PARITA DI TRATTAMENTO TRA STRANIERI REGOLARMENTE SOGGIORNANTI  E CITTADINI IN MATERIA DI PRESTAZIONI DI ASSISTENZA SOCIALE. LA CORTE COSTITUZIONALE DELUDE LE ATTESE. UN CASO DI CATTIVA STRATEGIC LITIGATION?

 

A cura di Walter Citti, collaboratore  ASGI.

 

Contrariamente alle attese che erano state riposte, la sentenza della Corte Costituzionale n. 324/2006, depositata il 6 ottobre scorso,  risolve solo marginalmente la questione dellaccesso degli stranieri regolarmente soggiornanti alle provvidenze e prestazioni di assistenza sociale, incluse quelle relative agli invalidi civili, erogate dallINPS,  e specificatamente lassegno sociale e gli assegni e le indennit derivati da invalidit civile, cecit e sordomutismo.

Come noto, lart. 41 del D.lgs. n. 286/98 sembrava aver definitivamente risolto ogni controversia al riguardo, stabilendo il principio della parit di trattamento in materia di prestazioni sociali tra cittadini italiani e stranieri regolarmente soggiornanti titolari di carta di soggiorno o di un permesso di soggiorno della durata di almeno un anno. Tuttavia, il legislatore, in sede di legge finanziaria per lanno 2001, intervenne nella norma in esame, introducendo una nuova disciplina di portata restrittiva rispetto a quella precedente, riducendo il principio di equiparazione e parit di trattamento ai soli stranieri titolari di carta di soggiorno ai fini dellaccesso allassegno sociale e alle altre provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali, inclusi quindi gli assegni e le indennit derivanti da invalidit civile (art. 80 c. 19 l. n. 388/2000).

Con lentrata in vigore della nuova normativa, lINPS ha interrotto  lerogazione delle prestazioni a chi aveva iniziato a fruirne in base al testo originario della legge Turco-Napolitano, se  non in grado di dimostrare il possesso della carta di soggiorno; in taluni casi ha addirittura richiesto la restituzione delle somme fino a quel momento versate, intendendo che la nuova normativa potesse essere applicata retroattivamente in quanto interpretabile come norma di interpretazione autentica dellart. 41 del T.U. piuttosto che come una nuova disciplina.[1]

 

La normativa approvata in sede di finanziaria 2001 ha innescato numerose controversie  di fronte alla magistratura del lavoro, vertenti sostanzialmente su due questioni centrali:

 

a)     se la normativa, introducendo una nuova disciplina legale riferita a rapporti c.d. di durata (cio a prestazioni periodiche aventi la caratteristica  di perdurare nel tempo), debba essere applicata ai rapporti gi formatisi e costituiti sulla base della previdente normativa o, invece, in base al principio di irretroattivit della norma, debba  disciplinare  soltanto i nuovi rapporti suscettibili di costituirsi  dopo la sua entrata in vigore, non incidendo sui diritti gi acquisiti in precedenza.

 

b)    se la nuova disciplina, escludendo dal principio di parit di trattamento  i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti, ma non titolari di carta di soggiorno, si sia posta in contrasto con i principi costituzionali e leda quindi posizioni aventi fondamento costituzionale;

 

Si tratta ora di vedere come la recente giurisprudenza costituzionale e di legittimit affrontano tali questioni e quali conclusioni debbano trarsi.

 

Riguardo alla prima questione, la lettura congiunta della sentenza della Corte Costituzionale n. 324/2006 e di quella di Cassazione Civile, sez. lavoro, 04.08.2005, n. 16415 (INPS c. CARBAJAL SEGURA MANUEL CESAR), non sembrano lasciare dubbi e margini di interpretazione.

La Corte Costituzionale  muove dalla considerazione  che in linea di principio, al legislatore consentito modificare il regime di un rapporto di durata, [anche] con misure che incidano negativamente [] sulla posizione del destinatario delle prestazioni, purch esse non siano in contrasto con principi costituzionali e, quindi, non ledano posizioni aventi fondamento costituzionale (argomenti che hanno rilevanza per lanalisi della seconda delle questioni). Tuttavia, in base al giudizio della Corte, da ci non discende che la nuova disciplina necessariamente debba essere applicata ai rapporti gi costituiti sulla base della previdente normativa.

Al contrario, la Corte suggerisce che, sulla base del principio generale di irretroattivit delle norme di cui allart. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, lapplicazione di una nuova normativa ai rapporti di durata gi venuti ad esistenza possa ritenersi legittima solo se questa possa qualificarsi come interpretativa di quella previgente  o contenga unespressa  disposizione derogatoria al principio generale di non retroattivit.

In sostanza, a detta della Corte costituzionale, i ricorsi promossi dai giudici a quo (Tribunale di Milano, Tribunale di Monza) sono da ritenersi inammissibili,  poich per dirimere la questione era sufficiente uninterpretazione  fondata sul richiamo al principio di irretroattivit delle norme giuridiche, cos come applicato ai c.d rapporti di durata. In tale direzione, la Corte  fa  un sibillino richiamo alla giurisprudenza comune gi maturata in proposito, senza peraltro citarla. Si tratta nello specifico della sentenza della Corte di Cassazione civile, sez. lavoro n. 16415 dd. 04.08.2005, con la quale veniva rigettato il ricorso proposto dallINPS contro la sentenza della Corte di Appello di Torino depositata in data 20.12.2002, che aveva riconosciuto il diritto di un cittadino straniero in possesso del solo permesso di soggiorno e a cui era stato concesso lassegno sociale in base allart. 41 del T.U., di continuare a beneficiare di tale provvidenza assistenziale anche dopo lentrata in vigore dellart. 80 c. 19 della legge n. 388/2000, trattandosi di un diritto acquisito.

Nel respingere la pretesa dellINPS di sospendere o revocare lerogazione dellassegno sociale dopo lentrata in vigore della nuova normativa,  la Corte di legittimit aveva rilevato che  la nuova disciplina non aveva incluso alcuna previsione riguardo agli assegni  gi concessi sotto il vigore della normativa  previdente, con ci inducendo a ritenere che il legislatore abbia voluto limitare lefficacia della nuova norma solo alle nuove prestazioni assistenziali, senza incidere cio su quelle riconosciute nella vigenza della precedente normativa .

 

E evidente, peraltro, che la citata giurisprudenza di Cassazione non aiuta a  risolvere il secondo dei quesiti posti, se cio le provvidenze assistenziali dellassegno sociale e di invalidit o inabilit possano rese accessibili anche agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia muniti del  solo permesso di soggiorno che abbiano maturato rispettivamente  i requisiti di et e di reddito o  abbiano ottenuto il  riconoscimento della condizione di invalidit dopo lentrata in vigore della legge n. 388/2000 o che comunque non si siano visti gi riconoscere il diritto a  tali prestazioni in base alla precedente normativa di cui allart. 41 del T.U. sullimmigrazione.

Approfittando forse del fatto che i casi oggetto di giudizio non rientravano in questa fattispecie, anche la recente sentenza della Corte Costituzionale finisce per glissare sostanzialmente sullargomento, peraltro sollevato nelle ordinanze di remissione dei giudici a quo. Questi avevano sollevato  dubbi di illegittimit costituzionale delle disposizioni contenute nella legge finanziaria 2001, in quanto in palese violazione di quella parit di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani che lart. 2 comma 3 del T.U. sullimmigrazione garantisce a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti in Italia e ai loro familiari, e quindi senza discriminazione tra titolari o meno di carta di soggiorno, in attuazione della Convenzione O.I.L. (Organizzazione Internazionale del Lavoro) n. 143 del 24 giugno 1975, ratificata  con legge 10 aprile 1981, n. 158, con ci violando la riserva di legge rinforzata in materia di condizione giuridica dello straniero prevista dallart. 10 comma 2 della Costituzione. [2]

La Convenzione O.I.L. n. 143/1975, infatti,  garantisce alla generalit dei migranti, che si trovano legalmente sul territorio di uno Stato membro, senza discriminazioni di reddito, o basate sullanzianit,  sul consolidamento del loro soggiorno, o altri requisiti, il principio di   parit di opportunit e trattamento rispetto ai cittadini nazionali anche  in materia di sicurezza sociale.[3]

La tesi  dellincompatibilit delle norme interne introdotte dalla legge finanziaria 2001 con gli obblighi scaturenti dalladesione e ratifica a trattati internazionali, e ai quali dovrebbe essere conformata la condizione giuridica dello straniero in Italia, trova ulteriore sostegno sulla base dellanalisi della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dellUomo. Sebbene la Convenzione europea di salvaguardia dei diritti umani non contenga disposizioni specifiche in materia di diritto alla sicurezza sociale, la tutela dei diritti patrimoniali, introdotta  per mezzo dellart. 1 del Protocollo 1 alla Convenzione medesima, stata interpretata dalla Corte di Strasburgo come estensibile anche alle prestazioni sociali, comprese quelle di tipo non contributivo, applicando per conseguenza anche a tali benefici il principio di non discriminazione sancito dallart. 14 della stessa Convenzione.[4]  A conferma della validit di tale ragionamento, va segnalata la recente presa di posizione dellHALDE (Haute Autorit de Lutte contre les Discriminations et pour lEgalit ), lautorit indipendente francese contro le discriminazioni, creata quale organismo per la promozione delleguaglianza e parit di trattamento dalla normativa di recepimento francese della direttiva europea n. 2000/43/CE.[5]  LHALDE era stata chiamata ad esprimersi sulla compatibilit con le norme anti-discriminazione della carta per le famiglie numerose, un intervento assistenziale previsto dalla legge di bilancio del 22.03.1924, che prevede la riduzione delle tariffe ferroviarie e sconti presso negozi e imprese convenzionate a favore delle famiglie con almeno tre figli, riservando tuttavia le medesime prestazioni ai soli cittadini francesi, a quelli comunitari per effetto del diritto comunitario, e a quelli del Togo, per effetto di un accordo di reciprocit. Nella citata delibera, lHALDE si richiama espressamente alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti delluomo, cos come a quella amministrativa interna del Conseil dEtat francese (30 novembre 2001, DIOP),  concordi entrambi nel ritenere che  le prestazioni assistenziali costituiscano un bene patrimoniale ai sensi della Convenzione europea, con la conseguenza che ogni limitazione per motivi di nazionalit costituisce una violazione del principio di non-discriminazione se non sorretta da giustificazioni obiettive e ragionevoli, vale a dire se non persegue un obiettivo di pubblica utilit o se non fondata su criteri obiettivi e razionali in relazione agli scopi che la legge persegue. Non ritenendo che sussistano tali requisiti in relazione alle norme sulla carta per famiglie numerose, lHALDE ha concluso per il carattere arbitrariamente discriminatorio di questultime. [6]

 

 

Infine, la discriminazione operata dalla legge finanziaria 2001 non solo tra stranieri regolarmente soggiornanti e cittadini, ma anche allinterno della stessa popolazione degli   stranieri regolarmente soggiornanti tra quelli titolari della carta di soggiorno e quelli titolari del solo permesso di soggiorno, parrebbe in contrasto pure con il principio di uguaglianza, di cui allart. 3 della Costituzione, che vieta trattamenti differenziati in condizioni simili se non sorretti da criteri di ragionevolezza.  La Corte Costituzionale, infatti, con sentenza n. 432/2005 ha gi avuto modo di chiarire che ogni trattamento differenziato che una norma legislativa voglia introdurre ai fini dellammissione ad un beneficio deve rispondere a criteri di ragionevolezza da valutarsi in relazione alle finalit e funzioni della norma medesima. La previsione dunque di un trattamento giuridico differente in materia di assistenza sociale fondato soltanto sulla differenza giuridica  tra italiano e straniero regolarmente soggiornante e/o tra straniero titolare di carta di soggiorno e straniero titolare di permesso di soggiorno pone problemi di costituzionalit  perch fa riferimento ad elementi privi di ogni  differenziazione oggettiva e, quindi sostanzialmente arbitrari rispetto alle funzioni degli istituti previsti dalla norma. La ragionevolezza della scelta del legislatore  potrebbe al pi collegarsi allobbligo di mantenere la copertura finanziaria  degli oneri previsti, cos come al fatto che riferendosi a   rapporti di durata, ci si potrebbe attendere che le prestazioni vengano erogate ai cittadini stranieri che abbiano un certo consolidamento del loro soggiorno in Italia. Criterio di consolidamento, peraltro, che per ragioni di coerenza con limpianto complessivo della normativa sullimmigrazione ed  il richiamo  della Convenzione OIL di cui allart. 2 del T.U.,  dovrebbe basarsi sulla distinzione tra stranieri solo temporaneamente presenti in Italia e quelli invece legalmente soggiornanti con un permesso di soggiorno potenzialmente di lunga durata, cio uno tra quelli che rispondono al principio di  multifunzionalit di cui allart. 6 c. 1 della d.lgs. n. 286/98.

 

Tanto pi irragionevole ed arbitraria appare lattuale previsione di una disparit di trattamento nel caso di provvidenze per invalidit di cui possano essere beneficiari minori, i quali attualmente vengono discriminati in relazione al titolo di soggiorno posseduto dai genitori. In tali casi, entrano in gioco argomentazioni a  tutela dellinfanzia e della giovent, che in base alle convenzioni internazionali, prima fra tutte la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo,  e ai principi costituzionali, non ammettono  distinzioni sulla base dello status civitatis.

 

Purtroppo, per le ragioni cui si fatto cenno,  tali considerazioni hanno trovato soltanto un sfuggente, anche se pur significativo, richiamo nella sentenza della Corte Costituzionale quando essa afferma  che in linea di principio, al legislatore consentito modificare il regime di un rapporto di durata, [anche] con misure che incidano negativamente [] sulla posizione del destinatario delle prestazioni, purch esse non siano in contrasto con principi costituzionali e, quindi, non ledano posizioni aventi fondamento costituzionale (sottolineatura nostra).

 

Tuttavia,  tale richiamo non appare  certo in grado di incidere sullaccesso allassegno sociale e alle provvidenze dinvalidit da parte degli stranieri regolarmente soggiornanti con il solo permesso di soggiorno e che non abbiano gi acquisito tale diritto in vigenza dellart. 41 del T.U. Deluse le aspettative  che erano state riposte nel giudizio della Corte Costituzionale, non rimane che  insistere per ottenere una riforma urgente  in sede legislativa che riporti la normativa di riferimento ai criteri di compatibilit con gli obblighi internazionali. Potranno, nel frattempo, essere depositati  nuovi ricorsi dinanzi alla magistratura del lavoro, chiedendo  lemanazione di  nuove ordinanze di remissione degli atti alla Corte Costituzionale, questa volta con quesiti che consentano alla Corte di esprimersi davvero sui nodi di legittimit costitituzionale della questione.

 

 

 

 

 



[1] Tale interpretazione dellINPS, che aveva trovato accoglimento nella sentenza della Corte di Appello di Trieste resa in data 8 aprile 2002, ha trovato definitiva censura nella giurisprudenza di legittimit resa dalla Corte di Cassazione (Civile, sez. lavoro,20.01.2005, n. 1117), nella quale si concludeva che [] lart. 80, comma 19, della legge finanziaria 2001, nello stabilire che lassegno sociale concesso agli stranieri titolari di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, non si limita ad interpretare la norma precedente chiarendone la portata, ma introduce una modificazione dellambito di applicazione del beneficio, per cui non pu conseguentemente avere efficacia retroattiva.

[2] Un argomento, questo, a pi riprese  sollevato anche dalla dottrina. Si veda in proposito: Paolo Bonetti, Lassistenza e integrazione sociale, in B. Nascimbene (a cura), Il diritto degli stranieri, CEDAM, Padova, 2004, pag. 1038, M. Paggi, Prestazioni di assistenza sociale e parit di trattamento, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, Franco Angeli Editore, Milano, n. 1/2004, pp. 77-82.

 

[3] Lart. 10 della Convenzione, infatti, cos dispone: Ogni Stato membro per il quale la convenzione sia in vigore s'impegna a formulare e ad attuare una politica nazionale diretta a promuovere e garantire, con metodi adatti alle circostanze ed agli usi nazionali, la parit di opportunit e di trattamento in materia di occupazione e di professione, di sicurezza sociale, di diritti sindacali e culturali, nonch di libert individuali e collettive per le persone che, in quanto lavoratori migranti o familiari degli stessi, si trovino legalmente sul suo territorio (sottolineatura nostra).

 

[4] Art. 1 protocollo n. 1: Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno pu essere privato della sua propriet se non per causa di pubblica utilit e alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale. []. Tali argomentazioni sono sviluppate in un saggio di G. Turatto, Riflessioni sulla concezione della cittadinanza che non rispetta i diritti fondamentali garantiti a ogni persona, in RGL, n. 4/2004, p. 677. Nel saggio viene citata la giurisprudenza della Corte di Strasburgo: Gaygusuz c.  Austria , sent. 16.09.1996 relativa ad un assegno di urgenza versato ai disoccupati che hanno cessato lindennizzo ordinario, e finanziato dai fondi pubblici; Petrovic c. Austria, sent. 27.3.1998, relativa allassegno per congedo parentale di cui alla normativa austriaca anteriore al 1989; Wessels-Bergevoet c. Olanda, sent. 4.6.2002 relativa al diritto ad una pensione di vecchiaia in favore delle donne coniugate; Willis c. Regno Unito, sent. 11.6.2002 relativa ad una prestazione forfetaria per vedove e un assegno alle madri vedove versato per il periodo di custodia dei figli; Azinas c. Cipro, sent. 20.06.2002 relativa agli effetti di una misura sanzionatoria comportante la decadenza dal diritto alle pensione di vecchiaia e/o altre prestazioni previdenziali; Kowa Poirrez c. Francia, sent. 30.09.2003 relativa allassegno per i minorati adulti.

 

[5] HALDE, Dliberation n. 2006-192, 18 settembre 2006.

[6] La documentazione sulla presa di posizione dellHALDE reperibile sul sito: http://www.gisti.org/doc/actions/2006/familles/halde.html

La presa di posizione dellHALDE rafforza un giudizio critico nei confronti del silenzio mostrato dal corrispettivo organismo italiano per la promozione delleguaglianza e della parit di trattamento, lUNAR (Ufficio Nazionale Anti-Discriminazioni Razziali), creato in base alla normativa di recepimento della direttiva n. 2000/43/CE (d.lgs. n 215/2003), rispetto alla portata discriminatoria della legge finanziaria 2001 in materia di misure di assistenza sociale.

Il silenzio dellUNAR su questo cos come su altri  casi di discriminazione istituzionale conferma le perplessit a suo tempo sollevate sulla  costituzione di  un organismo  per la promozione della parit di trattamento interamente strutturato allinterno dellamministrazione statuale, la quale non darebbe sufficienti garanzie dell indipendenza richiesta  invece dalle previsioni comunitarie, sebbene questultime  non   richiedano lindipendenza dellorganismo in s, bens soltanto  nellesercizio delle sue attivit.