LUMSA FACOLT TEOLOGICA DI SICILIA ISTITUTO DI SCIENZE RELIGIOSE

 

 

 

 

 

 

 

MASTER

IN DIRITTO DELLA FAMIGLIA

 

LUMSA FACOLT TEOLOGICA DI SICILIA

ISTITUTO DI SCIENZE RELIGIOSE

 

 

 

 

 

 

 

MASTER

IN DIRITTO DELLA FAMIGLIA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SALVATORE AGUECI

 

 

 

LA FAMIGLIA IMMIGRATA

IN UNA SOCIET INTERATTIVA:

MATRIMONI ISLAMO-CRISTIANI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

-----------------------------------------------------------------------

ANNO ACCADEMICO 2004/2005

 


INDICE

 

 

Premessa....................................................1

1. Definizione di famiglia e diversit di tipologie familiari ..3

2. Presenza diversificata di famiglie immigrate in Italia...............5

   2.1 Analisi sociologica.5

   2.2 La donna nella famiglia immigrata: condizione e difficolt..6

   2.3 I minori immigrati: tra famiglia e societ..........8

3. La famiglia immigrata in una societ interattiva e la legge n. 40/98..11

4. Il matrimonio in emigrazione.........................................................13

   4.1 I matrimoni misti..........................................................13

          4.1.1 Il matrimonio nelle chiese ortodosse.....15

          4.1.2 Visione protestante del matrimonio...16

          4.1.3 Concezione anglicana del matrimonio.......17

4.1.4 Aspetto cattolico del matrimonio......17

   4.2 I matrimoni con disparit di culto....18

          4.2.1 Matrimoni fra cristiani e musulmani..19

          4.2.2 La famiglia nella societ islamica......21

            4.2.3 Differenze del diritto di famiglia nei paesi musulmani 24

          4.2.4 I matrimoni islamo-cristiani...26

         4.2.5 I matrimoni islamo-cristiani nel diritto canonico..28

         4.2.6 Matrimoni e pastorale30

         4.2.7 La famiglia immigrata e la pastorale.33

Conclusione..........................36

Bibliografia..........................................................................38

 


PREMESSA

 

 

La rilevanza del fenomeno immigratorio, assunto negli ultimi trentanni, ha portato lEuropa, e ancor pi il nostro Paese per la sua configurazione geografica e mediatica, a doversi confrontare con questioni emerse gi in altre Nazioni di pi antica tradizione migratoria.

            Se fino ad oggi il fenomeno ha messo a fuoco problemi riguardanti soprattutto linserimento degli immigrati nel mondo del lavoro, non possono essere sottovalutati altri aspetti, tra i quali linsediamento di nuclei familiari stranieri. In Italia, infatti, su una popolazione straniera regolare, stimata allinizio del 2003 in 2.469.324 unit[1], ben 783.414, pari al 51,8 %, sono coniugati (con o senza prole con s), 24.325, ossia l1,6%, sono divorziati e separati, mentre19.168, l1,3%, sono vedovi. Tra i motivi del soggiorno, 479.330, il 31,7%, sono familiari (incluse adozioni e affidamenti). Nel 2002, cita il Rapporto Caritas - Migrantes, il ricongiungimento familiare raggiunge, con il 47,9%, quasi la met dei visti concessi per motivi dinsediamento, a riprova del fatto che ci si trova di fronte ad unimmigrazione sempre pi tendente alla stabilit[2]. Il Rapporto Istat 2004 rileva che se allinizio degli anni Novanta la quota dei matrimoni con almeno uno straniero era del 3,2% delle unioni celebrate in Italia, nel 2003 la percentuale salita al 10,3%, sono pi che raddoppiati i matrimoni tra uomini italiani e donne straniere (da sei a 12 mila nel decennio 1992-2003). Tra le comunit africane marocchini, tunisini e senegalesi cՏ una tendenza ad unirsi soprattutto con donne italiane, segno questo di un crescente livello dintegrazione e di un progressivo stadio pi maturo[3].

            indiscutibile che i problemi connessi con la famiglia siano oggi attuali e meritino certamente unanalisi, sia per la loro consistenza, sia per la ricchezza, poich veicolano una cultura, con dei bisogni specifici atavici, diversi per etnia di provenienza.

Indubbiamente la diversit dei modelli familiari in una convivenza inter-etnica incide fortemente sulle stesse famiglie immigrate.
 

 

 


1. DEFINIZIONE DI FAMIGLIA E DIVERSIT DI TIPOLOGIE FAMILIARI

 

 

Prima di analizzare la condizione della famiglia che vive in emigrazione opportuno, per evitare immagini da qualche tempo stereotipate, definire il concetto di famiglia e come le relazioni familiari assumano strutture diverse, giacch le famiglie immigrate sono disomogenee e portatrici desperienze culturali assai dissimili.

La famiglia , nella visione teologica, la prima comunit umana fondata sul vincolo del sangue. Secondo la dottrina della Chiesa, la famiglia, fondata dal Creatore, e per questo in possesso di un valore universale e perenne, principio e fondamento della societ umana, e ancora: la prima e fondamentale cellula della societ[4].

La Costituzione Italiana riconosce allart. 29 che la famiglia una societ naturale fondata sul matrimonio.

Lvi-Strauss cindica quali sono i connotati: Questa parola [famiglia] serve a designare un gruppo sociale dotato di almeno tre caratteristiche: 1) trova origine nel matrimonio, 2) consiste nel marito, nella moglie e nei figli nati dalla loro unione, anche se possiamo ammettere che altri parenti sintegrino a questo nucleo essenziale, 3) i membri della famiglia sono collegati tra loro da: a) vincoli legali, b) vincoli economici, religiosi, c) una precisa rete di diritti e divieti sessuali[5].

Dopo questa visione generalizzata della famiglia, lo stesso autore ci ricorda che essa assume caratteristiche diverse secondo gli ambienti storici e geografici nei quali si costituisce. Cos il matrimonio pu essere monogamico o poligamico (in questultimo caso poliginico e poliandrico o ambedue). Esiste poi una distinzione fra il matrimonio, vincolo legale, sancito dalluomo e dalla donna, e il tipo dunione, permanente o temporanea. Anche il tipo di vincoli che uniscono i componenti la famiglia varia da una societ allaltra, come il matrimonio, presso alcuni popoli, ha poco a che fare con il soddisfacimento degli impulsi sessuali.

Con riferimento al nostro studio, due modelli ideali sono tipici[6]. Uno quello della famiglia patriarcale fondata sullautorit del paterfamilias: i membri sono interdipendenti, la fertilit elevata e i figli diventano un investimento economico in vista della vecchiaia, lautonomia dei componenti penalizzata da una sovrapposizione degli stessi membri. Laltro della famiglia nucleare urbana, sovradimensiona il s, lautonomia personale, la privacy. I figli non hanno un valore economico e lo stile educativo permissivo e tendente allautonomia.

Un terzo modello in una societ moderna, che pu servire a rappresentare le famiglie tradizionali protagoniste di un processo dinurbamento o demigrazione verso lOccidente va facendosi strada, ed quello che Kagitibaşi chiama della dipendenza o dellinterdipendenza emotiva, quali caratteristiche che sussistono al venir meno dei legami di dipendenza materiale tra genitori e figli[7].


2. PRESENZA DIVERSIFICATA DI FAMIGLIE IMMIGRATE IN ITALIA

 

 

2.1 Analisi sociologica

 

La famiglia in emigrazione appartiene a questo terzo modello, essa transita verso un tipo occidentale, per certi versi legata ai canoni della societ ospitante e al grado di relazionalit con gli autoctoni (vedi ad esempio il numero dei figli), per altri attaccata alle regole della societ dorigine. Essa ha cos due sistemi di riferimento ed comunque una famiglia sgretolata dalla miseria, dalla guerra, dal desiderio demancipazione, specie per la donna.

Un altro elemento rappresentato dalle cosiddette strategie familiari messe in atto quotidianamente nella gestione delle difficolt inerenti allimmigrazione. La famiglia in emigrazione rappresenta un trapianto a modo di sradicamento e comporta dei traumi psicologici, spirituali, morali, sociologici in tutti i suoi componenti, anche se questo avviene in modo graduale e diversificato per ogni componente. La famiglia fa, comunque, da ammortizzatore sociale. Lesperienza dellemigrazione, dice Vincenzo Cesareo, introducendo un elemento di rottura, pu accentuare conflitti e disadattamenti nelluniverso emozionale del soggetto e, certamente, conduce a ristrutturazioni e a riorganizzazioni delle reti di relazione esistenti prima della partenza. In particolare, a subire riadattamenti sono i rapporti marito-moglie, padre-figli/e, senza contare il diverso ruolo che gli anziani hanno nelle societ non occidentali in genere. Come suggerisce Yahyaoui (1989) gli investimenti connessi con il progetto migratorio, la necessit di riorganizzare le coordinate spazio-temporali nel contesto daccoglienza, la gestione della differenza nel quotidiano tra modernit e tradizione e, infine, la nuclearizzazione e lisolamento del gruppo familiare, sono tutti fattori critici che influiscono sulla fragilit della famiglia in emigrazione[8].

Se questo il quadro generale della famiglia in emigrazione, certamente la donna ed i minori sono la parte pi debole e pi esposta su cui ricadono le contraddizioni di uno sradicamento forzato.

 

2.2 La donna nella famiglia immigrata: condizione e difficolt

 

La presenza delle donne in emigrazione evidenzia maggiore difficolt rispetto alluomo, derivante dallappartenenza a sistemi culturali e familiari poco sensibili ai processi demancipazione. Anzi, la sua partita dal gruppo parenterale spesso comporta una rottura col raggruppamento dappartenenza e, non accettando pi le condizioni cui sottoposta, si ribella.

Cambiano i modelli di coppia e di coniugalit: la donna diventa responsabile delleducazione dei figli, assume il ruolo di capofamiglia. In emigrazione la donna sposata diventa ponte tra le due culture, quella dorigine, del clan, impedendone la perdita dei valori e delle tradizioni, e quella darrivo. Esse vivono una situazione di maggiore contraddizione e minore libert. Se, da un lato, infatti, sono maggiormente garantite sul piano affettivo, gli stessi legami affettivi costituiscono un ostacolo allintegrazione come donne e come mogli, madri e casalinghe. Lorganizzazione familiare in un contesto culturale profondamente diverso da quello di provenienza, nel quale tuttavia sinseriscono progressivamente gli altri componenti della famiglia, attraverso la scuola e il lavoro, delega alle donne il compito di mantenere, nel privato, modelli di comportamento propri della cultura e della religione del paese dorigine[9].

Le donne che emigrano, sole o sposate, sentono il peso di grosse responsabilit, sono caricate da un ruolo di mediazione fra tradizione e modernit, tra resistenza e integrazione. Questa dualit e ambivalenza viene vissuta nei diversi ruoli: di moglie, con la difficolt di accedere allautonomia; di madre, con la difficolt di assumere leducazione dei figli in un contesto poco conosciuto, ruolo di donna, spesso sola e capofamiglia, il pi difficile da far accettare dalla comunit dappartenenza e dallambiente []. A loro modo discrete e determinate, le donne emigranti costituiscono lelemento regolatore del processo dintegrazione delle comunit immigrate[10].

Le conseguenze che ne derivano sono spesso pesanti. Il disagio psichico e lo stress creano conflitti che sfociano in disturbi fisici e psichici, in comportamenti devianti o criminali. Infatti, linvisibilit sociale, la marginalit nel mercato del lavoro, la solitudine affettiva, il desiderio di emanciparsi e rendersi economicamente indipendenti, le barriere linguistiche e culturali, sono altrettanti motivi di difficolt dal punto di vista psicologico[11].

A queste considerazioni se ne devono aggiungere altre dovute a situazioni difficili attinenti alla gravidanza e maternit, e queste a causa soprattutto di una cultura che pone la donna in una condizione di riservatezza.

Ma un altro fenomeno di grandi proporzioni oggi mi sembra da non sottovalutare ed quello delle donne trafficate. Esse sono costrette coercitivamente a svolgere la prostituzione. Secondo una stima sembra che le donne spinte alla prostituzione siano intorno alle 25.000. La classe det prevalente quella di 14-18 anni, seguita da quella 19-24 anni, diverse donne sono con prole. Esse provengono da vari paesi, sono soprattutto nigeriane, albanesi, slave. Il fenomeno di gran portata e coinvolge tutti. Ridare dignit alle donne sfruttate significa denunciare chi lucra su questi affari e avviare unazione di collegamento e di solidariet con le famiglie dorigine.

Un cenno particolare merita lanalisi sulla condizione delle donne musulmane ma si far pi avanti. La diversit normativa nei paesi arabi vede la donna in situazioni eterogenee ed evolutive; mentre, infatti, gli uomini ispirano la paura e la diffidenza, esse ispirano simpatia, data lidea che noi possiamo avere della sottomissione che loro imposta entro il contesto familiare e dei limiti che esse stesse si danno[12].

 

2.3 I minori immigrati: tra famiglia e societ

 

La nascita o larrivo dei figli nella famiglia immigrata cambia radicalmente, non solo il progetto emigratorio degli adulti ma anche i parametri di trasmissione educativa. I minori in Italia erano, alla fine del 1995, in numero di 31.074, pari al 3,1%, di quelli regolari, oggi, dopo dieci anni, sono 412 mila[13], pari al 20,7% rispetto al totale degli immigrati. Se nelle zone dorigine non vi erano fratture tra il modello educativo familiare e quello esterno, nella nuova realt immigratoria i conflitti emergono tra le consequenziali scelte di chiusura familiare e daccettazione delle proposte provenienti dalla nuova collocazione sociale. Vi , infatti, il desiderio delle famiglie di vedere i loro figli emancipati e scolarizzati (in Italia, nella.s. 2003/04, erano complessivamente 282 mila iscritti nelle scuole statali e non, pari al 3,5%[14]. Nel prossimo anno scolastico la quota sar di 350 mila, il 4,2%[15].), secondo i nuovi parametri educativi e scolastici, dallaltra parte il desiderio di riferimento ai valori familiari, linguistici, sociali, religiosi dorigine molto frenante.

La presenza dei figli in famiglia porta ad altre scelte dettate dalla condizione della donna stessa. Listituzionalizzazione dei figli, dovuta al problema delle donne lavoratrici immigrate, come anche laffidamento temporaneo a famiglie autoctone, porta a divisioni forzate e a conseguenti scissioni inconvertibili con la cultura dorigine, compromettendo ancora una volta il rapporto e creando traumi irreversibili.

Un cenno particolare meritano quei minori che si sono resi responsabili dazioni devianti e si trovano in strutture carcerarie. Per loro occorrerebbe un intervento preventivo tendente ad un nuovo inserimento nelle strutture sociali, ma si fa pressante anche un sostegno alle famiglie affinch superino le difficolt dinserimento e tutto ci che ad esso riconducibile.

La famiglia immigrata funziona come un luogo importante dapprendimento reciproco e di doppia mediazione linguistica e culturale. I figli maggiori spesso assumono il ruolo dinterpreti e di portavoce dei bisogni familiari []. Nellambiente familiare, invece, il bambino non trova corrispondenza e sostegno alle sue fatiche dapprendimento, cominciando cos a sperimentare la distanza tra il suo mondo e quello dei genitori. Il bambino avverte allora un forte sentimento di solitudine: i genitori sono presenti fisicamente, ma assenti intellettualmente, appaiono inutili, poich incapaci di aiutarlo. Dopo questa fase, il bambino comincia a sentirsi forte, potente, poich lunico in famiglia a padroneggiare la lingua straniera e prova vergogna per dei genitori che percepisce sempre pi estranei e dei quali si deve prendere carico, essendo divenuto il mediatore tra la famiglia e la societ circostante[16]. La donna continua mentre a mantenere i rapporti col paese dorigine, con la sua lingua, con la cultura.


3. LA FAMIGLIA IMMIGRATA IN UNA SOCIET INTERATTIVA E LA LEGGE N. 40/98

 

 

Quello che abbiamo fin qui espresso certamente una parte della complessa problematica che investe la famiglia in emigrazione.

Se si analizza larticolata normativa in tema migratorio, costatiamo i grandi passi che sono stati fatti in Italia, sino allultima legge del 6 marzo 1998, n. 40: Disciplina dellimmigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

La legge dedica lintero Titolo IV al Diritto allunit familiare e tutela dei minori. Dallart. 26 al 31 sono trattati i temi riguardanti il diritto allunit familiare, il ricongiungimento familiare, il permesso di soggiorno per motivi familiari, le disposizioni a favore dei minori, e quelle concernenti i minori affidati al compimento della maggiore et, il comitato per i minori.

Nel Titolo V: Disposizioni in materia sanitaria, allart. 33 prevista lassistenza per gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale, e questo sia per la tutela sociale della gravidanza e della maternit, sia per la tutela della salute del minore, allart. 36 il diritto allistruzione e al capo III, art. 38, regolata la possibilit di accedere, in condizioni di parit con i cittadini italiani, agli alloggi dedilizia residenziale pubblica, allart. 39 definita lassistenza sociale.

La legislazione, come si pu vedere dai temi, fa un passo avanti in materia dintegrazione e, mettendosi in linea con la normativa europea dellAccordo di Chengen, della Convenzione di Dublino e del Trattato dAmsterdam, sostitutivo di  quello di Maastricht, riconosce alcuni diritti fondamentali della persona umana[17], essa, secondo le intenzioni degli estensori, vista come una legge organica e completa, capace di condurre dalla fase demergenza a quella della gestione ordinaria. Tutela, infatti, lunit familiare e favorisce il ricongiungimento secondo criteri pi ampi rispetto alle leggi precedenti del 1986 e del 1990, giudicate liberali; il minore, in applicazione della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, tutelato, difficilmente espellibile, e in ogni caso competente non il prefetto ma il tribunale dei minori; la scuola, che diventa dobbligo anche per gli irregolari, si apre allintercultura, alle differenze etniche e linguistiche; buonissimi risultano gli interventi per lintegrazione sociale e contro ogni forma di discriminazione o dintolleranza (capo IV).

            Nella societ la famiglia immigrata deve essere soggetto interattivo e non oggetto di buoni propositi, come molto spesso avviene. Nella nuova normativa questo favorito dalla presenza degli immigrati nella gestione dei loro diritti e doveri. Ma la comunit ospitante deve interagire, nonostante il substrato culturale dissimile, attraverso laccettazione duna forma matura dintegrazione, nella promozione scambievole dei valori ancora presenti in ambedue gli istituti.


4. IL MATRIMONIO IN EMIGRAZIONE

 

 

Il coinvolgimento dei paesi implicati nei processi migratori internazionali ha prodotto, dal punto di vista dellintegrazione matrimoniale, anche compromissioni problematiche che vanno da quello sociologico al giuridico, dallo psicologico al religioso: attraverso la famiglia passano, infatti, le culture, le tradizioni e le religioni di persone che decidono di costruire assieme il proprio futuro.

Dopo quello sociologico e legislativo, appena accennato, almeno per il caso italiano, si pu dire che, nella prospettiva psicologica, il fenomeno dei matrimoni fra uomini e donne di culture diverse implica una serie di aspettative. Laddove il matrimonio tende ad un equilibrio tra i due sessi, lunione con un partner straniero corrisponde ad una forma di compensazione reciproca, magari solo con la sensazione sia personale sia sociale (come strumento per lingresso o la regolarizzazione per un nuovo status giuridico).

 Il fenomeno dei matrimoni, comunemente denominati misti, chiama in causa anche problemi di diritto internazionale privato la cui gravit si manifesta in occasione di separazioni e dellaffidamento dei figli ad uno dei coniugi. Ma si connette col fenomeno dei matrimoni interreligiosi, ispirati a tradizioni religiose provenienti da un diritto matrimoniale, appartenente a visioni antropologiche diversificate.

 

4.1 I MATRIMONI MISTI

 

Nel contesto italiano il dato che va sotto la voce matrimoni misti comprende   

quelle unioni coniugali nelle quali almeno uno dei coniugi appartiene a differenti gruppi nazionali (o etnici). Nellanno 2002 i matrimoni celebrati furono complessivamente 20.000, di cui uno misto su ogni 14 celebrati. Il termine usato per improprio[18], il Codice di Diritto Canonico, definisce, infatti, con matrimonio misto quello fra due persone battezzate, delle quali una sia battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta dopo il battesimo e non separata dalla medesima con atto formale, laltra invece sia iscritta a una Chiesa e Comunit ecclesiale non in piena comunione con la Chiesa cattolica[19].

Allinterno di questa categoria si colloca la visione cristiana del matrimonio in vista anche dei matrimoni interconfessionali. Per tutte le chiese cristiane, il matrimonio unistituzione naturale e sociale, fondata dal creatore e governata dalla sua legge[20]. Il fatto fondamentale che caratterizza il matrimonio , quindi, liniziativa divina e lunione indissolubile della coppia nel vincolo totale di comunione di vita e damore tra luomo e la donna al fine di vivere il loro stato come risposta gioiosa in ordine alla procreazione ed alla continuit del genere umano. Il matrimonio rende cos la comunicazione nella coppia completa e stabile, per cui i due, chiamati a perseguire la complementariet e la perfezione, rivelano la fondamentale natura dialogica fino al punto da essere una stessa carne[21].

Il matrimonio cristiano presentato dalla Bibbia come unAlleanza tra Dio ed il suo popolo e segno dellamore sponsale tra Cristo e la chiesa[22]. Questa visione conferisce al matrimonio una sovranit maggiore di un semplice contratto e d ad esso una grande propulsione in ordine alla salvezza.

Soffermiamoci, seppur brevemente, ad analizzare la visione del matrimonio cos come risulta nelle diverse confessioni cristiane, soprattutto in ordine ai matrimoni misti, mettendo in risalto le convergenze e le diversit allinterno di ognuna di esse.

 

4.1.1 Il matrimonio nelle chiese ortodosse

           

Il matrimonio un mistero, connesso col mistero della chiesa. In quanto tale gli sposi partecipano al mistero di unione tra Cristo e la Chiesa in una dimensione ecclesiologica ed escatologica. Il sacramento santifica lunione sponsale tra gli sposi e questi con Cristo. La famiglia, costruita in nome della Trinit, diventa luogo di comunione con Essa[23]. In ordine ai matrimoni misti, la chiesa ortodossa, pur dimostrando la sua tradizionale ostilit, li tollera purch i figli siano educati e battezzati nella chiesa ortodossa. La Conferenza pan-ortodossa del 1961 ha espresso parere positivo con le seguenti caratteristiche: il matrimonio tra un ortodosso ed un cristiano non ortodosso interdetto, ma viene accolto per ragioni umanitarie, filantropiche e di amorevole sollecitudine verso chi ne interessato. Il matrimonio tra cristiani ortodossi e non cristiani severamente vietato, pur tuttavia le chiese autocefale locali hanno una visione tra loro disparitaria e pi confacente con la benevolenza pastorale. Cos la Chiesa ortodossa russa, con riferimento al comando paolino[24], segue la prassi della chiesa nei primi secoli, la quale voleva che tali matrimoni non fossero sciolti, nella speranza che il coniuge credente salvi la parte non credente; viene applicato, in questo caso, il principio delleconomia salvifica di Dio.

 

4.1.2 Visione protestante del matrimonio

 

Le chiese protestanti hanno in comune con la Chiesa cattolica e quella ortodossa la stessa Bibbia sulla quale basano linsegnamento relativo al matrimonio. Sono concordi nellaffermare che esso appartiene allordine della creazione, riconoscendo la natura di alleanza del matrimonio, come quella di Dio col popolo dIsraele: luomo e la donna sono assieme immagine di Dio. Ma pur riconoscendo la sacralit del matrimonio, le chiese protestanti non lo ravvisano un sacramento: per essere un matrimonio cristiano non deve perci essere celebrato necessariamente in chiesa, viene di norma riconosciuto quello civile, anche se la coppia lasciata libera nello scegliere che il loro vincolo sia benedetto e rafforzato in un servizio liturgico ufficiale (ci vuol dire che la maggior parte delle chiese non prende in considerazione una celebrazione liturgica se entrambi le parti non sono battezzate). Il significato di essere una sola carne non finalizzato solo alla sessualit ma indica una comunione totale di un carattere permanente e indissolubile. Lunione non si esaurisce nella procreazione e nelleducazione dei figli, la dimensione dellamore coniugale pu essere redenta e restituita allo scopo originario che Dio aveva assegnato a questo dono[25], la sterilit non pu per questo essere causa di divorzio. 

 

4.1.3 Concezione anglicana del matrimonio

 

La chiesa anglicana ha il privilegio di celebrare i matrimoni destinati ad avere effetti civili senza ricorrere al Registry office (Stato civile) prima della cerimonia. Ha lobbligo, tuttavia, di amministrare i matrimoni di qualunque parrocchiano che ne faccia richiesta, a prescindere dal suo credo religioso (non volendo negare il matrimonio a coloro che sono fuori della chiesa), perch viene considerato come possibilit di arginare la secolarizzazione dellistituto matrimoniale e di dare lopportunit a chiunque di ricevere un dono di Dio offerto a tutti gli uomini: Dio generoso nel concedere la sua grazia, e non limita i suoi doni allinterno della religione cristiana[26]. Il matrimonio, per, per essere legalmente contratto, occorre che sia tra un uomo ed una donna, che entrambi abbiano raggiunto la maggiore et per sposarsi, che non siano gi legalmente sposati con altra persona e che manifestino pubblicamente e liberamente il loro assenso.

 

4.1.4 Aspetto cattolico del matrimonio

           

La teologia cattolica del matrimonio, partendo da ci che comune alle altre confessioni, si condensa oggi sullunione delluomo e della donna, come atto di fede prima ancora che un contratto giuridico. Questa fedelt si manifesta col consenso personale espresso dalla coppia nel sacramento (per i cattolici lunico matrimonio valido che li costituisce marito e moglie davanti al Signore) e si fonda sul loro rapporto, basato, a sua volta, sullamore di Dio. Il matrimonio diviene lincontro personale degli sposi e di questi con Cristo[27], in un cammino salvifico di comunione damore; diventa il simbolo reale di Cristo con la Chiesa e di questa al suo interno. Ecco perch limpegno richiesto (alla parte cattolica) totale, irrevocabile, sia per la salvaguardia della propria fede sia per leducazione della prole che per lindissolubilit del sacramento stesso.

Le riserve del Diritto Canonico della Chiesa, circa i matrimoni misti e con disparit di culto, sono il frutto dei modi dissimili di intendere il matrimonio: finalizzate alla salvaguardia della fede del cattolico, tracciano le linee essenziali per la validit di un matrimonio tra un cristiano cattolico e una persona appartenente ad altra religione e non battezzata, per la quale si richiede la dispensa ad validitatem[28]. Per i matrimoni misti, invece, ossia con un battezzato non cattolico, si richiede la licenza ad liceitatem[29].

 

4.2 I MATRIMONI CON DISPARIT DI CULTO

 

Una considerazione a parte meritano i matrimoni con disparit di culto. Sono quelli contratti tra due persone, di cui una sia battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta e non separata dalla medesima con atto formale, e laltra non battezzata[30].

Dopo quanto abbiamo detto circa il comportamento delle diverse religioni cristiane, in ordine allaccoglienza del partner non battezzato mi riservo di esaminare un matrimonio, quello islamo-cristiano, che per la sua complessit ed espansione (sono circa 25 milioni i musulmani oggi presenti in Europa, molti giovani e con cittadinanza europea) merita attenzione e consapevolezza per evitare che ci si trovi in complicazioni religioso-giuridici di difficile soluzione. Lanalisi dei rapporti tra cattolici e musulmani nel corso dei secoli ci dice che essi non sono stati n facili n semplici, anzi, ci sono stati e ci sono molti contatti positivi e buoni rapporti di vicinato, ma anche, da entrambi le parti, grossolane riserve e pregiudizi[31].

 

4.2.1 Matrimoni fra cristiani e musulmani

 

            Alcune premesse ci sembrano basilari prima di analizzare il matrimonio nel suo specifico come unioni miste.

            Bisogna distinguere tra lIslam come religione ed i musulmani come presenza concreta di cittadini residenti in Occidente o in Italia. LIslam italiano ha, a sua volta, unaccentuata componente laica, elemento importante ai fini della nostra trattazione, non questo, per, che fa paura ma il fondamentalismo (come daltronde in ogni cultura e religione).

Le statistiche ci confermano che le unioni miste sono in continuo aumento.  I musulmani presenti in Italia alla fine del 2002 erano 553.007, il 36% della popolazione straniera e rappresentano (il dato valido anche per lEuropa), la seconda comunit religiosa per numero di fedeli.  Nel 1999, su 150.000 coppie miste (binazionali) presenti in Italia, le coppie islamo-cristiane erano circa 11/12.000. Di questi, quelli celebrati in chiesa, con dispensa per disparit di culto, sono stati fra 1.000 e 1.200, il 10% del totale. Sono normalmente le donne italiane a scegliere un uomo musulmano, solitamente maghrebino, il cui livello socio-culturale di fatto, come risulta  dalle statistiche attuali, inferiore alla donna. Anche i matrimoni tra donne musulmane e uomini occidentali, alcuni dopo la conversione allislam (alluomo non musulmano vietato, infatti, sposare una donna islamica se prima non si convertito, questo comporta anche la circoncisione) sono in aumento. LIstat rileva che la solidit dei matrimoni misti piuttosto bassa: i divorzi e le separazioni si aggirano attorno all80%.

Lo Stato italiano tenuto, sulla base del diritto internazionale privato, ad applicare a cittadini stranieri che dimorano in Italia, il diritto di famiglia degli stessi, salvo incompatibilit conclamata col diritto di famiglia italiano. Crolla cos il consenso matrimoniale della donna musulmana, lesigibilit della sua dote, o limpedimento matrimoniale per disparit di religione (secondo cui la donna musulmana non pu sposare un uomo non musulmano). La legge italiana consente la trascrizione di un matrimonio celebrato allestero islamicamente, ma non quello poligamico, non essendo valido il matrimonio contratto tra soggetti non in stato libero. In caso di ripudio, da parte musulmana, di cittadina italiana, prevale in Italia la legge dello Stato italiano, come non riconosciuto il ripudio tra due cittadini stranieri e musulmani: il matrimonio dovr essere sciolto secondo la legge italiana.

LIntesa tra la Repubblica Italiana e la Comunit Religiosa Islamica in Italia (CO.RE.IS. Vi fanno parte tutte le organizzazioni islamiche che offrano garanzie di non contrasto con lordinamento giuridico italiano) allarticolo 22, dedicato al matrimonio, recita che La Repubblica italiana [] riconosce gli effetti civili al matrimonio celebrato secondo il rito islamico, davanti a una Guida del culto, avente cittadinanza italiana, designata dalla Comunit Islamica, a condizione che latto relativo sia trascritto nei registri dello stato civile, previe pubblicazioni nella Casa comunale.

opportuno conoscere, a questo punto, prima di analizzare le problematiche poste dai matrimoni tra cattolici e musulmani, la visione della famiglia e del matrimonio cos come risulta dalla cultura, dal diritto e dalla legge islamica nel suo significato complessivo e come appare nel diritto di famiglia di alcuni paesi islamici.

 

4.2.2 La famiglia nella societ islamica

 

            La famiglia riconosciuta la cellula    pi importante della societ islamica. Anche se la natura del matrimonio prevalentemente giuridica, come un contratto (non dinterscambio economico) e non un sacramento, essa un atto naturale, voluto da Dio, che ha trasmesso alluomo la sua natura. Proprio per questo il matrimonio, poich obbedisce alla legge divina, ha un valore religioso.

La Dichiarazione universale dei diritti delluomo del 1982 nel preambolo sostiene che lautentica societ islamica quella in cui siano stabilite condizioni che permettano di preservare, proteggere e onorare listituzione familiare in quanto fondamento di tutta la vita sociale, lart. 1 d risalto al diritto alla vita, lart. 19 al diritto di fondare una famiglia, e il 20 specifica i diritti della donna sposata (alle spese per i figli dopo il divorzio, alleredit, alla riservatezza e al patrimonio personale).

La Dichiarazione dei diritti delluomo nellislam del 1990, allart. 5 asserisce che La famiglia il nucleo della societ e il matrimonio il fondamento della sua civilt. Tutte le persone hanno il diritto di sposarsi []. Societ e stato devono rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono i matrimoni e facilitare la conclusione dei matrimoni. Essi devono assicurare la protezione e il benessere delle famiglie.

Il matrimonio e la sessualit sono regolate da Dio nella legge islamica (sharah), cos come risulta dal Corano, dalla Sunna e dal diritto islamico classico (fiqh), come appare dalle scuole giuridiche sannite e sciite, le quali hanno come obiettivo di rendere stabile la famiglia.

I principi fondamentali della famiglia, che fanno da denominatore comune, sono: la sessualit, considerata come remedium concupiscenti, ritenuta buona e lecita se avviene allinterno del matrimonio, mentre vietata quella extramatrimoniale; la fecondit stimata un valore (la contraccezione solo permessa e tollerata); la famiglia (riconosciuta quella patriarcale e patrilineare) e la procreazione sono a fondamento della comunit dei credenti (umma), cos i bisogni e i diritti della persona sono sottoposti alla famiglia e al bene della umma. Nonostante questi valori basilari, non esiste una valutazione univoca della famiglia e del matrimonio ma due atteggiamenti: il primo ritiene che lo scopo la cura dei figli legittimi, il secondo legittima i rapporti sessuali, in particolare delluomo che ottiene sposando la moglie ma anche salvaguarda il diritto della moglie alla sicurezza economica e finanziaria.

La poligamia ammessa dal Corano[32]. Un musulmano pu essere sposato contemporaneamente con quattro mogli, purch abbia equit di comportamento con ognuna di esse[33].

Il ripudio (talq) avviene unilateralmente da parte del marito nei confronti della moglie (il profeta ha manifestato per avversione per il ripudio: Non ripudiate le vostre donne, perch il ripudio fa tremare il trono di Dio[34]) ma questa pu chiedere al giudice il ripudio del marito anche se in casi particolari: coniugali (maltrattamento da parte del marito, assenza protratta per pi di quattro mesi, mancato mantenimento), sessuali (impotenza, inadempimento degli obblighi sessuali), religiosi (andare a ballare, bere alcolici, togliersi il velo ecc.) o in caso di grave permanente malattia del marito. Il triplice ripudio da parte delluomo diventa definitivo ed egli non pu risposare la donna se nel frattempo lei non abbia sposato altro uomo e sia stata da lui ripudiata o rimasta vedova.

Ladulterio vietato e colui che lo compie punito con la legge coranica e non potr sposare se non unadultera o una politeista, e ladultera non potr sposare se non un adultero o un politeista; ci proibito ai credenti[35].

La filiazione legittima solo nel matrimonio valido e nella discendenza paterna, mentre non riconosciuta la filiazione naturale. Ladozione dei figli proibita espressamente[36], solo la Tunisia lammette per legge.

Il matrimonio , dunque, secondo la sharah, uno strumento giuridico-sociale stipulato sotto la legge islamica con un contratto che pu essere concluso anche presso un notaio (con valore diverso. Il contratto non pu contenere, comunque, condizioni contrarie alla scuola giuridica a cui il musulmano appartiene). Il contratto stipulato fra le famiglie degli sposi, con la differenza che mentre lo sposo esprime lui stesso il consenso, la sposa lo fa attraverso il tutore matrimoniale (wl), un uomo[37], di regola il padre di lei. Il futuro sposo, pena la nullit del contratto, simpegna a versare alla donna la dote (mahr), secondo la propria posizione sociale e le tradizioni del luogo. Da questo momento sono leciti i rapporti sessuali e sono assegnati i ruoli familiari a ciascuno dei due contraenti: il marito ha, per volere di Dio, lautorit sulla famiglia, il capofamiglia e provvede da solo al sostentamento di essa. I figli appartengono a lui e su di loro esercita il diritto di tutela, determinandone leducazione, la religione e il domicilio. In caso di morte la tutela passa al parente maschile pi prossimo nella linea paterna. La moglie deve obbedienza, rispetto e fedelt al marito, ha lobbligo di coabitazione ed ha la custodia dei figli ma sotto la sorveglianza del tutore.

Leredit ripartita per testamento ma il figlio maschio abbia la porzione di due femmine; se i figli fossero soltanto femmine e pi di due, loro spettano i due terzi di ci che il padre ha lasciato; se per lerede ununica figlia, ad essa spetta la met[38]. Il trattamento diverso se lerede il marito o la moglie[39], come anche se cՏ differenza di religione: un cristiano o un ebreo non possono ereditare da un musulmano e viceversa. Solo nel diritto tunisino leredit parificata.

 

4.2.3    Differenze del diritto di famiglia nei paesi musulmani

 

Esistono, in alcune nazioni o regioni a maggioranza islamica, delle differenze nellapplicazione della legge islamica riguardante il diritto di famiglia, sono norme dovute alla modernizzazione del diritto islamico classico, approvate, per lo pi, nella seconda met del XX secolo. La prima riforma nellImpero Ottomano sul diritto di famiglia risale al 1917. In seguito anche altri paesi introdussero delle riforme: la Turchia, negli anni 20, abol la legislazione islamica matrimoniale e la sostitu col diritto di famiglia svizzero; la Tunisia dal 1 gennaio 1957 approv lo stato giuridico personale; il Marocco introdusse lo stato giuridico personale il 1 gennaio 1958; lAlgeria il 9 giugno 1984 applic il nuovo diritto di famiglia.

Le principali modifiche apportate riguardano:

a.     il consenso matrimoniale. I nuovi Codici indicano il principio di volont (consenso) espresso da ambedue i futuri sposi. In Somalia e Turchia, per, la donna pu concludere autonomamente il matrimonio, senza il tutore uomo, mentre in altri Paesi il tutore opera per conto di lei ma deve essere la donna a sottoscrivere il consenso. sovente il caso che donne emigrate siano rimandate in patria e costrette a sposarsi. Il matrimonio dei minori proibito finch non si sia raggiunta la maggiore et (essa varia a seconda dei Paesi. Normalmente si raggiunge con la pubert per luomo che si presume al compimento del quindicesimo anno det e del nono per la donna)  in cui si acquista la capacit matrimoniale. 

b.     la poligamia. Giuridicamente abolita in Turchia, Mali e Tunisia, ma solo in questultima nazione realmente vietata. Di fatto, anche se consentita, lo meno che nel passato (del 10%), a causa di nuove esigenze economiche e sanitarie nel contesto sociale urbano e industriale moderno.

c.     il mantenimento. Di norma il marito che mantiene la moglie, anche se la donna, col proprio lavoro, spesso contribuisce ai bisogni familiari, ma tutto dovr essere pattuito e inserito nel contratto matrimoniale.

d.     i ruoli familiari. Esiste la diversit dei ruoli ma in qualche paese, ad esempio, cՏ una corresponsabilit nelleducazione dei figli. Permane in Tunisia la discriminazione religiosa, secondo la quale se la madre cristiana sono valide le prescrizioni classiche e la tutela sui figli pu avvenire fino al quinto anno det. In Marocco per unex moglie cristiana pu ottenere un permesso per la tutela pi lungo di quello concesso dalla sharah; la stessa legge autorizza il passaggio di tutela alle parenti non musulmane della moglie, anche se fino ai cinque anni det.

e.     lo scioglimento del matrimonio. Il ripudio reso difficile dal controllo giudiziario e assoggettato ad una pena pecuniaria. In Tunisia quello unilaterale stato abolito. La donna comincia ad avere un maggiore diritto a divorziare (in Egitto e Tunisia il divorzio, chiamato ripudio con compenso, avviene per decisione della donna).

f.      le nascite. Il Corano elogia la prolificit femminile (la sterilit considerata solo responsabilit della donna, poich la fertilit delluomo incontestabile), tuttavia la riduzione delle nascite consentita ed , anzi, in continuo aumento.

g.     laborto. Anche se la tradizione contraria, laborto accettato e legalizzato se procurato entro i primi tre mesi di gravidanza. sempre permesso solo ed esclusivamente se occorre salvare la vita della madre. In Tunisia e Sudan recentemente stato legalizzato come strumento per il controllo delle nascite.

h.     la prostituzione. condannata dal Corano ma protetta da molti Stati. Questa liberalizzazione favorisce i rapporti sessuali extramatrimoniali, soprattutto fra i giovani, con conseguenti artifizi per la tutela del concepimento e della verginit stessa della ragazza.

   Le norme della sharah sono applicate in modo leggermente diverso nei paesi europei: in quelli orientali le nuove disposizioni sono limitate al diritto di famiglia, mentre in quelli occidentali devono obbedire alle disposizioni del diritto nazionale sulla famiglia, modificando ed adattando le loro tradizioni.

 

4.2.4    I matrimoni islamo-cristiani

 

Prima desaminare i matrimoni tra musulmani e cristiani, soffermiamoci a considerare quali sono le prescrizioni nella legge islamica tra un musulmano e un non musulmano e le conseguenze a cui sono sottoposte vicendevolmente le parti.

Nella sharah si fa una distinzione fra musulmani e non musulmani. Questi ultimi si suddividono in gente del libro o di una rivelazione pi antica, cristiani ed ebrei, e gli altri, chiamati politeisti, infedeli o semplicemente miscredenti.

Il Corano col versetto di interdizione vieta i matrimoni tra musulmani e infedeli[40], mentre col versetto cosiddetto di permissione un musulmano pu concludere un matrimonio con una donna appartenente alla gente del libro indipendentemente da dove risiede. Questo versetto si applica solo alluomo musulmano. La donna musulmana pu legittimamente sposare, al contrario, solo un uomo musulmano (la ragione che i figli appartenendo al padre, questi che ne determina la loro religione, per la donna cristiana o ebrea proibito, infatti, educare i figli ad unaltra religione: decade la sua custodia sui figli. Normalmente la madre cristiana ha la custodia dei figli fino alla pubert.), pena la nullit del matrimonio, se lei in buona fede, ma se ne consapevole sottoposta alla punizione con quaranta frustate e in qualche caso condannata alla pena capitale.

La scuola sciita afferma che un musulmano non pu concludere un contratto valido se non con un musulmano, ma prevede il matrimonio temporaneo e tra questi cՏ la disparit di religione, ossia cՏ un impedimento che sussiste fino a quando la parte non islamica non si converta allislam.

In un matrimonio tra un musulmano ed uno che non lo , i testimoni possono essere solo musulmani: due maschi o un maschio e due femmine.

La donna cristiana allinterno del matrimonio ha gli stessi diritti di una moglie musulmana, anche in seguito a divorzio. Le scuole giuridiche hanno opinioni diverse circa la vita che deve condurre una donna cristiana: per alcune si deve adattare alle usanze musulmane (la shafiita e la hanbalita), per altre (la malikita e la hanafita) che segua le sue tradizioni (andare a messa, bere alcolici, mangiare carne di maiale).

In caso di conversione allislam, da parte di uno dei coniugi, le conseguenze sono diverse, mentre se a convertirsi sono entrambi, seguono in tutto la legge islamica.

Un cenno ai matrimoni islamo-cristiani in emigrazione. Se una donna musulmana sposa allestero un partner cristiano contro il diritto islamico, senza nulla osta, questo matrimonio non valido nel paese di provenienza: per la legge islamica e la societ sono concubini e possono incorrere in gravi problemi. In caso di ripudio, il padre musulmano rivendica il diritto di propriet sui figli, sottraendoli spesso e portandoli con s nel paese dorigine, dando luogo a rivendicazioni da parte della madre partner.

 

4.2.5    I matrimoni islamo-cristiani nel diritto canonico

 

   Come abbiamo prima accennato, il matrimonio fra un cattolico ed un musulmano pu essere celebrato come unione naturale e non come sacramento.  Per la validit, a favore della parte cattolica, richiesta la dispensa dallimpedimento per disparit di culto, dopo che sono state espletate le condizioni di cui ai canoni 1125 e 1126 del Codice di Diritto Canonico.

 Il can. 1125 stabilisce quali sono le garanzie, riconosciute come causa giusta e ragionevole, perch sia data la licenza dallOrdinario diocesano. La parte cattolica deve promettere di:

      dichiararsi pronta a fare di tutto per mantenere integra la propria fede e a rimuovere gli ostacoli che la potrebbero attentare. importante considerare se la coppia sceglier di risiedere in un paese europeo o islamico, nel qual caso la tutela della fede molto difficile, sovente il caso che la donna cattolica si converta alla religione musulmana.

      fare quanto nelle sue possibilit perch i figli siano battezzati e educati nella fede cattolica. Questa una condizione, forse la pi difficile da attuare, soprattutto se il padre musulmano, perch, come si detto, i figli professano la religione del padre (se il padre cristiano e la moglie musulmana, i figli sono spesso battezzati). Ecco perch importante, come prevede il 2, che la parte cattolica, informi tempestivamente delle sue promesse la parte che cattolica non . E se, come in paesi demigrazione, laccettazione di questimpegno accolto, anche per motivi contingenti (dintegrazione e stabilizzazione), sovente accadono compromessi tra i coniugi, perci i maschi sono educati allislam e le femmine nella religione materna ma, se la coppia si trasferisce in un paese musulmano, i figli diventano tali e leducazione, che fino allora era congiunta, da quel momento diventa prerogativa del padre.  Alcuni musulmani si adattano per ad una forma di diritto religioso del singolo e fanno battezzare i figli.

    Il can. 1055 1 indica quali sono i fini cui il patto matrimoniale ordinato:

      la procreazione della prole. Anche lislam riconosce il matrimonio in ordine alla riproduzione e accetta tutti i figli che provengono da esso.

      il bene dei coniugi. Su questo concetto le due culture hanno una visione molto dissimile: lopinione diversa che si ha della persona ed il suo ruolo nella societ e allinterno del matrimonio fa s che il bene dei coniugi sia preventivamente conosciuto, soprattutto dalla donna cattolica, se questa non vuole trovarsi, una volta trasferitasi nel paese del marito, in gravi difficolt giuridiche, sociali e psicologiche.

Perch la chiesa conceda la dispensa, richiede che le propriet essenziali del matrimonio, lunit e lindissolubilit, cos come sono enunciate nel can. 1056, siano accettate dal partner, anche se per il futuro coniuge musulmano difficile ammettere queste condizioni in un ordinamento poligamico e dedito al ripudio. Tuttavia, come abbiamo esaminato, in alcuni ordinamenti la monogamia e la solidit familiare sono visti come qualit. 

 

4.2.6  Matrimoni e pastorale

 

Dopo lanalisi fin qui fatta, opportuno vedere quale dovr essere il comportamento pastorale con riferimento alla coppia, a partire dai contatti preliminari, e quale accompagnamento dovr offrire la comunit cristiana nei matrimoni islamo-cristiani, soprattutto alla parte cattolica, in considerazione anche che la famiglia in emigrazione merita unattenzione specifica.

Data la portata attuale e le prospettive future riguardanti i matrimoni islamo-cristiani, urgente la necessit che la Chiesa italiana si orienti verso una prassi omogenea relativamente alla concessione delle dispense, alla preparazione dei nubendi, alla celebrazione del matrimonio e allaccompagnamento successivo della famiglia islamo-cristiana; ci anche in considerazione del valore simbolico aggiunto a tali unioni da parte della sensibilit comune, in questo particolare momento storico. La disomogeneit attuale, inoltre, potrebbe ingenerare un senso di confusione e smarrimento dei fedeli[41].

            da tenere in particolare considerazione, ai fini degli orientamenti pastorali, il documento Dialogo e annuncio del 1991, pubblicato a cura del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e della Congregazione per levangelizzazione dei popoli e i documenti magisteriali ed ecumenici sulla pastorale della mobilit umana raccolti nellEnchiridion della Chiesa per le Migrazioni[42], nella Guida pratica per limmigrazione ad uso degli operatori socio-pastorali: Nella Chiesa nessuno straniero, come anche i pronunciamenti di Giovanni Paolo II sui musulmani.

Alcune indicazioni di massima mi sembrano per fondamentali:

      il matrimonio islamo-cristiano generalmente da sconsigliare, mostrando le numerose difficolt e, se le parti insistono, opportuno valutare caso per caso (lo impongono, come abbiamo avuto modo di rilevare in precedenza, le differenze culturali e di tradizione del musulmano, come anche di credo e di interpretazione del Corano) e, alla fine, evitare il matrimonio religioso, orientando la coppia a celebrare quello civile (questo lorientamento di diverse Conferenze Episcopali Regionali come quelle dellEmilia Romagna e del Veneto).

      nella preparazione di un matrimonio islamo-cristiano, occorre che chi prepara la coppia sia, a sua volta, adeguatamente formato nel portare a conoscenza le differenze antropologico-culturali, religiose e giuridiche (in particolare le clausole relative al divorzio e allaffidamento dei figli), valorizzando anche ci che di buono cՏ in quella religione:[43] NellIslam presente un nucleo di dottrine e di pratiche religiose e morali che il cristianesimo pu accogliere: cos , ad esempio, per la fede di dio creatore e misericordioso, la preghiera quotidiana, il digiuno, limposta per i poveri, il pellegrinaggio, lascesi per il dominio delle passioni, la lotta contro lingiustizia e loppressione. Altri aspetti della dottrina e della prassi islamiche possono invece ricevere da parte del cristiano il rispetto ma non lassenso[44].

      nella trascrizione del matrimonio presso un consolato islamico o nel paese dorigine (il marito musulmano ha il diritto e lobbligo di pretendere il matrimonio islamico dinanzi un imam o ad un funzionario pubblico in lingua araba) la donna cattolica stia attenta a non pronunciare o firmare documenti che contengano la professione di fede islamica (shahda).

      non consigliabile che la madre cattolica o i parenti facciano battezzare i figli di nascosto.

      la madre cattolica si senta in dovere di testimoniare la propria fede davanti ai figli e pregare[45].

      anche la comunit cristiana tenuta ad accompagnare la famiglia, sopratutto la parte cattolica[46], perch la madre, adeguatamente sostenuta nel nuovo cammino, non arrivi alla decisione di cambiare fede. Chi ha preparato la coppia deve sentire il dovere di relazionarsi con essa, se rimane in Italia, oppure di farla seguire da  altre famiglie cristiane qualora decidesse di stabilirsi in un paese musulmano.

      un dovere sacrosanto compete poi a tutta la chiesa perch, nei confronti, non solo delle famiglie ma di tutta la comunit, sviluppi quel compito dessere missionaria e portatrice di valori veri, non sono rari, infatti, conversioni dallislam al cristianesimo.

 

4.2.7 La famiglia immigrata e la pastorale

 

Gli Orientamenti pastorali per limmigrazione richiamano la Carta dei diritti della famiglia, emanata dalla S. Sede nel 1983, essa riserva un articolo particolare alle famiglie dei migranti. Si legge: Le famiglie degli immigrati hanno diritto alla medesima protezione di quella concessa alle altre famiglie.

a)     Le famiglie degli immigrati hanno diritto al rispetto per la propria cultura, a ricevere sostegno e assistenza per la loro integrazione nella comunit alla quale recano il proprio contributo.

b)    I lavoratori migranti hanno diritto di vedere la propria famiglia unita il pi presto possibile.

c)     I rifugiati hanno diritto allassistenza da parte delle autorit pubbliche e delle organizzazioni internazionali onde facilitare la riunione delle loro famiglie (art. 12).

Da pi parte oggi ci si chiede se esiste o possa esistere una pastorale migratoria?

Dai documenti del Magistero, non solo si evince che esiste una pastorale migratoria inserita nel piano della salvezza ma che essa, pur nellambito della pastorale ordinaria, specifica: Parliamo di un evento migratorio, ha detto mons. Alfredo Maria Garsia, e non di semplice fenomeno, perch per noi i dati, i numeri, le problematiche sociologiche e storiche fanno da premessa, danno la materia su cui impostare un discorso di fede e di intervento pastorale, che colloca questa mobilit nel gran quadro della storia della salvezza con in primo piano liniziativa dello Spirito[47].

Gli indizi che il fenomeno non assunto come rilevante nelle programmazioni pastorali delle chiese locali ci sono, ma allora dobbiamo parlare di conversione culturale verso i migranti.

Occorre individuare come la condizione dellitineranza ha un fondamento teologico-biblico.

Si tratta di conoscere con obiettivit il fenomeno, cos come si presenta nella sua imponenza e trovare quelle soluzioni pastorali che aprano ad una nuova cultura della carit. La risposta non solo filantropica e di unaccoglienza dello straniero dal punto strettamente materiale, ma nel modo come vivere la nuova dimensione proclamata nella Pentecoste: riconoscerci tutti fratelli nellunico Spirito anche se appartenenti a culture diverse. La Pentecoste diventa cos ritorno allordine spezzato, per essere ricomposto, nel riconoscimento dellunico Dio e Signore della storia.

Nella Chiesa nessuno straniero e la Chiesa non straniera a nessun uomo e in nessun luogo. In quanto sacramento dunit [] la Chiesa il luogo in cui anche gli immigrati illegali sono riconosciuti ed accolti come fratelli. compito delle diverse diocesi mobilitarsi perch queste persone, costrette a vivere fuori della rete di protezione della societ civile, trovino un senso di fraternit nella comunit cristiana[48]. Il dovere di praticare una pastorale specifica evidente.

Se questattenzione si pone per tutti i migranti, certamente lunit delle famiglie devessere vista come luogo privilegiato in cui realizzare la carit, in vista di una pastorale dinsieme: Carit e saggezza pastorale esigono che si tenga conto dei tanti sradicamenti, cui i migranti sono forzatamente sottoposti e non si caschi nella pretesa e nellerrore di aggiungervi anche lo sradicamento dal contesto religioso in cui la loro vita cristiana nata e si sviluppata[49].

Contro i pericoli dellestirpamento la Chiesa simpegna affinch la famiglia sia messa nelle condizioni di svolgere il suo ruolo educativo. Per questo i pastori danime (ma anche gli operatori pastorali) sono invitati a far visita alle famiglie immigrate, per testimoniare ed essere solidali con le loro difficolt e favorire lamicizia[50].

Simpongono oggi problematiche nuove, sia sotto il profilo strettamente pastorale che sociale, come quelle dei matrimoni misti e delle adozioni internazionali: sono i frutti di una societ plurietnica e multireligiosa.

Per una favorevole soluzione pregnante che si favoriscano lincontro e lamicizia tra famiglie italiane ed estere, e si combattano lo sfruttamento e la violenza sui minori e sulle donne.

            importante che in un cammino pastorale si dia impulso alla cultura teologica di base e alla formazione seminaristica perch la sensibilit pastorale, nel suo insieme, tenga conto del fenomeno della mobilit e i progetti e programmi siano sviluppati unitariamente e tengano conto delle esigenze dei componenti la famiglia immigrata.

 

 


CONCLUSIONE

 

           

Le migrazioni sono una risorsa, questa laffermazione che gli uomini di buona volont devono rafforzare e non solo sul campo economico ma anche sociale e religioso.

            Le migrazioni oggi non devono essere pi un problema ma vanno viste come unopportunit darricchimento. La presenza degli stranieri nelle nostre citt, disse il card. Martini, un prezioso segno dei tempi che sveglia le nostre coscienze e cinvita ad interrogarci. Non deve essere vista come fenomeno fastidioso, inopportuno o addirittura come minaccia per il futuro; al contrario, questa presenza una formidabile chance per rinnovare e ravvisare la nostra cultura e la nostra fede[51].

Lincontro ed il dialogo con ogni componente della famiglia, soprattutto coi giovani, da cui nascono opportunit matrimoniali, vanno viste come unica alternativa valida in un contesto civile e religioso, linformazione, infatti, fa crollare qualsiasi pregiudizio ed impedisce, da ambedue le parti, visioni arrischiate su una determinata cultura.

Lincontro delle culture deve portare anche, oltre che allapprezzamento reciproco (la dichiarazione Nostra aetate afferma che bisogna guardare ai musulmani con stima[52]), ad una visione del mondo che si evolve in un contesto di progresso e di miglioramento. Questo deve spronare a non demordere neanche in un contesto socio-religioso, non pochi sono, infatti, i segnali dincontro attuali (merita ricordare gli accordi accademici tra universit turche-tunisine e atenei cattolici con scambi di docenti, come lo studio del cristianesimo da parte di giovani studenti universitari). Sovente siamo portati a giudicare la refrattariet dei musulmani alla modernit. Se questo vero in via generale, labbiamo visto in premessa, non pu diventare per principio assoluto, anzi: Studiosi europei dellIslam, ad esempio Gilles Kepel, affermano che in linea generale il radicalismo e la Jihad hanno perso la loro battaglia nei confronti della modernit, e non si pu pi parlare di unincompatibilit di principio dellIslam con il liberalismo[53].

            Il progetto culturale cristianamente orientato, deve portare ad una nuova pastorale in cui avviene la conversione verso lunica redenzione delle culture per vivere luniversalit del genere umano e formare, come diceva il Beato Scalabrini gi alla fine del 1800, di tutti i popoli un sol popolo, di tutte le famiglie una sola famiglia[54], e per far sentire a tutti che nessuno senza famiglia in questo mondo; la Chiesa casa e famiglia per tutti, specialmente per quanti sono affranti ed oppressi[55]. Questo mediante interventi capaci di creare convergenze che non annullino le identit, ma al contrario valorizzino le diverse appartenenze e radici[56].

            Le migrazioni sono una fucina in cui simpara e ci si allena alla virt della speranza e con essa lattesa non diventa avvenimento fatale e rabbioso, ma luogo teologico nel quale attendere la beata eternit.

Vista in questi termini la pastorale migratoria dovr essere, di fatto, una pastorale damore, in cui la carit, luguaglianza, la fiducia nelluomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, sia strumento sacramentale di un nuovo connubio (tra gli esseri umani e tra questi e tutta intera la creazione) e, quindi, della nuova alleanza.

BIBLIOGRAFIA

 

 

      AAS, Matrimonia mixta, Roma 1970.

      AA. VV., La famiglia in una societ multietnica, Milano 1997.

      AA.VV. Famiglia aperta (percorsi e prospettive), Olgiate Comasco 1998.

      AA.VV., Coppie miste, ricongiungimenti familiari e diritto dasilo. Nuove sfide per la societ multietnica, Torino 2001.

      AA.VV., Da una sponda allaltra del mediterraneo (donne immigrate e maternit), Torino 1997.

      AA.VV., Famiglie in difficolt, Casale Monferrato, 1997.

      AA.VV., La rete spezzata. Rapporto su emarginazione e disagio nei contesti familiari, Milano 2000.

      AA.VV., Legami familiari e immigrazione: i matrimoni misti, Torino 1997.

      AGUECI S., Componenti originarie della problematica migratoria nella provincia di Trapani, Palermo 1990.

      AGUECI S., Uomini in cammino. Verso una societ interculturale, Palermo 1995.

      AHMED L., Oltre il velo (la donna nellIslam), Firenze 1996.

      ALGINI M.L. - LUGONES M. (a cura di), Emigrazione, sofferenze didentit, Roma 1999.

      BRUCATO P., Profili giuridici dellimmigrazione islamica in Italia, Tesi di Laurea, Roma 1997.

      CANEVARO A., Cittadini del mondo: i bambini che vengono da lontano, in Albero a elica, n 6, 1989.

      CARITAS - MIGRANTES, Immigrazione. Dossier statistico 2003. XIII rapporto sullimmigrazione, Roma 2003.

      COCCOPALMERIO F. - PRISSET J. C. - RECCHI S. - ELLIOT P. - PRADER J. - VALDRINI P. - HENDRIKS J.  (a cura di), Le migrazioni nel nuovo Codice di Diritto Canonico, Brescia 1995.

      Codice di Diritto Canonico, Citt del Vaticano 1983.

      CONFERENZA EPISCOPALE SICILIANA, Facolt teologica di Sicilia, Discernimento cristiano sullIslam, in Il Regno, Bologna 2004, N. 9, 277/286.

      DEMETRIO D. - FAVARO G., Immigrazione e pedagogia interculturale. Bambini, adulti, comunit nel percorso di integrazione, Firenze 1995.

      DONINI P. G., Il mondo arabo-islamico, Roma 1995.

      FAVARO G., Bambine e bambini di qui e daltrove, la migrazione dei minori e delle famiglie, Milano 1998.

      FONDAZIONE MIGRANTES DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Enchiridion della Chiesa per le Migrazioni, Bologna 2001.

      GABRIELI F., Lineamenti della civilt arabo-islamica, Torino 1996.

      GALLINO L., Dizionario di sociologia, Torino 1978.

      GINDRO S., (a cura di), La famiglia disgregata. Alternative alla famiglia e minori immigrati, Roma 1999.

      GRASSO M., Donne senza confini (immigrate in Italia tra marginalit ed emancipazione), Torino, 1997.

      In Medio Oriente e in Europa, Questione cristiana e islamica, in Il Regno, Bologna  1997, N. 16, 501-512.

      KEK CCEE/COMITATO <<ISLAM IN EUROPA>>, Matrimoni tra cristiani e musulmani, in Il Regno, Bologna 1997, N. 13, 436-448.

      MAGISTRALI G. - FAVA S. - N. ARGENZIANO (a cura di), Quando limmigrazione familiare. Linserimento dei nuclei extracomunitari a Piacenza, Milano 1999.

      MARITI C., Donna migrante.Il tempo della solitudine e dellattesa, Milano 2003.

      MIGRANTI Press,Settimanale dinformazione, Roma

      Minore straniero, Aspe Speciale 9, Torino 1989.

      PACE E., Islam e Occidente, Roma 1995.

      POLI P., Chiesa e poligamia in Africa, fra tradizione e cambiamento, Bologna 1996.

      SAMIR EID G., Cristiani e musulmani verso il 2000. Una convivenza possibile, Milano 1995.

      STUDI GIURIDICI, LVIII, Il matrimonio tra cattolici ed islamici, Citt del Vaticano 2002.

      UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO - FONDAZIONE MIGRANTES - CARITAS ITALIANA (a cura di), Nella chiesa nessuno straniero. Guida pratica per limmigrazione ad uso degli operatori socio-pastorali, Roma 2000.

      UNESCO, Rapporto sullo sviluppo umano. La parte delle donne. vol. 6, Rosemberg 1995.

      VALDESI-METODISTI-CATTOLICI, Testo applicativo sui matrimoni misti, in Il Regno, Bologna  2001, N. 3, 108-114.

      VALDESI-METODISTI-CATTOLICI, Testo comune sui matrimoni misti, in Il Regno, Bologna  1997, N. 13, 428-435.

      VESCOVI DELLEMILIA ROMAGNA, Islam e Cristianesimo, in Il Regno, Bologna  2001, N. 3, 103-104.

 

 

 



[1] Cfr. CARITAS, Immigrazione. Dossier statistico 2003, Roma 2003, 5, 100.

[2] Cfr. ibidem., 94.

[3] Cfr. Migranti Press, Roma, 22 (2005), 5.

[4] Apostolicam actuositatem, 11.

[5] L. GALLINO, Dizionario di Sociologia, Torino 1978, 304.

[6] Cfr. V. CESAREO, Famiglia e Immigrazione: Aspetti sociologici, in La Famiglia in una societ multietnica, 12 (1993), 83.

[7] Ibidem.

[8] Ibidem, 99.

[9] V. PALANCA, Flussi immigratori e ricerca sociale in Italia: una lettura dinsieme, Cespe Papers, 1 (1990), 18.

[10] G. FAVARO, Lessico migratorio al femminile: biografie e percorsi di inserimento, relazione al Convegno <<Le mille e una donna. Donne migranti: incontri di culture>>, Milano (Palazzo delle Stelline), 4 marzo 1990, 29.

[11] V. CESAREO, Famiglia e Immigrazione, 87.

[12] A. BARBARA, Les mariages mixtes (fait migratoire et familial), relazione presentata al <<Colloque Intenational Mtissages>>, Saint Denis de la Runion, 2-7 aprile 1990, 15.

[13] Cfr. Migranti Press, 22 (2005), 5.

[14] Cfr. Migranti Press, 26 (2005), 6.

[15] Sono i primi dati dellindagine annuale che il Ministero dellIstruzione presenter a settembre 2005.

[16] V. CESAREO, Famiglia e Immigrazione, 89-90.

[17] Legge 6 marzo 1998, n. 40, Disciplina dellimmigrazione e norme sulla condizione dello straniero, art. 2 Allo stranierosono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana, previsti dalle norme del diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti.

[18] Il Codice del 1917 proibiva severamente i matrimoni misti. Largomento venne affrontato da Paolo VI nel motu proprio Matrimonia mixta del 31 marzo 1970. In esso si anticip la legislazione, codificata nel Codice di Diritto Canonico del 1983, ponendo il matrimonio misto in relazione al diritto naturale di ogni uomo al matrimonio. Il motu proprio proponeva una triplice distinzione: a) tra cattolico e battezzato non cattolico di rito orientale; b) tra cattolico e battezzato non cattolico occidentale; c) tra cattolico e non battezzato. Nei primi due si realizza un vero sacramento perch entrambi credono in Cristo ed hanno ricevuto il battesimo, con una comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica. Il documento riunisce, quindi, sotto la denominazione matrimonia mixta anche quei matrimoni con impedimento disparitas cultus. Precedentemente il termine comprendeva solo il matrimonio con impedimento mixt religionis. Nel Direttorio di Pastorale Familiare per la Chiesa in Italia del 25 luglio 1993 si trova per la prima volta la distinzione tra matrimoni misti (tra cattolici e battezzati di altre confessioni cristiane) e matrimoni interreligiosi (tra cattolici e appartenenti a religioni non cristiane).

[19] Codice di Diritto Canonico, Citt del Vaticano 1983, can. 1124.

[20] KEK CCEE/COMITATO <<ISLAM IN EUROPA>>, Matrimoni tra cristiani e Musulmani, in Il Regno 13 (1997), 438.

[21] Cfr. Gen 2,34.

[22] Cfr. Ef 5,22-33.

[23] Cfr. KEK CCEE/COMITATO <<ISLAM IN EUROPA>>, Matrimoni tra cristiani e musulmani, 439.

[24] Cfr. 1Cor 7,12-14.16.

[25] Cfr. KEK CCEE/COMITATO <<ISLAM IN EUROPA>>, Matrimoni tra cristiani e musulmani, 441.

[26] Ibidem, 440.

[27] Gaudium et spes, 48.

[28] CIC, can. 1086.

[29] Ibidem., can. 1124.

[30] Ibidem., can. 1086, 1.

[31] Dalla Charta oecumenica sottoscritta il 22 aprile 2001 a Strasburgo dal Card. Vlk, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali dEuropa (C.C.E.E.) e dal Metropolita Jrmie, Presidente della Conferenza delle Chiese dEuropa (K.E.K.), n. 11.

[32] Cfr. Cor. 4,3.

[33] Cfr. Cor. 2,23; 4,129.

[34] Cor. 2,229-231.

[35] Cor. 24,2-3.33.

[36] Gfr. Cor. 33,4-5.37.

[37] Nellordine gerarchico la donna inferiore alluomo: Gli uomini sono superiori alle donne, poich Allah ha scelto alcuni di voi sopra gli altri e perch essi le sostengano con le proprie sostanze (Cor. 4,38).

[38] Cor. 4,12.

[39] Gfr. Cor. 4,13-14.

[40] Gfr. Cor. 2,221.

[41] A. CASOLO, Aspetti pastorali dei matrimoni islamo-cristiani, con riferimento alla rilevazione per diocesi, in Lettera di collegamento del Segretariato per lecumenismo e il dialogo della Conferenza Episcopale Italiana, 36 (2000), 26-27.

[42] Cfr. FONDAZIONE MIGRANTES DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Enchiridion della Chiesa per le Migrazioni, Bologna 2001.

[43] Cfr. Dichiarazione Nostra aetate, 2-3.

[44] DIOCESI DI BRESCIA, ISTRUZIONE, I matrimoni tra cattolici e islamici, in Studi Giuridici LVIII, Il Matrimonio tra cattolici ed islamici, (2002), 249.

[45] Cfr. CIC, can 1128.

[46] CONFERENZA EPISCOPALE SICILIANA, FACOLT TEOLOGICA DI SICILIA, Discernimento cristiano sullIslam, in Il Regno, 9 (2004), 286.

 

[47] A. M. GARSIA, La Pastorale della mobilit umana. Relazione alla XLIV Assemblea Generale della C.E.I., Roma 20 maggio 1998, 5.

[48] GIOVANNI PAOLO II, Messaggio per la Giornata del Migrante, 1996, 5.

[49] A. M. GARSIA, La Pastorale della mobilit umana, (1998), IV, 3.

[50] Cfr. COMMISSIONE ECCLESIALE CEI PER LE MIGRAZIONI. Ero forestiero e mi avete ospitato. Orientamenti pastorali per limmigrazione, 1993, 24.

 

[51] C. M. MARTINI, Messaggio in occasione della beatificazione di mons. Scalabrini, 1997.

[52] Cfr. Nostra aetate, 3.

[53] V. PAGLIA, Pastorale per i matrimoni fra cattolici e islamici, in Studi Giuridici LVIII, 183.

[54] G. B. SCALABRINI, LItalia allestero. Conferenza tenuta a Torino nel 1899, 18.

[55] Familiaris consortio, 85.

[56] PRESIDENZA DELLA CEI, Progetto culturale orientato in senso cristiano, Milano 1998, 265, 2.