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Numero 262 del 18/05/2005 | Quotidiano per la sinistra | ESCE DAL MARTEDÌ AL SABATO

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''L'obiettivo è cancellare la Bossi-Fini'', parola di Guglielmo Epifani
Immigrazione. Si chiude oggi la terza conferenza nazionale della Cgil. Lavoro, diritti e regolarizzazioni: i punti chiave della piattaforma presentata
Alessandro Genovesi


E’ iniziata ieri (per concludersi oggi) la terza Conferenza nazionale della Cgil sull’Immigrazione. Al centro dei lavori la proposta di una vera e propria “grande vertenza nazionale” sui diritti dei lavoratori e dei cittadini migranti, a tre anni circa dalla nuova legge sull’Immigrazione, la Bossi-Fini. Nella Conferenza nazionale “Lavoro e diritti: Le frontiere dell’Immigrazione” (presso la sala Tevere del Palalottomatica di Roma) che si concluderà oggi con l’intervento del leader della Cgil, Guglielmo Epifani, il più grande sindacato del paese mette a punto le sue politiche e propone, con il contributo degli oltre 500 lavoratori immigrati e delegati presenti, una nuova politica sull’immigrazione per affermare anche una nuova pratica contrattuale del maggiore sindacato italiano.
Questo, in sintesi il documento preparatorio della conferenza.
 
“Il fenomeno migratorio presenta oggi nella sua dimensione internazionale ed italiana, caratteristiche inedite, dalle profonde implicazioni culturali, sociali e quindi anche sindacali e contrattuali. Più in generale – si legge nella premessa - la Cgil è chiamata ad una capacità di analisi e proposta assai articolata, al fine di ampliare la forza e la rappresentanza dei lavoratori immigrati e di  sviluppare, al contempo,  una pratica contrattuale (a livello confederale e di categoria) in grado di garantire una maggiore solidarietà tra lavoratori e cittadini. Per fare ciò occorre assumere in termini strategici una primaria questione: i lavoratori immigrati, nella pluridimensionalità di un fenomeno complesso, tendono più di altri a subire (pur con modalità e caratteristiche distinte) condizioni di particolare debolezza sociale, culturale e contrattuale, all’interno di un modello di sviluppo, di un mercato del lavoro e di un welfare che tende più ad escludere che ad integrare (si veda la legge 30, la riforma della scuola o della sanità). In un processo di tendenziale attacco alla dimensione della cittadinanza e del lavoro - che non conosce distinzioni di genere o di provenienza - come Cgil dobbiamo quindi agire con la consapevolezza che, come in una catena, ogni diritto negato, ogni anello spezzato mette a rischio la coesione sociale e i diritti di tutti. Questo deve essere  per noi il punto di partenza sia in riferimento ai circa tre milioni di cittadini stranieri che risiedono regolarmente nel nostro paese che – e soprattutto – nei confronti delle molte centinaia di migliaia di irregolari, senza, o in attesa di  permesso di soggiorno. Uomini e donne che spesso sono costretti ad alimentare in forme vecchie e nuove il più vasto fenomeno del lavoro nero (che in Italia coinvolge circa 6 milioni di persone per un valore pari ad un quinto dell’intero Pil), in una condizione di ricatto che ne mina le stesse possibilità di denuncia e di rientro nella legalità.”
 
Le proposte, nate dall’elaborazione congiunta di Cgil, Cisl e Uil, e in parte del solo sindacato di Corso d’Italia, sono: regolarizzazione degli irregolari presenti sul territorio nazionale; urgente approvazione di una legge organica sul diritto d’Asilo; estensione del diritto di voto e riforma della cittadinanza; ratifica della Convenzione ONU sui diritti dei Migranti ed inserimento, nel Trattato Costituzionale Europeo, del principio della Cittadinanza di Residenza; aumento della durata del permesso di soggiorno per motivi di lavoro a più di due anni; validità del tagliando rilasciato per l’appuntamento in questura, fino al rilascio del permesso e garanzie per gli immigrati in situazione di irregolarità a causa dei ritardi nella consegna dei rinnovi; superamento del meccanismo delle quote e istituzione di un visto di ingresso e di un permesso per ricerca di occupazione; trasferimento delle competenze agli Enti Locali per i rinnovi dei permessi di soggiorno e per l’ottenimento della Carta di soggiorno; adeguamento del personale per gli uffici consolari; riorganizzazione delle tutele, lotta al sommerso e superamento delle incongruenze combinate fra la legge Bossi-Fini e la  legge 30 nella gestione del mercato del lavoro e del contratto di soggiorno”.
 
Complessivamente le proposte del sindacato assumono, quindi, l’ obiettivo di cancellazione immediata della legge Bossi-Fini, e conseguentemente il varo di una nuova legge quadro sull’immigrazione. Una nuova legge quadro che non riproponga quei principi e strumenti (legge Turco-Napolitano) che, dopo 8 anni, hanno mostrato tutti i propri limiti e inadeguatezze e che si caratterizzi invece per una organicità  e sistematicità di nuove norme che, oltre alle proposte già richiamate sanciscano inoltre una unica autorità di governo del fenomeno superando l’ attuale frammentazione in più ministeri ed assegnandola ad un dipartimento presso la Presidenza del Consiglio; una nuova gestione procedurale, autorizzativa ed amministrativa che va tolta alla competenza del Ministero dell’ Interno ed affidata agli Enti Locali; la chiusura dei CPT, non solo perché rappresentano un vero e proprio buco nero rispetto alle tutele  dei diritti umani previsti dalle norme nazionali ed internazionali, ma soprattutto perché, nel quadro di una legge alternativa che supera il proibizionismo basandosi sulla via legale all’ immigrazione, non avrebbero più nessuna funzione e giustificazione; la nascita di una rete di centri di accoglienza e di servizi all’immigrazione, qualificati, con personale civile specializzato e sotto la responsabilità degli enti locali, in grado di assicurare informazione, formazione, assistenza psico-socio-sanitaria, mediazione culturale e tutela legale. Luoghi aperti collegati alla rete vasta di servizi all’immigrazione pubblici e convenzionati e a circuiti di residenze-alloggio (ostelli), come offerta abitativa agevolata (a questo fine potrebbero essere utilizzate una parte delle strutture militari in disuso).

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