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Immigrazione

UNIONE EUROPEA

da www.EurActive.it

Libera circolazione delle persone nell’Europa a 25

Alcuni tra i più facoltosi e forti “Vecchi stati membri” della UE continuano a restringere l’accesso al mercato del lavoro interno ai lavoratori provenienti dall’Europa dell’Est. Germania ed Austria, comunque, sono i soli a voler estendere la moratoria fino al 2011

Nel tentativo di rispondere alle complesse implicazioni dell’allargamento europeo a maggio del 2004, diversi Stati membri dell’allora Europa a 15 introdussero le cosiddette “restrizioni transitorie” sulla libera circolazione della forza lavoro proveniente dai 10 nuovi Stati membri. Alla fine dei primi due anni di periodo transitorio (1° maggio 2006) i vecchi stati membri rimangono divisi sulla scelta o meno di aprire l’accesso al proprio mercato del lavoro.

I temi:

La libera circolazione delle persone è una delle libertà fondamentali  garantite dalla legge comunitaria (Art. 39 del Trattato della Comunità Europea) ed è anche un elemento essenziale della cittadinanza europea. Le regole comunitarie sulla libera circolazione della forza lavoro valgono anche per gli stati membri dell’Area Economica Europea (e cioè: Islanda, Liechtenstein e Norvegia). I diritti principali sono complementati da un sistema per il coordinamento degli schemi di sicurezza sociale e da un sistema volto ad assicurare il mutuo riconoscimento dei titoli di studio. Il Trattato d’Accesso ammette l’introduzione di ‘misure transitorie’ comunemente chiamate nei circoli UE come la moratoria  “2+3+2-” . Questo schema ha obbligato gli stati membri ad esprimersi a maggio del 2006, e dovranno farlo ancora nel 2009 e nel 2001, sull’apertura dei propri mercati interni del lavoro, permettendo il libero accesso dei lavoratori provenienti dalla UE-8 (Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Repubblica Ceca, Slovenia, Ungheria  e Slovacchia), oppure il mantenimento delle restrizioni.  Il report  della commissione di febbraio certifica che ben pochi cittadini dei nuovi stati membri sono emigrati nei vecchi Paesi della UE-15. Secondo questo rapporto, i cittadini provenienti dai nuovi stati membri, rappresentano oggi meno dell’1% della popolazione attiva dell’area UE-15, con l’eccezione di Austria (1,4%) e Irlanda (3,8%).

Le politiche collegate alla libera circolazione dei lavoratori provenienti da UE-8, all’interno dell’area della UE-15, possono essere classificate in tre categorie:

- Mantenere attive le restrizioni per almeno altri tre anni (2009): Austria e Germania;

- Togliere gradualmente le restrizioni nei prossimi tre anni (cioè fino al 2009): Belgio, Danimarca, Francia, Lussemburgo, Olanda;

- Aprire o mantenere aperti i propri mercati del lavoro (abolendo ogni restrizione): Finlandia, Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna, Svezia, Regno Unito;

In relazione al nuovo allargamento previsto per il 1 gennaio 2007, con l’entrata nella UE di Romania e Bulgaria, molti degli stati membri della vecchia UE-15, e persino i 10 nuovi entrati nel 2004, si sono mostrati riluttanti ad aprire i propri mercati del lavoro.

Austria

Citando previsioni pessimistiche sul fronte occupazionale, Vienna continuerà ad applicare le restrizioni per almeno tre anni. “Non abbiamo livelli di disoccupazione particolarmente alti,  ma le previsioni a lungo termine non sono buone” ha commentato il Ministro del Lavoro austriaco Martin Bartenstein. 

Germania 

Il governo Tedesco ha deciso di continuare il periodo di transizione per 8 dei 10 nuovi entrati per altri tre anni, fino al 2009. Lo scorso 22 ottobre, il Paese ha anche deciso di mettere freno all’accesso al proprio mercato interno del lavoro per i lavoratori provenienti da Romania e Bulgaria.

Una delle ragioni addotte da Berlino è l’alto tasso di disoccupazione interno, specialmente negli stati federali al confine con la Repubblica Ceca e la Polonia.

Belgio 

Il governo belga, penalizzato da un tasso di dispoccupazione superiore all’8%, già amntiene restrizioni settoriali sulla libera circolazione dei lavoratori, a partire dal 1 maggio 2006. Nelle parole del premier Guy Verhofstadt, “un certo numero di paesi ha già aperto i propri confini. Altri sappiamo che stanno per decidere nei prossimi giorni o settimane di mantenere chiusi i propri confini per almeno altri tre anni. Noi non faremo nessuna delle due cose”.

Danimarca 

La Danimarca ha attenuato le restrizioni dopo il 1° maggio 2006, ma qualche forma di arrangiamento transitorio è probabile verrà mantenuto in piedi. “Dal 1° maggio 2009 – citano alcuni Euroreporters, riportando le parole del premier danese -  la Danimarca probabilmente non avrà più bisogno di misure transitorie di restrizione” .

Francia 

All’inizio di marzo 2006, il governo francese decise una forma di aperture controllata “step-by-step”, ed una graduale riduzione delle restrizioni dei lavoratori provenienti dalla UE-8. L’apertura parziale del mercato del lavoro francese comincierà dai settori in cui l’offerta di lavoro scarseggia (salute e sicurezza sociale, settore alberghiero e catering, trasporti e costruzioni). Sindacati ed Imprenditori sono in gran parte a favore di unaimmediata abolizione delle restrizioni, malgrado il tasso di disoccupazione francese al 9,6%. Circa il 20% dei senza lavoro sono nella fascia d’età tra i 18-25 anni.

Olanda

Come primo passo verso l’attenuazione delle restrizioni, il governo olandese ha liberalizzato, lo scorso 17 settembre, 16 settori dl proprio mercato interno del lavoro, per i lavoratori provenienti da UE-8. La decisione riguarda settori in cui i lavoratori sono scarsi o dove c’è un’alta percentuale di lavoro illegale. In una lettera al parlamento olandese, il Segretario di Stato H.A.L van Hoof ha scritto che l’Olanda farà consecutivamente cadere le restrizioni anche in altri settori, aggiungendo che una volta che tutti i settori saranno stati liberalizzati, il Paese potrebbe perfino far cadere lo stesso schema di permesso di lavoro.

Italia

Nel luglio 2006, due mesi dopo aver giurato, il nuovo governo italiano di centro sinistra, che ha come premier l’ex Presidente della Commissione Europea Romano Prodi, ha preso la decisione di mettere fine alle misure transitorie. Allo stesso tempo, il Consiglio dei Ministri italiano ha passato un decreto che regolarizzerà lo status legale per circa 517 mila immigrati, molti dei quali non potevano accedere ad un permesso di soggiorno a causa di un sistema di quote imposto dal precedente governo di centro-destra guidato dal magnate dei media Silvio Berlusconi.

Gran Bretagna

Il Paese era, insieme a Svezia e Irlanda, l’unico a non imporre in un primo momento misure transitorie di restrizione ai lavoratori provenienti da EU-8. La sua politica “frontiere aperte” ha portato ad una immigrazione aggiuntiva stimata tra i 450.000 ai 600.000, negli ultimi due anni e mezzo. Questa cifra è risultata essere maggiore 30 volte rispetto alle stime iniziali. Malgrado l’indubbio impatto positivo che l’immigrazione da UE-8 ha avuto sull’economia britannica, il governo inglese ha deciso lo scorso 24 ottobre di non apllicare lo stesso schema nei confronti dei lavoratori provenienti da Romania e Bulgaria. Secondo lo schema annunciato, solo a pochi esperti e a un numero massimo di 20 mila lavoratori non specializzati nel settore agroindustriale, sarà permesso di entrare nel Paese.

Irlanda

Argomentando che, a partire dalla decisione Britannica di imporre misure di restrizione transitoria sui lavoratori provenienti da Romania e Bulgaria, non aveva veramente altra scelta, l’Irlanda – nella stessa data degli UK -  ha imposto simili misure, e senza nessuna eccezione. Prima di questo, l’Irlanda ha dato ospitalità a circa 80 mila lavoratori, in gran parte provenienti dalla Polonia. L’Istituto di Ricerca Economica e Sociale irlandese, afferma che il paese necessita l’afflusso di circa 50 mila lavoratori all’anno per continuare a crescere allo stesso alto ritmo odierno, ma il governo irlandese risponde che i lavoratori provenienti da UE-8 forniscono una “riserva sufficiente di manodopera”. 

Il prossimo allargamento: la Turchia nel Focus

La Turchia è la patria per oltre 70 milioni di persone. Se e quando essa diventerà un mebro della UE, il Paese sarà secondo solo alla Germania in termini di popolazione. La Turchia stessa ha quasi lo stesso numero di cittadini dei 10 nuovi Stati Membri presi assieme. Le implicazioni sul mercato del lavoro dell’attuale allargamento UE, assieme alle conclusioni raggiunte dall’attuale periodo di transizione, avranno certamente un peso nel modo in cui funzionerà la UE a 28 e più membri.

Posizioni:

L’  European Citizen Action Service (ECAS) è stato tra I primi ad elaborare una rassegna delle “misure transitorie” introdotte dai governi nazionali.  ECAS ha anche tratteggiato una serie di raccomandazioni sia alle Istituzioni UE che ai governi nazionali.

L’ex c ommissario per la competitività, Mario Monti, ora Presidente di ECAS, ha affermato che le restrizioni transitory dovrebbero essere “superate al più presto possible”.   “Non c’è stato alcun afflusso migratorio che possa giustificarle e l’inaspettata proliferazione di complesse quote nazionali e restrizioni qualitative finisce per minare la strategia di Lisbona per mercati flessibili ed una più mobile forza lavoro qualificata”, ha detto Monti. L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM) afferma che l’impatto migratorio dell’allargamento è probabile sarà “meno drammatico” di quanto pronosticato. Infatti, IOM crede che i nuovi stati membri stessi diventeranno il nuovo obiettivo dei flussi migratori, considerando che questi paesi “aumenteranno la convergenza economica, la crescita e miglioreranno gli standards di vita”. “La libera circolazione dei lavoratori […] non ha avuto effetti dirompenti sul mercato del lavoro della UE-15. Proprio l’opposto – i paesi membri, e l’Europa nel suo complesso, sono stati beneficiati da questo fenomeno”, ha affermato il Comissario per l’Impiego Vladimir Spidla. Secondo l’opinione di Spidla, la libera circolazione del lavoro è più importante di ogni altra libertà della UE.

"La libera circolazione dei lavoratori è uno dei principali pilastri del libero mercato della UE. Le restrizioni sono incompatibili con la strategia di Lisbona. Questo è il motivo per cui abbiamo fatto pressione a favore della libera circolazione fin dall’inizio dei colloqui sull’accesso. Questa è l’unica maniera di ottenere una Europa più libera e competitiva”, ha detto il vice ministro degli Esteri Ceco Vladimir Müller.

Il report di febbraio della Commissione “non tiene in conto gli effetti del periodo transitorio”, ha detto il Segretario di Stato tedesco per l’Impiego Gerd Andres. “Ed ancora la posizione geografica è molto differente per l’Austria e la Germania di quanto lo sia per la Francia e gli UK”.

(traduzione a cura di b.c.)

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