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martedì 5 luglio 2005 - 16:51 Scrivi alla redazione | Contatti | Pubblicità
 
Sei in: Prima Pagina | Immigrazione | Testo
Lo straniero diciottenne può convertire il permesso per minore età in quello per lavoro
Possibile la conversione del permesso di soggiorno
(Tar Veneto 2646/2005)
Lo straniero che ha raggiunto la maggiore età può ottenere la conversione del permesso di soggiorno per minorenni in permesso di soggiorno per motivi di lavoro solo in presenza di determinati requisiti. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto ha affermato tale principio, pur rigettando nel caso di specie il ricorso di un cittadino straniero contro il Ministero dell’Interno. Secondo i giudici amministrativi il ricorso dello straniero è infondato in quanto il ricorrente non era in possesso dei requisiti per convertire il proprio permesso di soggiorno: infatti, essendo stato dato in affidamento al Comune di Gorizia, non si trovava più nella condizione di "minore non accompagnato" né era stato inserito per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato, requisiti richiesti dalla legge per operare la conversione del permesso di soggiorno una volta raggiunta la maggiore età. (04 luglio 2005)
 
Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione terza, sentenza n. 2646/05

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione,

con l’intervento dei signori magistrati:

Umberto Zuballi Presidente

Mauro Springolo Consigliere

Angelo Gabbricci Consigliere - relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 54/05, proposto da A, rappresentato e difeso dagli avv. ti Rossato e Cazzin, con domicilio eletto presso lo studio in della seconda in Venezia Mestre, via Torino 125,

contro

l’Amministrazione dell’Interno, in persona del ministro pro tempore, rappresentata e difesa dall’ Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, per legge domiciliataria

per l’annullamento del provvedimento 12 ottobre 2004, prot. AMM7SOC/A12/2004/IMM/90, con cui il questore di Gorizia ha respinto la richiesta presentata da A per il rinnovo e la conversione del permesso di soggiorno per minore età in permesso di soggiorno per lavoro dipendente.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione dell’interno;

viste le memorie prodotte dalle parti;

visti gli atti tutti di causa;

uditi nella pubblica udienza del 26 maggio 2005 - relatore il consigliere avv. Angelo Gabbricci - l’avv. Cazzin per il ricorrente e l’avv. dello Stato Brunetti per l’ Amministrazione resistente;

ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

1.1. L’odierno ricorrente fu rintracciato il 28 marzo 2003 dalla polizia di Gorizia, privo di documenti d’identità: si qualificò come A, nato a Dhaka (Bangladesh) il 10 maggio 1986.

1.2. L’ A, quale straniero minore non accompagnato, fu dapprima assegnato temporaneamente dalla questura al centro d’accoglienza minori di Gorizia, retto dalla cooperativa Aurora; in seguito, il Tribunale per i minorenni di Trieste, con decreto 6 maggio 2003, n. 333/03 V.G., ne dispose "in via provvisoria ed urgente l’affidamento al Comune di Gorizia ... per idoneo collocamento, salvo il successivo rimpatrio ove possibile ai sensi della normativa vigente".

Il giorno seguente fu rilasciato allo straniero un permesso di soggiorno per minore età, ex art. 28 del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, con scadenza al 10 maggio 2004, quando egli avrebbe compiuto i diciotto anni, secondo quanto dallo stesso a suo tempo dichiarato.

1.3. Compiuto tale intervallo, durante il quale si trattenne presso lo stesso centro d’accoglienza di Gorizia, l’A presentò domanda per la conversione del titolo in permesso di soggiorno per lavoro: ma il questore di Gorizia, con decreto 12 ottobre 2004, n. AMM/SOC/A12/2004/IMM/90, respinse la richiesta, in quanto "nei confronti del predetto non [era] intervenuta alcuna decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all’art. 33 del Decreto Legislativo n. 286 del 25.07.1998, e successive modifiche, e che lo stesso non [era] stato inserito per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e comunque rientrante nell’art. 52 del D.P.R. n. 394/99[1]".

1.4. Avverso tale provvedimento l’A ha proposto il ricorso in esame; si è costituita in giudizio l’Amministrazione dell’interno, concludendo per la reiezione.

2.1. L’ art. 32 del d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286 [2], intitolato "disposizioni concernenti minori affidati al compimento della maggiore età" disponeva, in origine, che "al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all’articolo 31, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura"; inoltre, la norma precisava che "il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all’articolo 23".

2.2. L’art. 25 della l. 30 luglio 2002, n. 189 [3], ha aggiunto tre commi al ripetuto art. 32: è stato così disposto che "il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, semprechè non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all’articolo 33, ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto" in un apposito registro, a tal fine istituito (comma 1 bis); che l’ente gestore dei progetti deve dimostrare "al momento del compimento della maggiore età del minore straniero di cui al comma 1-bis, che l’interessato si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni, che ha seguito il progetto per non meno di due anni", dispone di un alloggio, frequenta corsi di studio ovvero svolge attività lavorativa retribuita (1 ter); infine si stabilisce che "il numero dei permessi di soggiorno rilasciati ai sensi del presente articolo è portato in detrazione dalle quote di ingresso definite annualmente nei decreti di cui all’articolo 3, comma 4 (1 quater)

3. L’ A – la questione non è controversa – non possiede i requisiti impliciti nelle prescrizioni di cui ai commi 1 bis e ter: peraltro, secondo il ricorso, l’Amministrazione avrebbe comunque dovuto accogliere la domanda di conversione..

Lo straniero, infatti, avrebbe titolo al permesso richiesto in quanto minore affidato, ex art. 32, I comma: requisito, questo, che sarebbe appunto alternativo e non cumulativo rispetto a quelli definiti dai successivi commi 1 bis ed 1 ter, come invece sostiene l’Amministrazione nelle sue difese.

Secondo l’Avvocatura dello Stato, invero, le nuove disposizioni avrebbero la finalità di circoscrivere, e non di ampliare, la possibilità per lo straniero, divenuto maggiorenne, di ottenere un permesso di soggiorno utile, per conversione di quello, per minore età, rilasciato agli stranieri minori presenti sul territorio nazionale, di cui è ordinariamente vietata l’espulsione ex art. 19 d. lgs. 286/98.

4.1. Orbene, non sembra anzitutto al Collegio possibile determinare con sicurezza quale sia la ratio delle previsioni in esame, introdotte con il ripetuto art. 25 della l. 189/02.

Appartiene certamente al notorio che la ripetuta l. 189/02, introducendo svariate modifiche al d. lgs. 286/98, fu avversata, durante l’iter parlamentare, dalle forze politiche che, nella precedente legislatura, avevano concorso all’approvazione del testo originario, a loro avviso riformato dal nuovo atto legislativo in senso eccessivamente rigoroso.

Ora, come sia, è però evidente che dall’orientamento generale di un testo normativo possono discostarsi specifiche disposizioni, tanto più se non appartengono al suo nucleo originario: e le prescrizioni qui d’interesse furono introdotte dalla Camera dei deputati soltanto in seconda lettura, e, successivamente, il relatore al Senato (seduta n. 194 del 20 giugno 2002) si limitò ad affermare che l’art. 25 stabiliva "qualcosa di importante e di specifico in favore dei minori".

4.2. Così, per decidere se i requisiti prescritti dall’ art. 32 d. lgs. 286/98, nel testo vigente, siano alternativi o cumulativi, non sembra risolutivo il ricorso a criteri interpretativi extra testuali, come invece suggerisce l’Amministrazione; è invece opportuno stabilire intanto cosa si debba intendere con la locuzione "minori stranieri non accompagnati".

Questa, invero, trova una sua definizione nell’ art. 2, I comma, lett. f), del d. lgs. 7 aprile 2003, n. 85, di attuazione della direttiva 2001/55/CE del Consiglio del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea, in caso di afflusso massiccio di sfollati: tali sono "i cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea o gli apolidi di età inferiore ai diciotto anni che entrano nel territorio nazionale senza essere accompagnati da una persona adulta, finché non ne assuma effettivamente la custodia una persona per essi responsabile, ovvero i minori che sono stati abbandonati, una volta entrati nel territorio nazionale".

Ora, sebbene tale definizione sia formalmente riferita alla sola fonte che la contiene, il Collegio ritiene che, per la sua ampiezza, essa possa essere applicata anche alle disposizioni di cui all’ art. 25, del resto approvato dopo la citata direttiva 2001/55/CE; inoltre, va rimarcato che la stessa definizione è stata riutilizzata, sostanzialmente invariata, anche in altri atti normativi comunitari, quali la direttiva 2004/83/CE del Consiglio del 29 aprile 2004 recante norme sull’attribuzione della qualifica di rifugiato (art. 2, lett. i); la direttiva 2003/86/CE del Consiglio del 22 settembre 2003 relativa al diritto al ricongiungimento familiare (art. 2 lett. f); la direttiva 2003/9/CE del Consiglio del 27 gennaio 2003 recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (art. 2 lett. h).

4.3. Orbene, seppure anche la locuzione "minori comunque affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184", richieda essa pure un approfondimento (su cui ultra, §5), non pare dubbio, già in prima approssimazione, che l’affidamento, con gli obblighi di mantenimento, educazione ed istruzione del minore che esso impone, realizzi la situazione di "custodia", cui si riferisce l’ art. 2 del d. lgs. 85/03; del resto, le definizioni stabilite dalle direttive comunitarie ancor più chiaramente precisano che la condizione di "minore non accompagnato" cessa quando questi sia effettivamente affidato ad un adulto, il quale ne sia responsabile per legge o in base agli usi.

Così, non v’è dubbio che il minore affidato non è più un minore non accompagnato, ed allo stesso, dunque, non dovrebbero trovare applicazione gli art. 1 bis ed 1 ter dell’ art. 32; salvo sostenere che tali previsioni si applicano per il solo fatto che lo straniero minore, in qualsiasi momento del suo soggiorno in Italia, si sia trovato nella condizione di "non accompagnato", anche se questa è poi cessata.

4.4. È però da osservare come quest’ultima soluzione condurrebbe, in taluni casi, ad esiti sostanzialmente irrazionali.

Infatti, le prescrizioni, di cui ai commi 1 bis ed 1 ter, in tal caso si applicherebbero pure agli stranieri affidati, ex art. 2 l. 184/83, a cittadini italiani, e per un intervallo che, in concreto, potrebbe anche essere assai lungo; nonché, ancora, ai casi regolati dall’ art. 31, e cioè ai minori conviventi, ancor prima del compimento dei quattordici anni, con i genitori stranieri ovvero affidati ad uno straniero: per conseguenza, si potrebbero dare, in futuro, casi di minori stranieri che, giunti non accompagnati in Italia ancora infanti, poi subito affidati o anche riuniti ai propri genitori, ed ormai pienamente integrati nel nostro Paese, non potrebbero ottenere con la maggiore età un permesso di soggiorno (e dovrebbero dunque essere espulsi) solo per non aver partecipato ad "un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato", per essi quasi certamente superfluo.

4.5. Anche altri elementi inducono poi a ritenere alternativi i requisiti stabiliti dall’art. 32.

Anzitutto, il comma 1 bis esordisce con l’espressione "il permesso di soggiorno di cui al comma 1", e non con quella "allo straniero di cui al comma 1 il permesso di soggiorno" ecc. , come sarebbe stato logico, ove si fosse inteso cumulare i requisiti prescritti: per come formulato, sembra più ragionevole riferire lo stesso comma 1 bis soltanto all’applicabilità della conversione del permesso per minore età, estendendola a soggetti che non si trovano nella condizione di cui al primo comma.

Conclusione, questa, rafforzata dal fatto che, tra i permessi di soggiorno rilasciabili, elencati al comma 1 bis, non sono inclusi, diversamente dal primo comma, quelli per esigenze sanitarie o di cura: e sarebbe difficile capire perché uno straniero possa o meno curarsi in Italia a seconda che, pur essendo comunque affidato nel momento in cui è divenuto maggiorenne, in passato fosse stato accompagnato o meno.

Si aggiunga ancora che il comma 1 ter dell’ art. 32 prevede un obbligo di certificazione per l’ente gestore del progetto "al momento del compimento della maggiore età del minore straniero di cui al comma 1-bis", a conferma che questi appartiene ad una categoria diversa da quella dei minori di cui al comma 1: del resto, ove il legislatore ha inteso fare riferimento a tutte le situazioni disciplinate dall’ art. 32 lo ha espressamente stabilito, e ciò al comma 1 quater che fa riferimento ai permessi di soggiorno rilasciati ai sensi "del presente articolo".

5.1. Non sembrano allora possibili dubbi sul fatto che le prescrizioni, di cui al I comma dell’ art. 32, e quelle contenute nei due commi seguenti, non introducono requisiti cumulativi, ma regolano viceversa fattispecie distinte, la cui esatta delimitazione richiede però, a questo punto, una riconsiderazione della categoria dei minori "comunque affidati" ai sensi dell’ art. 2 della l. 184/83.

5.2. Invero, è da ricordare come, inizialmente, il ripetuto art. 2 stabilisse, al I comma, che "il minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo può essere affidato ad un’altra famiglia, possibilmente con figli minori, o ad una persona singola, o ad una comunità di tipo familiare, al fine di assicurargli il mantenimento, l’educazione e l’istruzione"; solo qualora non fosse stato possibile un conveniente affidamento familiare, la disposizione consentiva "il ricovero del minore in un istituto di assistenza pubblico o privato, da realizzarsi di preferenza nell’ambito della regione di residenza del minore stesso" (II comma).

Lo stesso art. 2, peraltro, è stato profondamente modificato per effetto della l. 28 marzo 2001, n. 149, e stabilisce ora che il minore, quando la situazione lo richiede, sia "affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno"; mentre, quando "non sia possibile l’affidamento nei termini di cui al comma 1, è consentito l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato".

5.3. Il novellato art. 2, diversamente dal passato, non qualifica dunque più come affidamento l’assegnazione ad una comunità familiare, ma soltanto quella a famiglie o persone singole; così, stante il rinvio formale allo stesso art. 2, contenuto nell’ art. 32, I comma, del d. lgs. 286/98, ne segue che solo il minore non accompagnato, già affidato ad una determinata persona fisica ovvero ad una famiglia (ovvero sottoposto a tutela: così Corte costituzionale 5 giugno 2003, n. 198), può conseguire, con la maggiore età, la conversione del suo permesso di soggiorno, pur senza possedere gli ulteriori requisiti definiti ai commi 1 bis e 1 ter.

Del resto, come si è visto, il minore non accompagnato, secondo le norme nazionali e comunitarie, cessa di essere tale solo quando sia affidato ad una determinata persona, e non ad un Ente, e dunque neppure con il suo inserimento in una comunità: ciò che potrà semmai avviare il percorso che condurrà, sussistendone gli ulteriori requisiti, al rilascio del permesso di soggiorno ex art 32 commi 1 bis e ter.

5.4. In conclusione, sembra al Collegio che le previsione introdotte dall’ art. 25 l. 189/02 abbiano di fatto ampliato il novero degli stranieri, entrati clandestinamente in Italia come minori non accompagnati e qui divenuti maggiorenni, il cui originario permesso di soggiorno può essere convertito.

Infatti, almeno dopo la riforma dell’ art. 2 l. 184/83, a’ sensi dell’ art. 32, I comma, ciò era permesso solo per i minori affidati a famiglie e persone; attualmente, invece, ciò è possibile, in forza dei commi 1 bis e 1 ter, anche per i minori, inseriti in comunità, i quali svolgano i previsti programmi d’integrazione, ed abbiano gli ulteriori requisiti definiti dagli stessi commi.

6.1. A questo punto, passando ad esaminare la fattispecie, si può de plano concludere che il ricorrente A non aveva titolo alla conversione richiesta: egli non si trovava infatti né nella condizione di cui all’ art. 32, I comma, non essendo stato affidato ad una persona ovvero ad una famiglia; né, come si è già visto, possedeva i requisiti stabiliti dai commi 1 bis ed 1 ter.

6.2. È bensì vero che il provvedimento del Tribunale dei minori di Trieste dispone "l’ affidamento" al Comune di Gorizia: ma non pare dubbio che sia il questore di Gorizia, sia questo Tribunale, abbiano pieno titolo ad interpretare tale provvedimento secondo le disposizioni applicabili, così da concludere legittimamente che lo stesso, in realtà, si limita a creare il presupposto per l’inserimento del minore in una comunità.

6.3. Ancora, è bensì vero che il ricorrente non avrebbe comunque potuto disporre dei requisiti di cui ai commi 1 bis ed 1 ter all’atto della presentazione della domanda di conversione: questi prescrivono la partecipazione ad un progetto biennale d’integrazione, ma erano entrati in vigore da meno di due anni, quando il ricorrente presentò la domanda di conversione; inoltre, egli fu inserito nella comunità solo un anno prima della maggiore età.

6.4. Orbene, è intanto da rilevare come l’introduzione della disposizioni de quibus non abbia pregiudicato la posizione del ricorrente: secondo quanto si è già visto, secondo la disciplina vigente dal 2001, egli non avrebbe avuto titolo a conseguire la conversione, e nessuna irragionevolezza si può imputare alle nuove norme, solo perché non possono andare a suo favore, piena essendo la discrezionalità del legislatore nello stabilire i requisiti per l’attribuzione di un permesso di soggiorno a stranieri maggiorenni.

In generale, poi, il fatto che il minore straniero non accompagnato, per l’età in cui giunge l’Italia, non possa completare il periodo minimo prescritto non sembra in nessun modo significativo: il Parlamento, nella libertà delle sue scelte politiche, ha invero stabilito tale intervallo come minimo necessario per raggiungere un’adeguata integrazione sociale e civile, ed è irrilevante il motivo per cui l’interessato non è in grado di pervenirvi.

Né, va soggiunto, la disposizione prevede requisiti equipollenti al biennio, come sembra sostenere implicitamente il ricorrente nel secondo motivo proposto, in cui rappresenta che egli ha comunque seguito corsi di apprendimento e dispone di una proposta d’assunzione.

7. In conclusione, il ricorso va respinto: sussistono comunque evidenti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, III sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.

Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 26 maggio 2005.

Il Presidente l’Estensore

Il Segretario

Depositata in Segreteria il 22 giugno 2005

  
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