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Mercoledì 30 Agosto 2006 Chiudi chiudi finestra
Amato: doppio binario d’ingresso per gli immigrati

di LUCIA POZZI

ROMA - «All’Italia serve una legge sull’immigrazione più realistica della Bossi-Fini. Perchè il meccanismo del contratto nominativo di soggiorno per chi sta all’estero funziona per il personale qualificato, ma non per gli altri. E allora teniamo anche conto di quello che fanno Germania, Francia e Regno Unito».
E’ di buon’ora in ufficio Giuliano Amato, al secondo piano del Viminale. Sono passate poco più di dodici ore dalla fine della delicatissima riunione con la Consulta islamica in cui ha illustrato le sue proposte per una Carta dei principi condivisa, dopo il vespaio di polemiche suscitato dalla pubblicazione di una pagina a pagamento, da parte dell’Ucoii, per comparare gli attacchi israeliani in Libano alle stragi naziste. E non usa mezzi termini: «Dachan è rimasto completamente isolato all’interno della Consulta islamica. Ed è bene che l’Ucoii rifletta sulle conseguenze, quali esse siano, ma comunque negative, di questo isolamento». Chiuso il primo round di quella partita, ora si attende il 3 ottobre perchè i vari componenti della Consulta presentino le proprie idee sulla Carta dei principi («a Ramadan iniziato, e con una cena tutti insieme dopo il tramonto», aggiunge Amato con un sorriso). Ma intanto, con l’affaccio di settembre e la ripresa della normale attività di governo e parlamentare, l’agenda del ministro degli Interni si infittisce di scadenze e obiettivi, che impongono programmi e riforme.
A breve dovrebbe entrare in vigore il secondo decreto flussi, ma la verifica delle circa 400 mila domande presentate procede a rilento. Cosa fare per velocizzare le procedure?
«Ho già chiesto un aiuto alla Guardia di Finanza, che presenterà un buon numero di finanzieri alle Prefetture. In questo modo è prevedibile che si possa esaurire il processo istruttorio sulle domande entro l’autunno».
Per l’operatività del decreto mancano ancora i pareri della Conferenza Stato-Regioni e delle competenti commissioni parlamentari. Ci saranno problemi, dati i continui rigurgiti polemici da parte di una fetta dell’opposizione sul capitolo immigrazione e quote d’ingresso?
«Non credo, quella del secondo decreto flussi è una vicenda ormai impostata. Nè sarebbe corretto parlare di 400 mila regolarizzazioni: quello è il numero delle domande dei datori di lavoro presentate entro la scadenza fissata, il 21 luglio, e sulle quali sono in corso le necessarie verifiche. Saranno accolte solo quelle conformi alle legge oggi vigente».
E poi? Questa legge rimarrà?
«Serve una legge più realistica e, quindi, più capace di evitare la commistione fra immigrati legali e irregolari. Ed è per questo che sto pensando a come costruire un nuovo quadro di riferimento per il Paese sull’immigrazione, più moderno e vicino ai nostri partner europei».
Creando un doppio binario d’ingresso, per personale qualificato e non?
«Esattamen te. Gli ingegneri, i medici, i ricercatori, i professori universitari e simili potrebbero continuare a entrate in Italia se richiesti da un’impresa o da un’istituzione: il meccanismo della chiamata da parte del datore di lavoro, in questi casi, sarebbe giustificato. Ma per una baby sitter, una colf, un operaio semplice e via dicendo, si potrebbe organizzare all’estero un sistema parallelo al collocamento italiano».
In che modo?
«L’ipotesi a cui sto pensando, e di cui devo verificare la fattibilità, è che, dotando i nostri Consolati delle risorse necessarie, si possano creare presso di loro apposite liste di stranieri che chiedano di venire a lavorare in Italia e, avvalendoci anche dei fondi europei previsti nelle prospettive finanziarie 2007-2013, avviare corsi di formazione in loco rispondenti alle esigenze specifiche del nostro mercato del lavoro. A questo punto, si tratterà di far convergere a livello centrale domanda e offerta di lavoro, avendo ben presenti le esigenze particolari sul territorio e gli ausilii concreti che potranno venire da fuori. Spetterà poi al singolo datore di lavoro e anche, se saranno disponibili, alle associazioni di categoria e ad altri sogetti affidabili garantire per questi ingres si».
Sta già lavorando a un disegno di legge?
«No, per ora è solo un’idea, sulla quale bisogna discutere dentro il Governo e fuori. Poi si vedrà: se si riterrà che possa funzionare, perchè razionale e fattibile, potrà diventare disegno di legge. In ogni caso, il cambiamento è necessario».
E allora produrrà un libro bianco, sul quale confrontarsi?
«In Gran Bretagna è andata così. Ma l’Italia è un’altra cosa...Vedremo».
Intanto i tecnici del suo ministero stanno lavorando con quelli della Giustizia per rivedere le norme di contrasto all’immigrazione clandestina...
«Certamente. Ma non pensiamo che l’Italia possa farcela da sola, abbiamo bisogno dell’Europa in questa guerra contro i mercanti di uomini. E l’Europa ha iniziato a impegnarsi. Per parte mia, sento tutta la solidarietà verso i poveretti che arrivano, ma non posso aprire loro la porta, perchè premierei i trafficanti».
Un altro fronte caldo, al quale sta lavorando molto in questi giorni, è quello della Finanziaria. Bisogna trovare 30 miliardi di euro: come?
«Innazitutto una premessa: negli ultimi anni la spesa pubblica è cresciuta quasi esclusivamente come spesa per il personale, a discapito delle risorse per l’esercizio delle funzioni. In questa situazione, migliorare i conti e migliorare anche la capacità di rendere servizi ai cittadini significa riorganizzare in profondità».
E cioè, fare riforme...
«Certo. Per eliminare gli enti inutili, per esempio, ma anche accompagnare una copertura necessariamente limitata del turn-over alle riorganizzazioni interne necessarie a lavorare con meno personale. Pensiamo alla rivoluzione che le tecnologie hanno procurato nelle aziende, eliminando passaggi superflui e recuperando efficienza al sistema: la pubblica amministrazione dovrebbe fare lo stesso».
Ma ci vorrà tempo. E l’urgenza di recuperare risorse imporrà dei sacrifici ai singoli ministeri. Anche di questo si parlerà domani al consiglio dei ministri, non è così?
«Padoa Schioppa illustrerà l’impostazione della Finanziaria e chiederà ai singoli ministri proposte per rispettarne i contorni. Ed ecco che si tratta di far prevalere una linea: io credo nelle riforme capaci di produrre minori spese, mentre ritengo sbagliata la mera logica dei tagli, che produce debito sommerso. E allora, per dirne una, perchè dobbiamo inseguire Province sempre più piccole, create da una vera follia localista, e moltiplicare le Prefetture? Non sarebbe più ragionevole definire le dimensioni ottimali di una Provincia e, quindi, della stessa Prefettura? E pensiamo a quante ramificazioni periferiche dello Stato abbiamo che vivono ciascuna per conto proprio: il centrosinistra aveva identificato anni fa nella Prefettura l’ufficio terminale del Governo cui facevano capo tutti i “moncherini” periferici che il trasferimento delle funzioni alle Regioni e agli enti locali aveva lasciato in vita. E’ un’idea da riprendere».
Non le saranno chiesti, quindi, tagli alla sicurezza?
«Non c’è ragione. Naturalmente, ci possono essere spese più efficienti anche da noi».
Per esempio?
«Le scuole per l’addestramento degli agenti sono sovradimensionate rispetto alle reali esigenze. Ma anche qui, razionalizzare significa andare a incidere su questa o quella scuola, che sta in questa o quella città, e certamente qualunque intervento farà degli scontenti. Poi c’è l’annoso problema del demanio militare, che è diventato la mano morta del nostro tempo e che è difeso con più forza di quella che seppe avere la Chiesa nei confronti del nascente Stato italiano nell’Ottocento. Ma mi chiedo: è possibile che io spenda quasi 500 milioni di euro l’anno per l’affitto delle caserme quando ci sono tanti edifici inutilizzati? Certo, una cosa deve essere chiara: si può mettere un computer al posto di personale che smista informazioni, per esempio, ma non al posto di un poliziotto che sta per strada. A nzi, per la sua sicurezza bisognerebbe spendere anche qualcosa in più».
Si riferisce a nuove dotazioni?
«Il fatto è che i mezzi per le forze di sicurezza sono spesso vetusti e deteriorati. E non parlo solo delle auto, ma anche degli elicotteri, per esempio. Fino a qualche tempo fa valeva il limite dei 5 anni, poi tanto l’Arma quanto la Polizia sono state costrette a elevare quella soglia a 6 anni e mezzo. Ma attenzione: vi affidereste a un elicottero obsoleto?».