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SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

27 giugno 2006 (*)

Politica di immigrazione Diritto al ricongiungimento familiare dei figli minori di cittadini di paesi terzi Direttiva 2003/86/CE Tutela dei diritti fondamentali Diritto al rispetto della vita familiare Obbligo di prendere in considerazione linteresse del figlio minore

Nella causa C‑540/03,

avente ad oggetto un ricorso dannullamento proposto, ai sensi dellart. 230 CE, il 22 dicembre 2003,

Parlamento europeo, rappresentato dai sigg. H. Duintjer Tebbens e A. Caiola, in qualit di agenti, con domicilio eletto a Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Consiglio dellUnione europea, rappresentato dal sig. O. Petersen e dalla sig.ra M. Simm, in qualit di agenti,

convenuto,

sostenuto dalla

Commissione delle Comunit europee, rappresentata dalla sig.ra C. OReilly e dal sig. C. Ladenburger, in qualit di agenti, con domicilio eletto a Lussemburgo,

interveniente,

e dalla

Repubblica federale di Germania, rappresentata dalla sig.ra A. Tiemann nonch dai sigg. W.-D. Plessing e M. Lumma, in qualit di agenti,

interveniente,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dai sigg. M.V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas (relatore) e K. Schiemann, presidenti di Sezione, dai sigg. J.-P. Puissochet, K. Lenaerts, P. Kūris, E. Juhsz, E. Levits e A.  Caoimh, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale,

vista la fase scritta del procedimento e in esito alludienza del 28 giugno 2005,

sentite le conclusioni dellavvocato generale, presentate alludienza dell8 settembre 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       Con il presente ricorso il Parlamento europeo chiede lannullamento dellart. 4, nn. 1, ultimo comma, e 6, nonch dellart. 8 della direttiva del Consiglio 22 settembre 2003, 2003/86/CE, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (GU L 251, pag. 12, in prosieguo: la direttiva)

2       Con ordinanza del presidente della Corte 5 maggio 2004, stato ammesso lintervento della Commissione delle Comunit europee e della Repubblica federale di Germania a sostegno del Consiglio dellUnione europea.

 La direttiva

3       La direttiva, fondata sul Trattato CE e, in particolare, sullart. 63, n. 3, lett. a), del medesimo, stabilisce i requisiti in presenza dei quali pu essere esercitato il diritto al ricongiungimento familiare a favore dei cittadini dei paesi terzi che risiedano legalmente sul territorio degli Stati membri.

4       Il secondo considerando della direttiva cos recita:

Le misure in materia di ricongiungimento familiare dovrebbero essere adottate in conformit con lobbligo di protezione della famiglia e di rispetto della vita familiare che consacrato in numerosi strumenti di diritto internazionale. La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali ed i principi riconosciuti in particolare nellarticolo 8 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali e dalla Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea [GU 2000, C 324, pag. 1; in prosieguo: la Carta.

5       Il successivo dodicesimo considerando della direttiva precisa quanto segue:

La possibilit di limitare il diritto al ricongiungimento familiare dei minori che abbiano superato i dodici anni e che non risiedono in via principale con il soggiornante intende tener conto della capacit di integrazione dei minori nei primi anni di vita e assicurare che essi acquisiscano a scuola listruzione e le competenze linguistiche necessarie.

6       La direttiva si applica, ai termini dellart. 3 della medesima, quando il soggiornante titolare di un permesso di soggiorno rilasciato da uno Stato membro per un periodo di validit pari o superiore a un anno e abbia fondate prospettive di ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile, se i membri della sua famiglia sono cittadini di paesi terzi, indipendentemente dal loro status giuridico.

7       Ai sensi dellart. 3, n. 4, della direttiva stessa:

La presente direttiva fa salve le disposizioni pi favorevoli contenute:

a)      negli accordi bilaterali e multilaterali stipulati tra la Comunit o tra la Comunit e i suoi Stati membri, da una parte, e dei paesi terzi, dallaltra;

b)      nella Carta sociale europea del 18 ottobre 1961, nella Carta sociale europea riveduta del 3 maggio 1987 e nella convenzione europea relativa allo status di lavoratore migrante del 24 novembre 1977.

8       Ai termini del successivo art. 4, n. 1, gli Stati membri autorizzano lingresso ed il soggiorno, conformemente alla direttiva stessa, segnatamente, dei figli minorenni del soggiornante, compresi i figli adottati, e del coniuge, nonch quelli del soggiornante o di quelli del coniuge quando il genitore ne abbia laffidamento e sia responsabile del loro mantenimento. Ai sensi del penultimo comma del n. 1 del medesimo art. 4, i figli minorenni di cui al detto articolo devono avere unet inferiore alla maggiore et dello Stato membro interessato e non essere coniugati. Il successivo ultimo comma cos recita:

In deroga alla disposizione che precede, qualora un minore abbia superato i dodici anni e giunga in uno Stato membro indipendentemente dal resto della sua famiglia, questultimo, prima di autorizzarne lingresso ed il soggiorno ai sensi della presente direttiva, pu esaminare se siano soddisfatte le condizioni per la sua integrazione richieste dalla sua legislazione in vigore al momento dellattuazione della presente direttiva.

9       Lart. 4, n. 6, della direttiva medesima prevede quanto segue:

In deroga alla disposizione precedente gli Stati membri possono richiedere che le domande riguardanti il ricongiungimento familiare di figli minori debbano essere presentate prima del compimento del quindicesimo anno di et, secondo quanto previsto dalla loro legislazione in vigore al momento dellattuazione della presente direttiva. Ove dette richieste vengano presentate oltre il quindicesimo anno di et, gli Stati membri che decidono di applicare la presente deroga autorizzano lingresso e il soggiorno di siffatti figli per motivi diversi dal ricongiungimento familiare.

10     Lart. 5, n. 5, della direttiva stessa impone agli Stati membri di tenere nella dovuta considerazione, nellesame della domanda, linteresse superiore dei minori.

11     Il successivo art. 8 della direttiva cos dispone:

Gli Stati membri possono esigere che il soggiornante, prima di farsi raggiungere dai suoi familiari, abbia soggiornato legalmente nel loro territorio per un periodo non superiore a due anni.

In deroga alla disposizione che precede, qualora, in materia di ricongiungimento familiare, la legislazione in vigore in uno Stato membro al momento delladozione della presente direttiva tenga conto della sua capacit di accoglienza, questo Stato membro pu prevedere un periodo di attesa non superiore a tre anni tra la presentazione della domanda di ricongiungimento ed il rilascio del permesso di soggiorno ai familiari.

12     Lart. 16 della direttiva medesima elenca talune circostanze in presenza delle quali gli Stati membri possono respingere una domanda di ingresso e di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare ovvero, eventualmente, revocare il permesso di soggiorno di un familiare o negarne il rinnovo.

13     Il successivo art. 17 cos recita:

In caso di rigetto di una domanda, di ritiro o di mancato rinnovo del permesso di soggiorno o di adozione di una misura di allontanamento nei confronti del soggiornante o dei suoi familiari, gli Stati membri prendono nella dovuta considerazione la natura e la solidit dei vincoli familiari della persona e la durata del suo soggiorno nello Stato membro, nonch lesistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese dorigine.

14     Ai termini dellart. 18 della direttiva, le decisioni di rigetto di domande di ricongiungimento familiare, di revoca o di mancato rinnovo del permesso di soggiorno devono poter essere impugnate in sede giurisdizionale secondo le modalit e le competenze fissate dagli Stati membri interessati.

 Sulla ricevibilit del ricorso

 Sulleccezione relativa al fatto che il ricorso non sarebbe diretto, in realt, contro un atto delle istituzioni

15     Le disposizioni di cui viene chiesto lannullamento costituiscono deroghe agli obblighi imposti dalla direttiva agli Stati membri che consentono a questi ultimi di applicare le proprie normative nazionali le quali, ad avviso del Parlamento, non rispetterebbero i diritti fondamentali. A parere dellIstituzione tuttavia, ammettendo lapplicabilit delle dette normative nazionali, sarebbe la direttiva stessa a violare i diritti fondamentali. Il Parlamento si richiama al riguardo alla sentenza 6 novembre 2003, causa C‑101/01, Lindqvist (Racc. pag. I‑12971, punto 84).

16     Il Consiglio sottolinea, per contro, che la direttiva lascia agli Stati membri ampio margine di manovra che consente loro di mantenere in vigore o adottare disposizioni nazionali compatibili con il rispetto dei diritti fondamentali. A parere del Consiglio, il Parlamento non dimostrerebbe sotto quale profilo disposizioni eventualmente contrarie ai diritti fondamentali, adottate ed applicate dagli Stati membri, costituirebbero un atto delle istituzioni ai sensi dellart. 46, lett. d), UE, soggetto al sindacato della Corte per quanto attiene al rispetto dei diritti fondamentali.

17     In ogni caso, il Consiglio si chiede in qual modo la Corte potrebbe esercitare un sindacato di legittimit puramente astratto con riguardo a disposizioni di diritto comunitario che si limitino a far riferimento ad ordinamenti nazionali di cui non ne conosce n il contenuto n le modalit di applicazione. La necessit di prendere in considerazione le circostanze concrete emergerebbe dalle sentenze 11 luglio 2002, causa C‑60/00, Carpenter (Racc. pag. I‑6279), e Lindqvist, citata supra.

18     La Commissione ritiene che il sindacato da parte della Corte sul rispetto dei diritti fondamentali, insito nei principi generali del diritto comunitario, non possa limitarsi alla sola ipotesi in cui una disposizione di una direttiva obblighi gli Stati membri a adottare determinate misure in violazione dei diritti fondamentali stessi, bens debba necessariamente estendersi al caso in cui la direttiva consenta espressamente misure di tal genere. Infatti, non ci si potrebbe attendere dagli Stati membri che essi stessi si rendano conto che una determinata misura, consentita da una direttiva comunitaria, sia in contrasto con i diritti fondamentali. LIstituzione conclude che il sindacato della Corte non pu essere negato sulla base del rilievo che le disposizioni controverse della direttiva si limiterebbero a far rinvio alle leggi nazionali.

19     La Commissione sottolinea, tuttavia, che la Corte dovrebbe pronunciare lannullamento di disposizioni come quelle oggetto del presente ricorso, solamente quando le risulti impossibile interpretarle in modo conforme ai diritti fondamentali. Qualora la disposizione controversa lasci, alla luce delle consuete norme di ermeneutica, un margine di discrezionalit, la Corte dovrebbe piuttosto precisarne linterpretazione conforme ai diritti fondamentali.

20     Il Parlamento replica che uninterpretazione a priori della direttiva da parte della Corte, come quella suggerita dalla Commissione, produrrebbe leffetto di istituire un rimedio preventivo che inciderebbe sulle competenze del legislatore comunitario.

 Giudizio della Corte

21     Come rilevato dallavvocato generale ai paragrafi 43-45 delle conclusioni, occorre affrontare tale dibattito sotto il profilo della ricevibilit del ricorso. Il Consiglio contesta, sostanzialmente, il fatto che il ricorso diretto contro un atto delle istituzioni, sostenendo che leventuale violazione dei diritti fondamentali potrebbe risultare unicamente dallapplicazione delle disposizioni nazionali mantenute in vigore o adottate conformemente alla direttiva.

22     A tal riguardo, il fatto che le disposizioni della direttiva impugnata riconoscano agli Stati membri un certo margine di discrezionalit consentendo loro di applicare, in talune circostanze, una normativa nazionale che deroghi alle regole di principio imposte dalla direttiva non pu produrre leffetto di sottrarre tali disposizioni al sindacato di legittimit della Corte previsto dallart. 230 CE.

23     Peraltro, una disposizione di un atto comunitario potrebbe, di per s, risultare in contrasto con i diritti fondamentali qualora imponesse agli Stati membri o autorizzasse espressamente o implicitamente i medesimi a adottare o mantenere in vigore leggi nazionali in contrasto con i detti diritti.

24     Da tutti i suesposti elementi emerge che devessere respinta leccezione di irricevibilit relativa al fatto che il ricorso non sarebbe in realt diretto contro un atto delle istituzioni.

 Sulla separabilit delle disposizioni di cui viene chiesto lannullamento

25     La Repubblica federale di Germania sottolinea, in limine, limportanza che, a suo parere, riveste lart. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva, che conterrebbe uno dei punti centrali del compromesso grazie al quale sarebbe stato possibile pervenire alladozione della direttiva, per la quale era richiesta lunanimit dei voti. Essa rammenta che lannullamento parziale di un atto possibile solamente nel caso in cui latto sia costituito da pi elementi, separabili luno dallaltro, e in cui solamente uno di tali elementi sia viziato da illegittimit per violazione del diritto comunitario. Nella specie, non sarebbe possibile separare la regola relativa al ricongiungimento familiare enunciata allart. 4, n. l, ultimo comma, della direttiva dal resto della medesima. Uneventuale sentenza di annullamento parziale inciderebbe sulle competenze del legislatore comunitario, ragion per cui sarebbe pensabile solamente lannullamento in toto della direttiva.

26     Il Parlamento contesta la tesi secondo cui lart. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva non costituirebbe un elemento separabile da questultima unicamente in base al rilievo che la sua redazione risulterebbe da un compromesso politico che avrebbe consentito ladozione della direttiva stessa. Secondo la detta istituzione, occorre semplicemente accertare se sia giuridicamente possibile separare un elemento della direttiva. Lannullamento delle disposizioni oggetto del ricorso, considerato che esse costituiscono deroghe alle regole generali sancite dalla direttiva, non metterebbe in discussione n leconomia n leffettivit della direttiva stessa complessivamente intesa, di cui il Parlamento riconosce limportanza ai fini dellattuazione del diritto al ricongiungimento familiare.

 Giudizio della Corte

27     Come risulta da costante giurisprudenza, lannullamento parziale di un atto comunitario possibile solo se gli elementi di cui chiesto lannullamento siano separabili dal resto dellatto medesimo (v., segnatamente, sentenze 10 dicembre 2002, causa C‑29/99, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑11221, punti 45 e 46; 21 gennaio 2003, causa C‑378/00, Commissione/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I‑937, punto 29; 30 settembre 2003, causa C‑239/01, Germania/Commissione, Racc. pag. I‑10333, punto 33; 24 maggio 2005, causa C‑244/03, Francia/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I‑4021, punto 12, e 30 marzo 2006, causa C‑36/04, Spagna/Consiglio, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 9).

28     Parimenti, la Corte ha ripetutamente avuto modo di affermare che tale requisito della separabilit non soddisfatto quando lannullamento parziale di un atto produrrebbe leffetto di modificare la sostanza dellatto medesimo (sentenza 31 marzo 1998, cause riunite C‑68/94 e C‑30/95, Francia e a./Commissione, Racc. pag. I‑1375, punto 257, e sentenze supra citate Commissione/Consiglio, punto 46; Germania/Commissione, punto 34; Francia/Parlamento e Consiglio, punto 13, e Spagna/Consiglio, punto 13).

29     Nella specie, la verifica della separabilit delle disposizioni di cui viene chiesto lannullamento presuppone lesame del merito della controversia, vale a dire della portata di tali disposizioni, al fine di poter valutare se il loro annullamento modificherebbe lo spirito e la sostanza della direttiva.

 Il ricorso

 Sulle norme giuridiche con riguardo alle quali pu essere verificata la legittimit della direttiva

30     Il Parlamento sostiene che le disposizioni impugnate non rispetterebbero i diritti fondamentali e, in particolare, il diritto alla vita familiare ed il diritto di non discriminazione, quali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dellUomo e delle libert fondamentali, sottoscritta a Roma 4 novembre 1950 (in prosieguo: la CEDU, risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri dellUnione europea, quali principi generali del diritto comunitario che lUnione tenuta a rispettare in applicazione dellart. 6, n. 2, UE, al quale fa rinvio lart. 46, lett. d), UE per quanto concerne lazione delle istituzioni.

31     Il Parlamento invoca, in primo luogo, il diritto al rispetto della vita familiare, sancito dallart. 8 della CEDU, interpretato dalla Corte come comprensivo parimenti del diritto al ricongiungimento familiare (sentenze Carpenter, citata supra, punto 42, e 23 settembre 2003, causa C‑109/01, Akrich, Racc. pag. I‑9607, punto 59). Lo stesso principio stato ripreso allart. 7 della Carta, con riguardo alla quale il Parlamento sottolinea che, contenendo un elenco dei diritti fondamentali esistenti ancorch priva di effetti giuridici vincolanti, essa costituisce tuttavia un indice utile ai fini dellinterpretazione delle disposizioni della CEDU. Il Parlamento si richiama inoltre allart. 24 della Carta, relativo ai diritti dei minori, il cui n. 2 prevede che in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorit pubbliche o da istituzioni private, linteresse superiore del minore devessere considerato preminente ed il cui successivo n. 3, afferma che il minore ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ci sia contrario al suo interesse.

32     Il Parlamento invoca, in secondo luogo, il principio di non discriminazione, fondato sullet delle persone di cui trattasi, contemplato dallart. 14 della CEDU e sancito espressamente dallart. 21, n. 1, della Carta.

33     Il Parlamento si richiama parimenti a varie disposizioni di convenzioni internazionali sottoscritte sotto legida delle Nazioni Unite: lart. 24 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, adottato il 19 dicembre 1966 ed entrato in vigore il 23 marzo 1976, la Convenzione sui diritti del Fanciullo adottata il 20 novembre 1989 ed entrata in vigore il 2 settembre 1990, la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti ed i membri della loro famiglia, adottata il 18 dicembre 1990 ed entrata in vigore il 1 luglio 2003, nonch la Dichiarazione dei diritti del Fanciullo, adottata dallAssemblea generale dellOrganizzazione delle Nazioni Unite il 20 novembre 1959 [risoluzione 1386(XIV)]. Il Parlamento rammenta, inoltre, la raccomandazione n. R (94) 14 del Comitato dei ministri del Consiglio dEuropa agli Stati membri del 22 novembre 1994, riguardante le politiche familiari coerenti e integrate, nonch la raccomandazione n. R (99) 23 del Comitato medesimo agli Stati membri del 15 dicembre 1999, sul ricongiungimento familiare per i rifugiati e le altre persone aventi necessit di protezione internazionale. Il Parlamento si richiama, infine, a varie costituzioni degli Stati membri dellUnione europea.

34     Il Consiglio rileva che la Comunit non parte contraente dei vari strumenti di diritto internazionale pubblico invocati dal Parlamento. In ogni caso, tali norme richiederebbero semplicemente che gli interessi dei fanciulli siano presi in considerazione e rispettati, senza peraltro stabilire alcun diritto assoluto in materia di ricongiungimento familiare. Il Consiglio rileva peraltro che, a suo parere, non occorre esaminare il ricorso alla luce della Carta, tenuto conto che essa non costituisce una fonte di diritto comunitario.

 Giudizio della Corte

35     I diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce losservanza. A tal fine la Corte si ispira alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e alle indicazioni fornite dai trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dellUomo cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito. La CEDU riveste, a questo proposito, un particolare significato (v., segnatamente, sentenze 18 giugno 1991, causa C‑260/89, ERT, Racc. pag. I‑2925, punto 41; parere 2/94 28 marzo 1996, Racc. pag. I‑1759, punto 33; sentenze 6 marzo 2001, causa C‑274/99 P, Connolly/Commissione, Racc. pag. I‑1611, punto 37; 22 ottobre 2002, causa C‑94/00, Roquette Frres, Racc. pag. I‑9011, punto 25; 12 giugno 2003, causa C‑112/00, Schmidberger, Racc. pag. I‑5659, punto 71, e 14 ottobre 2004, causa C‑36/02, Omega, Racc. pag. I‑9609, punto 33).

36     Peraltro, ai termini dellart. 6, n. 2, UE, lUnione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla[CEDU] e quali risultano dalla tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario.

37     La Corte ha gi avuto modo di rammentare che il Patto internazionale sui diritti civili e politici si annovera tra gli strumenti internazionali relativi alla tutela dei diritti dellUomo di cui la Corte tiene conto per lapplicazione dei principi generali del diritto comunitario (v., in particolare, sentenze 18 ottobre 1989, causa 374/87, Orkem/Commissione, Racc. pag. 3283, punto 31, 18 ottobre 1990, cause riunite C‑297/88 e C‑197/89, Dzodzi, Racc. pag. I‑3763, punto 68, e 17 febbraio 1998, causa C‑249/96, Grant, Racc. pag. I‑621, punto 44). Ci vale parimenti per la menzionata convenzione relativa ai diritti del Fanciullo che, al pari del patto citato supra, vincolante nei confronti di ogni singolo Stato membro.

38     Per quanto attiene alla Carta, essa stata proclamata solennemente dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commissione a Nizza il 7 dicembre 2000. Se pur vero che la Carta non costituisce uno strumento giuridico vincolante, il legislatore comunitario ha tuttavia inteso riconoscerne limportanza affermando, al secondo considerando della direttiva, che questultima rispetta i principi riconosciuti non solamente dallart. 8 della CEDU, bens parimenti dalla Carta. Lobiettivo principale della Carta, come emerge dal suo preambolo, peraltro quello di riaffermare i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli Stati membri, dalla [CEDU], dalle carte sociali adottate dallUnione e dal Consiglio dEuropa, nonch dalla giurisprudenza della Corte (...) e da quella della Corte europea dei diritti delluomo .

39     Quanto agli altri strumenti internazionali invocati dal Parlamento, con riserva per la Carta sociale europea di cui infra, al punto 107 della presente sentenza, non risulta, in ogni caso, che essi contengano disposizioni di pi intensa tutela dei diritti del Fanciullo rispetto a quelle contenute negli strumenti gi menzionati.

 Sullart. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva

40     Il Parlamento sostiene che la motivazione dellart. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva, contenuta nel dodicesimo considerando della medesima, non convincente e che il legislatore comunitario ha confuso le nozioni di criterio di integrazione e di obiettivo di integrazione. Atteso che uno degli strumenti pi importanti di unintegrazione riuscita di un minore sarebbe costituita dal ricongiungimento con la sua famiglia, sarebbe incongruo esigere un test di integrazione prima che il minore, appartenente alla famiglia del soggiornante, si ricongiunga con questultimo. Ci renderebbe il ricongiungimento familiare irrealizzabile e costituirebbe la negazione di tale diritto.

41     Il Parlamento fa parimenti valere che, atteso che la nozione di integrazione non definita nella direttiva, gli Stati membri sono quindi autorizzati a restringere sensibilmente il diritto al ricongiungimento familiare.

42     Tale diritto sarebbe tutelato dallart. 8 della CEDU, come interpretato dalla Carta europea dei diritti delluomo, ed un criterio di integrazione previsto da una normativa nazionale non sarebbe ricompreso tra gli obiettivi legittimi che possono giustificare uningerenza come quelli previsti dallart. 8, n. 2, della CEDU, vale a dire la sicurezza nazionale, la pubblica sicurezza, il benessere economico del paese, la difesa dellordine e la prevenzione dei reati, la tutela della salute o della morale, e la tutela dei diritti e libert altrui. In ogni caso, ogni ingerenza dovrebbe essere giustificata e proporzionata. Orbene, lart. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva non esigerebbe alcuna ponderazione dei rispettivi interessi in gioco.

43     La direttiva sarebbe peraltro contraddittoria, in quanto non prevedrebbe alcuna limitazione fondata sul criterio di integrazione con riguardo al coniuge del soggiornante.

44     La direttiva stabilirebbe inoltre una discriminazione fondata esclusivamente sullet del minore, che non sarebbe obiettivamente giustificata e risulterebbe in contrasto con lart. 14 de la CEDU. In tal senso, lobiettivo di incentivare i genitori a ricongiungersi con i propri figli prima dellet di 12 anni non terrebbe conto dei vincoli di ordine economico e sociale che impediscono ad una famiglia di accogliere un figlio per un periodo pi o meno lungo. Lobiettivo dellintegrazione avrebbe potuto essere peraltro realizzato con mezzi meno radicali, quali misure di integrazione del minore successivamente alla sua ammissione sul territorio dello Stato membro ospitante.

45     Il Parlamento sottolinea, infine, che la clausola di standstill meno restrittiva delle clausole di standstill abituali, atteso che la legge nazionale deve sussistere solamente alla data di attuazione della direttiva. Il margine lasciato agli Stati membri si porrebbe in contrasto con lobiettivo della direttiva, che quello di prevedere criteri comuni per lesercizio del diritto al ricongiungimento familiare.

46     Il Consiglio, sostenuto dal governo tedesco e dalla Commissione, deduce che il diritto al rispetto della vita familiare non equivale, di per s, al diritto al ricongiungimento familiare. Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dellUomo, sarebbe sufficiente che la vita familiare sia possibile, ad esempio, nello Stato di origine.

47     Il Consiglio sottolinea parimenti che la Corte europea dei diritti dellUomo ha riconosciuto, nella propria giurisprudenza, che i divieti di ricongiungimento familiare nellambito della politica di immigrazione dovevano essere giustificati quantomeno da una delle esigenze elencate allart. 8, n. 2, della CEDU. A parere del Consiglio, un diniego di tal genere potrebbe fondarsi sullobiettivo enunciato dallart. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva, vale a dire lefficace integrazione dei minori migranti per effetto dellincentivazione delle famiglie migranti separate a ricongiungersi con i loro figli minori nello Stato membro ospitante, quando questi siano di et inferiore a 12 anni.

48     La scelta dellet di 12 anni non sarebbe arbitraria, bens sarebbe stata motivata dal fatto che, prima di tale et, i minori si troverebbero in una fase di sviluppo importante per le loro facolt di integrazione nella societ, come espresso nel dodicesimo considerando della direttiva. Il Consiglio rileva a tal riguardo che la Corte europea dei diritti dellUomo ha negato lesistenza di una violazione dellart. 8 della CEDU in fattispecie concernenti il ricongiungimento di minori di et inferiore a 12 anni.

49     Sarebbe giustificato applicare il criterio dellintegrazione ai minori di et superiore a 12 anni e non al coniuge del soggiornante, in considerazione del fatto che, in linea generale, i minori trascorrerebbero poi nello Stato membro ospitante un periodo pi importante della loro esistenza che non i genitori.

50     Il Consiglio sottolinea che la direttiva non incide sul risultato della ponderazione degli interessi individuali e collettivi sussistenti nella specie e rammenta che gli artt. 17 e 5, n. 5, della direttiva medesima obbligano gli Stati membri a prendere in considerazione gli interessi tutelati dalla CEDU e la Convenzione relativa ai diritti del Fanciullo.

51     LIstituzione fa parimenti valere che la clausola di standstill, di cui allart. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva, non mette in discussione la legittimit di tale disposizione. Il riferimento ivi contenuto al momento dellattuazione della direttiva costituirebbe una scelta politicamente legittima del legislatore comunitario, motivata dal fatto che lo Stato membro che intenda invocare tale deroga non abbia terminato il processo legislativo di adozione della normativa nazionale di cui trattasi. Sarebbe stato preferibile scegliere tale criterio, infine accolto, piuttosto che attendere la conclusione del detto procedimento legislativo prima di emanare la direttiva.

 Giudizio della Corte

52     Si deve rammentare, in limine, che il diritto al rispetto della vita familiare, ai sensi dellart. 8 della CEDU, fa parte dei diritti fondamentali che, secondo costante giurisprudenza della Corte, sono protetti nellordinamento giuridico comunitario (citate sentenze Carpenter, punto 41, e Akrich, punti 58 e 59). Tale diritto alla convivenza con i familiari prossimi implica per gli Stati membri obblighi che possono essere di carattere negativo, qualora uno di essi sia tenuto a non espellere un soggetto, ovvero di carattere positivo, quando lobbligo sia quello di consentire ad un soggetto di fare ingresso e di risiedere sul proprio territorio.

53     In tal senso, come affermato dalla Corte, ancorch la CEDU non garantisca, quale diritto fondamentale a favore di uno straniero, alcun diritto ad entrare o risiedere nel territorio di un paese determinato, lesclusione di una persona da un paese in cui vivono i suoi congiunti pu rappresentare uningerenza nel diritto al rispetto della vita familiare come tutelato dallart. 8, n. 1, della Convenzione medesima (citate sentenze Carpenter, punto 42 e Akrich, punto 59).

54     Peraltro, come affermato dalla Corte europea dei diritti dellUomo nella sentenza 21 dicembre 2001, Sen/Paesi bassi, paragrafo 31, lart. 8 [della CEDU] pu far sorgere obblighi positivi inerenti ad un rispetto effettivo della vita familiare. I principi applicabili a tali obblighi sono analoghi a quelli che disciplinano gli obblighi di carattere negativo. In entrambi i casi, occorre tener conto del giusto equilibrio da realizzare tra i concorrenti interessi dellindividuo e della societ complessivamente intesa; parimenti, nelle due ipotesi, lo Stato gode di un certo margine di discrezionalit (sentenza Gl [/Svizzera, 19 febbraio 1996, Recueil des arrts et dcisions, 1996-I], pagg. 174-175, paragrafo 38 e Ahmut [/Paesi Bassi, 28 novembre 1996, Recueil des arrts et dcisions, 1996-VI, pag. 2030], pag. 2031, paragrafo 63).

55     Al paragrafo 36 della menzionata sentenza Sen/Paesi Bassi, la Corte europea dei diritti dellUomo ha ricordato nei seguenti termini i principi applicabili in materia di ricongiungimento familiare, principi gi enunciati nelle proprie sentenze, citate supra, Gl/Svizzera, paragrafo 38, e Ahmut, paragrafo 67:

a) La portata dellobbligo per uno Stato di consentire lingresso sul proprio territorio ai congiunti di persone immigrate dipende dalla situazione degli interessati e dallinteresse generale.

b) Conformemente ad un consolidato principio di diritto internazionale, gli Stati hanno il diritto senza pregiudizio degli obblighi per essi derivanti dai Trattati di controllare lingresso di cittadini non nazionali sul loro territorio.

c) In materia di immigrazione, lart. 8 non pu essere interpretato nel senso che esso implichi per uno Stato membro lobbligo generale di rispettare la scelta, da parte di coppie coniugate, della loro comune residenza e di consentire il ricongiungimento familiare sul proprio territorio.

56     La Corte europea dei diritti dellUomo ha precisato di prendere in considerazione, nel proprio esame, let dei figli minori di cui trattasi, la loro situazione nel rispettivo paese di origine ed il loro grado di dipendenza rispetto ai genitori (sentenza Sen/Paesi Bassi, citata supra, paragrafo 37; v. parimenti sentenza Rodrigues da Silva/Paesi Bassi, 31 gennaio 2006, paragrafo 39).

57     La Convenzione relativa ai diritti del Fanciullo riconosce parimenti il principio del rispetto della vita familiare. Essa fondata sul riconoscimento, espresso nel suo sesto considerando, che il minore deve poter crescere, ai fini di un armonioso sviluppo della propria personalit, nellambiente familiare. Lart. 9, n. 1, della detta convenzione prevede, in tal senso, che gli Stati contraenti provvedano affinch il minore non venga separato dai genitori contro la loro volont; da tale obbligo discende, ai termini del successivo art. 10, n. 1, che qualsiasi richiesta effettuata da un minore o dai genitori al fine di fare ingresso in uno Stato contraente o di lasciare il medesimo ai fini del ricongiungimento familiare devessere considerata dagli Stati contraenti, in uno spirito positivo, con umanit e diligenza.

58     Lart. 7 della Carta riconosce parimenti il diritto al rispetto della vita privata o familiare. Tale disposizione devessere letta in correlazione con lobbligo di prendere in considerazione il superiore interesse del minore, sancito dallart. 24, n. 2, della Carta medesima, tenendo conto parimenti della necessit per il minore di intrattenere regolarmente rapporti personali con i due genitori, necessit affermata dal medesimo art. 24, n. 3.

59     Le disposizioni richiamate sottolineano limportanza, per il minore, della vita familiare e raccomandano agli Stati di prendere in considerazione linteresse del medesimo, senza peraltro far sorgere a favore dei familiari il diritto soggettivo ad essere ammessi nel territorio di uno Stato; tali disposizioni non possono essere interpretate nel senso di privare gli Stati di un certo potere discrezionale nellesame delle domande di ricongiungimento familiare.

60     Al di l di tali disposizioni, lart. 4, n. 1, della direttiva impone agli Stati membri obblighi positivi precisi, cui corrispondono diritti soggettivi chiaramente definiti, imponendo loro, nelle ipotesi contemplate dalla direttiva, di autorizzare il ricongiungimento familiare di taluni congiunti del soggiornante senza potersi avvalere di discrezionalit in proposito.

61     Per quanto attiene allart. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva, tale disposizione produce leffetto, in presenza di circostanze tassativamente definite, vale a dire quando un minore di et superiore ai 12 anni giunga indipendentemente dal resto della famiglia, di mantenere parzialmente il margine di discrezionalit degli Stati membri consentendo loro, prima di autorizzare lingresso ed il soggiorno del minore in base alla direttiva, di esaminare se il minore stesso risponda ai criteri di integrazione previsti dalla legge nazionale vigente alla data di attuazione della direttiva stessa.

62     In tal modo, lart. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva non pu essere considerato in contrasto con il diritto al rispetto della vita familiare. Infatti, nel contesto della direttiva, che impone agli Stati membri obblighi positivi precisi, la detta disposizione mantiene a favore degli Stati stessi un potere discrezionale limitato, non diverso da quello riconosciuto dalla Corte europea dei diritti dellUomo nella propria giurisprudenza in materia di diritto al rispetto della vita familiare, ponderando, in ogni singola fattispecie concreta, gli interessi in gioco.

63     Peraltro, come sancito dallart. 5, n. 5, della direttiva, nellambito di tale ponderazione degli interessi gli Stati membri devono tenere nella dovuta considerazione linteresse superiore del figlio minore.

64     Occorre inoltre tener conto dellart. 17 della direttiva, che impone agli Stati membri di prendere debitamente in considerazione la natura e la solidit dei vincoli familiari della persona, la durata della residenza nello Stato membro interessato nonch lesistenza di legami familiari, culturali o sociali con il rispettivo paese di origine. Come emerge dal punto 56 della presente sentenza, tali criteri corrispondono a quelli presi in considerazione dalla Corte europea dei diritti dellUomo nellambito della verifica se uno Stato, che abbia respinto una domanda di ricongiungimento familiare, abbia correttamente proceduto alla ponderazione degli interessi in gioco.

65     Infine, let di un minore ed il fatto che questi giunga indipendentemente dalla propria famiglia costituiscono parimenti elementi presi in considerazione dalla Corte europea dei diritti dellUomo, la quale attribuisce rilevanza ai vincoli esistenti tra il minore ed i propri familiari nel rispettivo paese di origine, ma parimenti ai vincoli esistenti con lambiente culturale e linguistico di tale paese (v., segnatamente, citate sentenze, Ahmut/Paesi Bassi, paragrafo 69, e Gl/Svizzera, paragrafo 42).

66     Per quanto attiene al criterio di integrazione, non risulta che tale criterio sia di per s contrario al diritto al rispetto della vita familiare, sancito dallart. 8 della CEDU. Come precedentemente rammentato, tale diritto non deve essere interpretato nel senso che esso implichi necessariamente lobbligo, per un determinato Stato membro, di consentire il ricongiungimento familiare sul proprio territorio, e lart. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva si limita a mantenere il potere discrezionale dello Stato membro, limitandolo allesame di un criterio definito dalla legge nazionale, potere che lo Stato medesimo dovr esercitare nel rispetto, segnatamente, dei principi sanciti agli artt. 5, n. 5, e 17 della direttiva. In ogni caso, la necessit dellintegrazione pu emergere da pi legittimi scopi tra quelli enunciati dallart. 8, n. 2, della CEDU.

67     Contrariamente a quanto sostenuto dal Parlamento, il legislatore comunitario non ha confuso il criterio di integrazione di cui allart. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva e lobiettivo di integrazione dei minori, il quale, a parere del Parlamento, potrebbe risultare pregiudicato da strumenti quali talune misure dirette a facilitare la loro integrazione successivamente alla loro ammissione. Si tratta, infatti, di due elementi differenti. Come emerge dal dodicesimo considerando della direttiva, la possibilit di limitare il diritto al ricongiungimento familiare per i minori di et superiore a 12 anni che non abbiano inizialmente risieduto presso il soggiornante volta a tener conto della capacit di integrazione dei minori di pi giovane et e garantisce che essi acquisiscano leducazione e le conoscenze linguistiche necessarie a scuola.

68     In tal modo, il legislatore comunitario ha ritenuto che, al di l dellet di 12 anni, lobiettivo dellintegrazione non possa essere raggiunto in misura altrettanto agevole e, conseguentemente, ha previsto per lo Stato membro interessato la facolt di prendere in considerazione un livello minimo di capacit di integrazione nellambito della decisione in merito allautorizzazione allingresso e al soggiorno in base alla direttiva.

69     Il criterio di integrazione di cui allart. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva pu essere quindi preso in considerazione nellambito dellesame di una domanda di ricongiungimento familiare e il legislatore comunitario non caduto in contraddizione laddove ha autorizzato gli Stati membri, nelle specifiche circostanze previste dalla detta disposizione, ad esaminare le domande alla luce di tale criterio nel contesto di una direttiva che, come emerge dal suo quarto considerando, si prefigge loggettivo generale di facilitare lintegrazione dei cittadini di paesi terzi negli Stati membri consentendo una vita della famiglia grazie al ricongiungimento familiare.

70     Lassenza di definizione della nozione di integrazione non pu essere interpretata quale autorizzazione conferita agli Stati membri di avvalersi di tale nozione in modo contrario ai principi generali del diritto comunitario e, pi in particolare, ai diritti fondamentali. Infatti, gli Stati membri che intendono avvalersi della deroga non possono utilizzare una nozione indeterminata di integrazione, bens devono applicare, nellesame della specifica situazione di un minore di pi di 12 anni che giunga nel paese indipendentemente dal resto della propria famiglia, il criterio di integrazione previsto dalla loro normativa vigente alla data di attuazione della direttiva.

71     Conseguentemente, lart. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva non pu essere interpretato nel senso che gli Stati membri siano autorizzati, esplicitamente o implicitamente, ad adottare disposizioni di attuazione che risultino contrarie al diritto al rispetto della vita familiare.

72     Il Parlamento non ha dimostrato sotto quale profilo la clausola di standstill di cui allart. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva sarebbe in contrasto con una norma superiore di diritto. Il legislatore comunitario, dal momento che non ha pregiudicato il diritto al rispetto della vita familiare laddove ha autorizzato gli Stati membri, in presenza di talune circostanze, a tener conto del criterio di integrazione, legittimamente ha potuto fissare limiti a tale a tale autorizzazione. Poco importa, conseguentemente, che la normativa nazionale che precisi il criterio di integrazione applicabile abbia dovuto sussistere solamente alla data di attuazione della direttiva e non alla data della sua entrata in vigore o della sua emanazione.

73     Non risulta nemmeno che il legislatore comunitario non abbia dedicato sufficiente attenzione agli interessi dei minori. Infatti, il contenuto dellart. 4, n. 1, della direttiva dimostra che linteresse superiore del minore ha costituito un criterio preminente nellemanazione di tale disposizione e non risulta nemmeno che lultimo comma della medesima non ne tenga sufficientemente conto ovvero autorizzi gli Stati membri che optino per lapplicazione di un criterio di integrazione a non tenerne conto. Al contrario, come gi rammentato supra al punto 63 della presente sentenza, lart. 5, n. 5, della direttiva impone agli Stati membri di prendere debitamente in considerazione linteresse superiore del figlio minore.

74     In tale contesto, la scelta dellet di 12 anni non risulta essere un criterio in contrasto con il principio di non discriminazione in base allet, trattandosi di un criterio corrispondente ad una fase della vita di un figlio minore in cui questi ha gi trascorso un periodo relativamente lungo della propria esistenza in un paese terzo senza i propri familiari, ragion per cui unintegrazione in un nuovo ambiente pu risultare maggiormente fonte di difficolt.

75     Parimenti, il fatto di non assoggettare allo stesso trattamento il coniuge ed il figlio minore di et superiore ai 12 anni non pu essere considerato quale discriminazione ingiustificata nei confronti del figlio minore. Infatti, lobiettivo stesso di un matrimonio la costituzione di una comunit di vita durevole tra i coniugi, laddove un figlio di et superiore ai 12 anni non rester necessariamente a lungo con i propri genitori. Legittimamente, quindi, il legislatore comunitario ha potuto tener conto di tale diversit di fattispecie, adottando una disciplina differente senza cadere in contraddizione al riguardo.

76     Da tutti i suesposti elementi emerge che lart. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva non pu essere considerato in contrasto con il diritto fondamentale al rispetto della vita familiare, con lobbligo di prendere in considerazione il superiore interesse del figlio minore ovvero con il principio di non discriminazione in funzione dellet, n in quanto tale, n nella parte in cui autorizzerebbe espressamente o implicitamente gli Stati membri ad agire in tal senso.

 Sullart. 4, n. 6, della direttiva

77     Per motivi analoghi a quelli indicati nellesame dellart. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva, il Parlamento sostiene che lart. 4, n. 6, della medesima che consente agli Stati membri di disporre che le domande di ricongiungimento familiare di figli minori vengano presentate prima che questi raggiungano let di 15 anni costituisce parimenti una violazione del diritto al rispetto della vita familiare e del divieto di discriminazione in funzione dellet. Peraltro, gli Stati membri resterebbero liberi di adottare nuove disposizioni derogatorie restrittive sino alla data di attuazione della direttiva. Infine, lobbligo, per gli Stati membri che si avvalgano di tale deroga, di esaminare le domande di ingresso e di soggiorno presentate da figli minori di et superiore a 15 anni per altri motivi non definiti, diversi dal ricongiungimento familiare, lascerebbe ampio margine al potere discrezionale delle autorit nazionali e creerebbe una situazione di incertezza del diritto.

78     Cos come per lart. 4, n. 1, ultimo comma, della direttiva, il Parlamento rileva che lobiettivo dellintegrazione poteva essere realizzato con strumenti meno radicali che non una discriminazione in funzione dellet, non giustificata oggettivamente e, conseguentemente, arbitraria.

79     Il Consiglio sostiene che lart. 4, n. 6, della direttiva finalizzato ad unutilizzazione sul piano nazionale, compatibile con i diritti fondamentali e, in particolare, proporzionata agli scopi perseguiti. Lobiettivo sarebbe quello di incentivare le famiglie emigrate a ricongiungersi nel paese ospitante con i loro figli minori di pi giovante et, al fine di fin di facilitare la loro integrazione. Si tratterebbe di un obiettivo legittimo, inserito nella politica di immigrazione e ricompreso nella sfera di applicazione dellart. 8, n. 2, della CEDU.

80     Lampia formula altri motivi non dovrebbe essere censurata quale fonte di incertezza del diritto, in quanto essa sarebbe diretta a favorire una decisione positiva nella maggior parte delle domande di cui trattasi.

81     Let di 15 anni sarebbe stata prescelta al fine, da un lato, di ricomprendere il maggior numero di casi, senza frapporre ostacoli, dallaltro, ad una scolarizzazione del minore nello Stato membro ospitante. Non sussisterebbe quindi alcuna discriminazione arbitraria. Il Consiglio sostiene che tale scelta ricade nella sua discrezionalit di legislatore.

82     La Commissione ritiene che lart. 4, n. 6, della direttiva non costituisca violazione dellart. 8 della CEDU, in quanto i diritti derivanti per gli interessati dalla Convenzione resterebbero conservati in toto. Infatti, tale disposizione imporrebbe agli Stati membri di esaminare tutti gli altri possibili fondamenti normativi di una domanda di ammissione del minore interessato sul loro territorio e di concedere lammissione ove sussistano i relativi requisiti giuridici. Ci dovrebbe ricomprendere un diritto fondato direttamente sullart. 8 della CEDU e consentire in tal modo un esame, caso per caso, delle domande di ammissione proposte da minori di et pari o superiore a 15 anni.

83     Quanto al limite di et fissato a 15 anni, si tratterebbe di un limite non irragionevole che troverebbe la sua spiegazione nella connessione esistente tra lart. 4, n. 6, della direttiva e il periodo di attesa di tre anni di cui allart. 8 della direttiva medesima. Si tratterebbe, infatti, di non rilasciare permessi di soggiorno a persone che, nel frattempo, abbiano raggiunto la maggiore et.

 Giudizio della Corte

84     Si deve rammentare che, nellambito del presente ricorso, il sindacato della Corte verte sulla questione se la disposizione impugnata rispetti, di per s, i diritti fondamentali e, in particolare, il diritto al rispetto della vita familiare, lobbligo di prendere in considerazione linteresse superiore dei minori ed il principio di non discriminazione in funzione dellet. Occorre, segnatamente, verificare se lart. 4, n. 6, della direttiva consenta espressamente o implicitamente agli Stati membri di sottrarsi al rispetto di tali principi fondamentali nella parte in cui permette loro, in deroga alle altre disposizioni dellart. 4 della direttiva, di stabilire un requisito in funzione dellet di un figlio minore per il quale venga fatta richiesta di ingresso e soggiorno sul territorio nazionale nellambito di un ricongiungimento familiare.

85     Non risulta che la disposizione impugnata violi il diritto al rispetto della vita familiare sancito dallart. 8 della CEDU come interpretato dalla Corte europea dei diritti dellUomo. Lart. 4, n. 6, della direttiva attribuisce, infatti, agli Stati membri la facolt di riservare lapplicazione dei requisiti del ricongiungimento familiare previstiti dalla direttiva alle domande proposte prima che i minori abbiano raggiunto let di 15 anni. Tale disposizione non pu essere tuttavia interpretata nel senso che essa vieterebbe agli Stati membri di prendere in considerazione una domanda relativa ad un minore di et superiore a 15 anni ovvero che li autorizzerebbe a non farlo.

86     A tal riguardo, irrilevante che lultimo periodo della disposizione impugnata prevede che gli Stati membri che decidano di avvalersi della deroga autorizzino lingresso e il soggiorno di minori per i quali venga fatta richiesta successivamente al compimento dei 15 anni per motivi diversi dal ricongiungimento familiare. Il termine ricongiungimento familiare devessere, infatti, interpretato nel contesto della direttiva nel senso di ricongiungimento familiare nellipotesi in cui imposto dalla direttiva medesima. Tale termine non pu essere interpretato nel senso che faccia divieto ad uno Stato membro, che si avvalga della deroga, di consentire lingresso e il soggiorno ad un minore al fine di consentirgli di ricongiungersi con i genitori.

87     Lart. 4, n. 6, della direttiva devessere inoltre letto alla luce dei principi enunciati dai successivi artt. 5, n. 5, che impone agli Stati membri di prendere debitamente in considerazione linteresse superiore del minore, e 17, che impone loro di tener conto di una serie di elementi tra cui figurano i vincoli familiari della persona.

88     Ne consegue che, se pur vero che, per effetto dellart. 4, n. 6, della direttiva, uno Stato membro pu legittimamente escludere che le domande proposte per figli minori di et superiore a 15 anni siano soggette ai requisiti generali dellart. 4, n. 1, della direttiva, lo Stato membro resta tuttavia tenuto ad esaminare la domanda nellinteresse del minore e nellottica di favorire la vita familiare.

89     Per il motivo esposto supra al punto 74, a fortiori, non risulta che la scelta dellet di 15 anni costituisca un criterio contrario al principio di non discriminazione in funzione dellet. Parimenti, per il motivo esposto supra al punto 72, non sembra che la clausola di standstill, ivi formulata, violi una qualsiasi norma superiore di diritto.

90     Da tutti i suesposti elementi emerge che lart. 4, n. 6, della direttiva non pu essere considerato in contrasto con il diritto fondamentale al rispetto della vita familiare, con lobbligo di prendere in considerazione linteresse superiore del minore o con il principio di non discriminazione in funzione dellet, n di per s, n nella parte in cui autorizzerebbe espressamente o implicitamente gli Stati membri ad agire in tal senso.

 Sullart. 8 della direttiva

91     Il Parlamento sottolinea limportante limitazione del diritto al ricongiungimento familiare derivante dai periodi di 2 e 3 anni previsti dallart. 8 della direttiva. Tale articolo, che non imporrebbe un esame caso per caso delle domande, autorizzerebbe gli Stati membri a mantenere misure sproporzionate rispetto allequilibrio che dovrebbe sussistere tra gli interessi in gioco.

92     Il Parlamento sostiene, inoltre, che la deroga concessa dallart. 8, secondo comma, della direttiva rischia di dar luogo ad un trattamento differenziato in casi analoghi, a seconda che lo Stato membro interessato disponga o meno di una normativa che prenda in considerazione la propria capacit di accoglienza. Infine, un criterio fondato sulla capacit di accoglienza dello Stato membro sarebbe lequivalente di un regime di quote, non compatibile con i requisiti dettati dallart. 8 della CEDU. La detta istituzione rileva, al riguardo, che il sistema restrittivo delle quote annuali applicato dalla Repubblica dAustria sarebbe stato ritenuto incostituzionale dal Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale austriaca) (sentenza 8 ottobre 2003, causa G 119,120/03-13).

93     Il Consiglio sottolinea che lart. 8 della direttiva non impone, di per s, periodi di attesa e che un periodo di attesa non equivale al diniego di ricongiungimento familiare. La detta istituzione fa peraltro valere che il periodo di attesa costituisce un elemento classico della politica di emigrazione esistente nella maggior parte degli Stati membri, senza che sia stato ritenuto illegittimo dalle competenti giurisdizioni. Tale periodo di attesa perseguirebbe uno scopo legittimo della politica di immigrazione, vale a dire lintegrazione efficace dei familiari nella societ ospitante, garantendo che il ricongiungimento familiare abbia luogo solo dopo che il soggiornante si sia creato nello Stato ospitante una base solida, sotto il profilo tanto economico quanto familiare, per poter ivi installare una famiglia.

94     Il Consiglio rileva che la differenza di trattamento fra gli Stati membri non che la conseguenza del processo di progressivo ravvicinamento delle legislazioni e sottolinea che, al contrario di quanto sostenuto dal Parlamento, lart. 8 della direttiva opera un considerevole ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri, tenuto conto del carattere restrittivo della clausola di standstill ivi contenuta.

95     Il Consiglio contesta che il riferimento, di cui allart. 8, secondo comma, della direttiva, alla capacit di accoglienza di uno Stato membro equivalga ad un regime di quote. Tale criterio servirebbe unicamente a identificare gli Stati membri che possono prolungare il periodo di attesa a tre anni. Le considerazioni del Parlamento in ordine alle modalit di applicazione di tale disposizione negli Stati membri sarebbero, inoltre, speculative.

96     Secondo la Commissione, il periodo di attesa introdotto dallart. 8 della direttiva presenterebbe il carattere di regola procedurale amministrativa che non produrrebbe leffetto di escludere il diritto al ricongiungimento. Tale regola perseguirebbe un obiettivo legittimo e ci in maniera proporzionata. La Commissione sottolinea, a tal riguardo, che la durata del periodo di residenza del soggiornante nel paese ospitante costituisce un fattore importante preso in considerazione dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dellUomo nellambito della ponderazione degli interessi, al pari della capacit di accoglienza del paese. La normativa nazionale dovrebbe in ogni caso ammettere come riconosciuto dal Verfassungsgerichtshof la possibilit di presentare domanda di ricongiungimento fondata direttamente sullart. 8 della CEDU prima della scadenza del periodo di attesa.

 Giudizio della Corte

97     Al pari delle altre disposizioni impugnate nellambito del presente ricorso, lart. 8 della direttiva autorizza gli Stati membri a derogare alle regole del ricongiungimento familiare dettate dalla direttiva stessa. Il primo comma del detto art. 8 autorizza gli Stati membri ad esigere un soggiorno legale di due anni prima che il soggiornante possa essere raggiunto dai suoi familiari. Il secondo comma di tale articolo consente agli Stati membri, la cui legislazione tenga conto della loro capacit di accoglienza, di prevedere un periodo di attesa non superiore a tre anni tra la presentazione della domanda di ricongiungimento ed il rilascio del permesso di soggiorno ai familiari.

98     Tale disposizione non produce, quindi, leffetto di impedire qualsiasi ricongiungimento familiare, bens mantiene a favore degli Stati membri un margine di discrezionalit limitato, consentendo loro di assicurarsi che il ricongiungimento familiare abbia luogo in condizioni favorevoli, dopo un periodo di soggiorno sufficientemente lungo nello Stato membro ospitante da parte del soggiornante per poter presumere un insediamento stabile e un certo livello di integrazione. Pertanto, il fatto, che uno Stato membro prenda in considerazione tali elementi e la facolt di differire il ricongiungimento familiare di due anni o, a seconda i casi, di tre anni non si pone in contrasto con il diritto al rispetto della vita familiare sancito, in particolare, dallart. 8 della CEDU come interpretato dalla Corte europea dei diritti dellUomo.

99     Si deve ricordare che, come emerge dallart. 17 della direttiva, la durata della residenza nello Stato membro costituisce solo uno degli elementi che devono essere presi in considerazione dallo Stato medesimo nellambito dellesame di una domanda e che un periodo di attesa non pu essere imposto, senza tener conto, in casi specifici, del complesso degli elementi pertinenti.

100   Le stesse considerazioni valgono per il criterio della capacit di accoglienza dello Stato membro, che pu costituire uno degli elementi presi in considerazione nellambito dellesame di una domanda, ma che non pu essere interpretato nel senso che autorizzi un qualsivoglia sistema di quote ovvero listituzione di un termine di attesa di tre anni imposto a prescindere dalle particolari circostanze dei singoli specifici casi. Infatti, lanalisi complessiva prevista dallart. 17 della direttiva non consente di prendere in considerazione unicamente tale elemento ed impone di procedere ad un esame reale della capacit di accoglienza al momento della domanda.

101   Nellambito di tale analisi, gli Stati membri devono inoltre provvedere, come gi rammentato al punto 63 della presente sentenza, a prendere debitamente in considerazione linteresse superiore del minore.

102   La coesistenza di situazioni differenti, a seconda che gli Stati membri scelgano di avvalersi o meno della possibilit di imporre un periodo di attesa di due anni, ovvero di tre anni, nel caso in cui la loro legislazione vigente alla data di adozione della direttiva tenga conto della loro capacit di accoglienza, non costituisce altro che lespressione della difficolt di procedere ad un ravvicinamento delle legislazioni in un settore che, sino a quel momento, ricadeva unicamente nella competenza degli Stati membri. Come riconosciuto dal Parlamento stesso, la direttiva, nel suo complesso, importante ai fini dellattuazione armonizzata del diritto al ricongiungimento familiare. Nella specie, non risulta che il legislatore comunitario abbia oltrepassato i limiti imposti dai diritti fondamentali laddove ha consentito agli Stati membri, che disponessero o intendessero adottare una normativa specifica, di modulare a taluni aspetti del diritto al ricongiungimento.

103   Conseguentemente, lart. 8 della direttiva non pu essere considerato in contrasto con il diritto fondamentale al rispetto della vita familiare o con lobbligo di prendere in considerazione linteresse superiore del minore, n di per s, n nella parte in cui autorizzerebbe espressamente o implicitamente gli Stati membri ad agire in tal senso.

104   Infine, si deve rilevare che, se pur vero che la direttiva lascia agli Stati membri un margine di discrezionalit, tale margine sufficientemente ampio per consentire loro di applicare loro le regole della direttiva in senso conforme alle esigenze derivanti dalla tutela dei diritti fondamentali (in tal senso, sentenza 13 luglio 1989, causa 5/88, Wachauf, Racc. pag. 2609, punto 22).

105   Si deve rammentare, a tal riguardo, che, come risulta da costante giurisprudenza, le esigenze inerenti alla tutela dei principi generali riconosciuti nellordinamento giuridico comunitario, fra i quali va annoverato il principio della tutela del legittimo affidamento, vincolano parimenti gli Stati membri quando danno esecuzione alle discipline comunitarie, ed essi sono pertanto tenuti, quanto pi possibile, ad applicare tali discipline nel rispetto delle dette esigenze. (v. sentenze 24 marzo 1994, causa C-2/92, Bostock, Racc. pag. I‑955, punto 16; 18 maggio 2000, causa C‑107/97, Rombi e Arkopharma, Racc. pag. I‑3367, punto 65; in tal senso sentenza ERT, citata supra, punto 43).

106   Lattuazione della direttiva soggetta al sindacato dei giudici nazionali in quanto, come previsto allart. 18 della direttiva medesima, gli Stati membri assicurano che il soggiornante e/o i suoi familiari abbiano diritto a proporre impugnativa in caso di rigetto della domanda di ricongiungimento familiare, di mancato rinnovo o di ritiro del permesso di soggiorno o di adozione di una misura di allontanamento. Ove essi incontrino difficolt relative allinterpretazione o alla validit di tale direttiva, spetter ai giudici stessi sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale secondo le modalit enunciate agli artt. 68 CE e 234 CE.

107   Per quanto attiene agli Stati membri vincolati da tali strumenti, si deve peraltro rammentare che la direttiva, come affermato allart. 3, n. 4, della medesima, non pregiudica le disposizioni pi favorevoli contenute nella Carta sociale europea del 18 ottobre 1961, nella Carta sociale europea riveduta del 3 maggio 1987 e nella Convenzione europea relativa allo status di lavoratore migrante del 24 novembre 1977, nonch quelle contenute negli accordi bilaterali e multilaterali stipulati tra la Comunit o tra la Comunit e i suoi Stati membri, da una parte, e dei paesi terzi, dallaltra.

108   In considerazione dellinfondatezza del ricorso, non occorre esaminare se le disposizioni impugnate siano separabili dal resto della direttiva.

109   Il ricorso devessere conseguentemente respinto.

 Sulle spese

110   Ai sensi dellart. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente condannata alle spese, se ne stata fatta domanda. Il Parlamento, essendo rimasto soccombente, devessere pertanto condannato alle spese, come richiesto dal Consiglio. Ai sensi del n. 4, primo comma, del medesimo articolo, la Repubblica federale di Germania e la Commissione, intervenute nella controversia, sopporteranno le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso respinto.

2)      Il Parlamento europeo condannato alle spese.

3)      La Repubblica federale di Germania e la Commissione delle Comunit europee sopporteranno le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: il francese.