Programma Migraction

 

CeSPI-Centro studi di Politica Internazionale

Fieri- Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sull'Immigrazione

 

Pietro Cingolani e Flavia Piperno

 

“Il prossimo anno a casa”. Radicamento, rientro e percorsi translocali: il caso delle reti migratorie Marginea – Torino e Focşani – Roma

 

 “Il prossimo anno a casa”, sono le parole di Gav., un romeno di 40 anni, da dieci anni in Italia,  che lavora e vive con la moglie e i figli a Torino: con queste parole voleva rappresentare un dilemma di difficile soluzione che condivide con molti connazionali.

Le abbiamo scelte come titolo perché ben rappresentano il senso e i risultati della nostra ricerca, volta ad indagare la posizione dei migranti romeni nella società italiana, i loro rapporti con la terra d’origine e il loro ruolo come possibili attori nei processi di co-sviluppo; la ricerca è stata condotta in Italia nelle città di Roma e di Torino e in Romania nella regione della Moldavia, nel paese di Marginea (provincia di Suceava) e nella città di Focşani. Il lavoro si inquadra, dal punto di vista teorico, nel recente dibattito che ha portato all’affermazione negli studi migratori del termine “transnazionalismo”. Invece di focalizzarsi sui temi di studio tradizionali riguardo alle origini degli immigrati e al loro adattamento nelle società riceventi, questa prospettiva si concentra sulle relazioni continue che legano contesti di partenza e contesti d’arrivo e su come tale flusso bidirezionale (talvolta pluridirezionale) di persone, beni, capitali e idee costruisca campi sociali complessi che travalicano i confini nazionali. Attraverso l’analisi delle pratiche transnazionali abbiamo indagato le modalità con le quali  i migranti tengono attivi i legami tra i due poli della migrazione, sia a livello individuale che a livello comunitario, e il tipo di impatto che tali pratiche hanno sullo sviluppo locale. Nella prima parte della ricerca abbiamo inquadrato l’analisi dell’attuale migrazione dalla Romania nei fenomeni di mobilità che si sono presentati in diverse forme prima e dopo il 1989 e che non si esauriscono nella tipologia “migrazione transnazionale”. Nel tempo si sono succedute e intersecate varie forme di mobilità spaziale, la migrazione interna, la migrazione transfrontaliera e la migrazione internazionale. Molti immigrati in Italia hanno alle spalle un’esperienza di questo tipo ed ora, dopo una prolungata permanenza nel nostro Paese, si chiedono se sia arrivato il tempo di tornare definitivamente in Romania. L’ingresso in Europa, che per la Romania è previsto nel 2007, viene percepito come l’ultima occasione per reinserirsi produttivamente nel proprio Paese, con un’economia che si sta sviluppando e salari che si prevedono in crescita. Molti ritengono che l’adeguamento del mercato nazionale alle nuove normative europee richiederà (e sta già in parte richiedendo) tecniche, professionalità, e a volte anche titoli, che è stato possibile acquisire lavorando all’estero. Inoltre si teme che l’aumento dei prezzi e la possibile invasione del mercato romeno da parte di capitali stranieri, soprattutto italiani e tedeschi, renderà nel futuro sempre più difficile tentare un investimento produttivo e dunque si ritiene necessario mobilitare le proprie risorse il prima possibile.

A fronte di un desiderio enunciato, ma raramente concretizzato, sussistono diverse pratiche transnazionali che rientrano nella sfera economica (trasporto di pacchi e di persone; attività di import–export; imprese bilocalizzate; agenzie turistiche…), in quella sociale (associazioni culturali che lavorano come ponte tra Romania e Italia), in quella politica (partecipazione al voto dall’estero) e in quella religiosa (Chiese che offrono servizi per gli immigrati e inviano rimesse nei paesi di origine). Nella maggior parte sono forme di transnazionalismo debole, in un panorama di rapidissima evoluzione istituzionale e geopolitica. Dopo la loro comparsa alcune pratiche si sono intensificate, altre sono scomparse, o ancora si sono modificate al cambiare delle condizioni strutturali, acquisendo livelli di formalizzazione differente. Si tratta per la maggior parte di strategie individuali, senza caratteristiche di organizzazione collettiva, e questo aspetto distingue gli immigrati romeni da altri gruppi presenti in Italia che hanno elaborato modalità comunitarie e strutturate di partecipazione transnazionale (senegalesi, burkinabè…).

Nella seconda parte della ricerca abbiamo analizzato l’impatto del fenomeno migratorio sullo sviluppo dei contesti locali di partenza. La notevole mobilità dei cittadini romeni e la diffusione di pratiche transnazionali, unite al progressivo miglioramento delle condizioni socio-economiche del paese stanno  favorendo, seppur con effetti a volte contraddittori, alcune forme di investimento. Non si tratta, tuttavia, di un processo facile: i testimoni intervistati hanno evidenziato le forti difficoltà connesse al reinserimento socio-economico nel paese di origine.

Il gruppo economicamente più forte in Romania resta quello che non ha mai lasciato il paese e che ha avuto la prontezza e la possibilità di investire immediatamente dopo la caduta del regime, sfruttando le opportunità delle ristrutturazioni e delle privatizzazioni. A fronte di questo gruppo i migranti non appaiono come la nuova classe ricca e propulsiva ma piuttosto come un gruppo che faticosamente aspira a ritagliarsi lo spazio di una classe media più o meno inesistente in Romania.

Il problema della corruzione, unito alla mancanza di una rete sociale forte nel paese di origine, amplifica la difficoltà, per chi torna, di inserirsi in un mercato progressivamente più saturo e competitivo. La debolezza dei migranti è acuita dalla mancanza di strutture in grado di formare gli imprenditori, indirizzarne gli investimenti e diffondere le informazioni necessarie allo sviluppo delle attività. In assenza di informazioni adeguate, nonché di capitali e garanzie iniziali sufficienti, anche l’accesso ai crediti bancari, così come ai fondi elargiti nell’ambito dei programmi UE, rimane una possibilità per pochi, generalmente coloro che non sono mai partiti.

Il difficile accesso alle risorse del mercato locale e la difficoltà che i migranti incontrano nel tradurre la mobilità fisica in mobilità sociale al momento del rientro, porta ad un ulteriore problema:  quello dello scarso riconoscimento dei migranti in quanto portatori di capitale umano, sociale e finanziario. Gli investimenti di chi torna appaiono offuscati dalle più consistenti attività economiche di chi è rimasto La vivacità economica connessa all’emigrazione scompare (tranne casi eccezionali) agli occhi dell’opinione pubblica e, cosa ancor più grave, essa non viene adeguatamente riconosciuta da istituzioni e policy makers che di conseguenza mancano di valorizzare e indirizzare il potenziale di sviluppo dei migranti attraverso politiche idonee.

Tra coloro che sono tornati, la maggioranza ha investito nei settori della ristorazione, dei servizi e del commercio al dettaglio. Abbiamo incontrato alcuni casi di grandi investimenti nell’indotto del settore edilizio, con imprese che arrivano fino a 50 operai, o in settori ancora poco sviluppati e ad alto impatto sullo sviluppo locale, come la filiera agro-alimentare e settori connessi ad attività di pubblica utilità, come la riqualificazione urbanistica e l’igiene pubblica. La ricerca in realtà con caratteristiche differenti (Focşani, una grande città capoluogo di provincia e Marginea, un paese di medie dimensioni in una zona montana) ha messo in luce come vincoli e opportunità dipendano non solo dal quadro di riferimento politico – economico nazionale,  ma soprattutto dalle specificità dei contesti locali. La Romania è caratterizzata da incredibili differenziali di sviluppo interno, secondo una distribuzione estremamente frammentata che abbiamo definito “a macchia di leopardo”: il fenomeno migratorio e gli impatti di tale fenomeno sono differenti a seconda dei contesti locali. Bisogna infine considerare quale tipo di modelli di sviluppo vengono veicolati attraverso le pratiche transnazionali dei migranti. Non sempre tali modelli risultano positivi per il paese di origine e in questo senso si pone il tema cruciale della sostenibilità degli investimenti. Nel caso del  settore del legno abbiamo osservato una corsa indiscriminata verso il taglio e la vendita di travi nella quale gli emigrati traducono i contatti transnazionali in possibilità di esportazione e di profitto. Questa corsa finirà quando l’ingresso in Europa porrà delle regole molto più restrittive in materia di tutela ambientale. L’avvicinarsi all’Europa in questo caso non innesca potenzialità positive ma induce piuttosto la tendenza a prendere finché è possibile senza curarsi dell’impatto violento sull’ambiente.

Come sosteneva Gav. “Il prossimo anno a casa…. Ma dobbiamo tornare a casa con delle idee e fare cose buone e utili, altrimenti perdiamo tutto, in Italia e in Romania”.