Schema di relazione

 

L’UNIONE EUROPEA E L’IMMIGRAZIONE

 

1.    Il trattato costituzionale

Ritengo opportuno rendere subito esplicito il mio punto di vista.

L’esito delle consultazioni referendarie di Francia e Olanda per la ratifica del Trattato costituzionale dell’Unione europea crea serie preoccupazioni per il futuro dell’integrazione europea.

Voglio sottolineare, in particolare, i rischi che si prospettano per la democrazia e per i diritti fondamentali delle persone. Se infatti la terza parte del Trattato costituzionale mantiene quasi tutti i limiti dei Trattati vigenti, sui quali soprattutto si sono appuntati i timori dei cittadini, la prima e la seconda parte del nuovo Trattato introducono a livello sopranazionale innovativi elementi di democrazia e di garanzia dei diritti delle persone, che colmano lacune oggi esistenti. La prima parte del Trattato costituzionale definisce i valori e i principi dell’Unione, i poteri e le procedure istituzionali, ampliando il ruolo e i poteri del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali e introducendo forme di democrazia partecipativa; la seconda parte attribuisce finalmente valore vincolante alla Carta dei diritti fondamentali, sì che la Corte di giustizia ne dovrà garantire il rispetto da parte di tutte le istituzioni dell’Unione.

Se il Trattato costituzionale non dovesse entrare in vigore le fondamentali garanzie che esso introduce in tema di democrazia e di rispetto dei diritti delle persone non vedrebbero la luce e il processo di integrazione europea andrebbe avanti attraverso sempre più faticosi accordi fra i governi, in violazione dei principi costituzionali comuni ai paesi dell’Unione.

Vanno ricordate, in particolare, riguardo al tema dell’immigrazione, le caratteristiche di universalità e di indivisibilità dei diritti fondamentali contenuti nella Carta europea, che li rende applicabili a tutti gli esseri umani che si trovano sul territorio dell’Unione e non solo ai cittadini, e che attribuisce eguale valore a tutti i diritti menzionati, senza distinzione fra i tradizionali diritti di libertà e i diritti economici e sociali.

(Non voglio con ciò disconoscere il fatto che non tutto ciò che si poteva e doveva innovare con il Trattato costituzionale è stato fatto: cito il mio emendamento, non accolto, sulla cittadinanza europea di residenza).

 

2.    Lo spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia

L’eliminazione delle frontiere all’interno dell’Unione europea ha agevolato l’esercizio del diritto dei cittadini europei di circolare e soggiornare nel territorio di tutti gli Stati membri, ma ha posto anche problemi difficili: può favorire la criminalità, libera di spostare più facilmente i suoi traffici da un paese all’altro sottraendosi alla polizia e alla giustizia, se per queste ultime rimangono insuperabili i confini nazionali e può, per quanto qui interessa, aggravare le conseguenze negative di politiche nazionali divergenti in materia di immigrazione e diritto di asilo.

La costruzione dello “Spazio di libertà, sicurezza e giustizia”, prevista dal Trattato di Amsterdam, stipulato nel 1997 ed entrato in vigore il 1 maggio 1999, mira a risolvere questi problemi: in particolare la materia dell’immigrazione, dei visti e del diritto di asilo viene acquisita al diritto comunitario (artt.61, 62 e 63 del Trattato che istituisce la Comunità europea) e viene prevista la possibilità di prendere provvedimenti per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.

Una strategia quinquennale per l’attuazione dello SLSG viene tempestivamente messa a punto dal Consiglio europeo di Tampere dell’ottobre 1999: gli elementi di una politica comune in materia di asilo e migrazione – che includono partenariato con i paesi di origine, regime comune in materia di asilo, equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi e gestione più efficace dei flussi migratori – sono affiancati da due principi generali:

-       l’esigenza di un approccio generale al fenomeno della migrazione che bbracci le questioni connesse alla politica, ai diritti umani ed allo sviluppo dei paesi e regioni di origine e di transito;

-       l’esigenza che alle persone che hanno soggiornato legalmente in uno Sato membro per un periodo di tempo da definire e che sono in possesso di un permesso di soggiorno di lunga durata sia garantita una serie di diritti uniformi il più possibile simili a quelli di cui beneficiano i citadini dell’UE.

Cinque anni dopo, il 5 novembre 2004, il Consiglio europeo dell’Aia ha adottato un nuovo programma quinquennale che, asseritamente, contempla tutti gli aspetti delle politiche connesse allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, compresa la loro dimensione esterna, segnatamente: diritti fondamentali e cittadinanza; asilo e migrazione, gestione delle frontiere, integrazione; lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata... Se appaiono positivi la collocazione dei temi dell’asilo, della migrazione e della gestione delle frontiere nel capitolo del “rafforzamento della libertà” e l’approccio globale al tema del controllo dell’immigrazione, nell’ambito del quale acquistano un ruolo determinante le relazioni esterne e in particolare la partnership con i Paesi terzi, essi sembrano poi contraddetti dal ritorno ad ottiche securitarie in tema di procedure di asilo e di gestione dei flussi migratori.

Anche l’attesa decisione di trasferire alla procedura di codecisione con il Parlamento europeo gran parte delle materie connesse al tema dell’immigrazione, delude per l’esplicita esclusione delle decisioni relative alla materia dell’immigrazione legale, per le quali è mantenuta l’unanimità.

 

3.    Dalle parole ai fatti: le politiche europee

La strategia europea per la costruzione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia non è stata attuata se non in piccola parte per responsabilità dei governi degli stessi Paesi che l’avevano approvata.

Le iniziative più chiaramente rivolte alla migliore gestione dei flussi, all’integrazione dei cittadini di paesi terzi e al riconoscimento dei loro diritti appartengono essenzialmente agli anni 2000-2001 (e anche in questo caso le procedure di adozione, rapide per le proposte che si riferiscono a politiche di contenimento e controllo, sono interminabili per le proposte orientate a politiche di valorizzazione e integrazione).

Dalla fine del 2001 in poi le proposte in materia di asilo e immigrazione sono sempre più condizionate da esigenze di tipo securitario. Il riorientamento appare esplicito nel Consiglio europeo di Siviglia del giugno 2002: il primo posto è assegnato alla lotta contro l’immigrazione clandestina e si abbandona ogni riferimento al ruolo dell’integrazione e delle poltiche rivolte ai migranti legali.

A questo esito contribuiscono varie cause: innanzitutto l’11 settembre 2001 con il suo carico di paure, ma anche il cambiamento del quadro politico complessivo, con la prevalenza di governi di centrodestra, la tradizionale resistenza degli stati nazionali alla “comunitarizzazione” e le profonde differenze che dividono gli Stati membri in relazione all’immigrazione.

Nonostante le norme dei Trattati, le indicazioni dei piani strategici pluriennali, il ruolo positivo svolto dalla precedente Commissione – che nel giugno 2003 ha presentato tre importanti comunicazioni in materia di asilo, immigrazione illegale e integrazione dei migranti, che disegnano una politica europea equilibrata – e dallo stesso Parlamento europeo, con l’approvazione del rapporto Terròn i Cusi del giugno 2003, le attuali politiche migratorie europee mostrano prevalentemente voglia di repressione, scarso coraggio e miopia politica.