Audizione pubblica del Parlamento Europeo - Commissioni LIBE e DEVE

ÒImmigrazione, integrazione e sviluppo: verso una politica europeaÓ

Bruxelles, 15 marzo 2004

 

Caritas Italiana

Franco Pittau, coordinatore ÒDossier Statistico ImmigrazioneÓ

 

 

                 Ringrazio a nome di Caritas Italiana dellĠopportunitˆ offerta e cercher˜ di presentare lĠesperienza migratoria  italiana sulla base della nostra esperienza e del nostro punto di vista.

                 Ritengo opportuno riportare alcuni dati statistici essenziali, dai quali hanno preso avvio le mie considerazioni.

 

La situazione migratoria in Italia

                 La popolazione immigrata in Italia, che  raddoppiata ogni dieci anni, da ultimo  cresciuta secondo una velocitˆ pi alta: tra la fine del 2000 e lĠinizio del 2004 si  passati da circa 1.300.000 presenze regolari a 2.600.000. 

                 DallĠEst Europa proviene  quasi un milione di persone, il 40% del totale: gli africani sono circa un quarto, gli asiatici un sesto e gli americani un decimo.

                 LĠimpatto degli immigrati sul mercato occupazionale  notevole. Nel 2003 una ogni sei assunzioni ha riguardato un lavoratore nato allĠestero. Nel settore dellĠassistenza familiare, su 600.000 addetti, ben 500.000 sono gli stranieri. Anche altri settori, come ad esempio lĠagricoltura, lĠedilizia e alcuni rami dellĠindustria, sono ad alta incidenza di immigrati, i quali hanno una mobilitˆ territoriale tre volte pi alta rispetto a quella  degli italiani.

                 Gli immigrati mostrano una crescente tendenza alla stabilitˆ: al censimento del 2001 circa il 60% era residente da pi di cinque anni. Invece il tasso di acquisizione della cittadinanza  tre volte inferiore alla media comunitaria, con appena un caso ogni cento soggiornanti: ci˜ avviene a causa di una normativa inadeguata del 1992 che influisce molto negativamente specialmente sulle seconde generazioni.

                 Le indagini sociologiche attestano che la maggior parte degli immigrati  affezionata Òal bel paeseÓ e per˜ si attende dagli italiani il superamento di comportamenti restrittivi e anche il superamento di normative restrittive, tra le quali va inclusa in diverse sue parti la legge ÒBossi-FiniÓ del 2002.     

                 Il continuo calo demografico e la stessa collocazione geografica, a ridosso di aree a forte pressione migratoria, incentiveranno anche nel futuro lĠafflusso di immigrati. Forse  tra 25-30 anni la situazione italiana sarˆ simile a quella riscontrabile attualmente nei paesi a pi alta densitˆ di immigrati: un sesto o un quinto della popolazione residente, come giˆ avviene in Canada e in Svizzera.

                 I dati riportati indicano che la situazione italiana  in parte diversa rispetto a quella riscontrabile in altri Stati membri. Naturalmente una normativa comune in materia di immigrazione deve servire a soddisfare i bisogni di tutti. Facendo riferimento allĠattuale dibattito europeo, ho riassunto in 10 punti le principali osservazioni.

 

1.Rapporto tra immigrazione e sviluppo.

                 Il mantenimento di flussi migratori ragionevoli  giˆ fin da ora funzionale alla promozione dello sviluppo, perchŽ i paesi di origine hanno bisogno di collocare una quota dei lavoratori, di ricevere i loro risparmi e possibilmente di poter prevedere anche un ritorno delle loro capacitˆ professionali e imprenditoriali: si tratta del cosiddetto Òrimpatrio virtualeÓ del quale parla Mr. Gaubert nel suo rapporto su immigrazione legale e politiche di integrazione.

                 Purtroppo in Italia  debole lĠintreccio tra immigrazione e sviluppo e un cittadino straniero non pu˜ essere inserito come operatore in un progetto pubblico di cooperazione allo sviluppo; inoltre, un immigrato che risparmia e invia i soldi nel suo paese per promuovere attivitˆ imprenditoriali non riceve aiuti nŽ a livello pubblico nŽ dal sistema bancario. Pensiamo che lĠUnione Europea  possa farsi concretamente promotrice di orientamenti pi aperti al riguardo, varando appositi programmi.

 

2.Necessitˆ di quote adeguate

                 In Italia negli ultimi cinque anni circa un milione di immigrati sono entrati al di fuori delle quote, per essere successivamente regolarizzati dimostrando di aver trovato unĠoccupazione. Nel 2005 la quota di nuovi lavoratori  stata raddoppiata e portata a 159.000, ma le domande presentate dai datori di lavoro sono pi del doppio. UnĠesperienza simile evidenzia che le politiche restrittive nascondono la realtˆ e non facilitano la soluzione dei problemi. Anche a livello europeo  il caso di sottolineare il fabbisogno di nuovi lavoratori, non solo per posti ad alta qualificazione e non solo per occupazioni temporanee. Su questo punto il Libro Verde avrebbe tratto vantaggio nel riportare le statistiche sui flussi lavorativi annuali nei singoli Stati membri.

                

3.Quale prioritˆ della manodopera locale

                 La prioritˆ riservata ai lavoratori comunitari e agli immigrati giˆ soggiornanti pu˜ essere realizzata attraverso lo scambio del curriculum, quando si tratta di lavoratori ad alta professionalitˆ, o anche per qualifiche pi basse quando il posto rimasto vacante  vicino alla residenza del lavoratore disoccupato, che quindi pu˜ agevolmente spostarsi. Negli altri casi il meccanismo non funziona. I disoccupati preferiscono restare nelle loro cittˆ o nel loro Stato membro di residenza, anche perchŽ  mancano programmi comunitari e normative nazionali che li aiutino a far fronte agli oneri che comporta il trasferimento. Sarebbe preoccupante che la prioritˆ comunitaria venisse considerata sempre e comunque come cardine principale della politica migratoria, senza tenere conto del rischio che si trasformi in una misura iperprotettiva e distorsiva del funzionamento del mercato occupazionale.

 

4.La chiamata nominativa  uno meccanismo parziale

                 Non si pu˜ pensare che la gestione di un mercato occupazionale cos“ ampio come quello europeo possa ridursi ad una semplice compensazione tra domanda e offerta regolata sui singoli casi attraverso la richiesta nominativa. Secondo la Òlegge dei grandi numeriÓ bisogna tenere conto dellĠandamento demografico, programmare il fabbisogno occupazionale nei settori deficitari, stabilire le quote dĠingresso, prendere contatti con i paesi di origine e fare investimenti sui servizi per lĠaccoglienza. In un contesto simile, una volta riscontrata la carenza della manodopera locale,  preferibile rinunciare allĠaccertamento della prioritˆ comunitaria, che rischia di tradursi in unĠinutile perdita di tempo. La sperimentazione fatta in Italia dal 1998 al 2001 con la Òlegge Turco-NapolitanoÓ ha, in effetti, praticato un concetto di quota non assoggettato al criterio della prioritˆ comunitaria.

 

5.Permessi per la ricerca del posto di lavoro

                 Nel Libro Verde viene menzionata lĠipotesi di concessione di un permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro. Secondo lĠesperienza condotta in Italia si tratta, invece, di un elemento fortemente dinamico della politica migratoria da comporre con la richiesta nominativa, lasciando ad ogni Stato membro la facoltˆ di utilizzare lĠuna o lĠaltra o entrambe queste possibilitˆ. LĠesperienza italiana risale al 2000 e al 2001 quando uno sponsor locale (una famiglia o unĠazienda, anche di immigrati), a condizione di garantire vitto, alloggio e copertura sanitaria e nel limite di quote prefissate, poteva far venire una persona dallĠestero per la ricerca del lavoro: questa opportunitˆ, del tutto inopportunamente abolita nel 2002, non solo favoriva lĠincontro tra domanda e offerta di lavoro ma serviva anche ad offrire unĠaccoglienza concreta e a contrastare i flussi illegali.

 

6.Formazione dei lavoratori allĠestero

                 LĠItalia contempla questa possibilitˆ e sta sperimentando, per piccoli numeri trattandosi di iniziative costose, la formazione allĠestero dei lavoratori da far venire. Sulla formazione insistono anche il Parlamento e la Commissione. Questi interventi potrebbero anche essere collocati in un programma dĠazione comunitaria e favorire cos“ la socializzazione alle caratteristiche dellĠUnione oltre dello Stato membro dĠimpiego. Bisognerebbe per˜ coinvolgere in maniera pi attiva le rappresentanze allĠestero degli Stati membri e collocare in essi la parte conclusiva dei programmi formativi, da gestire con organicitˆ, trasparenza e coinvolgimento delle parti sociali interessate.

 

7.Necessitˆ di un nuovo modello di integrazione

                 I precedenti modelli di integrazione sono in parte superati perchŽ i contesti societari e istituzionali risultano modificati. In buona parte lĠimmigrazione non pu˜ essere considerata una presenza temporanea bens“ stabile e tuttavia gli immigrati, pur restando, conserveranno specifici tratti socio-culturali-religiosi. I termini del nuovo concetto di integrazione consistono nel rispetto delle diversitˆ senza pregiudicare il contesto societario unitario. Nella costruzione del nuovo modello di integrazione, che richiede maggiore umiltˆ, bisognerˆ valorizzare le esperienze nazionali pi riuscite e anche tenere conto che  in corso di approvazione una Costituzione europea e la legislazione sullĠimmigrazione  in parte comunitaria.

 

8.Maggiore apertura di materia di diritti

                 Gli Stati membri stanno dando un segnale estremamente negativo per il fatto di non aver ratificato la Convenzione ONU sui diritti dei lavoratori migranti. La sua approvazione  indispensabile per radicare tra gli europei la percezione del migrante come un soggetto portatore di diritti, senza ridurlo alla sua mera funzione economica. EĠ auspicabile che il Parlamento Europeo insista su questo punto da considerare un aspetto non trascurabile della politica migratoria.

                 Per la lotta contro la discriminazione le norme nazionali e le direttive comunitarie non sono da sole determinanti: contano anche, e molto, gli atteggiamenti delle persone, perchŽ dalle previsioni formali si possa passare ad un sistema aperto e condiviso. Purtroppo uomini e partiti politici, anzichŽ essere la soluzione del problema, sono talvolta parte del problema da risolvere.

 

9.Maggiore apertura in materia di partecipazione

                 Per quelli che hanno maturato determinati requisiti di residenza  opportuno prevedere il diritto di voto nelle elezioni amministrative. Questo obiettivo, proposto dalla Convenzione del Consiglio dĠEuropa del 1992,  stato realizzato solo in alcuni Stati membri. In particolare, lĠItalia prevede solo una funzione consultiva, per giunta su autonoma scelta dei comuni. La facoltˆ di poter votare gli amministratori locali  una via molto concreta per legare i nuovi cittadini alle cittˆ in cui vivono e perci˜ sarebbe opportuno che il Parlamento esercitasse un forte stimolo in tal senso.

 

10.Maggiore apertura in materia di accoglienza

                 Le politiche di integrazione sono una questione giuridica, molto ben impostata nella legge italiana, ma anche una questione finanziaria: oltre che di leggi aperte cĠ bisogno di risorse adeguate. Solo cos“, specialmente in Italia, sarˆ possibile migliorare sia gli interventi riguardanti i nuovi flussi (insegnamento della lingua, assistenza per lĠinserimento, sostegno abitativo, funzionalitˆ degli uffici pubblici, sensibilitˆ del sistema scolastico, formazione professionale) sia le misure destinate agli immigrati di vecchio insediamento (riconoscimento dei titoli di studio, valorizzazione negli uffici pubblici, sostegno alle associazioni, promozione della imprenditorialitˆ, garanzia del soggiorno e, come giˆ accennato, concessione del diritto di voto amministrativo). Sappiamo tutti che lĠimmigrazione pone spesso anche problemi di natura religiosa. A questo riguardo il Òmodello italianoÓ, dove gli immigrati sono per la metˆ cristiani e per un terzo musulmani,  consistito, con qualche buon risultato, nellĠaccettazione da parte dei cristiani degli altri credenti, e segnatamente dei musulmani, tuttavia in un contesto di regole societarie ugualitarie.

 

                 Conclusione. Ho esposto alcune prese di posizione su punti concreti della politica migratoria comunitaria attualmente in discussione. Quanto allĠorientamento di fondo, la Caritas concorda con la tesi che allĠinizio del 2004 il segretario generale dellĠONU Kofi Annan rivolgeva al Parlamento europeo: per lĠEuropa lĠapertura allĠimmigrazione pu˜ significare dinamismo e prosperitˆ. Proprio per questo  sommamente auspicabile che le misure coercitive, a partire dai centri di detenzione, non vengano considerate il cuore della politica migratoria.

ITALIA. Prospetto dellĠimmigrazione nel triennio 2001-2003

 

 

2001

2002

2003

 

Popolazione immigrata soggiornante

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

- registrata dal Ministero dellĠInterno

1.360.049

100,0

1512.324

100,0

2.193.999

100,0

- stima presenza complessiva, minori inclusi

1.600.000

100,0

1.850.000

100,0

2.598.223

100,0

- incidenza % su residenti

-

2,8

-

4,2

-

4,5

Variazione annuale

- 28.104

- 2,0

+149.694

+11,0

+681.675

+45,1

Provenienza continentale

 

 

 

 

 

 

Unione Europea

147.495

10,8

154.076

10,2

153.469

7,0

Altri paesi europei

416.390

30,5

642.352

42,5

897.935

40,9

Africa

366.598

26,9

401.440

26,5

516.424

23,5

Asia

259.783

19,1

279.816

18,5

368.204

16,8

America

158.206

11,6

178.593

11,8

251.339

11,5

Oceania/Apolidi

3.285

0,3

3.509

0,2

3.653

0,1

ignota

10.873

0,8

6.614

0,4

2.975

0,1

 

Motivi del soggiorno

 

 

 

 

 

 

Lavoro

800.80

58,9

834.478

55,2

1.449.746

66,1

Famiglia (inclusi adozioni e affidamenti)

293.865

28,9

479.330

31,7

532.670

24,3

Inserimento medio-stabile (religiosi, residenza elettiva, studio)

124.053

9,1

145.187

9,6

146.371

6,7

Asilo politico e richiesta asilo

5.115

0,4

16.702

1,1

17.318

0,8

altri motivi

36.336

2,7

36.627

2,4

47.894

2,1

Ripartizione territoriale

 

 

 

 

 

 

Nord Ovest: Lombardia, Piemonte, Liguria, V. dĠAosta

444.876

32,7

495.609

32,8

731.851

33,4

Nord Est: Veneto, Friuli V.G., Trentino A.A., Emilia R.

328.488

24,1

392.212

25,9

536.972

24,5

Centro: Toscana, Umbria, Marche, Lazio

396.834

29,2

428.509

28,3

614.555

28,0

Sud: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria

133.263

9,7

134.678

8,9

230.534

10,5

Isole: Sicilia, Sardegna

59.169

4,3

61.316

4,0

80.087

3,6

 

Caratteristiche generali

 

 

 

 

 

 

Maschi

726.809

53,3

786.132

52,0

1.132.281

51,6

Femmine

635.821

46,7

726.192

48,0

1.061.718

48,4

Coniugati (con e senza prole al seguito)

678.342

49,9

783.414

51,8

1.095.474

49,9

Celibi

584.013

42,9

646.440

42,7

1.015.505

46,3

Vedovi

14.000

1,0

19.168

1,3

35.241

1,6

Divorziati e separati

21.289

1,7

24.325

1,6

27.459

1,3

stato civile non registrato

62.405

4,5

38.977

2,6

19.156

0,9

Nuovi ingressi

 

 

 

 

 

 

Totale inserimenti

232.813

100,0

139.002

100,0

107.515

100,0

di cui per Lavoro

92.386

39,7

37.329

26,9

19.107

17,8

di cui per Famiglia

60.027

25,8

58.034

41,7

65.816

61,2

di cui per inserimento medio-stabile (religiosi, residenza elettiva, studio)

27.920

12,0

23.517

16,9

22.5922

21,0

di cui per Asilo

10.341

4,4

7.374

5,3

107.515

100,0

altri motivi

42.139

18,1

12.748

9,2

19.107

17,8

Fonte: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati del Ministero dellĠInterno.