Allegato A

DISEGNO DI LEGGE DISCUSSO AI SENSI DELL'ARTICOLO 44, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO

Conversione in legge del decreto-legge 1° novembre 2007, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza (1872)

PROPOSTE DI QUESTIONE PREGIUDIZIALE

QP1

CASTELLI, PIROVANO, FRANCO PAOLO, GALLI, STIFFONI, DAVICO

Respinta (*)

Il Senato della Repubblica,

        premesso che:

            il decreto-legge in esame pur riferendosi alle ipotesi di allontanamento dal territorio italiano dei cittadini comunitari è stato adottato con prevalente riguardo alla presenza massiccia di cittadini rumeni di etnia Rom, che sono entrati in Italia, soprattutto dopo l'adesione della Romania all'Unione europea;

            il provvedimento è stato assunto nella forma del decreto-legge in relazione alla necessità di rispondere tempestivamente all'escalation criminale che ha visto protagonisti cittadini rumeni e culminata con l'aggressione e l'uccisione di una donna a Roma in prossimità del campo nomadi di Tor di Quinto, alla quale sono seguiti fatti altrettanto tragici quali la morte del medico milanese ucciso nella propria abitazione nel corso di una rapina da parte di criminali provenienti dall'Est Europa;

            la Lega Nord ha più volte sollecitato l'attenzione del Governo sul problema della crescente presenza di nomadi di cittadinanza rumena e bulgara nel territorio italiano, evidenziando l'elevato numero di reati contro il patrimonio di cui si sono resi autori e sottolineando, anche attraverso l'azione dei propri sindaci, la necessità di ristabilire la legalità in quelle aree delle città che più subiscono la pressione di questi fatti di criminalità;

            in particolare la Lega Nord aveva sostenuto la necessità, non accolta dal Governo Prodi, di applicare una moratoria per la libera circolazione dei lavoratori provenienti dai due Paesi neocomunitari di Romania e Bulgaria. Il Governo Prodi ha viceversa optato per una soluzione differente, decidendo solamente di ricorrere ad un parziale regime transitorio - previsto dai Trattati di adesione - prima di liberalizzare completamente la circolazione dei lavoratori subordinati provenienti dai due Paesi;

            il Governo in carica persevera nella sua intenzione di aprire completamente le frontiere all'immigrazione, come si evidenzia dai contenuti del disegno di legge Amato-Ferrero, all'esame dell'altro ramo del Parlamento e finalizzato a smantellare il rigore della legge Bossi-Fini;

            il provvedimento in esame non sfugge a queste critiche, poichè, pur essendo pienamente condivisibile l'esigenza di apprestare misure idonee a consentire l'allontanamento dal territorio nazionale di cittadini comunitari socialmente pericolosi, gli strumenti adottati appaiono del tutto inadeguati;

            in particolare non si pone rimedio al problema, più volte segnalato dalla Lega Nord anche attraverso atti di sindacato ispettivo, della pratica impossibilità di determinare la data certa di ingresso di un cittadino comunitario nel nostro territorio, sicchè risulta del tutto vanificata la possibilità di far valere le condizioni alle quali la direttiva europea 2004/38 CE, recepita in Italia dal decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, subordina il soggiorno di lungo periodo del cittadino comunitario in un altro Stato membro;

            manca nel presente decreto-legge qualsiasi volontà di predisporre adeguati controlli sulle iscrizioni anagrafiche dei cittadini comunitari, sia sotto il profilo della provenienza lecita delle risorse delle quali il richiedente dichiari la disponibilità, sia dal punto di vista delle caratteristiche igienico-sanitarie dell'alloggio nel quale il comunitario intende fissare la propria residenza;

            per quanto attiene alle misure relative all'allontanamento si prevede il ricorso all'accompagnamento coattivo solo per limitatissimi casi e si predispone un meccanismo completamente inefficace quanto alle ipotesi di allontanamento nei casi in cui vengano a mancare le condizioni previste per il soggiorno di lungo periodo;

            manca infine qualsiasi coinvolgimento nella procedura di allontanamento dei sindaci che, in virtù della loro ravvicinata conoscenza delle singole comunità, potrebbero dare un apporto utilissimo sul piano della garanzia della sicurezza dei centri urbani;

            la maggioranza si è dimostrata del tutto insensibile alle proposte emendative dell'opposizione che avrebbero rimediato alle censure sin qui illustrate, sicchè l'approvazione del provvedimento in esame darebbe solo l'erronea parvenza di rimediare ai problemi sul versante della sicurezza sopra illustrati che rimarrebbero al contrario del tutto irrisolti, come dimostrato drammaticamente dai numeri assai modesti degli allontanamenti sinora adottati sulla base del decreto in esame: 187 in tutta Italia in poco più di venti giorni;

        delibera

            di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1872.

QP2

MANTOVANO, PALMA, STORACE, MAFFIOLI, CALDEROLI

Respinta (*)

Il Senato,

        premesso che:

            il disegno di legge n. 1872 di conversione del decreto legge 1º novembre 2007 n. 181, recante «disposizioni urgenti in materia di allontanamento del territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza», appare privo di autonoma e adeguata copertura finanziaria;

            manca infatti una norma che stabilisca con quali e con quante risorse sono e saranno finanziati gli allontanamenti dei comunitari, sulla base delle disposizioni del decreto medesimo;

            non supplisce a tale omissione il riferimento, contenuto nella relazione che accompagna il testo del decreto, all'assenza di nuovi o maggiori oneri, in virtù del ricorso agli stanziamenti previsti per le espulsioni degli stranieri irregolarmente presenti nel territorio italiano: il regime degli allontanamenti dei comunitari è accompagnato da cautele più consistenti, e risponde a una logica non comparabile con quella del regime delle espulsioni degli extracomunitari; è peraltro singolare che per coprire una autonoma voce di bilancio si faccia ricorso a una voce di bilancio del tutto differente;

            il parere reso dalla 5ª Commissione sul decreto-legge in questione è «non ostativo», «con l'osservazione che i dati contenuti nella relazione tecnica (...) pongono una questione di rispetto delle regole di costruzione del bilancio secondo il quadro delle legislazione vigente»; ma non chiarisce in che cosa consiste tale «questione»;

            il parere reso dalla 14ª Commissione, pur essendo favorevole, contiene, fra le altre, l'osservazione dell'opportunità «come da normale prassi nel recepimento di direttive comunitarie, che anche in questo testo normativo (...) siano indicati i mezzi finanziari di copertura delle spese relative alle misure previste»;

            se ne ricava un quadro non tranquillizzante sull'esistenza e sulla entità delle risorse disponibili per applicare le disposizioni del decreto legge, che rendono necessaria una riformulazione del testo, al fine di garantire in modo chiaro ed esplicito l'effettiva copertura finanziaria;

            delibera, ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1872 di conversione del decreto-legge 1º novembre 2007 n. 181.

________________

(*) Su tali proposte è stata effettuata, ai sensi dell'articolo 93, comma 5, del Regolamento, un'unica votazione.

ORDINI DEL GIORNO G101 E G102

G101

DEL PENNINO

Il Senato,

        premesso che:

            le disposizioni normative riguardanti la circolazione e l'eventuale espulsione di cittadini comunitari risultano essere quelle dettate dal decreto legislativo. 6 febbraio 2007, n. 30, di recepimento della Direttiva 2004/38/CE del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nei territori degli Stati membri. Il legislatore italiano, in conformità con la Direttiva europea, ha previsto che gli Stati membri possono limitare la libertà di circolazione di un cittadino dell'Unione Europea e dei suoi familiari per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica;

            il decreto 1º novembre 2007, n. 181, prevede, come consentito dalla Direttiva in argomento, l'allontanamento dal territorio dello Stato per motivi di sicurezza dello Stato stesso, o per motivi di ordine pubblico, nonché per motivi imperativi di pubblica sicurezza dei cittadini comunitari;

            per altro, in caso di cittadini condannati a pena detentiva, il provvedimento di espulsione è attuato al termine dell'espiazione della pena stessa;

            Considerato che tale ultima disposizione concorre a determinare il grave affollamento delle carceri italiane, e a rendere più difficile il recupero del reo;

        impegna il Governo:

            a farsi promotore a livello europeo di una Convenzione in base alla quale il cittadino comunitario condannato per fatti previsti come reati nel Paese ospitante, qualora gli stessi siano previsti come tali anche dalla legislazione del Paese d'origine, possa essere espulso dal Paese ospitante garantendo l'espiazione della pena negli istituti penitenziari del Paese d'origine, salva la possibilità di ricorrere avverso la sentenza, se non definitiva, del Paese che l'ha emessa presso gli altri gradi di giudizio dello stesso.

G102

CUTRUFO, GIRFATTI, SANTINI, MASSIDDA, MALAN, STRACQUADANIO, SARO, BETTAMIO, PISTORIO, COSSIGA

Il Senato,

        premesso che:

            l'Accordo di Schengen firmato il 14 giugno 1985 e a cui l'Italia ha aderito il 27 novembre 1990, ed entrato il vigore nel 1995, tra gli obiettivi proposti ha previsto sia l'abolizione dei controlli sistematici delle persone alle frontiere interne dello Spazio Schengen (nome con cui i Paesi membri del trattato in questione indicano l'insieme dei territori su cui il trattato stesso è applicato) sia l'integrazione delle banche dati delle forze di polizia (sistema di informazione Schengen detto anche SIS). Dal prossimo 21 dicembre, i cittadini di nove dei dieci Paesi divenuti Stati membri dell'UE nel maggio 2004 potranno liberamente circolare all'interno dell'area europea senza frontiere. Sono tuttavia attualmente esclusi i cittadini di Cipro e degli ultimi due nuovi Stati membri, Bulgaria e Romania. La decisione è stata adottata dai rappresentanti permanenti presso l'UE dei 27 Stati membri, secondo i quali i Paesi in questione «soddisfano le condizioni preliminari». L'approvazione definitiva sarà data dai ministri degli Interni europei il prossimo 8 novembre e riguarderà la fine delle frontiere terrestri e marittime tra i «vecchi» quindici e i nove nuovi Stati membri fin dal 21 dicembre, mentre per le frontiere aeree si dovrà attendere il 30 marzo 2008;

            le critiche maggiori al funzionamento di Schengen riguardano il fatto che ogni Paese facente parte del trattato ha i propri permessi di soggiorno che in teoria non permetterebbero l'espatrio, salvo quanto previsto dal trattato stesso che assicura la validità del permesso di soggiorno per la libera circolazione all'interno dello spazio di Schengen. Questo purché si effettui una dichiarazione di presenza nello Stato in cui ci si trasferisce entro 60 giorni dall'arrivo e per un soggiorno massimo di 90 giorni totali. A causa della mancanza di frontiere vi sono dubbi che questa regola sia effettivamente applicata. Inoltre vi sono differenze (anche notevoli) sul piano normativo fra i differenti paesi facenti parte di Schengen. Ad esempio in Olanda la droga leggera è libera ma in altri paesi no, e senza frontiere è molto più difficile fare controlli;

            a seguito del suddetto Accordo è stato poi emanato il Regolamento 562/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 marzo 2006 che istituisce un Codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (Codice Frontiere Schengen) e rivolto a chiunque attraversi le frontiere interne o esterne di uno Stato membro. Tale Regolamento prevede quindi che qualunque cittadino europeo può attraversare le frontiere ovunque, senza che siano effettuate verifiche e che solo in caso di grave minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza interna, uno Stato membro può, in via eccezionale, ripristinare il controllo per non più di 30 giorni;

            il «Trattato di Amsterdam che modifica il trattato sull'Unione Europea, i trattati che istituiscono le comunità europee e alcuni atti connessi» firmato il 2 ottobre 1997, tra gli obiettivi si prefigge di «conservare e sviluppare l'Unione quale spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest'ultima;

            il 15 e 16 ottobre 1999 Consiglio europeo si è riunito in seduta straordinaria a Tampere per la creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell'Unione europea avvalendosi appieno delle possibilità offerte dal Trattato di Amsterdam. Il Consiglio in quella sede volle trasmettere un forte messaggio politico per riaffermare l'importanza di questo obiettivo ed ha convenuto una serie di priorità ed orientamenti programmati ci grazie ai quali il suddetto spazio deve realizzarsi rapidamente. Il Consiglio ha contestualmente riconosciuto che la sfida insita nel Trattato di Amsterdam è quella di garantire che la libertà di circolazione in tutta l'Europa, possa essere goduta in condizioni di sicurezza e di giustizia accessibile a tutti. Si tratta di un progetto che risponde alle preoccupazioni frequentemente espresse dai cittadini e che ha ripercussioni dirette sulla loro vita quotidiana. Ma questa esigenza non è sicuramente avvertita solamente nei confronti dell'immigrazione clandestina e proveniente da Paesi terzi. Sempre a Tampere il Consiglio ha affermato che le persone hanno il diritto di esigere che l'Unione affronti le minacce alla loro libertà ed ai loro diritti giuridici costituita dalle forme più gravi di criminalità. Per opporsi a queste minacce occorre uno sforzo comune per prevenire e combattere il crimine e la criminalità organizzata nell'intera Unione;

            il 1º gennaio 2007 sono entrate a far parte dell'Unione europea anche la Romania e la Bulgaria, le quali sono state giudicate in linea con i criteri di adesione richiesti. Infatti, dopo aver modificato profondamente il loro assetto economico, politico e sociale, per conformarsi alle condizioni comunitarie, si è realizzato quest'ultimo allargamento. Nel futuro si prospetta l'entrata della Croazia e della Turchia;

            l'Unione Europea ha percorso una lunga strada da quando i primi 6 stati membri fondatori si associarono nel 1952 per creare la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA) e nel 1958 la CEE. L'allargamento più importante dell'UE è stato originato dalla caduta del Muro di Berlino nel 1989 che portò gli stati europei da 15 a 25 e fu ispirato dalla ricerca di un equilibrio stabile nelle diverse società che caratterizzano l'Europa. Tuttavia è innegabile che gli ultimi stati entrati, e facenti parte dell'ex blocco comunista, siano portatori di una cultura, di tradizioni ed istituzioni differenti rispetto ai paesi facenti parte del nucleo originario dell'UE. Inoltre, dal crollo del muro di Berlino sino ai giorni nostri, i Paesi dell'Est hanno tentato di recuperare la propria personale dimensione dello «Stato nazionale» tentando e di recuperare un retaggio culturale negatogli per centinaia di anni dagli Imperi e dai regimi. Contemporaneamente, invece, i Paesi dell'Ovest, costituendo l'UE, hanno tentato di superare il modello di «stato nazione» per una struttura di organizzazione politico-sociale superiore. L'aiuto economico e non che l'Occidente ha fornito a questi Paesi in evoluzione ha però prodotto effetti controproducenti. L'immissione di ingenti capitali ha contribuito, da un lato a consolidare il tessuto economico, istituzionale e democratico, ma dall'altro quegli stessi finanziamenti hanno anche consentito a nuclei di potere post-sovietico di proliferare e di ritagliarsi fette consistenti di un'economia decisamente mafiosa. Così, l'atteso incontro Est-Ovest ha finito con il trasformarsi in uno «scontro» a causa di una incomunicabilità tra interlocutori dovuta, sia alle palesi diversità culturali e storiche sia ai risvolti spesso criminosi, assunti dalle attività di soggetti che emigrano in altri Paesi per delinquere;

            la «preparazione» di questi nuovi Paesi per l'ingresso nell'UE ha richiesto undici anni e con esiti non sempre positivi anzi al contrario, il passaggio verso l'economia capitalistica si è tradotta spesso in uno shock che ha visto l'inflazione schizzare alle stelle e una diminuzione del valore degli stipendi. Tale shock ha portato contestualmente alla ricerca di fonti alternative di guadagno non sempre lecite ed un contestuale aumento di alcune forme di reato negli altri Paesi dell'UE (pensiamo alla tratta delle donne e di minori, lo spaccio di sostanze stupefacenti e alla microcriminalità in generale);

            tuttavia l'unica normativa riguardante la circolazione ed l'eventuale espulsione di cittadini comunitari è quella dettata dalla la Direttiva 2004/38/CE del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell'unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nei territori dei Stati membri, recepita dal decreto legislativo 6 febbraio 2007, n.30 si applica a qualsiasi cittadino dell'Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari. Tale Direttiva prevede tale diritto di soggiorno per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna condizione o formalità, salvo il possesso di un documento d'identità valido per l'espatrio secondo la legislazione dello Stato di cui hanno la cittadinanza. Il cittadino dell'Unione ha diritto di soggiornare per un periodo superiore ai tre mesi quando: a) è lavoratore subordinato o autonomo nello Stato; b) dispone per sé stesso e per i propri familiari di risorse economiche sufficienti, per non divenire un onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato. Inoltre la Direttiva prevede la possibilità per gli Stati membri «ospitanti» di richiedere l'iscrizione del cittadino dell'Unione presso le autorità competenti del luogo di residenza, comprovata da un attestato d'iscrizione rilasciato a tal fine. Tale disposizione è stata recepita dal nostro legislatore, il quale nel decreto legislativo sopraccitato prevede, all'articolo 9 l'applicazione a tali cittadini della legge 24 dicembre 1954, 1228, e del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, 223. Il legislatore europeo ha poi previsto che gli Stati membri possono limitare la libertà di circolazione di un cittadino dell'unione europea e i loro familiari per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Il Decreto legislativo stabilisce che il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale è adottato dal Ministro dell'Interno con atto motivato, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato, e tradotto in lingua comprensibile al destinatario, ovvero in inglese. Il provvedimento di allontanamento è notificato all'interessato e riporta le modalità di impugnazione e della durata del divieto di reingresso sul territorio nazionale, che non può essere superiore ai tre anni. Il provvedimento di allontanamento indica il termine stabilito per lasciare il territorio nazionale, che non può esser inferiore ad un mese dalla data di notifica, fatti salvi i casi di comprovata urgenza;

            il collasso del sistema sovietico ha liberato un surplus di spinte migratorie che si è ben presto trasformato agli occhi di una parte dell'opinione pubblica in una pressione insostenibile nel breve periodo diretti verso i Paesi originari dell'unione Europea. Sulla scia dei flussi migratori si sono mosse anche organizzazioni e comportamenti criminali delineando una vera e propria contraddizione tra due esigenze comunitarie: quella di frontiere aperte e quella di regolare i possibili aspetti patologici dell'immigrazione. Si è così formata una combinazione di pressioni migratorie provenienti da Sud e da Est al cuore dell'Europa. Sulla recente e repentina spinta dall'Est hanno influito individui poco disposti ad aspettare per avere quanto ossessivamente sognato per troppi anni e ora a portata di mano grazie al processo di privatizzazione nei loro Paesi;

            nella realtà dei fatti sono ben poche, rispetto al numero di cittadini comunitari normalmente soggiornanti nel nostro Paese, le denunce presso le autorità competenti. Inoltre non vi è nessuna disposizione a livello comunitario e, di conseguenza, a livello nazionale su strumenti o metodiche per poter far si che si possa avere una data certa di ingresso nel territorio dello Stato ospitante;

            non sono inoltre specificati gli strumenti o le alternative alla notifica del provvedimento di allontanamento, soprattutto in considerazione dell'assenza, molto spesso, di una fissa dimora;

            si condividono appieno i principi alla base delle norme già citate e posti alla base del concetto stesso di Unione Europea, ma condividiamo con altrettanta convinzione l'esigenza di sicurezza di tutti i cittadini italiani ed europei in generale, che devono essere liberi realmente di poter circolare nei territori dei Paesi membri;

            non è assolutamente da sottovalutare il dato paradossale emerso proprio in questi giorni sulla stampa nazionale, secondo la quale il numero dei reati commessi nei Paesi dell'est entrati recentemente in Europa, è largamente inferiore a quello del nostro Paese (con una diminuzione del 26% negli ultimi due anni), quest'ultimo tacciato di avere un sistema giudiziario troppo «rilassato» a cominciare dalla tolleranza sul prostituzione per strada e mendicanti e senza certezza della pena. Nei loro Paesi di origine questi nuovi «migranti» europei hanno la consapevolezza che delinquere significa, automaticamente, subire la pena prevista soprattutto in caso di recidiva mentre altrettanto non può dirsi nel nostro Paese. Sicuramente la riduzione dei crimini in quegli Stati è dovuta ad un incremento delle forze dell'ordine ma, altrettanto sicuramente da una «migrazione» in altri Paesi, Italia in testa, della criminalità organizzata e della microcriminalità.

        impegna il Governo:

            a farsi promotore prima a livello europeo e, successivamente, a livello nazionale di una modifica della normativa esistente che tenga conto di tutte le diversità storico-culturali e le peculiarità di ciascuno dei Paesi che aderiscono alla Comunità Europea, preservandole da un lato, ma impedendo che le stesse possano nuocere;

            a farsi promotore a livello europeo di una nuova normativa o alla modifica di quella attualmente vigente che consenta di determinare in modo certo la data effettiva di ingresso del cittadino comunitario, affinché possa decorrere con certezza il limite di tre mesi previsto;

            a farsi promotore a livello europeo di nuove norme per garantire la sicurezza all'interno dei territori dell'UE e per l'incentivazione e l'accantonamento di risorse da poter destinare a nuovi strumenti di espulsione ed accompagnamento coattivo dei cittadini comunitari, che si sono resi colpevoli di aver attentato alla sicurezza ed al diritto dello Stato ospite.