Immigrazione e diritti. Le nuove frontiere

 

Convegno CGIL, Roma 17 maggio 2005

 

Intervento di

don Giancarlo Perego

Responsabile nazionale Immigrazione Caritas Italiana

 

 

Premessa

 

 

            Impostare il discorso sugli immigrati oggi a partire dai diritti significa automaticamente aprirsi allo spostamento delle frontiere: il titolo del convegno, sotto questo aspetto, risulta particolarmente indovinato.

Ritorna cos la dialettica tra immigrazione, come espressione della globalizzazione e quindi superamento delle frontiere, e normative nazionali sullimmigrazione, imperniate spesso su una gelosa prerogativa delle proprie frontiere. Ritorna per dirla con il grande storico Federico Chabod lidea di nazione, intesa non come alterit, ma come individualit.

 

Difficolt a gestire il fenomeno migratorio

 

            Lultima regolarizzazione (quasi 700.000 persone), le domande presentate in soprannumero rispetto alle quote stabilite per le chiamate nominative, la pressione migratoria, i continui nuovi sbarchi e arrivi (via mare e via terra) attestano una difficolt nel gestire il fenomeno migratorio oggi in Italia. Difficolt che sarebbe semplicistico pensare che possano essere risolte con un accordo con la Libia, peraltro inquadrato in una luce molto critica dal Parlamento Europeo e bypassato dai trafficanti di manodopera, che attualmente stanno facendo partire i barconi dalle coste tunisine e domani chiss da quali altri posti.

 

            Le difficolt permangono non solo per quanto riguarda i flussi ma anche relativamente al soggiorno, allintegrazione e alla tutela dei diritti.

 

Non vi sono, infatti, solo decine di migliaia (400-5000?) di stranieri in posizione irregolare o clandestini come anche il Ministero dellInterno ammetteva in questi giorni:

 

*vi un numero non altissimo ma significativo, di diverse migliaia di richiedenti asilo scambiati per clandestini e non sempre posti in grado di richiedere lasilo o tutelati, come vorrebbero la nostra costituzione e le convenzioni internazionali;

*vi sono tra i 2.730.000 immigrati regolari (questa la nostra stima) la maggior parte che vive nella perenne angoscia della precariet del soggiorno (1-2 anni);

*vi sono mezzo milione di minori immigrati, che eufemisticamente chiamiamo i nuovi cittadini e che in realt la normativa non facilita nellacquisizione della cittadinanza;

* vi sono oltre 350.000 studenti stranieri nelle nostre scuole che perdono mediamente un anno di scuola, per la difficolt dellingresso nelle classi;

*vi sono circa 40.000 donne, anche in minore et, vittime, attratte con linganno e sfruttate nel circuito della prostituzione, del cui recupero bisognerebbe farsi carico in maniera pi convinta;

*vi sono almeno 25.000 minori non accompagnati, i minori venduti e comprati, i minori inseriti nellaccattonaggio, sui quali neppure pi vengono forniti dati statistici quasi si tratti di una dimensione normale.

* vi sono 20.000 detenuti stranieri in carcere che non solo vanno indicati come colpevoli o presunti tali di reati, ma hanno anche diritto a una tutela legale e a un percorso di rieducazione e reinserimento sociale secondo il dettato costituzionale - e non semplicemente di esplusione

 

            Capite allora perch non possiamo dire che tutto va bene e che la legge Bossi Fini ha finalmente bonificato la situazione.

La repressione e la politica di contrasto, per quanto siano strumenti utili in alcuni casi, non sono la chiave di volta della politica migratoria. La repressione, lasciata da sola, corre il rischio di abusi, si sta mostrando quasi del tutto priva di efficacia, non esercita alcuna forza incentivante, priva di qualsiasi funzione pedagogica, non scoraggia i potenziali migranti e neppure predispone alla collaborazione i loro paesi di origine, mentre contraddittoriamente pu fare la fortuna dei trafficanti di manodopera.

 

Parole vecchie e parole nuove in politica dellimmigrazione

 

            Oltre allabusato motto tolleranza zero, che i fatti si stanno incaricando di smentire clamorosamente, vi sono altre parole dordine nellattuale politica migratoria che vengono ripetute stancamente e sono assolutamente improduttive di effetto.

 

  1. Una prima parola: Ricorso allimmigrazione qualificata. Non sono gli immigrati a essere poco qualificati ma il nostro sistema di produzione a perdere continuamente punti in termini di competitivit. Se avessimo bisogno di ingegneri elettronici o informatici, verrebbero anche quelli, ma una realt che anche i nostri giovani laureati non trovano spesso il posto. Peraltro, ad assistere un anziano non pu essere un ingegnere elettronico, come un ingegnere informatico non la figura che serve per i lavori stagionali in agricoltura o la manovalanza nellindustria.
  2. Una seconda parola: Formazione allestero. Intanto sarebbe necessario sapere quanto costa pro-capite la formazione che stata sperimentalmente effettuata allestero e se, tenuto conto di tali costi, vi sono abbastanza risorse per estendere questo programma a tutte le persone previste nelle quote. Non sarebbe ozioso precisare di quale tipo di formazione si parla: se si tratta solo di educazione civica, e cio di unintroduzione al sistema socio-giuridico italiano il tempo di abituarci a soluzioni di sistema e utilizzare a tal fine gli istituti di cultura esistenti in tutto il mondo, realizzando cos economie di scala veramente notevoli. Per quanto riguarda la formazione professionale vera e propria, a parte il fatto che molti vengono gi formati e che pensare a interi corsi di formazione allestero, sarebbe unoperazione costosissima, bisogna rendersi conto che un mese in Italia, vicino al sistema presso il quale i lavoratori devono inserirsi, renderebbe molto di pi di tanti mesi allestero, a condizione ovviamente di parlare italiano. La formazione allestero, con il diritto di prelazione connesso, in gran parte un escamotage per giustificare la soppressione della venuta sotto sponsorizzazione, decisione della quale fino ad oggi non abbiamo capito le ragioni (che peraltro non ci sono state spiegate, salvo un generale rinvio al pericolo di arrivo di delinquenti).
  3. Una terza parola: Imparare litaliano. Tutte le persone ragionevoli sono convinte che la conoscenza dellitaliano indispensabile, non solo come segno di apertura al paese ospitante ma anche come indispensabile mezzo di comunicazione. Chi possiede poche parole, conta poco e questo sarebbe disastroso per gli immigrati che si trovano in una situazione giuridica di sfavore. Riconosciuto questo e constatato anche che nella scuola non si fa abbastanza al riguardo e che anche il mondo sociale potrebbe essere maggiormente incentivato a operare nel settore, non vero che lintegrazione sia solo una questione di apprendimento della lingua: piuttosto una questione di reciproca accettazione, un compito sul quale non ci sembra sia stato posto laccento in questo periodo di stanca. Come abbiamo detto anche a commento del documento di Programmazione triennale, mancano le grandi idee che poi sono lanima della politica. Gli articoli sullintegrazione del Testo Unico, pur non essendo stato modificato il testo del 1998, sembrano una sorta di auto abbandonata.
  4. Una quarta parola: Tutto si risolve con lacquisizione della cittadinanza. Questo non vero, come ci ricordano quattro milioni di italiani sparsi nel mondo che hanno mantenuto la cittadinanza italiana. Alle prime generazioni non si pu imporre traumaticamente di rinunciare alla propria cittadinanza nei casi in cui non sia ammessa la doppia cittadinanza. Senza contare poi che la normativa sulla cittadinanza del 1992 una specie di ferrovecchio, modellato in maniera sbagliata gi nel momento della sua approvazione e oggi controproducente, disincentivante, con grave pericolo di emarginazione delle seconde generazioni.
  5. Una quinta parola: Insistere sul contratto di soggiorno come soluzione di rigore e di saggezza. Chi opera nel sociale, chi vive a contatto con gli immigrati, chi conosce le storie degli immigrati come anche quelle degli italiani, sa che nel nostro paese, accreditato come quello a pi alta flessibilit in Europa, le cose non vanno esattamente cos. Il contratto di soggiorno una norma rigida che mal si compone con lestrema frammentazione e lodierna mobilit del mercato occupazionale e crea perci difficolt supplementari non giustificabili, perch costringe gli immigrati a vivere nel terrore di non poter rinnovare il permesso di soggiorno.

 

            Con la convinzione che gli slogan non aiutano ad andare avanti, che landamento attuale non soddisfacente e che il cambiamento richiesto dai fatti sempre segno di intelligenza politica, pensiamo che oggi, per una rinnovata politica migratoria, si debba intervenire a tre livelli: nazionale, europeo e internazionale.

 

            A) A livello nazionale. La legge Bossi-Fini va modificata perch alcune innovazioni non hanno funzionato cos come si sperava.

            Questanno si compreso che le quote devono essere pi alte, ma ci non basta. Per favorire lincontro tra domanda e offerta, bisogna aumentare la possibilit di richiesta nominativa e o reintrodurre la venuta sotto la sponsorizzazione (una formula ampiamente garantista) o prevedere un permesso per la ricerca del posto di lavoro con capacit dei candidati allautomantenimento.

            Bisogna favorire la conversione dei permessi di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, assicurare il rinnovo del permesso e superare il penoso ricorso al cedolino, rendere pi agevoli i ricongiungimenti familiari, continuare nella civilizzazione delle pratiche di soggiorno (promossa dal Ministero dellInterno in maniera sperimentale in tre province), superare le discriminazioni in materia di assistenza, incentivare la concessione delle carte di soggiorno (delle quali non si conosce il numero), non considerare dostacolo la diversa cittadinanza salvo che per i posti che comportino lesercizio di pubblici poteri, evitare patemi danimo e ingorghi pubblicando con tempestivit le circolari che riguardano gli stranieri, fornire pi dati rispetto a quanto finora viene fatto.

            La gestione dellimmigrazione non solo una questione di norme, ma anche di politiche e a questo riguardo molto di pi potrebbe essere fatto per recuperare quote di lavoro sommerso, rendere intrinsecamente pi interculturale lazione degli uffici pubblici, incentivare in questi uffici linserimento degli immigrati; molto di pi per promuovere lassociazionismo e il lavoro imprenditoriale, favorire la partecipazione attiva degli immigrati alla cosa pubblica con la promozione del diritto di voto, intessere un dialogo nuovo tra i giovani e con i giovani immigrati (anche valorizzando il servizio civile e il volontariato, il mondo della scuola e del tempo libero), legare finalmente limmigrazione con la cooperazione allo sviluppo al fine di permettere anche agli immigrati di essere cooperatori.

 

            B) A livello europeo. La discussione sul Libro Verde, dedicato allingresso di nuovi lavoratori nellUnione Europea, unoccasione preziosa per far valere linquadramento che i paesi mediterranei hanno della questione migratoria, per non accettare come valida solo limmigrazione temporanea o di soggetti altamente qualificati, per stigmatizzare che la priorit da accordare nelloccupazione ai cittadini comunitari e agli immigrati gi residenti non ha alcun senso se non si promuovono programmi di sostegno finanziario ai lavoratori disponibili a spostarsi da una regione allaltra e da uno Stato membro allaltro, per far emergere le quote effettive delle quali lEuropa ha bisogno, per considerare unitariamente i problemi che uno Stato membro deve affrontare per conto di tutta lUnione (e questo potrebbe tornare di grande aiuto ad un paese di coste cos estese come lItalia).

 

            C) A livello internazionale. Il futuro del mondo posa sulla speranza e anche in materia di immigrazione non si fanno passi in avanti se non si danno ragioni di speranza.

            Nonostante il periodo di crisi economica dellintera Europa e di vera e propria recessione in Italia, non bisogna dimenticare che altri paesi nel Mondo sono segnati gravemente da povert, instabilit, guerre, dissesti ambientali: bisogna dare qualcosa di pi, bisogna darlo meglio e bisogna coinvolgere dinamicamente i destinatari. Lo sviluppo anche una questione di risorse e di programmi, di nuovi investimenti sociali e non solo economici allestero.

            I paesi in via di sviluppo hanno bisogno dello sfiatatoio dellimmigrazione. Per questo le quote devono essere realistiche, senza la riserva di recuperarle poi con la prossima regolarizzazione. Un immigrato si sposta per se e per i propri familiari. Le sue rimesse anzich penalizzate del 10% - potrebbero trovare collocazioni pi incentivanti, con possibilit di ulteriori interventi per le banche e per le imprese e con laccentuazione degli scambi bilaterali.

 

Conclusione

 

            Queste sono alcune indicazioni che come Caritas Italiana ci sentiamo di condividere con i sindacati e con molte organizzazioni sociali. E possibile sperare, in un periodo in cui gi si pensa alle elezioni politiche e in cui gli immigrati vengono strumentalizzati per guadagnare voti, che siano recepite nei programmi?.

            E auspicabile che dellimmigrazione si parli con realismo, coscienti che comporta dei problemi e che ancor di pi ci risolve dei problemi. Senza limmigrazione le cose andrebbero molte peggio. Perci se dobbiamo essere esigenti, dobbiamo altrettanto essere anche realisti, nella convinzione che il nostro futuro lo vivremo insieme agli immigrati.

 

            Difronte a un fenomeno dalle implicazioni cos complesse, quale limmigrazione, lesigenza di innovazione si pone anche allinterno delle grandi organizzazioni sociali, tanto quelle ecclesiali come quelle laiche. Anche in immigrazione tempo di una sorta di epoch, di cambiamento. Per questo rivolgo un invito a CGIL, CISL e UIL, che tanto si sono adoperati per laccoglienza e linserimento degli immigrati, di dedicare maggiore attenzione alle specifiche esigenze dei lavoratori immigrati a livello contrattuale e di accentuare la formazione di leader e dirigenti, dei quali il mondo dellimmigrazione ha pressante bisogno. Torna funzionale a questi obiettivi anche una pi stretta collaborazione con il Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes, fornendo dati e altra documentazione necessaria per redigere in maniera pi completa il capitolo sulla sindacalizzazione degli immigrati, un aspetto tuttaltro che secondario nel processo di integrazione: processo di integrazione che e rester la vera anima della politica migratoria.