PARLAMENTO EUROPEO

2004

2009

Commissione per le libertˆ civili, la giustizia e gli affari interni

3.2.2006

DOCUMENTO DI LAVORO

su unĠagenda comune per lĠintegrazione

Quadro per lĠintegrazione dei cittadini di paesi terzi

nellĠUnione europea

Commissione per le libertˆ civili, la giustizia e gli affari interni

Relatore: Stavros Lambrinidis


 

I.          Generalitˆ

 

LĠintegrazione degli immigrati deve diventare una delle prioritˆ allĠordine del giorno dellĠUnione europea. La presente relazione  animata dalla convinzione che lĠintegrazione rappresenta un aspetto estremamente importante per il buon esito dellĠallargamento dellĠUE. Di fronte a tale sfida lĠimpegno dellĠUnione  stato a dir poco trascurabile. Invece di integrare efficacemente gli immigrati nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nei sistemi politici, le societˆ europee stanno per molti versi piombando in uno stato di ÒdisintegrazioneÓ.

 

La relazione presenta lĠopinione del Parlamento sul miglior modo per progredire nellĠintegrazione. Le raccomandazioni si concentreranno su quattro aree:

 

 

II.        LĠimpegno comunitario allĠintegrazione degli immigrati  penosamente debole

 

Il numero di cittadini dellĠUE nati in paesi terzi si stima in 40 milioni; i loro figli sono ancora pi numerosi. Tale popolazione, in crescita, diffusa nella gran parte degli Stati membri e concentrata nelle aree urbane,  straordinariamente variegata. Ciononostante i problemi che tali residenti devono affrontare sono inquietantemente simili. Il loro tasso di partecipazione alla forza lavoro  al di sotto della media e il tasso di successo scolastico segna pericolosamente il passo. Si confrontano con unĠaspra discriminazione nelle loro relazioni con le istituzioni sia pubbliche che private. Sotto il profilo politico essi sono incresciosamente sottorappresentati a tutti i livelli governativi.

 

Nel tentativo di superare la sfida dellĠintegrazione, che se non affrontata potrebbe minare socialmente, economicamente e politicamente lĠUE, questa ha tuttavia impegnato poche preziose risorse.

 

Si potrebbero considerare questi 40 milioni di immigrati come il ventiseiesimo Stato membro dellĠUE (nonchŽ il settimo per grandezza). Sarebbe lecito quindi chiedersi in che maniera gli sforzi compiuti per integrare tale popolazione si pongano di fronte allĠimpegno profuso invece per integrare i paesi in fase di adesione. Centinaia di funzionari della Commissione trascorrono anni operando con tali Stati, condividendo le migliori prassi dellĠUnione e allineando le leggi, le prassi amministrative e il rendimento con le norme comunitarie. Si sborsano miliardi per rendere uniformi le condizioni sociali ed economiche.

 

Per contro, lĠUE ha un solo alto funzionario che si dedica ufficialmente a tempo pieno allĠintegrazione degli immigrati, e ha speso in totale circa 15 milioni di euro dal 1999 per programmi specifici mirati allĠintegrazione degli immigrati legali. In altri termini, negli ultimi sei anni lĠUE ha speso in totale 0,5 euro per immigrato legale a titolo di programmi specifici per lĠintegrazione.

 

La mancanza di risorse da destinare allĠintegrazione non riguarda solo lĠaspetto finanziario ma anche quello intellettuale. Scarseggiano le idee valide su come colmare il divario tra gli immigrati e le societˆ dellĠUE. Si devono esplorare lĠUnione e il mondo alla ricerca di prassi che possano far crescere drasticamente il tasso di successo in termini di integrazione degli immigrati. Devono essere moltiplicati i mezzi di diffusione efficace di tali idee.

 

III.       La motivazione alla base dellĠimpegno comunitario allĠintegrazione

 

Per troppo tempo lĠUnione e le istituzioni comunitarie sono rimaste paralizzate a causa dellĠidea diffusa secondo cui ÒlĠintegrazione  localeÓ. Nonostante tale aforisma non manchi di buonsenso, esso ha condotto gli altri livelli governativi e le istituzioni comunitarie a credere che le loro responsabilitˆ in materia di integrazione degli immigrati siano inferiori rispetto a quanto non siano in realtˆ.

 

LĠattuazione delle iniziative di integrazione  senzĠaltro locale. Le scuole, le associazioni, le imprese, i luoghi di culto e le altre istituzioni di un quartiere espletano il compito impegnativo di far convivere i nuovi cittadini e gli autoctoni in modo da dare vita alle comunitˆ e migliorarne lĠesistenza. Ma le conseguenze dellĠintegrazione sono globali, specialmente quando questa non ha buon esito.

 

Quando uno Stato membro non riesce a elaborare e ad attuare politiche efficienti in materia di integrazione si possono verificare conseguenze negative di vario tipo in altri Stati membri e nelle fondamenta sociali ed economiche di tutta lĠUE. Per citare solo alcuni esempi:

 

Perci˜, mentre sta alle autoritˆ locali, regionali e nazionali determinare le specifiche misure di integrazione attuate,  chiaramente nellĠinteresse dellĠUnione che gli Stati membri attuino efficaci strategie di integrazione i cui risultati perseguano gli interessi comuni dellĠUnione. é nel controllo di tali risultati che le istituzioni comunitarie possono e devono diventare molto pi attive e soprattutto efficaci.

 

Tale controllo dovrebbe valutare lĠimpegno degli Stati membri allĠintegrazione analizzando se a scuola i figli degli immigrati abbiano gli stessi buoni risultati dei figli degli autoctoni, se lĠaccesso al mercato del lavoro e le opportunitˆ di carriera nelle aziende siano uguali per tutti i lavoratori, se le abilitˆ degli immigrati siano efficacemente riconosciute e utilizzate e quanto tempo impieghino i nuovi cittadini ad acquisire padronanza della lingua locale.

 

Un controllo scrupoloso e unĠanalisi incisiva dellĠimpegno allĠintegrazione permetteranno di adottare rapidamente le tecniche di integrazione promettenti. Per quale ragione, per esempio, alcuni Stati membri sono riusciti a integrare i minori immigrati nei loro sistemi scolastici mentre altri tentennano? In uno degli Stati membri pi grandi solo il 18% dei minori immigrati accede alla scuola superiore secondaria a fronte del 47% degli autoctoni. Per ovviare a tali disparitˆ si deve prima accertarne lĠesistenza e le cause. Il controllo crea anche un ambiente di sana ÒcompetizioneÓ che spinge gli Stati membri a migliorare il loro rendimento.

 

Se lĠincapacitˆ di integrare  causa di innumerevoli problemi il buon esito della stessa consoliderˆ invece lĠUE sotto vari aspetti fondamentali: i risultati comuni in termini di integrazione rafforzeranno lĠeconomia dellĠUnione a fronte della concorrenza globale; si attrarranno i lavoratori e gli imprenditori necessari alle economie dellĠUE cos“ come gli scienziati e gli studenti che costituiscono il caposaldo della nostra capacitˆ innovativa; le cittˆ saranno pi sicure e le comunitˆ pi forti, e il peso dellĠUnione sul piano internazionale crescerˆ nella misura in cui si mostrerˆ in grado di superare le divisioni culturali e religiose.

 

IV.       Le iniziative passate e future della Commissione, del Consiglio e del Parlamento

 

Le precedenti presidenze dellĠUE, assieme alla Commissione europea, hanno realizzato un mirabile lavoro nel perseguire la politica di integrazione. Spiccano soprattutto lĠagenda di Tampere, le conclusioni di Salonicco, le direttive sul ricongiungimento familiare e sui residenti di lungo periodo, e infine i principi fondamentali comuni della politica degli immigrati della presidenza olandese[1]). Nel frattempo la Commissione ha pubblicato nel 2003 una comunicazione su immigrazione, integrazione e occupazione[2] in cui si presentava unĠanalisi ponderata e diversi spunti di azione. Pi di recente la stessa ha pubblicato un utile manuale sullĠintegrazione e degli orientamenti per lĠintegrazione.

 

In realtˆ tuttavia, lĠimpegno collettivo dellĠUE  stato soprattutto inadeguato a livello di attuazione, persino nel ristrettissimo ambito in cui la Commissione ha autoritˆ di azione. Due esempi sono a questo proposito illustrativi: lĠOsservatorio europeo della migrazione, annunciato con grande enfasi nel 2003, non  mai stato istituito; lĠedizione inaugurale del rapporto annuale su migrazione e integrazione, che il Consiglio europeo ha incaricato la Commissione di pubblicare ogni anno,  apparsa a tempo opportuno nel giugno del 2004[3] ma al gennaio del 2006 non  ancora stata redatta la seconda edizione.

 

Vale la pena soffermarsi su questĠultimo punto: tale pubblicazione, che rappresenterebbe lĠunico strumento critico per valutare lĠesito degli sforzi di integrazione degli Stati membri, serve a evidenziare un altro punto debole dellĠattuale approccio dellĠUnione nei confronti dellĠintegrazione: il ricorso esclusivamente ai canali burocratici degli Stati membri per ottenere i dati. Se si considera in particolare che due dei ruoli pi importanti dellĠUnione in questo ambito comprendono il controllo dellĠintegrazione e la diffusione delle pratiche promettenti, essa non pu˜ fare affidamento sui governi perchŽ questi si controllino e valutino da soli. La qualitˆ di tali valutazioni  direttamente legata allĠindipendenza dei valutatori, oltre a essere profondamente condizionata dalla possibilitˆ di avere accesso, in una maniera o nellĠaltra, a dati accurati.

 

Dal 2006 in poi, la Commissione europea e altre istituzioni comunitarie avranno a disposizione una straordinaria serie di opportunitˆ per influire sullĠintegrazione degli immigranti, opportunitˆ che devono essere colte e finanziate per un risultato ottimale.

 

La pi significativa  forse rappresentata dal Fondo europeo per lĠintegrazione dei cittadini dei paesi terzi, di recente istituzione. Per quanto la Commissione abbia richiesto 1,7 miliardi di euro, non  stato indicato con sufficiente precisione come tali fondi saranno utilizzati. La relazione avrˆ lĠobiettivo di fornire orientamenti su come impiegare al meglio i fondi stanziati per le iniziative a favore dellĠintegrazione nel periodo 2007-2013.

 

é fondamentale inoltre lĠintenzione della Commissione, delineata nel Òprogramma politico in materia di migrazione legaleÓ appena pubblicato, di elaborare una direttiva quadro sulla migrazione legale e altre direttive che incentivino la capacitˆ dellĠUE di attrarre immigrati altamente qualificati, lavoratori stagionali e tirocinanti. Tale piano rappresenta un passo importante nel prendere atto che lĠimmigrazione e lĠintegrazione vanno di pari passo e che lĠuna non pu˜ avere buon esito senza lĠaltra. Il piano della Commissione devĠessere formulato in maniera molto pi chiara e deve riconoscere che le necessitˆ di integrazione delle varie categorie di immigrati variano sensibilmente.

 

La Commissione ha al tempo stesso indicato che intende creare un prototipo di sito web per la diffusione delle migliori prassi sullĠintegrazione. Pur essendo importante il sito web, lĠimpegno della Commissione nellĠidentificare, analizzare e promuovere le migliori prassi deve andare ben oltre e giungere urgentemente in tutti gli ambiti critici quali la formazione linguistica, gli alloggi, lĠistruzione, i media, il dialogo interculturale, ecc.

 

Vi  inoltre enorme necessitˆ di miglioramento nella riforma delle modalitˆ in cui la Commissione gestisce lĠintegrazione degli immigrati. Per troppo tempo si  parlato di Òmainstreaming della migrazioneÓ e di una pi ampia collaborazione tra le direzioni generali senza che ci˜ portasse a un vero cambiamento organizzativo. Mentre la DG Giustizia, libertˆ e sicurezza e la DG Occupazione, affari sociali e pari opportunitˆ hanno realizzato un ottimo lavoro sullĠintegrazione, anche altre direzioni generali, soprattutto le DG Istruzione e cultura, Salute e tutela dei consumatori e Imprese e industria, si devono impegnare assiduamente sulla questione e coordinare con efficacia il loro lavoro.

 

In parallelo non si pu˜ sviluppare alcuna politica seria in materia di integrazione senza la partecipazione attiva dei migranti stessi. A tale scopo serba un enorme potenziale la creazione di un forum europeo dellĠintegrazione che riunisce i migranti di tutti i 25 Stati membri e i cittadini comunitari che risiedono altrove rispetto al loro paese di nascita. Molti paesi dellĠUE sono stati ÒesportatoriÓ netti di migranti per decenni; le esperienze di tali emigranti, spesso poco diverse da quelle dei migranti di paesi terzi e dei loro discendenti che vivono nellĠUE, dovrebbero illuminare le politiche comunitarie di integrazione.

 

Infine, ma non meno importante, appare chiaro che lĠespediente ultimo per lĠintegrazione  un chiaro percorso verso la cittadinanza. Mentre i diritti di cittadinanza rientrano a pieno titolo nella sovranitˆ degli Stati membri, il concetto di Òcittadinanza civicaÓ propugnato dalla Commissione, un corposo pacchetto di diritti e di responsabilitˆ che potrebbero precorrere la cittadinanza, compresi i diritti dei residenti di lungo periodo a votare alle elezioni locali e partecipare alla vita dei partiti politici,  un concetto promettente e dovrebbe essere affrontato dal Parlamento europeo.

 

 

 



[1] Documento del Consiglio 14615/04

[2] COM(2003) 336

[3] COM(2004) 508