Allegato B

 

Intervento della senatrice Livi Bacci nella discussione generale sul disegno di legge n. 1872

Signor Presidente, colleghe senatrici, colleghi senatori, il disegno di legge in discussione affronta con realismo un tema rilevante, assai sentito dall'opinione pubblica, inquieta circa le regole che debbono accompagnare la presenza in Italia di cittadini non italiani.

Uno dei pilastri fondamentali dell'Unione è il principio di libera circolazione sull'intero territorio dei cittadini dei Paesi che la compongono. Se si pensa alle divisioni dell'Europa dei secoli passati; alle fratture inferte dalle due guerre mondiali, che allora apparivano insanabili; alla separazione dell'Europa in due blocchi contrapposti ed incomunicabili; agli intralci che, anche nell'ambito della stessa Europa occidentale, erano frapposti agli spostamenti da un Paese all'altro, dobbiamo pur dire che è stato compiuto un progresso inimmaginabile mezzo secolo fa. Questa libertà di circolazione non è ancora perfetta: lo sarà solo quando non ci sarà differenza tra uno spostamento all'interno di uno Stato e uno spostamento tra Stati: quando, cioè, prevarrà la cittadinanza europea rispetto all'appartenenza ad uno dei Paesi che la costituiscono. Ma se ricordiamo che all'interno del nostro Paese le leggi contro l'urbanesimo - che sottoponevano a limitazione gli spostamenti dei nostri concittadini verso le grandi città - approvate nel 1938, furono abrogate solo nel 1961, più di quindici anni dopo la fine del conflitto, possiamo misurare il cammino fatto. Un cammino che ha favorito l'integrazione tra i Paesi, gli scambi, la crescita civile ed economica dell'Europa.

Prima di entrare nel merito della legge credo non sia inutile ricordare alcuni punti preliminari che riguardano le dimensioni degli spostamenti intracomunitari. L'accesso all'Europa di 10 nuovi Paesi nel 2005 e poi, ad iniziare dal 2007, di Bulgaria e Romania, ha accresciuto di oltre 100 milioni la popolazione dell'Unione che oggi conta mezzo miliardo di abitanti. Ma mentre nell'Europa a 15 gli spostamenti tra Paesi di persone comportanti cambio di dimora o residenza erano assai ridotti in ragione della relativa omogeneità della situazione economica e sociale, così non può dirsi con l'arrivo dei nuovi Paesi. Il livello medio di reddito pro-capite dei 10 Paesi aggiunti nel 2005 era di appena un terzo di quello medio dell'Europa a 15, mentre quello di Romania e Bulgaria è di appena un ottavo. Queste disuguaglianze hanno accresciuto le spinte migratone intracomunitarie, anche se l'implosione demografica dei Paesi di recente arrivo fa ritenere che il fenomeno andrà presto attenuandosi. In Romania, per esempio, la popolazione giovane dalla quale deriva la maggioranza dei candidati all'espatrio, diminuirà di quasi il 30 per cento tra il 2007 e il 2020, anche nel caso che le porte rimanessero chiuse all'emigrazione. All'inizio del 2007, i regolarmente soggiornanti in Italia provenienti da Paesi comunitari erano pari a 900.000 unità. E' a questo insieme di persone che si applicano i dispositivi della legge in esame. Scendiamo però allo specifico: il 62 per cento (556.000) dei cittadini comunitari è composta da rumeni; la seconda nazionalità comunitaria è quella polacca che conta per il 10 per cento (90.000), ed ha una presenza più che doppia dei tedeschi (41.000).

I rumeni sono di recente arrivo nel nostro Paese; come è avvenuto in altri casi -per esempio per gli albanesi - la prima ondata migratoria tende ad essere assai più problematica di quelle successive: alta è la frequenza di uomini giovani e soli; maggiori le difficoltà materiali incontrate; relativamente elevato il grado di devianza. Ma il ricomporsi delle famiglie, l'inserimento lavorativo, un'integrazione favorita da comuni radici religiose e linguistiche tende ad assicurarne una buona integrazione. C'è evidenza che questo processo sia già avviato. Si aggiunga che i forti legami che una miriade di imprese italiane intrattengono con la Romania rafforzano i rapporti sociali, oltre che economici, tra i due Paesi. Esistono però problemi gravi e complessi di criminalità organizzata da contrastare con azioni congiunte di prevenzione e repressione e che trovano manovalanza a buon mercato nelle sacche di esclusione sociale: problemi, tuttavia, che attengono al fenomeno generale dell'internazionalizzazione delle economie e delle società e che in buona parte è indipendente dai regimi migratori. A conferma di una tendenza alla normalizzazione, si noterà che nel quadriennio 1998-2001, c'erano circa 10 detenuti rumeni per ogni 1.000 residenti della stessa nazionalità, scesi a circa 4 nel 2006-7.

Una sola parola poi sul termometro della "insicurezza" che le indagini, i media, l'opinione pubblica e le percezioni individuali danno in rapida ascesa e che per alcuni aspetti sembra in controtendenza rispetto ad altri indicatori reali: mi riferisco, per esempio, al numero di omicidi, che all'inizio degli anni Novanta, quando gli immigrati non arrivavano a 1 milione, aveva superato quota 1.900 e che nel 2005 con l'immigrazione più che triplicata, sono scesi al minimo storico di 601, ridotti a meno di un terzo.

Poteva essere limitato l'afflusso di rumeni in un periodo transitorio dopo il 1° gennaio 2007? Si sarebbero potute adottare misure maggiormente limitative all'ingresso per lavoro di quanto non si sia (blandamente) fatto: ma queste misure avrebbero avuto per effetto quello di gonfiare l'irregolarità. Il Trattato di adesione all'Unione europea, infatti, non consente né di impedire l'ingresso di turisti o di lavoratori autonomi, né di espellere lavoratori irregolari. Poiché la domanda di lavoro nel settore domestico, in quello dell'edilizia, ed in altri comparti manifatturieri è molto alta, il risultato netto di una tale politica sarebbe stato quello di stimolare l'economia sommersa e l'irregolarità del lavoro, con ulteriore distorsione del mercato e perdita di entrate per lo Stato. Infine va ricordato (e cito letteralmente dal contributo di Luca Einaudi su "ItalianiEuropei", novembre 2007) che "l'ingresso in Italia di rumeni che rimangono anche in assenza di lavoro, senza alloggio e senza rapporti sociali non è la conseguenza dell'ingresso nell'Unione europea nel 2007 ma dell'esenzione dal visto per l'ingresso in tutti i Paesi dell'Unione europea, Italia compresa, decisa nel 2001, durante il secondo governo Berlusconi e entrata in vigore a gennaio del 2002. Muniti di un semplice documento di identità, i rumeni hanno potuto entrare liberamente in Italia per turismo per un periodo massimo di tre mesi, e solo dopo tale scadenza potevano essere espulsi, cosa che avveniva in numero cospicuo".

E' forse inevitabile che venga fatto il collegamento tra l'alta incidenza dei rumeni tra i cittadini comunitari, l'alta proporzione di cittadini rumeni tra i responsabili di reati commessi in Italia da cittadini stranieri, e l'opportunità di dotarsi

di migliori strumenti di difesa nei confronti di cittadini comunitari con comportamenti pericolosi, mediante la legge in esame. Occorre però dire forte e chiaro che il provvedimento in esame si applica a tutti gli europei che si spostano dal loro Paese e non fa differenza che siano nati sulle rive del Tamigi, della Senna o del Danubio. E che non può infrangere o aggirare il principio fondamentale della libera circolazione all'interno dell'Unione. E che, infine, non colpisce collettività, categorie o comunità determinate, ma determinati e accertati comportamenti individuali di inerente pericolosità.

Il testo del decreto può essere, in alcuni punti, precisato e migliorato. A questo scopo gioverà senza dubbio l'approvazione di alcuni degli emendamenti presentati. In particolare va precisato che i provvedimenti di espulsione non possono riguardare i familiari dell'espulso, se non per loro particolari e accertati comportamenti; va eliminata la sanzione penale quando venga trasgredito l'ordine di allontanamento "per fini economici" a causa di "oneri eccessivi per il sistema sociale"; va precisata l'espressione "motivi imperativi di sicurezza" come causa di espulsione correlandola a una specifica e comprovata situazione di pericolosità, degrado o violenza.

Nel complesso, il provvedimento in questione va nella direzione di una maggiore tutela della collettività nei confronti di comportamenti pericolosi di altri cittadini comunitari. Per questa ragione, guardo con favore all'approvazione del provvedimento in oggetto.

 

Sen. Livi Bacci

Intervento del senatore Bulgarelli nella discussione generale sul disegno di legge n. 1872

Nel procedere alla discussione sul decreto legge 181 del 2007, è significativo ricordare anzitutto a noi stessi che questo provvedimento, sin dalle modalità con le quali è nato, estrapolato improvvisamente da un pacchetto ben più complesso ed articolato di norme, ha suscitato forti perplessità ed obiezioni tra i giuristi e gli operatori del diritto.

Accettare e far propria l'idea che lo stato di diritto modifichi se stesso in ambiti delicati quali i rapporti di cittadinanza e la libertà di circolazione, a causa di estemporanei seppur orribili eventi criminosi, significherebbe abbandonare di colpo il principio fondamentale per cui non può esservi delitto, per quanto efferato, che giustifichi la rottura dell'ordinarietà della legislazione penale. Eppure questa tendenza sta sempre più rapidamente conquistando il campo, senza peraltro recare alcun beneficio sotto il profilo della sicurezza.

Attribuire ai prefetti la possibilità di procedere a espulsioni, sottratte di fatto al controllo giurisdizionale, nei casi in cui "un cittadino dell'Unione o un suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, abbia tenuto comportamenti che compromettono la tutela della dignità umana o dei diritti fondamentali della persona umana ovvero l'incolumità pubblica, rendendo la sua permanenza sul territorio nazionale incompatibile con l'ordinaria convivenza" significa stabilire che chiunque, senza commettere reato, può essere giudicato non compatibile con l'ordinaria convivenza . La dicitura è infatti vaga e priva di garanzie minime per il destinatario del provvedimento e proprio l'assoluta vaghezza dell'ambito dei destinatari deve suscitare la più forte inquietudine. La pericolosità che può dare adito a provvedimenti repressivi legittimi non può che essere quella sancita dal codice penale. Altrimenti si entra nel campo del diritto penale sostanziale tipico dei Paesi illiberali e soprattutto in una logica di continuità culturale con la Bossi-Fini, in palese contrasto con lo stesso disegno di legge governativo Amato-Ferrero di riforma del testo unico sull'immigrazione, nonché in aperto contrasto con la filosofia dei trattati comunitari e della mai approvata, ma molto lodata, Costituzione europea.

Abbiamo quindi ritenuto doveroso intraprendere ogni possibile azione per ricondurlo allo spirito della Costituzione, correggendolo, con un serrato e tenace tentativo emendativo, al fine di evitare che potesse venire strumentalizzata la tragedia di una donna violentata e uccisa. Il Parlamento può e deve riordinare le priorità, e la prima di esse, una volta modificato il decreto in esame, è il superamento della legge Bossi-Fini. Il gravissimo delitto avvenuto a Roma va, in quanto tale, punito e perseguito con gli strumenti del diritto penale vigente. E per quel delitto, come per ogni altro delitto compiuto in qualsiasi città d'Italia, la responsabilità è di chi lo ha commesso, qualunque sia la nazionalità cui appartiene. Questo principio non viene messo in discussione ogni qualvolta delitti di eguale efferatezza vengono compiuti tra le mura domestiche di irreprensibili famiglie italiane, e anche se il moltiplicarsi di questi delitti dovrebbe mettere in guardia dalla grave crisi di valori che investe la famiglia e la società, a nessuno viene in mente di metterle in discussione. Anzi, si assiste a un'affannosa rincorsa a celebrare proprio la famiglia quale argine insuperabile contro i nemici del vivere civile.

La verità è che la risposta carceraria e repressiva a problemi sociali, i quali, stante la loro complessità, avrebbero bisogno di un approccio ben diverso, ha da sempre sortito l'effetto di colpire i soggetti più deboli. L'ennesima normativa emergenziale con un ulteriore allargamento di provvedimenti espulsivi, anche nei confronti di cittadini comunitari (leggasi rumeni e in particolare "rom"), produce, se non contrastata anzitutto a livello culturale, una insostenibile dilatazione del concetto di sicurezza, dalla sicurezza nazionale alla sicurezza pubblica e ai "motivi imperativi" di pubblica sicurezza, fino a ipotizzare forme di allontanamento nei confronti di cittadini comunitari, semplicemente perché privi di mezzi di sostentamento.

È grave e miope che in una società democratica si continui a trattare il tema migratorio sull'asse portante del binomio più carcere-più espulsioni. Il rigore penale, la diffusione dei sentimenti di paura e insicurezza servono infatti solo a ridefinire le comunità non attraverso valori, pratiche e progettualità condivise ma attraverso ciò che esse avvertono come minacce. Minacce che vengono costruite secondo uno schema immutabile, che costituisce la trama di una sorta di dramma morale collettivo, nel quale il nemico è sempre quello che ci sta più vicino, che invade il nostro precario spazio vitale.

L'inefficacia di tale approccio è ampiamente dimostrata dalla storia stessa dei fenomeni migratori. Il fulcro della nuova politica migratoria doveva essere il superamento dei Cpt e dell'ottica straniero-ordine pubblico-criminalità. Per questo proprio il punto dei Cpt ha assunto e assume un rilievo particolare nell'esame del decreto-legge in questione.

Quanto ai "motivi imperativi di pubblica sicurezza" che legittimano l'immediata esecuzione da parte del questore del provvedimento di allontanamento adottato dal Prefetto è stata l'Unione delle Camere penali a sottolineare l'assoluta genericità e la discrezionalità insita nella formula normativa. L'articolo 13 comma 3 della Costituzione, legittima l'adozione di provvedimenti provvisori, limitativi della libertà personale, da parte dell'autorità di pubblica sicurezza soltanto "in casi eccezionali di necessità e urgenza, indicati tassativamente dalla legge". Per questo in Commissione abbiamo chiesto anzitutto il rispetto del principio costituzionale di tassatività, introdotto proprio in ragione della eccezionalità dell'attribuzione all'autorità di pubblica sicurezza di siffatti poteri, il quale impone certamente che le ipotesi legittimanti un simile eccezionale potere siano normativamente definite in maniera specifica, dettagliata, e ancorata a parametri certi. I nostri emendamenti tendono quindi a vincolarlo fortemente alla ricorrenza di fattispecie precisamente determinate e oggettivamente verificabili. A meno che i sostenitori della linea della tolleranza zero non vogliano invece un decreto-legge incostituzionale che sia cancellato dalla Consulta.

Abbiamo inoltre agito con forza in riferimento ai commi 8 e 9 dell'articolo 20 novellato, poiché entrambe le ipotesi di immediata esecuzione del provvedimento di allontanamento, esercitabile tramite l'accompagnamento coattivo alla frontiera, non risultano presidiate da alcun controllo giurisdizionale. Ci troveremmo di fronte all'ipotesi di soggetto che, colpito da un provvedimento di allontanamento con termine per adempiere, venga poi nuovamente rintracciato sul territorio nazionale e dunque accompagnato coattivamente alla frontiera, senza che, in nessuna delle due circostanze, sia attivato un controllo giurisdizionale. Non la cosiddetta sinistra radicale ma la Corte Costituzionale si è pronunciata più volte. Ricordo le sentenze n. 151 del 2001 e n. 222 del 2004 in materia di legittimità costituzionale del decreto legislativo n. 286 del 1998. La Corte ha ritenuto che il provvedimento di accompagnamento alla frontiera investisse la libertà personale e pertanto richiedesse la piena operatività del controllo giurisdizionale previsto dall'articolo 13 della Costituzione. In conseguenza di tali pronunce lo stesso legislatore è intervenuto sul testo unico per l'immigrazione, modificandolo nel senso di subordinare al pieno controllo giurisdizionale l'esecutività del provvedimento di accompagnamento.

Consapevole di tale necessità la nuova normativa contempla, mediante il richiamo all'articolo 13 comma 5-bis del decreto legislativo n. 286 del 1998, il ricorso al procedimento di convalida ivi previsto, ma si limita a rendere operativa tale previsione nelle sole ipotesi previste dal comma 7-bis dell'articolo 20.

Le ipotesi di accompagnamento immediato previste dai commi 8 e 9 dell'articolo 20 restano dunque prive di controllo giurisdizionale e introducono pertanto in capo all'autorità di pubblica sicurezza un potere di compressione della libertà personale (l'accompagnamento alla frontiera) non in linea con la previsione costituzionale. Anche in questo caso la correzione che abbiamo chiesto va nella direzione di non approvare un decreto suicida, destinato a cadere in sede di esame del giudice costituzionale, dopo aver però prodotto danni non riparabili, ma evitabili, ad alcune migliaia di cittadini comunitari.

In Commissione è emersa l'irragionevolezza dell'attribuzione della competenza al giudice di pace, contemplata dall'articolo 20, comma 7-bis, come modificato dall'articolo 1 lettera e) del decreto-legge. Attribuire a questa figura poteri di convalida del provvedimento immediatamente limitativo della libertà personale è "irragionevole" oggi come lo era già nel 2004 quando si modificò il Testo Unico sull'immigrazione. Un organo di composizione bonaria di conflitti fra privati, che peraltro di occupa solo di delitti caratterizzati dalla procedibilità a querela, non ha alcun rapporto logico con situazioni di conflitto tra Stato e cittadino su diritti che non sono nella disponibilità delle parti e non può essergli consentito infliggere sanzioni che comportino un immediato potere di coazione fìsica sulla persona.

Questa correzione di fondo, con il richiamo del giudice ordinario, non è altro che un ripristino dell'equilibrio giurisdizionale e l'averlo sollevato mi pare dovrebbe esserci riconosciuto quale merito.

Un'ultima perplessità di fondo: la proliferazione delle ipotesi di allontanamento (sicurezza dello Stato, ordine pubblico, pubblica sicurezza normale e "imperativa"), riflette la non comprensione di fondo delle modalità di Governo dei fenomeni migratori e riprende lo stesso filo (espulsioni, detenzione amministrativa, illeciti penali) che ha dimostrato il suo fallimento teorico e pratico in sede di attuazione della legge Bossi-Fini. Collegare a questa moltiplicazione di fattispecie tutte confuse e indeterminate anche la previsione dell'illecito penale per la violazione del divieto di reingresso, al di là del diverso limite edittale rispetto alla Bossi-Fini, che sembra fatto apposta per evitare l'inevitabile pronuncia della Corte costituzionale, ripropone a noi e a quest'Aula un nodo fondamentale: alcuni anni di esperienza concreta della Bossi-Fini dovrebbero portare consiglio a tutti noi. Adagiarsi sulla Bossi-Fini, estendendo la possibilità di trattenimento, nelle more della convalida e forse anche dell'esecuzione dell'allontanamento, nel centro di permanenza temporanea anche per i comunitari, oltre che contraddittorio con il disegno di legge di riforma di quella legge, è contraddittorio con la logica. Centri che dovevano essere residuali, i centri di detenzione amministrativa, verrebbero potenziati e con essi verrebbero potenziate, per legge, le inaccettabili situazioni che proprio questo Governo si è impegnato a correggere e ha parzialmente corretto, sinora per via amministrativa.

Ho già avuto modo di ricordare che in materia processualpenalistica, il decreto-legge in esame peggiora talune previsioni della Bossi- Fini, rendendo la condizione del comunitario indagato persino più svantaggiosa di quella dello "straniero"; si pensi alla sentenza di non luogo a procedere, qualora il suo allontanamento avvenga prima dell'esercizio dell'azione penale o alla conferma della non sospendibilità, in sede cautelare, dei provvedimenti di accompagnamento fondati su motivi di sicurezza dello Stato (ipotesi attualmente all'esame della Corte costituzionale per quanto riguarda la Bossi-Fini ).

Per concludere, in Commissione giustizia e in Commissione affari costituzionali la sinistra, in modo unitario, si è battuta per princìpi che in qualunque parte del mondo non hanno alcun colore politico, e anzi si direbbero "liberali": minore discrezionalità all'amministrazione in materia di libertà personale; attribuzione al giudice ordinario dei poteri di convalida dei provvedimenti che limitano la libertà di movimento; tipizzazione delle ipotesi in cui i motivi di pubblica sicurezza debbano ritenersi "imperativi" e connessione tra questi e responsabilità personale dell'individuo. Per quanto concerne i punti restanti, che la storia della sinistra come la civiltà giuridica a ogni latitudine impongono di considerare con rispetto ed attenzione, non si può non ricordare la ragionevolezza delle proposte emendative, delle quali si raccomanda naturalmente l'approvazione.

 

Sen. Bulgarelli

Congedi e missioni

Sono in congedo i senatori: Ciampi, Levi Montalcini, Pallaro, Pininfarina e Zuccherini

 

Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Sodano, per attività della 13a Commissione; Iovene, per partecipare ad un incontro internazionale; Nessa, per attività dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa; Burani e Valpiana, per attività dell'Unione interparlamentare.

Gruppi parlamentari, composizione

Il senatore Larizza ha comunicato in data 28 novembre 2007 di aderire al Gruppo parlamentare "Partito Democratico-L'Ulivo".

La Presidente del Gruppo parlamentare "Partito Democratico-L'Ulivo" ha accettato in pari data la predetta richiesta di adesione.

  

Indagini conoscitive, annunzio

In data 8 novembre 2007, la Commissione parlamentare per le questioni regionali è stata autorizzata a svolgere, d'intesa con il Presidente della Camera dei deputati, un'indagine conoscitiva sull'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, con riferimento al nuovo assetto di competenze riconosciute alle regioni e alle autonomie locali in materia di federalismo fiscale.

 

Interrogazioni, apposizione di nuove firme

La senatrice Thaler Ausserhofer ha aggiunto la propria firma all'interrogazione 3-01084 dei senatori Centaro e Maninetti.

     

Risposte scritte ad interrogazioni

(Pervenute dal 15 al 28 novembre 2007)

 

 

SOMMARIO DEL FASCICOLO N. 51

 

 

AMATO: su un dipinto del Beato Angelico (4-01822) (risp. MAZZONIS, sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali)

 

BERSELLI: su alcuni abusi edilizi in provincia di Reggio Emilia (4-01590) (risp. MASTELLA, ministro della giustizia)

 

BULGARELLI: sulle condizioni di un detenuto a Cagliari (4-00785) (risp. MASTELLA, ministro della giustizia)

 

su alcuni cittadini agli arresti domiciliari (4-01824) (risp. MASTELLA, ministro della giustizia)

 

sui finanziamenti all'agricoltura e alla pastorizia in Sardegna (4-02862) (risp. DE CASTRO, ministro delle politiche agricole alimentari e forestali)

 

CARRARA ed altri: sull'estensione dell'indennità di maternità (4-02877) (risp. BINDI, ministro per le politiche per la famiglia)

 

COSTA: sul servizio ADSL in Puglia (4-02770) (risp. GENTILONI, ministro delle comunicazioni)

 

DE PETRIS: sulla richiesta di prelievo supplementare di latte da parte di aziende friulane (4-02765) (risp. DE CASTRO, ministro delle politiche agricole alimentari e forestali)

 

DIVINA: sulla presenza in Italia di una cittadina bielorussa (4-02169) (risp. MASTELLA, ministro della giustizia)

 

EUFEMI: su un caso di affidamento di minorenne (4-01127) (risp. MASTELLA, ministro della giustizia)

 

FAZIO ed altri: sulla riorganizzazione degli uffici postali in Sicilia (4-02769) (risp. GENTILONI, ministro delle comunicazioni)

 

FERRANTE: sull'approvazione di una variante urbanistica a Porto S. Elpidio (Ascoli Piceno) (4-02552) (risp. MAZZONIS, sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali)

 

sulla presenza dell'ambasciatore italiano ai funerali del primo ministro birmano (4-02906) (risp. VERNETTI, sottosegretario di Stato per gli affari esteri)

 

GHIGO: sul servizio delle traduzioni di detenuti (4-02458) (risp. MASTELLA, ministro della giustizia)

 

sull'esito di un concorso per vice ispettori di Polizia penitenziaria (4-02461) (risp. MASTELLA, ministro della giustizia)

 

GIANNINI, DI LELLO FINUOLI: sull'amministrazione della giustizia in Calabria (4-02065) (risp. MASTELLA, ministro della giustizia)

 

GIANNINI ed altri: sulla decisione di Israele di dichiarare la Striscia di Gaza entità ostile (4-02695) (risp. INTINI, vice ministro degli affari esteri)

 

MARTONE: sul protocollo facoltativo al Patto ONU sui diritti umani (4-02299) (risp. VERNETTI, sottosegretario di Stato per gli affari esteri)

 

MENARDI ed altri: sulla politica energetica in Italia (4-01547) (risp. BERSANI, ministro dello sviluppo economico)

 

NEGRI: sull'orario di apertura delle Fosse Ardeatine (4-01076) (risp. PARISI, ministro della difesa)

 

NEGRI, ZANONE: su scuole italiane in Belgio (4-02384) (risp. DANIELI, vice ministro degli affari esteri)

 

NOVI: sulla richiesta di trasferimento di un magistrato (4-01910) (risp. MASTELLA, ministro della giustizia)

 

sulla situazione della Corte di appello di Napoli (4-01977) (risp. MASTELLA, ministro della giustizia)

 

sulle assegnazioni di vice-ispettori della Polizia penitenziaria (4-02316) (risp. MASTELLA, ministro della giustizia)

 

POSSA: sulla produzione di energia pulita (4-01495) (risp. BERSANI, ministro dello sviluppo economico)

 

POSSA, MORGANDO: sui finanziamenti per il progetto IGNITOR (4-02672) (risp. BERSANI, ministro dello sviluppo economico)

 

REBUZZI: sulla possibile chiusura di alcune sedi consolari italiane in Germania (4-02063) (risp. DANIELI, vice ministro degli affari esteri)

 

su una vicenda occorsa ad un autore di brani musicali (4-02385) (risp. MARCUCCI, sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali)

 

RIPAMONTI: su un progetto di valorizzazione del lungolago di Laglio (Como) (4-01260) (risp. MAZZONIS, sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali)

 

SAPORITO: sulla durata delle cause di lavoro e previdenziali presso il Tribunale di Perugia (4-01331) (risp. MASTELLA, ministro della giustizia)

 

STORACE: su alcuni procedimenti giudiziari (4-01423) (risp. MASTELLA, ministro della giustizia)

 

sulle prestazioni di lavoro straordinario presso la Casa circondariale di Crotone (4-01757) (risp. MASTELLA, ministro della giustizia)

 

STORACE, MALAN: sulle indagini e le sentenze relative alla "strage di Bologna" (4-01774) (risp. MASTELLA, ministro della giustizia)

 

TURIGLIATTO: sulle condizioni di un detenuto a Torino (4-02328) (risp. MASTELLA, ministro della giustizia)

 

ZANETTIN: su un corso per il personale di cancelleria del tribunale di Milano (4-02198) (risp. MASTELLA, ministro della giustizia)

   

Interpellanze

DE POLI - Al Presidente del Consiglio dei ministri - Premesso che:

il 30 novembre 2007 i Consigli territoriali dei dottori commercialisti e dei ragionieri saranno chiamati ad eleggere il Consiglio nazionale dell'Ordine unificato denominato Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili, giusta quanto disposto dal decreto ministeriale 31 luglio 2007 (Gazzetta Ufficiale n. 182 del 17 giugno 2007);

la legge 24 febbraio 2005, n. 34, prevedeva, all'articolo 4, l'esercizio della delega da parte del Governo che avrebbe dovuto prevedere misure volte a sostenere l'iniziativa dei competenti organi di amministrazione delle due Casse di previdenza finalizzata all'eventuale unificazione degli enti in questione, nel rispetto dei principi e criteri direttivi già previsti dal citato articolo 4;

la delega è scaduta il 30 marzo 2007 e non è stata esercitata nel presupposto (così ha dichiarato il Ministro del lavoro in risposta ad una interrogazione) della mancata produzione da parte delle Casse di previdenza interessate, di progetti condivisi di unificazione che non è stato possibile concretizzare per la divergenza sulla valutazione di fondamentali parametri previdenziali da adottare ai fini delle previsioni attuariali;

considerata l'evoluzione innanzi rappresentata e la soluzione meramente politica del problema, su iniziativa del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, è stato più volte interessato in proposito il Ministro della giustizia, il quale non ha ritenuto assumere posizione alcuna;

la situazione che si sta profilando è la seguente: avvio del processo di unificazione degli Ordini dei dottori commercialisti e dei ragionieri, con l'elezione di un unico Consiglio nazionale da svolgersi il 30 novembre 2007 e di unici Consigli territoriali già eletti, ma non ancora insediati; ancora, confusione sul destino previdenziale dei nuovi iscritti all'Ordine unificato a partire dal 1° gennaio 2008;

infatti, l'inesistenza di un'intesa sulla gestione della previdenza delle due Casse, che in atto operano separatamente, non consente di fare chiarezza in ordine a quale delle due Casse debbano iscriversi i nuovi professionisti, e provocherà sicuramente forti contrasti interni tra le due categorie, sull'adempimento delle dovute comunicazioni da effettuarsi nei confronti dei nuovi iscritti all'Ordine unificato, in merito al percorso previdenziale da seguire, rischiando così di ingenerare confusione e conflittualità su una materia sino ad ora pacificamente acclarata nei fatti;

peraltro, i regimi previdenziali delle due categorie professionali, se pur lineari e coerenti nelle coordinate fondamentali che li determinano, presentano trend storici e prospettici caratterizzati da profonde differenze con riguardo, soprattutto, alle dinamiche demografiche e alle correlate implicazioni in termini di sostenibilità di ciascuno di essi;

la Cassa dei ragionieri, infatti, presenta un saldo negativo tra nuovi iscritti e pensionati, che risulta oramai cronico e a tal proposito ha adottato una riforma volta alla autoliquidazione del proprio debito latente, così come accertato all'unanimità in sede parlamentare, nel rapporto rilasciato alla fine della XIV Legislatura dalla Commissione parlamentare di controllo sugli enti gestori di previdenza;

di contro la Cassa dei dottori commercialisti segnala, già da molti anni, un'importante implementazione della platea degli iscritti che, in prospettiva, non potrà che aumentare ulteriormente, stante l'esistenza di oltre 60.000 iscritti al registro dei praticanti e nella conseguente certezza che i nuovi professionisti dovranno aderire a quest'ultima Cassa (ex lege 21/1986). Situazione, anche questa, fotografata dal citato rapporto della Commissione parlamentare,

si chiede di sapere:

quali iniziative si intendano assumere per garantire un ordinato e non conflittuale avvio del processo di unificazione degli Ordini professionali dei dottori commercialisti e dei ragionieri e dell'andamento delle successive iscrizioni alle rispettive Casse,

quali provvedimenti si intendano assumere per evitare che il mancato esercizio della delega e il mancato raggiungimento dell'intesa tra le due Casse di previdenza, possa ripercuotersi negativamente sulla gestione della previdenza dei dottori commercialisti e sulle pensioni presenti e future, con palese violazione dell'articolo 38 della Costituzione;

quali iniziative si intendano adottare per confermare l'iscrizione alla Cassa dei dottori commercialisti dei nuovi iscritti all'Albo unificato, a partire dall 1o gennaio 2008;

se non si ritenga opportuno, stante la complessità delle questioni rappresentate, rinviare l'elezione dell'organo nazionale rappresentativo dell'Ordine professionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

(2-00265)

CASTELLI - Al Presidente del Consiglio dei ministri - Premesso che:

il 30 novembre 2007 i Consigli territoriali dei dottori commercialisti e dei ragionieri dovranno eleggere il Consiglio nazionale dell'Ordine unificato denominato Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili, in base a quanto disposto dal decreto ministeriale 31 luglio 2007 (Gazzetta Ufficiale n. 182 del 17 giugno 2007);

la legge 24 febbraio 2005, n. 34, prevedeva, all'articolo 4, l'esercizio della delega da parte del Governo che avrebbe dovuto introdurre misure volte a sostenere l'iniziativa dei competenti organi di amministrazione delle due Casse di previdenza, finalizzata all'eventuale unificazione degli enti in questione, nel rispetto dei principi e criteri direttivi già previsti dal citato articolo 4;

la delega è scaduta il 30 marzo 2007 e non è stata esercitata nel presupposto, come dichiarato dal Ministro del lavoro in risposta ad un'interrogazione, della mancata produzione da parte delle rispettive Casse di previdenza, di progetti condivisi di unificazione a causa della divergenza sulla valutazione di fondamentali parametri previdenziali da adottare ai fini delle previsioni attuariali;

considerato che:

su iniziativa del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, è stato più volte interessato in proposito il Ministro della giustizia, per trovare una soluzione delle varie questioni, ma quest'ultimo non ha assunto posizione alcuna;

l'avvio del processo di unificazione degli Ordini dei dottori commercialisti e dei ragionieri, con l'elezione di un unico Consiglio nazionale da svolgersi appunto il 30 novembre 2007 e di unici Consigli territoriali già eletti, ma non ancora insediati, genererà confusione sul destino previdenziale dei nuovi iscritti all'Ordine unificato, a partire dal 1° gennaio 2008. Infatti, l'inesistenza di un'intesa sulla gestione della previdenza delle due Casse, che in atto operano separatamente, non consente di fare chiarezza in ordine a quale delle due Casse debbano iscriversi i nuovi professionisti e provocherà probabili contrasti tra le due categorie, sull'adempimento delle dovute comunicazioni, da effettuarsi nei confronti dei nuovi iscritti all'Ordine unificato e sul percorso previdenziale da seguire, ingenerando confusione e conflittualità;

peraltro, i regimi previdenziali delle due categorie professionali presentano trend storici e prospettici caratterizzati da profonde differenze con riguardo, soprattutto, alle dinamiche demografiche e alle correlate implicazioni in termini di sostenibilità. La Cassa dei ragionieri infatti, presenta un saldo negativo tra nuovi iscritti e pensionati e a tal proposito ha adottato una riforma volta alla autoliquidazione del proprio debito, così come accertato all'unanimità in sede parlamentare, nel rapporto rilasciato alla fine della XIV Legislatura dalla Commissione parlamentare di controllo sugli enti gestori di previdenza. Di contro la Cassa dei dottori commercialisti registra un'importante implementazione degli iscritti che, in futuro, non potrà che aumentare ulteriormente, stante l'esistenza di oltre 60.000 iscritti al registro dei praticanti che dovrebbero aderire, ex lege 21/1986, a quest'ultima Cassa; situazione, anche questa, rilevata, in questi termini, dal citato rapporto della Commissione,

l'interpellante chiede di conoscere:

quali iniziative intenda assumere il Governo per garantire un ordinato e non conflittuale avvio del processo di unificazione degli Ordini professionali dei dottori commercialisti e dei ragionieri nonché in merito all'andamento delle successive iscrizioni alle rispettive Casse;

quali provvedimenti intenda assumere per evitare che il mancato esercizio della delega e il mancato raggiungimento dell'intesa tra le due Casse di previdenza possa ripercuotersi negativamente sulla gestione della previdenza dei dottori commercialisti e sulle pensioni presenti e future, con palese violazione dell'articolo 38 della Costituzione;

quali iniziative intende adottare per confermare l'iscrizione alla Cassa dei dottori commercialisti dei nuovi iscritti all'Albo unificato, a partire dall 1° gennaio 2008;

se non ritenga opportuno, stante la complessità delle questioni rappresentate, rinviare l'elezione dell'organo nazionale rappresentativo dell'Ordine professionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

(2-00266 p. a.)

RUBINATO - Al Ministro dell'interno - Premesso che:

la sicurezza è un bene primario che lo Stato deve garantire ai cittadini, mentre sempre maggiore è la percezione di insicurezza non solo nelle grandi città, ma anche in quelle di provincia e nei piccoli comuni;

la percezione di insicurezza sta aumentando in modo particolarmente significativo nel Nord Est del Paese, come rilevato nel rapporto del Viminale sulla sicurezza del giugno 2007;

la provincia di Treviso, in particolare, ha subito nell'ultimo decennio una profonda metamorfosi sotto il profilo socio-economico, conoscendo uno sviluppo economico assai rilevante, che da un lato ha attirato un notevole flusso migratorio alla ricerca di occupazione (prova ne sia che è la quinta provincia in Italia per numero di immigrati), dall'altro ha prodotto una notevole ricchezza (è infatti la prima provincia veneta per Pil), cui è corrisposta anche la crescita parallela di una diffusa microcriminalità, che, toccando la vita quotidiana delle persone, nei luoghi privati e di vita comune, ha elevato la percezione del senso di insicurezza dei cittadini, con la conseguenza, ritenendo essi basso il livello di protezione fornito dallo Stato, di minare la loro fiducia nelle istituzioni;

negli ultimi cinque anni il numero degli stranieri nella provincia di Treviso è raddoppiato, passando dal 4,5% al 9% della popolazione complessiva (sono quasi 80.000 gli immigrati regolarmente residenti), ed è destinato a crescere sino al 10% solo per gli effetti del decreto flussi, e in alcuni comuni della provincia, in particolare proprio nella fascia pedemontana, la percentuale sale al 15-18% della popolazione;

tale processo socio-economico è tuttora in evoluzione e sarà ulteriormente alimentato anche dal recente allargamento dell'Unione europea a Paesi dell'Est europeo;

desta grande preoccupazione anche presso le autorità locali il fatto che vi sia una evoluzione nelle tipologie di reati commessi dalla criminalità locale e immigrata, dedita non più solo ai furti, alle cosiddette spaccate, allo sfruttamento della prostituzione e alle frodi telematiche: basti pensare al rapimento di una ragazza, avvenuto il 14 marzo 2007 in località Onè di Fonte (oggetto dell'atto di sindacato ispettivo 4-01559 presentato il 15 marzo 2007, ad oggi privo di riscontro) o all'efferato omicidio dei coniugi di Gorgo al Monticano compiuto nell'agosto scorso;

tali tipologie di reato rappresentano un fenomeno del tutto nuovo per il territorio della provincia di Treviso, che ha allarmato profondamente, oltre alla popolazione, le stesse istituzioni territoriali e in particolare gli amministratori locali, che da tempo e con plurime iniziative chiedono allo Stato maggiore attenzione e tutela;

gli organici delle Forze dell'ordine sono sostanzialmente immutati numericamente dal 1989 e pertanto non sono stati adeguati al profondo cambiamento che si è verificato nella realtà socio-economica locale e dunque le unità di personale attualmente a disposizione in provincia appaiono insufficienti, sia in ordine alla gestione delle procedure afferenti al fenomeno migratorio regolare, sia in ordine al presidio del territorio, considerate le difficoltà organizzative e funzionali connesse al controllo di aree extraurbane caratterizzate da una notevole estensione e un basso indice demografico (cosiddetta città diffusa) e la diffusione di una microcriminalità che è oggi più complessa e variegata essendosi aggiunta alla locale quella proveniente da altri Paesi,

si chiede di sapere:

quali azioni il Ministro in indirizzo intenda intraprendere per rafforzare il presidio e il controllo del territorio;

se non ritenga indispensabile e urgente procedere ad una maggiore razionalizzazione delle risorse, nonché adeguare gli organici alle esigenze dell'attuale realtà socio-economica del Veneto e in particolare della provincia di Treviso con l'invio di un congruo numero di nuovi agenti (con particolare riguardo alla Polizia di Stato e all'Arma dei Carabinieri) in tempi brevi, atto a consentire altresì un avvicendamento con il personale che cesserà il proprio rapporto di lavoro per non disperdere il bagaglio di esperienza acquisito, al fine di dare una più incisiva risposta alla domanda di sicurezza dei cittadini;

inoltre, nell'ambito delle sue prerogative e competenze, quali azioni intenda intraprendere nei rapporti con gli altri Stati extraeuropei e a livello comunitario per l'adozione di iniziative integrate e coordinate per il controllo della mobilità criminale.

(2-00267)

Interrogazioni

GARRAFFA, BENVENUTO, BARBOLINI, GIARETTA, MAZZARELLO, ROSSA - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico - Premesso che:

la società Consip ha avviato, il 27 febbraio 2007 (Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. S40 e Gazzetta Ufficiale n. 27 del 5 giugno 2007), una gara telematica per la fornitura del servizio sostitutivo di mensa mediante buoni pasto al personale dipendente delle pubbliche amministrazioni, suddivisa in 6 lotti, per un valore complessivo di 700 milioni di euro + Iva;

le offerte pervenute, in base alle quali venivano individuate le aziende potenzialmente aggiudicatarie, sono state oggetto di verifica, ai sensi del decreto legislativo 163/2006 da parte della Commissione giudicatrice nominata dalla Consip;

tale Commissione giudicava anormalmente basse le offerte presentate da talune aziende partecipanti alla gara: conseguentemente la società Consip procedeva a convocare dette aziende per la verifica in contraddittorio della presunta anomalia. Dopo le relative audizioni, effettuate a fine giugno 2007, la Consip si riservava di pronunciarsi al riguardo alla fine del mese di agosto 2007. Invece, il 2 agosto 2007 la Consip spa escludeva "Qui! Ticket Service" ed altre aziende dall'aggiudicazione. Secondo Consip l'anomalia delle offerte si sarebbe basata su valutazioni relative alla non ammissibilità, ai fini della giustificazione del prezzo, dei ricavi che le aziende ottengono dai "servizi aggiuntivi" forniti dalle stesse agli esercenti. Ad avvalorare questa posizione la Consip ha sostenuto, nella comunicazione di esclusione delle aziende, che "gli esercizi convenzionati non avrebbero un buon rapporto né con la Consip né con le singole amministrazioni che si avvarrebbero del servizio";

alcune aziende cui è stata contestata l'anomalia e che risulterebbero aggiudicatarie di lotti sono fornitrici di precedenti servizi alla Consip a condizioni sostanzialmente identiche rispetto a quelle indicate nelle offerte oggetto di contestazione da parte della stessa Consip;

tali condizioni, dunque, erano state in precedenza accettate da Consip che, in quell'occasione, aveva ribadito, anche in sede giudiziale, che i servizi aggiuntivi dovevano essere considerati in sede di verifica della congruità dell'offerta. Le stesse aziende hanno correttamente adempiuto agli obblighi assunti espletando il servizio in modo regolare e con piena soddisfazione sia di Consip che delle singole amministrazioni, dimostrando, nei fatti, l'affidabilità delle condizioni applicate che contenevano economicamente i proventi dei "servizi aggiuntivi" offerti agli esercizi e che ne avevano consentito il sostegno della redditività;

considerato che:

nonostante l'invito delle organizzazioni di categoria (come l'Associazione italiana emettitori buoni pasto aderente alla Confesercenti), la Consip ha erroneamente continuato ad insistere nella sua scelta che, nei fatti, ha rischiato di alimentare una posizione dominante del mercato delle multinazionali "Ticket Restaurant" e "Sodexho" che avrebbero potuto vincere tutti i sei lotti della gara Consip 4 in contestazione; e nel contempo avrebbe creato un danno all'erario valutabile in oltre dieci milioni di euro per mancato risparmio;

la "Qui! Ticket Service Spa" ha, pertanto, invitato l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ad intervenire sulla questione presentando un'istanza di parere per la soluzione delle controversie ex art. 6, comma 7, lettera r), del decreto legislativo 163/2006 relativo alla gara telematica di cui sopra;

l'11 ottobre 2007 il Consiglio dell'Autorità ha approvato il parere n. 45 che, di fatto, critica le scelte assunte dalla Consip evidenziando che la verifica di congruità è diretta nella sostanza ad evitare offerte non serie ed inaffidabili che potrebbero generare in futuro mancati adempimenti e, quindi, disservizi amministrativi, non ad impedire che l'imprenditore, nella sua strategia di impresa, utilizzi gli elementi che lo stesso, grazie alla propria capacità e scelta, è in grado di sfruttare per trarre utile dall'operazione;

la stessa Autorità ribadisce che «se non si ammettessero i "servizi aggiuntivi", come strettamente connessi con la prestazione in gara, si precluderebbe ogni possibilità di sostanziale diversificazione economica tra le offerte e di sviluppare una concorrenza sulla base di una combinazione di fattori dovuta ad abilità imprenditoriali, costruendo un criterio di normalità che esclude qualunque elasticità ed iniziativa dell'offerente nell'individuare fonti di ricavo compensativo interconnesso. Si evidenzia, infine, che la tesi secondo la quale i "servizi aggiuntivi" debbano essere oggetto di valutazione ai fini della congruità dell'offerta economica è stata recentemente sostenuta dal Tar Lazio, peraltro in una procedura che ha visto coinvolta proprio la Consip. In merito il giudice di primo grado ha rilevato che "l'offerta di un servizio aggiuntivo non previsto, se da un lato non costituisce causa di esclusione della gara se non offerto, dall'altro non da luogo ad attribuzioni di punteggio ai fini della valutazione se offerto"; ma, in quanto componente ammissibile della prestazione promessa viene strutturalmente a riflettersi sulla complessiva redditività del servizio offerto, ove la stessa venga in considerazione della distinta sede della verifica di anomalia dell'offerta. Sotto tale profilo, dunque, l'insuscettibilità di valutazione tecnica ed economica preclude si l'attribuzione di un qualsiasi punteggio, ma non esclude la valutazione in termini di redditività dell'offerta nel suo complesso (Tar Lazio, Roma, sezione III, sentenza 31 maggio 2007, n. 5047)»;

in base a quanto sopra estrinsecato il Consiglio dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici dei lavori, servizi e forniture ha ritenuto di poter risolvere in senso positivo la questione pregiudiziale dell'ammissibilità ai cosiddetti "servizi aggiuntivi",

gli interroganti, valutate le documentazioni, le istanze e i rilievi nei confronti della Consip, chiedono di sapere se i Ministri in indirizzo non ritengano di porre in essere le azioni necessarie per verificare le risultanze di tutte le gare avviate dalla Consip che, come dimostrato anche da giudici di primo grado, in alcuni casi ha operato scelte arbitrarie che hanno danneggiato aziende e l'opera della stessa struttura. Ad avviso degli interroganti, si evidenzia una perniciosa azione tendente, nel caso in oggetto, a privilegiare non gli interessi della pubblica amministrazione ma di cartelli imprenditoriali composti da multinazionali con sede fuori dall'Italia.

(3-01090)

BELLINI - Ai Ministri della pubblica istruzione e per i beni e le attività culturali - Premesso che:

negli ultimi tempi si sono verificati numerosi casi di ex studenti universitari che a distanza di anni hanno deciso di riprendere gli studi universitari per laurearsi;

tutti costoro hanno seguito le attuali procedure per la reimmatricolazione con recupero della carriera pregressa, ottenendo l'ammissione ad un corso di studio attivato dall'Ateneo prescelto;

generalmente è stato riconosciuto l'abbreviazione del corso di studio in virtù degli esami sostenuti nella precedente carriera, previa valutazione della stessa da parte della competente struttura didattica;

allo stesso tempo questi studenti, che hanno deciso di reimmatricolarsi a un corso di studio a numero programmato (Architettura, Medicina, Veterinaria), devono sostenere la prevista prova d'accesso per l'ammissione al corso scelto secondo quanto richiesto dalla direttiva europea recepita nell'ordinamento italiano;

pertanto, tutti gli studenti che intendono iscriversi ad un corso di laurea a numero programmato devono superare i test di ammissione;

in questo modo, studenti che rientrano nel corso abbandonato in precedenza e spesso direttamente all'ultimo anno, entrano nella roulette dei test a risposta multipla (che molti commentatori hanno definito nozionistici e comunque adatti prevalentemente per giovani studenti da poco usciti dagli studi liceali) piuttosto che per una verifica sull'attitudine alla materia del corso;

ciò appare alquanto discutibile, poiché chi aveva già frequentato con profitto di esami era già, ovviamente, idoneo a completare quel corso di studi, e limitarsi al semplice test di nuova ammissione azzera un riconoscimento della formazione e dei risultati raggiunti;

considerando che l'indirizzo della politica del Ministero e dell'università e della ricerca è rivolto a incentivare il ritorno degli adulti, in vari modi, alla formazione permanente e universitaria,

si chiede di conoscere se non si ritenga opportuno considerare quanto sopra ricordato e, in occasione della prossima annunciata ridefinizione del regolamento nazionale per l'ammissione a corsi di laurea di facoltà a numero programmato, si ritenga necessario tenere debitamente conto degli ex studenti universitari cui riconoscere i risultati già acquisiti.

(3-01091)

BOBBA, FERRANTE, BARBOLINI - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che:

l'istituzione del 5 per mille, introdotta in via sperimentale con legge finanziaria per il 2006, ha lo scopo di destinare l'uso di una parte, per quanto piccola, delle imposte al sostegno del non profit e di realizzare una responsabilizzazione del contribuente, dando forma al principio di sussidiarietà fiscale;

detto istituto ha ottenuto una forte adesione da parte dei cittadini. Nella denuncia dei redditi 2006, infatti, in 15.854.201 hanno deciso di vincolare il 5 per mille dell'Irpef , su un totale di 26.391.936 dichiarazioni;

nelle dichiarazioni dei redditi del 2007, circa 14,7 milioni di contribuenti (più del 55% del totale) hanno destinato il 5 per mille dell'Irpef alle organizzazioni di volontariato, agli enti di ricerca scientifica e sanitaria, ad associazioni ambientaliste e di promozione sociale;

il numero delle associazioni che hanno richiesto di essere accreditate, per poter usufruire del 5 per mille, è cresciuto in maniera esponenziale ed oggi sono pari a 29.532;

nonostante i dati mostrino il grande interesse e l'adesione dei cittadini al 5 per mille, non si è finora proceduto a stabilizzarlo all'interno della legislazione italiana, dovendo così di volta in volta, emanare norme ad hoc nelle varie leggi finanziarie;

non risulta sufficiente l'impegno del Governo, in sede di prima approvazione della legge finanziaria per il 2008, presso il Senato, attraverso l'accoglimento di un ordine del giorno, ad incardinare in forma stabile detto istituto;

l'Agenzia delle entrate, nel redigere e mettere a disposizione dei cittadini, anche online, il modello CUD 2008, non ha inserito il riquadro del 5 per mille, come è possibile verificare direttamente sul sito: http://www.agenziaentrate.it/ilwwcm/resources/file/ebd204458aae32e/CUD_mod.pdf;

considerato che:

il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, recante "Definizione della modalità di destinazione della quota pari al 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, in base alla scelta del contribuente, per finalità di volontariato, ricerca scientifica e dell'università, ricerca sanitaria e attività sociali svolte dal comune di residenza", pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 22 del 27 gennaio 2006, al comma 2, ultimo periodo, dell'art. 6 stabilisce che il Ministero dell'economia e delle finanze ripartisce, con decreto, le quote del 5 per mille, tra gli stati di previsione dei ministeri di riferimento, sulla base dei dati comunicati dall'Agenzia delle entrate;

solo il 12 ottobre 2007, l'Agenzia delle entrate, attraverso una conferenza stampa, rendeva noto che le somme da ripartire ai soggetti aventi diritto erano state individuate e che "i dati saranno trasmessi ai dicasteri competenti ed alla Ragioneria Generale dello Stato la quale assegnerà a ciascuno di essi le somme da erogare agli interessati";

ad oggi non è stato ancora emanato il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, finalizzato al riparto delle quote al 5 per mille, decreto che, in seguito, dovrà essere trasmesso alla Corte dei conti, la quale procede alla registrazione e, solo in seguito a questo atto, le somme saranno rese disponibile per gli enti beneficiari, presso i Ministeri competenti;

l'ulteriore ritardo accumulato dal Ministero dell'economia, dopo la trasmissione dei dati da parte dell'Agenzia delle entrate, sarebbe da imputare alla mancanza di un'apposita voce nel capitolo di bilancio dei singoli Ministeri, per cui si rende necessario chiedere, ai referenti dei dicasteri, dove mettere la voce relativa a tale somma, ed attendere una risposta per poter predisporre il decreto di ripartizione delle quote del 5 per mille,

si chiede di sapere:

se il Ministro intenda procedere all'emanazione del decreto, di cui all'art. 6 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 gennaio 2006, in modo da poter finalmente erogare le quote del 5 per mille delle dichiarazioni dei redditi 2006;

se non ritenga opportuno proporre di modificare il decreto di attuazione della legge finanziaria per il 2006, visti i ritardi accumulati, ormai pari a due anni, al fine di prevedere modalità analoghe a quelle già ampiamente sperimentate nell'erogazione dell'8 per mille, realizzando un procedimento, stabile e certo nei tempi, di finanziamento delle associazioni che hanno i requisiti di cui alla legge 296/2006;

cosa si intenda fare, nel breve periodo, per eliminare questo ingiustificato ritardo ed ottemperare agli impegni sottoscritti, assicurando al cittadino contribuente tempi certi nell'assegnazione del 5 per mille, così come dallo stesso destinato;

se la trasparenza fiscale richiesta al cittadino non debba essere in primo luogo mostrata anche dalle istituzioni, onde evitare che il ritardo nell'attribuzione delle somme relative al 5 per mille alimenta una diffidenza diffusa dei contribuenti rispetto all'amministrazione fiscale dello Stato;

se lo stesso Ministro percepisca che tale ritardo comporta, di fatto, l'impossibilità dell'attuazione dei progetti degli enti aventi diritto all'erogazione del 5 per mille, vanificando la stessa finalità dell'istituto in oggetto.

(3-01092)

ALFONZI - Ai Ministri del lavoro e della previdenza sociale e dello sviluppo economico - Premesso che:

nello stabilimento OMVP-SKF TBU di Villar Perosa (Torino), di proprietà della multinazionale svedese SKF, si producono semilavorati per cuscinetti volventi per auto e cuscinetti finiti per treni. Tale impianto, in cui lavorano circa 670 persone, da anni perde quote di produzione, che vengono esternalizzate o trasferite in Paesi dell'Est europeo o nell'estremo oriente, mentre sembra che la multinazionale abbia deciso di vendere la struttura;

i rappresentanti sindacali ritengono che buona parte di queste produzioni vengano però effettuate da ditte che operano in Piemonte perché offrono costi più bassi;

la preoccupazione dei lavoratori è che si continui a ridurre le lavorazioni a Villar Perosa e che i costi di gestione dello stabilimento siano troppo alti rispetto ai volumi rimasti, soprattutto se la produzione di cuscinetti per treni, che attualmente aiuta a mantenere "a galla" lo stabilimento, dovesse essere trasferita altrove, come appunto sembrerebbe. Si consideri che negli ultimi anni si sono persi 150 posti di lavoro circa,

si chiede di sapere se quanto riportato corrispona al vero e, in caso affermativo, se i Ministri in indirizzo non ritengano necessario attivare un confronto con l'azienda al fine di accertare in quale modo si possano mantenere almeno gli attuali livelli occupazionali, che con i lavoratori dell'indotto (trasporti, mense, imprese di servizi) sono la fonte di reddito di circa 800 famiglie della valle e del territorio pinerolese.

(3-01094)

ROSSI Fernando - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico - Premesso che:

nel territorio di Modugno (Bari) si sta concludendo la costruzione, da parte della ditta Sorgenia S.p.A. (già Energia S.pA.), di una centrale turbogas da 760 MW, localizzata a circa 2,7 chilometri dal centro cittadino di Modugno, a meno di 2 chilometri dalla scuola elementare "Don Milani" (quartiere Piscina Preti), dall'ospedale San Paolo (quartiere Cecilia) e dall'aeroporto "Karol Wojtyla" di Bari;

secondo uno studio scientifico dei dott.i Armaroli e Po, le nuove centrali turbogas per la produzione di energia possono essere altamente inquinanti e pericolose per la salute pubblica in considerazione delle emissioni di polveri sottili (nanopolveri), e tale dato non risulta essere contemplato, nella Valutazione di impatto ambientale del 6 aprile 2004, nelle caratteristiche tecniche dell'impianto dichiarate dalla ditta proponente;

in base alle indagini scientifiche effettuate dalla dott.ssa Gatti e dal dott. Montanari, vi è una chiara correlazione tra malattie cardiovascolari e respiratorie e quantità e concentrazione di particelle di diametro aerodinamico medio inferiore a 10 micron (PM10) o a 2,5 micron (PM2,5); va rilevato che al diminuire delle dimensioni delle particelle, la loro capacità di penetrare nei tessuti diventa maggiore;

l'autorizzazione alla costruzione dell'impianto viene rilasciata nel 2004 dal Ministero delle attività produttive e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, senza alcuna valutazione da parte della popolazione locale. Questo in evidente contrasto con l'art. 23 del decreto legislativo 334/1999 "Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose", secondo il quale: "1. La popolazione interessata deve essere messa in grado di esprimere il proprio parere nei casi di: a) elaborazione dei progetti relativi a nuovi stabilimenti di cui all'articolo 9; b) modifiche di cui all'articolo 10, quando tali modifiche sono soggette alle disposizioni in materia di pianificazione del territorio prevista dal presente decreto; c) creazione di nuovi insediamenti e infrastrutture attorno agli stabilimenti esistenti. 2. Il parere di cui al comma 1 è espresso nell'ambito del procedimento di formazione dello strumento urbanistico o del procedimento di valutazione di impatto ambientale con le modalità stabilite dalle regioni o dal Ministro dell'ambiente, secondo le rispettive competenze, che possono prevedere la possibilità di utilizzare la conferenza di servizi con la partecipazione dei rappresentanti istituzionali, delle imprese, dei lavoratori e della società civile, qualora si ravvisi la necessità di comporre conflitti in ordine alla costruzione di nuovi stabilimenti, alla delocalizzazione di impianti nonché alla urbanizzazione del territorio";

i comitati ed i cittadini locali hanno attivato una serie di iniziative di protesta, con cortei, blocchi, fiaccolate, per ribadire la propria contrarietà alla realizzazione della centrale turbogas, subendo in alcuni casi anche pesanti reazioni da parte delle Forze dell'ordine;

i Comuni di Bari e di Modugno non hanno mai concesso le autorizzazioni al piano di viabilità relativo all'area della centrale;

vi è una serie di prescrizioni imposte dal decreto di compatibilità ambientale del 6 aprile 2004, mai rispettate sinora dalla ditta costruttrice:

a) installazione e messa in esercizio a cura del proponente, in accordo con le autorità locali e le relative strutture competenti (ARPA Puglia), di almeno due stazioni fisse di monitoraggio della qualità dell'aria che effettuino misurazioni in continuo ed in automatico almeno dei seguenti inquinanti: NOx (NO e NO2), CO, PM10, PM2,5, idrocarburi metanici e non metanici, O3. Dovranno essere altresì concordate con le predette autorità le modalità per rendere pubbliche le informazioni ed i dati acquisibili;

b) la caratterizzazione dei suoli, indicata dal citato documento del 6 aprile 2004, risulta essere stata operata dalla ditta (e non, come richiesto dagli stessi Ministeri, dall'ARPA e dalla Regione Puglia) ed oltretutto solo in 16 punti dei 94 prescritti dalle autorità competenti;

c) da quanto riportato all'interno del DEC/DSA/2004/0289 del 6.04.2004, è noto che le acque che la centrale adopererà per il raffreddamento proverranno dal depuratore Bari-Ovest, area già sequestrata dai Carabinieri del Nucleo operativo ecologico per produzione di scarti nocivi;

d) si sarebbe dovuto provvedere al monitoraggio della qualità dell'aria almeno un anno prima dell'entrata in esercizio dell'impianto (come da prescrizione del Ministero della salute);

e) non risulta essere stata realizzata "l'analisi di eventuali anomalie, incidenti e malfunzionamenti e dei connessi rischi anche ambientali, e quindi le conseguenti misure strutturali, gestionali e di pronto intervento, atte a ridurre la loro probabilità di accadimento e la loro severità", espressamente richiesta al punto n. 5 del decreto ministeriale 55/02/2002, che richiede, altresì, una specifica certificazione EMAS - che non risulta ad oggi intervenuta - al fine di assicurare la costante condizione di sicurezza nell'ambito delle strutture e in relazione all'ambiente e al territorio comunale;

la centrale di Modugno risulta progettata con un'emissione di inquinanti superiore ai limiti massimi prescritti dalla normativa comunitaria, pur in presenza della direttiva 2001/80/CE del 23 ottobre 2001, antecedente al decreto ministeriale 55/02/2002 autorizzativo; per il mancato recepimento lo Stato italiano è stato condannato dalla Corte di Giustizia europea - IV Sezione - con sentenza del 12 maggio 2005, stanti le gravi ed accertate implicazioni sull'ambiente e sulla salute;

l'impianto necessiterà per il raffreddamento di acqua prelevata dal depuratore ed in caso di necessità sarà prelevata dalla falda acquifera per alcune ore (nessun dispositivo di controllo è previsto per la quantità di acqua prelevata dalla falda acquifera), compromettendo l'agricoltura locale e favorendo un rapido fenomeno di subsidenza;

questa centrale produrrà ogni anno, senza calcolare le già citate PM10 e PM2,5, 1.500.000 tonnellate di CO2; 1.500 tonnellate di NOX; 126 tonnellate di CO; 90 tonnellate di ammoniaca; 40 tonnellate di formaldeide; 47 tonnellate di idrocarburi (benzene ed idrocarburi tossici e cancerogeni);

della centrale non vi è menzione alcuna nel P.E.A.R. e, per quanto concerne l'applicazione della direttiva europea sulla prevenzione e riduzione dell'inquinamento, vi è l'inosservanza delle norme relative al decreto legislativo 59/2005;

la Puglia produce il 60% di energia in più rispetto al proprio fabbisogno, con il conseguente incremento di anidride carbonica rispetto ai parametri del Protocollo di Kyoto,

si chiede di sapere:

quali provvedimenti si intendano adottare rispetto ai mancati controlli pregressi da parte di ARPA e Regione, nonché rispetto alla palese violazione da parte di Sorgenia di numerose prescrizioni obbligatorie;

se non sia opportuno procedere con il blocco dell'attivazione dell'impianto, in attesa di una verifica più approfondita delle problematiche connesse alle emissioni ed al loro abbattimento, ed alle norme di sicurezza adottate;

se non si intenda costituire un tavolo di confronto, con la partecipazione di figure tecnico-scientifiche assolutamente imparziali e competenti, e rappresentanti istituzionali, delle imprese, dei lavoratori, della società civile e delle associazioni ambientaliste, avendo cura di evitare conflitti di interessi con quelle realtà già direttamente coinvolte nella partecipazione societaria di controllate Sorgenia, come ad esempio Eligent.

(3-01095)

BATTAGLIA Giovanni, VILLONE - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali - Premesso che:

da notizie di stampa ("La Repubblica", edizione siciliana, 24 novembre 2007) si apprende dell'inaugurazione di una nuova "Casa Sicilia" promossa della Regione Siciliana in Bulgaria;

la "Casa Sicilia", inaugurata alla presenza del Presidente della Regione Siciliana, on. Salvatore Cuffaro, dell'ambasciatore italiano a Sofia Giovanni Battista Campagnola e di altre autorità e personalità italiane e bulgare, sarebbe la sesta struttura di questo tipo, affiancandosi a quelle presenti negli Stati Uniti d'America, in Francia, in Tunisia e in Canada. Secondo altre notizie di stampa ("l'Espresso", 14 novembre 2007) la Regione Siciliana avrebbe programmato l'apertura di altre sedi nella Repubblica Popolare Cinese, nella Confederazione Elvetica e in Canada, nella città di Toronto. Tra le rappresentanze all'estero della Regione Siciliana vi è naturalmente l'ufficio di diretta dipendenza della Presidenza regionale per il collegamento con le istituzioni dell'Unione europea, attivo a Bruxelles con circa 12 unità di personale;

le "Case Sicilia", vere e proprie ambasciate regionali con lo scopo di promuovere l'economia e l'immagine della Regione Siciliana, sono state istituite con una legge regionale del 2002 (art. 89 della legge regionale 26 marzo 2002, n. 2, "Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2002"). Esse sono formalmente gestite attraverso convenzioni con soggetti privati culturali o imprenditoriali. In forma individuale e/o associata, ai quali la Regione fornisce un finanziamento per l'utilizzo gratuito, cioè in genere il pagamento degli affitti, degli spazi occupati dagli uffici della "Casa". Si sottolinea che alcune "Case Sicilia" hanno sede in spazi di prestigio: la "Casa Sicilia" di New York, che ha tra i suoi dirigenti Marco Scapagnini, figlio del Sindaco di Catania, è situata al 36° piano dell'Empire State Building a Manhattan; la "Casa Sicilia" di Parigi ha sede nel Boulevard Haussmann, nel lussuoso ottavo arrondissement, non lontano dagli Champs-Elysées. Le convenzioni stipulate dalla Regione con i diversi soggetti gestori garantiscono inoltre eventuali somme aggiuntive a sostegno delle attività;

secondo le medesime notizie di stampa sopra richiamate, i primi risultati delle attività delle "Case Sicilia" sarebbero tutt'altro che confortanti. La "Casa Sicilia" di Parigi, a poco più di due anni dall'apertura, registra perdite per 400.000 euro, mentre quella newyorkese, operativa dal settembre 2005, avrebbe promosso soltanto sei eventi tra i quali una degustazione wine and cheese e una mostra d'arte di una giovane artista. Si sottolinea che diverse testimonianze presenti sulla rete Internet (www.napoliaffari.com) informano di come la "Casa Sicilia" di New York abbia un indirizzo e-mail al quale non è possibile scrivere, nessun addetto risponda al telefono negli orari indicati e la sede risulti chiusa al pubblico negli orari indicati di apertura,

si chiede di sapere:

se il dettato dei commi 594, 595 e 596 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che limita fortemente le spese per l'attivazione delle sedi di rappresentanza all'estero delle Regioni, si applichi, e in quale forma, alle "Case Sicilia"; in particolare se venga rispettato il principio secondo il quale le spese sostenute per tali strutture dalla Regione non debbano essere coperte, integralmente o parzialmente, con fondi statali, secondo quanto previsto dal comma 594;

se si sia accertata la violazione delle norme di legge sopra richiamate e sia stata realizzata la decurtazione compensativa prevista dal comma 595, che prevede una riduzione annuale dei trasferimenti statali pari alle spese sostenute nell'anno dalla Regione per compiere simili iniziative, raddoppiando così i costi sostenuti per l'attivazione di queste strutture;

quale sia, pertanto, il costo complessivo per la Regione Siciliana nell'anno 2007 delle sei "Case Sicilia" comprensivo delle eventuali decurtazioni, per l'anno in corso, di cui al comma 595 della legge finanziaria per il 2007;

quale sia il giudizio del Governo sulla redditività delle "Case Sicilia" e se esse costituiscano o meno un reale strumento di sostegno all'economia regionale e se, nella strategia di promozione commerciale di tali strutture, esista o meno qualche forma di coordinamento con gli uffici economici della rete consolare italiana e con gli uffici locali dell'Istituto del commercio estero, o se invece le "Case Sicilia" non rappresentino un improprio ed inefficace doppione di funzioni assolte dalle ambasciate e dall'ICE.

(3-01096)

Interrogazioni orali con carattere d'urgenza ai sensi dell'articolo 151 del Regolamento

AMATO - Al Ministro della giustizia - Premesso che alle ore 7.45 del 28 novembre 2007, con un mandato di perquisizione firmato dal Procuratore capo di Firenze, tre finanzieri si sono presentati a casa di un giornalista de 'Il Giornale della Toscana' e successivamente, alle ore 9, cinque militari della Guardia di finanza ed un consulente tecnico hanno proceduto alla perquisizione della redazione dello stesso giornale, sequestrando documenti e altro materiale dalla scrivania del giornalista e copiando interamente il disco fisso del suo personal computer;

considerato che:

la perquisizione, che vede il giornalista accusato di ricettazione, decretata nell'ambito di un'inchiesta aperta dopo la pubblicazione di alcuni stralci di un verbale su di un'altra testata - il settimanale "l'Espresso" - a firma di altri giornalisti che nulla hanno a che fare con il quotidiano toscano, ha interrotto per un intero giorno i lavori della redazione de "Il Giornale della Toscana";

l'Ordine nazionale dei giornalisti, i sindacati di categoria nazionali e regionali, le istituzioni regionali e numerosi esponenti politici hanno espresso solidarietà al giornale per il carattere oggettivamente intimidatorio della perquisizione, che, di fatto, mette in discussione alcune delle libertà fondamentali di una democrazia, violando la libertà di stampa ed il diritto dei cittadini ad essere informati,

si chiede se il Ministro in indirizzo, pur nel rispetto del principio della separazione dei poteri e dell'indipendenza della Magistratura, non ritenga comunque opportuno aprire un'indagine per verificare, nell'esclusivo interesse della tutela della libertà di stampa garantita all'art. 21 della Costituzione, l'operato della Procura di Firenze.

(3-01093)

Interrogazioni con richiesta di risposta scritta

GAGGIO GIULIANI, DEL ROIO, GRASSI, ALFONZI, MARTONE, VANO, EMPRIN GILARDINI, BOCCIA Maria Luisa, NARDINI, PALERMO, TECCE, BULGARELLI, PISA - Al Ministro dell'interno - Premesso che:

il 21 novembre 2007 è stato nominato capo del Dipartimento analisi dell'Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna), ovvero l'ex Sisde, l'ex vicedirettore dell'Ucigos Giovanni Luperi;

Giovanni Luperi, insieme ad altri, è imputato per il blitz delle Forze dell'ordine avvenuto alla scuola Diaz la notte del 21 luglio 2001, al termine delle contestazioni contro il G8 di Genova;

quella notte, definita "cilena" dal Ministro degli affari esteri Massimo D'Alema, rappresenta a tutt'oggi uno dei momenti più neri delle tre giornate di Genova che secondo Amnesty International hanno rappresentato "la più grande sospensione dei diritti democratici, in un paese occidentale, dalla fine della II guerra mondiale";

l'esito del blitz alla Diaz è stato di 93 arrestati con l'accusa (rivelatasi infondata) di far parte di una organizzazione internazionale finalizzata alla devastazione e al saccheggio, e di decine di feriti di cui due in condizioni gravissime, ed uno in fin di vita;

durante quel blitz si è poi verificato il gravissimo caso del falso ritrovamento di molotov e della denuncia di accoltellamento di un poliziotto, rivelatasi anch'essa falsa;

quale dirigente superiore e vice direttore dell'Ucigos, Luperi era da considerarsi riferimento per gli operatori appartenenti alle Digos, così come Francesco Gratteri era da ritenersi il punto di riferimento delle Squadre mobili;

sia Luperi che Gratteri, insieme al defunto La Barbera, sono considerati dall'accusa tra i capi dell'operazione Diaz e delle sue derive calunniose, come i verbali e le molotov false;

la promozione di Luperi non è un evento isolato, giacché praticamente tutti i responsabili di piazza delle giornate del luglio 2001 a Genova sono stati a vario titolo promossi, e tra essi figura anche il dott. Vincenzo Canterini, anch'egli imputato per i fatti della Diaz, sulla cui promozione è stata presentata l'interpellanza 2-00738 dal sen. Malabarba nella XIV Legislatura;

considerato che:

con una decisione molto contestata, la I Commissione permanente (Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni) della Camera dei deputati ha respinto la proposta di istituzione di una Commissione d'inchiesta su quanto avvenuto nei giorni del G8 di Genova, proposta peraltro inserita nel programma di governo presentato prima delle elezioni;

finalmente anche in Italia, come già da tempo è avvenuto in altri Paesi europei, alcune trasmissioni televisive hanno documentato puntualmente i soprusi perpetrati in quei giorni, nonché la disastrosa gestione di piazza, sulle cui responsabilità politiche va ancora fatta luce,

si chiede di sapere:

quali siano i criteri adottati per la promozione di un funzionario come Luperi, rinviato a giudizio per reati di falso, abuso d'ufficio, calunnia, commessi nell'esercizio delle sue funzioni;

come il Ministro in indirizzo intenda intervenire affinché cariche così delicate per la gestione della dell'Italia non vengano ricoperte da personaggi implicati nei soprusi perpetrati a Genova ed in altre occasioni;

se non ritenga un atto offensivo nei confronti di chi nella scuola Diaz ha visto calpestare i propri diritti, sia la promozione dei funzionari responsabili di quei soprusi che l'ostracismo di parte del Governo verso l'istituzione di una commissione d'inchiesta sui fatti di Genova.

(4-03133)

SALVI, BATTAGLIA Giovanni, BRUTTI Paolo, VILLONE, PISA, IOVENE, DI SIENA, MELE, GALARDI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dell'interno e della giustizia - Premesso che molti quotidiani a carattere nazionale e della Sicilia, nelle edizioni di martedì 27 novembre 2007, hanno riportato la notizia di un attentato messo in atto da ignoti alla sede di Assindustria di Caltanissetta. Gli articoli sottolineavano che:

la sede della Confindustria di Caltanissetta è situata a pochi passi dalla sede del locale Tribunale;

l'incursione è avvenuta dopo aver forzato una finestra della sede;

sono stati sottratti verbali delle riunioni dell'associazione, documenti vari e dischetti contenenti gli elenchi degli imprenditori iscritti;

il Presidente degli industriali nisseni, Antonello Montante, avrebbe dichiarato alla stampa che: "Ho l'impressione che il racket in senso stretto c'entri poco. È da tre anni che subiamo attentati, piccoli o grandi. Tutto è iniziato quando, su mandato di Confindustria nazionale e delle istituzioni abbiamo cercato di puntare a un ricambio delle nomine negli enti economici influenti nel territorio";

il Presidente della locale Camera di commercio, Marco Venturi, già bersaglio di diversi attentati, avrebbe dichiarato: "Quello che è accaduto domenica nella sede di Confindustria è da collegare alla nostra lotta per cambiare i vertici e i rappresentanti di enti che da trent'anni erano gestiti in maniera quasi privatistica da chi tutto è, tranne che un imprenditore. La dimostrazione è che i milioni arrivati qui attraverso i patti territoriali e la legge 488 non hanno prodotto nulla. Per questo adesso vogliamo massima trasparenza nella burocrazia e chiediamo di fermare l'erogazione di soldi a fondo perduto, che uccidono l'imprenditoria sana";

all'associazione degli industriali spetta la nomina di Consiglieri nel direttivo della Camera di commercio, delle ASI, di propri fidi rappresentanti nel consorzio, dei patti territoriali e in decine di enti tra cui l'INAIL e l'INPS, tutti enti che gestiscono finanziamenti e risorse per milioni di euro, a partire da quelli della legge 488/1992;

il Sindaco di Caltanissetta, Salvatore Messana, nel dichiararsi al "fianco degli industriali dopo l'ennesimo atto intimidatorio", avrebbe dichiarato: " Qui è iniziata la rivolta degli industriali sia contro il pizzo che per le nomine negli enti. Se subiscono attentati, è chiaro che devono essere ricondotti e queste due azioni. Chiedo alle istituzioni di prestare il più possibile attenzione a quanto sta avvenendo a Caltanissetta";

sottolineato che al Presidente regionale di Confindustria siciliana, Ivan Lo Bello, oltre che al presidente Montante ed al suo vice Venturi è stata assegnata una scorta,

si chiede di sapere:

quali misure siano state, sinora, intraprese al fine di:

contrastare tali gravi fenomeni intimidatori di stampo mafioso che non solo tentano di intimidire ed indebolire l'attività di Assindustria, di impedire il normale svolgersi dell'attività economico-imprenditoriale, di condizionare il processo di trasparenza, pulizia morale e di ricambio dei rappresentanti degli imprenditori nisseni negli enti economici locali ma perpetuano illegalità diffusa, turbano fortemente l'ordine pubblico e si configurano come gravissime violazioni delle libertà e dei diritti garantiti dalle leggi e sanciti dagli articoli 18, 35 e 41 della Costituzione;

garantire il reale esercizio della legalità e della vita democratica nella città di Caltanissetta e nell'intera regione;

impedire ogni forma di condizionamento delle attività imprenditoriali, commerciali, delle libertà sindacali e di associazione che oggettivamente provocano questi ed altri numerosi atti intimidatori, se non attentati terroristico-mafiosi, che in questi anni si sono succeduti;

garantire il pieno sostegno al processo di rinnovamento e pulizia morale, lotta al racket ed ai poteri mafiosi intrapreso dai movimenti sociali, dalle forze politiche, sindacali ed imprenditoriali democratiche che si battono contro l'oppressione delle cosche mafiose che limitano e condizionano il normale svolgersi della vita economica, politica e sociale;

quali misure si intendano intraprendere per:

sviluppare una forte azione a sostegno dell'impegno per il rinnovamento delle rappresentanze intrapreso dalle istituzioni economiche e di rappresentanza sociale;

promuovere una rigorosa azione di verifica, sulla base delle pubbliche denunce formulate in questi mesi, sulla legittimità e legalità dei comportamenti, delle deliberazioni e delle gestioni, avvenute in questi ultimi anni, nei più importanti enti economici della provincia di Caltanissetta;

sviluppare una più incisiva azione di contrasto alla criminalità organizzata, da parte di tutti gli organi preposti, a garanzia della legalità e della sicurezza per tutti i cittadini;

sostenere una rigorosa azione di prevenzione dei fenomeni intimidatori di stampo mafioso;

intensificare l'azione di intelligence per garantire capacità di intervento e successo all'azione di contrasto degli atti criminosi.

(4-03134)

VALPIANA, BRISCA MENAPACE, ALFONZI, CAPELLI, DONATI, EMPRIN GILARDINI, GAGGIO GIULIANI, GAGLIARDI, NARDINI, PALERMO, VANO - Ai Ministri per i diritti e le pari opportunità, della difesa e della salute - Premesso che:

dalle audizioni svolte dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonché le popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico, risulterebbero differenze di radiosensibilità in relazione al genere: per esempio, la metodologia delle «probabilità di causa» (PC), metodo che calcola il grado di probabilità che una determinata esposizione alle radiazioni ionizzanti sia o meno la causa dell'evento oncologico x nel soggetto in esame, opera una distinzione di genere;

anche l'evidenza epidemiologica dimostra che il sesso femminile è più sensibile ad alcune patologie, per esempio per quanto riguarda il tumore alla tiroide, rispetto al quale la donna è più sensibile alle radiazioni in confronto all'uomo per circa un fattore su tre; così anche per la leucemia, malattia che compare più precocemente a seguito dell'esposizione a radiazioni ionizzanti, si registra un'incidenza diversa tra maschio e femmina a parità di dosi e di tutti gli altri parametri considerati;

la letteratura scientifica riporta poi come siano stati inoltre riscontrati effetti teratogeni a seguito di esposizioni a radiazioni ionizzanti, in particolare se l'esposizione avviene durante il periodo dell'organogenesi;

considerato che:

la legge 20 ottobre 1999, n. 380, «Delega al Governo per l'istituzione del servizio militare volontario femminile», ha dato il via libera all'ingresso delle donne nelle Forze armate a partire dall'anno 2000, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 4 gennaio 2000dei primi bandi di concorso relativi al reclutamento nelle Accademie militari di Esercito, Marina e Aeronautica;

a circa sette anni dall'entrata in vigore della legge 20 ottobre 1999, n. 380, la componente femminile dell'Esercito ha raggiunto il 4,4% del personale, cioè più di 5.500 unità, impiegate in tutti i teatri operativi con il reparto di appartenenza (infatti sin dal 2001 il personale femminile dell'Esercito viene impiegato nelle operazioni condotte fuori dal territorio nazionale), mentre le donne arruolate nella Marina militare italiana risultano 1.667 e 500 sono le donne in servizio presso l'Aeronautica militare,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei dati relativi alle differenze di genere in riferimento all'incidenza delle patologie riscontrate tra i militari impiegati nelle missioni militari all'estero e delle differenze di radiosensibilità in relazione al genere;

se siano state effettuate indagini suddivise per genere sulla salute prima e dopo la permaneneza nelle missioni e quali siano i risultati rispetto allo stato di salute e alle patologie riscontrate;

se il Comitato per le pari opportunità per il personale dirigente e non (C.P.O.), istituito con decreto del Ministro della difesa il 15 febbraio 2007, abbia intenzione di svolgere un'indagine a riguardo;

se nell'addestramento del personale militare e nelle informazioni e indicazioni di prevenzione date nell'addestramento stesso sia tenuta in considerazione la differenza di genere e la necessità di precauzioni diversificate;

se siano stati effettuati studi specifici sulla salute riproduttiva delle donne presenti nelle Forze armate e quali ne siano i risultati in termini di mortalità, morbilità e prematurità.

(4-03135)

DIVELLA - Ai Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute - Premesso che:

il numero delle tipologie lavorative che potrebbero rientrare nella definizione di "attività usuranti" è molto elevato;

a causa di molteplici ristrutturazioni aziendali, il call center non rappresenta più uno dei sistemi per introdurre i giovani nel mondo del lavoro ma, specialmente nel settore delle telecomunicazioni, può rappresentare l'ultima spiaggia per numerosi lavoratori anche "over", costretti al demansionamento per salvaguardare il proprio posto di lavoro;

quest'attività viene svolta da tantissimi lavoratori a tempo indeterminato e continuativo da numerosi anni;

i lavoratori Telecom, specialmente quelli più anziani per settore ed età, hanno avuto ricadute sulle condizioni di salute a causa della trasformazione delle loro mansioni con conseguente aumento delle vertenze per mobbing;

gli strumenti (cuffie, telefono, computer ecetera) utilizzati da coloro che prestano servizio nei call center comportano un rischio per la salute degli operatori;

si è rilevato lo stato patologico degli operatori in linea già da parecchi anni, i quali hanno manifestato disturbi come: stress psicologico, riduzione delle capacità visive, lacrimazione degli occhi, riduzione dell'udito, danni alla colonna vertebrale ed altre patologie correlate,

si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo, nell'ambito delle proprie competenze, non ritengano necessaria una reale attenzione a questa problematica promuovendo iniziative volte a tutelare i lavoratori dei call center, che riguardano una fetta sempre più ampia di lavoratori, nel rispetto delle normative di salute e sicurezza e se non ritengano tale attività, per i motivi esposti in premessa, da collocare a pieno titolo tra quelle usuranti.

(4-03136)

RANDAZZO - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dell'economia e delle finanze e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che:

uno dei problemi ambientali delle isole Eolie, nominate Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO e a breve Parco nazionale, è rappresentato dalla mancata depurazione dei reflui nelle isole di Lipari e Vulcano;

in particolare, solo nell'isola di Lipari esiste un semplice pre-trattamento, peraltro attualmente non funzionante, abilitato a depurare i reflui di una popolazione inferiore a 10.000 abitanti;

l'isola di Lipari, invece, così come certificato dall'ufficio del Commissario delegato per la Regione Siciliana, in riferimento alla nota del Dipartimento regionale programmazione prot. N. 3771 del 3 ottobre 2003, è una località che pur essendo un agglomerato con popolazione residente inferiore a 15.000 abitanti supera abbondantemente la soglia dei 10.000 per effetto della popolazione turistica fluttuante;

la suddetta certificazione fa seguito ad un accertamento condotto utilizzando i dati relativi alla produzione mensile di rifiuti per l'anno 2002, i dati contenuti nel Piano regionale di risanamento acque e i piani d'ambito approvati;

essendo Lipari una località con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, anche se fluttuante, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo 152/1999, modificato dal decreto legislativo 258/2000, e dalla circolare 19906 del 4 aprile 2002 della Regione Siciliana, avrebbe dovuto adeguare i suoi impianti entro il 31 dicembre 2004;

il mancato adeguamento degli impianti di depurazione sta compromettendo seriamente la salute della popolazione residente, l'ambiente e l'economia locale;

sebbene il Comune di Lipari si fosse mosso per tempo, ora ci si sta addentrando in un contenzioso che potrebbe bloccare la situazione, con riflessi gravissimi per l'ambiente e l'economia locale;

nell'aprile del 2000, l'allora Sindaco, dottor Michele Giacomantonio, preso atto del decreto con cui la Regione Sicilia aveva disposto un finanziamento per la realizzazione di un depuratore nel comune di Lipari e del fatto che tale finanziamento era rimasto fino ad allora inutilizzato, e che comunque erano in corse trattative tra la Regione Siciliana e il Governo nazionale per un Accordo di programma quadro relativo al problema dell'acqua, pubblicava un bando, aggiudicato a un raggruppamento temporaneo di imprese capeggiato dalla Lotti s.p.a., per un progetto relativo al ciclo dell'acqua (produzione di acqua, ciclo fognario e depurazione delle acque reflue con riutilizzo a scopi non umani) per tutte le isole del Comune;

il sindaco dell'epoca, forte di tale documentazione, fece richiesta alla Regione ed al Ministero dell'ambiente per ottenere i finanziamenti;

il suo successore, attuale Sindaco di Lipari, dott. Mariano Bruno, insediatosi dal novembre 2001, nell'agosto 2002 era nominato Commissario di Governo e fra le priorità del decreto di nomina c'era il rifornimento idrico delle contrade di Lipari e cioè Pianoconte, Quattropani, Acquacalda;

considerato che:

la Sogesid, società per la gestione degli impianti idrici spa, nel maggio 2004, manifestava interesse per il ciclo dell'acqua del comune di Lipari e redigeva una programmazione specifica che, però, provocava un contenzioso fra l'ATO 5 di Messina ed il Ministero dell'ambiente;

nel luglio 2004 veniva disposto un primo finanziamento al Comune di Lipari di 6 milioni di euro per il depuratore seguito da ulteriori stanziamenti che ammontano a oltre 34 milioni di euro;

finalmente, dopo circa cinque anni, nel gennaio 2007 il Sindaco-Commissario comunicava che il Comune di Lipari era in possesso di un progetto preliminare per il ciclo dell'acqua redatto dall'associazione temporanea di imprese Lotti spa ed altri;

a fine aprile 2007, durante la scorsa campagna elettorale per il rinnovo dell'amministrazione comunale, si è tenuta una conferenza di servizio al Ministero dove sono state chieste al raggruppamento temporaneo di imprese capeggiato dalla Lotti s.p.a. alcune integrazioni, che sono state consegnate dai progettisti al Comune nei primi giorni di luglio;

recentemente il Sindaco di Lipari, nelle vesti di Commissario straordinario, ha dato un incarico alla Sogesid, senza espletare alcuna gara in parziale sovrapposizione al contratto in corso tra il Comune di Lipari e il raggruppamento temporaneo di imprese capeggiato dalla Lotti s.p.a.;

si chiede di sapere:

se il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

quali urgenti provvedimenti si intendano adottare al fine di dotare l'isola di Lipari di un impianto di depurazione delle acque reflue adeguato alle esigenze del territorio nel rispetto delle norme nazionali ed europee vigenti;

se non si ritenga opportuno disporre urgenti controlli al fine di verificare i danni che fino ad oggi il mancato funzionamento del depuratore ha causato all'ambiente, in particolare al mare, e alla salute pubblica e, se rilevati, quali urgenti iniziative si intendano adottare per la loro eliminazione;

se, anche in considerazione dell'alta vocazione turistica dell'isola di Lipari, non si ritenga opportuno prevedere un costante monitoraggio ambientale dell'area;

se non si ritenga che la grave situazione determinatasi nell'isola di Lipari rappresenti un grave danno anche per l'intera economia del territorio, soprattutto in considerazione del fatto che la mancanza di un depuratore a norma non consente alle nuove attività ricettive, turistiche e residenziali, in corso di realizzazione, di allacciarsi alla rete fognaria;

quale sia il motivo per cui la Sogesid, commissariata (per effetto dell'art. 1, comma 503 e 504, della legge finanziaria per il 2007) per renderla strumentale alle esigenze e finalità del Ministero dell'ambiente anche tramite fusione per incorporazione con altri soggetti, società e organismi di diritto pubblico che svolgono attività nel medesimo settore, ha voluto inserirsi in un percorso già delineato ed avviato e quasi a conclusione, complicandone fortemente l'iter;

se, inoltre, l'incarico alla Sogesid non sia in contrasto con le norme sugli appalti, e la convenzione sia illegittima sotto molteplici aspetti (Testo unico degli appalti, regolamento d'attuazione e Autorità di vigilanza prevede che la figura del supporto al responsabile unico del procedimento è incompatibile con quella di progettista e direttore dei lavori);

se sia vero che la Sogesid, che è una società pubblica, viene pagata come una società privata (in contrasto con lo spirito della legge 109 che prevede la progettazione da parte dei soggetti pubblici non pagata a tariffa, bensì ex art. 18, cioè con l'incentivo del 2% che viene distribuito tra i componenti l'ufficio, e che non può superare l'importo dello stipendio) e pertanto non producendo alcun risparmio rispetto al mercato;

se, alla luce dei fatti esposti, non si ritenga opportuno prevedere una proroga della nomina di Commissario al Sindaco di Lipari prevista per il 31 dicembre 2007.

(4-03137)

GALARDI - Al Presidente del Consiglio dei ministri - Premesso che:

l'Autorità di bacino del fiume Po ha approvato, con propria deliberazione n. 3 del 25 febbraio 2003, il progetto di variante al Piano stralcio per l'assetto idrogeologico (PAI) (approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 maggio 2001) fasce fluviali del fiume Lambro, dal lago di Pusiano alla confluenza con il Redefossi;

i Comuni di Cologno Monzese, Monza, Villasanta Brugherio e Sesto San Giovanni, riuniti in una conferenza programmatica, hanno presentato ai sensi dell'articolo 18, commi 7-10 della legge 18 maggio 1989, n. 183, le proprie osservazioni al PAI;

nonostante all'art. 18, comma 10, della predetta normativa si prescriva che l'adozione del Piano di bacino tenga conto dei pareri espressi dai soggetti interessati, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 dicembre 2004 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4 febbraio 2005, n. 28, concernente l'approvazione della variante al Piano stralcio-fasce fluviali del fiume Lambro, non teneva conto delle osservazioni presentate dai sopradetti Comuni;

il Comune di Monza ricorreva contro il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri presso il Tribunale delle acque adducendo, come motivazione principale, che il PAI non avesse recepito le indicazioni dei Comuni sulla destinazione dell'area della Cascinazza a vasca di laminazione generale del fiume Lambro, a difesa della frazione di San Maurizio al Lambro di Cologno Monzese per i rischi di esondazione in caso di piena delle acque. I Comuni firmatari delle osservazioni ricorrevano ad adiuvandum congiuntamente al Comune di Monza;

il PAI approvato nel 2004 prevede la costruzione di un canale scolmatore del fiume Lambro che agisca come un bypass del corso d'acqua attraversando la città per un percorso di circa 9 chilometri dal Parco storico a Cologno Monzese. Il costo previsto dell'opera è di circa 169 milioni di euro;

nonostante la normativa preveda, secondo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 1988, art. 1, lettera l), una procedura di Valutazione di impatto ambientale (VIA) per la costruzione di opere per la regolazione delle acque di portata pari a quella del canale scolmatore, il PAI non ha sinora prodotto tale procedura;

la sentenza del Tribunale superiore delle acque riveste una particolare importanza tanto nell'assetto idrogeologico della città di Monza e dei comuni interessati quanto nella configurazione urbanistica della città. Se approvata, la costruzione del canale scolmatore permetterebbe, con il nuovo Piano di governo del territorio (PGT) del Comune di Monza che verrà approvato a breve, la riduzione delle fasce di inedificabilità e la definitiva lottizzazione dell'area;

l'allargamento dell'edificabilità dell'area della Cascinazza beneficerebbe sostanzialmente la società immobiliare Istituto per l'edilizia industrializzata di proprietà di Paolo Berlusconi (oggi Istedin). La Istedin ha presentato un piano di lottizzazione di 388.000 metri cubi; piano oggi incluso nelle "osservazioni" in discussione nelle more di approvazione del PGT. Si sottolinea come il piano regolatore che sanciva l'inedificabilità dell'area varato dalla precedente Giunta di centro-sinistra sia stato annullato con legge regionale dalla Regione Lombardia e che la vicenda sia stata oggetto, oltre che di numerosissime inchieste giornalistiche e televisive nazionali, anche di altro atto di sindacato ispettivo da parte dell'interrogante ancora in corso (atto 4-00399 pubblicato il 27 luglio 2006, seduta n. 27);

il 6 novembre 2007, con deliberazione di Giunta, il Comune di Monza, a meno di un mese dalla sentenza, ha abbandonato il giudizio sollevato avverso la variante del PAI, adducendo la motivazione che con l'imminente approvazione del PGT sia stato conferito un nuovo assetto urbanistico del territorio che ha tenuto conto delle indicazioni contenute nel piano,

si chiede di sapere:

per quale motivo la variante al piano stralcio-fasce fluviali del fiume Lambro non abbia contenuto una procedura di Valutazione di impatto ambientale come richiesto dalla normativa, anche al fine di evitare in una fase successiva una procedura comunitaria di infrazione;

se il sopraccitato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con la previsione del canale scolmatore la cui sussistenza ha ridotto le fasce di inedificabilità dell'area favorendo dunque la sopra nominata immobiliare di proprietà di Paolo Berlusconi non si configuri, a giudizio del Governo, come una violazione da parte del Presidente del Consiglio pro tempore dell'art. 3 della legge 20 luglio 2004, n. 215, "Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi" che indica la sussistenza del conflitto di interessi quando il titolare di cariche di governo adotta atti che favoriscono gli interessi economici dei propri familiari;

se la deliberazione della Giunta che ha ritirato alla vigilia del giudizio il ricorso al Tribunale superiore delle acque contro la modifica del Piano di assetto idrogeologico sia un atto pienamente legittimo, considerata anche la presenza di altre amministrazioni comunali costituite in giudizio ad adiuvandum e se non avesse avuto bisogno, come richiesto dall'opposizione in Consiglio comunale, almeno di una delibera o di una discussione in sede consiliare.

(4-03138)

Interrogazioni, da svolgere in Commissione

A norma dell'articolo 147 del Regolamento, le seguenti interrogazioni saranno svolte presso le Commissioni permanenti:

 

 

 

6a Commissione permanente (Finanze e tesoro):

 

3-01090, dei senatori Garraffa ed altri, su una gara per la fornitura del servizio sostitutivo mensa mediante buoni pasto al personale delle pubbliche amministrazioni;

3-01092, dei senatori Bobba ed altri, sul 5 per mille;

 

 

7a Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport):

 

3-01091, del senatore Bellini, sui test di ammissione ai corsi di laurea per ex studenti universitari.