30 maggio 2005

Il provvedimento potrebbe esser approvato gi il 17 giugno prossimo

Ue: manovre con Libia per stop a immigrati

I ministri degli Interni dell'Unione europea propongono operazioni congiunte con Tripoli con navi e aerei per sorvegliare Mediterraneo

BRUXELLES (BELGIO) - Una stretta contro l'immigrazione clandestina. L'Ue intende aiutare la Libia e sostenere gli Stati membri pi colpiti dai flussi migratori provenienti da Tripoli avviando operazioni congiunte nel Mediterraneo e creando una task-force europea temporanea alla quale assegnare aerei e navi degli Stati membri per prevenire ulteriori perdite di vite in mare: lo prevede la bozza di conclusioni del prossimo Consiglio dei ministri degli Interni europei.

LIBIA - Le conclusioni, che in caso di adozione da parte dei ministri a Lussemburgo saranno trasmesse ai vertice dei capi di Stato e di governo dell'Ue il 16 e 17 giugno a Bruxelles, sottolineano che i flussi migratori gestiti in maniera insufficiente possono tradursi in catastrofi umanitarie. Il testo esprime seria preoccupazione per le tragedie umane che avvengono nel Mediterraneo come risultato dei tentativi di entrare illegalmente nell'Ue ed invita gli Stati membri ad intensificare la loro cooperazione per evitare ulteriori perdite di vite. Di conseguenza il Consiglio condivide la valutazione della Commissione Ue che c' bisogno di un approccio globale e integrato all'immigrazione nel Mediterraneo che includa il dialogo e la cooperazione con la Libia e si dice d'accordo a lanciare un dialogo ad hoc con la Libia in materia di immigrazione e a sviluppare gradualmente una cooperazione concreta con le autorit libiche su questo tema.

COOPERAZIONE - L'avvio di forme di cooperazione con Tripoli, indica per il testo, deve essere guidato dai principi del pieno rispetto dei diritti umani, dei diritti democratici e dello Stato di diritto. In particolare le autorit libiche sono chiamate a dimostrare uno specifico impegno in favore degli strumenti internazionali che riconoscono che la Convenzione di Ginevra rappresenta lo strumento basilare ed universale in merito di diritto dei rifugiati. Le misure concrete per intensificare la cooperazione Ue-Libia sono illustrate in un allegato alla bozza, che indica, tra l'altro, il rafforzamento sistematico della cooperazione tra i rispettivi servizi nazionali responsabili per i confini marittimi. Inoltre i Centri di controllo marittimo ad hoc sono chiamati a sviluppare, nel quadro dell'Agenzia europea per il controllo delle frontiere, operazioni comuni nel Mediterraneo, e ad esaminare la creazione di una task-force temporanea dell'Ue alla quale assegnare navi e aerei degli Stati membri. Nel breve termine, l'Ue chiamata in particolare a lanciare discussioni con la Libia mirate ad azioni a breve scadenza per prevenire la perdita di ulteriori vite umane in mare.

Fonte : Corriere della Sera


 

Il tacco di Gheddafi sui dannati della terra
I clandestini provenienti da tutta lAfrica vengono ammassati in stanzoni e lasciati in condizioni disumane, eppure questo vuole essere uno dei segni di occidentalizzazione del Paese
29-05-2005 La Stampa


TRIPOLI - Si vede solo il bianco degli occhi luccicare, lui nero come l'ombra della sua cella, la voce quasi non si sente, coperta dai rumori di rivolta: Sono qui da sei mesi, non so cosa mi succeder, forse sono gi alla fine. Qui moriremo tutti, oggi sono crepati in due, Abbiamo fame, non ci danno niente, le grida si accavallano, alte, disumane, incomprensibili nel frastuono delle centinaia di oggetti di metallo sbattuti, usati come tamburi. Il rumore pi preoccupante quello della porta di ferro che sembra cedere sotto i colpi di qualcosa che fa da ariete. Si piega, oscilla e si sente il disagio delle poche guardie che ci accompagnano nel cortile rettangolare, sicuramente impotenti se quella furia riesce a straripare all'esterno. A uscire dal campo di rimpatrio per immigrati illegali di Eli Fellah , in un quartiere medio borghese non lontano dal centro di Tripoli. La ribellione deve essere stata preparata quando gli enormi stanzoni in cui sono ammassati decine di neri provenienti da un po' tutta l'Africa sono stati ripuliti meglio del solito o forse quando sono stati allontanati i pi rivoltosi. Viene qualche straniero a vedere devono aver pensato, magari finalmente per capire se quel posto faceva ancora parte del mondo civile. Quel caos di rumori e urla, quella porta quasi squassata voleva dire no, non c' nessuna civilt qui, nessun diritto umano. Eppure questo campo uno dei migliori, eppure uno dei segni di occidentalizzazione di Muammar Gheddafi. Che non ribalta pi tutti i mali e le tensioni verso Europa e America, ma vuol schierarsi come barriera fra i disperati che scappano dall'Africa e che potrebbero sconvolgere, in clandestinit a decine di migliaia, le societ del Vecchio Continente. O che sotto la disperazione potrebbero covare la bestialit terrorista. Come ci dice Ali Triki, segretario dell'Unione dei paesi africani: Gran parte dell'immigrazione verso l'Europa passa dalla Libia, perch abbiamo 6 mila chilometri di confine quasi tutti nel deserto e 1800 km di mare. Poi spiega a suo modo l'ammasso di uomini di Eli Fellah e degli altri centri: Nei paesi a noi vicini c' pi povert e la gente preferisce vivere in Libia in prigione, almeno ha da mangiare. Quindi questi campi di rimpatrio per immigrati clandestini, se da una parte servono a difendere la Libia dalle masse che vengono da miserie peggiori, sono il modo in cui Gheddafi sbandiera di stare con le democrazie liberali. Eppure Eli Fellah straripa di inumanit, di brutture da terzo mondo. Come straripano, dalle inferriate strette dei suoi stanzoni che danno sul cortile, i resti di cibo buttati verso gli stranieri assieme alle coperte unte, agli stracci, a immondizia varia. E il modo in cui i rinchiusi ci dicono come sono trattati, mentre noi passiamo vicini ai loro stanzoni a cercare la dignit umana richiesta dall'Occidente e scopriamo che qui non sanno cosa sia. D'altra parte lasciare alla Libia la difesa dall'immigrazione clandestina e pretendere che lo faccia secondo standard occidentali una contraddizione in termini, sia per le differenze culturali e di sistema politico, sia perch si mette questo paese in una emergenza che travolge il rispetto di ogni regola. Come ci dice Ali Endurit, alto funzionario del ministero degli Esteri, l'immigrazione un problema euroafricano, non possiamo risolverlo da soli, non possiamo esser da soli a controllare le nostre frontiere. Servono aiuti e interventi nei paesi d'origine, attualmente abbiamo 1.200.000 immigrati, negli ultimi mesi ne abbiamo riportati 50 mila agli Stati d'origine, il tutto costa 16 milioni di dollari all'anno. Sono disperati, passano deserto e mare e non si preoccupano se arrivano vivi o morti. Solo quelli che provengono da certi paesi dove sono perseguitati, come Liberia o Costa d'Avorio si possono chiamare rifugiati. La vita o la morte, per i rinchiusi nel campo, pu dipendere dall'essere considerati rifugiati politici o meno. Ad Eli Fellah, quelli con cui siamo riusciti a parlare danno la loro morte come probabile, ovviamente drammatizzano, barano sulle loro intenzioni, le loro storie, sulla loro cittadinanza, non vogliono farla sapere per non essere rimpatriati. C' chi poi la sua morte la d per certa come il siriano, catturato in mare mentre cercava di venire in Italia, che dice se mi riportano in Siria, l io sono un disertore e si passa il pollice come una lama sul collo. Contro la morte che, dicono, li aspetta al ritorno al paese d'origine, si dipingono tutti da rifugiato politico. Larbi Mebtouche, egiziano, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, sarebbe quello che dovrebbe aiutare a decidere chi ha diritto all'asilo politico, ma la Libia non riconosce l'organizzazione, non esistono accordi di cooperazione. Io ci sono ma non esisto, come faccio a fare qualcosa se la Libia non ha firmato nemmeno la Convenzione di Ginevra del 1951 sulla protezione dei rifugiati. Ovviamente non sa nemmeno quanti rimpatriati rischiano di essere uccisi o arrestati. Le autorit libiche ci hanno fatto capire che lo considerano un intruso. Dall'aria mefitica e incivile di Eli Fellah, all'incuranza verso le Nazioni Unite, sono le contraddizioni della Libia. Va gi molto meglio di qualche anno fa, quando Gheddafi era come Saddam, uccideva molti meno oppositori, ma urlava di pi contro l'Occidente. Usava i soldi del petrolio per finanziare i movimenti di liberazione fino agli attentati aerei che gli procurarono le sanzioni Onu dal '92 al '99. E un isolamento internazionale che deve aver fatto paura a Gheddafi, soprattutto dopo la fine che ha fatto Saddam, tanto che per riabilitarsi ha riconosciuto la sua responsabilit negli attentati di Lockerbie e del Niger, rimborsando per 27 milioni di dollari i famigliari delle vittime. E poi alla fine del 2003 ha rinunciato a tentare di costruire armi di distruzione di massa, dopo anni di costose ricerche. Adesso, anche se gli Usa continuano a tenerla nella lista dei possibili sponsor del terrorismo, la riabilitazione della Libia pare completata. E si pone l'attenzione sulla sua liberalizzazione. Per la verit dal punto di vista politico non si vedono tanti spiragli, il potere di Gheddafi rimane assoluto, partiti vietati, oppositori sradicati, inclusi gli improbabili movimenti islamisti di cui si parl negli anni '90. Il Paese continua a essere governato da un clan di un centinaio di persone con il solito mastodontico apparato di sicurezza, fra guardia repubblicana e polizia segreta, tipico delle dittature del terzo mondo. In compenso per ci sono importanti riforme economiche di sapore occidentale. Il che pu interessare molto l'Europa in recessione perch si parla di una Libia che nei prossimi anni avr bisogno di investimenti per 30 miliardi di dollari, e si stima in 36 miliardi di barili le sue riserve di petrolio, ma Gheddafi giura su 100 miliardi di barili. Comunque sia, il costo di estrazione del petrolio basso ed il paese geograficamente nella posizione migliore per portarlo nel Vecchio Continente. Ma soprattutto si spera in una rivoluzione che non arancione o delle rose, ma generazionale. Muammar Gheddafi, al potere dal '69, da quando aveva 27 anni, sopravvissuto a una decina di attentati, sta pensando di farsi succedere (non imminentemente) da un suo figlio, pare Saif al-Islam, 33 anni, che si gi ritagliato uno spazio politico, anche come emissario del padre, ha avuto influenza sul cambio di politica in Libia ed sostenitore delle riforme economiche all'occidentale. Ha vena artistica, fa mostre. Parla di necessit di democrazia per il mondo arabo e prende come paragone lo stato di Israele. Ma intanto ad Ali Fellah o, peggio, nei campi nel deserto al confine con il Niger, l'Algeria e l'Egitto sta arrivando il caldo micidiale dell'estate libica, che sar pi crudele di qualunque legge, si far beffe di ogni controllo sui diritti umani degli immigrati rinchiusi e forse ridurr naturalmente il sovraffollamento, il numero di chi sopravvive nei campi. E nessuno lo sapr. jgawronski@europarl.eu.int

Jas Gawronski

 

 

L'ultimo dolente carico di disperati approdato ieri sulle coste siciliane, a Licata (Ag).

www.guidasicilia.it 31 MAGGIO 2005


174 clandestini provenienti dall'Iraq, dalla Palestina e dalla Siria.
A trainarli nel porto sono state le motovedette della Guardia di Finanza avvertite dagli equipaggi di alcuni pescherecci che avevano avvistato l'imbarcazione a sei miglia dalla costa.
Dopo le prime operazioni di identificazione, gli extracomunitari saranno trasferiti nel Cpt di Pian del Lago a Caltanissetta. Ancora in corso le indagini per accertare l'identit degli scafisti che potrebbero essersi confusi tra i disperati. Fra loro anche una donna e un bambino, mentre sarebbero una dozzina quelli apparsi in precarie condizioni di salute trasferiti all'ospedale civico di Licata.

Si indaga, intanto, sull'identit degli extracomunitari approdati a Lampedusa nel fine settimana: secondo gli investigatori alcuni farebbero parte di un gruppo arrivato in Italia nei mesi scorsi e rimpatriato in Libia.
Il sospetto nato durante le procedure di di identificazione seguite agli sbarchi. Gli inquirenti avrebbero accertato, inoltre, che l'organizzazione che gestisce il flusso dei clandestini pratica sconti considerevoli a chi abbia gi affrontato il viaggio per l' Italia una volta.
Nel fine settimana, sull'isola delle Pelagie, gli sbarchi sono stati due. Sabato sera un motopeschereccio trapanese, che si trovava a 40 miglia a sud est della costa, ha incrociato un barcone con 142 extracomunitari.
Domenica mattina, invece, una 'carretta' con 188 persone a bordo, tra cui 22 donne e 5 bambini, stata avvistata da un elicottero delle fiamme gialle.