di Gianfranco Schiavone
da Il Manifesto del 5
ottobre 2004
Tutte le dottrine giuridico-politiche, sia di matrice
progressista che conservatrice, sono concordi nel considerare
basilare che in un ordinamento democratico l'operato della polizia
venga sottoposto a una precisa giurisdizione, ovvero a un sistema di
regole e di controlli che permettano sempre di distinguere,
attraverso procedure formalizzate, l'uso legittimo della forza da
violenze e atti arbitrari. L'assunzione di accordi internazionali
che prevedano operazioni congiunte di polizia tra l'Italia e altri
paesi che incidano sulla libertˆ e sui diritti soggettivi di
cittadini o di stranieri pu˜ avvenire quindi solo tra l'Italia e
paesi aventi un ordinamento giuridico democratico analogo o simile a
quello italiano. E' altres“ evidente che tali accordi non
possono essere assunti sulla base di semplici decisioni
dell'esecutivo ma debbono essere stabiliti dal legislatore. In
conformitˆ con i principi costituzionali, solo la legge pu˜ quindi
intervenire, prevedendo adeguate procedure e garanzie, a regolare un
campo delicatissimo nel quale sono in gioco il rispetto di principi
basilari dell'ordinamento giuridico democratico. I convulsi accordi
intergovernativi italo-libici per il contrasto all'immigrazione
irregolare di queste settimane (accordi completamente sottratti alla
potestˆ del parlamento) ci rimandano un'immagine scioccante. Si
discute di operazioni di polizia congiunte, di mezzi e uomini che
verranno forniti dall'Italia alla Libia, dell'allestimento nel
territorio libico, tramite mezzi e denaro pubblico italiano, di
campi di internamento nel deserto, rivolti a stranieri respinti
dall'Italia. Quale giurisdizione coprirˆ tali operazioni di polizia
congiunte? Quali saranno i sistemi di controllo? Quale sistema di
garanzie potrˆ invocare l'ipotetica vittima di un abuso? A chi si
potrˆ rivolgere? Quale giurisdizione sarˆ competente per la difesa
dei suoi diritti? Si tratta di domande destinate tutte a rimanere
senza risposta. La Libia ? un paese con un ordinamento giuridico
assolutamente difforme da quello italiano ed europeo. Non sono
previste chiare garanzie a tutela di quei diritti dell'individuo che
sono invece alla base dei sistemi giuridici europei. Non solo: la
Libia ? ancora un paese nel quale sono registrate frequenti
violazioni dei diritti umani fondamentali: omicidi extragiudiziali,
torture, sparizioni fanno parte di un triste quadro documentato da
tutte le agenzie internazionali. In un tale quadro di assenza
completa di garanzie nessun accordo di cooperazione di polizia tra
Italia e Libia pu˜ considerarsi legittimo. Tra gli aspetti pi? gravi
si consideri la protezione dei rifugiati: la Libia non ha neppure
ratificato la convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei
rifugiati. Ci˜ vuol dire che dei potenziali rifugiati che non hanno
avuto accesso alla procedura di asilo in Italia perchŽ respinti come
clandestini (in violazione delle norme italiane) una volta approdati
in Libia e internati nei campi (con l'aiuto della polizia italiana?)
non potranno ricevere alcuna forma di protezione e saranno
rimpatriati verso i paesi dai quali sono fuggiti. Sotto il profilo
della violazione delle norme di tutela dei diritti umani
fondamentali, cui l'Italia e l'Europa sono vincolati, gli accordi
italo-libici costituiscono un evento di una gravitˆ senza precedenti
nella storia dell'Europa degli ultimi decenni in quanto sovvertono
principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico democratico,
che ? costituzionalmente orientato alla promozione e allo sviluppo
dei diritti della persona. La percezione della gravitˆ di quanto sta
avvenendo rischia tuttavia di sfuggire a molti in quanto si tratta
di avvenimenti che avvengono "altrove", fuori dal territorio
europeo, in luoghi inaccessibili e lontani dai quali nessuna
immagine giungerˆ sugli schermi italiani ed europei. Uno scatto di
consapevolezza democratica in Italia e in Europa ? assolutamente
necessario, affinchŽ gli accordi italo-libici siano immediatamente
bloccati.
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