome della dissuasione dei falsi rifugiati. Questa anche la tesi difesa davanti alla missione dai responsabili di alto livello del Ministero dellInterno incontrati, secondo i quali gran parte delle richieste dasilo sarebbe infondata. Ci sarebbe dimostrato dal fatto che numerosi richiedenti non si presentano davanti alla Commissione quando vi sono convocati per laudizione. La riforma Bossi-Fini stata presentata, in questo spirito, come la ricerca di una conciliazione tra le esigenze del paese in materia di protezione dellordine pubblico e del rispetto dei diritti costituzionalmente garantiti ai richiedenti asilo. La Bossi-Fini caratterizzata da tre innovazioni importanti : 1. Il collocamento in detenzione dei richiedenti asilo entrati illegalmente sul territorio italiano, 2. Laccelerazione delle procedure per linstaurazione di una procedura semplificata e la creazione di commissioni territoriali decentralizzate per listruzione delle domande, e 3. Lorganizzazione razionale delle modalit dallontanamento dei richiedenti asilo cui non stato attribuito il diritto di restare in Italia. Questo processo implica che lo straniero sia in ogni momento sotto il controllo dellamministrazione, il che fa dei centri di trattenimento (CPTA e CDI) un ingranaggio indispensabile del nuovo dispositivo.

 

I CPTA e i CDI : un ingranaggio indispensabile

 

I Centri di permanenza temporanea e dassistenza (CPTA), creati dalla legge Turco-Napolitano del 1998, sono destinati a mantenere sotto il controllo dellamministrazione gli stranieri in via di allontanamento.  La Bossi-Fini del 2002 ha modificato il regime della detenzione nei CPTA, in particolare raddoppiando la durata massima del mantenimento (da 30 a 60 giorni). Questa legge istituisce anche i Centri didentificazione (CDI), che, in un certo modo, estendono il regime della detenzione ai richiedenti asilo. Ciononostante, fino alla fine del 2004, i CDI non erano ancora ufficialmente in funzione per mancanza del decreto dapplicazione, anche se si contavano 15 CPTA sul suolo italiano, di diversa importanza e funzione[12], ed era in programma la costruzione di un nuovo centro nel nord del paese. Bench la legge definisca chiaramente le caratteristiche degli uni e degli altri, nella pratica non sempre facile distinguerli. E cos che certi CPTA situati nella zona darrivo di massa dei migranti funzionano come dei semplici centri di transito, o di prima accoglienza (CDA), la cui popolazione in arrivo rapidamente trasferita verso altri CPTA, a meno che non sia immediatamente respinta, come fu il caso a Lampedusa nellottobre del 2004. In certi casi, come a Caltanissetta (v.oltre) CPTA e CDA (futuro CDI) sono contigui. Con il progetto dinstallare delle commissioni decentralizzate desame delle richieste dasilo nelle vicinanze dei CDI (V. P. XXX) si profila la creazione di poli di trattamento dei richiedenti asilo, che il ministro dellinterno Giuseppe Pisanu presenta come dei centri polifunzionali[13], dove tutto sarebbe gestito nello stesso luogo, dalla prima accoglienza allespulsione, passando dallistruzione della richiesta e lesame dei ricorsi giurisdizionali.

 

I CPTA

 

Il funzionamento dei CPTA retto da una circolare del Ministero dellInterno del 30 agosto 2000, Direttiva generale in materia di Centri di Permanenza e di Assistenza ai sensi dellart. 22, comma i) del DPR 31 agosto 1999, che contiene una carta dei diritti e dei doveri dei migranti detenuti. Questa direttiva lontana dallassicurare unomogeneit nella gestione e nel funzionamento dei diversi centri e perci il Ministro dellInterno ha tentato di compensare le differenze dettando il 27 novembre 2002 le Linee direttive per la gestione dei CPTA ed un modello di convenzione. Ogni centro pu inoltre prevedere il proprio regolamento interno. Di fatto, il regime in vigore molto variabile secondo i centri. Alcune differenze sono dovute alla collocazione dei CPTA che assolvono la funzione di centri di prima accoglienza, come abbiamo gi notato: lattivit dei centri situati sulle coste o nelle loro vicinanze ha un carattere stagionale, in quanto i migranti attraversano il Mediterraneo soprattutto durante i mesi estivi  e, in ogni caso, quando il tempo bello e i venti sono favorevoli. Cos, lisola di Pantelleria ha potuto ricevere nel corso dellestate 2004 pi di uno sbarco al giorno, cio larrivo di un migliaio di persone al mese. Questa irregolarit anche la regola a Lampedusa. Invece, altrettanto possibile che nessuno sbarco abbia luogo per diverse settimane. Inoltre, la presenza o meno di minori, di donne, di famiglie costituite, la capacit dei centri, e soprattutto il modo di gestire i CPTA dellorganismo che ne responsabile comportano delle disparit importanti. Attraverso le visite effettuate nel mese di dicembre 2004, la missione ha potuto constatare tali disparit molto chiaramente.

 

Regime in vigore nei CPTA

 

Secondo la carta dei diritti e dei doveri dei migranti detenuti, gli stranieri detenuti nei CPTA dispongono dei seguenti diritti:

 

Diritto ad esprimersi nella propria lingua o nella lingua comune, se necessario con il servizio di un interprete;

Diritto al rispetto della vita in famiglia;

Diritto alla riservatezza dei colloqui con i loro avvocati;

Diritto alle visite, e dintrattenersi con i loro avvocati;

Diritto alle visite, e dintrattenersi con le autorit diplomatiche, i membri della famiglia, i ministri del culto;

Diritto alle visite dorganizzazioni umanitarie che operano allinterno dei CPTA per fornire assistenza giuridica, sociale o psicologica,

Diritto a visite diverse da quelle menzionate previa autorizzazione della prefettura,

Diritto allassistenza medica;

Diritto ad essere informati sulla possibilit di presentare una richiesta dasilo;

Diritto a praticare la propria religione;

Diritto a utilizzare il proprio telefono cellulare o i telefoni del centro;

Diritto alla corrispondenza;

Diritto ad utilizzare gli spazi comuni per le attivit ricreative o fisiche.

 

Secondo la circolare del 30 agosto 2000, i servizi seguenti sono garantiti:

 

Alloggio e coperto;

Assistenza medica e fornitura di medicinali;

Fornitura di vestiti e di prodotti per ligiene personale;

Lavanderia;

Comunicazioni: ogni 10 giorni, fornitura di una carta telefonica di 5 euro, spedizione di 10 lettere e di 3 telegrammi di 20 parole;

Possibilit di acquistare dei generi alimentari.

 

Fino a non molto tempo fa, quasi tutti i CPTA italiani erano gestiti dalla Croce Rossa italiana. Una diversificazione avvenuta dal 2002, sulla base di bandi. Attualmente, i centri sono gestiti sia da ONG caritative, spesso di natura confessionale come lassociazione Misericordia che intrattiene stretti legami con la chiesa cattolica, sia attraverso delle cooperative sociali, create da una legge nel 1989. La maggior parte delle cooperative sono state create da delle associazioni di carabinieri in pensione o di figli di carabinieri.

Dal novembre 2002, le associazioni e le cooperative amministratrici devono essere legate da una convenzione con il mistero dellInterno, autorit di tutela dei CPTA, dei centri di transito e di prima accoglienza e ormai dei centri didentificazione. A partire dal 2003, tutte le convenzioni arrivate a scadenza sono state rinnovate secondo le nuove disposizioni che semplificano le attivit burocratiche, omogeneizzano i metodi di gestione su tutto il territorio e assicurano maggiore trasparenza. Ma i prezzi concessi ai diversi gestori ancora troppo eterogeneo, poich vanno da 26 a 100 euro a testa. Nel suo ultimo rapporto, la Corte dei Conti[14] ha calcolato che il costo medio per una persona per la gestione quotidiana, manutenzione e rinnovo dei centri ed escluse le attivit legate allurgenza, di 77,11 euro.

E vero che le associazioni che garantiscono la gestione dei CPTA ne traggono dei dividendi finanziari. Il costo di una giornata in un CPTA pi alto della somma versata giornalmente ai richiedenti asilo, (il sussidio quotidiano versato durante i 45 giorni ai richiedenti asilo di 17 euro). Bisogna precisare che una tariffa forfetaria versata ai gestori dei centri, indipendentemente dal numero di ospiti, al di sotto di una certa soglia doccupazione.

 

Secondo il Ministro dellInterno, tra gli immigrati irregolari mantenuti nei centri nella attesa di espulsione, il 40% circa rimangono in Italia alla fine del periodo massimo regolamentare di soggiorno di 60 giorni nei centri, mentre il 60% sarebbe effettivamente espulso.

 

I CDI

 

Il decreto del 16 settembre 2004 prevede la creazione di sette centri didentificazione (CDI): destinati ad accogliere i richiedenti asilo, la loro organizzazione e il loro funzionamento deve essere adattato a questo pubblico specifico. Se le modalit di gestione, nellambito di convenzioni con associazioni o cooperative, non sono diverse rispetto a quelle dei CPTA, il regolamento prevede che le condizioni daccoglienza nei CDI assicurino agli ospiti una qualit di vita che garantisca la dignit e la salute del richiedente asilo, accordando unattenzione particolare alle famiglie e alle persone fragili: donne incinta, bambini, persone anziane, malati, e persone che hanno subito discriminazioni e abusi di diverso tipo nel loro paese dorigine. Un servizio dinformazione giuridica relativo alla procedura dasilo deve essere messo a disposizione degli ospiti, e gli interpreti dei CDI devono conoscere questa procedura. Il personale ha lobbligo di riserbo quanto alle informazioni che riguardano i richiedenti asilo presenti nel centro, e di quelli che lhanno lasciato. Oltre alle visite degli avvocati e dei rappresentanti dellACNUR, quelle dei membri della famiglia o di altri conoscenti degli ospiti sono autorizzate su loro richiesta dal prefetto. Purch lobbligo di riserbo e di sicurezza del richiedente asilo sia rispettato, possono essere autorizzate dal prefetto anche le visite di associazioni che hanno una competenza riconosciuta in questo campo da almeno tre anni.

 

Se certi ospiti sono detenuti nei CDI, altri godono di un regime di semi-libert (v. qui di seguito Il collocamento e la detenzione dei richiedenti asilo). E consegnata a costoro unautorizzazione duscita, che permette loro di allontanarsi dalle ore 8 alle ore 20. Delle autorizzazioni di uscita pi lunghe possono essere accordate per ragioni personali, di salute o familiari, o ancora per delle necessit legate allesame della richiesta dasilo. Ma il mancato rispetto delle regole fissate per le uscite da parte dei richiedenti asilo che lasciano il centro, considerato come una rinuncia alla domanda dasilo.

 

Il collocamento e la detenzione dei richiedenti asilo.

 

La legge prevede che un richiedente asilo non sia detenuto al solo fine di esaminare la sua richiesta. La legge aggiunge che egli pu tuttavia esserlo durante il tempo strettamente necessario per determinare se pu essere autorizzato a soggiornare sul territorio nei casi seguenti:

-per verificare o determinare la sua nazionalit o la sua identit se si presentato senza documenti didentit o di viaggio o se ha presentato dei documenti falsi;

-per verificare gli elementi sui quali fondata la richiesta dasilo;

-in attesa della procedura di ammissione sul territorio;

La legge precisa inoltre che un richiedente asilo deve essere detenuto:

-se la sua domanda stata presentata dopo che stato arrestato per attraversamento o tentativo dattraversamento illegale della frontiera o se in situazione irregolare;

-se colpito da una misura despulsione o di respingimento.

Nei quattro primi casi, i richiedenti asilo sono collocati nei centri didentificazione (CDI, v. p. XXX) nuova categoria di centri creata dalla legge Bossi-Fini. Come abbiamo visto, la partenza non autorizzata dello straniero collocato in un centro didentificazione equivale alla rinuncia alla domanda dasilo.

Nellultimo caso, i richiedenti asilo sono detenuti nei CPTA (V.P.XXX).

 

 

Una procedura dasilo accelerata

 

La procedura ordinaria precedentemente descritta, la sola fino alla legge Bossi-Fini del 2002, ormai riservata ai soli stranieri entrati legalmente sul territorio. Il suo regime modificato dalla legge e inquadrato da dei limiti che non dovrebbero sorpassare le tre settimane. Accanto instaurata una procedura semplificata, alla quale sono sottomessi gli stranieri che chiedono asilo dopo essere entrati irregolarmente in Italia o quando si trovano gi in situazione illegale, o che sono colpiti da un misura despulsione. Si tratta di una procedura pi breve, e soprattutto che si articola con la detenzione sistematica dei richiedenti asilo ai quali stata applicata.

 

La procedura ordinaria: riguarda due categorie di richiedenti : quelli che hanno presentato la domanda dopo esser stati arrestati per ingresso o tentativo dingresso illegale o si trovano in situazione irregolare, e quelli che, al momento in cui presentano la richiesta, sono gi colpiti da una misura despulsione o di respingimento. Nel primo caso, dal momento in cui la sua domanda stata ricevuta, il richiedente messo in un centro didentificazione (CDI, v.XXX). La sua domanda trasmessa in un limite di tempo di due giorni alla commissione territoriale competente. Questa lo convoca per laudizione entro 15 giorni e prende la sua decisione entro i tre giorni che seguono il colloquio. Le modalit di ricorso contro la decisione della commissione sono le stesse della procedura ordinaria. Se al termine del limite previsto per la procedura semplificata (venti giorni), la commissione territoriale non ha preso la sua decisione, il richiedente esce dal CDI ed messo in possesso di un permesso di soggiorno di tre mesi, rinnovabile fino a procedura conclusa. Se la decisione negativa, accompagnata da un ordine despulsione.

Nel secondo caso (straniero che chiede lasilo quando colpito da una misura di allontanamento) il richiedente piazzato in un Centro di permanenza temporanea e di accoglienza (CPTA, V.P. XXX). La procedura per quanto segue la stessa, se non per il fatto che pu essere mantenuto fino a sessanta giorni in detenzione nellattesa della decisione.

 

Linstaurazione delle commissioni territoriali.

 

  La legge instaura, a fianco duna Commissione nazionale che sostituisce la Commissione centrale, sette commissioni territoriali per il riconoscimento dello statuto di rifugiato, al fine di aumentare le capacit di risposta alla domanda dasilo e accelerare le procedure. A questo proposito stato precisato ai membri della missione che il Ministro dellInterno attribuiva molta importanza al fatto che le commissioni decentralizzate si trovassero il pi vicino possibile ai centri didentificazione (CDI) per ridurre i tempi: il decreto prevede, in effetti, che i prefetti possano installare la sede di una commissione territoriale allinterno del centro stesso.

 

La commissione nazionale, che potr essere suddivisa in pi sezioni, riunisce i rappresentanti del Ministero dellInterno, e degli Esteri, della presidenza del Consiglio e alle sue riunioni potr partecipare un rappresentante dellACNUR. Essa ha la funzione di definire gli orientamenti, di coordinare lattivit delle commissioni territoriali e di riunire i dati statistici relativi allasilo.

 

Secondo il decreto presidenziale del 16 settembre 2004, sette commissioni saranno installate a Gorizia (per le regioni del nord), a Milano (per le regioni Lombardia, Val dAosta, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna), a Roma (per le regioni Lazio, Campania, Abruzzo, Molise, Sardegna, Toscana, Marche, Umbria), a Foggia (per la Puglia), a Crotone (per la Calabria e per la Basilicata), e a Siracusa e Trapani per la Sicilia. Quando le domande sono presentate nei centri didentificazione (CDI) o nei CPTA, la commissione competente quella della circoscrizione cui fa capo il centro. Negli altri casi la commissione competente quella della regione sul cui territorio depositata la domanda. 

 

Tutti i richiedenti sono convocati davanti alla commissione territoriale, come avviene oggi davanti alla Commissione centrale. Sono ascoltati in una lingua che capiscono, la commissione prevede, infatti, gli interpreti necessari, e possono farsi assistere da un avvocato. Per quanto riguarda gli interpreti, sono stati segnalati a pi riprese dai residenti dei centri dei problemi legati allassenza dimparzialit di alcuni di loro, fattore che instaura un sentimento di diffidenza nel richiedente molto pregiudizievole per lo svolgimento del colloquio.

Salvo nei casi in cui il richiedente, collocato in un CDI, lo lasci, rendendo caduca la sua domanda (vedi sopra), questa pu essere esaminata in sua assenza se stato debitamente convocato e non si presentato.

 

Le commissioni territoriali sono composte di un rappresentante della prefettura, che le presiede, da un funzionario di polizia, da un rappresentante designato dalle autorit municipali e un rappresentante dellACNUR. Questi, contrariamente a quello che avveniva nella Commissione centrale, detiene ormai un potere deliberativo, mentre fino ad ora il parere dall'ACNUR era solo consultativo. Per funzionare, il dispositivo suppone che lACNUR sia materialmente e finanziariamente in grado di garantire questa presenza. La questione del finanziamento e della partecipazione dellACNUR alle commissioni territoriali era irrisolta alla fine del 2004.   E stato segnalato alla missione che il Ministero degli Affari Esteri non disponeva di un budget a questo scopo, ed stata evocata- ma senza maggiore precisione- la possibilit di un contributo del Ministero della Cooperazione. La legge prevede inoltre che in caso di necessit - secondo la nazionalit di alcuni richiedenti, che esige delle informazioni precise sul paese dorigine - pu essere aggiunto alla formazione un rappresentante del Ministero degli Affari Esteri.

 

Qualche interrogativo sul funzionamento delle commissioni decentralizzate

 

Alla data alla quale si svolta la missione, questo dispositivo decentralizzato non era entrato in vigore. Ciononostante, gi allora non era insolito che la Commissione centrale si trasferisse in alcune regioni italiane dove erano registrate numerose domande dasilo per effettuarvi le audizioni. Cos, nel corso della seconda settimana del mese di dicembre 2004, una serie di audizioni si sono svolte ad Agrigento, in Sicilia. La prospettiva della generalizzazione della decentralizzazione dellistruzione delle richieste dasilo era accolta diversamente secondo i nostri interlocutori. Anche se, a priori, lobiettivo di ridurre i tempi dattesa e di evitare ai richiedenti asilo gli inconvenienti legati allo spostamento sistematico a Roma ai quali erano finora costretti condiviso, il nuovo sistema suscita comunque delle preoccupazioni.

 

La prima legata ai mezzi che lo Stato destiner al nuovo dispositivo, che suppone non solo la messa a disposizione di funzionari, ma anche di grossi sforzi in termini di formazione del personale perch sia allaltezza delle esigenze di tale compito. Non sono state date alla missione delle risposte precise sui finanziamenti delle commissioni territoriali.

 

Unaltra inquietudine riguarda le possibili disparit nel trattamento delle domande di una commissione rispetto ad unaltra, per esempio a causa di pressioni locali che potrebbero farsi sentire.

Sono stati evocati in modo particolare i rischi legati alla presenza di un rappresentante delle autorit comunali nelle commissioni territoriali. Dal momento in cui la decisione daccordare lo statuto di rifugiato a uno straniero comporta, per lamministrazione locale, degli obblighi in materia daccoglienza e dinserimento, alcuni temono di veder apparire, tra i criteri della commissione, una ricerca di corrispondenza tra il numero di rifugiati ammessi e lofferta dalloggio o di strutture daccoglienza.

 

Ci si interroga anche sulle condizioni desame delle domande nellipotesi in cui, come abbiamo visto pi che probabile, le commissioni risiedano allinterno degli stessi centri didentificazione: non certo che la vicinanza con il luogo, dove, di fatto, le persone la cui richiesta esaminata sono incarcerate e la cui liberazione dipende dalla decisione, sia adatto alla serenit e allindipendenza necessaria allistruzione della loro domanda.

 

Lallontanamento dei richiedenti asilo

 

La legge Bossi-Fini ha considerevolmente modificato il regime dellallontanamento degli stranieri, che si tratti delle misure prese per delle ragioni di ordine pubblico, o di misure di polizia amministrativa destinate a sanzionare il soggiorno irregolare e il superamento illegale delle frontiere. Il contesto di questo rapporto limita la nostra analisi ai due aspetti del dispositivo dallontanamento: il respingimento, quando si presentano alla frontiera degli stranieri sprovvisti dei documenti richiesti per entrare in Italia, e lespulsione da cui sono colpiti gli stranieri che non hanno ottenuto o hanno perduto il loro diritto al soggiorno in Italia. Non entreremo nei dettagli della procedura legale di queste due forme dallontanamento se non per quanto riguarda la sua incidenza sulla condizione dei richiedenti asilo. Prima di presentare queste due misure bisogna inoltre menzionare unaltra disposizione che, adottata nel luglio 2003, al capitolo delle disposizioni in materia di lotta contro limmigrazione clandestina, costituisce ancor prima del respingimento una misura di allontanamento a distanza dei potenziali richiedenti asilo che arrivano dal mare.

 

Lintercettazione marittima

 

Un decreto del Ministero dellInterno[15] prevede delle misure di sorveglianza e di controllo delle acque territoriali che permettono alla Marina italiana, in caso di individuazione di navi che trasportano immigrati che tentano di arrivare irregolarmente sul territorio italiano, di procedere allidentificazione della bandiera della nave e, se le condizioni lo permettono, di respingerla e accompagnarla fino alle acque territoriali del suo luogo di provenienza. Non preso in considerazione nessun dispositivo atto ad identificare dei potenziali richiedenti asilo tra i passeggeri durante le intercettazioni marittime. 

 

Il respingimento

 

La legge[16]prevede che la polizia di frontiera respinga gli stranieri che si presentano alla frontiera sprovvisti dei documenti richiesti per essere ammessi sul territorio italiano. La stessa sorte riservata, ma questa volta sotto lautorit del questore, a quanti, avendo tentato di attraversare la frontiera illegalmente, sono arrestati alla frontiera o subito dopo. Un terzo caso di respingimento, sorta di artificio giuridico per evitare alle autorit di dover applicare le regole concernenti gli stranieri gi presenti in Italia, riguarda quanti, pur non riempiendo le condizioni dentrata, sono stati accettati a titolo provvisorio sul territorio per necessit di pubblico soccorso (per ragioni umanitarie): in particolare il caso delle persone che sbarcano sulle coste o che sono recuperati in mare. E tuttavia precisato, in conformit col principio di non-respingimento della convenzione di Ginevra, che la legge sui respingimenti non riguarda gli stranieri che presentano una domanda dasilo: in quanto non si pu rimproverare un rifugiato perch sprovvisto del passaporto o del visto, o perch ha viaggiato con dei documenti falsi.

 

Il problema si pone comunque concretamente poich, questa regola, per essere rispettata, suppone che ogni arrivo di uno straniero senza documenti dia luogo ad un esame individuale e approfondito della sua situazione al fine didentificare se si tratta di un potenziale rifugiato. Ora, vi sono tutte le ragioni per credere che questo esame sia spesso superficiale o inesistente, soprattutto nel caso di arrivi di massa, per esempio quando delle barche di migranti si arenano sulle coste italiane. Numerosi esempi recenti tendono a dimostrare che in questo tipo di circostanze, non sono prese tutte le garanzie per assicurare il pieno rispetto del principio di non respingimento. Ci si interroga anche sui mezzi di ricorso effettivi di cui dispongono gli stranieri il cui respingimento deciso sotto la sola autorit della polizia di frontiera.

 

Lespulsione

 

Come abbiamo visto, una volta rigettata la domanda dasilo, il richiedente riceve un ordine despulsione, anche se delle vie di ricorso contro la decisione della commissione gli sono aperte. Prima del 2002, gli stranieri che si erano visti rifiutare il diritto di soggiornare in Italia, ricevevano un ordine di lasciare il territorio entro quindici giorni, ma erano quasi sempre lasciati in libert, salvo rari casi particolari in cui lesecuzione immediata accompagnava la misura. La riforma Bossi-Fini rovescia questo principio.

 

La detenzione prima dellespulsione

 

Ormai la regola lesecuzione immediata della misura despulsione con mobilizzazione di mezzi di forza pubblica, e il mantenimento in libert leccezione. La legge organizza questa esecuzione immediata attraverso la detenzione degli stranieri in situazione irregolare (categoria di cui fanno parte i richiedenti asilo dal momento in cui ricevono il rifiuto della commissione) in alcuni Centri di permanenze temporanea e daccoglienza (CPTA, V.P. XXX) durante un massimo di sessanta giorni (mentre prima erano trenta). Se alla fine di questo periodo lamministrazione non riuscita ad allontanare lo straniero (perch non stato possibile identificarlo o per mancanza dei documenti di viaggio necessari), quest'ultimo messo in libert con un ordine di lasciare il territorio entro cinque giorni.

 

Il controllo giuridico della misura despulsione.

 

Fino al 2004, non esisteva un ricorso sospensivo contro la decisione di espulsione. Lo straniero poteva certamente fare appello a questa misura davanti al giudice, ma lappello non impediva la sua esecuzione. Nel caso di unespulsione con esecuzione immediata, la legge Bossi-Fini prevedeva tra laltro la possibilit di formare lappello fuori dellItalia (una volta lo straniero espulso!) per mezzo delle autorit diplomatiche. Queste disposizioni sono state annullate dalla Corte Costituzionale, che ha giudicato, in una decisione del 15 luglio 2004 questa assenza di ricorso effettivo contraria alla Costituzione italiana. Questa prevede, in effetti, che qualunque limitazione delle libert personali deve essere oggetto di un controllo giudiziario formale assortito di diritti alla difesa.

 

Per rispondere a questa esigenza costituzionale, un nuovo dispositivo durgenza stato creato da un decreto del settembre 2004. Ormai, durante le 48 ore che seguono la notifica allo straniero della misura despulsione con esecuzione immediata, un giudice di pace investito e deve pronunciarsi entro le 48 ore sullopportunit della misura.  Non si tratta di un nuovo diritto al ricorso aperto allo straniero, ma di una procedura di controllo della legalit della decisione amministrativa di collocamento. Lo straniero presentato davanti al giudice di pace assistito da un avvocato designato dallo Stato. Fino alla decisione del giudice, la misura sospesa, e lo straniero mantenuto in un CPTA. Se il giudice conferma la misura, essa diventa immediatamente esecutiva, quando lo straniero pu ancora formare un ricorso in cassazione. 

 

Per numerosi osservatori, questo dispositivo di recupero una risposta insufficiente alle esigenze della Corte costituzionale, al limite della manovra di raggiro. La non professionalit dei giudici di pace (in generale reclutati tra il corpo di funzionari di polizia in pensione), non specificatamente formati, d adito a seri dubbi riguardo alla loro competenza per lapprezzamento di problemi complessi e la presa di decisioni la cui portata, gi pesante nel caso degli stranieri classici, lo ancora di pi, quando sono portati a convalidare lespulsione di persone che hanno chiesto lasilo e la cui procedura, lo vedremo (vedere oltre) pu essere ancora in corso desame. Lintervento ancora recente dei giudici di pace nella procedura despulsione non permetteva, alla data della missione di valutare le incidenze sui tassi desecuzione delle misure. Gli scambi con gli stranieri detenuti nei diversi CPTA visitati hanno dato ai membri della missione limpressione che il passaggio davanti al giudice di pace, che si effettua persino allinterno del CPTA, sia visto pi come una formalit facente parte del processo dallontanamento che come una fase giuridica che ne pu modificare il corso.

 

Larticolazione del diritto di ricorso contro il rifiuto dasilo e lallontanamento

 

Trattandosi di richiedenti asilo, larticolazione delle nuove modalit despulsione con esecuzione immediata con il loro diritto a fare appello della decisione di rigetto della loro richiesta problematica. In effetti, il ricorso contro la decisione della commissione formato davanti al tribunale, ma dal prefetto (autorit amministrativa) che dipende la decisione di sospendere la misura despulsione che accompagna il rifiuto. Per certi commentatori, la base legale di questa competenza del prefetto nel caso dei richiedenti asilo, contestabile, poich solo lautorit giudiziaria dispone di elementi che permettono dapprezzare lopportunit di una sospensione.

 

Di fatto, lipotesi in cui lo straniero espulso prima che il suo ricorso contro il rifiuto della sua domanda dasilo sia esaminata dal tribunale non raro. E se la legge permette il ritorno provvisorio, per i bisogni di una procedura penale, di uno straniero che stato rinviato, niente di equivalente previsto per permettere al richiedente asilo espulso di ritornare in Italia per esercitarvi i suoi diritti. Pu di conseguenza avvenire che dei rifiuti della commissione siano annullati e dunque che il richiedente si veda riconoscere il diritto al soggiorno in qualit di rifugiato-, mentre gi stato allontanato dallItalia.

 

Modalit di allontanamento

 

Lefficacia del nuovo dispositivo despulsione con esecuzione immediata si basa in gran parte sulla capacit delle autorit italiane di metterle in opera nella pratica. Tre tipi di ostacoli devono essere sorpassati: innanzitutto, lidentificazione dello straniero da rinviare. I CPTA e i CDI sono equipaggiati a questo scopo, e ogni straniero sottoposto alla presa delle impronte digitali ed fotografato dal momento del suo arrivo. La pratica della radiografia dei polsi per verificare le dichiarazioni dei giovani immigrati che si dicono minori generalizzata. In seguito, i problemi di organizzazione materiale del trasporto e del costo dei rinvii. Riguardo al costo, la legge scarica sul trasportatore che ha condotto lo straniero sprovvisto di documenti fino alla frontiera italiana lincarico della sua riconduzione nel paese di provenienza[17]. Per quanto riguarda la razionalizzazione dei rinvii, il decreto dapplicazione della legge Bossi-Fini prevede che per eseguire le espulsioni, anche quelle effettuate in maniera collettiva, possono essere strette delle convenzioni con delle compagnie di trasporto, cos come con alcune organizzazioni (nazionali o internazionali) che hanno delle attivit di assistenza per gli stranieri[18]. Pensiamo riguardo a questo ultimo punto ai servizi offerti dallOIM (Organizzazione internazionale delle migrazioni) della quale uno degli assi dintervento laiuto al rimpatrio degli stranieri in situazione illegale. Quanto agli allontanamenti collettivi, lItalia ne ha organizzati una sessantina dal 2001. Ed inoltre stata italiana liniziativa alla base delladozione questo stesso anno, da parte dellUnione europea di una decisione comunitaria relativa allorganizzazione congiunta di voli comuni per lallontanamento collettivo di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente sul territorio di due Stati membri o pi (spesso denominati charters comuni).

 

Intesa con i paesi di rinvio

 

Infine, lesecuzione di una misura di allontanamento incontra talvolta le reticenze di alcuni paesi di destinazione ad accogliere gli stranieri espulsi dallItalia, che si tratti o no di loro cittadini. Per garantire leffettivit dei rinvii, che considerano come una condizione indispensabile alla riuscita della loro politica di lotta contro limmigrazione clandestina, le autorit italiane si appoggiano sulla collaborazione dei paesi di destinazione degli espulsi. Da un lato stata richiesta lassistenza delle ambasciate e dei consolati dei paesi di cui le persone arrestate dicono di avere la nazionalit - ma i responsabili dei centri di prima accoglienza ci hanno precisato che i nomi dei richiedenti asilo non erano mai stati trasmessi alle ambasciate interessate. Daltra parte, lItalia ha dato via ad un programma di firme di accordi di riammissione con un gran numero di paesi di provenienza. Alla fine del 2004 ne aveva firmati 27, di cui 13 con dei paesi membri dellUE, 8 con dei paesi europei non membri dellUE, 4 con dei paesi africani (i tre paesi del Magreb e la Nigeria) e 2 con dei paesi asiatici [19]. Nellambito di questi accordi, le autorit dei paesi interessati, simpegnano a facilitare il ritorno dei loro cittadini arrestati in situazione irregolare in Italia, cos come talvolta di cittadini di altre nazionalit che sono transitati sul loro suolo prima di venire in Italia. Includono una collaborazione attiva delle autorit diplomatiche dei paesi di rinvio per semplificare le procedure di rilascio dei documenti necessari al rimpatrio. Per esempio le autorit albanesi riammettono i loro cittadini, anche quando non hanno i documenti, accelerando molto lallontanamento. Daltronde, quando si tratta di paesi non UE, sul modello di quanto ha messo in atto da diversi anni con lAlbania, il governo italiano intende legare la sua politica dimmigrazione di lavoro sulla base di quote, cos come la sua politica di rilascio dei visti, agli sforzi forniti dai paesi terzi per cooperare alla lotta contro limmigrazione illegale.

 

Al di l di questi accordi formali, delle intese operazionali sono strette nellambito di relazioni di buon vicinato con alcuni paesi vicini per associarli alla lotta contro limmigrazione illegale.  E quanto avvenuto con lEgitto, che ha permesso di rinviare con voli charter da questo paese fino a Colombo, nel novembre e nel dicembre 2002, 300 Srilanchesi che erano stati fermati sul territorio egiziano nel loro viaggio verso lItalia. Unintesa non scritta esiste anche con la Libia, che al Mistero degli Affari Esteri hanno descritto come gestita direttamente dal Ministero dellInterno. (NB: n lEgitto n la Libia hanno stretto un accordo di riammissione con lItalia).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LALLOTANAMENTO DEGLI STRANIERI      2000-2003

 

 

 

 

2000

2001

2002

2003

 

Stranieri arrestati in situazione irregolare:

 

 

Allontanati

   69.263

   77.699

88.501

65.153

 

non rimpatriati

   62.217

   56.633

62.245

40.804

 

Totale

  131.480

  134.332

150.746

105.957

Stranieri realmente allontanati:

69.263

77.699   

88.501   

65.153

Ricondotti  alla frontiera

 

 

30.871

30.625   

37.656   

24.202

Ricondotti dalle questure

 

 

11.350

    10.433

6.139

3.195

Che hanno ottemperato allordine

     3.206

      2.251

2.461

8.126

Espulsi con accompagnamento alla frontiera

   15.002

    21.266

24.799

18.844

Espulsi su conforme provv.to dell'A.G.

       396

373

        427        

885

Stranieri riammessi nel paese di provenienza

Sulla base daccordi particolari

     8.438

12.751

    17.019    

9.901

 

 

Conclusioni provvisorie: tendenze del sistema legale dasilo.

 

La creazione di nuove disposizioni della legge Bossi-Fini in materia di procedure dasilo da una parte, dallontanamento dallaltra, rovescia sostanzialmente il dispositivo dasilo fino ad allora in vigore in Italia. Alla data della missione era troppo presto per valutarne limpatto, in quanto le nuove commissioni decentralizzate non erano ancora in funzione e i centri didentificazione non erano ancora ufficialmente istituiti. Ma, alla luce della pratica attuale e della lettura dei testi di legge, possiamo tuttavia individuare le principali tendenze che si stanno delineano.

 

La detenzione come principale modo di prima accoglienza dei richiedenti asilo?  

 

Considerando il fatto che gran parte degli stranieri che chiedono lasilo raggiunge il paese per via marittima senza visto e spesso senza passaporto, dunque irregolarmente ai sensi della legge - anche se la Convenzione di Ginevra sui rifugiati non riconosce il concetto dirregolarit dentrata per i rifugiati -, e delle multiple ipotesi nelle quali la legge prevede la possibilit o lobbligo di mantenere i richiedenti asilo in centri didentificazione (CDI), possiamo immaginare che la maggior parte di loro saranno ormai detenuti dal momento del loro arrivo, e questo per almeno venti giorni (durata della procedura semplificata). Notiamo che anche quando il mantenimento nei CDI non obbligatorio, ma possibile ai sensi della legge (ai fini di verificare dei documenti per esempio), si avvicina, di fatto, alla residenza forzata, poich i richiedenti non possono lasciare i CDI senza rinunciare alla loro domanda dasilo.

 

Listituzione dei CDI per laccoglienza obbligata dei richiedenti asilo deve essere messa in relazione con le costrizioni nate dalladozione della direttiva comunitaria 2003/9 relativa alle norme minime daccoglienza dei richiedenti asilo. Questa direttiva, che dovrebbe essere trasposta dagli stati membri entro il mese di febbraio 2005 al massimo, prevede che essi debbano prendere le misure necessarie per laccoglienza, per tutta la durata della procedura dasilo, dei richiedenti in condizioni che permettono di garantire un livello di vita adeguato, senza escludere formalmente la possibilit di obbligarli a restare in un luogo determinato. Dato che questa direttiva implica la garanzia di una soluzione abitativa per ogni richiedente e che il dispositivo nazionale daccoglienza dei richiedenti asilo, lo SPRAR (vedi riquadro p. XXX), non copre attualmente che una debole proporzione dei bisogni, ne possiamo dedurre che il collocamento nei CDI costituir la risposta delle autorit italiane a questa esigenza. Ci  sembra tuttavia difficilmente compatibile con il principio posto dalla stessa direttiva secondo la quale i richiedenti asilo possono circolare liberamente nel territorio dello Stato membro ospitante o nellarea assegnata da tale Stato membro, se questa zona pregiudica alla sfera inalienabile della vita privata e permette un campo dazione sufficiente ().

 

I rischi delle procedure sbrigative

 

Listituzione delle commissioni decentralizzate per listruzione delle domande dasilo, combinata con la procedura semplificata, teoricamente prevista perch una decisione sia resa entro i 20 giorni che terminano con lespulsione in caso di rifiuto della domanda, ha per obiettivo dichiarato laccelerazione della procedura dasilo. E difficile prevedere se questo obiettivo sar raggiunto. Ma se auspicabile che i richiedenti asilo non siano sottomessi a tempi dattesa eccessivi come era il caso fino al 2004 (tempi superiori lanno), una procedura condotta in meno di tre settimane rischia al contrario di non permettere lesame approfondito che esigono certe richieste, soprattutto quando intervengono dei problemi di lingua che necessitano di tempi supplementari per linterpretariato e la traduzione dei documenti[20]. Si noter che nella maggior parte dei sistemi dasilo nazionali, soprattutto quelli degli Stati partners dellItalia nellUE, le procedure accelerate, quando esistono, sono state create accanto alle procedure normali per trattare pi rapidamente le domande di protezione considerate- a torto o a ragione- come se non necessitassero dinvestigazioni in profondit per decidere che sono a priori fondate o al contrario immediatamente inaccettabili. Questa non la scelta fatta dalla legge italiana, poich il solo criterio per orientare una domanda verso un trattamento accelerato il modo daccesso del richiedente al territorio italiano. Criterio contestabile, dato che non si pu in nessun caso considerare che il solo fatto di attraversare la frontiera senza visto avvenga per  raggirare la procedura dasilo.   

 

La criminalizzazione della domanda dasilo.

 

Anche se dei mezzi importanti sono consacrati dalle autorit italiane allaccelerazione delle procedure dasilo, soprattutto per allontanare pi rapidamente i richiedenti asilo, ancora troppo presto, allinizio del 2005, per sapere in quale proporzione questo obiettivo sar raggiunto. La legge prevede daltronde che i tempi fissati per procedere allallontanamento forzato degli stranieri possono essere superati (alla scadenza dei sessanta giorni al termine dei quali non si pu pi mantenere lo straniero nei CPTA): se lamministrazione non stata in grado di organizzare lespulsione, principalmente perch non ha potuto ottenere i documenti didentit o di viaggio necessari da parte del paese dorigine o del paese di rinvio, lo straniero rilasciato, e gli consegnato un ordine di lasciare il territorio entro cinque giorni. E in realt pi che probabile che resti sul territorio, senza documento di soggiorno, in situazione di precariet amministrativa e sociale, e correndo il rischio di sanzioni penali in caso di interpellanza, poich la legge fa del non rispetto dellordine di espulsione un delitto. I membri della missione hanno avuto loccasione di incontrare degli stranieri che erano al loro secondo o terzo soggiorno  nei CPTA, intervallato da dei brevi periodi di libert e in seguito  da un passaggio in prigione. Siccome i richiedenti asilo rifiutati dalla commissione e in istanza di ricorso non sono al riparo da questo processo, si pu temere che lalternativa al loro rinvio sia criminalizzarne il mantenimento sul territorio alluscita dai CPTA. 

 

Se prendiamo il caso di un richiedente asilo che entra senza visto in Italia, non perci impossibile, se si applicano la combinazione delle diverse regole istaurate dalla legge Bossi-Fini, che passi pi di ventiquattro giorni in detenzione prima dessere eventualmente messo in libert in situazione irregolare (v. schema qui sotto).

 

 

CPTA

30 giorni + 30 giorni

 

mantenimento senza esecuzione

della misura despulsione

 

alla fine dei  de 60 gg. liberazione con ordine di lasciare il territorio entro 5 giorni

 

 

CDI

20 giorni

procedura semplificata

rifiuto della commissione

ricorso (non sospensivo)

ordre dexpulsion

 

 
Arrivo

in Italia        

senza visto

arresto

domanda dasilo

collocamento in CDI                                collocamento

nel CPTA                                                                                 

 

                                                        

 

 

 

 

 

III VISITE EFFETTUATE DALLA MISSIONE

 

Limportanza dei luoghi di accoglienza e di detenzione mutata in questi ultimi anni secondo lorigine di quanti arrivavano sul territorio italiano. Cos, durante la maggior parte del decennio, i centri situati sulla costa sud-est del paese (Puglia e Basilicata), hanno accolto diverse migliaia di migranti venuti dai Balcani, dallAlbania, dalla Bosnia e dal Kosovo soprattutto. I flussi degli anni 90 hanno anche  visto arrivare cospicui contingenti di Somali e di Curdi. Dal 2000, limportanza di questi centri diminuita, per via della diminuzione dei flussi pi importanti, con larrivo massiccio di migranti venuti dal Magreb e dallAfrica nera, che si imbarcano essenzialmente sulle coste tunisine e libiche. La frontiera con la Slovenia, infine, continua ad accogliere dei flussi importanti di migranti originari dellEuropa centrale, e sempre di pi, del Medio oriente e dellestremo oriente.

 

E in funzione di queste evoluzioni che la missione ha scelto di concentrare la sua inchiesta sulla Sicilia, che ospita quattro centri (Trapani, Caltanissetta, Ragusa, Lampedusa), il quinto, quello dAgrigento, stato chiuso nel dicembre 2004 dopo la vista del Comitato di prevenzione contro la tortura del Consiglio dEuropa. Nellinsieme lattivit di questi centri aumentata in proporzioni importanti nel corso dei due ultimi anni. La missione ha cos visitato quelli di Trapani, di Caltanissetta e di Lampedusa, prima di completare la sua idea del funzionamento dei CPTA attraverso la visita di quello di Ponte Galleria, situato vicino allaeroporto di Roma. La missione ha anche avuto loccasione di spostarsi in pi luoghi daccoglienza per richiedenti asilo, in Sicilia e a Roma. Troveremo infine qui un resoconto della sua vista allo squatt di Tiburtina, a Roma, principalmente occupato da richiedenti asilo.

 

1/ Il CPTA Serraino Vulpitta di Trapani 

 

Il CPTA Serraino Vulpitta, situato nella citt di Trapani, ha riaperto le sue porte il 24 giugno 2004. Era, infatti, stato chiuso il 22 novembre 2003 per restauro, in seguito a vari incidenti che la stampa aveva riportato, che ci sono stati raccontati dalle associazioni di Trapani e sui quali abbiamo chiesto delle precisioni alle autorit del centro. Prima della sua chiusura, il CPTA di Trapani era stato criticato da pi associazioni che avevano potuto visitarlo, in particolare da MSF, per via del cattivo stato delle sue infrastrutture e per le condizioni di detenzione. Questo centro, che pu accogliere 57 persone, divise in camere da 5 o 10 letti, dovrebbe daltronde essere definitivamente chiuso a met del 2006 per essere trasferito in un nuovo palazzo pi moderno, di una capacit di 200 posti. Questo nuovo centro sar situato fuori citt, in unarea che era stata sede di un vecchio aeroporto militare.

La durata media del soggiorno nel CPTA di Trapani di un mese. Il 35- 40% delle persone arrivate al CPTA sono effettivamente espulse.

 

Fino al 1999, il CPTA disponeva di una sezione femminile. Il comportamento presunto delle autorit di polizia verso le donne vi aveva suscitato unimportante rivolta allinizio del 1999. Un incendio, provocato dai residenti per permetterne la fuga, aveva causato allepoca la morte di tre persone. In seguito a questi incidenti, la sezione femminile era stata chiusa. Quattro anni pi tardi, in seguito alla nuova rivolta, un secondo incendio volontario si prodotto il 13 settembre 2003, provocando delle ferite leggere ad alcuni ribelli. In seguito allincidente, 6 persone sono state incarcerate nella prigione di Trapani. Una di queste ha tentato, durante lincarcerazione, di tagliarsi le vene. Le associazioni che lavorano sui CPTA ci hanno segnalato che i casi dautomutilazione  erano frequenti e che, fino alla chiusura nel novembre 2003, il centro era conosciuto per la distribuzione sistematica di tranquillanti agli stranieri mantenuti.

 

Le autorit e i gestori del CPTA hanno ricevuto la missione l8 dicembre. La missione stata accolta da:

Dr Nicol DANGELO, questura di Trapani

Giuseppe LA PORTA, prefettura di Trapani,

 Giacomo MANCUSO, direttore-coordinatore della gestione del CPTA,

Giuseppe SCOZZARI, presidente della cooperativa INSIEME-ONLUS, amministratore del CPTA.

 

-Funzionamento del centro

Questi responsabili ci hanno descritto il funzionamento del centro e i servizi forniti agli ospiti. Il centro dotato degli stessi servizi che possiedono tutti i CPTA: assistenza medica, assistente sociale e psicologico. Possiede anche un mediatore socio-culturale e di due interpreti in permanenza. La televisione dotata di tutti i canali satellitari e una biblioteca a disposizione dei residenti. Alloccasione della nostra visita, il centro ospitava 23 persone. Istallato in unantica casa degli anni venti, dispone dinfrastrutture piuttosto vetuste nonostante un recente restauro. I dormitori, relativamente spaziosi, rinforzano limpressione di vuoto : ad eccezione dei letti- equipaggiati del minimo necessario: lenzuola grezze, nessuna federa sui cuscini fatti della stessa materia, una coperta, non cՏ nessun mobile. I soli oggetti personali visibili sono: scarpe, bottiglie di latte posate per terra, sui letti o sul davanzale di una finestra.  Ci stato detto che i detenuti disponevano di un armadietto personale fuori dai dormitori.

Un colloquio con Antonina Gardella, lassistente sociale del CPTA, ha permesso alla missione di precisare alcune informazioni: la signora Gardella, presente nel centro da quattro anni, ha visto le legislazioni indurirsi nel corso degli anni, e le procedure di ricorso contro le espulsioni divenire sempre pi difficili. Le successo di constatare la notifica di alcune espulsioni sono a causa di errori del servizio immigrazione o delle questure. Per un caso di errore, ha potuto fare un ricorso in tempo con un avvocato, e il ricorso in questione stato accettato. Ma nellinsieme il suo ruolo molto limitato. Porta un certo sostegno ai detenuti, che possono intrattenersi con lei per dei colloqui confidenziali (la porta del suo ufficio chiusa durante i colloqui, anche se situata proprio dietro il posto di sorveglianza occupato costantemente da almeno due poliziotti), d delle informazioni sulla procedura, serve da intermediaria tra i detenuti e la polizia. Ma non ha alcun margine di manovra rispetto alla principale, se non unica, richiesta dei residenti cio quella di lasciare il centro al pi presto.

 

Nelle vicinanze del CPTA di Trapani installato un centro di prima accoglienza (che funge da centro didentificazione) di una capacit massima di 215 posti, chiuso alla data della visita della missione. I migranti che sbarcano sullisola di Pantelleria sono immediatamente trasferiti verso Trapani, che ha inoltre accolto nel corso degli ultimi mesi dei migranti sbarcati a Lampedusa. In caso di sbarco massiccio su una delle due isole, sono organizzati dei voli speciali a destinazione del centro daccoglienza di Trapani. Le persone che sono accolte sono ripartite nei CPTA della Sicilia o del resto dItalia secondo i posti disponibili, quando non sono rinviate immediatamente verso il loro paese di provenienza.

 

Colloqui con i residenti

 

Tra i differenti colloqui dei membri della missione con gli stranieri detenuti, la missione ricorda il caso di un Tunisino, in Italia da diversi anni, che ha lavorato a lungo fino ad essersi accorto che soffriva di un problema cardiaco. Dopo aver subito unoperazione allospedale di Palermo non ha potuto farsi  rinnovare i suoi documenti, poich gli era chiesto di fornire un contratto di lavoro, cosa che gli risultava impossibile per via del suo stato di salute. Ha fatto richiesta di una pensione dinvalidit che in corso, ha richiesto un permesso di soggiorno fornendo i giustificativi della sua condizione. La procedura desame della prefettura durata molto a lungo e si conclusa con un arresto e la sua collocazione nel CPTA per espulsione. Linteressato ci parso estremamente angosciato per la sua salute, ci ha detto di avere avuto pi crisi dal suo arrivo, e ha reclamato senza successo a innumerevoli riprese di poter consultare il suo medico a Palermo, senza essere ascoltato in quanto al CPTA non lo prendono sul serio e gli si controbatte che ha subito un elettrocardiogramma il cui risultato normale. Questa diagnosi doveva essere confermata alla missione dal medico del CPTA, che per ci ha precisato che avrebbe telefonato al medico lindomani poich la visita si svolta in un giorno festivo.

 

2/ Il CPTA/CDA Pian del Lago di Caltanissetta   

 

Caltanissetta prefigura i futuri centri polifunzionali cos come li ha chiamati il Ministro dellInterno (vedi p. XXX) poich sono raggruppati nello stesso luogo un CPTA e quello che era chiamato allepoca della visita della missione un CDA (centro daccoglienza) divenuto CDI / centro diidentificazione per richiedenti asilo). Caltanissetta si trova nellentroterra siculo, lontano dalla costa. Il suo CPTA-CDA, situato fuori citt, riceve dunque degli individui arrivati in una zona daccoglienza e diretti in seguito verso i centri dellinterno. I due centri  sono nella stessa propriet ma fisicamente separati in conformit alle disposizioni di legge in vigore. Concretamente, il visitatore attraversa un primo portone per entrare in un vasto spazio che comprende le parti comuni (parcheggio)e gli edifici del CDA, allinterno dei quali si alzano le griglie del CPTA, completamente chiuso, e per accedervi bisogna attraversare una seconda serie di porte. La visita della missione si svolta il 9 dicembre 2004.

 

La missione stata accolta da:

Giuseppina FALZONE, direttrice del servizio sociale dellOrgano di controllo della prefettura di Caltanissetta,

Carmelo LAPAGLIA, direttore del CPTA-CDA di Caltanissetta,

Salvatore COPPOLINO, direttore aggiunto dellUfficio dellimmigrazione di Caltanissetta,

Dr Anne SANTAMARIA, direttrice sanitaria del CPTA-CDA

 

 

 

 

 

      IL CPTA

-Funzionamento del centro

 

Il CPTA di Caltanissetta ha aperto nellagosto del 2000. La sua capacit daccoglienza di 92 posti. Alla data della nostra visita, 76 persone vi erano presenti. Come tutti i CPTA, riservato agli stranieri nella attesa di espulsione, di cui la ritenzione deve essere notificata entro 48 ore dal giudice di pace della giurisdizione da cui il centro dipende.

Dalla data della sua apertura nel settembre 2004, il CPTA di Caltanissetta ha visto passare 4.581 persone nellattesa di essere espulse di cui il 60%-80% secondo i periodi, avevano appena terminato di scontare una pena in prigione. Questa proporzione di ex carcerati tra la popolazione del centro una delle pi elevate tra i CPTA dItalia. Gli altri occupanti del centro sono stati interpellati mentre si trovavano in situazione irregolare di soggiorno.

La sorte di queste 4.581 persone si diversificata come segue: 1.600 persone effettivamente espulse e 334 richieste dasilo accettate. Le restanti 2.647 persone sono state tutte rilasciate al termine del periodo massimo di ritenzione di 60 giorni. Durante i primi otto mesi del 2004, 788 persone sono passate dal centro, di cui 487 sono state espulse. Questo aumento recente della proporzione di espulsioni effettive illustra la volont del governo italiano di mostrarsi molto pi severo che nel passato in materia di trattamento di coloro che designa come clandestini.

 

Per quanto riguarda le condizioni daccoglienza e di trattamento delle persone in ritenzione[21], il centro di Caltanissetta sembrato alla missione come il migliore della Sicilia. Lambiente e le condizioni di vita sono corretti. Gli ospiti sono distribuiti in tre padiglioni, suddivisi in quattro camere da sei letti, munite di aria condizionata. In ogni padiglione vi sono sei WC e quattro docce. Gli ospiti dispongono ciascuno di un armadio che si chiude a chiave. Un locale di ricreazione (giochi, televisione) a loro disposizione, e anche un terreno allaperto. Il centro gode di un assistenza medica 24 ore su 24 assicurata da cinque medici che si alternano. Dispone inoltre di unassistente sociale e di una psicologa, e di 5 interpreti fissi, che permettono cos agli amministratori del centro di comunicare nel maggior numero possibile di lingue parlate dagli arrivanti. Le visite permesse senza previa autorizzazione sono quelle degli avvocati delle persone detenute, dei membri della loro famiglia e dei ministri del culto, cio le persone autorizzate dalla legge. Le autorit del centro ci hanno precisato che permettono una certa flessibilit sulle ore di visita.

Hanno precisato con insistenza alla missione la loro volont di accogliere al meglio gli "ospiti" del CPTA, di fornir loro le migliori condizioni di vita possibili cos come diverse attivit. Hanno inoltre sottolineato il loro desiderio di favorirne la convivenza pacifica e hanno segnalato che le violenze tra residenti erano estremamente rare al CPTA di Caltanissetta. Per l'intera durata della visita la missione ha constatato  una presenza assidua e numerosa di intervenenti (mediatori, interpreti, poliziotti) attorno agli "ospiti"-al punto tale che la possibilit di colloqui confidenziali si talvolta rivelata difficile-, dando, in effetti, l'impressione di una certa familiarit.

 

In materia di condizioni di salute, i due medici di servizio durante la nostra visita ci hanno segnalato che le patologie pi frequenti sono i problemi dentari, le malattie respiratorie, le bronchiti, le gastriti e le micosi. Malattie logiche secondo i medici, in quanto la maggior parte delle persone detenute sono gran fumatori e bevitori di caff.

 

 

-La missione si inoltre intrattenuta con diversi residenti

Un Marocchino lavoratore agricolo senza permesso di soggiorno residente in Italia da pi di due anni e colto in occasione di un controllo d'identit.

Un gruppo di Bengalesi arrivati in Italia 2 mesi e 10 giorni prima dopo essere passati per l'India, la Turchia e la Grecia. Hanno soggiornato 9 giorni a Lampedusa prima di essere trasferiti a Caltanissetta. Prima della nostra visita, due di loro avevano appena ricevuto una risposta positiva alla loro domanda d'asilo e gli altri si chiedevano perch linsieme del gruppo non avesse potuto beneficiare dello stesso trattamento.

Un gruppo di 17 Rumeni tutti muniti di documenti d'identit ma sprovvisti di permesso di soggiorno in Italia. Quasi tutti lavoravano come operai agricoli  prima del loro arresto. Hanno tutti reclamato di essere espulsi rapidamente poich disponevano di documenti d'identit e hanno chiesto perch continuavano ad essere detenuti.

Un Tunisino e un Rumeno usciti di prigione in attesa di espulsione.

Un Iracheno, arrivato un po' di tempo prima a Lampedusa in battello, trasferito al CDA per identificazione, che aveva tentato di fuggire dal CDA e per questa ragione catturato nuovamente dalla polizia e piazzato nel CPTA per essere espulso (v.p.XXX).

 

      Il CDA

 

-Funzionamento del centro

Il CDA di Caltanissetta, aperto nel febbraio 2004, ha una capacit di 150 posti ed il suo ingrandimento previsto fino a una capacit di 400 posti. Questa estensione dovuta al fatto che il CDA destinato a diventare un centro d'identificazione (CDI). E' il solo centro di questo tipo visitato dalla missione. Per il momento, dotato di 15 padiglioni prefabbricati modello "Algeco" di dieci posti ciascuno (letti a castello), di cui uno riservato alle donne. Dalla sua apertura fino al 30 settembre, ha visto passare 1.288 persone d cui 400 si sono viste rifiutare la domanda d'asilo e sono state espulse. La met delle persone in istanza di espulsione transitato per il vicino CPTA. Gli altri hanno ricevuto un permesso di soggiorno di tre mesi, in attesa dellesame della loro domanda da parte della Commissione. Secondo i responsabili del centro, l80 % dei richiedenti asilo passati da Caltanissetta considerano l'Italia come un paese di transito e hanno l'intenzione di stabilirsi in un altro paese dell'UE.

 

La maggior parte delle persone passate per il centro sono Egiziani, Somali, Eritrei, Sudanesi, Curdi, e cittadini del Bangladesh. Al momento della nostra visita, c'erano anche una decina di Cinesi, tra cui diverse donne.

Un'assistente giuridica assegnata al centro a tempo pieno, il cui ruolo di assistere gli stranieri nella preparazione della loro domanda d'asilo e alla consegna in questura. Un altro dei suoi compiti quello di fare da ponte tra gli straieri e i loro avvocati, quando ne hanno uno.

 

-Colloqui con i residenti

La missione si trattenuta con pi richiedenti asilo residenti nel CDA, di cui un gruppo di Sudanesi per la maggior parte originari di Darfour e passati per la Libia per arrivare in Sicilia. Certi erano l da 65 giorni. Si sono tutti lamentati di non avere l'autorizzazione ad uscire dal centro, persino dopo due mesi di soggiorno. Eppure a regola il regime del CDA (futuro CDI) non un regime carcerale, e se si considera che gli "ospiti" che lasciano il CDA rinunciano alla loro domanda d'asilo, nulla dovrebbe impedire loro di assentarsi temporaneamente, almeno durante il d (V.P. XXX). I responsabili del centro ci hanno spiegato che gli "ospiti" sono "liberi all'interno del centro" e che possono uscire dal momento in cui ottengono i documenti necessari che li qualificano in quanto richiedenti asilo, in attesa dell'audizione presso la commissione territoriale. Certi stranieri ci hanno inoltre dichiarato di non disporre di carte telefoniche e di non aver potuto contattare la famiglia, neppure per l'Ad che segna la fine del mese del ramadan. Eppure le autorit del centro ci hanno segnalato che gli "ospiti" hanno la possibilit di telefonare all'esterno. Ma, in assenza di cabine, solo quanti possiedono un telefono cellulare hanno in realt questa possibilit. Poich al CDA, come nei CPTA visitati dalla missione, i telefoni disponibili (in generale il numero molto limitato) permettono soltanto di ricevere delle chiamate, e non di farne. La missione si inoltre trattenuta con un Algerino presente al centro da 50 giorni e che, a causa della Convenzione di Dublino, era passato attraverso la Germania e l'Austria prima di essere rimandato in Italia.

 

L'insieme delle strutture d'accoglienza e di detenzione di Caltanissetta gestito dalla cooperativa Albatros.

 

3/ Il CPTA/CPA di Lampedusa

 

L'isola di Lampedusa, vicina alle coste libiche, oggi la parte del territorio italiano dove sbarca la maggior parte dei migranti partiti dalle coste libiche e tunisine. Da due anni, gli arrivi in provenienza dalle coste africane sono stati massicci. Il centro di Lampedusa anche diventato il pi "celebre" d'Italia per il fatto che la politica di respingimenti massicci inaugurata dall'ottobre 2004 dal governo italiano. Se questa politica tende a divenire sistematica, bisogna tuttavia indicare che i guardia-coste italiani hanno un'importante attivit di salvataggio delle imbarcazioni in mare, che possono andare a cercare fino a 90 miglia marittime dalle coste, dopo che sono state segnalate. Le persone recuperate dai guardia-coste sono inseguito consegnate ai carabinieri. Numerosi voci si sono levate in Italia per chiedere al governo di non respingere le persone che dei funzionari pubblici continuano regolarmente a salvare.

 

Il CPTA di Lampedusa soprattutto un centro di prima accoglienza e di prima assistenza, che funziona essenzialmente come un centro di transito. In principio, i migranti che ci arrivano non ci restano, ma sono ripartiti in funzione dei posti disponibili negli altri CPTA soprattutto in Sicilia e nel sud dell'Italia. Il centro a fianco dell'aeroporto di Lampedusa, il quale situato praticamente in citt.

 

La missione ha visitato il centro il 10 dicembre ed stata ricevuta:

-dallispettore capo dellUfficio dellimmigrazione Massimo BASILE

-dallispettore Antonino CAFA, direzione generale dellimmigrazione,

-dallispettore Antonino DIFEDE, direzione generale dellimmigrazione,

-dalla Dr.ssa  Fatima CELONA, direttrice della questura (Digos),

-da Claudio Scalia, dellassociazione Misericordia, direttore della gestione del centro,

-da Roberto RAPISARDA, commissario della stazione C.C.

 

-Funzionamento del centro

Durante i primi 11 mesi di 2004, il centro di Lampedusa ha visto passare 10.000 arrivanti di cui il 5,6% erano minori e l1,62% donne. Gli arrivanti restano al centro in media 48 ore prima di essere trasferiti nei centri della Sicilia, della Puglia, o al centro di Crotone in Calabria. Al momento della visita della missione, il centro ospitava 84 persone per una capacit massima di 189 posti. Questa capacit stata ampiamente superata a pi riprese alloccasione di sbarchi massicci. In questi casi, gli arrivanti sono mantenuti nel centro in condizioni di promiscuit e digiene deplorevoli, a detta di tutti i testimoni che hanno visitato il centro nei periodi di punta.

 

Per evitare di tali situazioni, ci hanno dichiarato i nostri interlocutori, e perch la collocazione del centro, a prossimit duna zona aeroportuale, non offre sufficienti garanzie di sicurezza, le autorit hanno deciso di chiudere il centro attuale per aprirne uno di una capacit di 500 posti. Il nuovo centro, che dovrebbe essere funzionale a partire da marzo 2005, situato in una caserma in disuso sullisola, nellentroterra. Questa, pare, la ragione per la quale il centro attuale, costruito nel 1998 non mai stato rinnovato da allora, estremamente vetusto e offre delle condizioni dalloggio molto spartane. Nessun rifacimento vi stato effettuato dallannuncio del suo trasferimento. Alloccasione della visita della missione, i locali erano relativamente puliti ma in cattivissimo stato. Gli edifici  adibiti ad abitazione sono dei prefabbricati, uno degli edifici riservato alle donne (14 letti, e un letto da bambino). Nei locali dei sanitari, dei WC sono sprovvisti di porte e danno direttamente sulla parte comune occupata dai lavandini.

 

Sulle 84 persone detenute alloccasione della nostra visita, 55 avevano gi ricevuto la loro notifica di espulsione e attendevano il passaggio del giudice della pace, incaricato di apprezzare la legalit della misura, e dellavvocato dufficio. Secondo i nostri interlocutori, soltanto il 10% degli arrivanti chiede lo statuto di rifugiato. I nostri interlocutori ci hanno assicurato che tutte le informazioni necessarie per effettuare una tale domande erano fornite agli arrivanti, e che una carta dei loro diritti e doveri, di cui un esemplare staio consegnato ai membri della missione, gli era distribuita in pi lingue. Spiegano il basso numero di richiedenti asilo con il fatto che gli stranieri non desiderano essere schedaticome tali, e sperano di approfittare delle falle della legislazione italiana che permette di essere rilasciati se non si espulsi al termine dei 60 giorni di detenzione nel CPTA.

 

Il personale del centro numericamente importante: 40 carabinieri (gendarmi) che sono incaricati di una vigilanza continua. Il personale della Misericordia ammonta a 25 persone, alle quali bisogna aggiungere il medico, linfermiere e la psicologa.

La missione si intrattenuta con il medico e linfermiere del centro. Questi, cos come i responsabili, ci hanno segnalato che MSF- che, dopo essersi vista vietare laccesso al centro, ha ottenuto dallestate 2004, grazie allintervento della Relatrice speciale per i lavoratori migranti della Commissione dei diritti delluomo delle nazioni Unite, lautorizzazione di assistere agli sbarchi-effettua una visita medica di prima cernita sugli arrivanti al fine di reperire quelli il cui stato di salute necessita il ricovero ospedaliero.  In effetti, accade spesso che le persone rimaste pi giorni, se non settimane in mare, fossero totalmente disidratate in estate e soffrano di ipotermia in inverno. Il personale di MSF che risiede sullisola, che la missione ha potuto ugualmente incontrare, ci ha precisato che la cernitaal porto si effettuava tra persone capaci di camminare, che sono trasferite verso il centro, e quelle incapaci di stare in piedi, che sono ricoverate. Cos, sulle 180 persone arrivate allinizio di dicembre, 6 hanno dichiarato di essere malate. Al centro, le patologie pi frequenti sono le tossi e le bronchiti.

 

-Conversazioni con i residenti

La missione si intrattenuta con pi residenti. Tra le 180 persone arrivate una decina di giorni prima della sua visita -essenzialmente dei Palestinesi, degli Iracheni e dei cittadini di pi paesi dellAfrica subsahariana -, 120 sono stati inviati in diversi centri dItalia. Altre 57 persone erano arrivate qualche giorno prima. Un residente marocchino in istanza di espulsione ci ha precisato di essere stato salvato in mare, con 13 altre persone, da dei pescatori italiani che li hanno consegnati in seguito ai guardia-costa. La missione ha anche incontrato un operaio agricolo impiegato da pi di 18 anni in Sicilia mentre era senza permesso di soggiorno prima che si facesse arrestare per questo motivo, e un gruppo di giovani Algerini, arrivati dalla Libia, presenti nel centro da 23 giorni.  

 

4/ Il CPTA di Ponte Galleria a Roma

 

La missione ha visitato il CPTA di Ponte Galleria il 13 dicembre. Questo centro ha una capacit di 300 posti di cui 180 riservati alle donne. Gli spazi riservati agli uomini e alle donne sono separati. Il centro funziona molto come centro di transito, per via della sua vicinanza con laeroporto di Roma-Fiumicino. E tra laltro lontano dal centro di Ponte Galleria distante 3 km dalla stazione, il che rende difficile le visite ai residenti.

 

-Funzionamento del centro

Al momento della nostra visita, il centro ospitava 200 persone di cui 120 donne. Gli uomini erano per la maggior parte originari del Magreb e del Medio Oriente e le donne per la maggior parte nigeriane e rumene. Il 20% degli uomini residenti erano usciti di prigione. La durata media del soggiorno di 20 giorni, poich la maggior parte delle persone gi identificata al momento dellarrivo. I maggiori problemi didentificazione riguardano i cittadini dellex Jugoslavia che, molto spesso, non dispongono di passaporti rilasciati dai nuovi Stati, risultato della frammentazione della Jugoslavia. La maggior parte dei residenti composta di richiedenti asilo la cui domanda stata rifiutata e da persone in istanza di espulsione. Questi ultimi possono chieder lasilo al centro. Queste domande sono in media di tre al giorno, effettuate soprattutto da delle Nigeriane nel corso degli ultimi mesi. Il 90% di queste domande sono strumentali ci stato dichiarato dai responsabili del centro. E da notare che il 3 - 4 % delle notifiche di espulsione sono invalidate dal giudice di pace.

Le condizioni di residenza non differiscono da quelle degli altri centri, e quello di Ponte Galleria dispone delle stesse infrastrutture e dello stesso personale.

Il centro gestito dalla Croce Rossa italiana che impiega 60 persone in questo luogo.

 

   La missione si trattenuta con due medici del centro, un medico generico e una ginecologa. Questa ci ha segnalato il gran numero di micosi tra le arrivanti. Ci ha confermato (ci che era chiaro al momento delle nostre conversazioni con delle donne originarie dellUcraina e della Nigeria) che la maggior parte delle donne residenti a Ponte Galleria sono delle prostitute. Molti uomini sono tossicodipendenti. Le prostitute pongono spesso un problema grave dal momento in cui, quando non sono espulse, molte di loro rifiutano di uscire per paura di ricadere tra le mani dei loro protettori. Certi, ci hanno detto i medici, sono spaventati a questa semplice idea. Lassociazione San Egidio e padre Francesco de Luccia -che passa al centro un giorno alla settimana dal gennaio 2004- si occupano dei casi pi gravi. I medici hanno confermato limpressione che ha avuto la missione durante i suoi colloqui con i residenti: il grado di stress molto elevato a Ponte Galleria e la stanchezza di numerosi residenti visibili.

 

Se le condizioni materiali di alloggio sono corrette, Ponte Galleria d del resto ai visitatori, pi degli altri centri visitati, limpressione di una prigione, dove la gestione, senza dubbio per via della vicinanza con laeroporto, sembra pi professionale. La comunicazione dei detenuti con lesterno difficile: oltre allo scarsa accessibilit per gli eventuali visitatori (vedi sotto), impossibile, salvo per i detentori di un telefono cellulare ricevere delle telefonate senza passare per laleatorio intermediario della Croce Rossa. Ci ha delle conseguenze sulle modalit con le quali si effettua lallontanamento. Bench numerosi espulsi abbiano risieduto talvolta a lungo in Italia, possono essere costretti a lasciare il paese senza aver recuperato i soldi che tenevano in un conto in banca, n i loro beni e i loro effetti personali per non aver potuto contattare delle persone che avrebbero potuto portarglieli o spedirglieli. Nella stessa logica, un detenuto ci ha spiegato che aveva guadagnato dei soldi lavorando durante il suo soggiorno in prigione (pi di 500 euro) ma che, bench ne avesse fatto domanda pi volte alla Croce Rossa, non era riuscito ad entrare in possesso di questa somma, di cui aveva bisogno per pagare i servizi dellavvocato. Alle domande poste dalla missione sui problemi di trasferimento di soldi, i responsabili della Croce Rossa hanno riconosciuto che in certi casi gli stranieri sono espulsi prima di avere ricevuto i loro soldi.

 

In materia di assistenza ai richiedenti asilo, padre De Luccia aiuta questi ultimi a preparare il loro passaggio davanti alla Commissione. Dei religiosi si recano ugualmente al centro nella sezione femminile. Durante il nostro colloquio a Roma, padre De Luccia ci ha precisato che i 2/3 dei residenti maschi erano appena usciti di  prigione e che i 2/3 delle donne veniva dalla strada. Ci ha anche informati delle cattive relazioni con la polizia del centro il cui scopo di espellere il massimo di gente.

 

-Colloqui con i residenti

La missione si intrattenuta con un discreto numero di residenti del centro. Vi ha incontrato una sola persona del tutto senza soggiorno (un Indiano) che si lamentato del cattivo trattamento durante il fermo[22]. Questuomo ci ha dichiarato di essere stato picchiato allinterno del posto di polizia dove lavrebbero lasciato due giorni senza cibo. E sempre nel centro di Ponte Galleria che la missione ha incontrato le persone prese durante le retate effettuate in luoghi che si supponeva ospitassero degli immigrati irregolari. A Lavinio, nella periferia di Roma, 9 Indiani- su una comunit di circa 700 persone-sarebbero cos stati arrestati nel corso di una retata. Un Rom di Jugoslavia installato da pi di 13 anni in Italia ci ha anche informati di essere nel centro da pi di 43 giorni in seguito a una retata effettuata in Sicilia nei campi dei Rom. Infine, pi persone residenti nel centro avevano depositato un ricorso, bench sapessero che non era sospensivo.

 

5/LHotel Africa, stazione in disuso di Tiburtina di Roma

 

Si tratta di un insieme composto di tre grandi edifici industriali in disuso e che fungono da squatt da diversi anni. Questo insieme ha accolto nel passato fino a 500 persone, per la maggior parte Etiopi e Eritrei richiedenti asilo. In agosto 2004, diverse centinaia di Sudanesi sono stati evacuati per essere alloggiati altrove in condizioni materiali migliori. Ma molti di loro sperano di tornare a Tiburtina dove ritrovano le strutture comunitarie che sono loro familiari.

Alloccasione della nostra visita, un solo edificio era occupato da 80 persone circa, di cui meno di una decina erano donne, di cui una maggioranza Sudanesi, principalmente originari di Dafour, ma anche del Sud. Si contano anche tra i Sudanesi qualche Jandjawid (membri delle milizie governative) che dichiarano di essere stati arruolati di forza. La maggior parte dei residenti sono richiedenti asilo, ma diversi di loro sono degli immigrati in situazione regolare, che vi abitano per mancanza di  mezzi.

Lo squatt Tiburtina si spopolato, da una parte per via del rialloggio menzionato precedentemente, ma in parte anche a causa della creazione nellottobre del 2004 di un nuovo squatt sulla via Collatina, un po pi lontano nella periferia di Roma. I nuovi arrivanti lo preferiscono a Tiburtina, in quanto gli edifici occupati erano degli uffici le cui condizioni di confort sono decisamente migliori, secondo le descrizioni che ci sono state fatte.

Fino allintervento di MSF Italia, la situazione sanitaria e medica di questo squatt erano deplorevoli, cos come le condizioni digiene dei suoi abitanti: 2 WC per linsieme della popolazione e nessuna raccolta dellimmondizia. Oltre allinstallazione di uninfermeria con consultazioni mediche una volta la  settimana, MSF riuscita ad ottenere dal comune linstallazione di un WC e di punti dacqua supplementari. Questi adattamenti ne fanno un luogo pi vivibile, ma che resta molto precario: edifici molto degradati, niente riscaldamento.

Questo squatt funziona in maniera autonoma con due drogherie, un ristorante e una moschea. Gli abitanti vi hanno creato degli spazi privati separati da delle assi e delle tende. Le comunit che vi risiedono sono organizzate in maniera molto gerarchica e molto strutturate, il che non impedisce che il luogo sia caratterizzato da un livello elevato di violenza. La prostituzione sembra esser unattivit abituale delle donne che vi risiedono, di cui molte hanno subito degli aborti. La polizia non vi fa che delle rare apparizioni.

I colloqui: tra le persone con le quali si intrattenuta, la missione ricorda il caso di un giovane eritreo di 27 anni residente allo squatt e aiutato da MSF per la preparazione del dossier di domanda dello statuto di rifugiato. Questo Eritreo di un livello scolastico superiore fuggito dal suo paese dopo una retata e dopo essere stato arruolato di forza nellesercito, aver disertato, aver fatto un anno di prigione militare prima di riuscire a fuggire di nuovo. La missione ha inoltre raccolto la testimonianza di un Sudanese del sud, arrivato in Italia dalla Libia dove aveva trascorso un anno a lavorare per pagare il suo viaggio in Europa. Dopo il suo arrivo a bordo di una barca a Lampedusa, stato trasferito subito verso un altro centro in Sicilia, poi a Crotone, in Calabria, dove ha depositato una domanda dasilo e ha ottenuto dopo due mesi un permesso di soggiorno a titolo umanitario. Invitato dalle autorit del centro a partire per Roma, ha seguito un compatriota che aveva sentito  parlare di Tiburtina, dove continua ad abitare, per non aver trovato un lavoro regolare che gli permettesse di vivere altrove.

 

 

 

IV- I RESPINGIMENTI DEL 2004

 

La missione si anche interessata, nel corso del suo soggiorno, a due affari che avevano fatto scandalo in Italia e, pi ancora in Europa nel corso del 2004. Ha cercato di ottenere delle informazioni precise su questi due affari, sia presso le autorit sia presso le associazioni che hanno cercato di venire in aiuto alle persone respinte. E stato inoltre raccontato lepisodio che ha condotto un cargo che portava tredici passeggeri Curdi di Turchia richiedenti asilo, il Lydia Oldendorff, a stazionare due settimane in pieno mare al largo di Malta attendendo che le autorit italiane li lasciassero sbarcare in Italia.

 

 

Il 20 giugno 2004, il Cap Anamur, battello dellONG tedesca dallo stesso nome con sede a Colonia, recuperava in mare i 37 passeggeri, che si dicevano Sudanesi originari di Dafour, di un battello pneumatico alla deriva nelle acque internazionali tra le coste libiche e lisola di Lampedusa e domandava lautorizzazione di accostarsi in Italia. Dopo avere rifiutato in un primo tempo, le autorit italiane hanno finito per accordare questa autorizzazione l11 luglio, su insistenza di numerose ONG e dellACNUR, precisando che si trattava di una misura strettamente umanitaria.

 

Dopo lo sbarco, il battello messo sotto sequestro e i responsabili dellequipaggio incolpati di aiuto allimmigrazione clandestina e incarcerati. I passeggeri-designati come dei clandestini nelle dichiarazioni ufficiali- sono trasferiti al CPTA-CDA di Caltanissetta, dove richiedono lasilo. Pi persone (eletti e attivisti) tentano invano di accedere al centro per apportare aiuto giuridico. In un intervento pubblico sulla questione, il Ministro dellInterno giudica il 14 luglio queste domande dasilo non accettabili sul fondo ma dichiara di preferire che siano esaminate dalla Commissione centrale. Il 16 luglio, il capitano e i marinai sono rilasciati ma loro proibito il soggiorno nelle regioni del sud Italia. Il 17 luglio, 14 persone identificate come Nigeriani sono trasferiti al CPTA di Ponte Galleria (Roma) per essere espulsi. Lo stesso giorno, la Commissione centrale rifiuta le domande dasilo degli altri 22. Un solo dei superstiti, che ha detto di non essere Sudanese piazzato nel centro daccoglienza di Agrigento. Un ricorso in urgenza depositato il 20 luglio per i 14 di Roma contro la misura di espulsione; una altro formulato per tutti davanti alla Corte europea dei diritti umani. Ma nella notte tra il 20 e il 21 cinque di loro sono espulsi verso la Nigeria, mentre gli i restanti 22 in Sicilia sono trasferiti a Roma. Il 22 luglio, la Corte europea dei diritti delluomo di Strasburgo chiede al governo italiano di sospendere qualunque espulsione in attesa di un esame approfondito del ricorso che ha ricevuto.  E troppo tardi poich la notte tra il 21 e il 22 luglio, 25 persone erano state espulse verso il Ghana, il 26 luglio, ad eccezione duno di loro, sbarcato a uno scalo a Milano, e incarcerato in un CPTA prima di essere rimesso in libert. Il 30 luglio, il tribunale di Roma accetta il ricorso dei 14 del CPT di Ponte Galleria: la loro domanda dasilo pu essere riesaminata. Ma impossibile perch sono gi stati rinviati.

 

Questo affare del Cap Anamur, che ha fatto colare molto inchiostro nellestate 2004, attira lattenzione per diversi aspetti. Da un lato, esprime il carattere approssimativo della procedura di controllo delle frontiere e le lacune della procedura dasilo riguardo al rispetto dei diritti della difesa e del diritto dei rifugiati, previsti non soltanto dalla legge italiana- che proibisce il respingimento dei richiedenti asilo- ma anche dalle convenzioni internazionali, e in particolare dalla convenzione di Ginevra relativa ai rifugiati. Il CIR (Consiglio italiano per i rifugiati) ha fustigato lattitudine di uno Stato che viola le sue stesse regole[23]. LASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sullImmigrazione) ha denunciato il dispositivo di respingimento alle frontiere che permette di proibire a priori laccesso alla procedura dasilo a dei potenziali richiedenti asilo, in violazione del principio di non-respingimento posto dalla Convenzione di Ginevra[24], e Amnesty International insorta contro i danni causati dal governo italiano al diritto internazionale (diritto dei rifugiati e diritto del mare)[25].

 

 

Va da s che le versioni sul modo in cui sono stati condotti questi respingimenti discordano a seconda che si tratti di quelle delle autorit o di quelle delle associazioni e dei parlamentari dellopposizione che sono riusciti a rendersi sul posto. Prendendo in considerazione le informazioni venute da tutte queste fonti che la missione ha potuto ottenere e recuperare, si possono trarre le seguenti conclusioni:

 

-le autorit italiane non hanno seguito la procedura legale didentificazione degli arrivanti prima di procedere ai respingimenti, e non hanno permesso loro di formulare una demanda dasilo. Se il Ministero dellInterno, cos come il direttore del centro di Lampedusa e i funzionari della polizia che vi sono assegnati, ci hanno assicurato che le procedure legali erano state rispettate, linsieme dei testimoni e il buon senso smentiscono una simile affermazione, dal momento che impossibile procedere allidentificazione di pi di centinaia di persone in meno di 48 ore. Secondo il Ministro dellInterno[26], entro il 29 settembre e il 6 ottobre 1.787 persone sono arrivate per mare a Lampedusa. Tra loro, 544 sono state trasferite nei centri di Crotone, Ragusa e Caltanissetta, soprattutto dei richiedenti asilo. Gli altri 1.153 sono stati identificati uno ad uno, si sono visti rifiutare lentrata sul territorio e sono stati riammessi in Libia. Si trattava di 1.119 Egiziani, 11 marocchini e 23 Bengalesi[27].

I responsabili del centro con i quali la missione si intrattenuta hanno declinato qualunque responsabilit nella gestione di questo affare, n i carabinieri, in quanto n la questura dAgrigento alla quale fa capo lisola di Lampedusa hanno interferito nella selezione delle persone destinate al respingimento. Una delegazione del Ministero dellInterno arrivata da Roma, accompagnata da diversi interpreti, ci hanno indicato,  e ne abbiamo avuto conferma dal Ministero dellInterno. Allo stesso modo, i funzionari di alto livello del Ministero dellInterno incontrati il 13 dicembre a Roma hanno assicurato alla missione che la procedura didentificazione degli arrivanti si effettuata secondo le norme e che le autorit hanno avvertito gli arrivanti che potevano domandare lo statuto di rifugiato o lasilo per ragioni umanitarie.

Secondo le varie testimonianze raccolte da dei parlamentari arrivati dal primo giorno di espulsioni, pi elementi convergono tuttavia per dimostrare che non vi stata alcuna registrazione degli arrivanti. In questo centro, abitualmente, si d alle persone che sbarcano una nota informativa che spiega loro che non si proceder alla loro identificazione sul posto. In quanto Lampedusa non in principio che un luogo di transito. Daltra parte, non cՏ nessuna infrastruttura poliziesca ad hoc, i carabinieri presenti hanno il solo compito di mantenere la sicurezza, e non di occuparsi dei compiti di registrazione.

Pi grave della mancanza di registrazione formale secondo le regole abituali (che avrebbe potuto essere arrangiata per via dellurgenza e del gran numero di persone: si sarebbe potuto immaginare una procedura alleggerita, non informatizzata, con presa manuale dellidentit), sembra che lidentificazione si sia essenzialmente basata sullintuizione dei due interpreti presenti (un Marocchino e un Tunisino), per attribuire dufficio ai migranti una nazionalit diversa da quella che avevano dichiarato. E cos che la maggioranza stata dichiarata egiziana quando gran parte si era dichiarata palestinese.

 

Nonostante le richieste ripetute ai parlamentari, finora le autorit non hanno fornito nessuna lista di persone arrivate a Lampedusa durante i primi dieci giorni dottobre, lista che avrebbe dovuto essere disponibile se questi ultimi fossero realmente stati identificati. Il governo stato interpellato a due riprese alla Camera dei Deputati in proposito, la prima volta durante loperazione, al seconda una settimana pi tardi. In nome della Commissione Esteri del Senato, la senatrice Tana de Zuleta ha chiesto ufficialmente e per iscritto al governo che la lista precisa delle persone espulse sia comunicata, ma la sua domanda rimasta senza risposta. Durante il suo colloquio del 13 ottobre con le autorit del ministero dellInterno, la missione ha posto la stessa domanda. Le stato risposto che soltanto una richiesta scritta sarebbe stata presa in considerazione.

 

-le autorit italiane non si sono assicurate che il paese daccoglienza degli stranieri respinti presentasse le garanzie necessarie in materia di rispetto dei diritti umani. In effetti, la Libia, non firmataria della Convenzione di Ginevra e lItalia non ha ancora firmato nessun accordo di riammissione con questo paese. Ora, i nostri interlocutori ufficiali ci hanno dichiarato che la Libia, avendo ratificato la Carta africana dei diritti delluomo e dei popoli presiedendo attualmente alla Commissione dei diritti delluomo delle Nazioni unite, presentava tutte le garanzie di rispetto dei diritti umani agli occhi del governo italiano. I responsabili del Ministero dellInterno hanno ugualmente precisato alla missione che i respingimenti potevano ormai effettuarsi pi facilmente, per via della collaborazione rafforzata con i paesi emettitori o di transito dei migranti. La senatrice tana de Zulueta ha scritto ufficialmente al governo per chiedergli di specificare la natura degli accordi stretti tra lItalia e la Libia in materia di cooperazione sul controllo delle frontiere. Finora, la signora de Zulueta non ha ricevuto risposta.

Per non correre il rischio di vedersi rimproverare la violazione delle regole riguardo allespulsione che devono essere legalmente convalidate da un giudice di pace, la parola espulsione non stata utilizzata in nessuna dichiarazione del governo (discorso del ministro Pisanu alla Camera dei Deputati dellotto ottobre), ma sostituita dalla parola respingimento.

 

-Le autorit italiane hanno tentato dimpedire lentrata nel centro a numerosi osservatori esterni.

Cos, il delegato dellACNUR arrivato sul posto dal momento dellannuncio dei primi arrivi massicci, si visto rifiutare lentrata nel centro durante cinque giorni prima di essere finalmente ammesso. Nonostante il diniego delle autorit del centro, che hanno assicurato alla missione che questo rifiuto momentaneo era stato deciso per ragioni di sicurezza, sembra che esso sia avvenuto soprattutto per mascherare le condizioni deplorevoli nelle quali gli arrivanti sono stati mantenuti nel centro, cos come lassenza di un dispositivo didentificazione degli eventuali richiedenti asilo. Neppure il deputato regionale Calogero Miccich, arrivato il mattino del 7 ottobre potuto penetrare nel centro prima del tardo pomeriggio.

 

-Le associazioni e i parlamentari che sono potuti penetrare nel centro considerano molto probabile la presenza di minori tra gli arrivanti, che non sarebbero stati riconosciuti come tali e respinti come gli adulti, fatto che sarebbe proibito dalla legge italiana.

 

-le autorit italiane non hanno garantito le condizioni digiene minime agli arrivanti. Secondo tutte le testimonianze orali nella versione pubblicata dalla stampa, in particolare quelle del deputato regionale di Sicilia Calogero Miccich, gli arrivanti hanno dormito per terra, senza nemmeno che le autorit abbiano fornito loro una coperta. Le latrine, notoriamente insufficienti, stracolme durante tutto questo periodo, hanno provocato un odore soffocante in tutto il centro. Il deputato Miccich ha dichiarato che queste condizioni di soggiorno erano insopportabili e che la gente era costretta a dormire per terra in mezzo agli escrementi.

 

In materia di visite mediche, teoricamente obbligatorie per tutti gli arrivanti, secondo la testimonianza della senatrice Tana de Zulueta, il medico responsabile dellinfermeria, incontrato dalla missione, non era presente al momento delle espulsioni, ed arrivato sul posto soltanto il 9 ottobre. Il suo predecessore, un medico in pensione, era solo durante tutta loperazione e non stato in grado di effettuare i controlli medici previsti dalla legge, visto lafflusso di persone e le condizioni pratiche. Davanti alla signora de Zulueta, si sarebbe mostrato molto inquieto riguardo al modo in cui le cose si sono svolte. Nonostante la situazione sanitaria spaventosa, n i responsabili del centro, n la delegazione del Ministero dellInterno hanno fatto ricorso alle strutture ospedaliere esistenti sullisola. La sola cosa che non mancava era lacqua, ha precisato il deputato Miccich. Malgrado questo numero di testimonianze concordi, il personale medico del centro, con il quale la missione teneva ad intrattenersi alloccasione della sua visita, e che sembra molto dipendente dalle autorit del centro, gli ha assicurato negando levidenza che tutti gli arrivanti del mese di ottobre avevano beneficiato di una visita medica.

 

 

Il 9 ottobre 2004 le autorit del porto italiano di Gioia Tauro hanno rifiutato di registrare le richieste dasilo presentate dai 13 cittadini turchi di origine curda, di cui due minori, che erano appena sbarcati dalla nave merci, il Lydia Oldendorff, dopo aver viaggiato clandestinamente nella sua stiva dalla Turchia, obbligandoli a ritornare a bordo del battello. Bench il 14 ottobre il cargo avesse potuto attraccare a La Valletta, porto di Malta, i suoi passeggeri non sono stati autorizzati a sbarcare in questo paese, poich le autorit maltesi consideravano di non essere responsabili del trattamento delle loro richieste dasilo. Il Lydia Oldendorff  ha stazionato allora al largo di Malta durante pi di due settimane, in quanto il suo capitano, la cui destinazione successiva era la Turchia, aveva accettato di ritardare il suo ritorno per non mettere in pericolo la vita dei richiedenti asilo che trasportava, originari di questo paese. Soltanto alla fine di questo lungo  periodo, il 26 ottobre, e dopo che due rappresentanti della delegazione italiana dellACNUR, dopo un vano tentativo di negoziazione con le autorit dei due paesi, si sono recati a bordo del cargo, e hanno descritto le condizioni di fatica e stress estremi dei passeggeri, il governo italiano ne ha finalmente accettato le domande dasilo e ne ha autorizzato lo sbarco in Sicilia.

 

Questi tre episodi sono sintomo di unesasperazione delle autorit italiane attorno ad un fenomeno presentato come unaggressione di cui lItalia sarebbe la vittima, cio gli arrivi regolari sulle coste di migranti subsahariani considerati immediatamente come dei clandestini, designati da subito come persone che cercano di raggirare le procedure legali dasilo. In questo contesto, non cՏ dubbio che la risposta del governo italiano mirasse sia a risolvere il problema che a prendere come testimone lopinione europea, indirettamente chiamata a posizionarsi.  Laffare Cap Anamur e Lampedusa hanno daltra parte segnato linizio di un dibattito europeo che non era ancora chiuso nel 2005, poich in reazione agli avvenimenti del mese di luglio i ministri dellinterno italiani e tedeschi hanno lanciato lidea, immediatamente ripresa e discussa dalle istanze dellUnione europea, di metter in atto nei paesi del Magreb da dove parte oggi la maggior parte ei migranti africani degli sportelli daccoglienza per accogliere e filtrare i migranti in cammino verso lEuropa. La gestione dellItalia dellaffare del Cap Anamur, sulla stessa onda delle espulsioni spettacolari di migranti organizzate un po pi tardi da Lampedusa verso la Libia, e il rinvio dei Curdi del Lydia Oldendorff si colloca in una doppia strategia di interpellanza: prima in destinazione dei paesi dorigine, per dissuadere i candidati allesilio, facendo sapere forte e chiaro che non serve a nulla voler penetrare illegalmente in Italia. In seguito allattenzione dei partners dellUE, per metterli in guardia contro i rischi che ci sarebbero se si considerasse lItalia come unica responsabile dei  problemi con i quali lItalia ha a che fare per via della sua situazione geografica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Conclusioni e raccomandazioni

 

Sottoposta a una domanda dasilo relativamente debole rispetto ai suoi partners dellUnione europea, lItalia ha intrapreso sul piano legislativo, dal 2002, una riforma della sua legislazione sullasilo che, combinata con le regole fissate per lallontanamento degli stranieri e aggiunta a una gestione pratica un podisordinata, presenta dei problemi sia sul piano della coerenza tra i diversi testi interni che su quello della compatibilit con le prescrizioni del diritto internazionale. Se allepoca alla quale la missione intervenuta, gli ultimi testi regolamentari che dovevano rendere applicabile la riforma della procedura dasilo adottata nellambito della legge Bossi-Fini del 2002 non erano ancora formalmente entrati in vigore, i contorni del nuovo dispositivo erano gi ben definiti. Questultimo suscita le osservazioni e le raccomandazioni seguenti:

 

 

Bench la legge italiana, in conformit con la convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 (art. 33), proibisca il respingimento degli stranieri che presentano una domanda dasilo, quanti attraversano la frontiera o tentano di attraversarla illegalmente, e specialmente coloro che arrivano per via marittima (barche) sono spesso di fatto respinti come immigrati illegali privati della possibilit di farsi conoscere (in caso di intercettazione marittima) o di far registrare la richiesta, come lhanno dimostrato diversi episodi della fine del 2004 come quelli di Lampedusa e del battello Lydia Oldendorff.

 

In caso di intercettazione marittima

 

1.in tutte le operazioni di controllo marittimo, prevedere dei dispositivi che permettano ai rifugiati e ai richiedenti asilo di avere accesso alla protezione internazionale e di non essere rinviati verso le frontiere di territori dove o la loro vita o la loro libert potrebbero essere minacciate, in conformit alla conclusione n. 97-2003 sulle garanzie di protezione nelle misure dintercettazione del Comitato esecutivo del programma dellAlto Commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati.

 

Alla frontiera

 

2-permettere che le procedure legali, che prevedono lesame individuale delle richieste con lassistenza quando necessario di un interprete e di un avvocato siano sistematicamente e pienamente applicate agli stranieri che presentano una domanda dasilo alla frontiera.

 

Se la legislazione dovesse essere modificata per prevedere delle procedure specifiche per il trattamento dellasilo alla frontiera, dovrebbe allora:

 

3- integrare le norme minime previste dalla proposta modificata della direttiva del Consiglio dellUE relativa alla procedura di rilascio e di ritiro dello statuto di rifugiato negli Stati membri che hanno fatto loggetto di un accordo politico il 19 novembre 2004 (detta direttiva procedure), che enumera, anche in caso di afflusso di un gran numero di persone, le garanzie applicabili ai richiedenti asilo e soprattutto la loro audizione da parte di persone che possiedono una conoscenza appropriata delle norme applicabili in materia dasilo e di diritto dei rifugiati.

 

 

La procedura semplificata

 

La procedura semplificata, che mira a trattare in maniera sbrigativa le domande alle quali applicata, concerne gli stranieri che chiedono asilo quando attraversano o hanno appena attraversato illegalmente la frontiera. Lapplicazione di questo criterio non per niente giustificata, in quanto ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951 (art. 31) lillegalit delle condizioni daccesso al territorio per i rifugiati non pu essere sanzionata. Daltra parte, la procedura semplificata intacca il principio di non-discriminazione distinguendo tra migranti in situazione irregolare e migranti in situazione regolare nelle modalit di esercizio del loro diritto fondamentale di chiedere asilo, piazzando lItalia in situazione di violazione dellarticolo 2 1 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici[28]. La legge dovrebbe di conseguenza essere modificata in modo da:

 

4- dissociare le condizioni di attraversamento della frontiera dalle modalit di trattamento della domanda dasilo.

 

Diritto al ricorso

 

La legge prevede che il rifiuto della domanda dasilo apra al richiedente un diritto al ricorso non sospensivo. Il richiedente pu dunque essere allontanato prima di aver ricevuto una risposta definitiva alla sua domanda, e la possibilit di cui dispone di formulare ricorso attraverso lintermediario del consolato dItalia nel suo paese dorigine, pare, trattandosi di richiedenti asilo, illusoria. Questa disposizione, che si discosta dalla proposta di direttiva europea procedure per via del suo carattere sistematico, rischia di pregiudicare fortemente i richiedenti collocati in detenzione in un centro didentificazione, la cui domanda sar trattata nellambito della procedura semplificata, in quanto potranno essere espulsi in un limite inferiore a venti giorni senza aver potuto presentare ricorso:

 

5-prevedere un ricorso sospensivo per i richiedenti asilo la cui domanda rifiutata in prima istanza, in particolare per coloro ai quali applicata la procedura semplificata. 

 

 

Il dispositivo daccoglienza decentralizzato dei richiedenti asilo (SPRAR) parzialmente finanziato dallo Stato , secondo il parere generale, adatto ai bisogni di questa popolazione. Ma la sua insufficienza nota. Con un budget di 38 milioni di euro consacrati allaccoglienza dei richiedenti asilo (contro 164 milioni di euro per la politica despulsione) lo Stato italiano copre appena il 10% dei bisogni e, considerando che proibito loro il lavoro legale, lascia un gran numero di richiedenti asilo sprovvisti di qualunque possibilit di vivere decentemente. Il limite di tempo (45 giorni) relativo al rilascio di un sussidio ai richiedenti asilo e nella copertura (10% dei richiedenti asilo) grazie allo SPAR priva i richiedenti della possibilit di beneficiare di unassistenza sanitaria. Questa situazione non conforme alle esigenze della direttiva 2003/9 del 27 gennaio 2003 relativa alle norme minime per laccoglienza dei richiedenti asilo. Due orientazioni (cumulative) sono auspicabili:

 

6- aprire il mercato dellimpiego ai richiedenti asilo non oltre la scadenza del periodo durante il quale percepiscono un sussidio; ed estendere il beneficio dellassistenza sanitaria allinsieme dei richiedenti asilo;

 

7-aumentare sostanzialmente il budget dello Stato volto allaccoglienza dei richiedenti asilo.

 

 

Il collocamento quasi sistematico in centro didentificazione allarrivo

 

I centri didentificazione creati dalla legge Bossi-Fini del 2002 hanno per oggetto, lestensione ai richiedenti asilo del regime di detenzione amministrativa esistente, con i CPTA, per gli stranieri in procedura di espulsione. Bench il loro statuto li distingua a priori dai CPTA, si tratta di un nuovo tipo di centri dinternamento, destinati ad accogliere la maggior parte dei richiedenti asilo che arrivano in Italia (gran parte di loro attraversano illegalmente la frontiera). Anche se giustificato dalla necessit di identificazionedelle persone, questo carattere generalizzato della privazione della libert di circolazione allarrivo allo stesso tempo in contraddizione con la stessa legge italiana  e con numerosi testi internazionali in questo ambito. Si ricorderanno a questo proposito le Linee direttive sui criteri applicabili alla detenzione dei richiedenti asilo del Comitato esecutivo dellAlto Commissariato delle Nazioni unite per i Rifugiati (ACNUR) del 1999, da cui risulta che linternamento amministrativo dei richiedenti asilo non pu essere ammesso che per una brevissima durata allarrivo del richiedente, fino a quando ha presentato la sua domanda. Per di pi il Comitato dei diritti dellUomo delle Nazioni unite ha considerato che questa pratica della detenzione degli immigrati illegali, prevista dalla legge australiana, era contraria alle disposizioni dellarticolo 9 paragrafo 1 del PIDCP. La legislazione dovrebbe dunque essere modificata al fine di:

 

8- sopprimere il carattere quasi sistematico del collocamento nei CDI dei richiedenti asilo al loro arrivo sul territorio italiano, cos comՏ previsto attualmente dalla legge, per riservare questo regime per dei casi eccezionali e per una durata molto corta.

 

La privazione della libert di circolazione durante tutta la durata della procedura

 

Combinato con la procedura semplificata desame delle domande, il sistema permette inoltre di mantenere i richiedenti asilo in detenzione durante tutta la durata della procedura, se questa non oltrepassa i venti giorni, fino alla loro espulsione se la loro domanda nel frattempo rifiutata. Questa ipotesi, che rischia di non rimanere marginale, sfocia in una situazione contraria a tutti i principi in materia di diritto allasilo. Le linee direttive precedentemente citate pongono come principio che i richiedenti asilo non debbano essere detenuti e che le eccezioni a questo principio debbano limitarsi al campo delle restrizioni necessarie in particolare riguardo alla protezione dellordine pubblico. E inoltre contraria alle disposizioni della direttiva 2003/9 del 27 gennaio 2003 relative alle norme minime daccoglienza dei richiedenti asilo.

Conviene dunque che il regime e le modalit di collocamento in centro di identificazione sia modificata per:

 

9-limitare il mantenimento dei richiedenti asilo in centro di identificazione al minimo necessario nei limiti fissati in 8 per i soli arrivanti, e trasformare i centri didentificazione in centri aperti di prima accoglienza, dove i richiedenti asilo godono della libert totale di andare e venire attendendo di aver trovato una forma di alloggio pi adatta.

 

 

Durata del soggiorno

 

I CPTA, che erano oggetto di molte critiche ancora prima che la durata massima del mantenimento fosse portata da 30 a 60 giorni, sono ancora meno adatti al mantenimento durante due mesi di stranieri in attesa di espulsione. E inoltre lungi dallessere provato che questo prolungamento migliori lefficacia dellallontanamento, visto che una grossa percentuale degli stranieri esce libera (ma in  situazione irregolare) dal CPTA alla fine dei due mesi.

 

10-ridurre al minimo necessario la durata della detenzione degli stranieri che sono oggetto di una misura di allontanamento.

 

Regime in vigore e controllo di centri

 

Oltre alla privazione della libert di circolazione, gli stranieri e i richiedenti asilo mantenuti nei centri di permanenza temporanea  e nei futuri centri didentificazione sono sottoposti a un regime che, per numerosi aspetti, offre meno garanzie che il regime penitenziario. Per esempio riguardo alle possibilit effettive daccesso alle procedure di ricorso contro il collocamento in detenzione nei casi in cui accompagni una misura di espulsione pronunciata con esecuzione immediata. Anche se, dal mese di settembre 2004, il dispositivo legale prevede lintervento di un giudice di pace, non certo che permetta nella pratica il rispetto delle disposizioni del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (art. 9.4[29]) delle Nazioni unite relativo al diritto al ricorso contro una misura dinternamento. E daltra parte percepibile la mancanza di contatti con lesterno. Se il personale nei centri non manca, si constata che soprattutto adibito alla sicurezza (presenza numericamente importante della polizia). I soli scambi con i mediatori culturali e gli operatori sociali dei centri non rispondono alle esigenze in termini dinformazione, soprattutto giuridica, di cui hanno bisogno gli stranieri sottoposti a una procedura complessa. Se la legge sui CDI prevede ormai la possibilit per le associazioni riconosciute nellambito del diritto dasilo di accedervi, conviene allargare questa possibilit e:

 

11-prevedere laccesso nei CPTA e nei CDI per i rappresentanti delle associazioni competenti in questo campo, poich le restrizioni a questo accesso devono essere giustificate dallamministrazione.

 

Il numero limitato di persone autorizzate a penetrare nei CPTA nuoce alla trasparenza non solo sullo svolgimento delle procedure, ma anche sul funzionamento generale dei centri, anche sul piano finanziario, sui quali non esiste alcuna procedura di controllo centralizzata.

 

12-creare un organismo indipendente per il controllo della gestione e del funzionamento dei centri, che sia anche competente riguardo alla verifica dellaccesso dei detenuti e allinformazione di cui hanno bisogno. 

 

 

Nel dispositivo creato per migliorare il tasso di esecuzione delle decisioni despulsione, gli accordi stretti con il paese di rinvio- paese dorigine o paese di transito-assumono unimportanza crescente. Il metodo, che al di l degli accordi di riammissione formali si costruisce anche attorno a delle intese operative tra lItalia e dei paesi terzi non senza rischi quando combinato al rinvio sbrigativo di potenziali richiedenti asilo, e che il paese di rinvio non presenta tutte le garanzie in materia di protezione dei diritti dei migranti e del diritto dasilo.

 

13- Non stringere nessun accordo formale o informale, per la riammissione dei migranti in un paese che non risponde ai criteri di rispetto dei diritti umani e del diritto dasilo, soprattutto se questo paese non firmatario della Convenzione di Ginevra sui rifugiati o conosciuto perch commette delle violazioni dei diritti delle persone.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Allegati

 

 

Allegato 1 : Le persone e le istituzioni incontrate.

 

 

      Calogero Miccich, deputato regionale Verdi Sicilia

      Giovanni Annaloro, avvocato a Caltanissetta.

      Dario Malizzia, avvocato a Palermo

      Luca Inzerilo : avvocato volontario del CILSS a Palermo

      Diversi membri della Missione speranza-Carit, Palermo

      Maurizio Giambalvo, Associazione NEPST (Nuova energia per il territorio), Palermo

      Padre Francesco De Luccia, JRS, Roma

      Carla Peruzzo, coordinatrice medica MSF Lampedusa

      Diego Toffanin, MSF Lampedusa

      Alessandra Sciurba (Palermo), Valeria Bertolino (Trapani), Rete anti-razzista della Sicilia

      Centro economico e sociale del Mediterraneo a Palermo, struttura pubblica specializzata nel  sostegno alle associazioni

      Scuole del Buon Pastore specializzata nellaccoglienza delle donne vittime di violenze di cui molte straniere che richiedono il permesso di soggiorno.

      Fulvio Vassallo Paleologo, professore di diritto alluniversit di Palermo e direttore del CILSS (Cooperazione internazionale Sud-Sud). Questo centro, che lavora soprattutto nel campo della cooperazione internazionale in Palestina e in America centrale, gestisce un centro daccoglienza di rifugiati a Palermo.

      Rino Serri, presidente del CIR (Consiglio Italiano per i Rifugiati).

      Christopher Hein, direttore del CIR.

      Luca Riccardi, membro della Comunit San Egidio, vice-presidente del CIR.

      Dr Marco Di Gingi, direttore generale de lUNAR (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali), Ministero per le Pari Opportunit.

       Dr Bernadette Nicotra, magistrato, UNAR.

       Dr Mariaterasa Poli, consulente giuridica UNAR.

      Chiara Aciarini, Nuccio Iovene, Francesco Martone, Tana de Zulueta, senatori.

      Nicoletta Dentico e Maurizio Gressi, coordinatori del  Libro bianco sui  CPT ;

      Celina Frondizi, avvocato.

      Alessandra Ballerini, avvocato.

      Paolo Tordiglione, MDM.

      Loris de Filippi, Giulia Binazzi, MSF, Roma.

      Filippo Miraglia, ARCI.

      Le Quyen Ngo Dinh, Elena Marioni, Caritas.

       Michele Manca di Nissa, rapprentante dellACNUR.

 

 

Al Ministero dellInterno

      Prefetto Anna Maria DAscenzo, direttrice del dipartimento delle

      Vincenza Filippi, vice-prefetto, dipartimento delle libert civili e dellimmigrazione

      Angelo Carbone, dipartimento delle libert civili e dellimmigrazione

      Dionisio Spoliti, direttore centrale dei servizi civili per limmigrazione e lasilo

      Michele Lepri Galleramo, direttore aggiunto del dipartimento delle libert civili e dellimmigrazione

      Walter Crudo, sottoprefetto, direzione dellimmigrazione e della polizia delle frontiere

      Tiziana Liquori, dipartimento dellimmigrazione, divisione de limmigrazione clandestina

      Giovanni Pinto, dipartimento della sicurezza pubblica.

 

 

Al Ministero degli Affari Esteri :

      Adriano Benedetti, direttore generale della Direzione Generale per gli Italiani allEstero e per le Politiche Migratorie

      Andrea Bertozzi, Direzione Generale per gli Italiani allEstero e per le Politiche Migratorie

 

 

Allegato 2 : Lista dei CPTA.CDI

 

CPTA Torino  Brunelleschi 

CPTA Milano  Via Corelli 

CPTA Modena  La Marmora 

CPTA Bologna  Enrico Mattei 

CPTA Roma  Ponte Galleria 

CPTA San Foca di Melendugno (Lecce)  Regina Pacis 

CPTA Brindisi  Restinco 

CPTA Lamezia Terme  Malgradotutto 

CPTA Caltanissetta  Pian del Lago 

CPTA Trapani  Serraino Vulpitta 

CPTA Foggia  Borgo Mezzanone 

CPTA Lampedusa

CDI Bari Bari-Palese

CDI Otranto  Don Tonino Bello  (Lecce)

CDI Crotone  Sainte Anne 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Rapporto della Relatrice speciale delle Nazioni unite sui Lavoratori migranti visita in Italia, E/CN.4/Add.3, del 15 novembre 2004.

[2] Visita del Comitato anti-tortura del Consiglio dellEuropa in Italia, comunicato stampa, 9 Dicembre 2004.

[3] UNHCR, Asylum level and trends in industrialized countries, 2004.

[4] Regolamento CE n343/2003 del 18 febbraio 2003

[5] ONG facenti parte del CIR : ACLI, ARCI, AWR, Caritas Italia, CGIL e CISL (i due principali sindacati italiani), Comunit San Egidio, Federazione delle chiese evangeliche, Fondazione Franco verga, Fondazione Migranti (CEI), UIL, UFTDU.

[6] MSF Italia : Rapporto sui centri di permanenza temporanea e assistenza, Gennaio 2004.

[7] E rifugiato ai sensi dellarticolo 1 della convenzione di Ginevra colui che temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalit, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche ()

[8] Ogni individuo ha diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni.

[9] Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese leffettivo esercizio delle libert democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto dasilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.

[10] Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani, Rapport complmentaire des ONG au quatrime priodique du gouvernement italien sur lapplication du Pacte international sur les droits conomiques, culturels et sociaux, octobre 2004.

[11] idem

[12] La lista dei centri figura negli allegati.

[13] (E) indispensabile potenziare gli attuali centri di permanenza temporanea e di accoglienza, trasformandoli in nuovi centri polifunzionali , dedicati allo svolgimento delle attivit amministrative e giurisdizionali previste dalla disciplina dellimmigrazione e dellasilo, dichiarazione del Ministro dellInterno G. Pisanu, 20 gennaio 2005.

[14] Rapporto 2003.

[15] Decreto del 14 luglio 2003

[16] TU, art.10

[17] TU, art10

[18] DPR 16 settembre 2004, art. 17.8

[19] Comitato sui diritti economici, sociali e culturali : risposta del governo italiano ai rapporti nazionali sullapplicazione del Patto internazionale sui diritti economici, culturali e sociali, novembre 2004.

[20] Nel rapporto di sintesi del 2003, la Rete UE di esperti indipendenti dei diritti fondamentali, al capitolo diritto dasilo, trova particolarmente inquietante che in materia di determinazione della domanda dasilo sembra che ci si affidi [nei paesi membri] sempre di pi a quello che chiamiamo procedure accelerate () in molti casi senza possibilit dappello o solamente con un appello senza effetto sospensivo, mancando per questo motivo dellefficacia richiesta dallarticolo 13 della Convenzione europea dei diritti delluomo.

[21] Il rapporto non si soffermer sui dettagli delle condizioni pratiche di soggiorno delle persone mantenute in ritenzione e sui servizi assicurati dai centri ( biancheria, cibo, cure ecc.). Il suo obiettivo in effetti quello di interessarsi alle condizioni dentrata e di soggiorno dettate dallItalia e sulla situazione dei migranti irregolari e dei richiedenti asilo. Per maggiori dettagli sulle condizioni pratiche di soggiorno, vi rinviamo al rapporto di MSF Italia e del Consiglio dEuropa citati negli allegati. 

[22] Tuttavia, durante la visita della missione si svolgeva il processo di Don Cesare Lo Deserto, direttore del CPTA di Regina Pacis di San Foca, e dei sei dei suoi collaboratori, cos come degli undici carabinieri e dei due medici, incolpati di violenze fisiche e morali contro 17 migranti nel mese di dicembre 2002.

[23] CIR, comunicato del 22 luglio 2004.

[24] ASGI, comunicato del 13 luglio 2004.

[25] AI-Italia, comunicato del 9 luglio 2004.

[26] In un discorso alla Camera dei deputati, 8 ottobre 2004.

[27] Secondo una nota interna del ministro dellInterno di cui la missione ha preso conoscenza , le cifre sono leggermente diverse da quelle comunicate dal ministro. Gli ordini di grandezza restano per gli stessi. Secondo questa nota, i rinvii si sono effettuati al ritmo seguente da Lampedusa a Tripoli :

01/10 : un volo civile di 90 persone,

02/10 : un volo civile di 90 persone pi 2 voli militari che avevano trasportato 150 persone,

03/10 : 4 voli militari hanno trasportato 280 persone e 2 voli civili 180,

04/10 : un volo civile di 90 persone,

06/10: 4 voli militari hanno trasportato 273 persone,

09/10: un volo di 90 persone

[28] Secondo lOsservazione generale 18 del Comitato dei diritti dellUomo delle Nazioni unite, la non-discriminazione un principio fondamentale e generale della protezione dei diritti dellUomo, allo stesso livello delluguaglianza davanti alla legge e della protezione della legge (par.1). Lobbligo generale di non-discriminazione per quanto riguarda i diritti garantiti dal PIDCP citato al paragrafo 1 dellarticolo 2 del Patto si applica allo stesso modo agli stranieri e ai cittadini (osservazione generale n15, par.2).Vedere anche la Raccomandazione generale XXX del CERD sui non-cittadini e i diversi rapporti della Relatrice speciale delle Nazioni unite sui lavoratori migranti (soprattutto E/CN.4/2003/85 e A/59/377).

[29] Chiunque si trovi privato della sua libert da un arresto o dalla detenzione ha il diritto di fare ricorso davanti al tribunale perch decida immediatamente della legalit della sua detenzione e ordini la sua liberazione se la detenzione illegale.