Principi comuni riguardo all'espulsione di immigrati irregolari e di richiedenti asilo che non hanno ottenuto lo status di rifugiato

 

Preambolo

 

Negli anni le Organizzazioni non governative hanno documentato in tutta Europa la realtà delle gravi violazioni dei diritti umani collegate alla detenzione e alle operazioni di espulsione di migranti irregolari e di richiedenti asilo che non hanno ottenuto lo status di rifugiato. Analoghe preoccupazioni sono state avanzate dagli organismi internazionali di controllo sul rispetto dei diritti umani, come l’UNHCR, la Relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani dei migranti ed il Consiglio d’Europa. Le ONG firmatarie deplorano l’uso crescente della detenzione finalizzato a scoraggiare i richiedenti asilo e  i migranti. I governi spesso giustificano la detenzione come il solo modo possibile per realizzare una politica efficace di espulsione. Le organizzazioni firmatarie mettono in dubbio la validità di un tale approccio. In realtà, le persone sono spesso detenute anche quando la possibilità di un’espulsione, a causa della mancanza di cooperazione da parte dei Paesi di origine o per altre ragioni, è improbabile.

 

Le organizzazioni firmatarie esortano l’Unione Europea e i suoi Stati membri  a garantire che le politiche di rimpatrio (comprese le operazioni di espulsione e di detenzione) rispettino interamente i bisogni e la dignità delle persone.

 

Il presente documento evidenzia i principi fondamentali che dovrebbero orientare ogni politica di rimpatrio, incluse tutte le eventuali direttive dell’Unione Europea in materia.     

 

Gli standard sul rimpatrio devono trovare applicazione in tutto il territorio degli Stati membri dell’Unione Europea, incluse le cosiddette zone di transito, di frontiera o aeroportuali.

Principi

 

1. Il rimpatrio volontario deve essere sempre la priorità

 

Dovrebbe essere disponibile, e applicata con priorità rispetto al rimpatrio forzato, la possibilità di un accordo consensuale sul rimpatrio obbligatorio, anche attraverso attività di counselling e assistenza materiale. All’interno delle procedure deve essere chiaramente stabilita una distinzione tra la scadenza dell’autorizzazione a soggiornare e l’esecuzione dell’ordine di espulsione, in modo da consentire alla persona un periodo di tempo determinato in cui organizzare il suo rimpatrio volontario.

 

 

2. Le categorie vulnerabili devono ricevere protezione contro l'espulsione

 

Non-refoulment: ogni rimpatrio forzato deve essere realizzato nel rispetto della Convenzione Europea dei diritti umani (CEDU)[1], della Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati ed il suo Protocollo del 1967 (Convenzione sui rifugiati) e degli altri obblighi del diritto internazionale riguardanti i diritti umani. Il principio di non-refoulment deve essere rispettato.

 

Le espulsioni collettive sono proibite dal diritto internazionale[2].

 

Le decisioni di rimpatrio o gli ordini di espulsione devono essere adottati solo quando ogni richiesta di protezione internazionale - incluse quelle basate sulla Convenzione sui rifugiati, sulla Convenzione Europea dei diritti umani (soprattutto gli articoli 3 e 8) e sulla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani e degradanti (CAT) - sia stata rigettata e tutti i mezzi di ricorso siano stati esauriti.

 

I minori[3] non devono mai essere espulsi forzatamente né detenuti. Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia del 1989, i minori non accompagnati[4] devono essere rinviati nel loro Paese d’origine solo se questo offre sicurezza e nel loro stesso superiore interesse. Ciò deve essere verificato caso per caso e non dovrebbe mai trattarsi di una espulsione forzata.

 

Le persone gravemente malate: non si devono intraprendere azioni per espellere persone affette da malattie gravi, a meno che esse abbiano la possibilità di accesso effettivo[5] a cure mediche adeguate nel Paese di origine al momento del ritorno.

 

Le vittime di tratta devono essere protette come previsto dalla Convenzione Europea sulle attività contro la tratta di esseri umani[6] e come proposto nel parere del Gruppo di esperti dell’Unione Europea sulla tratta[7]. Inoltre, altre persone vulnerabili tra cui le persone anziane e le donne incinte, i cui diritti sarebbero violati dal rimpatrio forzato, devono essere protetti da questo tipo di espulsione.

 

Le vittime di violazioni dei diritti umani come lo sfruttamento lavorativo, l’abuso sessuale e di altri reati in genere, dovrebbero poter ottenere garanzie di avere una riparazione, prima che sia eseguita ogni decisione di rimpatrio o ordine d'espulsione.

 

3. Le persone raggiunte da un ordine di espulsione devono sempre aver accesso a strumenti di ricorso effettivo

 

Ogni persona raggiunta da un ordine di allontanamento o di espulsione deve avere diritto ad un ricorso individuale sospensivo all’interno del paese contro tale decisione, davanti ad un organo giurisdizionale indipendente; il ricorso dovrebbe contemplare la possibilità per il ricorrente di sollevare timori di refoulement o di poter subire al proprio ritorno maltrattamenti contrari all’art. 3 della Convenzione Europea sui diritti umani e alla Convenzione contro la tortura, o possibili violazioni dell’art. 8 della CEDU. 

La legge dovrebbe prevedere un periodo di tempo sufficiente per presentare tale ricorso.

 

Il diritto di impugnare una decisione di rimpatrio con effetto sospensivo è particolarmente cruciale per evitare il refoulement di richiedenti asilo che non abbiano potuto proporre appello con effetto sospensivo contro la prima decisione negativa alla loro richiesta di asilo.

 

Dovrebbe essere istituito un meccanismo appropriato per assicurare che le persone vittime di tratta non vengano espulse.

 

Si dovrebbe provvedere per legge alla disponibilità di interpreti e di assistenza legale gratuita, durante l’intera procedura di detenzione e di espulsione.

 

4. La detenzione a scopo di espulsione dovrebbe essere uno strumento di ultima risorsa

 

Le ONG firmatarie della presente presa di posizione desiderano manifestare il proprio disaccordo con il principio della detenzione di stranieri che si trovano in situazione irregolare ma che non hanno commesso alcun reato. Nella misura in cui l’espulsione è consentita dalla legislazione internazionale in materia di rifugiati e di diritti umani, intendiamo ricordare che la detenzione deve rappresentare una eccezione assoluta ed uno strumento di ultima risorsa.

 

Si dovrebbe fare ricorso alla detenzione solo quando alternative meno restrittive o il rilascio incondizionato appaiono insufficienti e quando le misure non detentive si siano dimostrate, su basi individuali, incapaci di garantire il raggiungimento degli scopi legali e legittimi previsti.

 

Secondo l’art. 5 (1) (f) della CEDU, tale detenzione è ammissibile solo dopo che siano stati adottati provvedimenti di espulsione, con la dovuta diligenza. Il limite temporale massimo, che dovrebbe essere il più breve possibile, andrebbe definito per legge. Qualora l’ordine di espulsione non venisse eseguito entro tale limite temporale, il detenuto dovrebbe essere rilasciato.

 

Persone appartenenti a categorie vulnerabili, come minori non accompagnati, famiglie con bambini, donne incinte nei mesi finali della gravidanza, puerpere, vittime di torture e traumi, non dovrebbero mai essere  detenute[8].

 

Il perdurare della necessità della detenzione dovrebbe essere regolarmente riesaminato da un giudice, in un'udienza alla quale il detenuto sia presente. La procedura di riesame dovrebbe prevedere per il detenuto la possibilità di richiedere la libertà provvisoria, in qualsiasi momento. Quando la detenzione venga ritenuta illegale, la persona coinvolta dovrebbe essere rilasciata immediatamente ed ottenere il  diritto esecutivo ad un risarcimento, come previsto dall’art. 5 (5) della CEDU.

 

Le persone in attesa di espulsione dovrebbero essere ospitate in strutture speciali, separate dai delinquenti ordinari, all’interno delle quali uomini e donne devono essere separati e le coppie devono essere alloggiate insieme.

 

Dovrebbe essere garantito dalla legge e dai regolamenti interni di ogni centro, il diritto di avere accesso all’assistenza legale, sanitaria, psicologica e sociale gratuite, come il diritto di ricevere visite dalle famiglie, dalle ONG e dai rappresentanti delle fedi religiose. I regolamenti interni dovrebbero inoltre prevedere la libertà di movimento nel centro, oltre che norme di sicurezza e di igiene.

 

5. L’unità familiare dovrebbe essere strettamente rispettata

 

Genitori e figli non dovrebbero mai essere separati. Una famiglia non dovrebbe essere rimpatriata, se non tutti i suoi membri possono essere rimpatriati.[9]

 

Le famiglie con bambini non dovrebbero essere espulse forzatamente, se è nel superiore interesse del bambino rimanere, ad esempio se il bambino ha subito un grave trauma, ha gravi problemi di salute o ha avviato un processo educativo. I bambini devono poter completare l’anno scolastico iniziato.

 

6. Devono essere creati organismi indipendenti per il monitoraggio ed il controllo

 

Si devono creare organismi indipendenti di ispezione, a livello nazionale e di Unione Europea, incaricati di svolgere visite regolari, improvvise e senza restrizioni, a tutti i luoghi di detenzione e di espulsione, inclusi quelli situati nelle “zone di transito”. Si deve istituire un sistema di monitoraggio indipendente per le procedure di rimpatrio forzato. Tali sistemi possono includere la nomina di osservatori o difensori civici, che conducano inchieste imparziali ed approfondite, ad ogni livello sulle denunce di maltrattamenti.

 

7. L’uso della forza deve essere conforme alle raccomandazioni del Consiglio d’Europa

 

L’allontanamento non volontario deve sempre svolgersi in sicurezza e dignità, con adeguate garanzie per assicurare il rispetto del diritto alla vita, all’integrità mentale e fisica; le espulsioni devono essere conformi alla Raccomandazione 1547 del Consiglio d’Europa.

 

8. Il divieto di rientro deve essere proibito

 

L’esecuzione di un'espulsione non dovrebbe essere seguita da un divieto di rientro, o/e da una registrazione nel sistema informativo Schengen, dato che equivarrebbe ad una doppia punizione e potrebbe avere notevoli conseguenze sul principio di non-refoulment.

 

9. Alle persone che non possono essere rimpatriate dovrà essere garantito uno status legale

 

L’esecuzione di un ordine di allontanamento o espulsione dovrebbero avere luogo entro un tempo ragionevole, fissato per legge. Qualora non si possa dare corso all'espulsione entro questo periodo, l’ordine di espulsione o il rimpatrio dovranno essere revocati o sospesi.

 

Una volta che un ordine di espulsione o di rimpatrio sia revocato o sospeso, alla persona in questione deve immediatamente essere riconosciuto un permesso legale di soggiorno nel territorio che consenta l'esercizio dei diritti. Se, dopo un tempo ragionevole definito per legge, non è possibile dare corso alla decisione di espulsione o rimpatrio, la persona raggiunta dall’ordine di espulsione deve godere dell’opportunità  di richiedere il permesso di residenza stabile. Queste persone non devono mai essere sottoposte a detenzione.

 

Agosto 2005

 

 

Amnesty International, EU Office

Caritas Europa

Churches’ Commission for Migrants on Europe (CCME)

European Council for Refugees and Exiles (ECRE)

Human Rights Watch

Jesuit Refugee Service – Europe (JRS)

Platform for International Cooperation on Undocumented Migrants (PICUM)

Quaker Council for European Affairs

Save the Children

Cimade (France)

Iglesia Evangelica Espanola

Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI)

SENSOA (Belgium)

 

Contatto: Caroline Intrand, CIMADE, 176 rue de Grenelle, F-75007 Paris, Tel: +33 1 44 18 72 65, e-mail: caroline.intrand@cimade.org

 

 

(Traduzione dall'inglese a cura di Caritas Italiana, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia ed Amnesty International - Sezione Italiana)

 

 



[1] Articolo 5 della Convenzione Europea dei diritti umani.

[2] Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, art. 13; Convenzione Europea sui diritti umani, Protocollo 4; Carta Europea dei diritti fondamentali, art. 19.

[3] Si definiscono minori le persone sotto i 18 anni (Convenzione dell’ONU sui diritti dell’infanzia).

[4] I minori di 18 anni che si trovano fuori del loro Paese di origine e separati da entrambi i genitori o dai loro precedenti tutori legali o abituali.

[5] Per “accesso effettivo” si intende quanto definito “accessibilità” dal Comitato delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali CESCR Commento generale n. 14, art, 12 (Accessibilità: strutture, beni e servizi sanitari devono essere accessibili a ciascuno senza discriminazione entro la giurisdizione degli Stati membri. L’accessibilità ha quattro dimensioni che sovrapposte: non discriminazione, accessibilità fisica, accessibilità economica (sostenibilità) ed accessibilità informativa.

[6] Convenzione sulle attività contro il traffico degli essere umani, Consiglio d’Europa, Maggio 2005;  Protocollo delle Nazioni Unite per prevenire, sopprimere e punire il traffico di  persone, specialmente donne e bambini (novembre 2000), articolo 7; gli Stati sono anche tenuti ad adottare misure per prevenire le violazioni dei diritti umani. Commissione delle Nazioni Unite sui diritti umani: Principi fondamentali e linee-guida sul diritto al ricorso e al risarcimento alle vittime di gravi violazioni del diritto internazionale in materia di diritti umani, risoluzione 2005/35, 19/4/2005, allegato 3 (a).

[7] Rapporto del Gruppo di esperti sul traffico di esseri umani, dicembre 2004, allegato 2.

[8] La detenzione è una chiara infrazione dell’art. 37 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, firmata da tutti i membri della UE.  Vedi anche le linee guida dell'UNHCR sui criteri applicabili e gli standard riguardo alla detenzione di richiedenti asilo (febbraio 1999), punto 6: “I  minori che siano richiedenti asilo non potranno mai essere detenuti”; punto 7: Detenzione di persone vulnerabili.  Una valutazione attiva di possibili alternative dovrebbe precedere qualsiasi ordine di detenzione per i richiedenti asilo che appartengano alle seguenti categorie: “Anziani soli, vittime di traumi o torture, disabili mentali o fisici.”   Punto 8: detenzione di donne: “Come regola generale deve essere evitata la detenzione di donne agli ultimi mesi di gravidanza, o che stiano allattando, poiché entrambe possono avere particolari necessità”

[9] Art. 8 dell’CEDU: diritto alla vita familiare.