Nota sul Libro Verde

Sullapproccio dellUnione Europea alla gestione della migrazione economica

 

Il libro verde presentato l11 gennaio dalla Commissione Europea intende affrontare la ricerca degli elementi costitutivi di una possibile politica comune in tema di migrazione, dato che in assenza di criteri comuni relativi allammissione di migranti economici, il numero dei cittadini di paesi terzi che entrano illegalmente nellUnione Europea e senza garanzia di avere un lavoro in regola e quindi di integrarsi nelle nostre societ destinato ad aumentare.

Nelle conclusioni, la Commissione afferma di ritenere che lammissione dei migranti per motivi economici sia la pietra miliare della politica in materia di immigrazione e che sia pertanto necessario affrontarla a livello europeo nel quadro di una progressiva evoluzione di una coerente politica comunitaria in materia di immigrazione. Questultima affermazione ripresa anche nelle dichiarazioni del commissario europeo Frattini sulla necessit di flussi migratori controllati, funzionali ad integrare il mercato del lavoro in vista del progressivo invecchiamento della popolazione europea.

Complessivamente, queste premesse evidenziano i limiti di un approccio puramente economico e mercantilistico nei confronti dei fenomeni migratori. Unimpostazione che non risponde allesigenza di una strategia realmente comune sulle politiche di accoglienza, di relazioni con lestero e di cooperazione internazionale. Inoltre non tiene conto del fatto che la scelta delle persone di lasciare il proprio paese, non sempre riconducibile a questioni economiche, o lo in conseguenza di questioni pi ampie e complesse.

Nel testo vengono posti una serie di quesiti, alcuni dei quali contengono spunti positivi, mentre altri, gi per quanto riguarda la loro impostazione, non possono che essere valutati in modo critico.

Una politica europea in materia di immigrazione, che, ribadiamo non pu basarsi solo su criteri di tipo economico/mercantile, senzaltro necessaria e non pu prescindere da un quadro giuridico globale che disciplini la materia, non pu per basarsi sulla creazione di diverse categorie di migranti e quindi di diverse scale di diritti, non solo tra cittadini comunitari e migranti, ma addirittura tra gli stessi migranti, come pi volte proposto nel testo.

Il principio della preferenza comunitaria, definito nella risoluzione del Consiglio del 20 giugno 1994, in combinato disposto con il regolamento n. 1612/68, secondo il quale gli stati membri terranno conto delle richieste di accesso sul loro territorio per fini di occupazione solo qualora lofferta () non possa essere coperta dalla manodopera nazionale e comunitaria o dalla manodopera non comunitaria che risiede legalmente e a titolo permanente in detto stato membro () alla luce dei fatti risulta fuorviante. Ad una simile misura protezionistica, non corrisponde infatti, soprattutto in Italia, una politica industriale utile a tutelare i posti di lavoro a fronte delle spinte di delocalizzazione, che mettono a rischio sia lavoratrici e lavoratori italiani che lavoratrici e lavoratori migranti. A questo proposito risulta emblematico il caso della De Longhi di Treviso.

Di contro, al quesito rispetto alla facilitazione della mobilit delle lavoratrici e dei lavoratori migranti nel territorio dellUE, non possiamo che rispondere in modo positivo, tenendo tuttavia presente le sperequazioni che questo potrebbe determinare nei confronti dei cittadini dei nuovi paesi membri, la cui libera circolazione allo stato attuale ancora sottoposta ad una serie di pesanti limitazioni.

Un eventuale preferenza da parte degli stati membri nei confronti di migranti gi presenti da tempo nel territorio comunitario, non pu di per s essere criticata. Va per sottolineato che lidea considerare queste persone come uno stock di manodopera che ha gi iniziato ad integrarsi, si basa su un concetto di integrazione superficiale, quanto inaccettabile.

Anche il capitolo sui sistemi di ammissione riprende lopzione di consentire laccesso allUE, solo in presenza di posti di lavoro vacanti, e, come gi evidenziato, non risponde alla necessit di costruire una reale politica di accoglienza. Le politiche dei flussi si sono per altro rivelate non solo fallimentari, ma hanno anzi favorito, seppure indirettamente, i racket dellimmigrazione clandestina.

Nello stesso capitolo viene posto il problema, di quale sia la procedura da applicare ai migranti per motivi economici che non entrano nel mercato del lavoro. Va qui specificato, che il testo si riferisce specificatamente a lavoratrici e lavoratori dipendenti di un datore di lavoro sito in un paese terzo che svolga prestazioni di servizi per conto di un paese europeo allinterno del suo territorio nazionale, prefigurando una situazione che si verificherebbe diffusamente in caso di approvazione della Direttiva Bolkestein. In questo caso infatti, le lavoratrici ed i lavoratori in questione, sarebbero soggetti alle norme legislative e contrattuali del paese in cui ha sede il proprio datore di lavoro, paese che sarebbe anche responsabile per tutti i controlli rispetto alla loro posizione lavorativa. Vanno qui evidenziate le conseguenze devastanti che tale Direttiva avrebbe sia sul cosiddetto modello sociale europeo, che su tutto il mercato del lavoro comunitario, nel quale, in un simile quadro, lavoratrici e lavoratori migranti, rischierebbero di diventare oggetto di un vero e proprio mercato degli schiavi. Questo passaggio non pu quindi trovare altro che la nostra ferma opposizione, nel contesto della campagna di mobilitazione contro la Bolkestein, che vede la FIOM impegnata insieme ad altre categorie ed alla stessa confederazione.

Altrettanto fuorviante risulta la questione della prova della necessit economica e della valutazione individuale, dove si propone di consentire lassunzione di migranti, solo a seguito di annunci che non trovino alcuna candidatura da parte di cittadini comunitari.

Il punto 2.4. sulle domande di permesso/i di lavoro e di soggiorno, soprattutto alla luce della situazione determinatasi in Italia con lintroduzione del contratto di soggiorno, affronta un punto particolarmente delicato. Se da un lato sarebbe importante ed utile consentire di richiedere permesso di soggiorno oppure permesso di soggiorno e di lavoro con ununica domanda, va esclusa con nettezza la possibilit che il permesso di soggiorno possa essere subordinato al permesso di lavoro, cos come va introdotto a livello europeo il concetto del permesso di soggiorno per persone alla ricerca di occupazione.

Per quanto riguarda il capitolo che esamina il quesito sulla possibilit di cambiare datore di lavoro/settore, non solo non vanno introdotte limitazioni in questo senso, ma da respingere lopzione secondo la quale il titolare del permesso possa essere altro dal lavoratore o dalla lavoratrice in questione (p.es. la titolarit da parte del datore di lavoro o anche quella congiunta).

Il capitolo 2.6. relativo ai diritti, affronta invece un punto fondamentale: la garanzia di uno status giuridico certo per i migranti. La risposta ai quesiti posti, non pu che essere la richiesta del diritto alla cittadinanza di residenza, con quello che ne consegue, dal diritto di voto, allo jus soli per figli e figlie delle lavoratrici e dei lavoratori migranti.

Per quanto riguarda le misure di accompagnamento (integrazione, rimpatrio e cooperazione con i paesi terzi), va senzaltro sviluppata la politica di cooperazione dellUE, anche creando centri di informazione/assunzione nei paesi di origine dei e delle potenziali migranti. Tuttavia la chiave di lettura proposta, reintroduce il concetto dellammissione dei e delle migranti, in subordine alla disponibilit di posti di lavoro e/o alla richiesta di particolari qualifiche, che contraddice lidea della libert di circolazione delle persone ed propone nuovamente la distinzione tra diverse categorie di migranti a seconda del grado di istruzione, paese di origine, e simili. Se per quanto riguarda lintegrazione, sono senzaltro fondamentali misure di formazione linguistica e di educazione civica, finalizzate a dare alle persone gli strumenti per conoscere i propri diritti nel sistema di regole del paese di accoglienza, la gestione di questi percorsi formativi, va impostata sul rispetto delle abitudini e delle tradizioni culturali e religiose delle persone alle quali sono indirizzati. Integrazione non pu e non deve significare annullare o nascondere le proprie specificit, che una societ realmente multiculturale e multietnica dovrebbe invece conoscere, rispettare e valorizzare.

Quanto alla questione del rimpatrio, va espresso un netto rifiuto dellattuale gestione dei rimpatri e delle espulsioni, nonch ribadita la condanna di struttura inumane e lesive dei diritti umani, quali sono i centri di permanenza temporanea, in uso in Italia ed in altri paesi.

In conclusione, se da un lato necessario ed urgente costruire una politica comune europea in tema di immigrazione, lesperienza derivata dalla legislazione in vigore in Italia in materia, le cui linee guida sono parzialmente riproposte in alcune parti di questo libro verde, deve necessariamente essere lesempio come non costruire una politica europea, che, come detto allinizio, riteniamo debba partire da una politica estera di pace e di cooperazione e fondarsi sullaccoglienza delle persone e sul fatto che a loro vengano riconosciuti pari diritti e pari dignit.

 

PER LUFFICIO MIGRANTI FIOM

PER LA SEGRETERIA NAZIONALE

Sveva Haertter

Giorgio Cremaschi