Per un sistema di CPT
riformato
Luca Einaudi
Luglio 2005
Introduzione
Negli ultimi mesi si intensificato il dibatto sulla opportunit di riformare o di abolire i Centri di permanenza temporanea e assistenza, destinati ad ospitare gli immigrati in attesa di espulsione per il tempo necessario allo loro identificazione e alla predisposizione dei documenti e dei vettori per il viaggio. Da pi parti nel centrosinistra si manifestata la posizione favorevole alla pura e semplice abolizione dei CPT.
In questo intervento si sostiene che, malgrado l'indubbio degrado della situazione nei CPT italiani, una abolizione pura e semplice sarebbe profondamente sbagliata, sia per le ripercussioni in Europa che per le reazioni dell'opinione pubblica italiana. Non vi sono le basi giuridiche per sostenere l'illeggitimit costituzionale del trattenimento. Un sistema con delle istituzioni di trattenimento in attesa dell'espulsione indispensabile per il buon funzionamento complessivo delle politiche dell'immigrazione. Si pu e si deve intervenire sugli attuali CPT nell'ambito di una riforma complessiva sia delle politiche dell'espulsione che delle politiche di ingresso legale, ma per poter essere pi generosi in queste politiche indispensabile avere una politica credibile per eseguire le decisioni di espulsione giuridicamente fondate. I meccanismi per l'ingresso legale possono essere resi pi articolati e pi aperte e le categorie di soggetti che transitano nei CPT possono essere delimitate trasformandole in situazioni residuali. Inoltre le condizioni di gestione dei CPT possono essere migliorate in varie maniere per garantire pienamente i diritti dei migranti, come proposto alla fine di questo documento.
Il
trattenimento degli stranieri in attesa di espulsione nei maggiori paesi
industrializzati e gli impegni di Schengen
La detenzione di immigrati clandestini e di alcune categorie di richiedenti asilo in attesa di una decisione sul loro status una pratica corrente sia in Europa che negli Stati Uniti. Le normative in merito non sono state invalidate dalle varie Corti costituzionali nazionali, malgrado le fortissime critiche delle organizzazione dei tutela dei diritti dei migranti e dei rifugiati. La durata massima del trattenimento molto varia a seconda dei paesi e l'Italia si trova in merito in una situazione intermedia.
In Germania esistono dei centri fin dal 1919. Quelli odierni, chiamati Ausreisezentrum, sono attivi dal 1990. Dal 1992 la durata massima del soggiorno stata portata da 1 anno a 18 mesi. Talvolta la detenzione avviene in sezioni penitenziarie speciali.
In Francia nel 1980 sono stati creati i Centres de rtention administrative. Nel 2003 il tempo massimo di soggiorno nei 21 centri esistenti stato portato da 12 a 32 giorni, seguendo l'esempio italiano.
In
Spagna la permanenza nei Centros de internamento pu durare fino a 40 giorni e l'ingresso viene
deciso da un giudice. Esistono delle misure alternative a seconda della
situazione personale.
In Gran Bretagna esistono gli Immigration Service Removal Centres e il trattenimento per i richiedenti asilo pu anche durare per alcuni anni.
In Italia dal 1998 sono stati introdotti i Centri di Permanenza Temporanea, con una permanenza massima di venti giorni estendibili a trenta e con l'obbligo di ottenere una convalida della decisione da parte di un giudice (dal 2004 il giudice di pace) entro 48 ore dall'ingresso. Nel 2002 i tempi massimi sono stati raddoppiati dalla Bossi-Fini.
Negli USA, dove risiedono circa 10 milioni di irregolari e clandestini, prevalentemente messicani, vi sono alcuni Immigration and Naturalisation Service Detention Facilities specifici per richiedenti asilo e per immigrati clandestini. Non vi sono limiti temporali massimi alla detenzione e questa pu anche durare svariati anni. Nel 2001 la Corte Suprema degli Stati Uniti ha dichiarato contraria alla legge la detenzione in attesa di espulsione per periodi superiori a sei mesi. Questi centri ospitano circa 22.000 persone contemporaneamente. Talvolta per la detenzione avviene in carceri o altri istituti penali.
Ovviamente gli esempi esteri non pregiudicano le scelte che lĠItalia pu fare, ma bisogna ricordare che un allentamento dei controlli italiani porterebbe immediatamente ad una reazione da parte degli altri governi dellĠarea Schengen. Non vi sono obblighi giuridici formali in materia di centri di trattenimento, ma la libera circolazione senza passaporto nelle frontiere interne presuppone la piena fiducia nelle politiche di controllo dei vicini. La Germania e lĠOlanda hanno protestato per la scelta spagnola di effettuare una regolarizzazione nel 2005 temendo che i nuovi immigrati regolari possano trasferirsi prima o poi nel resto dellĠUE. Farebbero molto di pi se avessero lĠimpressione che lĠItalia non difende le frontiere esterne comuni dellĠUE come promesso al momento dellĠadesione a Schengen. LĠadesione italiana infatti avvenne nel 1997 anche grazie alle misure previste dalla legge Turco-Napolitano in materia di CPT, allora in corso di approvazione.
Le basi
giuridiche del trattenimento nei CPT
La presenza di centri di trattenimento nel resto d'Europa dimostra che non sussistono impedimenti dal punto di vista del diritto internazionale rispetto al trattenimento degli stranieri in attesa di espulsione, purch la durata sia ragionevolmente breve, le condizioni siano adeguate e vi sia un controllo giurisdizionale. Come indicato da Livia Turco, la Convenzione europea dei diritti dellĠuomo del 1950 consente che gli stati aderenti prevedano Òmisure custodiali provvisorie straordinarie preordinate allĠesecuzione del provvedimento di espulsione.Ó Anche dal punto di vista del diritto Italiano, come notato da Ferraiolo, la Corte Costituzionale non ha mai proclamato l'illeggittimit del trattenimento nei CPT, malgrado sette anni di controversie e ricorsi. Ha specificato invece che deve esserci un controllo effettivo e di merito da parte di un magistrato. Si pu discutere della durata massima, dell'opportunit di ricorrere alla giustizia ordinaria piuttosto che ai giudici di pace ma non del principio stesso dei CPT.
La confusione tra le funzioni e le tipologie di centri esistenti in Italia
In Italia vi poi una notevole forma di confusione tra diversi tipi di istituzioni, con funzioni radicalmente diverse, quali assistenza, identificazione, trattenimento in vista dell'espulsione ma nomi simili, sempre basati sulla parola "Centro". Ci si aspetta talvolta funzioni di accoglienza da parte di centri che non hanno tale funzione. Nella giungla attuale di sigle e funzioni necessario rimettere ordine e fare chiarezza sulle funzioni e nella denominazione, anche perch alcuni centro svolgono pi funzioni contemporaneamente o in tempi diversi. Esistono attualmente:
Centri di Prima Accoglienza (CPA): creati nel 1990 con la legge Martelli che attribuiva alle regioni il compito di fornire servizi per gli immigrati, gli esuli ed i loro familiari. Sono centri che non hanno scopo detentivo ma esclusivamente di sostegno agli immigrati.
Centri di Permanenza Temporanea e Assistenza (CPTA): introdotti nel 1998 dallĠart.14 della Turco-Napolitano; sono finalizzati al trattenimento vigilato di stranieri gi destinatari di un provvedimento di espulsione o di respingimento. Quando non e' possibile l'accompagnamento immediato alla frontiera, lo straniero e' posto sotto custodia in centri appositi, in condizioni di rispetto della sua dignit.
Centri Temporanei di Accoglienza (CTA) (ed interventi straordinari a carattere assistenziale anche al di fuori di essi) per stranieri irregolari in condizione di non trattenimento; tali strutture sono state introdotte nel 1995 dalla cosiddetta legge ÒPugliaÓ per interventi in favore di stranieri irregolari bisognosi di assistenza, limitatamente al tempo necessario alla loro identificazione, finalizzata o alla espulsione o, eventualmente, alla regolarizzazione (nel caso, ad esempio, dei richiedenti asilo).
Centri di prima assistenza e soccorso (CPAS): sono dei centri di smistamento per stranieri appena sbarcati irregolarmente, di cui ancora non si sa se si tratta di richiedenti asilo o di immigrati clandestini da espellere. Sono centri ibridi, anticamera dei CPT oppure dei centri di identificazione, a seconda che l'irregolare venga inserito nel circuito dell'espulsione o della richiesta di asilo. Attualmente Lampedusa e Lecce-Otranto sono definiti in questa maniera.
Centri di
identificazione (CdI): previsti dall'articolo 32 della legge 30 luglio
2002, n.189; tali centri, sono destinati ad evitare la dispersione sul
territorio e allĠaccoglienza dei richiedenti asilo che hanno eluso i controlli
di frontiera ovvero fermati in condizioni di soggiorno irregolare
(trattenimento obbligatorio). Se il richiedente asilo si allontana senza
autorizzazione decade la sua domanda di asilo ed il relativo permesso di
soggiorno temporaneo.
Il grado di
efficacia delle espulsioni aumentato grazie ai CPT
In assenza di centri per il trattenimento non sarebbe possibile espellere persone trovate in situazione irregolare ma prive di documenti di identit. Servono per lo meno alcuni giorni per ottenere l'identificazione con le impronte digitali o tramite rappresentati diplomatici del paese di origine e poi per il rilascio di un passaporto o di un lasciapassare da parte del paese che deve riammettere lo straniero. Prima del 1998 le espulsioni erano infatti notevolmente pi difficili e pi rare, visto che gran parte degli immigrati clandestini distruggono o nascondono documenti e identit proprio per evitare l'espulsione. La durata della permanenza aumenta la probabilit di completare l'espulsione, ma passate le prime settimane la probabilit aumenta molto lentamente, mentre il costo di mantenimento dello straniero nel CPT costante e comunque la sua permanenza impedisce l'ingresso nel CPT di altri clandestini da espellere, riducendo l'efficacia della politica complessiva.
In ogni dato momento sono presenti nei CPT circa 1000-1100 persone, a fronte di una capacit massima che aumentata da 1200 nel 2000 (11 CPT) a oltre 1800 nel 2005 (15 CPT), anche se i continui danneggiamenti delle strutture rendono sempre inutilizzabile una parte delle strutture per riparazioni.
In prima battuta si pu valutare la percentuale di rimpatri sul totale delle persone transitate nei CPT. Tale percentuale aumentata dal 29,6% del 2001 al 47,9% nei primi nove mesi del 2004. Questo aumento simile a quello ottenuto in Francia con l'allungamento del periodo massimo di trattenimento nei centri francesi da 12 a 32 giorni, dal 44% al 55%. L'aumento della percentuale di successo per dipende in larga misura dai mezzi finanziari disponibili per l'esecuzione delle espulsioni (biglietti aerei, indennit per le scorte) e dal grado di collaborazione ottenuto dai paesi di origine o di ultimo transito degli stranieri, pi che dall'allungamento dei termini del trattenimento.
Al contrario la percentuale di coloro che sono stati trattenuti senza esito ma di cui la permanenza era stata convalidata dal giudice sono calati dal 46% al 24,6% del 2004. La percentuale delle persone dimesse per non convalida, per asilo o per altri motivi invece rimasta a livelli comparabili tra il 2001 ed il 2004, pur con oscillazioni e rappresenta circa un quarto delle persone transitate nei centri.
Il fatto che il grado di successo delle espulsioni non sia pi elevato del 50% non necessariamente un indice di fallimento, perch anche la conseguenza della forza del diritto di difesa. Riflette comunque l'efficacia reale del controllo esercitato dall'udienza di convalida da parte del giudice, come pure la possibilit di presentare domanda di asilo per chi gi presente in un CPT.
Anche la proporzione delle persone che sono passate nei CPT rispetto al numero totale di stranieri trovati in situazione clandestina o irregolare in Italia aumentata, dal 14,5% del 2001 al 19,3% del 2004, in parte anche a causa del calo del numero di clandestini e irregolari dopo la regolarizzazione del 2002.
Indici di numerosit ed efficienza dei CPT in Italia (2001-2004)
|
In valore assoluto |
|||
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004* |
Rimpatriati |
4.437 |
6.372 |
6.830 |
5.688 |
Dimessi per
scadenza dei termini di legge |
6.893 |
5.927 |
4.271 |
2.919 |
Dimessi per vari
motivi (asilo, non convalida, salute, etcÉ) |
3.500 |
5.196 |
1.920 |
3.044 |
Allontanatasi
arbitrariamente |
163 |
167 |
225 |
232 |
Totale trattenuti |
14.993 |
18.625 |
14.223 |
11.883 |
Irregolari e
clandestini rintracciati in Italia (esclusi i respinti alla frontiera) |
103.707 |
113.090 |
81.755 |
61.647 |
|
In percentuale dei trattenuti |
|||
Rimpatriati |
29,6 |
34,2 |
48,0 |
47,9 |
Dimessi per
scadenza dei termini di legge |
46,0 |
31,8 |
30,0 |
24,6 |
Dimessi per varti
motivi (asilo, non convalida, salute, etcÉ) |
23,3 |
27,9 |
13,5 |
25,6 |
Allontanatasi
arbitrariamente |
1,1 |
0,9 |
1,6 |
2,0 |
Trattenuti nei CPT
in % di irregolari e rintracciati |
14,5 |
16,5 |
17,4 |
19,3 |
Rimpatriati dopo
transito in CPT in % di irregolari e rintracciati |
4,3 |
5,6 |
8,4 |
9,2 |
* Per il 2004 i dati
sono riferiti ai primi nove mesi
Il grado di efficienza per si misura anche nel suo complesso: prima della legge Turco Napolitano la percentuale di espulsioni e intimazioni a lasciare il territorio seguite da un effettivo allontanamento dell'irregolare o del clandestino oscillava tra il 10 ed il 20% (14,7% nel 1997). Con la Turco napoletano salito al 36,9% nel 1999 per poi calare al 30,3% nel 2000. L'applicazione della Turco-Napolitano da parte del centrodestra ha portato l'indice oltre il 40% e la Bossi Fini l'ha fatta salire al 48,1% nel 2003, salvo poi tornare al 41,7% nei primi dieci mesi e mezzo del 2004. Il grado di efficacia del norme sull'espulsione aumenta fortemente dopo le nuove leggi ma tende ad erodersi successivamente con le correzioni imposte dai tribunali.
Quale alternativa ai CPT? Si pu tornare
alla situazione pre 1998?
Non concepibile tornare ad una situazione pre 1998 quando la polizia doveva rilasciare gli immigrati clandestini che trovava, perch non poteva espellerli immediatamente, per mancanza di documenti, n trattenerli in attesa che vi siano le condizioni per farlo. Talvolta venivano fatte delle retate in funzione della disponibilit immediata di un vettore per il trasporto. Il basso tasso di efficacia delle politiche di controllo era gi considerato inaccettabile allora e nel frattempo tutti i paesi europei hanno notevolmente rafforzare le misure di controllo, anche a fronte degli attacchi terroristici.
LĠuso del fermo di polizia di 48 ore non permetterebbe di espellere nessun immigrato che abbia distrutto i propri documenti.
LĠunica alternativa sarebbe di andare verso il trattenimento in attesa di identificazione allĠinterno di sezioni speciali nel sistema penitenziario. Con il sovraffollamento attuale non sarebbe in alcun modo un miglioramento per gli stranieri in attesa di espulsione.
L'opinione pubblica italiana
Sebbene l'opinione pubblica italiana sia diventata pi favorevole all'immigrazione dopo il 2000, le opinioni rimangono mutevoli a seconda degli episodi di cronaca quotidiana e sono frequentemente incoerenti. A d esempio la recente inchiesta SWG Espresso rivela che sebbene il 59% degli italiani non ritiene che gli immigrati abbiano portato finora solo criminalit, rivela anche che il 53% dello stesso campione ritiene che l'aumento degli immigrati abbia fatto diminuire molto o abbastanza la sicurezza dei cittadini. La rinuncia a forme consolidate di controllo della presenza clandestina straniera sarebbe immediatamente utilizzata contro chi dovesse decidere di attuarla. Non escluso che l'opinione pubblica si manifesti con una certa forza.
Conclusione:
riformare i CPT insieme ai meccanismi di ingresso per lavoro e di espulsione e
differenziare con pi chiarezza i diversi tipi di centri
A nessuno piacciono le privazioni di libert personali, le violazioni dei diritti all'interno dei CPT, n le condizioni in cui avviene il trattenimento e ancora meno l'idea che sia necessario ricacciare indietro tutti quanti cercano una vita migliore in Italia e in Europa. E' evidente che la stragrande maggioranza degli immigrati clandestini sono presenti in Italia per lavorare e contribuiscono al benessere generale e alla competitivit dell'economia italiana. Non possono essere solo gli immigrati a pagare il carattere sommerso di gran parte dell'economia italiana. La questione della regolarit della presenza di coloro che lavorano onestamente ma per datori di lavoro che semplicemente non pagano tasse e contributi va posta. Alcuni altri immigrati per sono dediti ad attivit illecite e lo Stato non pu rinunciare ad una delle principali prerogative necessarie per il controllo della sicurezza e del territorio. Per poter essere generosi nelle politiche di ingresso legale, di accoglienza e di integrazione allo stesso tempo indispensabile poter avere degli strumenti efficaci di controllo delle frontiere e di espulsione e convincere l'opinione pubblica che questi strumenti esistono e vengono utilizzati con umanit ma anche con la necessaria determinazione.
Il mantenimento dei CPT inevitabile ma il suo uso deve essere reso molto pi selettivo. Il principio generale simile a quello che ha guidato la sinistra sulle politiche carcerarie; ridurre le pene afflittive quanto pi possibile, favorendo il pieno recupero e il reinserimento sociale, anche sviluppando forme alternative alla detenzione, ma allo stesso tempo senza rinunciare nei casi pi gravi e irriducibili alla detenzione pura e semplice. Analogamente nel caso degli immigrati clandestini e irregolari quando possibile bisogna cercare di rendere regolare il loro status, e quando non possibile, bisogna graduare comunque le forme di espulsione e i divieti di reingresso in funzione delle situazioni individuali, limitando l'espulsione con accompagnamento della forza pubblica e il transito nei CPT a categorie ben delimitate:
á Adeguare le politiche di ingresso legale per lavoro per ridurre la presenza lavorativa irregolare:
o Semplificare i meccanismi di ingresso e di permanenza e facilitare l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro, con permessi di durata pi lunga e quote pi vicine al fabbisogno reale di lavoratori stranieri;
o Reintrodurre una versione rivista del permesso di soggiorno per ricerca di lavoro
o Introdurre una procedura ordinaria di regolarizzazione su base individuale dopo cinque anni di presenza lavorativa irregolare per mettere fine alle periodiche regolarizzazioni di massa
á Ridefinire in maniera meno estensiva delle condizioni per transitare nei CPT:
o Graduare le misure di espulsione sulla base del grado di integrazione e situazione personale (anni di residenza, legami familiari in Italia, assenza di precedenti penali e lavoro stabile come elementi contrari all'espulsione);
o Limitare i passaggi nei CPT a categorie di espellendi particolari, in particolare coloro che hanno distrutto i documenti e voglio sottrarsi all'allontanamento, ma anche separando i trattenuti con precedenti penali da coloro colpevoli solamente di infrazione amministrativa di soggiorno irregolare, escludendo comunque dal passaggio in CPT determinate categorie;
á Riformare i Centri di permanenza temporanea:
o Chiudere i centri che non assicurano gli standard adeguati di tutela dei diritti e della dignit degli stranieri e l'erogazione dei servizi minimi necessari, sostituendoli con centri adeguati;
o Introdurre un regolamento di funzionamento che stabilisca forme di controllo esterno e in particolare norme di accesso ai CPT per avvocati, parenti, ACNUR, associazioni e Consiglieri regionali almeno altrettanto favorevoli rispetto a quelle esistenti nei carceri;
o Escludere il passaggio di ex carcerati nei CPT. Il carcere deve predisporre direttamente le procedure di espulsione per quei detenuti a fine pena cui deve applicarsi l'espulsione;
o Ridurre il periodo massimo di soggiorno nel CPT e porre un limite massimo al numero di passaggi in un CPT cui pu essere sottoposta una stessa persona;
o Verificare che gli stranieri abbiano potuto presentare la richiesta di asilo se lo desideravano e ne avevano i requisiti;
á Riordinare le funzioni dei diversi tipi di centro e chiarendo i compiti e le denominazioni;
á Graduare il divieto di reingresso dopo lĠespulsione in funzione della disponibilit al rimpatrio volontario e alla situazione personale, come proposto da Briguglio.
Se si vuole affrontare realmente le questioni legate all'immigrazione bisogna concentrarsi sulle politiche di ingresso legale e di integrazione, dalle scuole, al lavoro, alla casa, ai diritti politici e di cittadinanza e alle questioni linguistiche e culturali che emergeranno con sempre maggior forza.