R.G. n. 160/2002 * pag. 
 
 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel ricorso n. 160/2002 proposto da Rusland GJONDEDAJ, rappresentato e difeso dall'avv. Luca Falcinelli con domicilio eletto presso lo stesso, in Perugia, via XIV Settembre 73

contro

1) Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore; 2) Questura di Perugia, in persona del Questore pro tempore, entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato e legalmente domiciliati presso la stessa in Perugia, via degli Offici, 14

per l'annullamento

del provvedimento 11 dicembre 2001, cat. A/12/2001, con il diniego della "carta di soggiorno" richiesta dal ricorrente a norma dell'art. 9 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286;

      Visto il ricorso con i relativi allegati;

      Visto l'atto di costituzione in giudizio della Questura di Perugia;

      Viste le memorie difensive e gli atti tutti del giudizio;

      Data per letta, alla pubblica udienza del 19 giugno 2002, la relazione del Presidente Lignani e udite le parti come da verbale;

      Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

      1.  Il testo unico delle disposizioni in materia d'ingresso e soggiorno degli stranieri in Italia, emanato con d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, all'art. 9, comma 1, dispone:

      Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato da almeno cinque anni, titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi, il quale dimostri di avere un reddito sufficiente per il sostentamento proprio e dei familiari, pu richiedere al questore il rilascio della carta di soggiorno, per s, per il coniuge e per i figli minori conviventi. La carta di soggiorno a tempo indeterminato.

      2. L'attuale ricorrente, cittadino albanese residente in Italia, ha chiesto il rilascio della carta di soggiorno ai sensi della norma citata, esponendo di essere regolarmente soggiornante dal 1991, di essere in possesso di un permesso di soggiorno per lavoro autonomo, e di essere socio di una societ in nome collettivo costituita il 24 gennaio 2000 per esercitare l'attivit di "montaggio mobili"

      La Questura di Perugia, con atto dell'11 dicembre 2001, ha respinto la domanda.

      Il diniego della carta di soggiorno motivato con la considerazione che l'interessato bench presente regolarmente in Italia dal 15 marzo 1991, e dopo avere svolto lavori comunque saltuari, non risulta essersi attivato per reperire una regolare attivit lavorativa a carattere continuativo a far data dal 12 agosto 1995, come risulta dal libretto di lavoro esibito in copia dal medesimo, rimanendo cos inoccupato sino alla costituzione della suindicata societ; e che pertanto, nel quinquennio precedente, periodo di riferimento normativo, il cittadino straniero istante non stato detentore, senza soluzione di continuit, di un permesso di soggiorno teoricamente rinnovabile un numero indeterminato di volte, in forza cio di attivit di lavoro autonomo consolidato o subordinato con contratto non a termine gi tali, quindi, da costituire motivo per una prosecuzione di una permanenza in questo Stato a tempo indeterminato, appunto.

      3. L'interessato impugna il provvedimento di diniego, deducendo vari motivi di legittimit, e producendo copia del libretto di lavoro rilasciato nel 1991 dall'Ispettorato del lavoro di Perugia, copie di documenti fiscali e altra documentazione.

      L'Amministrazione si oppone all'accoglimento del ricorso.

      4. Viene preliminarmente in esame l'eccezione d'inammissibilit del ricorso, sollevata dalla difesa dell'Amministrazione con riferimento alla mancata impugnazione della circolare ministeriale 4 aprile 2001, n. 300/C/201/335/P12.214.9/1^ div., citata nel provvedimento del Questore.

      Il Collegio osserva che la circolare di cui di discute appartiene - come riconosce la stessa amministrazione - al genere delle circolari "interpretative", intendendosi per tali quelle che, in presenza di disposizioni legislative suscettibili di pi interpretazioni diverse fra loro, suggeriscono, o impongono, agli uffici dipendenti l'interpretazione che l'amministrazione centrale ritiene pi corretta.

      Se questo vero, peraltro, non vi che da richiamare la ben nota e consolidata giurisprudenza secondo la quale le circolari ministeriali, volte a mera interpretazione ed esplicazione di disposizioni di legge, costituiscono atti meramente interni dell'amministrazione, finalizzati ad indirizzare uniformemente l'azione degli organi subordinati; pertanto, quali atti inidonei ad apportare lesioni o vantaggi alle situazioni giuridiche soggettive, non si palesano quali atti impugnabili neppure in connessione con gli atti applicativi della norma di legge, alla cui esplicazione ed interpretazione la circolare risulti diretta (Cons. Stato sez.VI, 16 aprile 1984 n. 210). E ancora: Una circolare non dotata di alcun autonomo valore imperativo non pu essere considerata atto presupposto del provvedimento impugnato, pertanto non sussiste alcun onere di proporre impugnazione anche contro di essa (Cons. Stato sez. IV, 21 giugno 1982 n. 397). Pi di recente: I soggetti destinatari degli atti applicativi di una circolare non hanno alcun onere di impugnare anche quest'ultima, potendosi limitare a contestarne la legittimit al solo scopo di sostenere che gli atti applicativi costituiscono illegittima esecuzione di un atto che avrebbe dovuto essere disapplicato. (Cons. Stato sez. IV, 27 novembre 2000, n. 6299.

      Il parametro della legittimit degli atti amministrativi, invero, costituito unicamente dalla legge, e spetta al giudice interpretare la legge. E' poi legittimo, e anche opportuno, che l'amministrazione adotti una propria linea interpretativa unitaria, servendosi eventualmente anche di uno strumento come la circolare; ma l'interpretazione dettata mediante la circolare non ha (ovviamente) valore d'interpretazione autentica, n comunque ha efficacia vincolante nei confronti del giudice, ancorch la circolare non sia stata impugnata.

      5. Nel merito, si osserva che l'art. 9, sopra citato, subordina il rilascio della "carta di soggiorno" alla verifica di determinati presupposti. E' sostenibile che l'amministrazione disponga anche di taluni margini di discrezionalit (ad esempio per quanto riguarda la valutazione del reddito "sufficiente"); ma in questo caso l'amministrazione non ha inteso avvalersi di detti margini, pi o meno ampi che siano.

      Ha ritenuto, invece, che il diniego fosse vincolato stante l'assenza di un requisito tassativamente prescritto dalla legge. Per affermare l'assenza del requisito, peraltro, l'amministrazione ha adottato (sulla base, come si detto, di una circolare ministeriale) una determinata interpretazione della norma, mentre la parte ricorrente sostiene una interpretazione diversa.

      Occorre dunque mettere a confronto le due interpretazioni e stabilire quale sia quella corretta.

      6. La questione concerne la prima parte dell'art. 9, comma 1: Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato da almeno cinque anni, titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi, il quale dimostri di avere un reddito sufficiente....

      Si pu dare per certo che vengano qui individuati tre requisiti distinti, che debbono ricorrere congiuntamente: a) essere regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato da almeno cinque anni; b) essere titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi; c) dimostrare di avere in reddito "sufficiente".

      L'amministrazione legge il comma 1 come se fosse scritto: Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato, titolare da almeno cinque anni di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi, il quale dimostri di avere da almeno cinque anni un reddito sufficiente .... Sposta, cio, il riferimento alla durata quinquennale dal primo requisito al secondo e al terzo.

      Al Collegio pare evidente che con ci l'amministrazione operi una vera e propria forzatura di un testo che, di per s, appare sufficientemente chiaro e che per essere inteso non richiede altro che una piana lettura.

      Si deve dunque intendere che lo straniero, per conseguire la carta di soggiorno, dev'essere "attualmente" titolare di un permesso di soggiorno suscettibile di un numero indeterminato di rinnovi e deve disporre "attualmente" (e intuitivamente anche in un prevedibile futuro) di un reddito sufficiente, ma non richiesto che tali condizioni durino da pi o meno tempo. Fermo restando che il soggetto dev'essere regolarmente soggiornante da almeno cinque anni (il che implica che deve avere gi ottenuto non solo un primo permesso di soggiorno, ma anche un certo numero di rinnovi).

      Sotto questo profilo, il provvedimento impugnato appare basato su una erronea interpretazione della legge.

      7. Si deve aggiungere, tuttavia, che l'erroneit dell'interpretazione emerge anche sotto un secondo profilo.

      7.1. Si visto che l'amministrazione ritiene che la legge richieda allo straniero di essere titolare da almeno cinque anni di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi; l'attuale ricorrente difetterebbe di tale requisito perch solo dal 24 gennaio 2000 (e dunque da meno di cinque anni) ha iniziato un'attivit imprenditoriale costituendo con altro soggetto una societ in nome collettivo, mentre in precedenza aveva stipulato solo contratti di lavoro a tempo determinato o comunque "saltuari" e, comunque, dall'agosto 1995 in poi sarebbe rimasto "inoccupato".

      In sostanza, l'amministrazione attribuisce all'espressione permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi un significato restrittivo, escludendone il permesso di soggiorno rilasciato a chi sia parte di un rapporto di lavoro a tempo determinato.

      Anche in questo caso, pare al Collegio che si tratti di una evidente forzatura interpretativa.

      7.2. Non vi nessuna disposizione di carattere generale che vieti a chi titolare di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato, con contratto di lavoro a tempo determinato, di conseguire il rinnovo del permesso di soggiorno per un numero indeterminato di volte, semprech alla scadenza del permesso possa dimostrare di avere stipulato un nuovo contratto di lavoro (non importa se a tempo determinato o a tempo indeterminato).

      La difesa dell'Amministrazione invoca, a questo proposito, l'art. 40 (e in particolare il comma 18) del regolamento emanato con d.P.R. n. 394 del 1999, sostenendo che questa norma vieta il rinnovo del permesso di soggiorno rilasciato in relazione a contratti di lavoro a tempo determinato.

      Il Collegio osserva che il richiamo all'art. 40 del regolamento non pertinente nel presente giudizio, perch non si tratta di disposizione di portata generale, bens - come dimostra la sua stessa intitolazione - di disposizione speciale che regola esclusivamente i permessi di soggiorno rilasciati in casi particolari: e precisamente quelli previsti dall'art. 27 del testo unico.

      Non sembra, e comunque non stato dedotto, che l'attuale ricorrente abbia usufruito della normativa speciale di cui agli artt. 27 del testo unico e 40 del regolamento: perci il divieto di rinnovo, di cui all'art. 40, comma 18, del regolamento, non riguarda il suo caso.

      7.3. Va invece osservato che l'art. 22 del testo unico non fa differenza fra il contratto di lavoro a tempo determinato e quello a tempo indeterminato, quando dispone che la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo per privare il lavoratore extracomunitario ed i suoi familiari legalmente residenti del permesso di soggiorno, aggiungendo che in tale evenienza lo straniero ha la possibilit di trattenersi in Italia, quale disoccupato in attesa di nuova occupazione, per la residua durata del permesso di soggiorno e comunque per un periodo non inferiore ad un anno (che decorre, s'intende, dalla cessazione del rapporto di lavoro).

      Dall'art. 22 si evince dunque che se alla scadenza del permesso di soggiorno per lavoro subordinato lo straniero , in atto, parte di un contratto di lavoro subordinato, egli ha diritto ad ottenere un nuovo permesso di soggiorno, indipendentemente dal fatto che il contratto in corso sia a tempo determinato o a tempo indeterminato. E ci pu accadere un numero indeterminato di volte.

      8. L'avviso contrario del Ministero dell'Interno, espresso nella circolare 4 aprile 2001, si basa in realt su un parere del Ministero del Lavoro, il quale interessato in ordine alla natura giuridica del rapporto di lavoro in questione, ha accertato [rectius: ha espresso l'opinione] che il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato... non pu essere considerato un contratto che presuppone [rectius: che consenta] un numero indeterminato di rinnovi, in quanto le offerte di lavoro, strettamente connesse alle esigenze del mercato del lavoro, appaiono imprevedibili a priori.

      Al Collegio pare evidente il vizio logico dell'argomentazione trascritta: quella evidenziata dal Ministero del Lavoro non l'"impossibilit giuridica" della reiterazione, bens una mera "difficolt di fatto". Peraltro, quando l'art. 9, comma 1, parla di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi, si riferisce chiaramente alla possibilit giuridica della reiterazione, ossia all'inesistenza di preclusioni giuridiche; senza contare che si riferisce alla reiterazione del permesso di soggiorno, non a quella del contratto di lavoro.

      D'altra parte, se si volesse dare importanza alle previsioni di fatto sulla stabilit del rapporto di lavoro, si dovrebbe dire che neppure un contratto di lavoro a tempo indeterminato garantisce alcuna certezza a questo riguardo, in quanto sempre possibile il licenziamento. E, sempre sul piano delle previsioni di fatto (dato e non concesso che abbiano rilievo ai fini di cui si discute) non del tutto condivisibile la tesi secondo la quale chi lavora con un contratto a tempo determinato si troverebbe, per definizione, in una condizione di precariet: noto infatti che il mercato del lavoro in evoluzione verso un'accentuata mobilit nell'mbito della quale i rapporti a termine e quelli "atipici" tendono ad essere non pi una eccezione ma una costante.

      E' evidente, invece, che la disposizione in esame ha lo scopo di escludere il rilascio della carta di soggiorno nei confronti di chi, pur risiedendo regolarmente in Italia da cinque anni e pi, ha un permesso di soggiorno riferito ad un titolo non giuridicamente reiterabile, o reiterabile solo per un limitato numero di volte. Non compito del Collegio individuare ora i titoli di soggiorno caratterizzati da siffatta limitazione giuridica, ma si possono prospettare gli esempi del soggiorno per motivi di studio (la cui durata intuitivamente limitata in relazione a quella del corso di studi), o per cure mediche; nonch i casi di cui all'art. 40 del regolamento.

      9. Altrettanto viziato, dal punto di vista logico-giuridico, il ragionamento che l'amministrazione costruisce sul presupposto che il richiedente (o sarebbe) rimasto "inoccupato" dall'agosto 1995 al gennaio 2000.

      Il vizio consiste, ad avviso del Collegio, nell'attribuire rilevanza alla (presunta) situazione di fatto, mentre la normativa in esame attribuisce rilevanza unicamente al possesso del permesso di soggiorno e al titolo giuridico di tale permesso.

      Ora, si pu dare per pacifico che l'interessato sempre stato in possesso di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato, sino a che, nell'anno 2000, lo ha convertito in permesso per lavoro autonomo.

      Pertanto, dato e non concesso che ai fini di cui si discute si debba avere riguardo non solo al titolo giuridico del permesso attuale, ma anche al titolo giuridico dei permessi usufruiti nell'ultimo quinquennio, sta di fatto che nell'ultimo quinquennio l'interessato ha usufruito del permesso per lavoro subordinato sino all'inizio del 2000, e successivamente del permesso per lavoro autonomo. Vale a dire, per due titoli giuridici entrambi suscettibili di essere rinnovati per un numero indeterminato di volte.

      Il fatto poi che l'interessato, mentre usufruiva di un permesso per lavoro subordinato, fosse in realt "inoccupato", e che tale situazione si sia protratta per una durata superiore a quella prevista dall'art. 22 del testo unico, avrebbe forse potuto giustificare il diniego del rinnovo alla scadenza; ma se in tale intervallo il permesso di soggiorno stato rinnovato (e si deve ritenere che fra l'agosto 1995 e l'inizio del 2000 vi sia stato almeno un rinnovo), e lo stato con il titolo giuridico del lavoro subordinato, tanto basta per ritenere che l'interessato stato titolare, per l'intero periodo, di un permesso di soggiorno suscettibile di un numero illimitato di rinnovi.

      10. Si pu dunque concludere nel senso che la posizione dell'attuale ricorrente risponde ai primi due requisiti di cui all'art. 9, comma 1, del testo unico (permanenza regolare in Italia da pi di un quinquennio; titolarit attuale di un permesso di soggiorno suscettibile di un numero indeterminato di rinnovi).

      Il diniego della carta di soggiorno, motivato con riferimento alla supposta assenza del secondo requisito, illegittimo e va annullato.

      Resta salva la possibilit che la carta di soggiorno venga ulteriormente negata per altre ragioni.

      Il ricorso va accolto; ma si possono compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, accoglie il ricorso ed annulla l'atto impugnato. Spese compensate.

      Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit amministrativa.

      Cos deciso in Perugia, nella camera di consiglio del 19 giugno 2002, con l'intervento dei signori magistrati:

1) avv. Pier Giorgio Lignani, presidente, relatore

2) avv. Annibale Ferrari

3) dr. Carlo Luigi Cardoni

IL PRESIDENTE, est.

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