Ric. n. 914/2005                    Sent.n.118/06

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Avviso di Deposito

del

a norma dell’art. 55

della L. 27 aprile

1982 n. 186

Il Direttore di Sezione

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza sezione, con l’intervento dei signori magistrati:

Umberto Zuballi                  Presidente

Angelo Gabbricci                Consigliere, relatore

Riccardo Savoia                  Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio introdotto con il ricorso 914/2005, proposto da Faissal Bouchra, rappresentato e difeso dall’avv.to V. Tallarico con domicilio eletto in Venezia, San Polo 2938, presso il dott. R. Palma;

contro

l’Amministrazione dell’interno, in persona del ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria per legge;

per l’annullamento del provvedimento, emesso dalla Questura di Venezia, il 4 febbraio 2005, n. 11/05, denegante a Bouchra Faissal il rinnovo e la conversione del permesso di soggiorno da motivi di minore età a lavoro subordinato.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

visto l’ atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione dell’interno;

viste le memorie prodotte dalle parti;

visti gli atti tutti di causa;

uditi nella pubblica udienza del 10 novembre 2005 - relatore il consigliere avv. Angelo Gabbricci - l’avv.Tallarico per il ricorrente e l’avv. dello Stato Bonora per l’Amministrazione resistente;

ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Faissal Bouchra, suddito marocchino, nato il 21 maggio 1986, ancora minorenne clandestinamente giunse in Italia non accompagnato.

Il Tribunale di Padova, con decreto 27 maggio 2003, ne aprì la tutela; il 20 ottobre dello stesso anno il fratello Ismail Bouchra, regolarmente residente in Italia, assunse le funzioni di tutore; la questura di Padova aveva già rilasciato al Bouchra un permesso di soggiorno per minore età.

Questo scadde il seguente 21 maggio 2004, al compimento della maggiore età, e poco dopo il Bouchra presentò una richiesta di conversione e rinnovo per lavoro dipendente del permesso di soggiorno: tuttavia, la domanda venne respinta, con la motivazione che egli non disponeva dei requisiti e non rientrava nelle condizioni specificatamente dettate dal combinato disposto degli artt. 31 e 32 di cui al d. lgs. 286/98, così come modificato dalla legge 189/02, il quale prevede la possibilità di rilascio di un ulteriore permesso di soggiorno al compimento della maggiore età in favore dello straniero minore iscritto nel permesso di soggiorno del genitore e con questi convivente; ovvero dello straniero minore, affidato ai sensi dell’art. 4 della legge 184/83, iscritto nel permesso di soggiorno dello straniero affidatario; ovvero, infine, del minore straniero non accompagnato ammesso, per un periodo non inferiore a due anni ad un progetto di integrazione sociale gestito da un Ente iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’art. 52 del D.P.R. 394/99 e che sia presente in Italia da almeno tre anni alla data di compimento della maggiore età.

Avverso il relativo provvedimento il Bouchra ha proposto il ricorso in esame: le censure possono essere compendiate nella violazione, sotto vari profili delle stesse disposizioni richiamate, a fondamento del provvedimento, dall’Amministrazione dell’interno, la quale si è costituita in giudizio concludendo per la reiezione.

DIRITTO

1.1. L’ art. 32 del d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286, intitolato “disposizioni concernenti minori affidati al compimento della maggiore età” disponeva, in origine, che “al compimento della maggiore età, allo straniero, nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all’articolo 31, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura”; inoltre, la norma precisava che “il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all’articolo 23”.

1.2. L’art. 25 della l. 30 luglio 2002, n. 189, ha aggiunto tre commi al ripetuto art. 32: è stato così disposto che “il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, sempreché non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all’articolo 33, ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto” in un apposito registro, a tal fine istituito (comma 1 bis); che l’ente gestore dei progetti deve dimostrare “al momento del compimento della maggiore età del minore straniero di cui al comma 1-bis, che l’interessato si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni, che ha seguito il progetto per non meno di due anni”, dispone di un alloggio, frequenta corsi di studio ovvero svolge attività lavorativa retribuita (1 ter); infine, si stabilisce che “il numero dei permessi di soggiorno rilasciati ai sensi del presente articolo è portato in detrazione dalle quote di ingresso definite annualmente nei decreti di cui all’articolo 3, comma 4 (1 quater).

2. Il Bouchra – la questione non è controversa – non possiede i requisiti impliciti nelle prescrizioni di cui ai commi 1 bis e ter: peraltro, secondo il primo motivo di ricorso, l’Amministrazione avrebbe comunque dovuto accogliere la domanda di conversione.

Lo straniero, infatti, avrebbe titolo al permesso richiesto in quanto minore sottoposto a tutela, status che, secondo la sentenza 5 giugno 2003, n. 198, della Corte costituzionale, va equiparato quello del minore affidato ex art. 32, I comma: requisito, quello dell’affidamento, il quale a sua volta sarebbe appunto alternativo e non cumulativo rispetto a quelli definiti dai successivi commi 1 bis ed 1 ter, come invece sostiene l’Amministrazione nelle sue difese.

3. Secondo l’Avvocatura dello Stato, invero, le nuove disposizioni avrebbero la finalità di circoscrivere, e non di ampliare, la possibilità per lo straniero, divenuto maggiorenne, di ottenere un permesso di soggiorno mediante conversione di quello, per minore età, rilasciato agli stranieri minori presenti sul territorio nazionale, di cui è ordinariamente vietata l’espulsione ex art. 19 d. lgs. 286/98.

4.1. Orbene, non sembra anzitutto al Collegio possibile determinare con sicurezza quale sia la ratio delle previsioni in esame, introdotte con il ripetuto art. 25 della l. 189/02.

Appartiene certamente al notorio che la ripetuta l. 189/02, introducendo svariate modifiche al d. lgs. 286/98, fu avversata, durante l’iter parlamentare, dalle forze politiche che, nella precedente legislatura, avevano concorso all’approvazione del testo originario, a loro avviso riformato dal nuovo atto legislativo in senso eccessivamente rigoroso.

Ora, anche ammesso che ciò sia vero in generale, nulla può escludere che specifiche disposizioni del testo di riforma perseguano finalità diverse, tanto più se inserite durante l’iter parlamentare: e, in effetti, le norme qui d’interesse furono incluse in seconda lettura dalla Camera dei deputati, e, successivamente, il relatore al Senato (seduta n. 194 del 20 giugno 2002) si limitò ad affermare che l’art. 25 stabiliva “qualcosa di importante e di specifico in favore dei minori”.

4.2. Così, per decidere se i requisiti prescritti dall’ art. 32 d. lgs. 286/98, nel testo vigente, siano alternativi o cumulativi, non sembra risolutivo il ricorso a criteri interpretativi extratestuali, come invece suggerisce l’Amministrazione; è invece opportuno stabilire, anzitutto, cosa si debba intendere con la locuzione “minori stranieri non accompagnati”.

Questa, invero, trova una definizione nell’ art. 2, I comma, lett. f), del d. lgs. 7 aprile 2003, n. 85, di attuazione della direttiva 2001/55/CE del Consiglio del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea, in caso di afflusso massiccio di sfollati: tali sono “i cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea o gli apolidi di età inferiore ai diciotto anni che entrano nel territorio nazionale senza essere accompagnati da una persona adulta, finché non ne assuma effettivamente la custodia una persona per essi responsabile, ovvero i minori che sono stati abbandonati, una volta entrati nel territorio nazionale”.

Ora, sebbene tale qualificazione sia formalmente riferita alla sola fonte che la contiene, il Collegio ritiene che, per la sua ampiezza, essa possa essere applicata anche alle disposizioni introdotte dal ripetuto art. 25, del resto approvato dopo la citata direttiva 2001/55/CE; inoltre, va rimarcato che la stessa definizione è stata riutilizzata, sostanzialmente invariata, anche in altri atti normativi comunitari, quali la direttiva 2004/83/CE del Consiglio del 29 aprile 2004 recante norme sull’attribuzione della qualifica di rifugiato (art. 2, lett. i); la direttiva 2003/86/CE del Consiglio del 22 settembre 2003 relativa al diritto al ricongiungimento familiare (art. 2 lett. f); la direttiva 2003/9/CE del Consiglio del 27 gennaio 2003 recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (art. 2 lett. h), quest’ultima attuata con il d. lgs. 30 maggio 2005, n. 140, il quale, all’ art. 2, lett. e), definisce come “minore non accompagnato” lo straniero di età inferiore agli anni diciotto, che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e rappresentanza legale.

4.3. L’ art. 32, I comma, letteralmente concerne i “minori comunque affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184”: ma, come già accennato, la Corte costituzionale, nella sentenza 5 giugno 2003, n. 198, con una condivisibile sentenza interpretativa di rigetto, ha chiarito che la disposizione, nonostante il mancato riferimento ai minori soggetti a tutela, può essere comunque integrata in via analogica, sulla base della comparazione tra i presupposti e le caratteristiche del rapporto di tutela del minore e del rapporto di affidamento.

Infatti, i due istituti, infatti, pur avendo presupposti diversi, sono entrambi finalizzati ad assicurare la cura del minore: compito dell’affidatario è quello di provvedere al suo mantenimento, alla sua educazione ed istruzione tenendo conto delle indicazioni dei genitori; allo stesso modo, il tutore, oltre ad amministrare il patrimonio, deve prendersi cura dei bisogni del pupillo, e della sua istruzione ed educazione sotto il controllo del giudice tutelare; l’ art. 32, I comma, stanti le analogie rilevate tra affidamento e tutela, va riferito, dunque, anche ai minori stranieri sottoposti a tutela ai sensi del titolo X del libro I del codice civile.

4.4. Non pare a questo punto dubbio al Collegio, già in prima approssimazione, che la tutela, con gli obblighi di mantenimento, educazione ed istruzione del minore che impone, realizzi la situazione di “custodia”, cui si riferisce l’ art. 2 del d. lgs. 85/03; del resto, le definizioni stabilite dalle direttive comunitarie ancor più chiaramente precisano che la condizione di “minore non accompagnato” cessa quando questi sia effettivamente affidato ad un adulto, il quale ne sia responsabile per legge.

4.5. Così, non v’è dubbio che il pupillo non è più un minore non accompagnato, ed allo stesso, dunque, non dovrebbero trovare applicazione gli art. 1 bis ed 1 ter dell’ art. 32: salvo sostenere che tali previsioni si applicano per il solo fatto che lo straniero minore, in qualsiasi momento del suo soggiorno in Italia, si sia trovato nella condizione di “non accompagnato”, anche se questa è poi cessata.

È però da osservare come quest’ultima soluzione condurrebbe, in taluni casi, ad esiti palesemente irrazionali.

Infatti, le prescrizioni di cui ai commi 1 bis ed 1 ter in tal caso si applicherebbero pure agli stranieri affidati, ex art. 2 l. 184/83, o sottoposti alla tutela di cittadini italiani, e per un intervallo che, in concreto, potrebbe anche essere assai lungo; nonché, ancora, ai casi regolati dall’ art. 31, e cioè ai minori conviventi, ancor prima del compimento dei quattordici anni, con i genitori stranieri ovvero affidati ad uno straniero: per conseguenza, si potrebbero dare, in futuro, casi di minori stranieri che, giunti non accompagnati in Italia ancora infanti, poi subito affidati o anche riuniti ai propri genitori, ed ormai pienamente integrati nel nostro Paese, non potrebbero ottenere con la maggiore età un permesso di soggiorno (e dovrebbero dunque essere espulsi) solo per non aver partecipato ad “un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato”, per essi quasi certamente superfluo.

4.6. Anche altri elementi inducono poi a ritenere alternativi i requisiti stabiliti dall’art. 32.

Anzitutto, il comma 1 bis esordisce con l’espressione “il permesso di soggiorno di cui al comma 1”, e non con quella “allo straniero di cui al comma 1 il permesso di soggiorno” ecc. , come sarebbe stato logico, ove si fosse inteso cumulare i requisiti prescritti: per come formulato, sembra più ragionevole riferire lo stesso comma 1 bis soltanto all’applicabilità della conversione del permesso per minore età, estendendola a soggetti che non si trovano nella condizione di cui al primo comma.

Conclusione, questa, rafforzata dal fatto che, tra i permessi di soggiorno rilasciabili, elencati al comma 1 bis, non sono inclusi, diversamente dal primo comma, quelli per esigenze sanitarie o di cura: e sarebbe difficile capire perché uno straniero possa o meno curarsi in Italia a seconda che, pur essendo comunque affidato nel momento in cui è divenuto maggiorenne, in passato fosse stato accompagnato o meno.

Si aggiunga ancora che il comma 1 ter dell’ art. 32 prevede un obbligo di certificazione per l’ente gestore del progetto “al momento del compimento della maggiore età del minore straniero di cui al comma 1-bis”, a conferma che questi appartiene ad una categoria diversa da quella dei minori di cui al comma 1: del resto, quando il legislatore ha inteso fare riferimento a tutte le situazioni disciplinate dall’ art. 32 lo ha espressamente stabilito, e ciò al comma 1 quater, il quale fa riferimento ai permessi di soggiorno rilasciati ai sensi “del presente articolo”.

5. Non sembrano allora poter residuare dubbi che le prescrizioni, rispettivamente contenute nel primo, e nei due commi seguenti dell’ art. 32, non introducono requisiti cumulativi, ma regolano viceversa fattispecie distinte: conclusione cui è giunto anche la sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza 12 aprile 2005, n. 1681.

In altre parole, cioè, le previsione introdotte dall’ art. 25 l. 189/02 hanno ampliato, e non ridotto, il novero degli stranieri, entrati clandestinamente in Italia come minori non accompagnati e qui divenuti maggiorenni, il cui originario permesso di soggiorno può essere convertito.

6. Così, quanto alla concreta fattispecie in esame, si può de plano concludere che il ricorrente Bouchra aveva titolo alla conversione richiesta, trovandosi, al compimento della maggiore età, nella condizione di cui all’ art. 32, I comma, quale minore sottoposto a tutela.

Il ricorso va dunque accolto: l’incertezza interpretativa, almeno nel momento in cui il provvedimento impugnato fu emesso, giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, III sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie, e, per l’effetto, annulla il provvedimento 4 febbraio 2005, n. 11/05, del questore di Venezia.

Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 10 novembre 2005.

Il Presidente                                                                  l’Estensore

 

Il Segretario

 

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Terza Sezione