CONTINUA LA MILITARIZZAZIONE DELLE POLITICHE MIGRATORIE EUROPEE.
Le prospettive di regolarizzazioni offerte dalla riapertura del decreto flussi e lĠattuazione di direttive comunitarie in materia di carta di soggiorno per i lungo residenti e di ricongiungimento familiare,atti dovuti per i quali era gi aperta da mesi la procedura di infrazione contro lĠItalia, responsabile di non avere rispettato la normativa comunitaria, non possono nascondere il vero nucleo della politica migratoria italiana, basata sul mantenimento dei centri di detenzione amministrativa e sul perfezionamento di accordi di polizia e di accordi di riammissione per rendere sempre pi sbrigative le pratiche di respingimento e di allontanamento forzato.
Le modeste aperture nei confronti degli immigrati regolari non possono bilanciare lĠulteriore inasprimento della repressione nei confronti di chi cerca di raggiungere il nostro paese, uomini in fuga, donne, spesso in stato di gravidanza, minori non accompagnati, in qualche caso neonati.
Proprio nei giorni in cui lĠattacco di Israele al Libano sta producendo centinaia di migliaia di nuovi profughi nessuno sembra pi ricordare che molti dei cd. clandestini che arrivano sulle coste italiane sono potenziali richiedenti asilo frutto delle politiche di sfruttamento e di guerra ÒumanitariaÓ decise dai paesi pi industrializzati del mondo.
La persistente mancanza di canali di ingresso nella legalit, in tutti i paesi europei, accomuna la sorte dei richiedenti asilo, di giovani in cerca di lavoro, anche stagionale, e di persone che non rientrano nelle strettoie delle pratiche di ricongiungimento familiare stabilite ormai a livello europeo.
Di fronte a questa umanit si vorrebbe ancora rispondere con il Òpattugliamento congiuntoÓ del Mediterraneo centrale, un passo in avanti verso la collaborazione tra le forze di polizia e la militarizzazione delle frontiere ai danni dei migranti che si era gi sperimentata nel 2004 durante il caso Cap Anamur.
Il progetto europeo di contrasto congiunto dellĠimmigrazione clandestina, denominato FRONTEX, gi costato milioni di euro, e, soprattutto, centinaia di vittime davanti alle coste spagnole, tra le Canarie e il Marocco. La nuova ipotesi del programma JASON 1, che vorrebbe coinvolgere il governo libico nel blocco in mare delle carrette che tentano di raggiungere le coste italiane, per un immediato respingimento verso i porti della Libia, progetto sponsorizzato dal nuovo ministro dellĠInterno Amato, con lĠavallo del Commissario Europeo Frattini e del Ministro dellĠInterno tedesco Scheuble oggi offerto allĠopinione pubblica come rimedio efficace di fronte ad un problema che si continua a considerare esclusivamente come una questione di repressione e di militarizzazione delle frontiere.
In questo quadro, pu costituire la premessa per gravi violazioni dei diritti fondamentali della persona lĠinvio di agenti di polizia tedeschi a Lampedusa, assai probabilmente nella prospettiva della organizzazione di voli congiunti ( italo-tedeschi) per organizzare espulsioni collettive verso paesi nei quali lĠItalia non effettua rimpatri, ma nei quali da tempo la Germania spedisce richiedenti asilo denegati che vengono consegnati dalla polizia tedesca nelle mani dei loro persecutori ( come successo in diverse occasioni per i Kurdi respinti dalla Germania in Turchia).
La collaborazione a livello europeo nelle politiche di rimpatrio forzato si basa sulla militarizzazione delle frontiere, sulla cancellazione del diritto di asilo e di protezione umanitaria, sulla generalizzazione della detenzione amministrativa come strumento ordinario di regolazione dei flussi migratori. Nessuno sembra disposto ad ammettere il fallimento delle politiche europee di chiusura nei confronti dei migranti basate sugli accordi di Schengen e di Dublino, quando ormai evidente che i paesi pi deboli delle frontiere esterne, Malta e Cipro in particolare, non sono nelle condizioni di garantire lĠattuazione di questi accordi nel rispetto dei diritti umani e del diritto di asilo.
Piuttosto che un serio sforzo per un mutamento delle politiche in materia di immigrazione, a partire da un riconoscimento pieno del diritto di asilo e dalla riapertura di canali di ingresso legale per lavoro, si preferisce tranquillizzare lĠopinione pubblica inasprendo i meccanismi di respingimento e di detenzione, predisponendo adesso un sistema militare che dovrebbe rigettare i migranti in fuga verso la polizia libica.
Dopo le rassicurazioni di Amato circa il mutamento di destinazione del centro di detenzione di Lampedusa, che sarebbe stato ÒtrasformatoÓ in Centro di prima accoglienza, e la annunciata cessazione delle espulsioni collettive verso la Libia
( praticate dal governo italiano sino allo scorso marzo), la realt di questi giorni continua a smentire quanti tentano di proporre una versione ÒumanitariaÓ della politica migratoria italiana e della struttura che da anni il simbolo degli abusi subiti dai migranti che dai sud del mondo giungono in Europa.
Il Canale di Sicilia continua a mietere vittime dell'immigrazione, frutto delle politiche repressive e degli accordi di riammissione ancora in atto malgrado il cambiamento di maggioranza politica a Roma. E le prospettive sono assai fosche se la collaborazione dei militari tedeschi si tradurr in tentativi di blocco delle barche dei migranti di fronte alle coste libiche.
Il governo, il
ministro dellĠinterno ed i vertici di polizia oggi stanno tentando di svuotare
il cpt di Lampedusa, e di organizzare voli di rimpatrio congiunti
italo-tedeschi, per accreditare la tesi che ormai si tratterebbe soltanto di un
centro di prima accoglienza. Ma intanto si sta procedendo nella
ristrutturazione di un nuovo centro di detenzione a Lampedusa, ancora pi
grande, ubicato allĠinterno dellĠisola nella vecchia caserma Polonio ceduta
dallĠesercito alla Prefettura di Agrigento. Non si sa intanto che fine fanno le
persone trasferite in Sicilia ed in Puglia,di quali provvedimenti siano
destinatari, n con quali criteri avvengano le prime identificazioni e le
decisioni circa le localit verso cui trasferire gli immigrati. I trasferimenti
di massa da Lampedusa spostano i problemi altrove, le tragedie delle persone
che vengono sbattute da un centro all'altro si moltiplicano.Le fughe, i gesti
di autolesionismo, gli abusi nei centri di detenzione italiani ormai non si
contano pi e non ci si potr affidare esclusivamente allĠazione della
magistratura che, oltre al processo in corso a Bologna, ha confermato le accuse
e le denunce delle associazioni antirazziste per le violenze commesse
allĠinterno del centro di detenzione ÒRegina pacisÓ di Lecce.
Quanto avviene da
tempo nel Canale di Sicilia, ed a Lampedusa in particolare, conferma la
persistente ingestibilit della "macchina" CPT-CDI, il fallimento dei
tentativi di umanizzazione, e la necessit di una chiusura di queste strutture
di detenzione amministrativa con la modifica delle normative in materia di
asilo, di controllo degli ingressi, di espulsione, di respingimento e di
accompagnamento forzato in frontiera. Occorre al pi presto stabilire
l'apertura di nuovi canali di ingresso legale per lavoro, anche stagionale (
era anche nel programma di Prodi) perch la riapertura sul decreto flussi
ostacolata con tutti i cavilli possibili dalle Questure e riguarda per la quasi
totalit soltanto immigrati gi presenti in Italia da tempo.
Le associazioni ed i movimenti siciliani continueranno nella loro
mobilitazione contro gli accordi di riammissione e per la chiusura di tutti i
CPT a partire da quello di Lampedusa, consapevoli che, anche se tale chiusura
non potr essere immediata, rimane la prospettiva decisiva nella quale deve
collocarsi una gestione amministrativa meno restrittiva degli ingressi e del
soggiorno degli immigrati ed una seria ipotesi di modifica legislativa della
disciplina delle espulsioni e degli accompagnamenti in frontiera.
Fulvio Vassallo Paleologo - Universit di Palermo