CARITAS ITALIANA - FONDAZIONE MIGRANTES - CARITAS DI ROMA

 

 

 

35 anni di immigrazione in Italia: una politica a met guado

Anticipazioni del Dossier Statistico Immigrazione 2005

 

 

 

 

La storia, i numeri e le prospettive

            Anticipiamo dal nuovo Dossier Statistico Immigrazione, che uscir alla fine di ottobre, il capitolo dedicato alla storia dellimmigrazione in Italia.

            Dal 1970 ad oggi si passati da meno di 100 persone a quasi tre milioni, con un aumento di ben trenta volte. Prima questa presenza era marginale nella societ italiana, ora ne diventata uno dei fenomeni pi rilevanti.

            Nel 1970, nonostante le previsioni della Costituzione, la posizione giuridica degli stranieri veniva regolata in larga misura con circolari ministeriali. Quindi si intervenuti con diversi interventi legislativi (1986, 1990, 1995, 1998, 2002), ma la situazione giuridica non soddisfacente rispetto allandamento del fenomeno.

            Sulla base dei dati, come tradizione del Dossier Caritas/Migrantes, presentiamo levoluzione intervenuta a partire dal 1970 e, dopo esserci soffermati sullelevato ritmo di crescita degli ultimi cinque anni, sottolineiamo i fattori per cui limmigrazione va considerata un fenomeno strutturale.

            Mostriamo, quindi, come nel corso di 35 anni stata colta la necessit di una normativa organica, rimasta per imperfetta e incerta, come peraltro alquanto nebulosa la situazione a livello dellUnione Europea, sulla quale la Commissione allinizio del 2005 ha richiamato lattenzione con il Libro Verde nellintento di favorire una politica migratoria comune.

            Le nostre conclusioni sono improntate allauspicio che lItalia non resti a met guado, cosciente da una parte di avere bisogno degli immigrati e, dallaltra, non disponibile ad averli come partner nella societ. A livello demografico stato sottolineato che la quota annuale di 159.000 nuovi lavoratori fissata per il 2005 equivale, in proporzione alla popolazione residente, al milione di ingressi annuali negli Stati Uniti. In altre parole, siamo un grande paese di immigrazione ed tempo di dotarci di una politica adeguata.

 

Allinizio degli anni 70 solo 144.000

            Le statistiche sui cittadini stranieri soggiornanti in Italia sono disponibili solo a partire dal 1970. Alla fine di quellanno gli stranieri sono 143.838, e solo nel 1979 vengono superate le 200.000 unit: i dati relativi al 1976 e al 1977 sono in parte frutto di una nostra stima, non essendo stati pubblicati dal Ministero dellInterno.

            Unimpennata si ha tra il 1979 e il 1980, quando si passa da 205.449 a 298.749 con un incremento del 45,4%. In realt in quel periodo non verificano avvenimenti particolari ma solamente si modifica il sistema di registrazione dei permessi di soggiorno. Fino al 1970, infatti, le statistiche riguardano gli stranieri presenti in Italia con un permesso di soggiorno superiore a tre mesi, mentre dal 1980 in poi vengono presi in considerazione i permessi di soggiorno con durata superiore ad un mese: peraltro, solo a partire da questo periodo si pu parlare di immigrazione vera e propria.

            Negli anni 80 seguono aumenti annuali contenuti che, bench inferiori al 10%, consentono di superare la soglia dei 400.000 soggiornanti nel 1984. Un altro forte aumento, questa vola effettivo, si ha nel 1987, quando da 450.277 si arriva a 572.103 soggiornanti (+ 27,1%). Questa variazione dovuta alla prima regolarizzazione della serie disposta dal legislatore e protrattasi per circa due anni (1986-1988).

            Superato il mezzo milione di unit, la gestione amministrativa dei permessi di soggiorno diventa pi complessa e i confronti meno attendibili. Da 645.423 permessi nel 1988 si scenderebbe inspiegabilmente a 490.388 nel 1989, con una diminuzione pi alta rispetto al numero dei regolarizzati nellipotesi, non realistica, che a tutti loro non fosse stato rinnovato il permesso di soggiorno. Nel 1990 interverrebbe un aumento eccezionale con 781.138 permessi, ai quali non si arriverebbe neppure conteggiando i 220.000 regolarizzati di quellanno. Questi numeri, quindi, non offrono la base per confronti pertinenti.

            Le incongruenze dellarchivio dei permessi di soggiorno si spiegano, sia per la mancata soppressione dei permessi doppi o scaduti che per i casi di omonimia. Solo dal 1998 il Ministero dellInterno ha adottato a regime un programma efficace per la ripulitura di questi dati. Ci nonostante, resta vero che lIstat, a seguito di ulteriori accertamenti sui dati del Ministero effettuati a distanza di circa 6 mesi da ogni fine danno, il riferimento ultimo in grado di fornire il numero effettivo dei soggiornanti, aggiungendo anche i permessi che, inizialmente soppressi per cessata validit, nel frattempo sono stati rinnovati. Per questo motivo la riflessione sulla serie storica dei soggiornanti diventa pi proficua dal 1991 in poi.

 

Oltre un milione di soggiornanti negli anni 90

            Negli anni 90 si assiste al raddoppio dei soggiornanti, che passano da 649.000 a fine 1991 a 1.341.000 nel 2000, e ci aiuta a prendere coscienza che il fenomeno diventato di massa. Nei primi anni 90 si registra lingresso di persone provenienti dalla penisola balcanica, dove sono scoppiati i conflitti legati allassestamento della ex Repubblica federale Jugoslava e al suo frazionamento in diversi stati. Successivamente gli immigrati vengono anche dagli altri paesi dellEst Europa, che diventano i grandi protagonisti sullo scenario migratorio italiano e cos, al consistente aumento degli albanesi, fa riscontro successivamente quello dei romeni, dei polacchi, degli ucraini e di altre nazionalit.

           

ITALIA. Soggiornanti stranieri negli anni 1991-2000

Anno

Soggiornanti

Variazione

Anno

Soggiornanti

Variazione

1991

649.000

- 60.000

1996

986.000

37.000

1992

589.000

60.000

1997

1.023.000

68.000

1993

649.000

29.000

1998

1.091.000

250.000

1994

678.000

51.000

1999

1.341.000

39.000

1995

729.000

257.000

2000

1.380.000

68.000

FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Dati Ministero dellInterno/Istat

 

            Ad influire maggiormente sullincremento della presenza immigrata in Italia sono tre fattori strettamente collegati: la collocazione geografica, con confini molto estesi, in unarea a forte pressione migratoria, alla confluenza del continente africano e di quello asiatico e alle porte dellEst Europa; una programmazione dei flussi quantitativamente debole e operativamente inefficace; il realistico recupero, attraverso le regolarizzazioni, degli immigrati sprovvisti di permesso di soggiorno ma gi inseriti nellarea del lavoro nero.

            Per capire leffettivo dinamismo migratorio in Italia, bisogna riconoscere che la regolarizzazione stata la parola chiave a fronte di una programmazione di scarso impatto. Allinizio degli anni 90 un terzo dei soggiornanti (su un totale di 649.000 a fine 1991) costituito da una parte delle 220.000 persone che hanno beneficiato della regolarizzazione dellanno precedente, che coinvolge in prevalenza africani e asiatici e pone come condizione la semplice dimostrazione della presenza in Italia a prescindere da effettivi legami col mercato del lavoro.

            Il 1992 lanno di una consistente diminuzione dei permessi, perch molti regolarizzati non riescono a trovare un lavoro, quanto meno ufficialmente dichiarato, e non sono quindi in grado di attestare il possesso di quel reddito minimo richiesto per poter rinnovare il permesso di soggiorno inizialmente concesso per una durata biennale.

            Il recupero di questa diminuzione e i successivi aumenti avvengono per effetto delle quote programmate (scarse e inclusive anche degli ingressi per lavoro stagionale) e dei ricongiungimenti familiari (sia di coniugi che dei minori a carico). Questi aumenti sono solitamente contenuti e raggiungono al massimo le 60.000 unit annue, con unincidenza percentuale sul totale dei precedenti soggiornanti che del 10% nei primi anni 90 e poi si dimezza a met decade; negli anni di regolarizzazione, invece, gli aumenti sono molto consistenti.

            Il 1997 lanno fatidico, in cui viene superato il milione di unit, livello sfiorato nellanno precedente in cui vengono registrati 246.000 regolarizzati; poi, con la regolarizzazione del 1998 (215.000 lavoratori), si va abbondantemente oltre il milione.

            A differenza di quanto avvenuto in precedenza, i permessi rilasciati ai regolarizzati del 1995 e del 1998 dimostrano una maggiore tenuta quanto alla durata del soggiorno e, poich sussistono le condizioni richieste, vengono rinnovati anche al termine della loro validit biennale dal loro primo rilascio: questa la prova che il mercato occupazionale ha bisogno in maniera stabile di forze lavoro aggiuntive.

 

Dal 2001 un ritmo pi sostenuto

            Per il primo decennio del 2000 si pu fare riferimento solo ai primi quattro anni e, per giunta, i dati relativi ai permessi di soggiorno in vigore a fine 2003 non sono stati ancora verificati dallIstat e quelli relativi al 2004 sono frutto di una stima del Dossier Statistico Immigrazione basata sui visti, rilasciati dal Ministero degli Affari Esteri per immigrazione di inserimento, pari a 130.000 cos ripartiti: 88.000 per ricongiungimento familiare o familiare al seguito, 29.000 per lavoro stabile, 7.000 per motivi religiosi, 5.000 per studio, circa 1.000 per residenza elettiva.

           

ITALIA. Soggiornanti stranieri negli anni 2001-2004

Anno

Archivio Min. Int.

Revisione Istat

Anno

Archivio Min. Int.

Revisione Istat

2001

1.360.049

1.448.392

2003

2.193.999

n.d.

2002

1.512.324

1.503.286

2004

*2.319.000

n.d.

* stima del Dossier Statistico Immigrazione

FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Dati Ministero dellInterno/Istat

 

            Anche per lultimo decennio vale la netta differenza tra gli anni normali e quelli di regolarizzazione: in questi laumento molto consistente. Nel 2003 vengono ampiamente superati i due milioni di presenze: questo leffetto della regolarizzazione disposta nellanno precedente dalla legge Bossi-Fini, che totalizza ben 700.000 domande.

            Pur essendo limmigrazione cos controversa nel suo inquadramento da parte degli schieramenti politici, la regolarizzazione si afferma come un provvedimento bipartisan: iniziato nella prima repubblica e continuato nel periodo del maggioritario, coinvolge i governi del centro sinistra e, in misura ancora pi ampia, quelli del centro destra. Altro non questo provvedimento se non una realistica presa datto della situazione e un riconoscimento, effettivo seppure non formale, di una programmazione dei flussi velleitaria che, a seconda dei casi, non si riesce o non si vuole modificare per ragioni squisitamente politiche.

            Gli aumenti nel nuovo decennio iniziano ad essere consistenti anche negli anni normali, tanto che al netto delle regolarizzazioni superano le 100.000 unit annue.

            Fin qui abbiamo parlato di immigrati adulti, che per non esauriscono lintera presenza straniera. Larchivio del Ministero dellInterno non registra autonomamente i minori se non in minima parte, quando hanno compiuto il 14 anno di et o quando si ricongiungono successivamente ai genitori gi soggiornanti in Italia. Inoltre, come vedremo, vi sono annualmente diverse decine di migliaia di nuovi nati in Italia, anchessi destinati ad avere una loro evidenza statistica, seppure non sistematicamente, solo dopo i 14 anni.

            Da quando il numero dei minori diventato alto (attualmente non lontano dal mezzo milione) fuorviante limitarsi ai pochi infradiciottenni registrati dal Ministero dellInterno e prescindere dal loro numero complessivo: una stima delleffettiva presenza straniera regolare in Italia comporta che, partendo dal numero dei permessi di soggiorno, si ipotizzi il numero complessivo delle presenze regolari. Secondo il Dossier Statistico Immigrazione la popolazione straniera soggiornante legalmente stata, rispettivamente, di 1.600.000 persone a fine 2001, 1.850.000 nel 2002, 2.600.000 nel 2003 e, infine, 2.730.000 a fine 2004 cos ripartita per continenti: Europa 1.289.000, Africa 647.000, Asia 472.000, America 314.000, Oceania e apolidi 7.000.

            Continuando con questo ritmo e, a maggior ragione se andranno incrementandosi i flussi per ricongiungimento familiare e per inserimento lavorativo, i soggiornanti forse diventeranno tre milioni entro il 2006 e ogni anno si aggiunger una quota consistente tra nuovi nati e persone venute a motivo di ricongiungimento familiare oltre al numero di nuovi lavoratori che annualmente verr programmato.

            Dal 1970 ad oggi si arrivati da meno di 100.000 a quasi tre milioni di stranieri, con un aumento di ben trenta volte, che attesta limportanza del fenomeno.

            Quanto alla presenza irregolare da tutti conosciuta la sua consistente e crescente incidenza, come stato evidenziato da ultimo dal numero delle richieste nominative presentate allinizio dellanno, ben superiori alle quote di nuovi lavoratori stabilite per il 2005: , tuttavia, difficile pervenire ad una quantificazione attendibile del loro numero, anche perch sulla irregolarit sono pi diffusi gli studi storici che quelli previsionali.

 

Il processo di strutturalizzazione

            Per processo di strutturalizzazione intendiamo linsieme di quei fattori che hanno reso limmigrazione una dimensione radicata nel paese. Alcuni di questi fattori erano noti da tempo, altri sono diventati pi evidenti nella loro portata solo negli ultimi anni: letti nel loro insieme, essi portano a riconoscere nel fenomeno migratorio uno degli aspetti pi rilevanti della societ italiana attuale e di quella degli anni a venire.

 

            *Numero rilevante di immigrati, che colloca lItalia subito dopo i grandi paesi di immigrazione (Germania, Francia e Gran Bretagna) e incidenza sulla popolazione ormai vicina alla media europea (5%) e, seppure in media ancora lontana dal 9% di Austria e Germania, si colloca gi al di sopra di quella soglia in alcuni contesti territoriali, segnatamente nelle aree metropolitane di Roma e di Milano e in diversi comuni del Veneto e dellEmilia Romagna e di altre regioni.

 

            *Ritmo daumento continuo nel tempo, accelerato negli ultimi anni e pi alto rispetto ad altri paesi europei, per cui la popolazione immigrata nei prossimi 20-30 anni avr unincidenza sui residenti compresa tra il 10% degli Stati Uniti e il 16% del Canada.

 

            *Distribuzione degli immigrati su tutto il territorio e conseguente visibilit nazionale, seppure con alcune linee preferenziali, che da un lato privilegiano il Nord (pi del 60% dei soggiornanti rispetto al poco meno del 30% nel Centro e poco pi del 10% nel Sud) e dallaltro ridimensionano la capacit di attrazione dei comuni capoluogo (37,4%) e specialmente leffetto metropoli, anche perch il problema dellalloggio meno drammatico nei piccoli centri circostanti.

 

            *Normalizzazione dal punto di vista demografico della popolazione immigrata con sostanziale equivalenza numerica dei due sessi, prevalenza dei coniugati sui celibi e sui nubili, elevata incidenza dei minori (un quinto dei residenti) e consistente numero di nati da entrambi i genitori stranieri (33.691 nel 2003 e, secondo la proiezione del Dossier Statistico Immigrazione, quasi 40.000 nel 2005).

 

            *Crescente tendenza alla stabilit di residenza con circa il 60% della popolazione straniera soggiornante da pi di 5 anni (il valore percentuale riscontrato nel censimento del 2001 doppio rispetto a quello di dieci anni prima) e un numero non trascurabile di immigrati che, nel corso di questi anni, ha acquisito la cittadinanza italiana a seguito di matrimonio o per anzianit di soggiorno (complessivamente sui 320.000 secondo una stima aggiornata del Dossier).

 

            *Elevato e crescente fabbisogno di forze lavoro aggiuntive da parte del mercato occupazionale italiano (una ogni sei assunzioni coperta da lavoratori nati allestero, sia italiani rimpatriati che soprattutto lavoratori stranieri) con unincidenza dei lavoratori e delle lavoratrici immigrate che si avvicina all8% sulle forze lavoro, e un peso rilevante in molti settori, a partire dalla collaborazione domestica dove i cittadini stranieri sono pi dell80% del totale.

 

            *Ruolo insostituibile in alcuni settori. Il caso pi clamoroso quello della collaborazione domestica dove gli stranieri, essendo complessivamente mezzo milione e cio 5 su 6 addetti, costituiscono un rimedio indispensabile alla carente copertura della rete pubblica di servizi sociali. Vi sono anche altri settori di grande portata, come ledilizia e lagricoltura, nei quali il consistente apporto dei lavoratori non comunitari costituisce una costante in tutta Italia. Numerosi sono anche gli ambiti lavorativi, caratterizzati da prestazioni di manovalanza, di precariet o comunque stressanti, dove si creano crescenti spazi destinati ad essere occupati dagli immigrati.

 

 

 

Dopo 35 anni necessaria lorganicit

            E utile cercare di inquadrare latteggiamento della popolazione nei confronti dellimmigrazione, cercando di svelarne gli umori di fondo, non solo con lattenzione a ci che dicono le indagini, ma anche tramite il contatto con il vissuto della gente assicurato dalla rete degli operatori pastorali.

            Il punto di partenza lemigrazione, unesperienza di senso inverso che ha visto gli italiani per pi di un secolo prendere le vie dellesodo, con circa 28 milioni di espatri a partire dallunit dItalia. Ancora negli anni 50 e 60 lasciano lItalia in media 300.000 persone lanno; gli espatri scendono a 108.000 negli anni 70, quando iniziano a prevalere i rimpatri, e a 55.000 negli anni 90 (e poco meno negli anni successivi). La forte riduzione delle partenze per lestero ben presto si accompagna con la venuta degli immigrati in Italia.

            Gli anni 70 e gli anni 80 possono essere ricordati come il periodo della curiosit o della indifferenza nei confronti di un fenomeno incipiente e dalle proporzioni contenute. I primi flussi sono in prevalenza costituiti da lavoratrici domestiche, che hanno una scarsa visibilit societaria, e da richiedenti asilo, che spesso si fermano poco tempo in Italia perch di passaggio verso paesi doltreoceano. Nella popolazione continua a prevalere lattenzione alle collettivit italiane allestero e, fatta eccezione per alcuni studiosi, non si pensa che landamento economico e quello demografico, che nel frattempo hanno cambiato di segno, il primo in senso positivo e laltro in senso negativo, potrebbero rendere lItalia un paese di immigrazione.

            Tra la fine degli anni 80 e la fine degli anni 90 si colloca il periodo dellemergenza, che costringe a confrontarsi, impreparati, con un fenomeno che inizia ad assumere una dimensione quantitativa notevole. Ci non significa che le leggi adottate, a partire dalla prima del 1986, facciano sfigurare lItalia rispetto agli altri paesi dellEuropa occidentale che, dopo la crisi petrolifera del 1973, perseguono strategie decisamente congiunturali, di apertura o di chiusura a seconda delle esigenze del loro ciclo economico. Le leggi italiane sono per incomplete (la legge del 1986 si occupa solo del lavoro subordinato ma non di quello autonomo e del soggiorno) o in parte velleitarie (la legge del 1990 non prevede se non una modestissima copertura finanziaria per la prima accoglienza e le iniziative per linserimento socio-culturale), a volte contraddittorie (il decreto legge del 1995 accosta due filoni ben distinti, uno aperto allintegrazione e laltro decisamente improntato alla chiusura), sempre caratterizzate da un supporto burocratico debole (i sussidi per i richiedenti asilo durano un mese e mezzo mentre le pratiche si protraggono per un anno e pi, durante il quale perdura il divieto di lavoro per gli interessati) e dallassenza di una strategia di lunga durata (i decreti sui flussi non programmano i fabbisogni del mercato e, per questo, favoriscono la creazione di sacche di irregolarit, puntualmente ricreate dopo ogni regolarizzazione).

            Lultima fase, iniziata con la legge Turco-Napolitano del 1998, si pu definire il periodo dellorganicit limitata e contrastata. La nuova legge, rispetto al passato, presenta unimpostazione di sistema e cerca di affrontare i problemi nel loro complesso, con aperture decisamente innovative (una programmazione dei flussi pi efficace, il recupero delle vittime della prostituzione, la venuta per la ricerca del lavoro, un progetto di integrazione) secondo una visione proiettata verso il futuro e collegata con i paesi di origine, anche se diversi aspetti della normativa sono carenti. I contrasti si determinano per il fatto che, con lavvento del maggioritario, limmigrazione diventa un tema di contesa politica tra gli schieramenti. Avviene cos che la nuova legge, pur essendo stata tenacemente contestata nella fase della sua approvazione, non viene abolita dal nuovo governo di centro-destra (e questo equivale al riconoscimento della sua necessit), ma viene emendata restrittivamente in diverse sue parti; alcune innovazioni sconfinano nella illegittimit, come risulter successivamente da diverse sentenze della Corte costituzionale, o comunque si rivelano inopportune: questo il caso dellabolizione dellistituto della sponsorizzazione pi volte stigmatizzato da Caritas Italiana e da Migrantes. Gli articoli della legge dedicati allintegrazione rimangono formalmente intatti ma scarsamente utilizzati, proprio quando gli enti locali sentono maggiormente la necessit di occuparsi di una questione divenuta cos fondamentale nel loro territorio.

            Come accennato, le stesse regolarizzazioni, prima bollate con parole di fuoco dalle forze di opposizione, una volta che queste vanno al governo le accettano come un intervento di buon senso per tonificare il mercato occupazionale, anche perch dal punto di vista politico questi provvedimenti straordinari sono pi spendibili rispetto a una riforma della programmazione e dei meccanismi di inserimento nel mercato.

            Questa organicit contrastata o parzialmente condivisa non potr durare a lungo e, per preparare il futuro, bisogner accettare limmigrazione come una nuova dimensione strutturale della societ italiana e comportarsi di conseguenza.

 

Il contesto europeo e il Libro verde

            La Commissione Europea, con la recente proposizione del Libro Verde sullimmigrazione (11 gennaio 2005), ha avuto il coraggio di ricordare che una politica comune in materia in qualche modo necessaria e che essa deve includere la regolamentazione dei flussi di nuovi lavoratori. Il metodo del Libro Verde di sollevare domande, anzich presentare soluzioni preconfezionate, funzionale alla promozione di un dibattito previo a tutti i livelli.

            In realt nellUnione Europea i reali contorni dellimmigrazione per motivi economici, e cio della venuta di nuovi lavoratori dipendenti e autonomi, non sono cos ben conosciuti, tantՏ che il Libro Verde privo di una premessa statistica. Questi dati sono invece indispensabili per illustrare le diverse esigenze tra il grande fabbisogno di forze lavoro dei nuovi paesi di immigrazione, come Italia e Spagna, e quelli di pi antica tradizione, come Francia, Germania e Gran Bretagna. Tuttavia, il fatto che entrino annualmente nellUnione mezzo milione di immigrati, non tutti diretti verso il Sud, lascia intendere che anche negli altri Stati membri il mercato occupazionale si alimenta con quote non ufficialmente programmate e un divario diffuso tra disposizioni formali e dinamismi effettivi. Resta comunque vero che il bisogno di forza lavoro aggiuntivo differenziato e che in Italia il problema pi acuto.

            Un obiettivo comune, che rischia di restare sulla carta perch non trova il supporto in misure di accompagnamento, quello della priorit della manodopera comunitaria per occupare i posti di lavoro vacanti. Vi sono programmi europei che aiutano economicamente gli studenti che si recano per un semestre a studiare in un altro Stato membro, mentre non sono previsti sussidi a sostegno dei disoccupati potenzialmente disponibili, spesso con le loro famiglie, ad andare a lavorare anche al di fuori del proprio paese. E poi eccessivamente ottimistico ritenere che tutti i problemi del collocamento possano essere risolti socializzando il curriculum tramite il sistema informatico EURES, quasi vi sia bisogno solo di posti ad alta qualificazione.

            Un mercato del lavoro complesso come quello europeo non pu essere regolato unicamente attraverso le chiamate nominative per i singoli posti e abbisogna, invece, di studi di settore, di previsioni, di un sistema aperto di quote e di adeguati meccanismi di accesso, quale pu essere ad esempio il permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro, positivamente sperimentato in Italia con la sponsorizzazione, che tra laltro dava una risposta soddisfacente anche agli inserimenti lavorativi a carattere fiduciario nelle famiglie e nelle piccole realt aziendali.

            Il dibattito, promosso dalla Commissione Europea, auspicabilmente porter anche i politici italiani a ritornare sulle carenze della normativa attuale e sulla necessit di un suo completamento.

 

 

Quale politica sullimmigrazione in Italia?

           Al processo irreversibile di strutturalizzazione dellimmigrazione dovrebbe corrispondere una visione organica e proiettata nel futuro. Il nodo della politica migratoria in Italia sta nel collocarsi a met guado: si ha coscienza che impossibile tornare indietro ma non si ha il coraggio di andare decisamente avanti. Si sa che ragioni demografiche determinano la necessit di forze lavoro aggiuntive, ma si titubanti nellaffrontare il problema delle quote e nelladottare forme flessibili di collocamento quale era la sponsorizzazione e che la formazione in loco prevista dalla legge del 2002, pur utile ma anche molto costosa, non in grado di sostituire.

            LItalia sta vivendo, in maniera pi acuta rispetto ad altri paesi, il problema di ricollocare il sistema produttivo nelleconomia mondiale. Le carenze del nostro grado di competitivit sono evidenziate non solo dalla disponibilit di prodotti a pi basso costo nei paesi emergenti ma anche dai pi alti livelli tecnologici e dalla maggiore funzionalit delle infrastrutture e dellapparato burocratico riscontrabile in molti paesi industrializzati. Per rimediare a queste carenze bisogna attuare strategie adeguate e convincersi che gli immigrati possono costituire unopportunit: a tal fine rappresentano una risorsa non solo gli immigrati che arriveranno nei prossimi anni ma anche quelli attualmente presenti che, avendo mediamente un elevato grado di scolarizzazione, sono in grado di adattarsi a obiettivi socio-economici pi impegnativi.

            Limmigrato, nel suo difficile percorso migratorio, talvolta una persona da assistere ma, una volta insediato, un operatore economico importante. Per quanto riguarda lItalia basta ricordare che la forza lavoro immigrata aumentata negli ultimi sei anni di quasi un milione di unit e che i nuovi posti di lavoro creati nel paese devono essere in prevalenza attribuiti al loro inserimento: in particolare notevole il dinamismo che stanno dimostrando come creatori di nuove aziende, dove trovano il posto loro stessi e talvolta anche gli italiani. Per quanto riguarda il sostegno assicurato ai paesi di origine, non bisogna dimenticare il cosiddetto ritorno virtuale degli immigrati, reso possibile dallinvio delle rimesse che in continuo aumento in Italia come in altri paesi, e quello incipiente e ancora scarsamente sostenuto delle iniziative imprenditoriali.

            Gli immigrati sono anche i nuovi cittadini e per loro serve un progetto pi deciso di integrazione che, banditi definitivamente xenofobia e razzismo, rimedi alle vessazioni di tipo burocratico, elimini le disparit, finanzi le attivit di supporto allintegrazione, riveda lantiquata normativa sulla cittadinanza e faciliti la partecipazione degli immigrati tramite il diritto di voto amministrativo, in un contesto societario unitario quanto ai valori e alle regole ma rispettoso delle diversit culturali e religiose. Le direttive comunitarie contro la discriminazione non sono da sole risolutive se non si coinvolge la popolazione: un segnale da lanciare in tal senso la ratifica della convenzione ONU sui diritti dei lavoratori migranti.

            Il compianto Giovanni Paolo II, nei suoi messaggi per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato, si soffermato su aspetti cruciali quali il divario tra Nord e Sud, la tutela dei diritti fondamentali degli immigrati, la solidariet da non intendere ancorata al proprio benessere, il dovere dellaccoglienza reciproca, le differenze culturali e religiose come occasione di scambio e di dialogo; in particolare ha raccomandato il coraggio di dire una parola profetica che indichi ci che sbagliato e incoraggi ci che giusto. In effetti, la politica migratoria una questione di discernimento e di coerenza nelle decisioni.

 


 

ITALIA. Soggiornati stranieri per continente di provenienza (1970-2004)

ANNI

Europa

Africa

Asia

America

Oceania

apolidi e altri

TOTALE

1970

61,3

3,3

7,8

25,7

1,9

-

143.838

1971

62,6

3,3

7,8

24,5

1,8

-

156.179

1972

60,8

3,7

8,3

24,7

1,8

0,7

167.961

1973

59,9

4,2

8,6

24,8

1,8

0,7

175.746

1974

59,5

4,4

8,6

25,1

1,8

0,6

186.423

1975

60,5

4,7

8,1

24,3

1,8

0,6

186.415

1976

59,8

4,7

8,8

24,3

1,8

0,6

186.713

1977

59,2

5,1

9,6

23,9

1,7

0,5

194.062

1978

59,3

5,0

9,6

23,9

1,7

6,5

194.024

1979

56,6

6,5

8,6

21,8

2,0

4,5

205.449

1980

53,2

10,0

14,0

21,0

1,4

0,4

298.749

1981

52,7

10,5

14,6

20,5

1,4

0,3

331.665

1982

52,1

10,9

14,8

20,5

1,4

0,3

355.431

1983

52,0

10,7

15,3

20,2

1,4

0,4

383.765

1984

51,9

10,7

15,6

20,1

1,4

0,3

403.293

1985

52,1

10,5

15,4

19,5

1,4

1,1

423.004

1986

52,3

10,6

15,2

20,3

1,4

0,2

450.227

1987

46,9

16,0

16,7

19,0

1,2

0,2

572.103

1988

45,3

18,3

16,1

18,9

1,2

0,2

645.423

1989

43,0

20,3

16,4

19,2

0,9

0,2

490.388

1990

33,5

30,5

18,7

16,4

0,8

0,1

781.138

1991

34,5

30,8

17,8

16,2

0,6

0,1

*648.935

1992

34,7

30,8

17,7

16,1

0,6

0,1

*589.457

1993

36,9

29,1

17,5

15,9

0,5

0,1

*649.102

1994

41,0

28,0

16,0

14,5

0,3

0,1

*677.791

1995

40,7

28,2

16,4

14,3

0,3

0,1

*729.159

1996

37,5

30,6

18,5

13,1

0,2

0,1

*986.020

1997

37,4

30,4

18,9

13,0

0,2

0,1

*1.022.896

1998

39,0

29,0

19,0

12,7

0,2

0,1

*1.090.820

1999

39,6

29,1

19,1

12,0

0,2

0,0

*1.340.655

2000

40,7

28,0

19,2

11,8

0,2

0,0

*1.379.749

2001

41,4

26,9

19,1

11,6

0,2

0,9

*1.448.392

2002

42,5

26,5

18,5

11,8

0,2

0,5

*1.503.286

2003

47,9

23,5

16,8

11,5

0,1

0,1

**2.193.999

2004

47,3

23,7

17,3

11,5

0,1

0,1

**2.319.000

* I dati relativi a questi anni sono stati revisionati dall'ISTAT ** Dato del Ministero dellInterno

** Stima del Dossier Statistico Immigrazione sui permessi di soggiorno e relative disaggregazioni

FONTE: Elaborazioni Dossier Statistico Immigrazione su dati del Ministero dell'Interno e dell'ISTAT.


Text Box: DOSSIER STATISTICO IMMIGRAZIONE  CARITAS/MIGRANTES

 

Anni

Europa

Africa

Asia

America

Oceania

Totale

Incid. UE

1970

88.000

5.000

11.000

37.000

3.000

144.000

39,8

2004

1.289.000

647.000

472.000

314.000

7.000

2.729.000

6,7