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Press room

Italia

Repubblica italiana

Capo di Stato: Carlo Azeglio Ciampi
Capo del governo: Silvio Berlusconi
Pena di morte: abolizionista per i tutti i reati
Statuto di Roma della Corte penale internazionale: ratificato
Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne e relativo Protocollo opzionale: ratificati

I diritti dei rifugiati sono stati minacciati dall’applicazione di una nuova legge sull’immigrazione, dalla mancanza di una legislazione specifica per tutelare i richiedenti asilo e dall’intenzione manifestata dall’Italia di costruire in Libia centri di detenzione per migranti. Nel corso dell’anno, a dispetto del diritto internazionale sui rifugiati, più di 1.425 migranti sono stati espulsi verso la Libia. Sono state comminate condanne detentive con sospensione condizionale della pena nei confronti di funzionari pubblici e personale civile per aggressione e maltrattamenti razzisti avvenuti in un centro di detenzione per migranti. Sono proseguiti i processi a carico di agenti di polizia accusati di aggressione e altri reati compiuti nel 2001 durante manifestazioni svoltesi a Napoli e, in occasione del Summit G8, a Genova. L’Italia non ha adottato misure per risolvere il problema dell’impunità all’interno delle forze dell’ordine, quali la creazione di un organismo indipendente per le denunce contro la polizia, l’inserimento del reato di tortura nel codice penale e l’obbligo per gli agenti di indossare chiaramente un qualche segno di identificazione.

Minaccia ai diritti dei rifugiati

Nonostante sia Stato parte della Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati, l’Italia non si è ancora dotata di una legge specifica e completa sul diritto di asilo. Nella pratica, l’asilo è disciplinato dalla legge sull’immigrazione del 1990, così come emendata nel 2002 dalla c.d. legge Bossi-Fini, il cui regolamento di attuazione è entrato in vigore il 21 aprile 2005. La legge ha istituito centri di identificazione per la detenzione dei richiedenti asilo e una procedura veloce per la determinazione del diritto di asilo per i richiedenti detenuti, generando preoccupazione per l’accesso alle procedure di asilo, per la detenzione dei richiedenti asilo in violazione degli standard previsti dalla normativa internazionale e per la violazione del principio del non-refoulement (non respingimento) che vieta di rimpatriare o espellere forzatamente i richiedenti asilo verso Paesi in cui potrebbero essere a rischio di gravi abusi dei diritti umani.

È stato espresso il timore che molti delle migliaia di migranti e richiedenti asilo giunti in Italia via mare, principalmente dalla Libia, siano stati forzatamente respinti verso Paesi in cui erano a rischio di violazioni dei diritti umani. Tra gennaio e ottobre almeno 1.425 persone sono state deportate in Libia.

*Tra il 13 e il 21 marzo, sull’isola di Lampedusa sono arrivati 1.235 cittadini stranieri. Il 14 marzo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) ha chiesto di poter accedere al centro di detenzione dell’isola, ma la richiesta è stata respinta per ragioni di sicurezza. Il 16 marzo il ministro dell’Interno ha riferito al Parlamento che nel centro erano stati ammessi funzionari libici, per identificare i trafficanti di esseri umani. Secondo quanto riferito, il giorno seguente sono state espulse 180 persone, scortate in volo da agenti delle forze dell’ordine italiane fino alla capitale libica Tripoli. Il 18 marzo l’ACNUR ha sottolineato che, se al momento delle visite dei funzionari libici nel centro fossero stati presenti richiedenti asilo libici, tali visite avrebbero contravvenuto i principi basilari della tutela dei rifugiati. Il 14 aprile il Parlamento Europeo ha espresso preoccupazione per le espulsioni dei migranti da Lampedusa attuate tra l’ottobre 2004 e il marzo 2005. Il 10 maggio la Corte Europea dei diritti umani ha ordinato alle autorità italiane di sospendere la prevista espulsione di 11 migranti che erano giunti a Lampedusa a marzo.

Nei Centri di permanenza temporanea e assistenza (CPTA) sono stati detenuti migliaia di cittadini stranieri senza permesso di soggiorno, mentre da alcuni di tali centri sono state segnalate aggressioni verso detenuti da parte di agenti delle forze dell’ordine e personale di sorveglianza. Sono state anche segnalate condizioni di sovraffollamento e mancanza di igiene; assistenza medica inadeguata unita a somministrazione eccessiva e illegale di sedativi; e difficoltà per i detenuti a ottenere assistenza legale e accesso alle procedure di asilo. Condizioni analoghe sono state riferite nei Centri di identificazione, di nuova creazione, dove sono stati trattenuti centinaia di richiedenti asilo.

Aggiornamenti

Nel mese di luglio il tribunale di Lecce ha condannato 16 persone accusate di aggressione e maltrattamenti razzisti avvenuti nel novembre 2002 ai danni di detenuti nel CPTA Regina Pacis, in Puglia. Il direttore del centro, un prete cattolico, e due dei carabinieri addetti alla sicurezza sono stati condannati a 16 mesi di reclusione, con sospensione condizionale della pena. Gli altri imputati, sei dipendenti amministrativi, due medici e altri cinque carabinieri, hanno ricevuto condanne dai 9 ai 16 mesi di reclusione, anch’esse con sospensione della pena.

Detenzione per procura

Nel corso dell’anno fonti non ufficiali hanno riferito della decisione dell’Italia di costruire tre strutture di detenzione in Libia, nelle località di Gharyan, vicino a Tripoli, di Sheba, nel deserto, e di Kufra, vicino al confine con Egitto, Sudan e Ciad. Sono stati espressi timori che i diritti umani dei migranti potessero essere seriamente messi a rischio. La Libia non ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati, né il suo Protocollo, e non riconosce la presenza di rifugiati e richiedenti asilo sul suo territorio, né lo status ufficiale dell’ACNUR.

Brutalità della polizia

L’Italia ha continuato a non voler introdurre nel proprio codice penale il reato di tortura così come definito dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Inoltre, non ha adottato alcuna misura per creare un istituto nazionale indipendente per la tutela dei diritti umani o un organo indipendente che accolga le denunce contro la polizia e ne individui le responsabilità. Le operazioni di mantenimento dell’ordine pubblico non sono risultate in linea con il Codice europeo di etica per la polizia che, ad esempio, richiede agli agenti di indossare in modo ben visibile qualche segno di identificazione, come il numero di matricola, per far sì che possano essere individuati e chiamati a rispondere delle proprie azioni.

Aggiornamenti: operazioni di polizia durante manifestazioni del 2001

Sono proseguiti i processi nei confronti di agenti di polizia impegnati nelle operazioni di controllo dell’ordine pubblico durante le manifestazioni di Napoli del marzo 2001, e del Summit G8 di Genova nel luglio 2001.

*È proseguito il processo, avviato nel dicembre 2004, contro 31 agenti di polizia imputati per reati commessi durante la manifestazione di Napoli, che andavano dal sequestro di persona alle lesioni personali e alla violenza privata.

*Nel mese di marzo la Procura della Repubblica di Genova ha presentato prove di maltrattamenti verbali e fisici ai danni delle persone trattenute nella struttura detentiva temporanea di Bolzaneto in cui, durante il Summit G8, furono condotti più di 200 arrestati. I detenuti avevano denunciato di essere stati colpiti con schiaffi, calci, pugni e sputi; sottoposti a minacce, anche di stupro, e insulti, anche di natura sessuale e oscena; e privati di cibo, acqua e sonno per lunghi periodi. Il 16 aprile sono stati decisi 45 rinvii a giudizio per imputazioni varie nei confronti di agenti di polizia, carabinieri, agenti di custodia e personale sanitario. Il processo è iniziato l’11 ottobre.

*Il 6 aprile è iniziato il processo a carico di 28 agenti di polizia, tra cui alcuni funzionari di grado superiore, coinvolti in una irruzione notturna in una scuola di Genova durante le manifestazioni del 2001. Nel corso del raid quasi 100 persone vennero ferite e tre di esse entrarono in coma. Gli agenti sono stati accusati di vari reati, tra cui lesioni gravi e percosse, falsificazione e occultamento di prove e abuso d’ufficio. Nessuno è stato sospeso dal servizio. Decine di altri agenti delle forze dell’ordine ritenuti coinvolti in aggressioni fisiche, a quanto pare non hanno potuto essere identificati.

Maltrattamenti nelle carceri

Negli istituti di pena non è mutata la situazione di sovraffollamento cronico e insufficienza di personale, unita a un’alta incidenza di suicidi e atti di autolesionismo. Sono pervenute molte segnalazioni di condizioni sanitarie carenti e di assistenza medica inadeguata e non è diminuita l’incidenza di malattie infettive e problemi di salute mentale.

Nel corso dell’anno sono proseguiti procedimenti penali nei confronti di un gran numero di membri del personale carcerario, relativi a maltrattamenti di singoli detenuti o, talvolta, di gruppi di reclusi. Alcuni processi si sono contraddistinti per gli eccessivi ritardi. Le accuse si riferivano a presunti abusi psicologici e fisici ai danni di detenuti, in alcuni casi condotti in maniera sistematica e talvolta equivalenti a tortura.

Monitoraggio internazionale

A gennaio il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione contro le donne ha reputato inadeguate le misure adottate dall’Italia per risolvere il problema della bassa partecipazione delle donne alla vita pubblica. Il Comitato ha raccomandato che nella legislazione pertinente sia inclusa una definizione di discriminazione contro le donne, per allineare l’Italia alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne.

Il 28 ottobre il Comitato diritti umani delle Nazioni Unite, in risposta al rapporto presentato dall’Italia sull’applicazione del Patto internazionale sui diritti civili e politici, ha raccomandato la creazione di un organismo nazionale indipendente per la tutela dei diritti umani. Il Comitato ha sollecitato maggiori sforzi sia per garantire che i presunti maltrattamenti compiuti da agenti dello Stato siano oggetto di indagine immediata e imparziale, sia per eliminare la violenza domestica. Il Comitato ha anche espresso preoccupazione riguardo al diritto di asilo e ha richiesto informazioni dettagliate in merito agli accordi di riammissione conclusi con altri Paesi, compresa la Libia. Inoltre ha sollecitato l’Italia a garantire l’indipendenza della magistratura dal potere esecutivo e ha evidenziato le proprie preoccupazioni per il sovraffollamento delle carceri.

Corte penale internazionale

Nonostante l’importante ruolo svolto dall’Italia nella redazione dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale e la ratifica del medesimo, già avvenuta nel 1999, a fine anno le autorità non avevano ancora promulgato norme attuative che consentirebbero di indagare e processare presso i tribunali nazionali reati inseriti nel diritto internazionale o di cooperare con la Corte penale internazionale nel corso delle sue inchieste.

Rapporti di AI

Italy: Temporary stay, permanent rights – The treatment of foreign nationals detained in “temporary stay and assistance centres” (AI Index: EUR 30/004/2005)

Italy: Lampedusa, the island of Europe’s forgotten promises (AI Index: EUR 30/008/2005)

Italy: Law reform needed to implement the Rome Statute of the International Criminal Court (AI Index: EUR 30/009/2005)

Europe and Central Asia: Summary of Amnesty International’s concerns in the region, July-December 2004: Italy (AI Index: EUR 01/002/2005)


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