(Sergio Briguglio, 14/5/2005)

 

PER UNA RIFORMA DELLA NORMATIVA SULL'IMMIGRAZIONE

 

In questa nota cerco di esporre, in modo sintetico, il mio punto di vista sui problemi principali associati alla normativa vigente in materia di immigrazione e di individuare i punti salienti di una possibile riforma del Testo unico di cui al D. Lgs. 286/1998. La proposta di riforma cui mi riferisco - che non affronta temi, quali l'asilo, la cittadinanza e i diritti politici, disciplinati da norme non contenute nel Testo unico - puo' essere consultata, nella sua versione attuale, alla pagina www.stranieriinitalia.com/briguglio/immigrazione-e-asilo/2005/maggio/prop-riforma-testo-unico.html; un sommario dei suoi elementi principali si trova alla pagina www.stranieriinitalia.com/briguglio/immigrazione-e-asilo/2005/maggio/schema-proposte-riforma.html. La proposta si evolvera' - cosi' almeno spero - sulla base dei suggerimenti e delle critiche che mi perverranno.

 

I. Ingresso e soggiorno

 

La normativa attuale rende sostanzialmente impraticabile, allo straniero che voglia migrare in Italia per lavoro, il percorso legale. Salvo pochissime eccezioni, l'accesso al lavoro subordinato e' consentito solo allo straniero per il quale un datore di lavoro presenti richiesta mentre ancora il lavoratore risiede all'estero. Per di piu', la richiesta e' accolta solo se rientra nei limiti fissati, sulla base di criteri assai poco legati alle dinamiche del mercato del lavoro, col decreto di programmazione dei flussi. L'impossibilita' di dar luogo a un incontro, sul posto, tra domanda e offerta di lavoro - condizione indispensabile perche' il rapporto di lavoro possa nascere - induce i lavoratori stranieri a entrare comunque in Italia (come turisti, ad esempio, o clandestinamente) e a cercare, in modo comunque illegale, un inserimento lavorativo, nella speranza che la loro posizione possa essere successivamente regolarizzata, nell'ambito degli ingressi programmati (a seguito di rimpatrio e successivo reingresso) o di una sanatoria. Tra coloro che oggi hanno un permesso di soggiorno per lavoro, la percentuale di quanti l'hanno ottenuto da una sanatoria supera l'80%; della parte restante, quasi tutti hanno comunque utilizzato il percorso (soggiorno illegale, rimpatrio temporaneo, reingresso legale) descritto.

 

Una volta pervenuto alla condizione di soggiorno legale, l'immigrato rischia comunque di perderla a causa della rigidita' delle disposizioni relative al rinnovo del permesso di soggiorno o dell'applicazione che ne viene data. In particolare, mentre allo straniero e' imposto di rispettare termini cervellotici per la presentazione della richiesta di rinnovo (almeno novanta giorni prima della scadenza, in molti casi), non vi e' alcuna sanzione che vincoli l'amministrazione a rispettare il termine di venti giorni previsto dalla legge per dare risposta alla richiesta stessa. In molte province, l'immigrato rimane per molti mesi privo di un permesso valido. A dispetto di una condizione di soggiorno indiscutibilmente legale, e' cosi' privato della facolta' di stipulare un nuovo contratto di lavoro, di avviare il ricongiungimento con i familiari, di assentarsi temporaneamente dall'Italia, di richiedere licenze, autorizzazioni o iscrizioni, etc. Inoltre, salvi pochi casi, viene negato, nella prassi, il prolungamento del soggiorno legale allo straniero che abbia perso i requisiti relativi al motivo di soggiorno originale, anche quando abbia maturato quelli per altro motivo di soggiorno.

 

Elementi della proposta:

 

1. Il meccanismo di accesso al lavoro e' radicalmente modificato: l'ingresso di lavoratori stranieri avviene principalmente per ricerca di lavoro, previa dimostrazione della capacita' di sostentamento, della disponibilita' di alloggio, della copertura delle spese per l'eventuale rimpatrio. Tale dimostrazione puo' essere fondata anche sulla garanzia prestata da privati, associazioni professionali o sindacali o Regioni. Lo straniero cosi' ammesso puo' svolgere attivita' lavorativa. In caso di inserimento sufficientemente stabile, puo' convertire il permesso in un permesso per lavoro; altrimenti, finche' permane la propria capacita' di sostentamento (anche grazie all'attivita' svolta), puo' prolungare il suo soggiorno per ricerca di lavoro.

 

2. Limiti numerici agli ingressi per ricerca di lavoro possono essere stabiliti per le sole regioni che lo chiedano, assumendosene la responsabilita' di fronte a imprenditori e famiglie. Altri ingressi del tipo di quelli oggi consentiti (in presenza, cioe', di contratti di lavoro gia' stipulati o di dimostrate capacita' imprenditoriali) sono comunque possibili, senza riguardo a limiti numerici.

 

3. Il rinnovo del permesso e' immediato, in presenza di richiesta corredata da documentazione formalmente completa. In caso di successivo accertamento del mancato soddisfacimento dei requisiti, il permesso e' revocato.

 

4. Salvo casi particolari, e' consentita la conversione, in presenza dei requisiti, di ogni permesso rilasciato con durata non inferiore a un anno.

 

 

II. Espulsione e respingimento

 

La repressione dell'immigrazione illegale ha oggi costi molto alti, sia per lo straniero espulso, sia per lo Stato. Le disposizioni vigenti prevedono un divieto di reingresso di dieci anni (esteso a tutti i paesi Schengen) per lo straniero espulso. Di fronte a una sanzione cosi' pesante, lo straniero ha tutto l'interesse a contrastare in ogni modo l'esecuzione dell'allontanamento. Il piu' efficace di questi modi e' la distruzione dei documenti di identita', che rende impossibile l'accompagnamento immediato alla frontiera. Si da' luogo allora alla detenzione dello straniero, anche in assenza di qualunque aspetto di pericolosita' sociale. Quando questo non e' possibile, o non e' piu' possibile, si ordina allo straniero di lasciare l'Italia entro cinque giorni, sanzionando il mancato rispetto dell'ordine con una pena palesemente sproporzionata: la reclusione fino a qauttro anni.

 

Accanto a questi costi, relativi ai casi in cui i presupposti dell'allontanamento non sono in discussione, ve ne sono altri, non meno gravi, associati al rischio che il provvedimento colpisca stranieri che avrebbero, invece, diritto di restare in Italia, perche' appartenenti a una delle categorie per le quali sussiste un divieto di espulsione, ovvero stranieri il cui allontanamento e' semplicemente irragionevole. Riguardo a quest'ultimo punto, ogni rimedio e' precluso dal fatto che non e' lasciato alcun margine di discrezionalita' al prefetto rispetto all'adozione del provvedimento di espulsione. Riguardo al primo punto, la possibilita' di far valere le proprie ragioni di fronte a un giudice e', per l'espulso, molto ridotta, dal momento che alla proposizione del ricorso non consegue alcun effetto sospensivo. Qualche miglioramento e' stato apportato con la previsione della convalida obbligatoria da parte del giudice (di pace) dell'accompagnamento coattivo alla frontiera, ma e' forte il rischio che si tratti di un esame puramente formale, dal quale sono oggi comunque esclusi i casi in cui l'accompagnamento fa seguito - piuttosto che a espulsione - ad un provvedimento di "respingimento differito" (vedi recenti casi di Lampedusa).

 

Elementi della proposta:

 

1. Il provvedimento di espulsione non e' obbligatorio: il prefetto, valutata la condizione dello straniero, puo' astenersi dall'adottarlo. In tal caso, lo straniero riceve un permesso o, se questo non e' possibile, e' invitato a lasciare l'Italia.

 

2. Le sanzioni, in caso di espulsione, sono graduate: il divieto di reingresso vale per non piu' di un anno nei casi meno gravi (es.: straniero in possesso di documenti di identita'); puo' arrivare a dieci anni nei casi piu' gravi (es.: straniero, privo di documenti di identita', che non collabori all'accertamento della sua nazionalita').

 

3. Il ricorso ha effetto sospensivo automatico nei casi meno gravi; puo' avere effetto sospensivo anche nei casi piu' gravi, a discrezione del giudice.

 

4. Il trattenimento e' limitato ai casi piu' gravi. Quando non sia possibile adottarlo o prolungarlo, si puo' applicare, allo straniero, la sorveglianza di pubblica sicurezza.

 

5. La convalida giudiziaria dell'allontanamento coattivo dello straniero e' richiesta anche quando sia adottata nell'ambito di un provvedimento di respingimento differito.

 

 

III. Ricongiungimento familiare

 

A fronte di una normativa sul ricongiungimento familiare con lo straniero soggiornante in Italia piuttosto avanzata, le disposizioni relative al ricongiungimento del familiare straniero con cittadino italiano sono estremamente confuse. La normativa rinvia infatti, per questo caso, alla disciplina - di origine comunitaria - del ricongiungimento di familiare straniero con cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea che abbia esercitato il diritto alla libera circolazione. Questo pone, pero', problemi difficilmente superabili, per il fatto che in molti casi non e' possibile individuare la figura di cittadino comunitario "circolante" cui equiparare il cittadino italiano (si pensi, ad esempio, al caso in cui il cittadino italiano e' un minore ovvero uno studente privo di risorse economiche). Alcuni dei problemi possono essere superati, per analogia, sulla base della giurisprudenza della Corte di giustizia europea, ma, nei fatti, solo in sede giurisdizionale. Inoltre, alcune delle disposizioni del Testo unico introducono esplicite limitazioni al diritto di soggiorno dei familiari del cittadino italiano, in insanabile contrasto con tale giurisprudenza (si pensi al requsito di convivenza con il cittadino italiano posto dall'articolo 19, comma 2, o dall'articolo 30, comma 1 bis).

 

Elementi della proposta:

 

1. E' definito esplicitamente il diritto di soggiorno, senza condizioni, salva la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza dello Stato, per il familiare straniero di cittadino italiano, se rientra in una delle categorie contemplate, per il ricongiungimento con il cittadino comunitario, dalla Direttiva 2004/38/CE, o per le quali possa essere chiesto il ricongiungimento con cittadino straniero.

 

 

IV. Minori non accompagnati

 

La tutela dei diritti dei minori non accompagnati e' oggi messa a rischio da diversi elementi. In primo luogo, anche in presenza delle condizioni che lo richiederebbero, si procede all'affidamento del minore solo se il Comitato per i minori stranieri esclude che si debba procedere al rimpatrio del minore. In secondo luogo, nelle more della decisione del Comitato, al minore non e' riconosciuta una piena equiparazione con i coetanei (ad esempio, in relazione alla possibilita' di svolgere attivita' lavorativa). Al compimento della maggiore eta', infine, la conversione del permesso di soggiorno in un permesso che consenta di prolungare la permanenza in Italia per lavoro o per studio e' consentita solo se si era proceduto all'affidamento, a seguito della decisione del Comitato, o, in mancanza di questa, se sono soddisfatte condizioni stringenti (ingresso in Italia prima del compimento quindici anni e partecipazione almeno biennale a un programma di integrazione sociale).

 

Conseguenze di queste disposizioni sono l'incentivazione della migrazione di infra-quindicenni; l'abbandono dei programmi di integrazione da parte dei minori che percepiscano l'impossibilita' di maturare i requisiti richiesti per la conversione del permesso; lo sperpero delle risorse investite dagli enti locali in programmi di integrazione che non possono giungere a compimento.

 

Elementi della proposta:

 

1. I minori stranieri non accompagnati ottengono, appena segnalati, un permesso di soggiorno che da' loro le stesse facolta' del permesso per motivi familiari. Vengono inoltre sottoposti a tutela, e, se necessario, ne viene disposto l'affidamento, anche nelle more della decisione relativa al loro rimpatrio. Il rilascio del permesso, l'apertura della tutela e l'eventuale affidamento non impediscono che venga successivamente adottato ed eseguito il provvedimento di rimpatrio assistito.

 

2. Nel caso in cui non si proceda al rimpatrio, la conversione del permesso al compimento dei diciotto anni e' consentita se il titolare ha alle spalle un anno di soggiorno in Italia (a partire dalla segnalazione che lo riguarda) e se dimostra di avere i requisiti per un nuovo permesso. Condizioni piu' favorevoli possono essere stabilite, nei singoli casi, dal Tribunale per i minorenni, in base al principio del superiore interesse del minore, sancito dalla Convenzione ONU del 1989.

 

 

V. Assistenza sociale

 

L'equiparazione, stabilita dalla Legge Turco-Napolitano, tra cittadino straniero titolare di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno e cittadino italiano ai fini della fruizione delle misure di assistenza sociale e' stata notevolmente limitata dalla Legge 388/2000, che ha limitato ai soli titolari di carta di soggiorno il godimento di tutte le provvidenze che costituiscano diritto soggettivo in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali. Tra le conseguenze piu' gravi di questa restrizione va annoverata l'impossibilita', per lo straniero che non sia titolare di carta di soggiorno, di ottenere il riconoscimento delle prestazioni per l'invalidita' civile. In questo modo, lo straniero che in seguito - ad esempio - ad incidente abbia perso totalmente la capacita' lavorativa, si vedra' privato perfino della possibilita' di prolungare il proprio soggiorno, stante l'impossibilita' di provvedere al proprio sostentamento.

 

Elementi della proposta:

 

1. E' ripristinata la piena equiparazione col cittadino italiano, ai fini della fruizione delle misure di assistenza sociale, del titolare di permesso di durata non inferiore a un anno e dei minori iscritti nel suo permesso.

 

 

VI. Professioni e accesso al lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione

 

Oggi, lo straniero che voglia esercitare in Italia una professione deve - ovviamente - dimostrare di aver conseguito i titoli professionali richiesti e, se questi sono stati conseguiti all'estero, di averne ottenuto il riconoscimento. Deve inoltre iscriversi negli Ordini o Collegi professionali o, nel caso di professioni sprovviste di albi, negli elenchi speciali istituiti dai ministeri competenti. La normativa limita la possibilita' di iscrizione negli albi e negli elenchi speciali imponendo il rispetto del tetto numerico fissato col decreto di programmazione dei flussi. Analogo limite e' stato introdotto di recente in relazione al riconoscimento dei titoli dal DPR 304/2004, che ha riformato il regolamento di attuazione del Testo unico. Misure protezionistiche di questo genere comprimono la mobilita' sociale degli immigrati, pongono ostacoli proprio alla componente piu' qualificata della popolazione straniera e, limitando indebitamente la concorrenza, finiscono per rendere meno competitivi i professionisti italiani.

 

Analoghe conseguenze sono prodotte dalle ambiguita' della normativa in merito alla possibilita', per lo straniero, di accedere al lavoro alle dipendenze dalla pubblica amministrazione: diverse sentenze hanno riconosciuto questa possibilita' in base all'equiparazione tra lavoratore straniero regolarmente soggiornante e lavoratore italiano (Convenzione OIL n. 143/1975); il Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in un recente parere (n. 196/2004), l'ha esclusa.

 

Elementi della proposta:

 

1. Il riconoscimento dei titoli professionali e l'iscrizione negli albi e negli elenchi speciali non sono soggetti al rispetto di quote.

 

2. Lo straniero regolarmente soggiornante per un motivo che consenta lo svolgimento di attivita' lavorativa puo' accedere al lavoro alle dipendenze della Pubblica amministrazione. Le sole attivita' precluse allo straniero sono quelle che comportino l'esercizio di pubblici poteri o attengano alla tutela dell'interesse nazionale.

 

 

VII. Stranieri detenuti e condannati

 

La prassi amministrativa esclude, oggi, il rilascio e il rinnovo di un permesso di soggiorno allo straniero che stia espiando una pena detentiva. Una recente sentenza della Cassazione (n. 30130/2003) ha pero' escluso, per lo straniero detenuto privo di permesso di soggiorno, l'accesso allĠaffidamento in prova al servizio sociale e alle altre misure alternative extra-murarie. Se recepita dalle amministrazioni competenti, questa sentenza rendera' estremamente problematico il recupero sociale dei detenuti stranieri.

 

Altri problemi di rilievo sorgono al termine della pena in relazione alla difficolta' di prolungare il soggiorno legale in Italia: rendere automatico - anche in assenza di pericolosita' sociale - l'allontanamento dello straniero o il diniego del rilascio o rinnovo di un permesso di soggiorno sminuisce di molto il valore dei percorsi di reinserimento compiuti durante l'espiazione della pena e, quindi, la funzione rieducativa di questa. Inoltre, nel caso in cui siano presenti in Italia figli minori, l'allontanamento del genitore che abbia scontato la pena rischia di violare il loro diritto all'unita' familiare o, all'opposto, di sradicarli da quella che e' ormai, di fatto, la loro patria.

 

Elementi della proposta:

 

1. Agli stranieri detenuti e' rilasciato un permesso, che puo' essere convertito, a fine pena, in un permesso per motivi umanitari (per protezione sociale) in caso di partecipazione a un programma di reinserimento.

 

2. Si tiene conto della presenza in Italia di figli minori prima di procedere all'espulsione dello straniero condannato.

 

3. L'espulsione quale misura alternativa alla pena e' applicata solo su richiesta dello straniero.

 

 

VIII. Trasparenza

 

A dispetto della riserva di legge di cui all'articolo 10 della Costituzione, la condizione dello straniero e' regolata oggi per molti aspetti da disposizioni stabilite con circolari amministrative. Per di piu', di molte di queste circolari - quelle del Ministero dell'interno, in particolare - non e' assicurata la sistematica pubblicazione.

 

Simmetricamente, lo straniero che subisca il malfunzionamento delle amministrazioni periferiche ha scarsissime possibilita' di far valere i suoi diritti (se non per via giudiziaria) o di far pervenire le sue doglianze all'amministrazione centrale.

 

Elementi della proposta:

 

1. E' istituito il difensore civico nazionale dei diritti dello straniero, garante dell'imparzialita' e del buon andamento delle pubbliche amministrazioni competenti in materia di immigrazione.

 

2. E' assicurata la pubblicazione in tempo utile, anche su Internet, di tutte le disposizioni e le circolari che riguardano gli stranieri.