(Sergio Briguglio 15/12/2006)

 

CONSIDERAZIONI E PROPOSTE SULL'INGRESSO E SOGGIORNO PER AUTOSPONSORIZZAZIONE

 

In questa nota si esaminano i pro e i contro della reintroduzione nella normativa della modalita' di ingresso per autosponsorizzazione, e si propone una possibile struttura della relativa disciplina.

 

Pro

 

1.     L'ingresso per autosponsorizzazione, come quello per sponsorizzazione, permette l'incontro diretto tra domanda e offerta di lavoro, indispensabile perche' nascano i rapporti di lavoro, soprattutto nei settori a bassa qualificazione (per i quali il curriculum vitae e' irrilevante). Una possibile alternativa - un incontro reso possibile da un reclutamento effettuato dai datori di lavoro nei paesi di origine - risulta costosa e improponibile per famiglie e piccole imprese. L'altra possibile alternativa - reclutamento a distanza effettuato tramite una sorta di agenzia di somministrazione - e' stata sperimentata in modo fallimentare dall'OIM nel 2000-2001[1]. Potrebbe funzionare se gestita da una vera agenzia di somministrazione, ma occorre tenere conto del fatto che la somministrazione di lavoro e' vista con favore dagli imprenditori anche perche' di fatto consente loro di aggirare efficacemente le limitazioni imposte dalla legge in materia di stipulabilita' dei contratti a termine (si traduce, cioe', in un prolungamento a piacere del periodo di prova); la cosa creerebbe gravi problemi se i lavoratori somministrati fossero sradicati con molta leggerezza dal paese di provenienza

 

2.     A differenza dell'ingresso per chiamata nominativa o per sponsorizzazione da parte di privato, quello per autosponsorizzazione non richiede la preventiva conoscenza di un potenziale datore di lavoro o di un potenziale sponsor in Italia. Non rende quindi necessario un soggiorno preparatorio in Italia (effettuabile, nei fatti, solo in condizioni illegali).

 

3.     Lo stesso vantaggio puo' caratterizzare la sponsorizzazione cieca (su base numerica anziche' nominativa) da parte di istituzioni (es.: enti locali) o associazioni. Tuttavia, queste forme di sponsorizzazione, quando la normativa le ammetteva, non sono state praticate. EÕ dubbio che lÕatteggiamento di istituzioni e associazioni sia, nel frattempo, mutato.

 

4.     L'autosponsorizzazione (come pure la sponsorizzazione da parte di privato) ha incontrato invece il favore immediato dei soggetti interessati. In particolare, la quota riservata dal decreto flussi del 2000 per gli albanesi, rimasta quasi inutilizzata a seguito delle chiamate nominative[2], fu esaurita dagli ingressi di lavoratori autosponsorizzati (la cosa era consentita, in via sperimentale, dallo stesso decreto flussi). Sebbene esistano solo dati ufficiosi sull'esito di quegli ingressi, se ne ricava che solo una piccola percentuale dei lavoratori cosi' entrati non riuscirono a inserirsi nel mercato del lavoro[3].

 

5.     L'autosponsorizzazione rappresenta la modalita' di accesso al mercato del lavoro piu' simile a quella fino ad oggi praticata nei fatti: l'overstaying. Al di la' delle enunciazioni formali, l'accesso al lavoro e al soggiorno mediante overstaying e' stato consentito, sia pure ex post, dalle sanatorie e dall'uso improprio della chiamata nominativa per soggetti gia' presenti in Italia (si pensi alle 520.000 chiamate del 2006). Rispetto all'overstaying, l'autosponsorizzazione, tuttavia,

 

6.     L'autosponsorizzazione e', al di la' della denominazione, pienamente consentita per i lavoratori comunitari, anche quando siano in vigore restrizioni transitorie al pieno accesso al mercato del lavoro. I lavoratori neocomunitari sono infatti pienamente legittimati a cercare occupazione in Italia, anche quando il perfezionamento dell'assunzione sia condizionato, per quelle restrizioni, alla richiesta di autorizzazione al lavoro.

 

 

Contro

 

1.     Diversamente dalla chiamata da parte di un datore di lavoro e dalla sponsorizzazione, non vi e' alcun soggetto stabilmente inserito in Italia che si faccia garante del buon andamento del soggiorno (e, in caso di necessitaÕ, del rimpatrio) del lavoratore straniero.

 

2.     Diversamente dalla chiamata da parte di un datore di lavoro (ma al pari della sponsorizzazione), l'autosponsorizzazione corrisponde all'ingresso di un lavoratore disoccupato e, quindi, in condizioni economicamente precarie. C'e' il rischio che la cosa si traduca in un onere per il welfare.

 

3.     C'e' comunque un rischio di prolungamento illegale del soggiorno in caso di fallimento della ricerca, nel tempo consentito, di un posto di lavoro.

 

4.     Il lavoratore autosponsorizzato potrebbe anche stipulare con un datore di lavoro compiacente un contratto di lavoro destinato a durare solo per il tempo necessario a ottenere la stabilizzazione del soggiorno (con la conversione del permesso temporaneo in un permesso di soggiorno per lavoro subordinato).

 

5.     L'istituto  dell'autosponsorizzazione puo' essere confuso dall'opinione pubblica con una prematura liberalizzazione dell'immigrazione per lavoro.

 

6.     L'autosponsorizzazione rischia di risultare un canale di accesso al lavoro ulteriore rispetto all'overstaying e alle altre forme di accesso illegale, piuttosto che alternativo a queste. Il tasso di illegalita' che oggi caratterizza il soggiorno degli stranieri in Italia potrebbe quindi rimanere invariato anche in presenza di tale canale.

 

 

Linee-guida per una minimizzazione dei rischi

 

Per dare adeguata risposta alle prime tre obiezioni riportate nel paragrafo precendente, occorre fare in modo che il lavoratore straniero

á      sia in grado di provvedere al proprio sostentamento (e alla copertura delle eventuali spese per l'assistenza sanitaria) per tutto il periodo consentito di ricerca di lavoro;

á      sia, durante tutto il suo soggiorno in Italia e fin dal suo ingresso, pienamente identificabile;

á      possa essere rimpatriato senza difficolta' e senza oneri per lo Stato in caso di esito negativo della ricerca di lavoro, violazione delle norme relative al soggiorno o commissione di reati rilevanti.

Questo risultato puo' essere ottenuto prevedendo

á      il deposito di una somma opportuna in un fondo da cui possa essere prelevata solo entro limiti che garantiscano il perdurare della copertura per tutto il soggiorno per inserimento nel mercato del lavoro;

á      il prelevamento delle impronte digitali in fase di rilascio di visto o di attraversamento della frontiera (in perfetta analogia con quanto avviene oggi in fase di ingresso negli Stati Uniti);

á      il deposito di risorse sufficienti per il rimpatrio.

Nella piuÕ sfavorevole delle ipotesi (overstaying o commissione di reati, con distruzione dei documenti di identita'), lo straniero risulterebbe immediatamente riconoscibile alla prima intercettazione, tramite l'associazione impronte-passaporto (una copia di questo essendo depositata in questura), e sarebbe rimpatriabile senza oneri per lo Stato.

 

La quarta obiezione (contratto strumentale) e' relativa a un rischio presente per qualunque lavoratore straniero, essendo giaÕ oggi il rinnovo del permesso di soggiorno sostanzialmente condizionato all'esistenza di un rapporto di lavoro (ma si pensi anche ai criteri per le ultime regolarizzazioni). Trattandosi di primo accesso dello straniero al mercato del lavoro, una norma che prevedesse il versamento anticipato di un certo ammontare di contributi da parte del datore di lavoro rappresenterebbe una discriminazione rispetto al lavoratore italiano compatibile con i vincoli posti dalla Convenzione OIL 143/1975 e costituirebbe un elemento di dissuasione dal ricorso a rapporti di lavoro strumentali.

 

Per tener conto della quinta obiezione (rischio di invasione), e' opportuno prevedere che il Governo possa regolare a piacimento, in sede di programmazione dei flussi, l'ampiezza del canale di ingresso per autosponsorizzazione, con la definizione di una quota specifica, ma anche - se serve - con il dimensionamento di specifici requisiti (ad esempio, l'ammontare delle risorse atte a garantire il sostentamento). Potrebbe cosi' essere avviata una fase di sperimentazione, con quote ridotte (eventualmente riservate a paesi "sicuri") e requisiti abbastanza stringenti. La sperimentazione potrebbe poi essere arricchita dal differenziare l'intervento pubblico su diversi sottogruppi dell'insieme dei lavoratori entrati per autosponsorizzazione (ad esempio, prevedendo fasi di formazione o di sostegno nella ricerca di lavoro solo per alcuni sottogruppi, e valutando poi costi e benefici di tali forme di supporto). In ogni caso, la fase sperimentale dovrebbe essere accuratamente monitorata.

 

In caso di successo, una volta regolati adeguatamente, in base all'esperienza, i requisiti soggettivi per questo tipo di ingresso, si potrebbe dare un peso via via crescente al canale dell'autosponsorizzazione, soprattutto ove questo si riveli opportuno alla luce dell'andamento dei flussi relativi alle altre modalita' consentite.

 

La sesta obiezione (rischio che i soggiorni per autosponsorizzazione si sommino a quelli illegali, anziche' ridurne il numero) puo' trovare risposta solo nel lungo periodo. Occorre far si' che chi aspiri a migrare trovi preferibile l'attesa della propria chance di immigrazione legale per autosponsorizzazione rispetto all'attesa di una sanatoria o di un ricorso impoprio alla chiamata nominativa. La cosa puo' essere ottenuta con il concorso di

á      un opportuno dimensionamento di quote e requisiti per l'autosponsorizzazione;

á      la definizione di criteri certi per la gestione delle liste di attesa in caso di domande di ingresso in eccesso rispetto alla quota fissata;

á      una progressiva dissuasione dell'overstaying mediante il prelevamento delle impronte in fase di rilascio del visto di ingresso per turismo e la registrazione delle uscite dal territorio dello Stato (con divieto di reingresso per un certo periodo per chi abbia prolungato in moo illegale un precedente soggiorno).

Nota bene: norme come quelle riportate in questÕultimo punto, pero', dovrebbero essere introdotte solo a regime, previa verifica dell'effettivo funzionamento dei canali di accesso legale. Un'introduzione prematura produrrebbe solo l'effetto di condannare ancora piu' radicalmente all'illegalita' l'intero flusso migratorio.

 

 

Uno schema possibile

 

Gli elementi principali di una disciplina dell'istituto dell'autosponsorizzazione corrispondente alle linee-guida esposte nel paragrafo precedente potrebbero essere allora i seguenti:

 

a.     E' consentito, nell'ambito della quota fissata dal decreto-flussi, l'ingresso per inserimento nel mercato del lavoro allo straniero che dimostri, nei modi stabiliti dal regolamento di attuazione, la disponibilita'

b.     La disponibilita' di dette somme si considera dimostrata se sono state versate in un apposito fondo. Le modalita' per l'effettuazione, in relazione a tale deposito, di versamenti, prelievi ed estinzione sono disciplinate con decreto ministeriale.

c.     Le domande di visto di ingresso per inserimento nel mercato del lavoro possono essere presentate, anche per via postale, in qualunque momento dell'anno. In caso di superamento della quota definita dal decreto-flussi, le domande sono raccolte in un'apposita lista gestita da uno dei ministeri competenti. La graduatoria e' fondata sul criterio di anzianita' di inserimento nella lista e su eventuali altri criteri "di merito" predeterminati (per esempio, nel documento programmatico triennale). Lo straniero e' tenuto a confermare di anno in anno, anche per posta, la propria iscrizione nella lista.

d.     Il visto di ingresso per inserimento nel mercato del lavoro e' rilasciato con durata non superiore a un anno (o al periodo piuÕ breve stabilito dal decreto-flussi).

e.     Allo straniero che intende fare ingresso per inserimento nel mercato del lavoro sono rilevate le impronte digitali (o altri dati biometrici idonei ad identificarlo univocamente).

f.      Il permesso di soggiorno e' rilasciato con la stessa durata del visto (opzionale: ed e' rinnovabile, con durata eventualmente commisurata alla rinnovata disponibilita' di risorse, alle stesse condizioni che ne consentono il rilascio).

g.     Il titolare del permesso ha facolta' di svolgere qualunque attivita' lavorativa consentita allo straniero. Ai fini retributivi e contributivi si applicano, in caso di prestazioni occasionali, le disposizioni sulle prestazioni di lavoro accessorio, di cui all'articolo 72 del D. Lgs. 276/2003, e successive modificazioni.

h.     Il permesso e' convertito, su richiesta, alla scadenza o in un qualunque momento precedente, in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato (anche stagionale), o autonomo, a condizione che il titolare dimostri di essere in possesso dei requisiti previsti per il rilascio di tali permessi. La conversione in permesso di soggiorno per lavoro subordinato (anche stagionale) e' condizionata al versamento anticipato da parte del datore di lavoro di un ammontare di contributi fissato con decreto ministeriale.

 



[1] L'OIM esamino' circa 5000 lavoratori albanesi intenzionati a migrare in Italia e ne certifico' le qualifiche, proponendoli, ai fini della chiamata nominativa nell'ambito della quota riservata (1500 ingressi), ad una moltitudine di realta' imprenditoriali. In tutto, da parte degli imprenditori cosi' sollecitati, furono effettuate una sessantina di chiamate...

[2] Vedi nota precedente.

[3] Vedi i dati riportati in S. Briguglio, I criteri di ammissione dei migranti per lavoro, tra normativa italiana e armonizzazione europea: la difficile gestazione del diritto di immigrazione, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, 2004, n. 104.

[4] Opzionale. Inserito per accogliere un'esigenza manifestata da alcuni rappresentanti di enti locali.