Conversione in legge del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale
L'intervento al Senato del Ministro dell'Interno Pisanu - Il testo del decreto

Signor Presidente, Onorevoli Senatori,

due settimane fa, nel rendere una informativa urgente alla Camera dei deputati sugli attentati del 7 luglio, dissi con chiarezza che l´incombere della minaccia terroristica internazionale di matrice islamica ci costringeva, e ancora ci costringe,  ad uno stato di allarme intenso e prolungato.

Precisai che, nel mettere a punto il nostro dispositivo di sicurezza, avevamo preso in considerazione anche l´ipotesi di una rapida estensione   degli attacchi all´Italia e ad altri Paesi.  
Purtroppo, oggi dobbiamo dire che quel seguito vi è stato e che, sebbene non abbia colpito direttamente il nostro Paese, ha nuovamente messo a dura prova la città di Londra e mietuto poi molte vittime innocenti in un Paese amico come l´Egitto.

Alcune di quelle vittime erano nostri connazionali. Alle loro famiglie rinnovo qui forti e sinceri sentimenti di solidarietà del Governo e miei personali.

 Come noto, l´Egitto ha conosciuto una lunga stagione di terrorismo interno, che si è riaccesa sanguinosamente con la strage dei turisti a Luxor nel 1997 ed è proseguita con gli attentati di Taba (7 ottobre 2004) e del Cairo (il 7 e il 30 dello scorso aprile). Quest´ultimo  ciclo  sembra orientato a colpire interessi economico-turistici, ritenuti segni della contestata ingerenza  dell´Occidente nei Paesi mussulmani, e ad accomunare nella strage egiziani e occidentali.

L´attacco del 23 luglio dunque, non è giunto del tutto inatteso. A parte taluni segnali, era stato anche preannunziato da una dura invettiva lanciata il giugno scorso da Al Zawahiri, leader della Jihad islamica egiziana e numero due di Al Qaida; e, poco dopo, dall´uccisione in Iraq dell´Ambasciatore egiziano in quel Paese, il primo diplomatico arabo accreditato a Bagdad.
Del tutto evidente è il valore simbolico del luogo e della data: Sharm el Sheikh, sempre definita come roccaforte tanto degli arabi “eretici” quanto degli “infedeli”, nel novembre del 2004 aveva ospitato il vertice internazionale per la ricostruzione dell´Iraq; il 23 luglio è l´anniversario dell´indipendenza dell´Egitto dalla Gran Bretagna e proprio per quel giorno era previsto l´annunzio della ricandidatura del Presidente Mubarak.

Fino ad ora non disponiamo di elementi certi che consentano di stabilire un legame diretto tra gli attentati di Londra e di Sharm el Sheikh. Si può solo intuire un disegno politico che, da un lato, conduce al contesto medio-orientale e, dall´altro lato, al progetto Jihadista di colpire insieme la “alleanza crociata” e i Paesi “apostati” che ne sostengono i presunti progetti antislamici.

Ma vi è anche chi esclude a priori qualsiasi connessione, a causa delle profonde differenze tra gli obiettivi colpiti e tra i due contesti politico-sociali.  E si arriva a ritenere che al di là della rete di Al Qaida esista una ulteriore, multiforme minaccia, costituta da gruppi autonomi, certo motivati dalla medesima ideologia ma spinti all´azione da specifiche ragioni locali o nazionali. 

In ogni caso, acquista sempre maggiore consistenza l´ipotesi di un processo di “contaminazione diffusa” attraverso internet, che determina  crescenti sintonie ideologiche e qualche concertazione operativa anche tra gruppi diversi e lontani.

E´ probabile che la sfida terroristica tenda ora a svilupparsi su due fronti: nel mondo arabo, con lo scopo di  destabilizzare i  governi ritenuti traditori e apostati, colpendo preferibilmente agli interessi occidentali; in occidente, colpendo sempre più con kamikaze formati in Europa e intensificando l´intimidazione mediatica alle nostre società.

A quest´ultimo proposito, vorrei mettere tutti in guardia dall´alluvione di notizie provenienti da fonti aperte, incerte o fantasiose, che possono generare apprensione, allarme sociale, paure e reazioni immotivate. Sono ormai tante queste notizie che un moderno Nostradamus potrebbe ricavarne altre dieci centurie, così da poter dire, in ogni eventualità: “Io l´avevo previsto”. Consiglio innanzitutto a me stesso, a noi politici, e a tutti, ma proprio a tutti, di brucare con cautela nei pascoli abusivi di internet e di fare uso prudente e responsabile di certe informazioni.    

L´ideologia sanguinaria di Al Qaeda ha dunque imposto un nuovo tributo di vite umane, che accomuna un Paese arabo a guida laica che non si può dire moderata, ai Paesi occidentali da cui provenivano i turisti coinvolti negli attentati. 
 
Questo terrorismo conferma così la propria natura di movimento politico che utilizza cinicamente il fanatismo religioso e il massacro indiscriminato per alterare i processi democratici o, comunque, le decisioni politiche dei Paesi che aggredisce, si tratti di stati islamici o di nazioni occidentali.

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Gli attentati del 21 luglio a Londra e quelli di Sharm el Sheikh confermano la valutazione del rischio per l´Italia, negli stessi termini che ho esposto all´indomani del 7 luglio.

Pur in assenza di elementi precisi e inconfutabili, e a prescindere dalla ridda delle rivendicazioni di questi ultimi giorni, circostanze e indizi convergenti ci inducono a considerare possibile un attentato nel nostro Paese.

Prosegue, perciò, l´attuazione delle misure operative decise a seguito della strage di Londra; misure con le quali abbiamo rinforzato i dispositivi di prevenzione e intelligence realizzati a suo tempo dopo l´undici settembre 2001 e aggiornati all´indomani dell´attacco di Nassirya.

In realtà, questi dispositivi non avevano mai smesso di funzionare a pieno regime e, al contrario, negli ultimi mesi sono stati potenziati per il profilarsi di nuove minacce terroristiche contro obiettivi europei minacce che,  giova ricordarlo, erano  indirizzate anche al Regno Unito.

  Oggi il nostro sistema opera su tre direttrici principali: la difesa degli obiettivi che il Comitato nazionale dell´ordine e della sicurezza pubblica ha ritenuto più esposti; il controllo degli ambienti dove può prendere consistenza la minaccia terroristica; il monitoraggio stretto dei cittadini extracomunitari già interessati da inchieste giudiziarie e, naturalmente, l´intensificazione delle altre indagini.

Al Viminale continua a lavorare in seduta permanente il Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo -  tavolo di raccordo tra Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Sisde e Sismi. Il Comitato analizza tutte le informazioni e fornisce indicazioni alle forze antiterrorismo che operano sul campo.
  
Più in generale, sottolineo ancora una volta la necessità che in una fase come questa spetti al Ministro dell´Interno, unica Autorità nazionale di pubblica sicurezza, imprimere all´azione degli apparati amministrativi la massima unità di indirizzo e di iniziativa. Ciò, evidentemente, vale anche per il coordinamento delle connesse attività di difesa civile e protezione civile, si tratti di addestramento congiunto o di gestione e contenimento delle conseguenze di  un malaugurato atto terroristico.

Non rivendico, ovviamente, poteri eccezionali. Intendo soltanto  esercitare con tutta l´efficacia possibile quelli previsti dalle norme vigenti.

In questo senso ho dato disposizioni rigide al centro e in periferia perché le amministrazioni interessate si muovano all´unisono tra loro e secondo il dovere di leale collaborazione con le istituzioni territoriali.

Per la prevenzione del terrorismo il controllo del territorio è una attività di importanza fondamentale. Si è deciso perciò di incrementare rapidamente il numero degli operatori destinati a questo servizio, recuperando personale con una oculata revisione delle scorte che è attualmente in corso. Recuperi ancor più rilevanti saranno consentiti da due  norme organizzative del decreto-legge oggi al vostro esame.

Un contributo significativo è assicurato anche dal programma “poliziotto e carabiniere di quartiere”, che la settimana scorsa ha raggiunto un altro importante traguardo con l´entrata in servizio di  settecentocinquanta nuovi operatori. Entro la fine dell´anno, a conclusione di un ciclo formativo specificamente mirato alle tecniche della prevenzione, altri settecentocinquanta verranno schierati in aree urbane oggetto di  particolare attenzione.

Nella stessa ottica del controllo delle aree urbane a maggior rischio, è programmata la reiterazione di quelle operazioni “vie libere”, blitz mirati come quello compiuto ieri a Padova nel quartiere di Via Anelli, con i quali, negli ultimi tre anni, abbiamo raccolto risultati assai significativi.

Completano il panorama alcuni importanti interventi sulla sicurezza del trasporto urbano e delle grandi infrastrutture portuali e ferroviarie, che risultano piuttosto vulnerabili anche da azioni terroristiche di media portata.

A questo punto, Signor Presidente  e Onorevoli  Senatori, se debbo  ovviamente tacere sugli aspetti più riservati della prevenzione, non posso fare a meno di dire che, comunque, nella lotta al terrorismo l´Italia non è certo all´anno zero. A parte, infatti, l´esperienza dura, diversa ma preziosa della lotta al terrorismo interno, voglio sottolineare che dopo l´undici settembre 2001 abbiamo mobilitato vaste energie, dando nuovo vigore alle nostre capacità di analisi, prevenzione e contrasto.

Cosicché oggi, tanto per fare un esempio, conosciamo le moschee, le scuole coraniche, i centri culturali, gli altri luoghi di aggregazione ed il vasto sistema di relazioni che caratterizza la complessa e ancora magmatica realtà dell´immigrazione islamica  in Italia.

Perciò siamo in grado di distinguere e valutare ragionevolmente rischi e opportunità. Questo non ci mette a completo riparo dalla minaccia terroristica  ma ci  offre una base solida per organizzare le nostre difese.  
      
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Per quanto riguarda il controllo delle frontiere interne europee,  ricordo che, ferma restando la temporanea sospensione degli accordi di Shengen decisa dalla Francia, abbiamo intensificato la sorveglianza lungo i confini con l´Austria e  la   Slovenia.

Più in generale, ribadisco che il Governo si riconosce nella   Dichiarazione comune del 13 luglio sulla risposta dell´Unione Europea agli attacchi terroristici di Londra. In quella occasione sono state decise una serie di misure tra le quali voglio ricordare: il contrasto alle diverse forme di finanziamento del terrorismo; il monitoraggio della produzione e del commercio di esplosivi; il miglioramento degli scambi di informazioni; la sicurezza delle reti di trasporto e delle grandi infrastrutture; l´approfondimento dei diversi aspetti della radicalizzazione e del reclutamento dei terroristi islamici.

Per parte mia, in sede di dibattito, avevo richiamato l´attenzione dei Colleghi europei sull´importanza di adeguare i nostri sistemi giuridici e gli strumenti di cooperazione alle nuove caratteristiche del terrorismo islamico, osservando che  a minaccia comune  si deve reagire con risposte comuni.

Ma su questo aspetto non bisogna farsi soverchie illusioni. Esiste naturalmente una strategia di fondo basata  sul Piano d´azione  varato dopo i fatti di Madrid del marzo 2004 e sul Programma dell´Aja.

Nell´Unione a venticinque membri non è tuttavia facile decidere rapidamente; non certo per difetto di volontà politica, ma perché le procedure comunitarie hanno i loro tempi, i loro passaggi e i loro snodi.

Basti considerare che soltanto a partire dal quadro finanziario 2007-2013 il Consiglio Giustizia e Affari interni potrà disporre di finanziamenti propri da destinare alla lotta al terrorismo.

In questa situazione, perciò, è sembrato più opportuno adoperarsi per mettere a fattor comune gli sforzi che andavamo realizzando sia nelle sedi nazionali sia in ambiti più circoscritti, con particolare riguardo alle riflessioni avviate in seno al G8 e al gruppo informale dei ministri dell´Interno dei cinque maggiori Paesi dell´Unione.

E´ chiaro, comunque, che per condurre questa lotta non possiamo limitarci a rinsaldare i vincoli di collaborazione con i soli alleati e partners occidentali.

Come dimostrano gli attentati di Djerba, Casablanca e Istanbul, per non parlare dei molti altri compiuti nel mondo arabo anche prima degli attacchi di Madrid e Londra, sono proprio i Paesi islamici ad essere i più esposti alla minaccia terroristica di matrice fondamentalista.

Essi sono, anche per questo, nostri naturali alleati.

In realtà, non esistono alternative, come ho avuto modo di dire altre volte, alle due vie della collaborazione con i Paesi islamici amici e del dialogo con le componenti pacifiche delle comunità musulmane insediate in Europa.

In questa ottica, e per citare un solo esempio, all´indomani della Conferenza di Riad sul terrorismo, cui l´Italia aveva partecipato con una qualificata delegazione di funzionari dell´Interno, degli Esteri e degli Organismi di sicurezza, mi sono recato in Arabia Saudita per stringere la cooperazione bilaterale in materia di sicurezza. Abbiamo così avviato nuove forme di collaborazione nella lotta al terrorismo, procedendo anche ad utili approfondimenti nel campo del dialogo interreligioso.

Naturalmente, abbiamo consolidato gli accordi e le intese esistenti con diversi altri Paesi musulmani, specialmente dell´area mediterranea, in materia di lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di esseri umani e all´immigrazione clandestina. 

Nel settore delle relazioni internazionali un´azione a tutto campo  viene condotta dal Ministro degli Affari Esteri, in stretto raccordo col Viminale.

Ricordo, in particolare, la riunione che il Vice Presidente Fini  ha tenuto nei giorni scorsi con gli ambasciatori dei  Paesi membri della Lega Araba, nel corso della quale è stato ampiamente dibattuto il problema della lotta al terrorismo e all´immigrazione clandestina. Gli ambasciatori hanno convenuto sulla necessità di un fortissimo impegno antiterrorismo e di un fronte comune. Essi hanno anche assicurato la loro collaborazione per sensibilizzare i giovani musulmani nati in Italia, ben consapevoli del fatto che la mala pianta del terrorismo attecchisce più facilmente tra gli appartenenti alla seconda  e terza generazione.

L´importanza di lavorare con i figli degli immigrati verrà  sottolineata nel corso dell´incontro che il Ministro Fini intende appositamente promuovere a Roma entro l´anno, con la partecipazione  di giovani provenienti dai Paesi arabi.         

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Ho detto altre volte, e lo ripeto, che non possiamo confondere la minaccia del terrorismo islamico con la religione, la cultura e la civiltà dell´Islam. Ribadiamo dunque il nostro “no” allo scontro di civiltà, ma rinnoviamo i nostri sforzi per cogliere la concreta dimensione internazionale del pericolo e fronteggiarlo al meglio, concertando una risposta comune dinnanzi ad una minaccia sempre più chiaramente comune.

Le società europee, se sono veramente società aperte, se veramente vogliono mantenere inalterato questo inconfondibile tratto della loro identità, devono sapere distinguere con nettezza: da un lato accogliendo chi viene da noi per vivere e lavorare in pace e nel rispetto della legge; dall´altro opponendosi con inflessibilità e durezza, con tutta la durezza consentita da quella stessa legge, a chi viene per seminare odio, terrore e morte.    

Torno a dire che la battaglia contro il radicalismo islamico si combatte e si vince a due mani: una mano armata contro i terroristi e l´altra tesa verso i musulmani pacifici.  

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Uno degli elementi indispensabili per rendere la risposta al terrorismo  chiara, forte e vincente è, senza alcun dubbio, la nostra capacità di adeguare i sistemi giuridici occidentali alle caratteristiche particolarmente insidiose e sfuggenti del terrorismo islamista.

Non siamo di fronte, infatti, ad organizzazioni ordinate gerarchicamente con una vera e propria catena di comando, quanto piuttosto di fronte ad una rete mondiale a maglie autonome e non sempre collegate tra loro, molto più simile ai moderni cartelli della droga che ai partiti rivoluzionari dell´Otto-Novecento. 

Prevenzione e repressione debbono camminare di pari passo su nuovi binari giuridici, che le facciano procedere speditamente su un terreno  innegabilmente impervio e poco conosciuto. Speditamente, ma nel pieno rispetto dei nostri irrinunciabili valori costituzionali.

Per combattere i nemici della libertà non possiamo stravolgere gli istituti vigenti e limitare oltre misura le libertà dei cittadini. Se lo facessimo concederemmo ai nostri avversari una autentica vittoria.

Non può esserci baratto tra sicurezza e libertà, ma solo reciproco sostegno per garantire del resto una delle libertà fondamentali della grande tradizione democratica europea: la libertà dalla paura.

In questa direzione si è mosso venerdì scorso il Governo, adottando il decreto-legge che, dopo le ultime, necessarie e scrupolose verifiche tecniche, è giunto ieri all´esame del Senato.

Le norme in esso contenute sono in sintonia con gli orientamenti dell´Unione Europea e mirano tutte allo stesso fine: fornire rapidamente supporti concreti alle attività di prevenzione e investigazione per ottenere la massima sicurezza possibile con la minima limitazione possibile dei diritti di libertà.

Illustrerò ora i tratti salienti del provvedimento iniziando dagli aspetti che riguardano la prevenzione e dunque, in primo luogo, le attività di intelligence: su delega del Presidente del Consiglio dei ministri, i Direttori del SISMI e del SISDE potranno richiedere all´organo giudiziario competente l´autorizzazione ad effettuare intercettazioni telefoniche.

Voglio qui ricordare che nella sua ultima riunione il CIIS - Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza - ha invitato i Servizi ad adottare misure interne per favorire la mobilità del personale  e agevolare l´acquisizione di professionalità avanzate. Resta naturalmente aperto il problema della riforma della nostra intelligence, che potrà trovare una compiuta soluzione solo in una legge del Parlamento.

La telefonia ed internet sono la nuova frontiera della lotta al terrorismo e alla criminalità ed è qui che vengono apportate rilevanti innovazioni: i dati di traffico - non, dunque, i contenuti delle comunicazioni - saranno conservati sino al 31 dicembre 2007, ferma restando la necessità dell´autorizzazione giudiziaria per il loro utilizzo; in secondo luogo, per l´acquisto delle schede telefoniche sarà ora necessario esibire un documento di identità; e, infine, gli esercizi pubblici e i circoli privati che mettono a disposizione terminali internet dovranno ottenere una apposita licenza del Questore.

 Controlli e norme più severe saranno introdotti in due settori ugualmente cruciali: l´importazione, commercializzazione, trasporto e impiego dei materiali esplosivi, con una particolare attenzione per i detonatori; e le attività di volo, con la possibilità che il Ministro dell´Interno disponga limitazioni anche a carico di chi è già in possesso delle abilitazioni previste.

 Sono state nuovamente configurate le misure di prevenzione propriamente dette, ripristinando l´arresto fuori flagranza per violazione degli obblighi della sorveglianza speciale.

 Per altro verso, si è introdotta la possibilità di sollecitare ai Procuratori della Repubblica, in attesa delle decisioni del competente Comitato delle Nazioni Unite, il congelamento di beni e risorse utilizzabili dalle organizzazioni terroristiche.

 Inoltre, è stata prevista una procedura più rapida per l´espulsione, da parte del Ministro dell´Interno o del prefetto, dello straniero che rappresenti un pericolo per la sicurezza nazionale o possa in qualsiasi modo agevolare un´organizzazione terroristica. Il provvedimento di espulsione può essere sospeso se lo straniero collabora.

 Questa stessa chiave premiale è stata usata per costruire una diversa misura, con la quale apro ora l´illustrazione delle norme di sostegno all´investigazione: mi riferisco alla possibilità di concedere un permesso di soggiorno agli stranieri che collaborano con la giustizia. Se l´aiuto risulta determinante può essere rilasciata anche la carta di soggiorno salva, in ogni caso, la facoltà di revocare entrambi i documenti qualora il titolare ne abusi.

 Viene esteso al contrasto del terrorismo il colloquio investigativo, oggi espressamente previsto solo per la criminalità organizzata; e si raddoppia, da 12 a 24 ore, il fermo di polizia giudiziaria per l´identificazione di persone sospette.

 La polizia giudiziaria potrà prelevare un campione di saliva per compiere accertamenti sul DNA a fini di identificazione. Il prelievo dovrà essere autorizzato dal pubblico ministero, nel rispetto della dignità della persona umana. Questa disposizione potrebbe agevolare la costituzione anche in Italia di una banca dati del DNA, strumento utilissimo anche per la cooperazione internazionale, del quale dispongono quasi tutti i Paesi europei. 

 Da ultimo, si è inteso rafforzare i dispositivi antiterrorismo anche prevedendo la possibilità che il Ministro dell´Interno,  in relazione a delitti i particolarmente gravi, costituisca unità investigative interforze per metterle a disposizione dei competenti magistrati d´accusa.

 In sede di decreto-legge si è ritenuto, invece, di non poter affrontare il problema, tecnicamente complesso e istituzionalmente delicato, del coordinamento dell´attività delle procure e dei pubblici ministeri impegnati in inchieste sul terrorismo internazionale. La materia è tale da richiedere ulteriori, approfondite riflessioni, il cui frutto potrà essere consegnato ad un disegno di legge. Naturalmente, ciò non pregiudica in alcun modo altri   orientamenti del Parlamento.
       
 Particolarmente incisive e diversificate sono le modifiche riguardanti  norme penali, che indicherò ora in dettaglio: 

- estensione dell´arresto obbligatorio in flagranza per delitti commessi con finalità di terrorismo, ivi compresi la detenzione o la fabbricazione di falsi documenti di identità. Queste  figure di reato vengono introdotte nell´occasione, come pure quelle di arruolamento e addestramento per finalità di terrorismo, sanzionate, rispettivamente, con un massimo di quindici e dieci anni di reclusione;
- previsione di  un´aggravante per le dichiarazioni false rese da persone indagate;
- introduzione dell´obbligo, a carico del giudice, di accertare eventuali precedenti dell´imputato sotto altre false identità, in modo da precludergli l´ingiustificato godimento dei benefici di legge.

Completano il provvedimento alcune norme di carattere organizzativo che consentono di recuperare aliquote di personale delle Forze di polizia per dedicarle al contrasto del terrorismo: vengono, pertanto, ridotti gli oneri della polizia giudiziaria in materia di notifica degli atti; e si consente l´affidamento agli istituti di vigilanza privata dei servizi di sicurezza sussidiaria nei porti, nelle stazioni ferroviarie, in quelle della metropolitana e dei trasporti urbani di linea.           

Come vedete, Onorevoli Senatori, il provvedimento non reca una  nuova e più aggiornata definizione di terrorismo, della quale pure si è  molto parlato. In effetti, anche in questo caso l´attenta considerazione del problema e dei suoi complessi risvolti politico-costituzionali, ha sconsigliato di decidere nei tempi ristretti propri di un provvedimento d´urgenza. La questione rimane dunque nella completa disponibilità delle Camere che, qualora lo ritengano, potranno affrontarla, immagino, alla luce delle deliberazioni assunte in materia sia dall´Unione Europea che dalle Nazioni Unite.

Più in generale, avviandomi a concludere queste comunicazioni  voglio sottolineare che tutto il decreto-legge, che tra poco prenderete in esame, è aperto ai contributi, ai miglioramenti ed alle integrazioni che scaturiranno dal dibattito parlamentare.

Proprio l´esigenza di lasciare il più ampio spazio alla discussione, aveva inizialmente orientato il Governo verso una data di presentazione del decreto che consentisse di ridurre l´impatto delle ferie estive sui sessanta giorni costituzionalmente previsti per la conversione in legge.          

Ciò chiarito, tengo a dire che le decisioni successivamente intervenute mi trovano perfettamente d´accordo, soprattutto perché vedo che corrispondono alla volontà del Parlamento di privilegiare le ragioni di necessità e urgenza del provvedimento.

Anche questa, a ben vedere, è una valida risposta alla minaccia del terrorismo, una  minaccia che non lascia spazio a divisioni di sorta ed esige, invece,  orientamenti comuni in un clima di larga concordia politico-istituzionale.

Dobbiamo fronteggiarla con razionalità e compostezza, come si addice ad un paese civile, geloso dei suoi valori, dei suoi ordinamenti e  del suo stesso modo di vivere.

Spetta a noi, Governo e Parlamento, condividere e sostenere con grande determinazione l´impegno delle donne e degli uomini del nostro sistema di sicurezza, chiamati a contrastare in campo aperto la minaccia quotidiana del terrorismo.

Ma sono anche convinto che spetta soprattutto a noi politici far prevalere l´idea che l´uso della forza legale non è mai sufficiente per risolvere  i  problemi sociali, civili ed economici.

Se c´è un limite nelle politiche perseguite dagli Stati dell´Unione Europea è proprio quello di aver dedicato fin qui poca attenzione a tutto ciò che deve accompagnare la prevenzione e precedere la repressione, anche per  renderla  più puntuale ed efficace.

Penso alle iniziative di contenimento degli effetti dannosi di un´immigrazione islamica a tutt´oggi più subita che governata, e perciò foriera di emarginazione sociale, isolamento culturale, esasperazione e radicalismo politico.

Sul filo di questo ragionamento mi sono impegnato, anche in sede europea, a sostenere il dialogo interreligioso, che vedo come un potente fattore di coesione sociale e di stabilità internazionale.

Il nostro obiettivo, in Italia oggi, è quello di favorire l´integrazione possibile della comunità islamica senza pretenderne l´assimilazione. Si fa anche così la prevenzione a medio termine dell´estremismo più cruento di seconda e terza generazione. 

Va da sé che anche in una comunità perfettamente integrata il terrorismo potrà sempre riaccendersi come è già avvenuto, sul piano interno, in differenti contesti europei, dalla Spagna all´Irlanda, dalla Germania all´Italia. 

Con queste idee, da oltre un anno, ho creato una apposita “unità di missione” del ministero dell´Interno e l´ho impegnata insieme a novanta prefetture sul terreno del dialogo interreligioso e dell´integrazione sociale degli immigrati.

Al termine di questo complesso cammino di studio e di esperienze territoriali, è giunto il momento per istituire una sede stabile di consultazione del Ministro dell´Interno perché egli possa avvalersi, nell´esercizio delle sue specifiche attribuzioni, della collaborazione di rappresentanti di immigrati a tutela della sicurezza dei cittadini e a garanzia dei diritti civili e sociali, attribuzioni queste, lo ripeto, proprie del Ministero dell´Interno.

Perciò la nascente “Consulta per l´Islam italiano” sarà chiamata ad approfondire tutti i problemi che possono costituire ostacolo all´integrazione e all´esercizio dei diritti civili, ivi compresi quelli connessi alla libertà religiosa e alla convivenza pacifica nell´ambito della nostra società, naturalmente nel pieno rispetto dei principi costituzionali e delle leggi della Repubblica.

E´ mio intendimento nominare nella Consulta persone di cultura  e religione islamica, che non solo siano estranee ad ogni forma di fanatismo religioso ed estremismo politico, ma aderiscano convintamene ai valori e alle regole del nostro ordinamento democratico.   

Voglio dire con assoluta chiarezza che la scelta dei componenti del collegio, considerata la sua natura di organo consultivo del Ministro dell´Interno, sarà fatta esclusivamente in base alle caratteristiche individuali di affidabilità ed esperienza delle persone, a prescindere da  qualsiasi criterio di appartenenza o rappresentatività.

La Consulta dovrà muoversi nella prospettiva della formazione di un Islam italiano, rispettoso della nostra identità nazionale e delle nostre leggi e, allo stesso tempo, salvaguardato nella sua identità e nelle sue differenze che sono compatibili con il nostro ordinamento. 

E´ questa l´altra mano, la mano che vogliamo tendere a tutti i musulmani di buona volontà.

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Signor Presidente, Onorevoli Senatori,

ringrazio, concludendo davvero, il Senato della Repubblica di avermi consentito non solo di svolgere alcune considerazioni sui fatti sanguinosi di Sharm el Sheikh e sui contenuti del decreto-legge all´ordine del giorno, ma anche di illustrare compiutamente la linea di contrasto al terrorismo di matrice islamica che si è venuta via via chiarendo e consolidando specialmente attraverso il confronto aperto tra Governo e Parlamento.

Mi auguro che questo confronto proceda con la tensione unitaria e lo spirito di concordia nazionale che lo hanno fino ad ora contraddistinto.

28/07/2005