Nota sulla Direttiva Rimpatri

A cura dellĠARCI

 

LĠARCI esprime la propria preoccupazione per la discussione in corso nelle Istituzioni dellĠUnione Europea sulla proposta di Direttiva Rimpatri (COM (2005) 391 definitivo).

In primo luogo va osservato che la proposta di Direttiva si inserisce in una strategia dellĠUnione Europea tendente a concentrarsi quasi esclusivamente sugli aspetti relativi al controllo dellĠimmigrazione, alla lotta alla immigrazione clandestina e alla messa in atto di tutti quegli strumenti che servono ad implementare azioni di espulsione, respingimento e repressione. Si delinea in tal modo una vera e propria politica di criminalizzazione dellĠimmigrazione, che ha impedito, soprattutto dopo lĠ11 settembre 2001, di rispettare gli impegni presi dallĠUE in tema di immigrazione e asilo da Tampere in poi, raggiungendo risultati deludenti su asilo, ricongiungimenti e residenti di lunga durata e risultati molto negativi, come giˆ detto, in materia di controllo e lotta allĠimmigrazione clandestina.

La Direttiva risponde allĠesigenza di omogeneizzare a livello europeo le regole sulle espulsioni, partendo dalla presenza di un numero crescente di immigrati non regolari in Europa, che  prevalentemente prodotta dalla impossibilitˆ di entrare legalmente (assenza di canali di ingresso legale, in particolare per ricerca di lavoro, che  il motivo principale che spinge ad emigrare).

I governi, nonostante le dichiarazioni altisonanti sulla lotta allĠimmigrazione clandestina, hanno in questi ultimi anni prodotto pi clandestinitˆ impedendo lĠingresso legale.

Per questo lĠassenza di provvedimenti tendenti a consentire ingressi regolari per quanti cercano lavoro (e quindi a favorire lĠincontro tra domanda e offerta di lavoro sul territorio) rende non accettabile una Direttiva sui rimpatri. Infatti se da un lato lĠUE alimenta la clandestinitˆ, dallĠaltro scarica sui migranti la responsabilitˆ della stessa e avanza una proposta che li penalizza e che definisce in Europa una cittadinanza inferiore con minori garanzie e minori diritti per milioni di persone.

Pensiamo che non si possa procedere alla scrittura di regole comuni per sanzionare chi non ottempera alla legislazione in materia di ingresso e soggiorno, se questa legislazione esiste solo a livello nazionale. Di fronte a 25 regimi diversi in materia di ingressi e soggiorno, una Direttiva comune in materia di espulsioni non trova alcuna giustificazione. Prima di arrivare alle regole europee per costringere i migranti a rispettare le leggi nazionali, bisognerebbe avere un quadro di riferimento comune a livello europeo. Aggiungiamo che queste regole dovrebbero essere anche giuste ed efficaci, condizioni che non sembrano essere di interesse per i governi dellĠUnione Europea, come dimostra la discussione sul Libro Verde sullĠimmigrazione condotta dal Commissario Frattini.

Bisogna inoltre sottolineare, prima di procedere ad una analisi pi precisa dei contenuti della Direttiva, che le ipotesi di allontanamento e rimpatrio, nonchŽ lĠipotesi di detenzione amministrativa, incidono in maniera pesante sulla libertˆ delle persone e che quindi, come ogni provvedimento di questa natura, vanno inseriti in un quadro di garanzie giurisdizionali adeguato alla posta in gioco. Interrompere i progetti di vita di una persona, obbligandola a cambiare cittˆ e Paese di residenza e quindi a modificare in maniera strutturale la propria vita e quella della propria famiglia, non pu˜ essere una scelta delegata a un impiegato o funzionario di polizia.

 

Per queste ragioni prioritariamente respingiamo la Direttiva e ne chiediamo la cancellazione.

Vogliamo tuttavia avanzare alcuni brevi rilievi sui contenuti della Direttiva per denunciarne gli intenti persecutori e cercare di attenuarne gli effetti negativi, mettendone in evidenza per˜ anche alcuni contenuti che andrebbero a migliorare la legislazione vigente in molti Paesi.

 

Nella Relazione Introduttiva alla proposta di Direttiva vengono enumerati alcuni principi sui quali poggia la Direttiva.

La base giuridica parte da alcuni presupposti di diritto internazionale.

Tra questi viene dato rilievo alla Convenzione Europea dei diritti umani e agli obblighi in materia di diritto dĠasilo. Questo riferimento appare contraddittorio con il contenuto della Direttiva e quindi usato soprattutto in senso giustificativo e propagandistico.

Si spiega che lĠobiettivo della proposta  Òdisporre norme comuni in materia di rimpatrio, allontanamento e misure coercitive, custodia temporanea e reingressoÓ. Norme che riguardano persone illegalmente soggiornanti sul territorio dellĠUE e che devono essere applicate uniformemente in tutti i Paesi membri.

 

I rilievi principali che vanno fatti sugli effetti negativi della proposta di Direttiva riguardano

1. lĠintroduzione della detenzione amministrativa come strumento di controllo dei migranti irregolari.

La detenzione amministrativa viene giustificata attraverso il richiamo ad elementi oggettivi che provino il pericolo di fuga dei migranti irregolari in attesa di espulsione. Non viene detto chi e come debba accertare questo pericolo. Il pericolo di fuga in questo modo rischia di essere legato alla sola presenza illegale e quindi di spingere verso un uso indiscriminato della detenzione degli irregolari.

LĠaltra ragione per la quale viene giustificata la detenzione e le altre misure di restringimento della libertˆ, riguarda il rinvio dellĠesecuzione della decisione di rimpatrio. Bisogna sottolineare che ogni rinvio la cui responsabilitˆ non  riconducibile alla responsabilitˆ dello straniero, non pu˜ essere addotta come motivazione per giustificare la detenzione amministrativa, che , lo ripetiamo, un restringimento della libertˆ personale assai discutibile sul piano del diritto e per questa ragione non adottabile nei casi di problemi tecnici legati al rimpatrio, la cui responsabilitˆ  della pubblica amministrazione.

CĠ da aggiungere che molte persone detenute nei campi di detenzione europei (a dimostrazione di ci˜ si vedano le statistiche disponibili in alcuni paesi membri dellĠUE), a causa dellĠassenza di accordi con i Paesi dĠorigine, non possono essere espulsi, e quindi vengono privati della libertˆ personale pur sapendo che il loro rimpatrio  impossibile.

PoichŽ si parla anche di principio di proporzionalitˆ, senza dire per˜ in nessun modo in che cosa consista la proporzionalitˆ, ma spiegandone sommariamente le ragioni,  necessario sottolineare che, anche per quanto riguarda la detenzione amministrativa, il tema della proporzionalitˆ  fondamentale per evitare che ci siano discriminazioni inaccettabili nella restrizione delle libertˆ delle persone.

In particolare la previsione di una detenzione amministrativa prorogabile fino a sei mesi  inaccettabile se messa in relazione con i reati che spesso vengono puniti con pene che, espletati tutti i passaggi, hanno una durata paragonabile.

Va peraltro diminuita la previsione di attesa temporale per lĠintervento della magistratura a convalida del provvedimento di detenzione ad un massimo di 48 ore.

La previsione dellĠuso delle strutture penitenziarie per adempiere a provvedimenti di detenzione amministrativa  da respingere per lĠevidente rischio di incolumitˆ derivante da questa promiscuitˆ.

I minori, in particolare quelli non accompagnati, devono essere affidati immediatamente al giudice competente, Nelle eventualitˆ in cui sia necessario determinare la loro etˆ per via biologica, in attesa che ci˜ avvenga, essi non possono essere detenuti in centri di detenzione.

LĠaccesso ai centri da parte delle organizzazioni di tutela, anche quelle locali, va ammessa senza prevedere autorizzazioni di alcun genere, se non in casi realmente straordinari e comunque in tempi brevissimi, per evitare che lĠautorizzazione venga usata per nascondere le reali condizioni dei centri di detenzione e delle persone detenute.

Dalla detenzione vanno escluse a priori alcune categorie vulnerabili (minori non accompagnati, bambini, donne incinte (per un periodo congruo, prima e dopo il parto), vittime di torture e violenze, É).

Non vanno mai utilizzate strutture ordinarie di detenzione per evitare una promiscuitˆ con i detenuti che potrebbe produrre situazioni di conflitto e di violenza.

Nella detenzione, cos“ come per lĠespulsione, lĠunitˆ familiare deve essere sempre rispettata.

Per verificare che i diritti umani siano rispettati nei centri, va consentito il libero accesso a giornalisti e ONG di tutela. Queste potrebbero costituire organismi di monitoraggio ad hoc, che per definizione devono essere indipendenti dallĠautoritˆ pubblica.

 

2. LĠesecuzione della pena dellĠespulsione e/o dellĠallontanamento prevede diverse fasi e gradi diversi di applicazione.

Bisogna dare prioritˆ sempre al rimpatrio volontario, sostenendolo con misure adeguate e prevedendo la possibilitˆ di rientro dopo un periodo breve nel Paese dal quale si  stati espulsi, come misura premiale per aver ottemperato al provvedimento.

Si potrebbe prevedere una verifica, in fase di convalida dellĠespulsione da parte dei giudici,  della presenza di condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno. é infatti incomprensibile la ragione per cui una persona, per la quale sussistano le condizioni per il rilascio di un qualunque tipo di permesso di soggiorno, non debba poter accedere allo stesso: sembrerebbe una vera e propria persecuzione!

Le regole e le garanzie relative ai rimpatri vanno applicate anche nelle zone di frontiera e di transito, nonchŽ agli aeroporti. Sono questi infatti i luoghi dove gli stranieri subiscono maggiori maltrattamenti e nei quali non hanno alcun accesso alle informazioni e al diritto alla difesa. Detenzione in condizioni disumane e per periodi molto pi lunghi della previsione peggiore di legge e senza alcun intervento di convalida, sono elementi molto frequenti che per˜ nessuno pu˜ controllare per assenza di qualunque canale di accesso e di informazione.

Nel procedere allĠespulsione vanno applicati con rigore i principi contenuti nella Convenzione Europea dei Diritti umani e nelle altre Convenzioni Internazionali (tra tutte ricordiamo il principio di non refoulement contenuto nella Convenzione di Ginevra). Di questi principi bisogna tener conto sia quando ad agire sono i governi dellĠUE, sia quando sono altri governi per conto di questĠultimi. é il caso della Libia che, attraverso un accordo mai reso pubblico con il Ministero dellĠInterno italiano, ha effettuato espulsioni verso aree in cui sono in corso guerre e persecuzioni, contravvenendo al principio di non refoulement Òper conto dellĠItaliaÓ.

 

Il diritto al ricorso contro i provvedimenti di espulsione e allontanamento devo essere effettivo e deve potersi applicare in maniera individuale a tutte le fasi del provvedimento.

 

Per il divieto di reingresso, accluso al provvedimento di espulsione, viene introdotto un limite massimo di 5 anni che in alcuni Paesi (in Italia  10 anni) pu˜ rappresentare un miglioramento.

Cos“ come un miglioramento  introdotto con lĠidea che il ricorso possa e debba essere effettivo e che quindi deve sospendere il provvedimento di espulsione.

Sulla detenzione si parla invece di necessitˆ di limitarne lĠuso e di prevederla solo con lĠintervento dellĠautoritˆ giudiziaria.

 

3. Le categorie vulnerabili non possono essere sottoposte a provvedimenti di espulsione. Tra queste: i minori, gli anziani, le donne in stato di gravidanza e nel periodo di prima infanzia del bambino, le persone afflitte da malattie gravi, le persone che sono state sottoposte a tortura, le vittime di tratta, coloro che sono sfruttati nel lavoro o in altri ambiti, le persone che hanno subito violenze o abusi sessuali. In particolare  necessario prevedere, per coloro che hanno subito violenze o che sono vittime di sfruttamento, forme di riparazione che consentano di ottenere un permesso di soggiorno stabile.

Infine vanno impedite, poichŽ il diritto internazionale le vieta esplicitamente, le espulsioni collettive.

 

4. LĠunitˆ della famiglia va garantita in ogni caso.

Non si possono separare genitori e figli e non si pu˜ procedere ad espulsioni di genitori con figli che necessitano di cure o che, in ogni caso, non possono essere espulsi

 

é necessario infine prevedere lĠistituzione di una autoritˆ garante del rispetto dei diritti umani e delle convenzioni internazionali nei rimpatri, che possa intervenire sempre per monitorare quanto succede e per rispondere ad eventuali denunce di singoli cittadini o di organizzazioni sociali.