Sintesi dell´intervento del Presidente del Consiglio, Romano Prodi, alla presentazione del XVI Dossier Statistico sull'immigrazione

 
Ringrazio la Caritas per l´invito e per il servizio che il Dossier immigrazione ormai da tanti anni offre alla politica e ai governi locali e nazionali.


Il vostro Rapporto accompagna la storia degli immigrati ma anche un po´ la storia degli italiani.


Devo anche ringraziare la Caritas per il lavoro quotidiano nelle case, nelle città, nelle strade, nelle carceri del nostro Paese. Anche attraverso la rete dei centri di ascolto il vostro lavoro ha sempre aiutato a cogliere quasi in anticipo nuovi fenomeni e nuove sofferenze. Ricordo i primi allarmi giudicati da alcuni, in un primo momento, eccessivi su temi come la tratta delle donne o la presenza di minori non accompagnati. Per molti osservatori erano in qualche modo frutto più dell´ardore cristiano che non dell´analisi. E, invece, si sono rilevati elementi di analisi precisa e confermata.


Il vostro Rapporto ci consegna un quadro ricco e vero dell´immigrazione con le sue luci, le sue ombre e le sue speranze. Ne descrive la rapidità comparabile a quella sperimentata negli Stati Uniti.

Ho un ricordo personale: ho studiato nella mia città natale, a Reggio Emilia, il fenomeno dei primi immigrati egiziani che già negli anni ´70, provenivano dalle scuole professionali cattoliche di Alessandria d´Egitto e che improvvisamente venivano a lavorare nei turni di notte delle Fonderie della città (alcuni di essi, oggi, sono piccoli imprenditori) perché i nostri ragazzi non ci volevano più andare. Veniva analizzato questo fenomeno come un fatto transitorio, straordinario, incredibile. Dopo 30 anni, oggi, abbiamo capito che dobbiamo convivere con l´immigrazione perché è un fatto strutturale, costante nella nostra società.

E come tale, lo dobbiamo trattare.

Quindi il discorso della cittadinanza, che toccherò dopo, non è un discorso a sé, è la conseguenza di una realtà, di un´analisi, di un dovere. Non solo un fatto etico o politico. È un aspetto fondamentale della nostra società.

E´ chiaro che, proprio per il mestiere che faccio, vi devo parlare ora della politica dell´immigrazione su cui il mio governo è impegnato. Una politica dell´immigrazione deve coinvolgere tutta l´attività di governo locale e centrale. A livello locale l´interfaccia del migrante non può più essere l´ufficio della Questura, che pure ha compiti da svolgere, ma il Comune, l´ Ente locale, a cui deve poter portare i suoi problemi.


Quanto al Governo non può essere investito solo a livello di ministero dell´interno ma di tutti gli altri ministeri che si occupano di solidarietà sociale, istruzione, lavoro, giustizia, famiglia, e casa. Infatti per arrivare alla cittadinanza politica bisogna pazientemente costruire la cittadinanza sociale. Così, se vogliono e se si comportano nel rispetto delle regole della nostra società, debbono potere diventare cittadini italiani con tutti i diritti e i doveri che ciò comporta.

Quando tutto questo funziona la cittadinanza è lo sbocco naturale dell´immigrazione. L´ho verificato visitando le comunità italiane all´estero. Dove c´è integrazione profonda, totale con la comunità si arriva come in Belgio ad avere un candidato primo ministro di origine italiana.

Quando avremo al governo cittadini italiani immigrati o i figli di cittadini immigrati, allora scopriremo che lì c´è la ricchezza di un Paese.


I dati del rapporto Caritas chiedono politiche precise. Occorre stabilire quote annuali realistiche. Bisogna passare da una programmazione annuale a una programmazione triennale. Bisogna riconsiderare le modalità di ingresso nel mercato del lavoro reintroducendo ad esempio la figura dello sponsor preferibilmente istituzionale: associazioni di categoria, sindacati, enti locali etc. Si può immaginare qualche strumento nuovo come il permesso di soggiorno temporaneo nella ricerca del lavoro ma soprattutto per la ricerca di un nuovo lavoro dopo la perdita del precedente. E´ importante riconsiderare la tipologia e la durata dei permessi di soggiorno. Politiche troppo rigide aiutano l´irregolarità: è folle che si possa passare da una condizione di regolarità a una condizione di irregolarità ma che sia quasi impossibile passare dall´irregolarità alla regolarità.

Snelliremo gli adempimenti amministrativi nella linea del lavoro già avviato dalla direttiva del 5 agosto 2006.


Un altro punto delicato su cui intervenire è quello delle procedure presso le Ambasciate e i Consolati, anche per la possibilità di dialogare con i familiari di coloro che sono immigrati.

Se, come la Caritas spiega, più della metà dei regolari attualmente presenti in Italia, è passata attraverso l´anticamera dell´irregolarità vuol dire che ci sono disfunzioni e che occorre un nuovo approccio. Infatti per rispondere a tutte queste mancanze, cos´ha fatto il Paese negli anni passati? Ha proceduto con regolarizzazione di massa. Quando il sistema non funziona finisce che si aprono periodicamente sanatorie e poi si riformano sacche di clandestinità. Perciò dobbiamo cambiare anche in vista di nuovi fenomeni.

Ad esempio, un nuovo problema che dobbiamo affrontare ora è quello dei flussi migratori dalla Bulgaria e dalla Romania che entreranno nell´Unione Europea. La situazione è complicata perché molti paesi europei hanno annunciato che non concederanno libertà d´ingresso ai lavoratori rumeni. Questi problemi da soli non si riescono a risolvere: l´Italia dovrà farlo in collaborazione con gli altri paesi dell´Unione.

E qui si apre il tema della necessità di una politica europea comune per l´immigrazione di cui una parte soltanto è quella relativa ai Paesi del mediterraneo di cui parlerò tra poco.

C´è anche un altro tema che vorrei affrontare prima: è quello dell´immigrazione qualificata. Infatti un paese che si apre all´immigrazione deve anche essere attento ad avere anche immigrazione qualificata. Bisogna che l´Italia arrivi, sotto questo aspetto, al livello di Francia, Germania e altri paesi d´Europa: guai al paese in cui l´immigrazione non ha anche aspetti di qualità e cioè non è fatta anche da ricercatori e studenti, perché questi sono tra l´altro di stimolo ed esempio agli altri a salire nella scala sociale. Ma fanno anche percepire il problema dell´immigrazione in modo diverso agli italiani.

Anche questo aiuta a ribadire che lo sbocco finale dell´immigrazione deve essere la cittadinanza. Occorre ridurre l´attuale periodo di attesa. Se, poi, il Parlamento deciderà di mettere sei mesi o un anno in più di quanto previsto dal disegno di legge del mio governo, non è su questo che ci impunteremo. L´importante è il diritto alla cittadinanza.

Per realizzare politiche d´integrazione c´è inoltre un problema di risorse, come la Caritas ha sottolineato: abbiamo messo in finanziaria 50 milioni di euro. Sono pochi, ma abbiamo solo cominciato.


Sulle politiche sociali uno dei punti più delicati e difficili, ma anche più importanti è quello dell´abitazione. E´ necessaria una politica urbanistica che eviti di creare quartieri-ghetto. Oltre alla politica della casa, l´integrazione richiede anche investimenti sulla scuola. La scuola è il momento più importante per l´integrazione. Abbiamo 424.000 studenti stranieri e dovremo attrezzarci per sostenere gli insegnanti che devono far fronte a problemi complicatissimi soprattutto quando si tratta di adolescenti non nati in Italia, e quindi, spesso sradicati.


Servono nuove figure professionali, “facilitatori” linguistici, mediatori culturali e operatori interculturali, ma soprattutto c´è bisogno di potenziare l´insegnamento della lingua italiana: lo faremo sia con gli studenti che con le loro famiglie. Abbiamo bisogno di una buona formazione professionale soprattutto per i ragazzi che arrivano nel nostro paese non nei primi anni di formazione.


Voglio solo indicare un altro piccolo-grande problema che è quello delle rimesse degli immigrati. Sui trasferimenti degli immigrati al paese di origine pesano anche quote di perdita di 6-8 punti percentuali. Su questo ho già interpellato il sistema bancario perché si arrivi ad una soluzione.


Infine voglio ricordare che c´è il problema delle assistenti familiari, le cosiddette badanti. In Italia ci sono due milioni di persone non completamente in grado di badare a se stesse. Le stime parlano di un milione di badanti ma duecentocinquantamila sono quelle regolarizzate all´Inps. Occorre stabilire quote d´ingresso specifiche e far emergere dalla clandestinità queste figure professionali per dare garanzie alle famiglie e dignità al loro lavoro. A questo sarà destinata una quota prevista dalla finanziaria del fondo per le politiche della famiglia proprio perché è un problema che tocca le famiglie italiane.


Questo è il quadro nel quale il governo si sta muovendo. Ma voglio ribadirlo: per realizzare con successo una politica dell´immigrazione occorre lavorare nel contesto di una politica europea. Mi sono fatto promotore con Cipro, Malta, Spagna, Grecia, Francia e Slovenia di una lettera al Consiglio europeo con la quale abbiamo chiesto che sia messo all´ordine del giorno il tema dell´immigrazione già al prossimo incontro di Dicembre.


Abbiamo già cominciato a discutere il problema che è complicatissimo proprio perché c´è “un nord e un sud” e fare solidarietà su questo è ancora molto difficile. Tuttavia il problema dell´immigrazione non si risolve se non a livello continentale. Per questo nella nostra proposta c´è l´inizio del necessario dialogo euro-africano.


 

26/10/2006