Adozione internazionale e soggiorni climatici: interferenze e problemi giuridici

di Luigi Fadiga*

Entrano ogni anno in Italia per soggiorni di tipo assistenziale circa 35.000 bambini stranieri, che vengono accolti temporaneamente presso famiglie. Il fenomeno ha avuto un inizio spontaneo nei primi anni Novanta a seguito della tragica esplosione nucleare di Chernobyl che aveva determinato soprattutto in Bielorussia un gravissimo inquinamento ambientale, con lĠesigenza di allontanare periodicamente i bambini dalla zona radioattiva organizzando per loro soggiorni terapeutici in zone climaticamente appropriate.

La generosa risposta di soggetti pubblici e privati (Comuni, associazioni, parrocchie, ecc.) ha fatto ben presto lievitare in maniera imponente il numero degli ingressi annui. Dai 29.000 ingressi del 1994 si  passati a pi di 50.000 nel 1996, con una lenta diminuzione successiva e una stabilizzazione negli ultimi cinque anni pari a circa 35.000 ingressi annui.

Nel 1995, secondo i dati forniti dal Comitato per i minori stranieri del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il 53% dei 41.000 bambini entrati in Italia proveniva dalla Repubblica di Belarus; il 19% dallĠUcraina; il 6% dalla Russia; il 18% dai paesi dellĠex Jugoslavia; il 6% dalla Romania. Nello stesso periodo e secondo la stessa fonte, gli organismi che si occupavano di organizzare i soggiorni cercando bambini allĠestero e famiglie di accoglienza in Italia erano stimati in pi di cinquecento. A distanza di dieci anni, nel 2004, dei 35.820 bambini entrati per soggiorno climatico il 73,6% proveniva dalla Repubblica di Belarus; il 16,7% dallĠUcraina; il 3,4% dalla Russia; il 2,8% dalla Bosnia; lĠ1,7% da altri paesi dellĠex Unione Sovietica. Le associazioni e gli organismi promotori dei soggiorni erano 346.

Col passare del tempo, lĠoriginario collegamento con la tragedia di Chernobyl  andato gradualmente attenuandosi e i programmi di accoglienza temporanea hanno assunto una motivazione pi generica di solidarietˆ verso minori bisognosi abitanti in zone povere, principalmente dellĠEuropa orientale.

I minori interessati a tali programmi possono essere anche abbastanza piccoli (sei anni  il limite minimo di etˆ previsto dallĠart. 33 del T.U.); possono restare in Italia presso famiglie di accoglienza per un periodo annuo massimo anche continuativo di novanta giorni estensibili a 150; entro tali limiti il soggiorno pu˜ essere ripetuto per pi anni consecutivi presso la stessa famiglia. I minori provengono in parte dalla famiglia di origine ed in parte da istituti di assistenza, ove fanno ritorno al termine del periodo trascorso presso la famiglia italiana di accoglienza.

 

            A livello giudiziario lĠesperienza mostra che il fenomeno presenta problemi ed inconvenienti. Si verificano infatti parziali sovrapposizioni e intersecazioni preoccupanti con lĠadozione internazionale. Molti bambini non provengono dalla loro famiglia, ma da istituti assistenziali dove vivono in sostanziale situazione di abbandono. Questo ne fa molto spesso dei bambini affetti da gravi carenze affettive, estremamente bisognosi sul piano psicologico di nuove figure genitoriali. La reiterazione dei soggiorni presso la stessa famiglia di accoglienza crea rapidi ammaternamenti e profondi vincoli affettivi di tipo genitore/figlio, e il reciproco desiderio di renderli definitivi attraverso lĠadozione. Infine, secondo la normativa di alcuni paesi di provenienza, il direttore dellĠistituto di assistenza ha poteri tutori sul minore, e pu˜ quindi dare il consenso allĠespatrio senza necessitˆ di interpellare i genitori.

Aspetti negativi presenta anche la scelta delle famiglie italiane di accoglienza. Infatti non sono previsti corsi di formazione o di preparazione, e non vengono interpellati nŽ i servizi sociali locali nŽ i tribunali per i minorenni. Malgrado le evidenti controindicazioni, accade che tra le famiglie di accoglienza vi siano anche famiglie candidate allĠadozione nazionale o internazionale o, peggio, famiglie dichiarate non idonee allĠadozione internazionale.

Difficoltˆ rilevanti emergono quando la famiglia di accoglienza desidera rendere definitivi i legami di affetto sorti col minore dopo alcuni anni di soggiorni temporanei, e ne chiede lĠadozione. Molto spesso questa si rivela giuridicamente impossibile per mancanza dei requisiti richiesti dalla legge italiana (etˆ, matrimonio, ecc.). Per di pi, il minore di cui si desidera lĠadozione  cittadino straniero e non pu˜ essere dichiarato in stato di abbandono dal giudice italiano. Non  possibile perci˜ nemmeno lĠadozione nazionale secondo la legge italiana. Recenti decisioni giudiziarie hanno cercato di allargare questi limiti, ma cĠ da chiedersi se questo  un bene. In tal modo infatti lĠaccoglienza temporanea rischia di trasformarsi in un circuito alternativo allĠadozione internazionale, privo delle garanzie e dei controlli che la Convenzione de LĠAja stabilisce nellĠinteresse del minore. Anche il principio di sussidiarietˆ rischia di essere aggirato. Infine, numerosi sono stati i casi di minori che al termine del soggiorno si sono rifiutati di ritornare nel loro paese, o vi sono ritornati con grande sofferenza e difficoltˆ.

Tutto ci˜  assai frequente nel caso di minori provenienti dalla Bielorussia, mentre  pi raro nel caso di minori provenienti da altri paesi. Si pu˜ ipotizzare che questo fenomeno vada messo in relazione, almeno in parte, col fatto che con la Bielorussia si sono fatte sino ad ora poche adozioni internazionali, diversamente per quanto  accaduto con Russia, Ucraina e Romania. Secondo le statistiche del Ministero della Giustizia, nel 1998 un solo minore bielorusso  entrato in Italia per adozione internazionale a norma della legge 4.5.1983 n.184. Nello stesso periodo, i minori bielorussi entrati per programmi solidaristici di accoglienza temporanea sono stati 28.907. Per quanto riguarda il 1999, le cifre sono abbastanza simili: appena 30 per adozione internazionale, e 28.498 per programmi solidaristici. Dalla Russia, viceversa, nel 1998 sono entrati in Italia 881 bambini per adozione internazionale e 1614 per accoglienza temporanea; e nel 1999 sono stati 1015 per adozione internazionale e 1346 per accoglienza temporanea. DallĠUcraina, i dati del 1998 sono: adozioni internazionali 128, accoglienze temporanee 8011; quelli del 1999 sono: adozioni internazionali 321, accoglienze temporanee 7611. Per quanto riguarda la Romania, i bambini entrati in Italia per adozione internazionale sono stati 361 nel 1998, e 382 in accoglienza temporanea; nel 1999 sono stati 570 per adozione internazionale, e 472 per accoglienza temporanea.

Recentemente la situazione non sembra cambiata. Infatti, nel 2003 sono entrati in Italia per adozione 167 minori bielorussi, ma nello steso periodo i minori bielorussi entrati per soggiorno climatico temporaneo sono stati 26.713. Per quanto riguarda gli altri paesi, nello stesso anno sono giunti in Italia dallĠUcraina per adozione 270 bambini e per accoglienza temporanea 5.486; dalla Romania 23 bambini per adozione e 338 per accoglienza temporanea. Il dato della Russia non  significativo, non essendovi stati ingressi per adozione in quel periodo da quel Paese.

Sembra dunque esistere una interazione tra i due fenomeni: lˆ dove maggiore  il numero di bambini in accoglienza temporanea,  minore il numero di bambini adottati con lĠadozione internazionale. La maggiore rapiditˆ e la facilitˆ con cui si pu˜ offrire ad un bambino straniero una reiterata e prolungata accoglienza agisce dunque da freno alla richiesta di adozione internazionale, o quanto meno contribuisce a frenarne la crescita.

Data lĠestensione raggiunta, il fenomeno dellĠaccoglienza temporanea preoccupa i giudici minorili per le sue potenzialitˆ di trasformarsi in circuito alternativo allĠadozione internazionale. In effetti, nellĠesperienza giudiziaria di un qualsiasi tribunale per i minorenni  sempre pi facile imbattersi in procedimenti ove si chiede di trasformare lĠaccoglienza in affidamento e lĠaffidamento in adozione, quale che sia la formula giuridica utilizzabile. Pur non essendovi ancora dati statistici al riguardo (ma una ricerca in tal senso  auspicabile) sembra che siano pendenti davanti ai tribunali per i minorenni circa trecento domande di questo tipo. Esse possono sembrare ben poca cosa rispetto ai trentamila minori in accoglienza temporanea di cui sopra si  detto, rappresentando appena lĠuno per cento di quel totale. Ma quelle stesse domande non sarebbero pi irrilevanti, se rapportate al numero annuo di adozioni internazionali, che in Italia  di circa tremila.

I dati e le considerazioni che precedono sembrano autorizzare una conclusione: che cio i minori in accoglienza temporanea devono essere considerati minori a rischio. Come lĠallontanamento dalla famiglia va ponderato con estrema attenzione e va inserito nellĠambito di un progetto finalizzato al definitivo ritorno, cos“ lĠallontanamento temporaneo dallĠambiente di vita e dal paese dĠorigine va ponderato con attenzione anche maggiore per gli effetti psicologicamente negativi che pu˜ avere sul bambino e per il pregiudizio che pu˜ derivargliene. Posto periodicamente a contatto con realtˆ diverse e lontane; inserito in un clima familiare caldo ed accogliente ma poi da questo allontanato; illuso di avere finalmente trovato quellĠaffetto che da tanto tempo cerca, egli rischia di subire frustrazioni e disadattamenti gravi ritornando alla sua immutata situazione abituale. E quando poi questa , come spesso accade, una situazione di sostanziale abbandono (quando cio si tratta di minori provenienti da istituti assistenziali), ancora pi cocente e talora crudele  la sua sofferenza.

Occorre dunque riflettere se per questi casi non sia pi opportuno e pi corretto il ricorso allĠadozione internazionale, nel quadro della convenzione de LĠAja e con tutte le garanzie che la convenzione ora appresta. Vale a dire: preventivo accertamento dellĠadottabilitˆ del minore fatto dalle autoritˆ del paese dĠorigine; preventivo accertamento dellĠidoneitˆ della coppia fatto dalle autoritˆ del paese di destinazione; successivo abbinamento minore-coppia concordato fra le autoritˆ medesime; pronuncia di adozione da parte del competente giudice straniero, inserimento definitivo del bambino a pieno titolo nella sua nuova famiglia e nella sua nuova terra. Il tutto, nel massimo rispetto e nella convinta e concreta applicazione del principio di sussidiarietˆ che la Convenzione de LĠAja pone a suo fondamento. E se la condizione di adottabilitˆ manca, meglio allora pensare anzitutto a programmi di sostegno a distanza, a interventi di cooperazione internazionale effettuati nel paese dĠorigine: a progetti insomma che non richiedano lĠallontanamento del minore nŽ dalla sua famiglia nŽ dalla sua terra.


Tabella n. 1

Minori stranieri entrati in Italia per soggiorni terapeutici nel 1995 e nel 2004. Percentuali.

 

Paese dĠorigine

Entrati nel 1995

Entrati nel 2004

Bielorussia

53,0

73,6

Ucraina

18,0

16,7

Ex Jugoslavia

17,0

2,8*

Romania

6,0

--

Russia

6,0

3,4

Altri Paesi

--

3,5

Totale

100,0

100,0

N.

41.000

35.820

* Bosnia

Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

 

 

Tabella nr. 2

Numero di minori stranieri entrati in Italia per soggiorni terapeutici e per adozione internazionale negli anni 1998, 1999 e 2003.

 

Paese dĠorigine

Entrati per soggiorni terapeutici

Entrati per adozione internazionale

 

1998

1999

2003

1998

1999

2003

Bielorussia

28.907

28.498

26.713

1

30

167

Russia

1.614

1.346

--

881

1.015

--

Ucraina

8.011

7.611

5.486

128

321

270

Romania

382

472

338

361

570

23

Totale

38.914

38.527

32.537

1.371

1.936

460

Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali



* giˆ presidente del Tribunale per i minorenni di Roma